III Commissione
Affari esteri e comunitari
Affari esteri e comunitari (III)
Commissione III (Affari esteri)
Comm. III
Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, del 12 maggio 2010, fatto a Doha il 9 luglio e il 22 ottobre 2019. C. 2737 Governo (Seguito esame e conclusione) ... 40
SEDE REFERENTE
Mercoledì 30 giugno 2021. — Presidenza del presidente Piero FASSINO. — Interviene il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.
La seduta comincia alle 13.20.
Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note emendativo dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, del 12 maggio 2010, fatto a Doha il 9 luglio e il 22 ottobre 2019.
C. 2737 Governo.
(Seguito esame e conclusione).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 giugno 2021.
Piero FASSINO, presidente, ricorda che nella scorsa seduta il collega Delmastro Delle Vedove aveva ritenuto non esaustiva la nota trasmessa dal Ministero della Difesa rispetto ai dubbi sulla esposizione dei militari italiani alla giurisdizione sciaraitica vigente in Qatar. Si era quindi convenuto di rinviare l'esame del provvedimento in attesa di potere ricevere ulteriori elementi dal Governo anche ai fini di un confronto dell'Intesa con il Qatar con accordi consimili, siglati dall'Italia con Paesi a maggioranza musulmana.
Il Ministero della Difesa ha quindi trasmesso una nota integrativa, pervenuta il 21 giugno scorso e che è stata inoltrata a tutti i componenti della Commissione.
Ricorda, infine, che sul provvedimento le Commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Difesa e Bilancio hanno giù espresso un parere favorevole.
Guglielmo PICCHI (LEGA), nel convincimento sull'importanza della questione sollevata e ben inquadrata dal collega Delmastro Delle Vedove, osserva che, pur non ostando al prosieguo dell'iter di esame del provvedimento in titolo, la nota conferma la serietà del problema ed impone alla Commissione la presa in carico del personale in missione all'estero in Paesi che conformino il proprio ordinamento giuridico alla sharia.
Non può fare a meno di rilevare il paradosso tra il dibattito in corso nel Paese sul disegno di legge Zan, finalizzato a combattere l'omotransfobia, ed il rischio che nostri connazionali siano perseguiti e condannati in Paesi dove l'omosessualità è configurata come reato. Tale paradosso si rileverebbe ancora più marcato nel caso in cui la sentenza di condanna sia eseguita in Italia, laddove nell'ordinamento del Qatar non è previsto neanche l'istituto della grazia.
Invita, dunque, il relatore a sollevare il problema nel corso dell'esame in Aula e tutti i Gruppi a sottoscrivere un ordine del giorno che impegni il Governo ad integrare gli accordi già ratificati e ad inserire in quelli in corso di definizione apposite clausole di tutela per il personale in missione. Osserva, peraltro, che la carenza di attenzione su questo tema non è imputabile al Governo in carica, dal momento che tutti gli Esecutivi hanno fin qui applicato la medesima prassi nella elaborazione degli Accordi, in assenza di una specifica e doverosa segnalazione da parte del Parlamento.
Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA, sottolineando la sua personale sensibilità rispetto al tema sollevato e l'utilità di aver svolto un approfondimento, rileva che si tratta di una materia assai complessa e caratterizzata da aporie: ciò nondimeno, l'Accordo in esame prevede salvaguardie assai più consistenti rispetto ad altre intese precedenti e ad accordi sottoscritti con il Qatar anche da altri partner della NATO. Ritiene comunque che l'approfondimento svolto sia stato assai utile per inquadrare la materia in modo esaustivo.
Gennaro MIGLIORE (IV), relatore, associandosi alle considerazioni del Sottosegretario Della Vedova, osserva che accordi come quello in titolo devono essere valutati alla luce dell'interesse del nostro Paese ad essere presente e ad operare in contesti strategici assai delicati. Considerazioni analoghe, a suo avviso, valgono ad esempio per la partecipazione di un numeroso contingente italiano alla missione UNIFIL, in Libano, Paese che figura nell'elenco dei Paesi che prevedono l'immunità funzionale per il personale in missione. Peraltro, ribadisce che l'Intesa in esame prevede un'ampia tutela del nostro personale, di gran lunga superiore a quella assicurata ad altri partner della NATO, a conferma degli importanti risultati che si possono ottenere attraverso un accorto e sapiente negoziato.
Piero FASSINO, presidente, rivolgendosi al collega Picchi, ritiene che la questione, assai complessa e delicata, sia stata affrontata dall'Esecutivo con la doverosa sensibilità e rispetto del Parlamento. Ricordando che in occasione del grave incidente del Cermis il nostro Paese rivendicò il diritto a far giudicare dai tribunali italiani i militari USA coinvolti – sollevando un conflitto di giurisdizione del tutto opposto rispetto alle riserve sollevate nel corso di questo dibattito – concorda sulla opportunità di presentare un ordine del giorno sottoscritto da tutti i Gruppi per porre la questione all'attenzione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e delle altre Amministrazioni interessate.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Migliore, a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera, inoltre, di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.
Piero FASSINO, presidente, avverte che la Presidenza si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.
La seduta termina alle 13.30.
RISOLUZIONI
Mercoledì 30 giugno 2021. — Presidenza del presidente Piero FASSINO. — Interviene il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova.
La seduta comincia alle 13.30.
7-00585 Emiliozzi: Sulla crisi nella regione etiope del Tigrai.
(Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00127).
La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviata nella seduta del 17 marzo 2021.
Piero FASSINO, presidente, ricorda che, dopo la seduta di avvio della discussione, la Commissione ha svolto, in data 30 marzo, l'audizione del Vice Direttore Generale/Direttore Centrale del MAECI per i Paesi dell'Africa Sub-sahariana, Ministro Plenipotenziario Giuseppe Mistretta. Ricorda che erano state richieste audizioni informali di ulteriori soggetti che non è stato finora possibile svolgere in ragione dell'intensità dei lavori della Commissione e anche del continuo evolvere della situazione sul terreno.
Sottolinea che, poiché nei giorni scorsi si sono registrati progressi significativi nella regione del Tigrai, la collega Emiliozzi ha segnalato l'urgenza, da lui stesso condivisa, di pervenire alla deliberazione sulla risoluzione in titolo, avendo preventivamente accertato la disponibilità dei Gruppi alla rinuncia alle audizioni informali richieste.
A tal fine, la collega ha quindi presentato un nuovo testo della risoluzione, che è stato portato all'attenzione di tutti i membri della Commissione (vedi allegato 1).
Mirella EMILIOZZI (M5S), esprimendo soddisfazione per la disponibilità dei Gruppi ad approvare l'atto di indirizzo in esame, presentato a novembre 2020, illustra il nuovo testo della risoluzione che recepisce talune proposte di riformulazione avanzate anche in sede informale dai Gruppi e dalla Farnesina. Precisa che tra queste figurava la richiesta – che ha ritenuto opportuno non accogliere – da parte del gruppo del Partito Democratico di inserimento di un impegno relativo alla candidatura di un inviato speciale italiano dell'Unione europea per il Corno d'Africa e alla assunzione di iniziative affinché il Consiglio affari esteri dell'Unione europea imponga l'embargo globale sulle armi nei confronti dell'Etiopia.
Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA esprime parere favorevole sul nuovo testo di risoluzione. Osserva che il riferimento alla figura di un Inviato Speciale italiano – e non dell'Unione europea – non appare opportuno in ragione di una valutazione sull'effettivo valore aggiunto di tale figura, considerato che la Farnesina dispone di strutture dedicate e di sedi diplomatiche, anche in considerazione del fatto che il Governo etiope ha bloccato le visite nel Paese fino ad ottobre. In alternativa, propone che l'eventuale istituzione di un Inviato Speciale sia preceduta dalla formula «verificare l'opportunità di». Quanto alla eliminazione di un riferimento esplicito all'embargo di armi, evidenzia che il più generico rinvio a misure sanzionatorie consente maggiori margini di mediazione per eventuali azioni condivise con l'Unione europea.
Lia QUARTAPELLE PROCOPIO (PD), ringraziando la collega Emiliozzi per l'impegno e la tenacia con cui ha promosso l'esame della risoluzione in titolo, sottolinea che il nostro Paese non sta dispiegando tutta la necessaria leadership, che pure dovrebbe esercitare nella regione in virtù dei profondi legami storici che ci legano a quell'area. Ritenendo poco comprensibile la scelta di non nominare un Inviato Speciale italiano per il Corno d'Africa, di cui il nostro Paese si è sempre dotato, rileva l'opportunità di ripristinare la prima formulazione, che lo prevedeva: a suo avviso, infatti, l'assenza di iniziativa da parte italiana rafforzerebbe l'influenza turca o di altri attori terzi nella regione.
Rileva, altresì, l'esigenza di eliminare al quinto punto, lettera b), del dispositivo, l'inciso «insieme agli altri paesi dell'UE»: infatti, in vista del rapporto che il Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite dovrebbe presentare ad agosto per confermare le gravi violazioni perpetrate nel Tigrai e già denunciate da missionari e ong, è opportuno che l'Italia agisca fin da ora e in modo autonomo, senza attendere l'adesione dei partner europei.
Sottolineando di aver ricevuto, insieme ad altri colleghi, numerose segnalazioni da diversi soggetti internazionali che lamentano un atteggiamento troppo passivo del nostro Paese, invita il Governo a cogliere questa opportunità. Ritiene in ogni caso indispensabile rafforzare la parte dispositiva della proposta di risoluzione per indurre il Governo ad un atteggiamento meno prudente e più in linea con le posizioni espresse dal Presidente del Consiglio Draghi, che ha recentemente ribadito l'interesse del nostro Paese ad una presenza attiva nella regione.
Guglielmo PICCHI (LEGA), associandosi alle riflessioni della collega Quartapelle Procopio e rilevando la curiosa consonanza «sovranista» tra Partito Democratico e Lega, ribadisce l'opportunità che l'Italia assuma una posizione più incisiva, evitando di lasciare campo libero alla Turchia e ad altri attori. Ritiene altresì indispensabile prevedere l'istituzione di un Inviato Speciale italiano – pure sia con tutte le cautele richieste dal MAECI – dal momento che il personale diplomatico presente in loco non può esercitare le funzioni di mediazione politica richieste, essendo peraltro impegnato nello svolgimento delle attività ordinarie. Condivide le osservazioni della collega Quartapelle Procopio anche sulla opportunità di eliminare il riferimento ad un'azione congiunta con i partner dell'UE: pur essendo un obiettivo condivisibile, esso non deve diventare un alibi per l'inerzia o per la rinuncia ad assumersi delle responsabilità.
Osserva, infine, che rispetto a novembre scorso, quando fu depositata la proposta di risoluzione, il nuovo Governo ha manifestato un deciso cambio di passo circa il ruolo che l'Italia deve giocare nel continente africano, ed in particolare nella regione del Corno d'Africa.
Gennaro MIGLIORE (IV), associandosi alle riflessioni dei colleghi Quartapelle Procopio e Picchi, sottolinea che lo stesso Ministero degli Affari esteri esprime un rinnovato interesse per l'Africa, come dimostrano numerosi eventi organizzati dal MAECI e dallo stesso Ministro Di Maio. Peraltro, il Corno d'Africa – dove si assiste ad una crescente presenza cinese – rappresenta una tradizionale area di influenza per il nostro Paese, con la quale costruire forti legami di carattere politico, economico e di cooperazione in materia migratoria e di lotta ai cambiamenti climatici.
Paolo FORMENTINI (LEGA), ringraziando la collega Emiliozzi per aver posto l'attenzione della Commissione sulla situazione drammatica del Tigrai, che rischia di degenerare in un vero e proprio genocidio, propone di aggiungere un riferimento all'attività della cooperazione italiana e dei missionari italiani, il cui ruolo per alleviare le sofferenze della popolazione locale è essenziale e che, mettendo a rischio la propria vita, hanno deciso di rientrare in Etiopia durante il conflitto. Anche a suo avviso, l'Italia deve essere presente nella gestione della crisi, non solo per sostenere la popolazione civile, ma anche per tutelare l'interesse nazionale.
Andrea ORSINI (FI), esprimendo apprezzamento per l'iniziativa assunta, si associa alle sollecitazioni dei colleghi affinché il Governo non assuma una posizione eccessivamente prudente sulla istituzione dell'Inviato Speciale. Propone, altresì, di eliminare nel terz'ultimo capoverso delle premesse il seguente inciso «e in particolare dagli Stati Uniti d'America, che ha nell'Etiopia il principale alleato in Africa», in quanto ambiguo ed ultroneo.
Mirella EMILIOZZI (M5S), ringraziando i colleghi per le osservazioni, accoglie le ulteriori proposte di riformulazione, ribadendo l'opportunità di procedere ad un'approvazione unanime dell'atto di indirizzo.
Il Sottosegretario di Stato Benedetto DELLA VEDOVA sottolinea l'opportunità di mantenere l'inciso «insieme agli altri Paesi dell'UE», dal momento che l'Unione europea sta già preparando una bozza di risoluzione da presentare al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Quanto alla istituzione dell'Inviato Speciale, ribadisce le riserve ad assumere un impegno vincolante, considerando che tale scelta andrebbe comunque condivisa in sede europea e che resta assai incerta la possibilità di effettuare missioni in loco nei prossimi mesi.
Lia QUARTAPELLE PROCOPIO (PD), a titolo di compromesso, propone di premettere l'avverbio «anche» all'inciso «insieme agli altri paesi dell'UE». Invita, quindi, il Governo a prendere atto della sostanziale convergenza di tutte le forze politiche sull'esigenza che l'Italia assuma una posizione più incisiva sul dossier etiopico: diversamente, si rischia di replicare quanto già accaduto in Somalia, dove l'influenza italiana è stata rimpiazzata dalla presenza turca e cinese.
Piero FASSINO, presidente, propone di integrare il testo delle premesse inserendo il seguente inciso: «l'Italia, per ragioni storiche e politiche, può e deve esercitare uno specifico ruolo attivo nella ricerca di soluzioni condivise». Suggerisce, altresì, di integrare la parte dispositiva aggiungendo i seguenti impegni: «verificare l'opportunità di nominare un Inviato Speciale dell'Italia per il Corno Africa»; «rafforzare le iniziative italiane di cooperazione e sostenere le attività di ong, associazioni umanitarie e missioni religiose, da tempo operanti sul territorio etiope e il cui contributo è fondamentale per alleviare le sofferenze della popolazione». Propone, infine, di accogliere la richiesta del collega Orsini volta a sopprimere l'inciso «e in particolare dagli Stati Uniti d'America, che ha nell'Etiopia il principale alleato in Africa».
Mirella EMILIOZZI (M5S) accoglie le proposte di riformulazione avanzate dal Presidente Fassino.
Il Sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA esprime parere favorevole sulle proposte di riformulazione da ultimo illustrate dal presidente Fassino.
La Commissione approva, quindi, all'unanimità, il nuovo testo della risoluzione n. 7-00585, che assume pertanto il numero 8-00127 (vedi allegato 2).
La seduta termina alle 14.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14 alle 14.25.
ALLEGATO 1
Risoluzione n. 7-00585 Emiliozzi: Sulla crisi nella regione etiope del Tigrai.
PROPOSTA DI NUOVO TESTO PRESENTATA DALLA DEPUTATA EMILIOZZI
La III Commissione,
premesso che,
l'Etiopia è una Repubblica federale suddivisa in 10 regioni in cui convivono circa 80 gruppi etnici e dove si parlano lingue diverse;
nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020, il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed ha annunciato l'inizio di una offensiva militare nella regione settentrionale dell'Etiopia come risposta ad un attacco avvenuto il 3 novembre 2020 dal Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf – collegato al partito al governo nel Tigrai) contro la base dell'esercito federale a Macallè, capitale del Tigrai;
sebbene lo stesso Primo Ministro abbia dichiarato il 28 novembre 2020 conclusa l'offensiva militare, «senza che alcun civile venisse ferito nell'offensiva», in seguito alla riconquista di Macallè, le ostilità proseguono a medio/bassa intensità in alcune aree della regione che vede molteplici attori coinvolti direttamente e indirettamente;
secondo le ultime notizie, sono in corso importanti sviluppi in Tigray, ancora in via di definizione. Il PM Abiy ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale, a seguito del quale le truppe federali e l'Amministrazione ad interim in Tigray si sono ritirati, e il TPLF ha ripreso il controllo di ampie zone della regione, inclusa la capitale Macallè. Il Governo di Addis ha dichiarato che il cessate il fuoco resterà in vigore sino alla fine della stagione della semina e del raccolto (nel mese di settembre);
dal mese di novembre 2020 in Tigrai sono decedute migliaia di persone, mentre altre centinaia di migliaia sono state costrette a fuggire e la regione che conta più di 7 milioni di abitanti sta affrontando carenze di cibo, acqua e medicine;
il conflitto infierisce ulteriormente su una popolazione già provata dalla malnutrizione a discapito soprattutto dei bambini più piccoli che in assenza del latte materno, per difficoltà di allattamento, rischiano di morire;
il 26 febbraio 2021, il New York Times ha pubblicato un documento interno dell'amministrazione statunitense in cui si afferma che l'Etiopia sta conducendo «una campagna sistematica di pulizia etnica» sotto la copertura della guerra nella regione del Tigrai. Il rapporto descrive «in termini netti una terra di case saccheggiate e villaggi deserti dove decine di migliaia di persone sono irreperibili»;
secondo quanto si legge nel citato rapporto, funzionari etiopici e combattenti della milizia alleata della vicina regione Amhara, si sarebbero trasferiti nel Tigrai dove stanno «deliberatamente ed efficacemente rendendo il Tigrai occidentale etnicamente omogeneo attraverso l'uso organizzato della forza e dell'intimidazione»;
oltre all'offensiva militare, sulla regione settentrionale è stato imposto un blocco totale delle comunicazioni – internet, telefoni fissi e cellulari – che è stato allentato parzialmente soltanto nelle ultime settimane e che non ha permesso nei mesi passati di conoscere a pieno la drammaticità di quel che stava accadendo nella regione;
un rapporto di Amnesty International, basato su testimonianze dirette di sopravvissuti, ha documentato un massacro di «centinaia di civili disarmati», avvenuto nella città di Axum tra il 28 e il 29 novembre da parte di soldati eritrei. Le immagini satellitari della città raccolte dal Crisis Evidence Lab di Amnesty evidenzierebbero anche fosse comuni vicino alle due chiese di Axum. Secondo il report le truppe eritree ed etiopi avrebbero compiuto «bombardamenti indiscriminati, saccheggi, raid casa per casa» e si tratterebbe di atti che «potrebbero avere la portata di un crimine di guerra»;
il 30 novembre 2020, secondo quanto riportato dalla Cnn con un'indagine basata sulle testimonianze di una dozzina di testimoni oculari sopravvissuti, centinaia di civili sarebbero stati crivellati da colpi di arma da fuoco mentre stavano celebrando la messa nella chiesa rupestre di Maryam Dengelat, in occasione di Tsion Maryam, una festa annuale per celebrare il giorno in cui gli etiopi credono che l'Arca dell'Alleanza sia stata portata nel Paese da Gerusalemme. Secondo quanto si apprende il massacro sarebbe continuato per tre giorni ai danni di residenti, pellegrini e rifugiati presenti nell'area;
altri numerosi episodi di bombardamenti indiscriminati sono stati raccolti in base alle testimonianze raccolte nei mesi scorsi in diversi luoghi del Tigrai che hanno confermato episodi di saccheggi, stupri e danni alle infrastrutture civili in diverse parti della regione;
la presenza di soldati eritrei, inizialmente negata dal Governo etiope e da quello eritreo, è ora ammessa da Addis Abeba ed Asmara, dopo essere stata confermata da diversi Governi stranieri e in particolare dagli Stati Uniti d'America, che ha nell'Etiopia il principale alleato in Africa;
l'accertamento delle responsabilità nella commissione di eventuali violazioni gravi dei diritti umani rimane complesso, e coinvolge tutte le parti in conflitto, incluso il TPLF;
occorre agire rapidamente per porre fine alle violenze, rendere efficace e sostenibile il cessate il fuoco dichiarato dal governo etiope, evitare ulteriori escalation militari e offrire un immediato sollievo alla popolazione ottenendo pieno e incondizionato accesso agli aiuti umanitari internazionali in tutte le zone colpite dal conflitto,
impegna il Governo:
a chiedere, in tutte le sedi competenti, la fine delle violenze e l'interruzione di ogni iniziativa militare in atto in Etiopia e nella regione del Corno d'Africa, e il ritiro immediato delle forze eritree e delle forze regionali Amhara dal Tigrai, nell'ottica dell'avvio di un percorso genuino di riconciliazione nazionale;
inoltre a chiedere, nelle sedi competenti, la collaborazione delle Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite per far fronte all'emergenza della malnutrizione in Etiopia, con particolare attenzione alla malnutrizione infantile, in casi di emergenza o stati di calamità naturale, conflitti e pandemie, avvalendosi delle previste procedure di acquisizione di beni a tale fine;
ad adottare iniziative, nelle competenti sedi, per continuare a sostenere un'indagine internazionale completa e indipendente su tutte le segnalazioni di violazioni dei diritti umani, abusi e atrocità commesse in Tigrai, in collaborazione con la Commissione etiopica per i Diritti Umani, l'agenzia ONU dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani e la African Commission on Human and Peoples' Rights;
a fornire, con gli altri partner internazionali inclusa l'Unione europea, tenuto conto della risposta umanitaria delle Nazioni Unite, e compatibilmente con le condizioni di accesso umanitario, assistenza alle popolazioni bisognose nelle regioni colpite dal conflitto e agli sfollati e ai rifugiati nei Paesi vicini;
a continuare a seguire con attenzione la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Etiopia, anche sostenendo le iniziative multilaterali, e in particolare in ambito Onu, e ad attivarsi, anche in sede di rapporti bilaterali, per favorire la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Etiopia in particolare sostenendo iniziative per:
a) rafforzare ulteriormente i rapporti diplomatici dell'Italia con l'Etiopia e l'Unione Africana, per favorire la sicurezza e la stabilità della regione;
b) promuovere insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, in sede di Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite l'adozione di una risoluzione sulle violazioni gravissime dei diritti umani, delle libertà fondamentali e del diritto internazionale umanitario in Tigray;
c) continuare a raccordarsi con gli altri partners internazionali per l'adozione di iniziative condivise, incluse eventuali misure sanzionatorie per la violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Tigray.
ALLEGATO 2
Risoluzione n. 7-00585 Emiliozzi: Sulla crisi nella regione etiope del Tigrai.
NUOVO TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La III Commissione,
premesso che,
l'Etiopia è una Repubblica federale suddivisa in dieci regioni in cui convivono circa 80 gruppi etnici e dove si parlano lingue diverse;
nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020, il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed ha annunciato l'inizio di una offensiva militare nella regione settentrionale dell'Etiopia come risposta ad un attacco avvenuto il 3 novembre 2020 dal Fronte popolare di liberazione del Tigrai (TPLF – collegato al partito al governo nel Tigrai) contro la base dell'esercito federale a Macallè, capitale del Tigrai;
sebbene lo stesso Primo Ministro abbia dichiarato, il 28 novembre 2020, conclusa l'offensiva militare «senza che alcun civile venisse ferito nell'offensiva», in seguito alla riconquista di Macallè, le ostilità proseguono a medio/bassa intensità in alcune aree della regione che vede molteplici attori coinvolti direttamente e indirettamente;
secondo le ultime notizie, sono in corso importanti sviluppi in Tigray, ancora in via di definizione. Il Primo Ministro Abiy ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale, a seguito del quale le truppe federali e l'Amministrazione ad interim in Tigray si sono ritirati e il TPLF ha ripreso il controllo di ampie zone della regione, inclusa la capitale Macallè. Il Governo di Addis Abeba ha dichiarato che il cessate il fuoco resterà in vigore sino alla fine della stagione della semina e del raccolto (nel mese di settembre);
dal mese di novembre 2020 in Tigrai sono decedute migliaia di persone, mentre altre centinaia di migliaia sono state costrette a fuggire e la regione, che conta più di 7 milioni di abitanti, sta affrontando carenze di cibo, acqua e medicine;
il conflitto infierisce ulteriormente su una popolazione già provata dalla malnutrizione, a discapito soprattutto dei bambini più piccoli che in assenza del latte materno, per difficoltà di allattamento, rischiano di morire;
il 26 febbraio 2021 il New York Times ha pubblicato un documento interno dell'Amministrazione statunitense in cui si afferma che l'Etiopia sta conducendo «una campagna sistematica di pulizia etnica» sotto la copertura della guerra nella regione del Tigrai. Il rapporto descrive «in termini netti una terra di case saccheggiate e villaggi deserti dove decine di migliaia di persone sono irreperibili»;
secondo quanto si legge nel citato rapporto, funzionari etiopici e combattenti della milizia alleata della vicina regione Amhara, si sarebbero trasferiti nel Tigrai dove stanno «deliberatamente ed efficacemente rendendo il Tigrai occidentale etnicamente omogeneo attraverso l'uso organizzato della forza e dell'intimidazione»;
oltre all'offensiva militare, sulla regione settentrionale è stato imposto un blocco totale delle comunicazioni – internet, telefoni fissi e cellulari – che è stato allentato parzialmente soltanto nelle ultime settimane e che non ha permesso nei mesi passati di conoscere a pieno la drammaticità di quel che stava accadendo nella regione;
un rapporto di Amnesty International, basato su testimonianze dirette di sopravvissuti, ha documentato un massacro di «centinaia di civili disarmati», avvenuto nella città di Axum tra il 28 e il 29 novembre da parte di soldati eritrei. Le immagini satellitari della città raccolte dal Crisis Evidence Lab di Amnesty evidenzierebbero anche fosse comuni vicino alle due chiese di Axum. Secondo il report le truppe eritree ed etiopi avrebbero compiuto «bombardamenti indiscriminati, saccheggi, raid casa per casa» e si tratterebbe di atti che «potrebbero avere la portata di un crimine di guerra»;
il 30 novembre 2020, secondo quanto riportato dalla CNN con un'indagine basata sulle testimonianze di una dozzina di testimoni oculari sopravvissuti, centinaia di civili sarebbero stati crivellati da colpi di arma da fuoco mentre stavano celebrando la messa nella chiesa rupestre di Maryam Dengelat, in occasione di Tsion Maryam, una festa annuale per celebrare il giorno in cui gli etiopi credono che l'Arca dell'Alleanza sia stata portata nel Paese da Gerusalemme. Secondo quanto si apprende il massacro sarebbe continuato per tre giorni ai danni di residenti, pellegrini e rifugiati presenti nell'area;
altri numerosi episodi di bombardamenti indiscriminati sono stati raccolti in base alle testimonianze raccolte nei mesi scorsi in diversi luoghi del Tigrai che hanno confermato episodi di saccheggi, stupri e danni alle infrastrutture civili in diverse parti della regione;
la presenza di soldati eritrei, inizialmente negata dal Governo etiope e da quello eritreo, è ora ammessa da Addis Abeba ed Asmara, dopo essere stata confermata da diversi Governi stranieri;
l'accertamento delle responsabilità nella commissione di eventuali violazioni gravi dei diritti umani rimane complesso e coinvolge tutte le parti in conflitto, incluso il TPLF;
occorre agire rapidamente per porre fine alle violenze, rendere efficace e sostenibile il cessate il fuoco dichiarato dal governo etiope, evitare ulteriori escalation militari e offrire un immediato sollievo alla popolazione ottenendo pieno e incondizionato accesso agli aiuti umanitari internazionali in tutte le zone colpite dal conflitto;
l'Italia, per ragioni storiche e politiche, può e deve esercitare uno specifico ruolo attivo nella ricerca di soluzioni condivise,
impegna il Governo:
a chiedere, in tutte le sedi competenti, la fine delle violenze e l'interruzione di ogni iniziativa militare in atto in Etiopia e nella regione del Corno d'Africa e il ritiro immediato delle forze eritree e delle forze regionali Amhara dal Tigrai, nell'ottica dell'avvio di un percorso genuino di riconciliazione nazionale;
inoltre, a chiedere, nelle sedi competenti, la collaborazione delle Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite per far fronte all'emergenza della malnutrizione in Etiopia, con particolare attenzione alla malnutrizione infantile, in casi di emergenza o stati di calamità naturale, conflitti e pandemie, avvalendosi delle previste procedure di acquisizione di beni a tale fine;
ad adottare iniziative, nelle competenti sedi, per continuare a sostenere un'indagine internazionale completa e indipendente su tutte le segnalazioni di violazioni dei diritti umani, abusi e atrocità commesse in Tigrai, in collaborazione con la Commissione etiopica per i Diritti Umani, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e la African Commission on Human and Peoples' Rights;
a fornire, con gli altri partner internazionali, inclusa l'Unione europea, tenuto conto della risposta umanitaria delle Nazioni Unite e compatibilmente con le condizioni di accesso umanitario, assistenza alle popolazioni bisognose nelle regioni colpite dal conflitto e agli sfollati e ai rifugiati nei Paesi vicini;
a continuare a seguire con attenzione la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Etiopia, anche sostenendo le iniziative multilaterali e in particolare in ambito Onu, e ad attivarsi, anche in sede di rapporti bilaterali, per favorire la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Etiopia in particolare sostenendo iniziative per:
a) rafforzare ulteriormente i rapporti diplomatici dell'Italia con l'Etiopia e l'Unione Africana, per favorire la sicurezza e la stabilità della regione;
b) promuovere, anche insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, in sede di Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite l'adozione di una risoluzione sulle violazioni gravissime dei diritti umani, delle libertà fondamentali e del diritto internazionale umanitario in Tigray;
c) continuare a raccordarsi con gli altri partner internazionali per l'adozione di iniziative condivise, incluse eventuali misure sanzionatorie per la violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Tigray;
d) verificare l'opportunità di nominare un Inviato Speciale dell'Italia per il Corno Africa;
e) rafforzare le iniziative italiane di cooperazione e sostenere le attività di ong, associazioni umanitarie e missioni religiose, da tempo operanti sul territorio etiope e il cui contributo è fondamentale per alleviare le sofferenze della popolazione.
(8-00127) «Emiliozzi, Suriano, Cabras, Carelli, Colletti, De Carlo, Del Grosso, Di Stasio, Ehm, Fantinati, Grande, Olgiati, Romaniello, Siragusa, Delmastro Delle Vedove, Formentini, Lupi, Migliore, Orsini, Quartapelle Procopio».