Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Comm. spec. in materia di infanzia e di adolescenza

Comm. Infanzia

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
SOMMARIO
Mercoledì 7 luglio 2021

AFFARI ASSEGNATI:

Affare sulle pratiche della transizione di genere dei soggetti minori di età (n. 871) (Esame ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti di cui all'articolo 50, comma 2, del Regolamento, e rinvio) ... 197

Sulla pubblicità dei lavori ... 198

PROCEDURE INFORMATIVE:

Audizione di esperti in relazione all'esame dell'affare assegnato sulle pratiche della transizione di genere dei soggetti minori di età (n. 871) ... 198

MATERIE DI COMPETENZA:

Sulle problematiche connesse alle pratiche di circoncisione rituale dei minori: proposta di relazione (Esame, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 23 dicembre 1997, n. 451. Approvazione della relazione: Doc. XVI-bis, n. 4) ... 204

ALLEGATO (Relazione approvata dalla Commissione sulle problematiche connesse alle pratiche di circoncisione rituale dei minori. Doc. XVI-bis, n. 4) ... 208

Su una proposta di affare assegnato sulla scomparsa dei minori in Italia ... 207

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza - Resoconto di mercoledì 7 luglio 2021

AFFARI ASSEGNATI

  Mercoledì 7 luglio 2021. – Presidenza del vicepresidente PILLON. – Intervengono, in relazione all'Affare assegnato n. 871, il dottor Luca Chianura, psicologo, psicoterapeuta, mediatore familiare, consulente in sessuologia e responsabile di psicologia clinica del Servizio di adeguamento tra identità fisica ed identità psichica (SAIFIP) presso l'Istituto Metafora, il dottor Francesco Borgonovo, vicedirettore del quotidiano «La Verità», la dottoressa Maddalena Mosconi, psicologa-psicoterapeuta, responsabile «area minori» del SAIFIP presso l'Istituto Metafora, il professor Filippo Maria Boscia, medico, ginecologo e andrologo, professore di fisiopatologia della riproduzione umana all'Università degli Studi di Bari e presidente dell'Associazione medici cattolici italiani (AMCI).

  La seduta comincia alle 8.

Affare sulle pratiche della transizione di genere dei soggetti minori di età (n. 871).

(Esame ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti di cui all'articolo 50, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  Il presidente PILLON (L-SP-PSd'Az) in qualità di relatore, illustra l'affare assegnato in esame attraverso il quale la Commissione si propone di approfondire il tema della transizione sessuale dei minori di età, affrontando in primo luogo la questione legata alla prescrivibilità di farmaci contenenti la molecola della triptorelina per inibire lo sviluppo sessuale in età puberale. Ricorda inoltre come non molti mesi fa siano state diffuse, nella Regione Lazio, delle linee guida, predisposte dall'Istituto Metafora, successivamente ritirate dopo la formale presa di distanza da parte proprio dell'Ospedale romano. Avverte quindi che per l'approfondimento della questione oggetto dell'affare saranno svolte alcune puntuali audizioni.

  Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Il PRESIDENTE avverte che della procedura informativa che sta per iniziare, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento del Senato, è stata richiesta l'attivazione dell'impianto audiovisivo, con contestuale registrazione audio, e che la Presidenza del Senato ha fatto preventivamente conoscere il proprio assenso.
  I lavori della Commissione, che saranno oggetto di registrazione, potranno essere quindi seguiti – dall'esterno – sia sulla web TV Camera che su quella del Senato.
  Non essendovi osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.

PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione di esperti in relazione all'esame dell'affare assegnato sulle pratiche della transizione di genere dei soggetti minori di età (n. 871).

  Il PRESIDENTE ringrazia tutti gli auditi per la disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione e a fornire il loro autorevole contributo sulla delicata questione della circoncisione minorile.

  Il dottor Luca CHIANURA ricorda alla Commissione che il Servizio per l'Adeguamento tra Identità Fisica ed Identità Psichica (SAIFIP) è stato istituito come Servizio di consulenza e di sostegno per le persone transgender che intendono chiedere un sostegno psicologico e/o la rettificazione medico-chirurgica ed anagrafica di riattribuzione di sesso, secondo la legge nazionale n. 164 del 1982. La legge regionale n. 59 del 1990 che ha individuato nell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini il Centro di riferimento per il Lazio. In seguito alle molteplici richieste di assistenza da parte di genitori con bambini e adolescenti con problematiche relative all'identità di genere, nel 2005 il SAIFIP ha istituito un'area specifica rivolta ai minorenni. L'Area Minori è stata fondata in collaborazione con il professor Domenico Di Ceglie, uno dei più autorevoli esperti internazionali in tema di Disforia di Genere (DG) in età evolutiva, Consulente della Gender Identity Development Unit presso la Tavistock & Portman Clinic di Londra. L'Area Minori è stata istituita come Centro clinico e di ricerca sulla varianza di genere in età evolutiva e si propone di definire un percorso nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, interdisciplinare ed integrato rivolto in modo specifico a bambini e adolescenti con varianza di genere.
  Il Servizio propone interventi di diagnosi integrata (medica-endocrinologica, neuropsichiatrica e psicologica) e sostegni psicologici rivolti al bambino-adolescente e alla sua famiglia. Inoltre, cura il collegamento con strutture e servizi del territorio sia urbano che nazionale, soprattutto con gli istituti scolastici ed i servizi di Tutela Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva (TSRMEE). L'identità di genere rappresenta una componente essenziale dell'identità sessuale. L'identità di genere può essere definita come la sensazione profonda e precoce di appartenere al genere maschile, femminile, entrambi o nessuno dei due. Per la maggior parte delle persone, il genere a cui sentono di appartenere è allineato con quello assegnato loro alla nascita, sulla base dei loro genitali esterni. Per le persone transgender, invece, il genere cui sentono di appartenere non coincide con quello assegnato loro alla nascita. Nell'immaginario collettivo, l'identità di genere è concepita come un sistema binario che vede contrapposti il genere maschile e quello femminile. Secondo questa logica, le persone che non s'identificano pienamente nel genere che è stato loro assegnato alla nascita, devono allora identificarsi nel genere opposto. Secondo le recenti evidenze scientifiche e di pratica clinica, l'identità di genere può essere immaginata come uno spettro. In questo ipotetico continuum, agli estremi si collocano il maschile e il femminile e, tra questi due poli, un'infinita varietà di possibili identità ed espressioni di genere. Il concetto di spettro presuppone un sistema non binario, in cui sono possibili contaminazioni tra i generi, oscillazioni o movimenti fluidi tra i generi o l'appartenenza a nessun genere. A questa variabilità, nelle identità di genere e nell'espressione di genere, ci si riferisce con varianza di genere. Nei casi di disforia di genere la persona può vivere un'incongruenza tra il genere assegnatole alla nascita e quello in cui invece si identifica. Il superamento di questa incongruenza e del disagio che ne deriva passano attraverso interventi medici affermativi di genere che possono includere terapie ormonali e/o chirurgiche. Mentre la varianza di genere riflette la normale variabilità dell'essere umano e non è quindi da considerarsi patologica, la disforia di genere è una categoria diagnostica. Essa è infatti attualmente inserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), uno dei sistemi nosografici più utilizzati al mondo. Sottolinea quindi che i livelli di sofferenza legati alla varianza di genere sono legati principalmente a fattori sociali, secondari all'incongruenza, come lo stigma, la transfobia, i pregiudizi, le discriminazioni, nonché scarse relazioni con il gruppo dei pari e gli atti di bullismo. Il rifiuto da parte della famiglia e dei pari, nonché le pressioni culturali a «normalizzarsi», assumono in quest'ottica la valenza di fattori di rischio importanti e predominanti nello sviluppo di psicopatologie nel bambino o adolescente con disforia di genere.

  Il dottor Francesco BORGONOVO fa presente alla Commissione di aver portato avanti sul proprio giornale una inchiesta sulla questione delle linee guida regionali predisposte dall'Istituto Metafora e «rinnegate» dall'ospedale San Camillo-Forlanini di Roma. La vicenda nasconde però una realtà più ampia e problematica legata al trattamento dei transgender minori di età. Rileva in particolare come sul portale Infotrans.it, realizzato dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) della presidenza del Consiglio dei ministri il SAIFIP è indicato fra gli istituti di riferimento per coloro che intendono intraprendere un percorso di transizione di genere. Ciò che desta perplessità è il fatto che sui profili social del SAIFIP e di alcuni dei suoi responsabili siano presenti post che denotano un approccio eccessivamente politicizzato ed ideologico sui temi legati al genere. Altrettanto preoccupante è la collaborazione che il SAIFIP ha avviato da oltre dieci anni con la Tavistock clinic. Questa clinica londinese, specializzata in transizioni di minori, è stata di recente al centro di una vicenda anche giudiziaria per la somministrazione a bambini e adolescenti di bloccanti della pubertà, seguiti da interventi chirurgici, dopo frettolose diagnosi di disforia di genere.
  Tali circostanze inducono a chiedersi se sia corretto che le problematiche della transizione sessuale dei minori siano affrontate da un istituto così ideologicamente connotato, con il rischio che venga trascurato il necessario approccio di analisi individuale del minore.

  La dottoressa Maddalena MOSCONI sottolinea come la letteratura scientifica riporti ampiamente come i giovani con disforia di genere presentino una maggiore vulnerabilità psicopatologica e l'incidenza di più problematiche comportamentali ed emozionali rispetto alla popolazione generale dei pari. I dati presenti in letteratura suggeriscono che questi adolescenti hanno una probabilità più alta di sviluppare difficoltà psicologiche (come problematiche legate alla depressione e all'ansia, ritiro sociale ed isolamento), rifiuto del corpo, autolesionismo e ideazione suicidaria e disturbi del comportamento alimentare. Osserva quindi come negli ultimi anni si sia assistito, in tutti i servizi che si occupano di minori con varianza di genere a livello internazionale, ad un aumento considerevole di prese in carico di bambini ed adolescenti che presentano un quadro di varianza di genere, in parallelo a un abbassamento dell'età di questi. Oltre ad essere maturata a livello culturale una maggiore accettazione di queste condizioni, grazie ad una maggiore visibilità e consapevolezza, vi è anche una maggiore possibilità di espressione della propria identità di genere. In linea con i dati internazionali, anche il SAIFIP sta registrando un notevole aumento dell'utenza minorile, infatti, nonostante la situazione pandemica legata all'emergenza da COVID19, si è potuto registrare un sostanziale incremento degli accessi. Questo dato è strettamente correlato all'aumento di bambini e adolescenti che desiderano fare la transizione sociale durante gli anni della scuola. Per tale motivo sempre più scuole si troveranno a dover gestire minori con varianza di genere con l'obbiettivo di permettergli di seguire il percorso scolastico nel modo più sereno possibile. Il termine «transizione sociale» descrive il processo attraverso il quale una giovane persona con varianza di genere comincia a vivere nel genere percepito senza alcun intervento medico; essa comporta tipicamente dei passaggi come il cambio di nome e la scelta dei pronomi che si adattino meglio al genere esperito. La transizione sociale precede, generalmente, gli interventi medici, come le terapie ormonali e gli interventi chirurgici, permettendo al giovane di fare un'esperienza di vita reale nell'identità di genere percepita.
  Per questo molti istituti scolastici del territorio nazionale hanno attivato la «carriera alias» che consiste in una modifica della carriera reale dello studente mediante l'assegnazione di un'identità provvisoria.
  Dopo aver sottolineato come la questione delle linee guida sia stata gestita in modo errato a livello comunicativo e come l'istituto Metafora abbia ritenuto preferibile seguire la via del silenzio stampa, precisa che l'Istituto collabora con l'ospedale San Camillo-Forlanini sulla base di una convenzione. Si sofferma quindi sulle iniziative formative rivolte ai docenti, le quali, a motivo proprio della vicenda legata alle linee guida, non sono state attivate. Con riguardo ai protocolli seguiti osserva come l'Istituto prenda in carico l'intero nucleo familiare procedendo in primo luogo ad una attenta diagnosi del minore e portando avanti il percorso di transizione sulla base di protocolli clinici predeterminati. Sottolinea inoltre come il percorso gestito dall'Istituto sia di carattere psicologico, non operando presso l'istituto endocrinologi pediatrici: la fase del trattamento che implica la somministrazione di farmaci o ulteriori interventi chirurgici è rimessa ad altre strutture.

  Il professor Filippo Maria BOSCIA evidenzia che in base alla propria lunga esperienza questo ambito del sesso e del genere è fortemente controverso, tanto da aver determinato una proliferazione di termini, variamente complessa, che va a complicare anche gli intimi significati diventati variabili non solo nel tempo, ma anche all'interno delle singole discipline e creando grande confusione tra una disciplina e l'altra.
  Un esempio di confusione è costituito dal fatto che la parola «sesso» indica sia l'essere maschio/femmina, sia la sessualità. Non solo, ma i termini «sesso», «sessuale» e «genere» non sono più riferiti agli indicatori biologici di maschio e femmina ma sono indicativi di contesti riguardanti la capacità riproduttiva, i cromosomi sessuali, le gonadi, gli ormoni sessuali, gli organi genitali interni ed esterni, ambigui e non ambigui. La necessità di introdurre il termine «genere», l'ultimo fra tanti, sorge non solo per gli individui con indicatori biologici non ambigui, ma anche per quelli con indicatori biologici sessuali contrastanti o ambigui. Lo stesso termine si allarga riguardando ruoli vissuti nella società, dalle identificazioni come bambino o come bambina, come uomo o come donna, dai fattori biologici ai fattori sociali, psicologici e a tutti i contributi interagenti allo sviluppo del genere.
  L'assegnazione di genere, per gli sviluppi della medicina, si riferisce non più alla sola assegnazione iniziale di maschio e femmina
alla nascita, ma è diventato precocissimo perché lo si può invocare con molto anticipo. La determinazione del sesso è rilevabile attraverso la diagnosi pre-impianto (esame genetico del blastomero) o attraverso tecnologie riproduttive che lavorano per la determinazione del sesso/genere ancora prima della nascita.
  L'identità di genere è una categoria, non soltanto anatomica, ma educazionale, comportamentale, cognitiva e sociale. Il DSM – dimostrando una poca stabilità degli assunti scientifici – riporta che «Esistono disforie di genere che si riferiscono al disagio affettivo/cognitivo in relazione al genere assegnato e che può assumere una specificità maggiore quando viene utilizzato come categoria diagnostica».
  Con riguardo alla transizione di genere da attuarsi in soggetti minori di età, si deve essere consapevoli della incertezza che i dati di letteratura pubblicati sui casi di pubertà patologica, non possono essere sovrapponibili a quelli che interessano il blocco della pubertà fisiologica.
  Si tratta della riassegnazione di genere di soggetti di minore età che non mostrano patologie riferita al genotipo o al fenotipo, ma alla sola percezione di un'immagine del sé corporeo non accettato e della sofferenza connessa derivante dall'incongruenza del genere esperito o espresso e il genere assegnato. Il DSM ha compiuto un incredibile salto, derubricando queste situazioni di incongruenza da «malattie» a «comportamenti di scelta».
  Nel giro di pochi anni questi problemi sono stati quindi traslati da patologie cliniche bisognevoli di interventi terapeutici, anche chirurgici, a semplici comportamenti che partono semplicemente da preferenze, svolgimenti di attività, o di giochi o di funzioni, stereotipicamente utilizzati da generi opposti. Il Comitato nazionale di bioetica per la somministrazione della triptorelina ha raccomandato un approccio di prudenza in situazioni accuratamente selezionate, da valutare caso per caso, quindi modalità prudenziali che obbligano a seri filtri, soprattutto quando v'è mancanza di dati scientifici in base ai quali selezionare i casi suddetti, ponendo, nel contempo, l'interrogativo sulla possibilità di intraprendere un percorso di consapevolezza dell'identità di sé in un vissuto di identità sessuata neutrale.
  Molti studi affrontano peculiarmente il problema della sofferenza che non si limita al desiderio di appartenere semplicemente al genere opposto, ma può comprendere il desiderio ardente di appartenere ad un genere alternativo e che differisca dal genere assegnato.
  Lo stesso DSM descrive a supporto delle diagnosi, azioni quali ad esempio i maschi il depilarsi le gambe al primo segno di crescita dei peli o il bendaggio dei genitali per rendere meno visibili le erezioni e per le femmine il bendaggio del seno. Ed ancora, per la diagnosi sottolinea in modo chiaro che non guida l'esame clinico e che nemmeno gli esami di laboratorio sono indicativi, restando essenziali i fattori comportamentali, temperamentali, ambientali e tutte le specificazioni psicologiche.
  Il tema della transizione sessuale dei minori deve essere affrontato prescindendo da valutazioni di ordine sociologico, politico o culturale. È necessario seguire un approccio strettamente medico. Occorre un team di super specialisti esperti che comprenda il fisiopatologo della riproduzione, il neonatologo, il pediatra, il ginecologo e l'andrologo dell'adolescenza, il genetista, l'endocrinologo pediatra, l'urologo pediatra, lo psicologo o psichiatra pediatra, il chirurgo pediatra, ma soprattutto i genitori, unici responsabili del sesso di allevamento, che sempre più spesso tendono a delegare le decisioni e non ad occuparsene magari attraverso associazioni di supporto Peer Group (Gruppo di pari) che includono con ruolo fondamentali il soggetto, della cui identità di genere si dibatte.
  Il team specialistico che segue il soggetto deve valutare nel singolo caso sotto molteplici profili in base alla situazione psicologica, alle inclinazioni, alle eventuali patologie e alle situazioni generali del soggetto e della famiglia. Deve stabilire il tempo ottimale di eventuali interventi terapeutici, tenendo presente che comunque, questi sono attuati incongruamente e potrebbero avere un impatto negativo, potenzialmente irreversibile
per lo sviluppo individuale, condannando tra l'altro il soggetto a discriminazioni o peggio ad un ritardo della costruzione della sua immagine corporea rispetto a quella dei coetanei, evento che sicuramente può impattare negativamente sui rapporti sociali e parentali.
  Critica quindi l'approccio al problema della disforia seguito da alcuni medici della Tavistock Clinic che prevede un intervento precoce sul minore anche sul piano della genito-plastica. Si tratta di un approccio che se, da un lato, presenta il vantaggio di una più facile guarigione tissutale, dall'altro, presenta delle terribili conseguenze sul piano psichico, anche per la sua irreversibilità. Devono essere, a suo parere, identificati in modo specifico e con precisione i singoli casi che richiedono di interventi terapeutici, se no si rischiano generalizzazioni o indicazioni assolutamente arbitrarie. Sottolinea poi come nessuno conosca ad oggi fino in fondo le conseguenze dei blocchi delle funzioni endocrine o gli effetti delle supplementazioni o degli iper stimoli ormonali. Conclude osservando come queste persone, diventate facili bersagli, possano essere aiutate anche diversamente ed essere sostenute nelle loro identità, senza disporre interventi esasperanti.

  Interviene per porre quesiti il presidente relatore PILLON (L-SP-PSd'Az) il quale osserva preliminarmente come né il dottor Chianura né la dottoressa Mosconi abbiano chiarito la vicenda relativa alle linee guida e alle motivazioni che hanno spinto la struttura ospedaliera del San Camillo-Forlanini non solo a dissociarsi dall'iniziativa, ma addirittura a diffidare formalmente l'istituto Metafora dall'utilizzo sulle suddette linee guida del proprio logo.
  Pone quindi quesiti sulle linee guida, rilevando come tale documento sia profondamente intriso di ideologie gender. Ideologie queste che vengono applicate anche a personalità in formazione come quelle dei bambini e adolescenti. È indubbio che alcune dichiarazioni rese dalla dottoressa Mosconi ad una emittente radiofonica e nel corso di un'intervista con Richard Thunder sulla nozione di identità di genere e sulla «ignoranza» dei genitori che non avallano processi di transizione in figli minori di età rappresentano la conferma che tali linee guida sono state elaborate partendo da ideologie gender da promuovere anche nelle scuole.
  Si sofferma quindi sulla drammatica vicenda che ha visto come protagonista Keria Bell, una giovane paziente della clinica Tavistock di Londra, pentita per i trattamenti ormonali e chirurgici che l'hanno, irrimediabilmente, trasformata in un uomo. Esprime viva preoccupazione per la collaborazione che l'istituto Metafora porta avanti ormai da diversi anni proprio con la clinica Tavistock. Una clinica dalla quale peraltro nel gennaio dello scorso anno un gruppo di medici si è dimesso in massa proprio per il modo in cui il Gender Identity Development Service trattava i giovani pazienti, bambine e bambini affetti da disforia di genere.
  La lettura di alcuni post pubblicati dal dottor Chianura sulla propria pagina facebook non può che destare preoccupazione; preoccupazioni accentuate dal contenuto delle linee guida, che evidenziano una adesione acritica alla terapia affermativa del genere. È importante quindi che gli auditi chiariscano quale sia la posizione dell'Istituto Metafora in merito alla suddetta terapia.

  Il senatore MALAN (FIBP-UDC) ritiene che il caso di Keria Bell non debba essere minimizzato anche perché esso è uno solo dei tanti casi che hanno visto coinvolti i minori. Domanda alla dottoressa Mosconi e al dottor Chianura se durante la fase di analisi del paziente minore di età vengano prospettate anche le conseguenze negative del percorso di transizione, o invece ci si soffermi solo sui profili «salvifici» di tali trattamenti. Dopo aver segnalato le gravi conseguenze sul piano fisico che la somministrazione della triptorelina può comportare nei minori di età, ricorda che, alcuni studi scientifici mostrano che un'ampia percentuale di minori con problemi di disforia di genere non trattati negli anni tendono ad accettare il proprio sesso di nascita. In merito al tasso suicidario segnalato dalla dottoressa Mosconi chiede se tale percentuale diminuisca nei minori che hanno iniziato il percorso di transizione.

  Il dottor BORGONOVO, replicando ad alcuni dei quesiti posti, osserva come gli studi sul transessualismo siano limitati. Dagli interventi non sembrano emergere con chiarezza le fonti scientifiche a supporto dell'avvio precoce di percorsi di transizione sessuale. Ancora, non è chiaro quale sia stato l'iter che ha portato l'Istituto Metafora ad elaborare le linee guida, poi sconfessate dall'ospedale San Camillo-Forlanini. Come hanno confermato gli altri auditi, presso l'istituto Metafora non prestano la loro attività medici – pediatri esperti in endocrinologia. I giovani pazienti quindi sono chiamati a rivolgersi per la terapia farmacologica e chirurgica ad altre strutture. Sembrano quindi mancare dati in ordine al numero di pazienti minori di età trattati sul piano psicologico dall'Istituto che, successivamente, hanno avviato e completato il percorso di transizione anche chirurgica. Conclude soffermandosi sul tema della de-transizione.

  La senatrice Tiziana Carmela Rosaria DRAGO (FdI) osserva come si stia trasformando la questione del genere da un problema naturale in un tema fortemente ideologico e ideologizzato. Chiede agli auditi se la disforia di genere sia il sintomo o la causa. Domanda poi quali siano le ragioni per le quali negli ultimi anni si sia rilevato questo significativo aumento dei casi di transizione di genere – soprattutto di donne – e in particolare se «l'ambiente accogliente» creato da molti dei centri che si occupano della transizione sessuale non abbia finito in qualche modo per indirizzare e condizionare le scelte individuali. Si sofferma quindi sul problema della irreversibilità di questi trattamenti, un tema particolarmente grave soprattutto quando si tratta di soggetti minori di età. Chiede poi a quale specialista competa la diagnosi di disforia di genere e quale tipologia di coinvolgimento delle famiglie debba essere preso in considerazione.

  Il dottor CHIANURA, dopo aver fornito alcuni elementi di risposta sulla vicenda relativa alle linee guida, ritiene del tutto inappropriato il richiamo fatto dal presidente Pillon a post pubblicati sui social network. Si tratta di dichiarazioni strettamente personali e private e che non inficiano il valore della propria attività in ambito clinico.

  Il presidente PILLON (L-SP-PSd'Az) chiede al dottor Chianura di chiarire quali siano i rapporti dell'Istituto Metafora con la clinica Tavistock e se l'Istituto segua o meno la terapia affermativa.

  Dopo una breve interlocuzione con il dottor Chianura, prende la parola la dottoressa MOSCONI la quale osserva come la disforia di genere sia legata non solo ad una predisposizione biologica, ma anche a fattori ambientali e culturali. Rileva poi come i percorsi seguiti dall'Istituto non siano uno strumento per veicolare ideologie gender. Fornisce quindi alcuni precisazioni sul tema della carriera alias, da inquadrarsi nell'ambito delle politiche di contrasto alla dispersione scolastica particolarmente marcata con riguardo ai minori transgender.

  Dopo alcune richieste di chiarimento formulate dal senatore PILLON (L-SP-PSd'Az) alle quali replica la dottoressa MOSCONI, prende la parola il dottor BOSCIA. Questi ribadisce l'esigenza di ponderare adeguatamente ogni forma di intervento esogeneo, proprio per l'impatto sulla psiche dell'individuo. Andrebbero in particolare, a suo parere, sostenute e portate avanti forme di intervento alternative non interferenti sulla identificazione sessuale.

  Dopo una ulteriore richiesta di chiarimento della senatrice Tiziana Carmela Rosaria DRAGO (FdI) prende la parola l'onorevole Maria SPENA (FI), la quale sottolinea l'importanza della tematica oggetto dell'affare assegnato. Alla dottoressa Mosconi chiede di chiarire quale sia l'età minima per iniziare questo percorso di trattamento della disforia di genere, tenuto conto del segnalato abbassamento dell'età media degli utenti. Chiede ancora di precisare quanto tempo intercorra tra la presa in carico del bambino/adolescente e l'inizio della terapia farmacologica. Domanda, poi, quale sia la natura dei rapporti, e in particolare della convenzione, tra l'Istituto Metafora, il SAIFIP e l'ospedale San Camillo-Forlanini. Conclude ponendo quesiti in ordine alle conseguenze sulla salute psicofisica delle terapie farmacologiche per la transizione sessuale avviate su bambini e adolescenti anche alla luce delle esperienze di altri Paesi europei.

  La senatrice Raffaella Fiormaria MARIN (L-SP-PSd'Az) esprime vive perplessità sull'approccio clinico seguito da alcuni istituti per il trattamento delle disforie, che finisce per influire negativamente sullo sviluppo psico-fisico di minori di età. Chiede quindi in che modo i genitori vengano coinvolti in questo percorso di transizione sessuale.

  Dopo alcune precisazioni della dottoressa MOSCONI interviene l'onorevole Maria Teresa BELLUCCI (FDI), la quale osserva come i rappresentanti dell'Istituto Metafora non abbiano chiarito quali siano gli studi scientifici e clinici alla base dei protocolli da loro seguiti. Desta perplessità infatti che minori in età puberale possano intraprendere questi tipi di percorsi. Chiede poi di chiarire la durata e le modalità del supporto psicologico fornito alle famiglie e al minore. Domanda, ancora, quanto tempo intercorra tra l'avvio del percorso psicologico e l'inizio di una eventuale terapia farmacologica.

  Il dottor CHIANURA fa presente che il solo ospedale Careggi di Firenze stia portando avanti una sperimentazione farmacologica per il trattamento dei minori con disforia di genere.

  Il dottor BOSCIA ribadisce l'importanza che la questione della disforia di genere dei minori sia affrontata da team di esperti.

  Il PRESIDENTE ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione. Ricorda poi che nella seduta pomeridiana già convocata per oggi la Commissione sarà chiamata a votare la proposta di relazione sulle pratiche della circoncisione rituale di minori.

  La seduta termina alle 10.45.

MATERIE DI COMPETENZA

  Mercoledì 7 luglio 2021.Presidenza della presidente RONZULLI.

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulle problematiche connesse alle pratiche di circoncisione rituale dei minori: proposta di relazione.

(Esame, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 23 dicembre 1997, n. 451. Approvazione della relazione: Doc. XVI-bis, n. 4).

  La PRESIDENTE avverte che nella seduta odierna la Commissione è chiamata ad esaminare e votare la relazione al Parlamento sulle problematiche connesse alla circoncisione rituale minorile.
  Ricorda quindi che la Commissione aveva richiesto l'assegnazione di un affare su questa tematica e in quella sede era stato svolto un ciclo di audizioni, nel corso delle quali erano stati ascoltati, fra gli altri, esperti in medicina e pediatria, nonché esponenti delle comunità religiose ebraica e musulmana. La proposta di relazione, predisposta dalla relatrice Boldrini, che la Commissione si appresta a votare, partendo proprio gli esiti della attività conoscitiva svolta nell'ambito dell'affare assegnato e del materiale acquisito nella medesima sede, affronta in modo organico, pur senza pretese di esaustività, il tema della circoncisione rituale minorile.

  Dà quindi la parola alla relatrice per l'illustrazione della proposta.

  La relatrice Paola BOLDRINI (PD) fa presente che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza è chiamata dalla legge istitutiva 23 dicembre 1997, n. 451 a svolgere compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, potendo formulare, nell'esercizio di tali funzioni, osservazioni e proposte alle Camere sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.
  Nella scelta dei temi da affrontare la Commissione ha individuato, accanto a tematiche di ampia portata e di indubbia complessità, questioni più circoscritte, ma non meno attuali ed importanti, quali il problema della circoncisione rituale minorile oggetto della proposta di relazione in esame.
  Per l'approfondimento di quest'ultima questione la Commissione ha chiesto l'assegnazione di un affare, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, del Regolamento del Senato.
  Nell'ambito di tale affare la Commissione ha proceduto – come è stato ricordato anche dalla presidente – ad una serie di audizioni, ascoltando esperti in pediatria e i rappresentanti delle comunità islamica ed ebraica. La circoncisione rituale maschile, pratica poco in uso nella cultura italiana, ha assunto particolare rilievo nel nostro Paese in seguito all'aumento di famiglie straniere che la eseguono usualmente per motivi religiosi e/o culturali.
  Negli ultimi anni numerosi sono stati i fatti di cronaca che hanno visto tristemente protagonisti bambini che, a causa dell'esecuzione della circoncisione rituale maschile da parte di «circoncisori tradizionali» e in ambiti igienicamente non sicuri, hanno riportato complicanze gravi se non addirittura letali.
  A differenza delle mutilazioni genitali femminili, la cui esecuzione è penalmente perseguibile nel nostro Paese, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha espressamente riconosciuto nel 1998 che «le comunità, che per la loro specifica cultura praticano la circoncisione rituale maschile, meritano pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica», in accordo con l'articolo 19 della Costituzione italiana e con la legge n. 101 del 1989, recante norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane. La proposta di relazione predisposta oltre ad analizzare il fenomeno della circoncisione sia sotto un profilo storico che medico-clinico e dar conto degli aspetti culturali e religiosi che ancora oggi giustificano questa pratica, fornisce alcune indicazioni sugli interventi sull'attuale sistema, anche normativo, che si potrebbero rivelare importanti al fine di assicurare l'effettuazione della circoncisione nel pieno rispetto del diritto alla salute dei piccoli pazienti. In particolare sarebbe opportuno promuovere, in un quadro di leale collaborazione con i competenti organismi nazionali e gli enti territoriali e nel rispetto delle comunità religiose interessate, la conclusione di accordi con le strutture sanitarie pubbliche finalizzate ad assicurare agli utenti che ne facciano richiesta la possibilità di effettuare in ambito ospedaliero le pratiche di circoncisione rituale secondo un tariffario concordato che tenga conto dell'intero percorso assistenziale dalle attività di analgesia, sedazione, asepsi alla tecnica chirurgica. Tenendo anche conto di quanto previsto nell'Intesa conclusa tra lo Stato italiano e le comunità ebraiche italiane, sarebbe opportuno prevedere garanzie minime di sicurezza sanitaria in relazione alle prestazioni di circoncisione rituale, assicurando una uniformità a livello nazionale in ordine alle modalità di accesso alla pratica, alla individuazione delle professionalità coinvolte, nonché agli eventuali accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e alle modalità del follow-up. Sarebbe in altre parole auspicabile un diffuso incoraggiamento della ospedalizzazione pubblica della circoncisione non terapeutica, fatti salvi ovviamente i casi, nei quali, come accade con riguardo alla Comunità ebraica, l'esecuzione delle circoncisioni rituali avviene già nel rispetto di protocolli medico-sanitari e in situazione di sicurezza. Tale soluzione, da un lato, rappresenterebbe un importante strumento per assicurare la tutela del bene primario della salute, ma, dall'altro,
permetterebbe anche di garantire il diritto di libertà religiosa il quale impone allo Stato non solo di riconoscere ma anche di rimuovere tutti quegli ostacoli di vario genere che ne impediscono concretamente la fruizione a livello individuale, collettivo e istituzionale. Ogni intervento non può prescindere dall'adozione di esplicite direttive a livello nazionale atte ad assicurare ai genitori, che intendono sottoporre a circoncisione il proprio figlio, la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e/o convenzionate del sistema sanitario con percorsi definiti e con costi accessibili alla famiglia richiedente, nel rispetto delle vigenti norme di tutela della privacy.
  Infine, altrettanto importante, considerando la scarsità di dati disponibili, sarebbe l'avvio di una attività di monitoraggio a livello di Ministero della salute al fine di dare una corretta dimensione alla questione in oggetto ma anche al fine di una adeguata programmazione di risorse, umane e materiali, da impiegare, assicurando una adeguata collaborazione anche con le comunità religiose e comunità di stranieri presenti in Italia, per la promozione e tutela della salute di tutti i bambini.
  Conclude auspicando quindi il voto unanime della Commissione sulla relazione.

  La PRESIDENTE dichiara aperto il dibattito. Nel prendere atto che non vi sono richieste di intervento avverte che si procederà direttamente alle dichiarazioni di voto sulla proposta di relazione.

  La senatrice Grazia D'ANGELO (M5S), nell'esprimere apprezzamento per il contenuto della relazione le cui indicazioni potranno consentire in futuro di preservare la vita e la salute di molti minori, preannuncia il voto favorevole del proprio gruppo. Ribadisce quindi l'importanza di assicurare una uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale anche favorendo la conclusione di protocolli e convenzioni con strutture medico-ospedaliere per l'esecuzione, con costi contenuti e in sicurezza degli interventi di circoncisione. Si tratta di una soluzione, questa, peraltro, in grado di assicurare il dovuto rispetto della libertà religiosa riconosciuta alle confessioni che prevedono la circoncisione come rito essenziale.

  La senatrice Raffaella Fiormaria MARIN (L-SP-PSd'Az) preannuncia il voto favorevole del proprio Gruppo parlamentare, sottolineando l'importanza di promuovere campagne informative volte sensibilizzare le famiglie appartenenti a culture diverse dalla nostra sulla necessità di effettuare nel rispetto di protocolli sanitari e in ambito medico-ospedaliero le operazioni di circoncisione anche nei casi in cui per ragioni religiose o culturali esse si rendano necessarie.

  L'onorevole Patrizia MARROCCO (FI) sottolinea come il tema oggetto della proposta di relazione in esame sia di indubbia delicatezza ed attualità. È importante impedire nuove morti o danni irreparabili alla salute di tanti bambini che vengono per ragioni religiose o culturali sottoposti alla pratica della circoncisione. Occorre quindi favorire l'esecuzione di circoncisioni a livello medico ospedaliero o comunque nel rispetto – come avviene nel caso della comunità ebraica – di protocolli sanitari. Altrettanto essenziale è la promozione di iniziative di sensibilizzazione volte a spingere le famiglie a rivolgersi per l'esecuzione delle circoncisioni a persone con competenze mediche e non a circoncisori improvvisati. Conclude dichiarando il voto favorevole del proprio Gruppo parlamentare.

  L'onorevole SIANI (PD), nel preannunciare il voto favorevole del Gruppo del Partito democratico, esprime vivo apprezzamento per la relazione predisposta dalla relatrice, la quale affronta in modo compiuto e approfondito il tema della circoncisione rituale minorile. A legislazione vigente, peraltro, la circoncisione non è ricompresa tra le prestazioni assicurate fra i livelli essenziali di assistenza previsti dal Servizio sanitario nazionale. Ne consegue che ogni regione decide sul punto in modo differente: un'eterogeneità non solo nell'offerta all'interno dei diversi Servizi sanitari regionali, ma anche nella stessa regione tra le diverse aziende sanitarie, e quindi nelle modalità di accesso e nel percorso assistenziale. Ciò che è prioritario è quindi evitare che siano eseguite circoncisioni in ambienti non igienicamente sicuri e da parte di personale non qualificato, con evidenti rischi per la salute del minore. Da questo punto di vista non si può che guardare con favore alla sottoscrizione di accordi o convenzioni con strutture ospedaliere per l'effettuazione in ambito clinico di tale pratica.

  Interviene quindi per dichiarazione di voto favorevole l'onorevole Maria Teresa BELLUCCI (FDI), la quale esprime viva preoccupazione per l'assenza di dati certi e di un sistema adeguato di monitoraggio del fenomeno. L'assenza di dati e di un sistema organico di rilevazione è un problema emerso anche nell'ambito di altre attività conoscitive svolte dalla Commissione e che denota una scarsa attenzione del nostro ordinamento nei confronti dei più fragili. Sono preoccupanti ed allarmanti le stime diffuse sulle circoncisioni rituali svolte in clandestinità, pratiche che, per la sicurezza dei minori, devono essere contrastate. Bisogna incentivare l'esecuzione a livello medico ospedaliero o comunque nel rispetto di protocolli sanitari delle circoncisioni, proprio nel rispetto del principio del superiore interesse del minore.

  La PRESIDENTE, nel prendere atto che non vi sono ulteriori richieste di intervento per dichiarazione di voto, pone in votazione la proposta di relazione, che, previa verifica del prescritto numero legale, è approvata all'unanimità (pubblicata in allegato).

  La Commissione unanime approva.

Su una proposta di affare assegnato sulla scomparsa dei minori in Italia.

  La PRESIDENTE riferisce alla Commissione di aver incontrato il prefetto Riccio, nuovo Commissario Straordinario del Governo per la gestione del fenomeno delle persone scomparse, con riguardo alla questione dei minori scomparsi. Accedendo anche ad una richiesta pervenuta per le vie brevi della senatrice Marin, la quale rilevava l'esigenza di approfondire la questione legata al fenomeno dei minori non accompagnati, propone alla Commissione di deliberare in ordine alla richiesta alla Presidenza del Senato dell'assegnazione di un affare sulla più ampia problematica della scomparsa dei minori in Italia.

  La Commissione conviene unanime.

  La seduta termina alle 14.20.

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza - mercoledì 7 luglio 2021

ALLEGATO

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SULLE PROBLEMATICHE CONNESSE ALLE PRATICHE DI CIRCONCISIONE RITUALE DEI MINORI (Doc. XVI-bis, n. 4).

  Premessa.

  La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza è chiamata dalla legge istitutiva 23 dicembre 1997, n. 451 a svolgere compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, potendo formulare, nell'esercizio di tali funzioni, osservazioni e proposte alle Camere sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.
  La Commissione rappresenta quindi uno degli attori istituzionali preposti alla difesa e alla tutela dei minori, ma anche alla promozione dei loro diritti. Un ruolo assolto attraverso indagini volte non solo alla analisi dei fenomeni, ma anche soprattutto alla individuazione di linee di intervento, finalizzate ad orientare l'attività legislativa.
  Nella scelta dei temi da affrontare la Commissione ha individuato, accanto a tematiche di ampia portata e di indubbia complessità, quali la lotta al bullismo e al cyberbullismo e la violenza tra e ai danni di minori, questioni più circoscritte, ma non meno attuali ed importanti, quali il problema della circoncisione rituale minorile oggetto della presente relazione.
  Per l'approfondimento di quest'ultima questione la Commissione ha chiesto l'assegnazione di un affare, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, del Regolamento del Senato.
  Nell'ambito di tale affare la Commissione ha proceduto ad una serie di audizioni, ascoltando esperti in pediatria e i rappresentanti delle comunità islamica ed ebraica.
  La circoncisione rituale maschile, pratica poco in uso nella cultura italiana, ha assunto particolare rilievo nel nostro Paese in seguito all'aumento di famiglie straniere che la eseguono usualmente per motivi religiosi e/o culturali.
  Negli ultimi anni numerosi sono stati i fatti di cronaca che hanno visto tristemente protagonisti bambini che, a causa dell'esecuzione della circoncisione rituale maschile da parte di «circoncisori tradizionali» e in ambiti igienicamente non sicuri, hanno riportato complicanze gravi se non addirittura letali.
  A differenza delle mutilazioni genitali femminili, la cui esecuzione è penalmente perseguibile nel nostro Paese, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha espressamente riconosciuto nel 1998 che «le comunità, che per la loro specifica cultura praticano la circoncisione rituale maschile, meritano pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica», in accordo con l'articolo 19 della Costituzione italiana e con la legge n. 101 del 1989, recante norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Sempre con riguardo alla legittimità di tale pratica si è pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43646 del 2011. Nella decisione si precisa: «giammai il mohel potrebbe incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione medica e la sua condotta, che oggettivamente integra il reato di lesione personale, è scriminata, se non determina una apprezzabile lesione e non mostra segni di negligenza, imprudenza o imperizia. La circoncisione rituale non sarà in contrasto con il nostro ordinamento e la componente religiosa sovrasterà, a ben guardare, non soltanto quella medica, ma anche quella penale».

  Con la presente Relazione la Commissione oltre ad analizzare il fenomeno della circoncisione sia sotto un profilo storico che medico-clinico e dar conto degli aspetti culturali e religiosi che ancora oggi giustificano questa pratica, intende fornire alcune indicazioni sugli interventi sull'attuale sistema, anche normativo, che si potrebbero rivelare importanti al fine di assicurare l'effettuazione della circoncisione nel pieno rispetto del diritto alla salute dei piccoli pazienti.

1. Le dimensioni del fenomeno in Italia.

  Come evidenziato in premessa la circoncisione è una pratica che sta assumendo progressiva diffusione nel nostro Paese in considerazione dei fenomeni migratori. Questa pratica interessa non solo gli ebrei e i musulmani (c.d. circoncisione «confessionale»), ma anche migranti di religione cristiana (c.d. circoncisione «culturale-religiosa»).
  Non sono disponibili dati ufficiali sulle dimensioni del fenomeno. Alcuni dati possono essere ricavati implicitamente dai numeri dei migranti di alcune aree dell'Africa riportati negli annuali Rapporti immigrazione di Caritas e Migrantes. Secondo le stime dell'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) sarebbero circa 11 mila i bambini circoncisi ogni anno, di cui 5 mila in Italia e di questi il 35 per cento in clandestinità, e 6 mila nei paesi di origine.
  L'assenza dei dati sembra doversi ricondurre ad una serie di fattori. Per quanto concerne gli ebrei, i neonati sono circoncisi nelle strutture comunitarie, mentre gli adulti convertiti eseguono l'operazione privatamente, senza che i dati relativi a tali interventi siano comunicati al di fuori del gruppo confessionale. Con riguardo alla comunità islamica la carenza di dati è strettamente ricollegata alla assenza di dati ufficiali circa la popolazione musulmana residente in Italia. A ciò si aggiunge l'assenza di un vero e proprio «censimento interno» alla comunità religiosa, un albo equiparabile a quello dei battesimi.
  Come si dirà in seguito anche la differente «risposta» del servizio sanitario regionale contribuisce in parte a rendere difficile la comprensione della effettiva diffusione di questa pratica.

2. La circoncisione: un breve excursus storico.

  La circoncisione – dal latino circum («intorno») e caedere («tagliare»), quindi «tagliare intorno», costituisce una pratica antichissima.
  Una operazione già praticata in epoca egizia, come documentato dalla descrizione contenuta nel cosiddetto Papiro di Ebers, reperito a Luxor nel 1862. Papiro questo trovato tra le gambe di una mummia risalente al 3000 a.C. Nel testo sono riportate dettagliate istruzioni circa la tecnica di esecuzione. Ad ulteriore conferma della conoscenza di tale pratica nell'antico Egitto è un bassorilievo visibile sulla parte anteriore della tomba del faraone Ankh-ma-Hor. Ulteriori prove della diffusione di tale pratica possono essere desunte dall'analisi di alcune statue di faraoni circoncisi. Non sono ancora chiare le ragioni sottese a tale pratica ovvero se gli Egizi eseguissero la circoncisione come rito religioso o come misura chirurgica motivata da ragioni igieniche. Se, da un lato, il carattere di trattato medico del papiro di Ebers sembrerebbe indurre a ritenere la circoncisione una misura igienica profilattica praticata per consentire una buona igiene del solco balanoprepuziale, dall'altro lato, non sembrano da escludersi completamente le implicazioni ritualistiche, circostanza confermata dal fatto che soprattutto in epoca più antica, tale pratica fosse riservata solo ai sacerdoti, ai nobili e, ovviamente, ai maschi della casa reale. Successivamente la pratica venne estesa a tutta la popolazione. Non solo, ma anche i viaggiatori stranieri per entrare in Egitto dovevano sottoporsi all'operazione. Infatti Pitagora (VI secolo a.C.) che voleva recarsi in Egitto per studiarvi gli antichi templi, venne ammesso ad entrare soltanto dopo essersi sottoposto alla circoncisione. Forse questa restrizione venne abolita in seguito, infatti non risulta che altri visitatori come Erodoto (circa 490-430 a.C.) e Diodoro Siculo (80-20 a.C.) dovettero
sottoporsi alla stessa circoncisione per potere entrare in Egitto.
  Espressi richiami alla circoncisione sono poi contenuti nella Bibbia. Tale pratica, imposta da Dio ad Abramo, doveva essere praticata da tutti, schiavi compresi, quale simbolo dell'alleanza tra Dio, Abramo e la sua progenie. La circoncisione rappresenta un segno esterno e distintivo della alleanza con Dio oltre che sigillo della sua benedizione per Israele.
  Anche nel mondo greco e romano la circoncisione è una pratica nota. Oltre ad essere citata dallo storico Erodoto, Aulo Cladio Celso (25 a.C.-50 d.C.) nel suo De Medicina descrive dettagliatamente sia l'anatomia che la patologia dei genitali maschili e femminili, in particolare nel trattare della fimosi, distingue la fimosi congenita da quella secondaria ad infiammazioni dovute al fatto che «glande nudari non potest», descrivendo nel contempo la tecnica chirurgica per ovviare alla strettura prepuziale. Sempre secondo Celso, la pratica era talmente diffusa a Roma che non era infrequente che persone poco esperte effettuassero circoncisioni, talvolta incorrendo in complicanze serie quali quella provocata dall'eccessiva ablazione del prepuzio. Proprio per ovviare a tali «danni» venivano praticati interventi riparatori (recutilis) con una trasposizione di cute dalla porzione prossimale dell'asta volta a ricostruire il prepuzio. Tale intervento è peraltro rimasto in uso per almeno 15 secoli risultando ancora in uso nel XVI secolo all'epoca di Gabriele Falloppio e di Fabrizio d'Aquapendente.

3. La circoncisione: le ragioni sottese alla diffusione di tale pratica.

  3.1. La circoncisione come rito religioso.

  La circoncisione rappresenta una pratica diffusa già presso gli antichi Arabi dove a motivazioni profilattico-sanitarie si accompagnano ben più importanti ragioni rituali-religiose. Si deve proprio agli Arabi la diffusione di tale pratica, come segno distintivo musulmano, fra tutte le popolazioni da loro sottomesse sulle coste orientali africane e malesi. Presso le popolazioni che già eseguivano la circoncisione, la dominazione araba comportò un mutamento nei rituali e nella tempistica di esecuzione. Il Khitan, così definiscono i Musulmani tale pratica, non è obbligatoria su base coranica, ma giustificata da una summa profetica per cui, alcuni giuristi islamici la considerano una pratica decisamente meritoria. Per il mondo islamico i riti religiosi, oltre a prendere forma nelle preghiere canoniche svolte in orari e modalità stabiliti, assumono anche la forma di sacralizzazione di determinati atti della vita quotidiana. È il caso della circoncisione rituale maschile, argomento delicato con implicazioni legate alla salute, all'infanzia e alla corporeità. Aspetti che insieme creano una complessità nella gestione della pratica stessa, nell'informazione circa il suo corretto svolgimento e la sua ragion d'essere.
  Le motivazioni igienico-sanitarie addotte per dare legittimità a tale rito rischiano, talvolta, di svilirne il valore simbolico. Come ha sottolineato l'Imam Pallavicini, nel corso dell'audizione svolta in Commissione nell'ambito dell'esame dell'affare assegnato già citato, il modello del Profeta Abramo può essere una chiave per la comprensione della circoncisione come segno della ricerca da parte dell'uomo di una purezza per servire Dio. L'attenzione al benessere del corpo è un sostegno nell'adorazione di Dio e un riflesso dello statuto primordiale in cui gli esseri umani sono stati originati (fitra).
  Tra le fonti islamiche che si riferiscono alla circoncisione rituale vi è una tradizione (hadith) del Profeta Muhammad che la iscrive tra le pratiche necessarie per mantenere il corpo conforme allo stato primordiale insieme al tagliarsi i baffi, portare la barba, usare il siwak per la pulizia dei denti, pulirsi il naso con l'acqua, tagliarsi le unghie, lavare gli spazi interdigitali, depilarsi le ascelle, rasarsi il pube, sciacquarsi con acqua dopo le necessità fisiologiche. Le quattro scuole giuridiche sunnite, hanafita, malikita, hanbalita, shafiita, considerano la pratica della circoncisione maschile all'interno della sunna, il comportamento del profeta Muhammad che
il credente è tenuto a emulare per trovare un beneficio spirituale interiore ed esteriore nella fedeltà profetica. Soltanto la scuola shafiita considera la circoncisone una pratica obbligatoria.
  Sul significato di tale atto spesso si sorvola proprio perché si tende a farlo rientrare nelle consuetudini e nei riti di passaggio dall'età infantile a quella adulta. Tuttavia il gesto di Abramo che si circoncide all'età di ottanta anni, secondo la tradizione islamica, sembrerebbe ampliare il valore della circoncisione. Se l'Ebraismo vede in tale atto il simbolo dell'ingresso nella comunità ebraica e dell'alleanza tra l'uomo e Dio, l'Islam ricorda che il patto primordiale è avvenuto all'origine della Creazione, mentre l'ingresso nella comunità islamica avviene attraverso la grande chiamata alla preghiera, adhan, sussurrata all'orecchio del neonato. Abramo viene descritto dalla dottrina islamica come hanif, puro adoratore del Dio Unico, una qualità ereditata dal Profeta Muhammad. Dunque, la circoncisione come simbolo della dedizione a Dio.
  Come accennato, per gli Ebrei, la pratica della circoncisione in uso da oltre tremila anni, è stata ed è uno degli aspetti primari e fondanti della religione ebraica stessa. Tramandata di generazione in generazione la circoncisione rappresenta l'identità essenziale ed indissolubile dell'appartenenza al Popolo ebraico, legato a questa dal Patto del Brith Milà, stabilito dal primo Patriarca Avraham (Abramo) con L'Eterno (vedi amplius infra). Tale pratica diffusa fra gli Ebrei di tutto il mondo, è eseguita con modalità e con riti che solo marginalmente differiscono tra le varie comunità ebraiche.
  Nella comunità romana ebraica è in uso una cerimonia detta Mishmara (guardia/vigilanza). Si tratta di un rito le cui origini risalgono a tre secoli fa anche se la maggior parte dei testi che trattano della circoncisione non richiamano tale cerimonia. La Mishmara si svolge solitamente la sera prima della circoncisione (ottavo giorno dalla nascita); i membri della famiglia e gli amici si riuniscono nella casa del neonato per un banchetto. Gli uomini recitano salmi, versetti della Genesi, inni liturgici. I Rabbini sono invitati a fare una lezione o ad organizzare uno studio (limud) di legge ebraica (Torà). La serata si conclude con la preghiera notturna, recitata accanto alla culla del neonato. Le donne sono presenti alla cerimonia ma la loro partecipazione è limitata agli aspetti sociali della serata, come la distribuzione di dolci agli ospiti, tra cui la «pizza» (duro impasto con pezzi di frutta candita), dolce tradizionale della Mishmara.
  Presso gli ebrei ashkenaziti discendenti delle comunità ebraiche medievali della regione franco-tedesca del Reno, alla vigilia della circoncisione, bambini in età scolare vengono accompagnati a casa dei genitori del neonato, per recitare accanto a lui le preghiere solitamente dette prima di coricarsi. I bambini vengono poi ricompensati con dolci. II padre del neonato rimane sveglio tutta la notte, recitando passi tratti dalla Kabbalah e salmi. Lo scopo della veglia è di salvaguardare il bimbo dalle forze maligne che cercano di causargli del male e di impedirgli di entrare nel patto di Abramo. Anche il circoncisore, il padrino, parenti stretti e amici si ritrovano in casa dei genitori per recitare salmi e preghiere. II circoncisore visita il bambino per stabilire se è pronto per l'operazione. Sotto il materasso del neonato viene posta una Torà, mentre i genitori leggono la preghiera propiziatoria affinché il figlio metta in pratica tutti gli insegnamenti biblici. II bambino viene vegliato almeno fino a dopo la mezzanotte. Anche in questa occasione vengono serviti vino e cibi prelibati. II coltello del circoncisore viene posto sotto il cuscino su cui il bimbo sta dormendo, fino alla mattina successiva. Questo serve come protezione contro le forze del male. Un altro motivo è che, qualora la circoncisione cada di Shabbat, il coltello deve essere portato prima della festa nel luogo dove il bambino verrà circonciso. Ponendolo sotto il cuscino, potrà essere spostato da un luogo all'altro insieme al bambino, senza trasgredire a nessun divieto dello Shabbat.
  Gli ebrei Chassidim usano vegliare solo la vigilia. Senza un invito formale, i parenti maschi si raccolgono nella casa dei genitori, per studiare la Torà e consumare un
piatto a base di ceci, recitando salmi e passaggi biblici. II pasto di ceci è un simbolo tradizionale di lutto e tale connotato viene rafforzato dall'assenza di un invito formale. A ben vedere il bambino in attesa della circoncisione è considerato in lutto. La tradizione riportata dal Talmud Babilonese racconta infatti che un angelo insegna tutta la legge scritta (Torà) al bambino mentre si trova ancora nel grembo materno, ma, al momento della nascita, gli tocca il labbro con un dito, facendogli dimenticare tutto il sapere; la perdita di tale conoscenza equivale alla perdita di un parente stretto.
  Secondo il rito dei Falascià (gli ebrei neri d'Etiopia) la circoncisione deve essere eseguita non rigorosamente l'ottavo giorno (soprattutto nel caso in cui l'ottavo giorno sia un sabato), ma rigorosamente entro gli otto giorni dalla nascita. Quando il gezrat (rito della circoncisione) non sia compiuto entro tale termine, vale in tutto il suo vigore la sanzione biblica secondo la quale quell'anima sarà tagliata fuori dai suoi popoli e i Falascià interpretano che il bambino che muore incirconciso oltre l'ottavo giorno di vita non è contato tra i figli di Israele e resta escluso dal Giardino dell'Eden.

  3.2 La circoncisione come strumento di rappresentazione di riti tribali.

  La circoncisione costituisce presso alcuni popoli uno strumento di rappresentazione di riti tribali. In particolare nel Benin nord-occidentale è insediata (fra le altre) la tribù dei Biyobè considerati fondamentalmente come «coloro che fanno la circoncisione». Presso i Biyobè la circoncisione, da un lato, è un rito di iniziazione (per i giovani iniziati la circoncisione è una prova di coraggio che offrono alla loro comunità per essere da questa accolti come «veri Biyobè») e, dall'altro, è legata al mito della creazione del popolo Biyobè che viene rivissuto ciclicamente dalla collettività nel «sacrificio» dei singoli iniziati. Stando al mito delle origini, i Biyobè furono generati dalla circoncisione, nel senso che essi nacquero come popolo soltanto in seguito a tale operazione.
  La pratica è diffusa anche in Kenya tra il popolo Kikuyu. Pure in questo caso la circoncisione si inserisce nell'ambito di un più ampio rito di iniziazione che segna l'ingresso nella società (e l'acquisto dei diritti) del giovane Kikuyu. L'iniziazione consiste, oltre che in un periodo di isolamento, nella circoncisione e nell'insegnamento dei diritti e dei doveri. I Kikuyu riconoscono nella circoncisione una caratteristica tribale imprescindibile. I membri della stessa classe di età diventano come fratelli tra loro.

  3.3 La circoncisione per ragioni di tipo igienico-profilattico.

  Come è emerso anche dal brevissimo excursus storico non sono da trascurare anche le motivazioni igieniche e profilattiche che giustificano il ricorso alla circoncisione.
  È opportuno in proposito segnalare come nel Nord America la circoncisione sia divenuta una pratica assolutamente generalizzata fino all'inizio degli anni Settanta, quando la American Academy of Pediatrics (AAP) nel 1971 e nel 1975 sostenne l'inesistenza di valide motivazioni mediche per la circoncisione profilattica neonatale. Successivamente, a partire dagli anni '80, l'AAP ha rivisto parzialmente le proprie precedenti posizioni, riconoscendo i potenziali benefici e vantaggi derivanti dalla circoncisione, pur tenendo conto dei possibili rischi legati a tale procedura.
  Nonostante i rischi e i potenziali benefici della circoncisione profilattica siano stati largamente studiati, attualmente, non esiste ancora a livello medico-scientifico un consenso unanime sulla reale utilità della circoncisione neonatale. I dati riportati in letteratura risultano estremamente discordanti tra loro. Secondo uno studio condotto nel 2000 su soggetti dell'Africa sub-sahariana i soggetti circoncisi avrebbero un minor rischio di contrarre l'infezione da HIV. Ulteriori studi hanno poi evidenziato che la probabilità di trasmissione dell'HIV al partner femminile di uomini con HIV è più bassa se il partner maschile è circonciso.

  Dal punto di vista igienico si ritiene che l'assenza del prepuzio consenta una miglior pulizia soprattutto a livello del solco balano-prepuziale; inoltre nei circoncisi si riscontra una minor produzione di smegma (materiale di secrezione e di desquamazione del prepuzio). In alcuni casi, lo smegma può essere causa di balanopostiti (infiammazioni del prepuzio e del glande), mentre alcuni studi hanno messo in relazione la sua produzione e il suo accumulo con un'aumentata incidenza di tumore del pene.

  3.4 La circoncisione terapeutica.

  Da ultimo occorre ricordare che in alcuni casi il ricorso alla circoncisione è giustificato da ragioni medico-terapeutiche. Possono motivare un intervento di postectomia la presenza di balanopostiti ricorrenti (infiammazioni che interessano il glande ed il prepuzio); di ricorrenti infezioni urinarie soprattutto quando queste coesistono con la presenza di situazioni che possono favorire la risalita dell'infezione mettendo a rischio la funzionalità renale; di parafimosi (il prepuzio resta a lungo retratto dietro al glande non potendo più riprendere la posizione iniziale) o infine di un reflusso vescico-ureterale.

4. I profili sanitari della circoncisione.

  La circoncisione è una metodica chirurgica che consiste nella rimozione totale o parziale del prepuzio, il lembo di pelle scorrevole che riveste il glande. Le procedure chirurgiche per la circoncisione comprendono non solo interventi chirurgici convenzionali, ma anche il ricorso a strumenti e dispositivi specifici. Durante il periodo neonatale (meno di 2 mesi di età), quasi tutte le circoncisioni vengono eseguite da medici generici che utilizzano uno dei tre strumenti chirurgici più comuni; negli Stati Uniti, la clamp Gomco è lo strumento più utilizzato, seguito dalla clamp Mogen e da Plastibell. Le complicazioni possono includere sanguinamento, infezione e una rimozione troppo piccola o troppo grande di tessuto. I decessi come conseguenza sono rari.
  Dopo il periodo neonatale, la circoncisione presenta un maggior rischio di complicanze, in particolare quelle relative a possibili emorragie o complicanze correlate all'anestesia. La maggior parte delle circoncisioni viene eseguita utilizzando uno dei tre metodi chirurgici aperti. Il metodo guidato dal forcipe, il metodo della fessura dorsale e il metodo di resezione della manica; tutte metodiche ben descritte dall'Organizzazione mondiale della sanità nel manuale per la circoncisione maschile in anestesia locale. La clamp Gomco e la clamp Mogen sono talvolta utilizzate dopo il periodo neonatale, in combinazione con suture o cianoacrilati adesivi per prevenire il sanguinamento post-operatorio.

5. La circoncisione rituale maschile nella religione ebraica e musulmana oggi.

  5.1 Le audizioni dei rappresentanti delle Comunità.

  La Commissione ha ritenuto, come accennato, di approfondire la questione della circoncisione rituale minorile, ascoltando anche i rappresentanti delle comunità religiose sia islamica che ebraica.
  Per quanto concerne il mondo ebraico la dottoressa Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, ha ricordato come la milah, il nome con il quale è chiamata la circoncisione rituale ebraica, debba essere eseguita all'ottavo giorno dalla nascita. Nel popolo ebraico da secoli esiste la figura del mohel, circoncisore, a cui viene demandato il compito di eseguire questo atto rituale. I mohalim devono seguire un corso superato il quale in alcuni paesi (Regno Unito, Francia ed Israele) godono anche di una copertura assicurativa.
  Il Rabbino di Roma, dottor Riccardo Shemuel Di Segni, ha inoltre ribadito come per l'Ebraismo la circoncisione maschile, da effettuarsi entro l'ottavo giorno dalla nascita, sia il simbolo dell'ingresso nella comunità ebraica e dell'alleanza tra l'uomo e Dio. Ha inoltre evidenziato che l'Unione delle comunità ebraiche italiane in collaborazione con l'Assemblea dei rabbini d'Italia
e l'Associazione Medica Ebraica ha definito di comune accordo i requisiti necessari affinché i circoncisori, i Mohalim, possano eseguire le circoncisioni rituali in assoluta sicurezza sanitaria, istituendo, all'uopo un apposito Albo nazionale dei circoncisori rituali autorizzati. La circoncisione rituale dei neonati ebrei non può essere eseguita quindi da soli medici, ma occorre che questi siano anche ministri di culto.
  Anche per il mondo islamico la circoncisione rituale maschile costituisce un rito religioso, lecito prima della pubertà e considerato una pratica da seguire secondo le quattro scuole giuridiche sunnite, hanafita, malikita, hanbalita, shafiita e una pratica addirittura obbligatoria secondo la scuola shafiita. A differenza della Comunità ebraica quella islamica – come ha rilevato l'Imam Yahyâ S. Y. Pallavicini – con riguardo alla circoncisione rituale non solo non ha predisposto protocolli di esecuzione, ma non dispone neanche di un adeguato numero di professionisti medici con competenze specifiche in grado da poter assolvere il ruolo di circoncisore. È per questa ragione che la Comunità religiosa islamica italiana si è dichiarata in linea di principio non contraria alla sottoscrizione di accordi o convenzioni con strutture ospedaliere per l'effettuazione in ambito clinico di tale pratica ovvero alla effettuazione di circoncisioni rituali da parte di Mohalim.

  5.2 La Comunità ebraica: l'istituzione dell'Albo Nazionale dei Mohalim e il protocollo operativo.

  L'UCEI in collaborazione con l'ARI e l'AME, Associazione Medica Ebraica ha definito di comune accordo i requisiti necessari affinché i Mohalim possano eseguire le circoncisioni rituali nell'ambito delle Comunità ebraiche italiane in assoluta sicurezza sanitaria.
  A tale scopo è stato istituito un Albo nazionale dei circoncisori rituali autorizzati. L'Albo è depositato presso la sede dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e pubblicato sui relativi mezzi di informazione, affinché siano riconosciuti pubblicamente coloro che detengono la certificazione completa e l'autorizzazione ad operare in accordo con la Rabbanut e nel rispetto della sicurezza sanitaria.
  L'iscrizione all'Albo è approvata, a domanda dell'interessato dal consiglio dell'ARI, sentito il parere di un rappresentante dell'UCEI e dell'Associazione Medica Ebraica, che dovranno accertare il possesso di una serie requisiti: dal curriculum formativo con certificazione rilasciata da riconosciuti organismi ebraici internazionali (es. OU, UME, Initiation Society, Rabbinato centrale di Israele,) e accertata esperienza pratica all'abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo (che costituisce titolo preferenziale), dalla condotta religiosa ebraica alla iscrizione all'Unione dei mohalim europei (UME), dall'impegno all'osservanza del protocollo operativo all'iscrizione presso una Comunità Ebraica italiana.
  Il consiglio dell'ARI può decidere, in caso di mancanza dei requisiti indicati o della non ottemperanza alle presenti istruzioni, la sospensione/cancellazione dell'iscrizione all'Albo.
  Il Mohel si impegna a seguire una procedura operativa prestabilita che prevede prima della circoncisione: la visita del neonato con verifica delle sue condizioni di salute che consentono l'intervento e contestualmente di informare entrambi i genitori sulle modalità della circoncisione e per acquisirne il consenso informato; l'obbligo di informare il pediatra che segue il neonato della prossima circoncisione e verificare assieme le condizioni di salute permettenti l'intervento; l'acquisizione del consenso informato firmato da parte di entrambi i genitori ed infine l'obbligo di comunicazione alla Comunità di appartenenza della famiglia del neonato dell'incarico ricevuto. Durante la circoncisione il Mohel è tenuto a rispettare tutte le norme e precauzioni al fine di garantire la sicurezza dei neonati (asepsi, controllo sanguinamento ecc.) e ad utilizzare strumenti sterili o monouso. Il protocollo sconsiglia la suzione diretta (Metzitzà): tale modalità può essere consentita solo previo accertamento diagnostico dello stato di salute infettivo del neonato e del circoncisore.

  Ulteriori incombenze gravano sul Mohel dopo l'intervento di circoncisione. Questi infatti è tenuto a garantire la reperibilità nelle 24 ore successive alla circoncisione; a seguire il neonato fino a cicatrizzazione avvenuta e completa guarigione; a tenere un registro delle circoncisioni (accessibile per controllo) con schede che attestino il consenso ricevuto e il rispetto di tutte le norme e condizioni igienico sanitarie ed eventuali complicanze ed infine ad inviare alla Comunità di appartenenza del neonato, a guarigione avvenuta, il certificato di avvenuta circoncisione.

  5.3 Il punto di vista della comunità islamica.

  A differenza dell'Ebraismo che individua nell'ottavo giorno dalla nascita il limite entro cui praticare la circoncisione, l'Islam la considera lecita prima della pubertà. Un lasso di tempo così ampio che, talvolta, pone dei problemi per la salute del bambino e per la coscienza circa la percezione del suo corpo. All'interno della comunità islamica, a causa della mancanza di un'intesa con lo Stato italiano, deve ancora profilarsi in modo chiaro una prassi per l'effettuazione «in sicurezza» di tale pratica. Come ha rilevato l'Imam Pallavicini nel corso dell'audizione in Commissione, la collaborazione tra operatori sanitari, responsabili religiosi e istituzioni potrebbe favorire una maggior informazione sul tema, evitando situazioni che mettano a repentaglio la salute e la vita dei bambini. Si tratta di un'esigenza particolarmente avvertita tenuto conto del fatto che, da un lato, la comunità islamica, ben più numerosa di quella ebraica, non presenta un adeguato numero di circoncisori con competenze mediche in grado di effettuare in sicurezza questa pratica e, dall'altro, come si dirà più ampiamente in seguito, il Servizio Sanitario Nazionale non garantisce in modo omogeneo sul territorio italiano la possibilità di usufruire della circoncisione con costi accessibili.
  La Comunità Religiosa Islamica Italiana – ha evidenziato sempre l'Imam – sta portando avanti un'opera di sensibilizzazione spingendo i genitori che intendono far circoncidere i propri figli ad effettuare questa pratica solo in strutture sanitarie, da personale medico e nelle prime settimane di vita del neonato. Purtroppo da parte di alcuni musulmani ci sono stati negli anni, anche qui in Italia, comportamenti riprovevoli che hanno mostrato l'ignoranza delle proprie tradizioni piuttosto che una loro applicazione responsabile.

6. Circoncisione rituale e libertà religiosa.

  Nell'ordinamento giuridico italiano la libertà religiosa è riconosciuta e tutelata tanto da norme costituzionali, quanto da disposizioni di legge ordinaria. Si tratta di un diritto 'inviolabile' e indisponibile che non può essere compresso dal legislatore ordinario o limitato da provvedimenti governativi e non può nemmeno costituire oggetto di rinunce o transazioni.
  La libertà religiosa non si sostanzia unicamente nella libertà di credo, ma ricomprende anche la libertà di non compiere nessuna scelta di carattere religioso (c.d. libertà religiosa negativa).
  Discussa a livello dottrinale è la questione se tale libertà possa essere riconosciuta anche al minore d'età. Si tratta di un tema di non poco conto. In caso di risposta affermativa, è necessario interrogarsi infatti su come il diritto di libertà religiosa del minore possa raccordarsi col diritto dei genitori alla trasmissione di una linea educativa di tipo confessionale. In caso di risposta negativa invece si pone il problema di determinare quali siano le legittime modalità di esercizio dei diritti dei genitori e i limiti invalicabili della responsabilità genitoriale.
  L'articolo 147 del codice civile non fornisce una precisa formulazione dei poteri spettanti ai genitori in materia di educazione religiosa della prole.
  Tuttavia, sempre secondo la dottrina prevalente, il riferimento nel codice civile al «rispetto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli» può contribuire ad una rivalutazione della figura del minore d'età, nel senso di legittimare il divieto a carico dei genitori di ostacolare la libertà religiosa, o più in generale ideologica, della
prole. Ne consegue che la possibilità per i genitori di impartire una determinata educazione di tipo confessionale si fermerebbe dinnanzi alla volontà dei figli, anche minori d'età, di pretendere un diverso indirizzo religioso.
  Per quanto riguarda direttamente la circoncisione, nell'ordinamento italiano, tale pratica non risulta disciplinata da una legge ad hoc. Tuttavia la disciplina delle sue diverse tipologie è rinvenibile nel diritto positivo vigente, e prima ancora nei princìpi costituzionali, così come autorevolmente interpretati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. Si è correttamente rilevato, in dottrina, che il ragionamento e le soluzioni espresse dalla Cassazione nella ricordata pronuncia n. 43646 del 2011 sono di tale pregio da potere «estendersi per analogia in bonam partem a ogni tipo di circoncisione confessionale-religiosa, inclusa quella musulmana, mentre potrebbe essere diverso il caso della circoncisione culturale».
  Nel nostro ordinamento, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» (art. 32 Cost.) e che non ammette, di norma, eccezioni motivate da ragioni religiose ai divieti o alle prescrizioni di carattere generale dettate a tutela di quel bene, è difficile immaginare che possa trovare piena legittimazione una pratica religiosa di cui fossero noti e accertati gli effetti negativi sullo stato di benessere psicofisico del bambino (e poi dell'adulto). Più in generale sia la circoncisione «rituale» sia quella «tradizionale» sono considerate liberamente praticabili, a condizione che siano eseguite da un medico nel rispetto degli standard di sicurezza e di igiene previsti per questo tipo di interventi e con il consenso dei genitori del bambino.
  Sulla liceità di tale pratica è peraltro intervenuto, come accennato in premessa, anche il Comitato Nazionale di Bioetica nel documento «La circoncisione: profili bioetici», del 1998 nel quale ha dichiarato che «la circoncisione rituale maschile appare in sé pienamente compatibile con il disposto dell'articolo 19 della Costituzione italiana che, salvo sempre il rispetto del limite formalmente previsto, riconosce completa libertà di espressione cultuale e rituale sia a livello individuale sia a livello collettivo».
  A livello sovranazionale, con la Risoluzione 1952/2013 e la Raccomandazione 2023/2013 concernenti «Il diritto dei bambini all'integrità fisica», l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa dell'1 ottobre 2013 ha invitato gli Stati membri a definire chiaramente le condizioni mediche e sanitarie in relazione ad alcune pratiche assai diffuse in determinate comunità religiose, fra le quali, appunto, la circoncisione dei bambini priva di giustificazione medica, con la raccomandazione di rafforzare la tutela dei diritti dei bambini e il benessere a livello europeo. L'Assemblea Parlamentare ha invitato quindi a rispettare il diritto dei bambini all'integrità fisica, in particolare per quanto concerne la lotta contro ogni forma di violenza nei loro confronti e la promozione della loro partecipazione alle decisioni che li riguardano.
  La questione della circoncisione rituale minorile è stata oggetto di intervento anche da parte dell'autorità giudiziaria sia di merito che di legittimità.
  Dall'analisi complessiva della giurisprudenza sembra in primo luogo potersi affermare che la circoncisione, pur essendo un atto di disposizione del proprio corpo, debba essere considerata non incompatibile con l'articolo 5 codice civile, nella parte in cui essa non determina una menomazione irreversibile con indebolimento permanente e non modifica sostanzialmente il modo di essere dell'individuo sotto il profilo funzionale e relazionale.
  Come ha espressamente affermato il Tribunale di Bari, nella sentenza 21 maggio 2009, (con riguardo ad un caso di circoncisione non rituale eseguita da un soggetto non abilitato che ha portato alla morte del neonato) non si può ritenere vietata neppure la circoncisione priva di ragioni religiose in considerazione del fatto che la normativa vigente si limita a vietare unicamente le mutilazioni genitali femminili, senza alcun cenno alla circoncisione maschile.
  La Cassazione ha però specificato che quando la circoncisione è praticata per
ragioni rituali, essa acquisterebbe un preminente significato religioso, diventando atto a «preminente valenza religiosa che sovrasta quella medica», distinguendo, in altre parole, la circoncisione rituale (quella ebraica e quella islamica) dalla circoncisione culturale o etnica, quella in cui i motivi «religioso» e, ancor più, «confessionale» non sarebbero chiaramente invocabili. Con specifico riguardo alla circoncisione ebraica il giudice di legittimità ha evidenziato come tale pratica debba essere garantita nella sua valenza religiosa, in quanto ritenuta implicitamente accolta dalla legge di approvazione n. 101 del 1989 che ne sancirebbe la conformità rispetto ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, inquadrandola tra le facoltà derivanti dagli artt. 19 e 30 della Costituzione. Per la Cassazione, pertanto, nel caso di circoncisione rituale (ebraica), è possibile invocare la scriminante del consenso dell'avente diritto (articolo 50 del codice penale) e quella dell'esercizio del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa (articolo 51 del codice penale) per giustificare, da un lato, coloro che esercitano la responsabilità sui beni giuridici protetti che chiedono il rito e, dall'altro, il circoncisore che lo esegua nel caso in cui non sia un medico.
  Se tale ricostruzione può ritenersi applicabile anche alla circoncisione confessionale musulmana non altrettanto sembra potersi affermare con riguardo alla circoncisione culturale.
  In questi casi secondo la Cassazione penale, sezione VI, sentenza 24 novembre 2011, n. 43646, altro «non è invocabile ...l'esercizio del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa» e, «a differenza di quanto previsto per il rito religioso ebraico, (...) non può che operare la “riserva professionale” (...) di cui all'articolo 348 del codice penale». La circoncisione culturale, in quanto da ricondursi a gruppi non sempre ben inquadrabili all'interno delle tipologie regolanti l'esercizio collettivo del diritto di libertà religiosa potrebbe non vedersi riconosciuta immediata e diretta valenza religiosa, con la conseguente esclusione del ricorso all'esimente dell'esercizio del diritto di libertà religiosa, e la obbligatoria necessità che l'intervento sia sempre eseguito da un medico la cui condotta, che integra astrattamente il reato di lesioni, può essere scriminata solo dal consenso dell'avente diritto.

7. Circoncisione rituale e Servizio Sanitario Nazionale.

  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza»(LEA) non prevede la circoncisone rituale minorile tra le prestazioni assicurate dal Servizio sanitario nazionale nell'ambito dei LEA, con la conseguenza che ad oggi, i genitori che, per motivi religiosi e/o culturali, intendono far circoncidere il proprio figlio trovano risposte diverse nell'ambito dei diversi Servizi sanitari regionali (SSR). Si rileva una evidente eterogeneità nelle modalità di accesso alla pratica all'interno dei diversi SSR, dal riconoscimento nell'ambito dei LEA nella Regione Toscana e nella Regione Marche alla richiesta di una compartecipazione alla spesa alla completa assenza di risposta da parte di alcune Regioni.

  7.1 L'esperienza nelle diverse realtà regionali.

  La Società Italiana di Pediatria (SIP), in collaborazione con il GdS Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante (GLNBM), ambedue ascoltati dalla Commissione nel corso dell'affare assegnato, ha promosso il «Monitoraggio GLNBM SIP sulla Circoncisione Rituale Maschile (CRM): l'esperienza nelle diverse realtà regionali». Al questionario disponibile su piattaforma Google, hanno risposto tutte le Sezioni Regionali della SIP. Per alcune Regioni in particolare, al fine di verificare la reale implementazione delle prassi predisposte a livello regionale o aziendale, ci si è avvalsi della collaborazione dei colleghi dei Gruppi Immigrazione e Salute della SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni).
  Il monitoraggio – come hanno evidenziato gli auditi – ha come valore aggiunto aver fatto chiarezza e sistematizzato le
informazioni già disponibili al riguardo, anche al fine di supportare azioni e proposte per il futuro sulla scorta delle buone prassi già sperimentate.
  Il quadro che emerge anche dal monitoraggio mostra una eterogeneità nell'offerta all'interno dei diversi SSR (e nella stessa Regione tra le diverse aziende sanitarie) e quindi nelle modalità di accesso. Infatti, si va dalla Regioni dove non è proprio possibile eseguire la circoncisione (Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna, Molise, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Trentino, Valle d'Aosta), se non in alcuni casi con l'escamotage della fimosi (per definizione improprio e comunque non «di sistema») a quelle dove è possibile accedere alla procedura per motivazione rituale (religiosa e/o culturale), ma con le differenze di seguito descritte nel dettaglio.
  Escluse le Regioni Toscana e Marche (è previsto il pagamento di un ticket qualora il minore non sia esente dalla compartecipazione alla spesa sanitaria) dove la procedura inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) è a totale carico del SSR, nelle altre Regioni (Piemonte, Veneto, FVG, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Sicilia) si accede o con impegnativa e comunque compartecipazione alla spesa (che varia dai 150-280 del Piemonte ai 400-450 euro del Veneto), oppure in libera professione con un costo per l'utenza spesso ancora più oneroso (sempre >400 euro in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Sicilia fino a >1.000 euro del FVG).
  Altrettanta eterogeneità si osserva nel tipo di percorso assistenziale previsto nelle diverse Aziende Sanitarie. La procedura di CRM, infatti, viene eseguita: in ricovero ordinario (Toscana), oppure in Day Surgery (per Piemonte, FVG, Veneto, Toscana, Umbria, Sicilia) o ancora in regime ambulatoriale (Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Lazio). Così come sono diversificate le professionalità coinvolte in fase pre e post-operatoria (dai pediatri ai chirurghi/urologi, anestesisti e infermieri pediatrici), gli accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e infine le modalità del follow-up. Pochi i dati relativi al numero dei bambini sottoposti a circoncisione (da <50 in Piemonte, FVG, Umbria e Sicilia a oltre 200 bambini all'anno sempre in Piemonte e Veneto in Aziende sanitarie diverse) e alle provenienze per etnia e/o motivazione religiosa o culturale (Africa, Medio Oriente, ...) e comunque certamente sottostimati.
  Riguardo all'età media dei bambini sottoposti alla procedura si va dai 0-6 mesi in Piemonte, FVG ed Emilia Romagna, ai 6-12 mesi nel Lazio, ai 12-24 mesi in Piemonte, Veneto e Umbria, e quindi ai 2-6 anni in Veneto (Verona). Sarebbe risultato interessante, anche se complesso e verosimilmente non realizzabile nella pratica, verificare dalle SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) attraverso i DRG (Diagnosis-Related Group) «pediatrici» e«chirurgici pediatrici» quelle che possono essere state le complicanze legate a procedure eseguite in modo «tradizionale» (casalingo) e quindi non sicuro (dagli esiti cicatriziali alle emorragie e alle infezioni post-intervento fino al decesso).

8. La posizione dei pediatri.

  La Commissione ha ritenuto opportuno audire, come su ricordato, anche alcuni autorevoli esperti in pediatria. In particolare il professor Nicola Capozza, presidente della Società italiana di urologia pediatrica e responsabile del dipartimento di chirurgia urologica dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, si è dichiarato fortemente contrario alla circoncisione eseguita per motivazioni che non siano strettamente medico-sanitarie. Il contrasto all'esecuzione clandestina delle circoncisioni rituali non può, secondo il professor Capozza, passare per l'inserimento di tale pratica nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) o per una riduzione del costo di esecuzione, sarebbero invece da preferire campagne di sensibilizzazione rivolte ai genitori e finalizzate a scoraggiare ed eradicare gradualmente tale pratica in tutti i casi in cui sia motivata da ragioni culturali.
  Una posizione nettamente diversa è stata espressa dalla dottoressa Simona La Placa, medico presso il Policlinico «P. Giaccone» di Palermo e segretario del Gruppo di lavoro nazionale per il bambino migrante
della Società italiana di pediatria e dal professor Mario Lima, docente di chirurgia pediatrica presso l'Università degli Studi di Bologna e presidente della Società italiana di chirurgia pediatrica. Questi hanno sottolineato come molteplici siano le ragioni che favoriscono l'esecuzione di tale pratica in condizioni non sicure dal punto di vista sanitario: dalla disomogeneità nell'ambito dei diversi servizi sanitari regionali, alla mancanza di un supporto adeguato da parte della Comunità di appartenenza, dalla scarsa disponibilità economica alla assenza di un'adeguata informazione delle famiglie.
  Preso atto dell'ampia diffusione del ricorso a tale pratica e dei rischi per la salute dei minori derivanti dalla esecuzione in condizioni sanitarie non sicure, la dottoressa La Placa e il professor Lima hanno sottolineato, tenuto conto della liceità in Italia di tale pratica, l'esigenza non più procrastinabile di emanare esplicite direttive a livello nazionale atte ad assicurare ai genitori, che intendono sottoporre a circoncisione il proprio figlio, la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e/o convenzionate del sistema sanitario nazionale con percorsi definiti e con costi accessibili alla famiglia richiedente, nel rispetto delle vigenti norme di tutela della privacy. Ogni intervento, per poter essere davvero efficace non può, a loro parere, disgiungersi dal coinvolgimento delle varie comunità religiose e di immigrati in Italia, dall'attività di informazione e sensibilizzazione delle famiglie nelle scuole e nei servizi sanitari e soprattutto dalla formazione degli operatori socio sanitari in ambito materno infantile.

Conclusioni.

  La Circoncisione Rituale Maschile (CRM) ha assunto particolare rilievo in Italia a causa dell'incremento della presenza di famiglie straniere che, per motivi religiosi o come simbolo di identità culturale, intendono far circoncidere il proprio figlio. Dall'attività conoscitiva svolta dalla Commissione è emersa con evidenza una chiara disomogeneità nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, eterogeneità che si osserva non solo fra i vari sistemi regionali, ma anche nel tipo di percorso assistenziale previsto nelle diverse Aziende Sanitarie. La procedura di CRM, infatti, viene eseguita: in ricovero ordinario, oppure in Day Surgery o ancora in regime ambulatoriale. Altrettanto diversificate sono le professionalità coinvolte in fase pre e post-operatoria (dai pediatri ai chirurghi/urologi, anestesisti e infermieri pediatrici), gli accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e infine le modalità del follow-up, nonché le forme di supporto anche economico da parte delle Comunità religiose di appartenenza.
  Questo contesto, associato alla scarsa disponibilità economica della famiglia ovvero semplicemente all'assenza di informazioni mediche specifiche al riguardo, ha favorito l'esecuzione di tale pratica in ambito casalingo da parte di persone senza competenze di tipo sanitario e in precarie condizioni igieniche, determinando gravi rischi per la salute dei bambini. Nonostante queste indicazioni, il 35 per cento delle circoncisioni praticate in Italia è ancora effettuato clandestinamente, con gravi rischi per la salute e per la vita dei bambini. Infatti, l'esclusione della circoncisione non terapeutica all'interno dei LEA induce molte famiglie – in particolare quelle che non sono nella condizione di poter affrontare i costi dell'intervento – a tornare nel paese di origine o ad affidarsi a persone non qualificate.
  Purtroppo, negli ultimi anni numerosi sono stati i fatti di cronaca che hanno visto tristemente protagonisti bambini che, a causa dell'esecuzione della CRM da parte di circoncisori tradizionali privi di adeguata formazione medica e in ambiti igienicamente non sicuri, hanno riportato complicanze gravi se non addirittura letali.
  È opportuno ricordare come per la pratica della circoncisione, ritenuta funzionale anche per la garanzia di favorevoli condizioni igieniche, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) nell'affermare il dovere di rispettare la pluralità delle culture, abbia precisato con chiarezza che le comunità, che per loro specifica cultura praticano la circoncisione rituale maschile, meritano
pieno riconoscimento della legittimità di tale pratica, in quanto forma di esercizio della libertà religiosa garantita dall'articolo 19 della Costituzione e rientrante nei margini di «disponibilità» riconosciuti ai genitori in ambito educativo ai sensi dell'articolo 30 della Costituzione.
  Alla luce della attività istruttoria svolta la Commissione ritiene quindi che il tema della circoncisione rituale minorile debba essere oggetto di un intervento, al fine di evitare interventi chirurgici in clandestinità che mettano a repentaglio la salute di tanti minori.
  A parere della Commissione sarebbe opportuno promuovere, in un quadro di leale collaborazione con i competenti organismi nazionali e gli enti territoriali e nel rispetto delle comunità religiose interessate, la conclusione di accordi con le strutture sanitarie pubbliche finalizzate ad assicurare agli utenti che ne facciano richiesta la possibilità di effettuare in ambito ospedaliero le pratiche di circoncisione rituale secondo un tariffario concordato che tenga conto dell'intero percorso assistenziale dalle attività di analgesia, sedazione, asepsi alla tecnica chirurgica.
  Tenendo anche conto di quanto previsto nell'Intesa conclusa tra lo Stato italiano e le comunità ebraiche italiane, sarebbe opportuno prevedere garanzie minime di sicurezza sanitaria in relazione alle prestazioni di circoncisione rituale, assicurando una uniformità a livello nazionale in ordine alle modalità di accesso alla pratica, alla individuazione delle professionalità coinvolte, nonché agli eventuali accertamenti diagnostico-strumentali pre-intervento e alle modalità del follow-up. Sarebbe in altre parole auspicabile un diffuso incoraggiamento della ospedalizzazione pubblica della circoncisione non terapeutica, fatti salvi ovviamente i casi, nei quali, come accade con riguardo alla Comunità ebraica, l'esecuzione delle circoncisioni rituali avviene già nel rispetto di protocolli medico-sanitari e in situazione di sicurezza. Tale soluzione, da un lato, rappresenterebbe un importante strumento per assicurare la tutela del bene primario della salute, ma, dall'altro, permetterebbe anche di garantire il diritto di libertà religiosa il quale impone allo Stato non solo di riconoscere ma anche di rimuovere tutti quegli ostacoli di vario genere che ne impediscono concretamente la fruizione a livello individuale, collettivo e istituzionale. Ogni intervento non può prescindere dall'adozione di esplicite direttive a livello nazionale atte ad assicurare ai genitori, che intendono sottoporre a CRM il proprio figlio, la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche e/o convenzionate del nostro SSN con percorsi definiti e con costi accessibili alla famiglia richiedente, nel rispetto delle vigenti norme di tutela della privacy.
  Infine, per la Commissione altrettanto importante, considerando la scarsità di dati disponibili, sarebbe l'avvio di una attività di monitoraggio a livello di Ministero della salute al fine di dare una corretta dimensione alla questione in oggetto ma anche al fine di una adeguata programmazione di risorse, umane e materiali, da impiegare, assicurando una adeguata collaborazione anche con le comunità religiose e comunità di stranieri presenti in Italia, per la promozione e tutela della salute di tutti i bambini.