VI Commissione

Finanze

Finanze (VI)

Commissione VI (Finanze)

Comm. VI

Finanze (VI)
SOMMARIO
Lunedì 27 dicembre 2021

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2022

SEDE CONSULTIVA:

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 e relativa Nota di variazioni. C. 3424 Governo, approvato dal Senato e C. 3424/I Governo, approvato dal Senato (Esame e conclusione) ... 81

ALLEGATO (Relazione presentata dal Gruppo Fratelli d'Italia) ... 85

VI Commissione - Resoconto di lunedì 27 dicembre 2021

SEDE CONSULTIVA

  Lunedì 27 dicembre 2021. — Presidenza del presidente Luigi MARATTIN. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Federico Freni.

  La seduta comincia alle 15.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 e relativa Nota di variazioni.
C. 3424 Governo, approvato dal Senato e C. 3424/I Governo, approvato dal Senato.
(Relazione alla V Commissione).
(Esame e conclusione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Luigi MARATTIN, presidente, ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti e ordini del giorno al provvedimento era stato fissato alle ore 13 della mattina odierna e che non ne sono pervenuti. Avverte inoltre che il gruppo Fratelli d'Italia ha preannunciato la presentazione di una proposta di riferire in senso contrario.

  Massimo UNGARO (IV), relatore, evidenzia come il testo del provvedimento approvato dal Senato sia disponibile solo da ieri e pertanto si rammarica dell'impossibilità di procedere a un esame del suo contenuto.
  Nel merito, ritiene in ogni caso opportuno sottolineare e apprezzare le misure di riduzione dell'IRPEF e dell'IRAP, che costituiscono un primo tassello della riforma fiscale alla quale la Commissione Finanze sta lavorando da un anno a questa parte.
  Dal punto di vista procedurale, peraltro, torna a lamentare la compressione dei tempi a disposizione della Camera dei deputati per l'esame di questo importantissimo provvedimento. Ricorda in proposito che una situazione analoga si era verificata in occasione dell'approvazione della legge di bilancio per il 2019, all'epoca primo Governo Conte, e che il gruppo parlamentare del Partito Democratico del Senato, allora all'opposizione, aveva adito la Corte costituzionale per conflitto di attribuzione. Nel ricorso si segnalava la presentazione di un maxiemendamento dopo che la Camera e il Senato in sede referente avevano già svolto un ampio esame del provvedimento, che il maxiemendamento aveva stravolto. L'esame del maxiemendamento era poi stato compresso al punto che la sede referente su di esso non si era svolta affatto. Ricorda poi che la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 17 del 2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso, affermando però nelle motivazioni che l'articolo 70 della Costituzione affida la funzione legislativa alle due Camere e il successivo articolo 72 articola l'esame di ogni progetto di legge in una fase da svolgersi in Commissione e in una che coinvolge l'intera Assemblea ed esige che la votazione si svolga dapprima articolo per articolo e poi sul testo finale. Ciò vale in particolare per l'approvazione della legge di bilancio annuale, in cui si concentrano le fondamentali scelte di indirizzo politico e in cui si decide della contribuzione dei cittadini alle entrate dello Stato e dell'allocazione delle risorse pubbliche. Del resto, il procedimento di formazione della legge di bilancio è da sempre circondato da particolari garanzie, trattandosi di una di quelle leggi che, ai sensi dell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, esigono il procedimento ordinario a tutela della più ampia partecipazione di tutti i soggetti politici alla loro elaborazione.
  Rammenta che la Corte costituzionale è tornata sul medesimo tema in occasione dell'ordinanza n. 60 del 2020, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dai gruppi parlamentari di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia della Camera.
  In considerazione di quanto precede, propone che la Commissione Finanze non esprima alcun parere sul provvedimento, al fine di dare un segnale. Ritiene infatti umiliante ricevere una richiesta di espressione di parere senza che sia garantito un congruo lasso di tempo per svolgere un adeguato esame del provvedimento, che è stato significativamente modificato pochissimi giorni fa da parte del Senato.

  Luigi MARATTIN, presidente, prende atto che il relatore Ungaro ha avanzato la proposta di natura procedurale di non esprimere alcun parere sul provvedimento alla Commissione Bilancio.
  Avverte poi che il gruppo Fratelli d'Italia ha presentato una proposta di riferire in senso contrario (vedi allegato). Ne deriva che oggetto della prossima deliberazione della Commissione dovrà essere proprio questa relazione del gruppo Fratelli d'Italia, che entra nel merito, e che, nel caso in cui fosse approvata, costituirebbe il parere da trasmettere alla Commissione Bilancio.
  Avverte viceversa che, in caso di reiezione della suddetta relazione, resterebbe da pronunciarsi sulla proposta di non esprimersi affatto, avanzata dal relatore Ungaro. Ove tale proposta di non esprimersi fosse approvata, alla Commissione Bilancio non sarebbe inviata alcuna relazione della Commissione Finanze, restando inteso che sarebbe inviata la sola di relazione di minoranza presentata dal gruppo Fratelli d'Italia e respinta.

  Lucia ALBANO (FdI) evidenzia come la fase storica straordinaria dovuta alla pandemia sanitaria si rifletta in uno stravolgimento delle norme e delle procedure che disciplinano l'attività parlamentare, mortificando il ruolo dei parlamentari, sempre più relegati ad assistere all'indebita appropriazione del potere legislativo da parte del Governo, come sta avvenendo per l'esame della legge di bilancio per il 2022.
  Cita quindi le tappe che hanno condotto all'approvazione da parte del Senato – con notevole ritardo – del presente provvedimento, a causa dei contrasti interni alla maggioranza che appoggia il Governo Draghi. Per la ristrettezza dei tempi anche la Camera non potrà svolgere un'adeguata discussione né in Commissione, né in Aula e dovrà votare l'ennesima fiducia al Governo.
  Rammenta poi le proposte emendative che il gruppo Fratelli d'Italia aveva presentato al Senato, le quali non hanno trovato adeguata risposta, quando non sono state addirittura del tutto ignorate, nonostante rappresentassero i problemi dell'Italia.
  Pur riconoscendo la natura espansiva della manovra, osserva che tale natura si fonda su due ordini di motivi e non su meriti del Governo. Da una parte c'è infatti il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vale 200 miliardi di euro, più 30 miliardi di fondo complementare, e dall'altra c'è la sospensione del Patto di stabilità. Quanto ai numeri, la manovra vale 37 miliardi di euro, a fronte dei quali ci sono risorse coperte per 13,7 miliardi, con un conseguente incremento del deficit per 23,3 miliardi di euro. I risparmi previsti sono pochi e in parte sono dovuti a richieste del proprio gruppo, come la sospensione per l'anno 2022 del cashback, che comporta un miliardo e mezzo di euro di minori spese. A questo si aggiunge l'approvazione dell'emendamento presentato dal gruppo Fratelli d'Italia, che fa risparmiare 130 milioni di euro nel settore del cross financing.
  Concorda poi con il senatore Errani, relatore di maggioranza, che ha lamentato scarso coraggio nella riduzione della pressione fiscale, in quanto la riduzione di imposte prevista rappresenta solo l'uno per cento delle entrate tributarie totali dello Stato. In particolare in relazione all'eliminazione dell'IRAP per le persone fisiche, sia nell'esercizio dell'impresa sia in quello della professione o dell'arte osserva che la scelta di agevolare gli imprenditori individuali e i professionisti/artisti non associati si riferisce a soggetti che già da tempo avrebbero dovuto essere esenti da IRAP. I piccoli studi associati o società di persone, il cui lavoro è basato sull'attività dei soci, continueranno a versare il tributo, diversamente dai grandi studi individuali con decine di dipendenti. Inoltre ritiene che tale scelta sia in netta controtendenza con la necessità di associarsi e unire le forze per rispondere alle sfide del mercato, a dispetto dei principi inseriti nella legge delega di riforma.
  Esprime poi ferma contrarietà per la decisione del Governo di non acconsentire al rinvio della riscossione delle cartelle per rottamazione-ter e saldo e stralcio: un impegno che il Governo aveva precedentemente preso in Parlamento. Inoltre ricorda come il provvedimento corregga solo in maniera parziale la misura introdotta nel decreto-legge fiscale, relativa all'applicazione dell'IVA al mondo associazionistico.
  Altro grande problema, trascurato dalla legge di bilancio, è quello legato alla situazione demografica in Italia, che potrebbe giovarsi dall'introduzione del quoziente familiare, come da tempo il proprio gruppo propone. Per quanto riguarda poi la cosiddetta tampon tax osserva che l'aliquota IVA avrebbe potuto essere ulteriormente ridotta, trattandosi di un bene necessario e non voluttuario. In relazione al Superbonus ritiene che le linee di intervento dovrebbero mirare alla certezza dei tempi, alla semplificazione delle procedure e al riconoscimento del valore della cessione del credito d'imposta.
  Sottolinea invece positivamente lo stanziamento, disposto in ragione dell'approvazione al Senato di un emendamento di Fratelli d'Italia, di 10 milioni di euro da destinare al fondo per gli immobili occupati.
  Non hanno purtroppo trovato spazio altre proposte del proprio gruppo, come l'introduzione di misure che realizzino il principio «più assumi, meno tasse paghi», ovvero una deduzione del costo del lavoro per le imprese ad alta intensità di lavoro. Tale misura sarebbe veramente necessaria in questo momento, nel quale si registra la perdita del posto di lavoro da parte di tanti nostri concittadini. Sarebbe poi necessario un intervento contro la concorrenza sleale che subiscono i commercianti italiani.
  In conclusione ritiene che il testo della legge di bilancio 2022 ricalchi la vecchia «legge mancia» che, per tenere in piedi una maggioranza eterogenea e frastagliata, realizza una mediazione al ribasso e cerca di accontentare tutti, senza fare il bene del Paese.

  Alberto Luigi GUSMEROLI (Lega) sottolinea come la riduzione dell'IRPEF e dell'IRAP prevista nel provvedimento costituisca un primo passo di attuazione di quanto indicato dalla Commissione nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla riforma del sistema tributario, approvato a larga maggioranza.
  In particolare, per quanto riguarda l'IRAP, osserva che 1,3 milioni di contribuenti non dovranno più pagare questa imposta. Sommando questi soggetti a 1,9 milioni di contribuenti che adottano il sistema forfettario e che pertanto non pagano l'IRAP, si ottiene che, dal 2022, 3,2 milioni di attività economiche su un totale di 4,8 milioni, saranno esenti dall'IRAP. Si tratta di due misure – il regime forfettario e l'attuale esenzione – che sono state volute dal gruppo Lega e che realizzano, oltre che una riduzione della pressione fiscale, una notevole semplificazione degli adempimenti dichiarativa delle imprese.
  Rivendica inoltre la riduzione dell'IRPEF, concentrata sul ceto medio, che sinora ha sopportato il grande peso dell'imposta a causa della forte progressività. Il proprio gruppo avrebbe voluto realizzare un intervento più incisivo, ma le risorse disponibili non lo hanno consentito, anche per non aggravare l'indebitamento.
  Evidenzia quindi la necessità di riaprire i termini per la rottamazione-ter, al di là del posticipo minimale previsto con il decreto-legge fiscale, attuando quanto richiesto dal Parlamento con l'ordine del giorno approvato negli scorsi mesi. Auspica che ciò possa essere attuato già con il prossimo provvedimento di proroga di termini legislativi che viene di fine anno. È per questo che ritiene auspicabile la previsione di una rottamazione-quater.
  Conclude concordando con la proposta del relatore di non esprimere un parere sul provvedimento.

  Andrea CASU (PD), condividendo lo spirito dell’intervento del relatore, sottolinea con preoccupazione come il monocameralismo di fatto, che caratterizza da anni il sistema costituzionale, abbia condotto addirittura a ridurre a poche ore l’esame della legge di bilancio da parte di uno dei rami del Parlamento. Concorda quindi con la proposta di non esprimersi sul provvedimento. Ribadisce poi il sostegno del proprio gruppo al Governo e la ferma volontà di evitare il rischio dell’esercizio provvisorio di bilancio, in un momento così delicato per il riacutizzarsi dei contagi da COVID-19. Evidenzia inoltre il carattere espansivo della manovra, finalizzato ad accelerare la ripresa economica già in atto e a sostenere i settori maggiormente colpiti dalla crisi economica. Per tali motivi dichiara che il proprio gruppo in Aula voterà comunque a favore dell’approvazione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2022.

  Sestino GIACOMONI (FI) evidenziata la situazione di persistente crisi pandemica, afferma che il primo obiettivo delle istituzioni deve essere quello di ristabilire una situazione di normalità: l'attuale legge di bilancio viceversa non può che scaturire da una congiuntura che normale non è. La legge di bilancio non è il massimo che ci si poteva aspettare ma contiene numerosi aspetti apprezzabili, quali ad esempio le disposizioni in favore delle forze armate e il fondo per il contrasto del cyberbullismo. Anch'egli si pronuncia in favore della proposta del relatore.

  Lucia ALBANO (FDI), replicando, condivide i rilievi dei colleghi Gusmeroli e Giacomoni, ma non può trascurare le vistose carenze del provvedimento e ribadisce i contenuti del documento da lei sottoscritto e illustrato.

  Luigi MARATTIN, presidente, nell'associarsi a quanto ha affermato il relatore, deve rammentare che la Commissione tra i mesi di gennaio e di giugno 2021 ha svolto un accurato e impegnativo lavoro nel contesto dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'IRPEF, la quale si è conclusa il 30 giugno con una mediazione, che egli ritiene di elevato significato. Che tutto questo lavoro debba poi essere ridotto e compresso in un parere per la Commissione Bilancio, reso sul tamburo in tempi così angusti, non può essere ritenuto accettabile. In un contesto più ampio, occorre anche svolgere una riflessione sulla circostanza che la ristrettezza dei tempi di esame della legge di bilancio e il cosiddetto bicameralismo alternato hanno caratterizzato l'esperienza di tre Governi di colore diverso in questa legislatura, come pure è stato ricordato. Sarebbe pertanto utile che si riconoscesse la natura strutturale di queste questioni e la necessità di affrontarle come tali.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta del gruppo Fratelli d'Italia di riferire in senso contrario.

  La Commissione la respinge. Indi, approva la proposta del relatore di non esprimersi sul provvedimento.

  La seduta termina alle 16.

VI Commissione - lunedì 27 dicembre 2021

ALLEGATO

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 C. 3424 Governo, approvato dal Senato e relativa Nota di variazioni C. 3424/I Governo, approvato dal Senato.

RELAZIONE PRESENTATA DAL GRUPPO FRATELLI D'ITALIA

  La VI Commissione Finanze,

   premesso che:

    da oramai dieci anni (legge di bilancio 2011/2013) risultano introdotte importanti innovazioni alla struttura dei documenti di bilancio in ragione della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196), entrata in vigore il 1° gennaio 2010;

    gli obiettivi della legge n. 196 del 2009 sono molteplici e largamente condivisibili: restituire centralità al bilancio articolato in missioni e programmi, superando la frammentazione e l'eterogeneità delle «vecchie» leggi finanziarie omnibus; rendere più trasparenti e leggibili i conti pubblici e le procedure attraverso cui i bilanci vengono costruiti e modificati; armonizzare i bilanci della pubblica amministrazione; migliorare il controllo, la valutazione e il monitoraggio del Parlamento sul bilancio, esaltando il ruolo delle Commissioni di merito nell'analisi delle parti di loro competenza;

    se è vero che stiamo vivendo una fase storica straordinaria – la gravissima vicenda della pandemia sanitaria continua a tenere banco non solo in Italia, ma in tutta Europa e nella maggiore parte degli Stati del Mondo – altrettanto vero è che sempre di più – ma mai come nel corso del 2021 – norme e procedure che hanno sempre disciplinato l'attività parlamentare sono state del tutto ignorate, quando non palesemente violate e/o distorte, mortificando il ruolo dei parlamentari, sempre più relegati ad assistere all'indebita appropriazione del potere legislativo da parte del Governo;

    sintomatica al riguardo è la modalità con cui il Parlamento ha potuto esaminare che la Legge di bilancio per l'esercizio finanziario 2022;

    il Disegno di Legge di bilancio per il 2022 è stato presentato al Parlamento l'11 novembre 2021, due settimane dopo la sua approvazione da parte del Consiglio dei ministri, avvenuta il 28 ottobre 2021 e, soprattutto, con oltre venti giorni di ritardo rispetto al termine del 20 ottobre fissato dalla sopra richiamata Legge di contabilità e finanza pubblica. Detto ritardo ha comportato, sin da subito, una compressione dei tempi a disposizione del Parlamento per l'approvazione della Legge e si è ulteriormente aggravato nel corso dell'esame da parte del Senato a causa dei continui rinvii, dovuti a contrasti interni alla maggioranza, dei lavori della Commissione Bilancio. Lo attesta il fatto che solo il 20 dicembre 2021 detta Commissione ha potuto esaminare e votare un ristretto numero di emendamenti segnalati e ciò nonostante la vastissima maggioranza numerica che appoggia il Governo Draghi, inopinatamente definito dai media, ma non solo, come «il Governo dei migliori»;

    la conseguenza di un siffatto modo di procedere si è palesata quando nell'assemblea di Palazzo Madama il Governo ha posto la fiducia sul maxi emendamento dallo stesso presentato (unico articolo di oltre 1000 commi, in sostituzione dei 199 articoli che costituivano il testo del disegno di legge licenziato dalla Commissione), senza quindi alcuna discussione e votazione degli emendamenti presentati per l'esame da parte dell'aula;

    detto modo di procedere – come già preannunciato nella conferenza dei capigruppo del 21 dicembre 2021 – porteranno il Governo a richiedere la fiducia sul provvedimento in esame anche alla Camera dei deputati;

    a tacere dell'impossibilità per i parlamentari di potere significativamente contribuire, almeno in sede di Commissioni, ad esaminare compiutamente il provvedimento attesi i tempi ristrettissimi imposti dalla conferenza dei capigruppo, al solo fine di evitare l'esercizio provvisorio. Sintomatico il limite di tempo imposto alla Commissione Bilancio della Camera che dovrà concludere – in sede referente – l'esame del disegno di legge Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, entro le ore 13 di martedì 28 dicembre 2021 e, conseguentemente, l'esame da parte delle Commissioni di settore è stato modulato in tempi compatibili con la fase di esame degli emendamenti presso la Commissione Bilancio. A tacere del fatto che l'esame in Assemblea avrà inizio alle ore 14 di martedì 28 dicembre, con votazioni non prima delle ore 18 (quando si prevede che il Governo richiederà la fiducia) e – quindi – con circa 4 ore a disposizione per l'effettuazione della discussione generale sul provvedimento, è qui il caso di richiamare, per doverosa comparazione, la modalità di esame della Legge di bilancio da parte del parlamento nei precedenti anni della XVIII Legislatura;

    con il Governo giallo-verde (Conte I) il disegno di legge di bilancio venne presentato il 31 ottobre 2018 e approvato l'8 dicembre 2018 dalla Camera dei deputati. Approvato dal Senato con modifiche – bei tempi! – il 23 dicembre 2018, veniva e approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 30 dicembre 2018;

    la manovra di bilancio per il 2020 del Governo giallo-rosso (Governo Conte II) veniva presentata al Senato il 2 novembre 2019, approvata il 16 dicembre 2019, quindi approvata senza modifiche dalla Camera dei deputati il 24 dicembre 2019;

    la manovra per il 2021, varata dal Governo giallo-rosso con pandemia in corso, veniva presentata alla Camera dei deputati il 18 novembre 2020 e approvata il 27 dicembre 2020; quindi approvata dal Senato, senza modifiche, il 30 dicembre 2020;

    ebbene, il «Governo dei migliori» ha il record peggiore dei tempi di presentazione e di gestione di questa manovra. Com'è andata lo sappiamo bene, è sotto i nostri occhi e non lascia sbigottiti i soli deputati dell'opposizione ma anche diversi della maggioranza. Evidentemente non siamo noi di Fratelli d'Italia dei visionari negativi, morbosi e malati. Siamo infatti di fronte a cose mai viste. Ne abbiamo viste parecchie, specialmente negli ultimi anni, ma qui si è veramente superato ogni limite;

    come detto, lunedì 20 dicembre 2021 non erano ancora iniziate le votazioni degli emendamenti alla Commissione bilancio del Senato, la prima delle due Camere a esaminare questo provvedimento. Non si era mai visto nulla di simile, nemmeno con i Governi Conte, che pure avevano compresso i tempi e cambiato le carte in tavola all'ultimo momento, con una finta lettura, che era stata però decente e presentabile; nel Governo Conte 2 fu presentato all'ultimo momento un emendamento che cambiava tutto (il 2,4 diventava il 2,04), tutti coloro che erano all'opposizione si lamentarono di quel Governo e anche nell'ambito delle stesse maggioranze ci fu chi ammise che non era questo il sistema;

    bene, qui abbiamo superato di gran lunga tutti i peggiori record, anche degli ultimi anni;

    è qui il caso di evidenziare che, fino a non molti anni fa, solo il fatto di porre la fiducia sulla legge finanziaria era visto come una forzatura, un atto fortemente criticabile atteso che viene compressa la possibilità del Parlamento di esprimersi. Ma qui altro che compressa! Siamo partiti malissimo, in ritardo di ventuno giorni rispetto a quanto previsto da una legge dello Stato. Quello stesso Stato che chiede ai cittadini di rispettare le proprie leggi, la cui violazione è sanzionata con multe e supermulte. Peccato che sia lo stesso Stato che, nel momento più importante dell'anno dal punto di vista finanziario ma anche dell'intera linea politica del Governo, assiste silenzioso alla violazione della Legge da parte del Governo. Non solo, ma abbiamo ragione di credere che il Consiglio dei Ministri, che è un organo non pubblico, abbia approvato un testo di legge di bilancio poi modificato in qualche ufficio, in qualche androne, in qualche sottoscala, fuori dal Parlamento, dando ascolto alle esigenze di qualche potente ben fuori dalle istituzioni;

    il Parlamento è stato proprio ignorato e ha avuto il privilegio di iniziare le votazioni come detto – anche se in realtà tutto era già stato stabilito prima – la sera di lunedì 21 dicembre 2021;

    nella sostanza, il disegno di legge di bilancio denuncia tutti i problemi di una maggioranza estremamente variegata e diversa come linee di pensiero, come esigenze di interlocutori: si realizzano dunque compromessi che, nella migliore delle ipotesi, sono mezze misure, ma a volte sono mancate misure;

    i colleghi del Gruppo Fratelli d'Italia hanno al Senato presentato e illustrato una serie di proposte di modifica che non hanno trovato adeguata risposta, quando non sono state addirittura del tutto ignorate. Giova però evidenziare che quelle proposte non erano fatti personali di questo o di quel senatore di Fratelli d'Italia, ma rappresentavano i problemi dell'Italia. Per questo esiste un Parlamento, e non c'è solo nel nostro Paese, ma anche negli altri. Serve un Parlamento perché, davanti a tutti, ci siano dei voti, dei sì e dei no, e possibilmente, quando il Governo dice no, dovrebbe anche spiegarlo;

    fino a pochi anni fa i relatori non facevano solo i lettori dei pareri del Governo, favorevole o contrario – per fare quello non ci sarebbe bisogno di un relatore – ma spesso davano anche spiegazioni, pensate un po', specialmente dei pareri contrari perché se un emendamento viene accolto chi lo presenta lo sa da sé il motivo. Ebbene, non abbiamo nulla di tutto questo;

    viene da domandarsi dove sia il potere, se non è nel Parlamento. In certi potentati che stanno fuori dal Parlamento: nella migliore delle ipotesi, di gran lunga la migliore, in trattative tra i partiti; in altri casi risiede in potentati che non hanno nulla a che fare con il consenso popolare, ma a volte godono di un forte potere di condizionamento che esercitano in vari modi;

    di fatto, abbiamo una Camera che si occupa del provvedimento in Commissione (non in Aula, diciamocelo francamente) e un'altra Camera che, a fasi alterne – di anno in anno – ne prende atto e, in ragione del voto di fiducia richiesta dal Governo, impedisce il ricorso all'esercizio provvisorio. È un atteggiamento inaccettabile che non può essere più tollerato, pena l'abdicazione del Parlamento dalla funzione legislativa, relegato a organo di mera ratifica della volontà del Governo;

    ora, è pur vero che vi erano tutti i presupposti perché la legge di bilancio avesse un epilogo deludente, verificandosi nei fatti quanto Fratelli d'Italia aveva da subito anticipato, tuttavia mai come in questa occasione il Governo ha scaricato il ritardo di presentazione del provvedimento sul Parlamento. Nell'ultima settimana si è assistito al Senato a un teatrino indegno per un Parlamento che ha già una configurazione anomala, con un Governo che ha una maggioranza del 95 per cento, e che, per i dissidi interni alla maggioranza, comprime lo spazio di confronto nel luogo a questo deputato. A tacere del fatto che oltre l'85 per cento degli emendamenti presentati proveniva dall'area di maggioranza: praticamente una manovra completamente da rifare, secondo la stessa maggioranza;

    nei fatti, prima dell'esame da parte del Senato, la manovra di bilancio del Governo riguardava interventi abbastanza indefiniti, che avrebbero dovuto accentuare la sua presunta espansività;

    il Governo si è riempito la bocca (passateci il termine) di questa espansività della manovra, che va però attentamente declinata. La manovra è «espansiva» fondamentalmente per due ordini di motivi e non per meriti del Governo: abbiamo un Piano nazionale di ripresa e resilienza che vale 200 miliardi di euro, più 30 miliardi di un fondo complementare, ma la cosa più importante è la clausola di salvaguardia, ossia la sospensione del Patto di stabilità. Quanto ai numeri, la manovra vale 37 miliardi di euro, a fronte dei quali ci sono risorse coperte per 13,7 miliardi, con un conseguente incremento del deficit per 23,3 miliardi di euro;

    rispetto a quanto si diceva a proposito dell'espansività, va sottolineato che rispetto al 2020, quando l'Italia veniva pesantemente impattata dalla pandemia e da disastrose misure restrittive, la situazione è certamente migliorata, ma per i fatti oggettivi prima ricordati: da una parte il Piano nazionale di ripresa e resilienza e, dall'altra, il mantenimento della clausola di salvaguardia, con la conseguente sospensione del Patto di stabilità;

    questa manovra porta in dote pochi risparmi, che in parte sono stati – badate bene – voluti dall'unica forza di opposizione, cioè da Fratelli d'Italia. In primo luogo, infatti, grazie alla nostra battaglia storica contro il cashback che, sospeso per l'anno 2022, porterà in dote a questa maggioranza, a questo Governo e a questo Parlamento un miliardo e mezzo di euro. A cui aggiungiamo l'approvazione del nostro emendamento al Senato che fa risparmiare 130 milioni di euro nel settore del cross financing;

    quanto ai contenuti, non possiamo che condividere perfino l'opinione espressa dal relatore di maggioranza, senatore Vasco Errani, in merito alla riduzione della pressione fiscale, ossia che serviva più coraggio. È vero, serviva più coraggio per fare questa riforma fiscale;

    c'è stato un taglio di 8 miliardi di euro, un terzo dei fondi totali, rispetto alla manovra, ma è poco più dell'1 per cento delle entrate tributarie totali dello Stato, che ammontano a più di 500 miliardi di euro. Pertanto, sulla riforma fiscale, diciamo che va sempre bene quando si riducono le tasse, però questa riduzione varrà, come si leggeva su alcuni quotidiani nazionali, qualche caffè non al giorno, ma a settimana;

    è stata confermata l'eliminazione dell'IRAP dal 2022 per le persone fisiche, sia nell'esercizio dell'impresa sia in quello della professione o dell'arte; secondo le stime della relazione tecnica, l'esclusione dovrebbe riguardare 1,3 milioni di soggetti passivi, dei quali solo 835 mila concretamente versavano il tributo;

    l'esonero riguarda quindi gli imprenditori individuali e i professionisti/artisti non associati, che non hanno scelto i regimi forfettario e di vantaggio (vecchi minimi) e per i quali ricorrono i requisiti dell'autonoma organizzazione, concetto che si è andato consolidando nel tempo grazie alle sentenze della Cassazione. Il riferimento è, quindi, a quelle figure che – pur esercitando l'attività in autonomia – per il numero o le mansioni rivestite dai dipendenti e collaboratori, o per altre caratteristiche organizzative, non rientrano già negli esoneri individuati dalla giurisprudenza;

    in molti casi, tra contribuenti che si avvantaggeranno della nuova esclusione vi sono quelle situazioni di confine su cui più spesso gravava l'incertezza sulla soggettività passiva. Si pensi ad esempio alle imprese familiari, che sono imprese individuali e, quindi, «persone fisiche» esercenti impresa nel linguaggio della legge di Bilancio. Ma si possono fare anche i casi delle aziende personali e dei professionisti con alcuni dipendenti (non meramente esecutivi) e/o con rilevante capitale investito;

    certo potrà essere risolta parte del contenzioso, ancora abbastanza ampio, ma la decorrenza della nuova esclusione non può risolvere i conflitti già in corso, generati per lo più dalle richieste di rimborso di chi nel dubbio aveva pagato per poi rivolgersi al giudice tributario;

    inoltre va fatta una considerazione circa la ragionevolezza della distinzione operata tra contribuenti; l'esenzione premia soggetti che già da tempo avrebbero dovuto essere esenti IRAP. Tuttavia piccoli studi associati o società di persone, il cui lavoro è basato sull'attività dei soci, continueranno a versare il tributo, diversamente da grandi studi individuali con decine di dipendenti;

    peraltro, tale discriminazione basata solamente sulla titolarità individuale scelta per l'esercizio dell'attività è assolutamente in netta controtendenza con le necessità sempre più avvertite e più volte sollecitate e proposte da Fratelli d'Italia, tanto nel mondo delle imprese quanto (e forse ancora di più) nel mondo professionale – di associarsi e «unire le forze» per rispondere alle sfide del mercato, a dispetto dei principi inseriti nella legge delega di riforma. E questo in un panorama normativo che soprattutto per i lavoratori autonomi favorisce chi «fa da solo», basti pensare al regime forfettario o al controverso regime fiscale delle forme di unione tra studi professionali già avviati e delle società tra professionisti. Una «spinta al nanismo» è quindi di uno dei difetti maggiori della scelta operata con la legge di Bilancio 2022. Una scelta che non può essere che provvisoria e di breve durata, anche perché risulta molto fragile dal punto di vista della coerenza con il principio di capacità contributiva e con l'essenza stessa del tributo;

    occorre, invece, esprimere la ferma contrarietà di Fratelli d'Italia a fronte della decisione del Governo di non acconsentire al rinvio della riscossione delle cartelle per rottamazione-ter e saldo e stralcio: un impegno che il Governo aveva preso in Parlamento in precedenza (in occasione della conversione del decreto-legge in materia fiscale) e che è stato clamorosamente disatteso. Avete, come Governo ma anche come maggioranza che lo sostiene, disatteso un impegno con quei milioni di italiani che si trovano a dover pagare in pochi giorni quello che era stato sospeso per un anno e mezzo: è inaccettabile nel merito e nel metodo perché, quando prende impegni, un Governo li deve mantenere, Draghi o non Draghi; chiunque è obbligato a essere coerente con la parola data;

    tra i tanti, c'è un provvedimento che è stato corretto in maniera parziale dalla legge di bilancio 2022, lasciando per altro irrisolti i problemi che andrà a creare. Il riferimento è alla misura introdotta nel decreto fiscale, che andrà a modificare il campo di applicazione dell'IVA per quanto riguarda il mondo associazionistico. Un provvedimento pesantissimo, che – come detto – è stato corretto solo parzialmente e in modo piratesco. La Commissione bilancio del Senato, infatti, ha approvato un emendamento che ha differito il problema di un paio d'anni. Verrebbe da dire che, tutto sommato, il problema temporaneamente è stato risolto, se non fosse che ha aggravato la situazione di tutto il comparto. Sono valutazioni che non fa soltanto Fratelli d'Italia, ma che sono anche del forum del terzo settore – l'unica parte sociale riconosciuta dallo Stato italiano – che ha pesantemente criticato questa manovra. Il provvedimento di rinvio non ha prodotto e non produrrà risultati efficaci. Il mondo delle associazioni, infatti, deve ancora valutare se trasformare la propria natura giuridica da associazione semplice ad associazione di promozione sociale, andando a modificare il proprio statuto: con questa spada di Damocle rimasta sulla testa, all'evidenza non prenderà, nella sua gran parte, in considerazione l'ipotesi di trasformazione in associazione di promozione sociale. È un aspetto importante che non solo non è stato risolto, ma addirittura è stato appesantito; il rinvio non è assolutamente la panacea per la soluzione del problema e l'augurio è che – in futuro – si possa arrivare a una definizione, la più perentoria possibile, che risolva radicalmente la questione introdotta con l'approvazione del decreto fiscale;

    purtroppo non c'è stato spazio per molte altre battaglie che Fratelli d'Italia aveva provato a portare all'attenzione del Senato. Gli italiani hanno bisogno di lavoro e noi – da sempre – abbiamo avanzato proposte, anche per il disegno di legge di bilancio. Abbiamo proposto di ragionare su un modello che dica alle imprese: più assumi, meno tasse paghi. È una cosa di buon senso. Con un meccanismo composito, abbiamo proposto una super deduzione del costo del lavoro per le imprese ad alta intensità di lavoro; come abbiamo il superbonus per gli ammortamenti, abbiamo proposto di introdurre il superbonus per chi assume persone in Italia: si agevola in tal modo l'economia reale e si penalizzano le grandi concentrazioni economiche, che fanno utili in Italia senza assumere. Una proposta di mero buon senso, ma l'emendamento è stato bocciato;

    purtroppo Gualtieri si era sbagliato quando aveva detto che nessuno avrebbe perso il posto di lavoro a causa del COVID-19; il posto di lavoro l'hanno perso in moltissimi: lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti, partite IVA. Sono in molti ad aver perso il posto di lavoro. Abbiamo proposto allora la creazione di un fondo per la ricollocazione di chi ha perso il posto di lavoro nel periodo della pandemia, attraverso sistemi collaudati, ossia ponendo a carico dello Stato il 50 per cento dei contributi previdenziali che sono a carico del datore di lavoro. È un meccanismo che, per esempio, già funziona per l'occupazione femminile o l'occupazione giovanile. Anche questa ci sembrava una misura semplice, immediata e di buon senso, ma è stata bocciata;

    abbiamo anche sollecitato un intervento contro la concorrenza sleale che subiscono prevalentemente i nostri commercianti. Esiste il meccanismo delle imprese «apri e chiudi»: chiunque sa che il fisco prende contezza di un'attività non prima di due anni. Legalmente, se io apro un'attività, posso tranquillamente non versare un euro allo Stato prima di ventiquattro mesi, non facendo qualcosa di illegale, ma semplicemente applicando la legge. Però, se io alla fine dei due anni sparisco, il fisco non mi rintraccia più. E allora ci sono delle piccole accortezze che si possono adottare: per i soggetti a rischio, prevalentemente chi è extracomunitario (non perché si voglia fare discriminazione, ma perché è più facilmente non più reperibile), istituire un fondo cauzionale o una fideiussione sulle tasse che saranno dovute;

    in conclusione, analizzando il testo della legge di bilancio 2022 a nostre mani, più che una legge volta al futuro dell'Italia ci sembra di avere a che fare con la vecchia «legge mancia», allora contestata dalla sinistra, pur costituendo un'appendice della legge finanziaria, e oggi elevata della sinistra a legge di sistema. Ciò a dimostrazione di come, per tenere in piedi una maggioranza così eterogenea e frastagliata, ci sia bisogno di una mediazione al ribasso e di cercare di accontentare tutti, il che non fa certo bene alla Nazione;

    quanto al cosiddetto «Governo dei migliori» ci auguriamo che il presidente Draghi, con il rispetto che Fratelli d'Italia gli riconosce come persona, voglia anche lui calarsi un po' nell'umiltà che ogni cittadino deve avere, magari convenendo con noi che gli organi parlamentari non sono un optional a sua disposizione;

    questa legge di bilancio è nei fatti solo l'effetto di un compromesso al ribasso di forze contrapposte, con idee diverse, che vogliono forzatamente stare insieme e che, però, insieme non riescono a stare se non perché così impone loro il ricorso al voto di fiducia di cui il Governo abusa a piene mani. Il compromesso al ribasso, tuttavia, produce l'assenza di una visione: non c'è visione politica in questa manovra; non c'è rilancio per la Nazione perché non c'è amore per la Nazione italiana e per quella che noi chiamiamo Patria,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.