III Commissione

Affari esteri e comunitari

Affari esteri e comunitari (III)

Commissione III (Affari esteri)

Comm. III

Affari esteri e comunitari (III)
SOMMARIO
Giovedì 25 novembre 2021

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA:

5-07142 Di Stasio: Sul processo di allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali ... 55

ALLEGATO 1 (Testo della risposta) ... 59

5-07138 Quartapelle Procopio: Sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia.
5-07140 Palazzotto: Sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia ... 56

ALLEGATO 2 (Testo della risposta) ... 60

5-07139 Lupi: Sul cosiddetto «Trattato del Quirinale».
5-07141 Formentini: Sul cosiddetto «Trattato del Quirinale» ... 56

ALLEGATO 3 (Testo della risposta) ... 62

INTERROGAZIONI:

5-06211 Ermellino: Sul processo di riforme in Ucraina e sugli accordi italo-ucraini in materia di sicurezza ... 57

ALLEGATO 4 (Testo della risposta) ... 63

5-07026 Emiliozzi: Sugli attacchi a strutture religiose della Società salesiana di San Giovanni Bosco da parte di forze militari etiopi ... 58

ALLEGATO 5 (Testo della risposta) ... 64

5-07048 Ehm: Sulle prospettive di risoluzione pacifica del conflitto in Yemen e di blocco all'esportazione di armamenti verso i Paesi coinvolti ... 58

ALLEGATO 6 (Testo della risposta) ... 67

III Commissione - Resoconto di giovedì 25 novembre 2021

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Giovedì 25 novembre 2021. — Presidenza del presidente Piero FASSINO. – Interviene, il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova.

  La seduta comincia alle 14.10.

  Piero FASSINO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

5-07142 Di Stasio: Sul processo di allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali.

  Iolanda DI STASIO (M5S) illustra l'interrogazione in titolo.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Iolanda DI STASIO (M5S), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del Governo, auspicando che, in ragione dei mutamenti intervenuti nel quadro geopolitico, l'Italia si faccia carico della tematica assumendo in tutte le sedi un ruolo più incisivo ed assertivo nel negoziato in corso in sede europea per dare nuovo impulso al processo di allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali.

5-07138 Quartapelle Procopio: Sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia.
5-07140 Palazzotto: Sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia.

  Piero FASSINO, presidente, avverte che le interrogazioni in titolo, vertendo sulla stessa materia, saranno svolte congiuntamente.

  Erasmo PALAZZOTTO (LEU) illustra l'interrogazione a sua firma, sottolineando che è inaccettabile abbandonare al proprio destino migliaia di persone ammassate al confine tra la Polonia e la Bielorussia, vittime, da un lato, del regime brutale di Lukashenko, che utilizza i migranti come arma di pressione politica e, dall'altro, dell'atteggiamento disumano del Governo polacco, del tutto incompatibile con i valori e i princìpi fondanti dell'Unione europea.
  A suo avviso, la risposta fin qui adottata dalle Istituzioni europee è del tutto inadeguata, dal momento che questa emergenza umanitaria dovrebbe essere affrontata concedendo l'asilo ai migranti, che nella stragrande maggioranza dei casi provengono da Paesi in guerra – come la Siria e l'Afghanistan – e dunque hanno diritto alla protezione internazionale.

  Lucia CIAMPI (PD), cofirmataria dell'interrogazione 5-07138 in titolo, ne illustra il contenuto. Associandosi alle considerazioni del collega Palazzotto, sottolinea la necessità di adottare misure concrete per dare sollievo ai profughi, sia organizzando corridoi umanitari sia fornendo aiuti di emergenza per garantirne nell'immediato la sopravvivenza: a suo avviso, l'Europa dei diritti non può consentire che ai propri confini migliaia di persone muoiano letteralmente di stenti.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Erasmo PALAZZOTTO (LEU), replicando, prende atto della risposta Governo, che ricostruisce puntualmente le azioni fin qui svolte, ma non fornisce alcuna indicazione sulle iniziative che si intende adottare per risolvere la catastrofe umanitaria in atto. Osserva che, peraltro, l'Unione europea ha un atteggiamento contraddittorio e doppiopesista nei riguardi del regime di Lukashenko e dell'operato del Governo polacco, su cui il dittatore di Minsk fa leva per esercitare il suo odioso ricatto politico, replicando quanto accaduto con la Turchia di Erdogan e con il nuovo, fragile Stato libico. Evidenzia, quindi, la necessità che l'Italia dia un segnale forte ed immediato, dichiarando la disponibilità ad accogliere una quota di migranti ed esercitando una pressione sugli altri partner europei affinché facciano altrettanto.

  Lucia CIAMPI (PD), replicando, prende a sua volta atto della risposta illustrata dal rappresentante del Governo. Come rilevato dal collega Palazzotto, la vicenda in esame evidenzia tutte le contraddizioni della politica europea su Polonia e Bielorussia, in questa fase occorre dare un segnale immediato di solidarietà e aiuto che possa alleviare le sofferenze dei migranti: in questo senso, auspica che l'Italia possa assumere al più presto una iniziativa forte e concreta.

5-07139 Lupi: Sul cosiddetto «Trattato del Quirinale».
5-07141 Formentini: Sul cosiddetto «Trattato del Quirinale».

  Piero FASSINO, presidente, avverte che le interrogazioni in titolo, vertendo sulla stessa materia, saranno svolte congiuntamente.

  Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC) illustra l'interrogazione in titolo, di cui dà parziale lettura.

  Paolo FORMENTINI (LEGA) illustra a sua volta l'atto di indirizzo a sua prima firma, sottolineando che anche oggi i contenuti del nuovo Trattato del Quirinale sono stati anticipati da diversi organi di stampa, il che pone il Parlamento in una oggettiva condizione di umiliazione e disorientamento. Evidenzia, quindi, l'opportunità che il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio renda al più presto un'informativa per non alimentare ulteriormente sentimenti di diffidenza e antipolitica nell'opinione pubblica.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta del Governo che, sul piano formale, è ineccepibile confermando la disponibilità ad una interlocuzione con il Parlamento. Ricordando che talune fonti di stampa hanno evocato la partecipazione del Presidente Fassino alla stesura del Trattato – prontamente smentita dallo stesso –, nel merito ribadisce la necessità che il nuovo accordo di cooperazione con la Francia sia oggetto di un attento scrutinio da parte degli organi parlamentari, a differenza di quanto avvenne con il memorandum d'intesa sulla Nuova Via della seta, e garantisca condizioni di reciprocità e adeguate tutele al nostro sistema produttivo. Segnalando che lo stesso Ministro dello Sviluppo economico, in sede di question time, ha condiviso le preoccupazioni del mondo imprenditoriale su taluni profili del nuovo Accordo, ribadisce la richiesta di approfondirne i contenuti in sede di ratifica.

  Paolo FORMENTINI (LEGA), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta del Governo, che sul piano formale assicura il pieno rispetto di quanto previsto dall'articolo 80 della Costituzione sul procedimento di ratifica, ma non è riuscito ad evitare una pericolosa fuga di notizie sugli organi di stampa. Pur condividendo l'auspicio di un rafforzamento della cooperazione tra Francia e Italia – che condividono interessi comuni, a partire dalla gestione della crisi libica – auspica che la nuova intesa preveda un adeguato bilanciamento degli interessi nazionali e rigorose clausole di reciprocità. Conferma, infine, l'intenzione di chiedere un approfondimento in sede di ratifica, tenuto conto che il Parlamento non potrebbe comunque emendare il testo dell'Accordo.

  Piero FASSINO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.50.

INTERROGAZIONI

  Giovedì 25 novembre 2021. — Presidenza del Presidente Piero FASSINO, indi del vicepresidente Paolo FORMENTINI. – Interviene, il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova.

  La seduta comincia alle 14.50.

5-06211 Ermellino: Sul processo di riforme in Ucraina e sugli accordi italo-ucraini in materia di sicurezza.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Alessandra ERMELLINO (MISTO-CD), replicando da remoto, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta del Governo, sottolineando tuttavia che l'interrogazione in titolo faceva riferimento alle riforme in materia di giustizia piuttosto che agli accordi sulla cooperazione in materia di polizia. Riservandosi di approfondire gli elementi forniti dal Sottosegretario, ribadisce l'opportunità che l'Italia dia un contributo concreto al processo di riforme in corso in Ucraina.

5-07026 Emiliozzi: Sugli attacchi a strutture religiose della Società salesiana di San Giovanni Bosco da parte di forze militari etiopi.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

  Mirella EMILIOZZI (M5S), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del Governo. Tuttavia, richiama il monito del Vescovo dell'Eparchia cattolica di Adigrat, Mons. Tesfaselassie Medhin, ripreso in un comunicato dell'agenzia di stampa «Fides,», nel quale si riporta quanto segue: «Come tutti i Tigrini, la Chiesa cattolica è stata gravemente colpita da questa guerra genocida ingaggiata contro di noi dall'esercito locale e da eserciti stranieri. Attacchi fisici, psicologici e spirituali sui nostri laici, preti, sorelle religiose e sulle nostre strutture, luoghi di culto, residenze parrocchiali, scuole, centri sanitari, uffici. Tra gli altri sono stati saccheggiati quattordici veicoli della Diocesi cattolica, scrivanie, device informatici, pannelli solari, apparecchiature di laboratorio, medicinali. La risposta del Governo è stata ingaggiare una guerra di pulizia etnica, che ha privato il Paese di qualsiasi cosa, dagli aiuti umanitari, alla possibilità di accedere a qualsiasi servizio di base, come medicine, elettricità, telefono, internet, trasporti aerei e di terra e così via.» Ricorda che il presule ha ribadito a gran voce la ferma opposizione della Chiesa cattolica del Tigray a tutte queste atrocità ed ha ripetutamente fatto appello alle autorità, alle organizzazioni partner in Etiopia e all'estero: «Quello che sta accadendo è che invece di impegnarsi a trovare una soluzione pacifica, in queste settimane e giorni più recenti, il processo di distruzione si aggrava». Segnala che Mons. Medhin ha fatto particolare riferimento alla detenzione del Provinciale della Congregazione dei Salesiani di Don Bosco in Addis Abeba, così come la detenzione dei membri della comunità e lo staff dei loro uffici, oltre che la detenzione di tutti i tigrini nella capitale e nell'intera Etiopia. Rileva che il vescovo ha lanciato un appello affinché tutte le atrocità vengano investigate da un ente internazionale indipendente, sottolineando che si tratta di veri e propri crimini confermati non solo dalle vittime e dal Governo del Tigray, ma riconosciute e testimoniate da tante organizzazioni indipendenti e dai media di tutto il mondo. Peraltro, evidenzia che, ad avviso del presule, la relazione della Commissione etiope per i diritti umani e dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani è incompleta e non rivela la verità.
  In conclusione, auspica che il Governo italiano mantenga la massima attenzione su questa area di crisi.

5-07048 Ehm: Sulle prospettive di risoluzione pacifica del conflitto in Yemen e di blocco all'esportazione di armamenti verso i Paesi coinvolti.

  Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Yana Chiara EHM (M5S), replicando, si dichiara non soddisfatta della risposta del Governo, che non fornisce alcuna indicazione sulle iniziative da assumere per risolvere un conflitto che va avanti ormai da sette anni, producendo una vera e propria catastrofe umanitaria, con 24 milioni di civili su 28 milioni che vivono sotto la soglia di povertà. Infatti, anche le azioni finalizzate alla soluzione politica del conflitto segnano il passo, dal momento che si sono intensificati i combattimenti nella stessa capitale Sana'a. A suo avviso, è necessario che l'Italia assuma una posizione più chiara e coraggiosa, in coerenza con la scelta di interrompere l'esportazione di materiali d'armamento nei riguardi di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

  Piero FASSINO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.20.

III Commissione - giovedì 25 novembre 2021

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-07142 Di Stasio: Sul processo di allargamento dell'Unione europea ai Balcani occidentali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'allargamento ai Balcani occidentali rappresenta un obiettivo prioritario della politica europea dell'Italia e un investimento geo-strategico cruciale per l'Unione europea. L'Italia è da sempre in prima linea nel sostenere maggiore dinamismo nel processo di integrazione europea della regione balcanica.
  Perseguiamo questo obiettivo con un approccio a più livelli. Al massimo impegno nel negoziato a 27 a Bruxelles, affianchiamo infatti un'azione strategica diretta a sostegno dei Paesi della regione per il raggiungimento dei parametri dell'Unione, anche attraverso gli strumenti di cooperazione regionale come l'iniziativa Centro Europea e l'iniziativa Adriatico-Ionica.
  Elemento qualificante di questo nostro impegno è il coinvolgimento della società civile. In questo solco si è collocata l'organizzazione del Forum dei Giovani UE-Balcani, che ha permesso a 78 studenti universitari provenienti dai Paesi membri e dai Balcani, di concentrarsi sui temi chiave per l'Europa del domani, quali il futuro delle istituzioni europee, la riconciliazione e l'identità, le sfide ambientali, le opportunità dischiuse dall'integrazione economica e, infine, il rapporto tra nuovi media, democrazia e società.
  Attraverso quattro giornate di intensi lavori, i partecipanti produrranno delle raccomandazioni destinate ai Governi, alle istituzioni europee e alla società civile, che saranno parte integrante delle proposte che l'Italia porterà alla Conferenza sul Futuro dell'Europa.
  Quest'attività dal basso è oggi più che mai essenziale alla luce delle difficoltà che riscontriamo a livello politico ad avanzare nel processo di allargamento. L'obiettivo prioritario perseguito dall'Italia in questo momento è l'approvazione dei quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord per permettere l'avvio concreto dei negoziati, dopo la luce verde data dal Consiglio Affari Generali nel marzo 2020. Al contempo, vi è l'urgenza assoluta di conferire nuovo slancio ai negoziati già aperti con la Serbia, con l'apertura di nuovi capitoli negoziali, e con il Montenegro.
  Il recente Pacchetto Allargamento presentato dalla Commissione ha confermato alcune nostre radicate convinzioni: primo, i ritardi nei confronti di Tirana e Skopje stanno influendo negativamente sulla credibilità dell'Unione europea; secondo, condizioni rigorose ma eque sono fondamentali per stimolare le riforme, soprattutto in materia di Stato di diritto.
  Il Governo è impegnato in ogni sforzo utile per il raggiungimento di questi obiettivi, lavorando in stretta sinergia con gli Stati membri che condividono pienamente il nostro stesso senso di urgenza.
  Questo ha permesso di coagulare il consenso a Bruxelles sulla priorità assoluta di adottare i quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord, a cui oggi si oppone un solo Stato membro, la Bulgaria. L'Italia non si è limitata ad assicurare il pieno sostegno agli sforzi delle Presidenze di turno, portoghese e slovena, ma si è attivata più volte nei confronti di Sofia per sottolineare il rilievo strategico che riveste l'avvio dei negoziati con Skopje e Tirana.
  Con altrettanta convinzione, il Governo si sta adoperando affinché alla prossima Conferenza intergovernativa con la Serbia in dicembre, possa essere sancita l'apertura di «cluster», gruppi tematici di capitoli negoziali. Da questo punto di visto, vorrei ricordare il dialogo proficuo portato avanti con Belgrado sul tema centrale delle riforme, in particolare sullo stato di diritto, che dovrebbe tradursi nelle prossime settimane
nell'approvazione di una riforma costituzionale della giustizia.
  Il Governo è convinto che i ritardi accumulati dal processo di allargamento danneggino profondamente gli interessi strategici dell'Unione europea nei Balcani Occidentali, a solo vantaggio di attori terzi che, grazie anche alle incertezze generate dalla pandemia, stanno cercando di guadagnare consensi nella regione.
  Per contrastare questa perdita di credibilità, il Ministro Di Maio assieme al collega tedesco ha formulato concrete proposte all'Alto Rappresentante Borrell su come rafforzare il ruolo dell'Unione europea nella regione in quattro ambiti di azione: allargamento, comunicazione strategica, riconciliazione e cooperazione regionale, rafforzamento della società civile.
  Le dinamiche in atto, in particolare con la crisi istituzionale in Bosnia-Erzegovina, confermano l'assoluta urgenza di un rinnovato impegno dell'Europa nella regione. Il Governo, assieme ai nostri principali partner, è impegnato in un intenso dialogo con tutti gli attori in teatro affinché prevalga il senso di responsabilità e la Bosnia possa riprendere il suo percorso di avvicinamento all'Unione europea.
  Altrettanto significativo continua a essere il nostro impegno a sostegno del Dialogo per la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, come dimostra il contributo dato dall'Italia che ha permesso di far rientrare le tensioni nel nord del Kosovo, attraverso la decisa azione delle nostre Ambasciate a Belgrado e Pristina, assieme agli altri partner dei Paesi del Quint, a sostegno dell'inviato Speciale per il Dialogo facilitato dalla UE, Miroslav Lajçak.
  In conclusione, confermo che il Governo non risparmierà sforzi affinché i Balcani Occidentali e la loro integrazione nell'Unione restino delle priorità assolute nell'agenda europea.

ALLEGATO 2

Interrogazioni nn. 5-07138 Quartapelle Procopio e 5-07140 Palazzotto: Sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Governo continua a seguire con grande attenzione e preoccupazione la crisi dei migranti con la Bielorussia. Il tragico decesso del bambino siriano avvenuto nel tentativo di attraversare la frontiera con l'Unione europea ci riporta alla memoria le strazianti immagini del piccolo Alan Kurdi. Sono simboli drammatici che sconvolgono la nostra coscienza collettiva e che impongono una risposta.
  Le tensioni ai confini orientali dell'Unione europea sono anche una riprova della natura mutevole dei flussi migratori e della necessità di una risposta europea pienamente condivisa.
  Un'esigenza, quest'ultima, che l'Italia sottolinea da lungo tempo in tutte le sedi pertinenti, rimarcando la necessità di dare piena attuazione al principio di solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità, stabilito dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea.
  È quindi necessario che l'Unione fornisca una risposta condivisa a questo fenomeno, nel pieno rispetto della tutela della vita e della dignità umana, come è stato da ultimo riaffermato nelle conclusioni del Consiglio Europeo di ottobre scorso.
  Consiglio Europeo che, sul tema dei flussi migratori dalla Bielorussia, ha espresso anche una consapevolezza generalizzata della necessità di una più decisa dimostrazione di solidarietà ai Paesi maggiormente esposti alle manovre di Minsk, poi riflessa nel testo di Conclusioni.
  Testo che infatti contiene: un esplicito richiamo alla Bielorussia; la condanna della strumentalizzazione e di ogni «attacco ibrido» ai confini dell'Unione europea; l'adozione di nuove misure restrittive.
  Sulla richiesta politicamente più delicata di eventuali finanziamenti europei per le barriere fisiche, sono risultati chiari due dati di fatto: la maggioranza degli Stati membri continua ad opporvisi, al pari delle Istituzioni europee, ma essa può contare su simpatie crescenti. Nel testo delle conclusioni del Consiglio Europeo si contempla l'ipotesi di proporre eventuali modifiche al quadro giuridico dell'Unione e misure concrete per rispondere alla «strumentalizzazione dei migranti» e agli «attacchi ibridi», ma ciò nel rispetto degli impegni internazionali e del diritto europeo, compresi i diritti fondamentali.
(1) Eventuali proposte di nuove misure a livello europeo dovranno quindi essere valutate alla luce della loro rispondenza a tali obblighi.
  La stessa Commissione europea ha finora espresso la propria contrarietà alla possibilità che l'Unione possa finanziare la costruzione di barriere fisiche. L'Italia – insieme ad altri Stati membri, tra cui anche Francia, Germania e Spagna – ha espresso forte cautela rispetto a misure di questo tipo. Riteniamo infatti che tali questioni debbano più correttamente essere affrontate attraverso il rafforzamento del dialogo e della cooperazione con i Paesi terzi in materia migratoria, e con una riforma globale delle politiche migratorie europee che possa assicurare solidarietà ai Paesi di primo ingresso.
  Più in generale, pur essendo l'esigenza di un efficace controllo delle frontiere esterne un tema di indubbia importanza, l'Italia continua ad adoperarsi affinché venga sempre adottato un approccio basato su una gestione globale del fenomeno migratorio, che tenga in adeguata considerazione i significativi flussi irregolari via mare.
  Allo stesso tempo, l'Italia ha sostenuto sia al Consiglio Europeo di ottobre, come detto, che al successivo Consiglio Affari Esteri di novembre l'adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti di Minsk, specificamente in relazione alla strumentalizzazione dei migranti.
  Continuiamo a svolgere un'azione concertata con i nostri principali partner in questo senso, come indicano i paralleli colloqui del Presidente Draghi con il Presidente Putin e quello della Cancelliera Merkel con il Presidente bielorusso Lukashenko, nonché dell'Alto Rappresentante con il Ministro degli Esteri di Minsk Makei, volti a sollecitare un atteggiamento costruttivo da parte di tutti verso una soluzione sostenibile.
  È al contempo essenziale continuare a premere su Minsk affinché garantisca l'accesso delle organizzazioni umanitarie ai migranti e avvii un dialogo con gli Stati membri dell'Unione confinanti, e con Bruxelles, per una gestione della crisi che sia sostenibile e rispettosa della dignità umana.
  Il 17 novembre la Commissione ha infatti stanziato 700.000 euro in assistenza umanitaria per le persone vulnerabili bloccate alla frontiera che ha consentito l'approvvigionamento di cibo, coperte e kit per l'igiene e di pronto soccorso.
  Inoltre, a seguito della recente visita del vicepresidente della Commissione europea Schinas in Iraq, le autorità irachene hanno annunciato l'organizzazione di operazioni di evacuazione umanitaria per i cittadini iracheni disposti a rientrare. Un primo volo di evacuazione ha avuto luogo il 18 novembre, portando a casa circa 430 cittadini iracheni.
  L'Italia continuerà a incoraggiare un approccio solidaristico tra gli Stati membri dell'Unione e di cooperazione e dialogo con i paesi di origine e transito dei flussi con l'obiettivo più generale di una riforma globale delle politiche migratorie che possa assicurare solidarietà ai Paesi di primo ingresso e che salvaguardi il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana.

  (1) Il paragrafo 20 delle conclusioni dell'EUCO di ottobre cita: «Il Consiglio europeo invita la Commissione a proporre le eventuali modifiche necessarie al quadro giuridico dell'UE e misure concrete supportate da un adeguato sostegno finanziario per garantire una risposta immediata e appropriata in linea con il diritto dell'UE e gli obblighi internazionali, compresi i diritti fondamentali».

ALLEGATO 3

Interrogazioni nn. 5-07139 Lupi e 5-07141 Formentini: Sul cosiddetto «Trattato del Quirinale».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Trattato del Quirinale, che sarà firmato domani dal Presidente Draghi e dal Presidente Macron, è un accordo per una cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia.
  Il Trattato, come tutti gli altri accordi, è negoziato dal Governo nella sua funzione esecutiva, in un quadro di necessaria confidenzialità. Tutte le Amministrazioni italiane competenti per le materie trattate nell'accordo sono state coinvolte nel negoziato. Il Parlamento verrà coinvolto nel procedimento di ratifica che seguirà alla firma.
  Il risultato raggiunto è frutto di un'azione corale dell'Esecutivo. Nel suo discorso programmatico davanti al Parlamento, il Presidente Draghi ha sottolineato come «proprio la pandemia abbia rivelato la necessità di perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più integrata». «Per l'Italia – cito sempre il Presidente del Consiglio nel suo intervento programmatico – ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania».
  Il Trattato individua alcune priorità d'azione condivise e soprattutto stabilisce e imposta un metodo di lavoro basato su consultazioni rafforzate a ogni livello. Queste permetteranno uno scambio approfondito tra i due Paesi sulle questioni di interesse comune.
  L'individuazione di iniziative specifiche, sempre sulla base della valutazione congiunta delle due Parti, verrà invece demandata ad un programma di lavoro da aggiornare periodicamente nei vertici tra Italia e Francia. Un approccio di questo tipo garantirà la più corretta e bilanciata evoluzione delle priorità che Roma e Parigi vorranno identificare.
  Riguardo a quanto sollevato dall'On. Lupi, è importante sottolineare che il metodo di consultazioni rafforzate previste dal Trattato non comporta impegni sulle scelte di merito riguardanti il sistema imprenditoriale italiano o la sua tutela ma anzi agevolerà le dinamiche di mercato. La comune appartenenza di Italia e Francia all'Unione Europea fornisce di per sé il quadro regolatorio di riferimento all'interno del Mercato Unico. Resta in capo ai governi la promozione e la tutela dei rispettivi sistemi imprenditoriali, all'interno dei parametri stabiliti dal diritto europeo.
  Nell'ambito della collaborazione economica, industriale e digitale, sempre su un piano di reciprocità, è inoltre esplicitamente previsto che le progettualità congiunte per promuovere lo sviluppo delle imprese avvengano in un contesto di bilanciamento degli interessi. Il loro avvio, così come quello di altre forme di collaborazione economica, resta affidato alla valutazione delle due Parti sui singoli casi. Il Trattato si limita infatti ad istituire dei meccanismi di consultazione e a indicare priorità condivise che permetteranno di meglio coordinare l'azione dei due Paesi.
  Per quel che riguarda invece quanto richiesto dall'On. Formentini, il Governo è naturalmente disponibile a rendere al Parlamento un'informativa sul Trattato di cooperazione rafforzata con la Francia nelle sedi e nelle date che potranno essere opportunamente concordate.

ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-06211 Ermellino: Sul processo di riforme in Ucraina e sugli accordi italo-ucraini in materia di sicurezza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli assi fondamentali della nostra collaborazione con l'Ucraina sono rappresentati dal continuo sostegno a integrità territoriale e sovranità del Paese, non riconoscimento dell'annessione illegittima della Crimea da parte della Federazione Russa e sviluppo delle relazioni tra l'Ucraina e l'Unione Europea.
  In questo quadro generale si inserisce l'impegno italiano a favorire l'avanzamento dell'agenda di riforme da parte di Kiev. Un impegno profuso sul piano non solo bilaterale ma anche multilaterale, grazie al nostro contributo in seno all'Unione Europea e attraverso la partecipazione dell'Italia al Gruppo di Riforme nel formato G7.
  L'incoraggiamento nei confronti dei nostri interlocutori ucraini a proseguire e portare a termine il processo di riforme intrapreso è costante.
  Il Ministro Di Maio lo ha fatto da ultimo nel corso della sua visita a Kiev del 10 giugno. Una visita molto attesa in Ucraina e accolta come un'apprezzata manifestazione di solidarietà da parte dell'Italia nella sua veste di Paese fondatore dell'Unione Europea e membro di G7 e NATO.
  Ad agosto io stesso – al vertice della cosiddetta Piattaforma Crimea – ho ribadito il valore imprescindibile delle riforme interne, concetto che avevo già evidenziato nel mio intervento alla Conferenza sulle Riforme in Ucraina dell'8 luglio.
  L'Italia garantisce all'Ucraina ingenti aiuti finanziari tramite l'Unione Europea. Dal 2014 Bruxelles ha garantito a Kiev 15 miliardi di euro. Le principali Istituzioni Finanziarie Internazionali alle quali contribuiamo, anzitutto il Fondo Monetario Internazionale, hanno inoltre realizzato programmi di assistenza finanziaria del valore di 20 miliardi.
  Sul versante dei rapporti con la NATO ci siamo spesi molto affinché l'Ucraina ottenesse a giugno 2020 lo status di Enhanced Opportunity Partner.
  Il nostro impegno è dunque intenso e articolato. I risultati sinora raggiunti sono importanti e hanno per il momento trovato il loro giusto riconoscimento nella firma dell'Accordo di Associazione e Libero Scambio tra l'Unione Europea e l'Ucraina, entrato in vigore il primo settembre 2017, e nella liberalizzazione dei visti Schengen.
  Si tratta di successi cui dare seguito, anche nel settore della sicurezza. La cooperazione tra le forze di sicurezza italiane e ucraine, già proficua attraverso gli strumenti menzionati dall'Interrogante, è stata ulteriormente approfondita negli ultimi anni.
  Un nuovo Accordo intergovernativo sulla cooperazione di polizia è stato infatti firmato durante la visita di quest'anno del Ministro Di Maio a Kiev, cui ho fatto cenno in precedenza. La conclusione di questo nuovo accordo, siglato per parte ucraina dal Ministro dell'Interno Avakov, è nata dall'esigenza di rafforzare la collaborazione in questo settore e, in parallelo, di rispondere alla crescente necessità di aggiornamento e approfondimento della cooperazione tra le forze di polizia alla luce delle nuove forme di criminalità transnazionale. Da queste iniziative le riforme in Ucraina non potranno che trarre beneficio.
  L'Italia continuerà dunque a sostenere il percorso intrapreso con determinazione da Kiev, anche in ambito multilaterale, senza accontentarsi dei pur significativi risultati raggiunti. In questo sforzo a tutto campo la collaborazione tra Italia e Ucraina nella lotta alla corruzione giocherà un ruolo cruciale, così da garantire la migliore tutela dello Stato di diritto.

ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-07026 Emiliozzi: Sugli attacchi a strutture religiose della Società salesiana di San Giovanni Bosco da parte di forze militari etiopi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Governo, e in particolare il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale continuano a seguire gli sviluppi della crisi in Etiopia con massima attenzione ed estrema preoccupazione.
  Siamo particolarmente allarmati per l'escalation militare, ormai perdurante e che si è estesa dal Tigray anche alle regioni Amhara, Afar e Oromia, in particolare a seguito della ripresa dell'offensiva militare da parte delle forze federali e della recente avanzata del Tigray People's Liberation Front e dell'Oromo Liberation Army, unitisi operativamente.
  La gravissima situazione umanitaria nel Paese desta ulteriore attenzione. Nelle regioni dell'Etiopia settentrionale, le Nazioni Unite stimano che oltre 5 milioni di persone necessitino di assistenza umanitaria. Tutte le parti in causa si oppongono, di fatto, a un accesso umanitario pieno e incondizionato nelle zone di conflitto con il risultato di impedire il ripristino dei servizi di base nelle aree maggiormente colpite. Ai segnali positivi manifestati dalle parti non sembrano ancora seguire attività concrete per facilitare le necessarie operazioni logistico-organizzative.
  In risposta al continuo deterioramento del quadro di sicurezza, per cercare di arginare i rischi connessi alla contrapposizione tra forze rivali, il 2 novembre il Premier Abiy Ahmed ha deliberato lo stato di emergenza nazionale. Tale decisione ha determinato l'allentamento di numerose garanzie individuali e il drastico aumento delle attività di sorveglianza e controllo sulla popolazione locale e sui residenti stranieri nel Paese, con la conseguente proliferazione di perquisizioni e arresti, soprattutto nella Capitale.
  Tra i destinatari di simili provvedimenti, come rilevato dall'Interrogante, è rientrato anche il «Centro Don Bosco» di Mekanissa, quartiere periferico di Addis Abeba, dove i padri salesiani offrono attività educative e di formazione professionale a beneficio di bambini e adulti emarginati. Lo scorso 5 novembre le Autorità di Polizia locali hanno posto in stato di fermo alcuni operatori del Centro, tra cui tre sacerdoti stranieri e il connazionale Padre Isidoro, condotti presso una struttura della Polizia federale per approfondimenti. Il rapido intervento della nostra Ambasciata ad Addis Abeba ha permesso il rilascio del connazionale il giorno stesso, insieme alla liberazione degli altri tre sacerdoti.
  Oltre a Padre Isidoro, le misure di arresto hanno coinvolto anche altri connazionali. Alberto Livoni, rappresentante nel Paese dell'ONG italiana VIS, tratto in stato di fermo il 6 novembre dalla Polizia federale etiope, è stato successivamente rilasciato il 14 novembre, grazie all'intermediazione della nostra Ambasciata ad Addis Abeba. Don Cesare Bullo, fermato il 13 novembre, è stato rimesso in libertà il giorno stesso, sempre grazie al tempestivo intervento della nostra Ambasciata. Entrambi, il 15 novembre, hanno già fatto rientro in Italia.
  Al momento, non risultano salesiani italiani in stato di fermo. La situazione del Centro Don Bosco di Addis Abeba e delle altre strutture religiose e dei salesiani presenti in Etiopia continua, ad ogni modo, a essere seguita con la massima attenzione dalla Farnesina e dall'Ambasciata ad Addis Abeba.
  Sul piano politico, l'Italia ha avviato uno stretto coordinamento con i partner internazionali, primi fra tutti l'Unione Europea
e gli Stati Uniti, per intensificare le pressioni diplomatiche nei confronti di tutti gli attori coinvolti, per cercare di favorire una soluzione politica della crisi in atto. In quest'ottica, l'Italia sostiene il tentativo di mediazione tra tutte le parti in causa dell'Alto Rappresentante dell'Unione Africana per il Corno d'Africa, Obasanjo [pronuncia: Obasangio] – pur nella consapevolezza che il filo negoziale è sempre più sottile e che le parti in conflitto sembrano fortemente prediligere la strada bellica come unica soluzione possibile. Anche le ultime dichiarazioni dell'Alto Rappresentante non lasciano spazio all'ottimismo, in uno scenario dove le reciproche richieste dei belligeranti sembrano speciose e mutualmente inaccettabili.
  Simili tentativi di mediazione della Rappresentante Speciale dell'Unione Europea per il Corno, Weber, e dell'inviato Speciale degli Stati Uniti, Feltman, sono pienamente sostenuti dall'Italia e dall'Unione Europea. A questi si aggiunge l'iniziativa personale del presidente Kenyatta che da qualche giorno (in raccordo con gli Stati Uniti) sta cercando di fare pressioni sul governo e sul Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF) per ottenere un cessate il fuoco immediato e la ripresa dei negoziati.
  In linea con le posizioni dell'Unione Europea, nello scenario attuale, perseguiamo convintamente le seguenti priorità nei confronti dell'Etiopia: immediata cessazione delle ostilità; avvio urgente di un processo di dialogo nazionale; incondizionato e reale accesso umanitario alle aree di conflitto; ritiro delle forze eritree dal territorio etiope; seguiti operativi e credibili alle indagini indipendenti sulle gravi violazioni dei diritti umani riscontrate dalle parti in causa.
  Abbiamo riaffermato tali aspettative in tutte le occasioni di interlocuzione politica con le autorità etiopi, da ultimo durante il colloquio telefonico tra il Ministro Di Maio e il Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri etiope Mekonnen del 15 novembre. Nel corso della conversazione, l'Italia ha reiterato la forte preoccupazione per la crisi in Etiopia e il vivo auspicio di un'immediata cessazione delle ostilità, propedeutica all'avvio di un genuino processo di riconciliazione nazionale. Un'altra occasione per veicolare questi messaggi era stata offerta dall'incontro bilaterale del 7 ottobre scorso tra la Vice Ministra Sereni e l'uscente Ministro etiope dell'Acqua, dell'irrigazione dell'Energia, Sileshi Bekele, svoltosi a Roma a margine della terza Conferenza Ministeriale Italia-Africa.
  Sul piano dei diritti umani, l'Italia ha sostenuto fin dall'inizio la missione d'inchiesta sul Tigray della Commissione Africana sui Diritti dell'uomo e dei Popoli, che opera nel contesto dell'Unione Africana, nonché l'indagine congiunta della Commissione Etiope per i Diritti Umani e dell'Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, avviata nel mese di maggio, i cui risultati sono stati resi noti il 3 novembre. Il rapporto conclusivo constata diffuse, continuate e gravissime violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, violazioni perpetrate da tutti gli attori in causa.
  Abbiamo ribadito il nostro appello al pieno rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario anche nel quadro del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite. In particolare, durante la 47a sessione del Consiglio Diritti Umani (svoltasi dal 21 giugno al 13 luglio), l'Italia ha sostenuto, insieme agli altri Paesi dell'Unione Europea, una risoluzione di condanna delle gravi violazioni e abusi dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in Tigray.
  Da ultimo, nel quadro della 48a sessione del Consiglio Diritti Umani (dal 13 settembre all'11 ottobre), l'Italia è intervenuta su questo tema, oltre che mediante l'intervento dell'Unione Europea – a nome dei 27 Stati Membri – e l'adesione alla dichiarazione congiunta sul Tigray promossa dagli Stati Uniti, anche a titolo nazionale in occasione del Dialogo Interattivo sulla situazione dei diritti umani in Tigray con l'Alta Commissaria Bachelet, per ribadire le nostre priorità per la regione.
  Inoltre, in risposta alla decisione del Governo federale etiope di espellere i funzionari delle Nazioni Unite, nel corso di questa ultima sessione del Consiglio Diritti Umani l'Italia ha aderito insieme a tutti gli
altri Paesi dell'Unione europea (ad eccezione della sola Ungheria) alla dichiarazione congiunta promossa dal Regno Unito per riaffermare il sostegno alle agenzie delle Nazioni Unite e al loro personale, e chiedere al governo etiope di ritirare immediatamente la decisione di espulsione e di consentire ai funzionari ONU di avere nuovamente accesso al Paese senza ulteriori impedimenti. L'Italia ha anche aderito, insieme ad altri 31 Stati, inclusi 21 Paesi europei, alla démarche promossa dal Canada il 15 novembre scorso nei confronti del Rappresentante Permanente dell'Etiopia presso le Nazioni Unite a Ginevra, per denunciare l'arresto e la detenzione arbitraria del personale delle Nazioni Unite.
  Nella consapevolezza che lo scenario politico, securitario e dei diritti umani sia in continuo deterioramento e sia certamente preoccupante, come Governo e come Farnesina continueremo a lavorare, insieme ai principali partner europei e internazionali, per indurre le parti a una immediata cessazione delle violenze, a consentire generale e completo accesso umanitario per la popolazione in stato di bisogno, a porre in essere misure effettive e veritiere per dare seguito ai risultati del rapporto congiunto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e della Commissione Etiope per i Diritti Umani e ad avviare una genuina riconciliazione nazionale.

ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-07048 Ehm: Sulle prospettive di risoluzione pacifica del conflitto in Yemen e di blocco all'esportazione di armamenti verso i Paesi coinvolti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La situazione sul terreno in Yemen continua a destare forte preoccupazione. Proseguono infatti i combattimenti fra i ribelli houthi e le forze governative, concentrati nella regione centrale del Marib, oggetto di una pesante offensiva dei ribelli, con un alto numero di vittime da entrambe le parti, e fra i civili.
  La situazione è in evoluzione anche nella città portuale di Hodeidah, dove a un ripiegamento tattico delle forze affiliate al Governo legittimo, le milizie houthi hanno risposto con l'occupazione di nuove aree a sud della città, innescando una dinamica che rimette potenzialmente in discussione l'intesa sul cessate il fuoco nella città, faticosamente raggiunta a Stoccolma nel dicembre 2018.
  Nell'ultimo aggiornamento al Consiglio di Sicurezza, l'11 novembre, l'Ufficio del Coordinatore delle Attività Umanitarie delle Nazioni Unite (OCHA) ha dato atto del concreto rischio di un collasso economico del Paese, dell'altissimo – e senza precedenti – numero di vittime civili nel mese di ottobre (350), soprattutto nel Governatorato del Marib, delle 50 linee di fronte attive al momento, del rapido deterioramento della situazione umanitaria e del rischio concreto di una nuova ondata di sfollati interni in caso di prosecuzione dell'offensiva dei ribelli. Proseguono inoltre gli attacchi degli houthi con missili e droni esplosivi indirizzati verso obiettivi in territorio saudita, tra cui aeroporti e impianti petroliferi.
  Secondo le Nazioni Unite quella in Yemen rimane la più grave crisi umanitaria: per l'anno in corso si stima che circa 20,8 milioni di yemeniti necessitino di assistenza umanitaria.
  Di fronte a tale situazione, la necessità di una soluzione diplomatica di lungo termine emerge in tutta la sua urgenza. Abbiamo accolto con favore gli iniziali passi del nuovo Inviato Speciale delle Nazioni Unite, lo Svedese Hand Grundberg, che intende conferire nuova linfa al processo politico-diplomatico e che può anche beneficiare di un rinnovato attivismo americano sul dossier.
  Il modello che l'inviato dell'ONU intende perseguire per rimettere in moto la dinamica negoziale si basa su un approccio negoziale scevro da precondizioni, con l'immediata esecuzione di misure umanitarie, la rivitalizzazione del sistema economico e il rilancio del dialogo fra le parti, all'insegna del coinvolgimento di tutte le componenti politiche e sociali del Paese, inclusi donne, giovani, comunità locali e associazioni.
  Favorevoli alcuni segnali provenienti dal contesto regionale, con l'avvio di un dialogo tra Riad e Teheran su alcuni temi regionali, a partire dallo Yemen, anche a fronte della maggiore determinazione maturata dai sauditi di porre fine al loro coinvolgimento nel conflitto.
  In linea con i rinnovati sforzi delle Nazioni Unite, l'Italia continua a sostenere con assoluta convinzione e determinazione la soluzione politico-diplomatica al conflitto yemenita, nella consapevolezza che non vi sia altra via d'uscita. Alla luce della dimensione anche regionale della crisi, il nostro Paese coglie ogni occasione di incontro con gli attori statali dell'area per invocare il loro serio e genuino impegno a favore della pace, nell'interesse della martoriata popolazione civile.
  In considerazione dell'attenzione rivolta a livello internazionale in via prioritaria
all'individuazione di una soluzione diplomatica al conflitto, misure di blocco generalizzato delle vendite di armamenti ai Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, quale quella suggerita dagli Interroganti, non sono evocate nelle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, né vengono applicate dai nostri principali partner.
  Alla luce delle dinamiche assunte dal conflitto, un bando generalizzato interesserebbe materiali dalla prevalente finalità difensiva, in una regione in cui sono molteplici le minacce alla sicurezza internazionale, mentre lo stesso conflitto yemenita sta avendo effetti destabilizzanti su una vasta area che comprende i principali Paesi vicini.
  Quanto alle parti yemenite, le Nazioni Unite hanno già previsto misure volte a mettere un embargo sulle forniture di armamenti agli houthi, inserite nella risoluzione 2216 del 2015, in ragione dell'insurrezione armata promossa dai ribelli contro le Autorità legittime.
  Il Governo italiano, in linea con la posizione dei nostri partner europei e con gli obiettivi perseguiti dalle Nazioni Unite, ritiene invece necessario concentrare gli sforzi nella ricerca di una soluzione politica al conflitto e per la progressiva stabilizzazione dello Yemen, attraverso formule sostenibili e durature, per poter assicurare agli yemeniti un futuro di pace e venire incontro alle loro legittime aspirazioni di sviluppo e benessere.