III Commissione
Affari esteri e comunitari
Affari esteri e comunitari (III)
Commissione III (Affari esteri)
Comm. III
Audizione informale, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione «Italia-Birmania insieme», sulla crisi in Myanmar ... 8
Audizione informale dell'Ambasciatore del Brasile in Italia, Hélio Vitor Ramos Filho, sulle priorità della Presidenza italiana del G20 ... 8
Audizione informale di Marco Mayer, docente di conflict and peace building presso l'Università Luiss di Roma, nell'ambito dell'esame in sede consultiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Doc. XXVII, n. 18) ... 8
Audizione informale del Segretario Generale della rete Parliamentarians for Global Action (PGA), David Donat Cattin, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 2332, d'iniziativa dei senatori Airola ed altri, approvata dal Senato, recante Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010 ... 8
Sui lavori della Commissione ... 8
Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010. C. 2332 Governo, approvata dal Senato (Seguito esame e conclusione) ... 8
7-00606 Fassino: Sul golpe militare in Myanmar (Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00098) ... 9
ALLEGATO 1 (Nuovo testo presentato dal deputato Fassino) ... 15
ALLEGATO 2 (Risoluzione approvata dalla Commissione) ... 18
7-00608 Fassino: Sulla repressione della libertà di espressione in Bielorussia (Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00099) ... 11
ALLEGATO 3 (Nuovo testo presentato dal deputato Fassino approvato dalla Commissione) ... 22
7-00607 Fassino: Sull'attuazione degli accordi tra Armenia e Azerbaijan per lo scambio di prigionieri (Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00100) ... 11
ALLEGATO 4 (Nuovo testo presentato dal deputato Fassino) ... 24
ALLEGATO 5 (Risoluzione approvata dalla Commissione) ... 26
TESTO AGGIORNATO AL 9 MARZO 2021
AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 2 marzo 2021.
Audizione informale, in videoconferenza, di rappresentanti dell'Associazione «Italia-Birmania insieme», sulla crisi in Myanmar.
L'audizione informale è stata svolta dalle 10.35 alle 11.30.
AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 2 marzo 2021.
Audizione informale dell'Ambasciatore del Brasile in Italia, Hélio Vitor Ramos Filho, sulle priorità della Presidenza italiana del G20.
L'audizione informale è stata svolta dalle 11.35 alle 12.35.
AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 2 marzo 2021.
Audizione informale di Marco Mayer, docente di conflict and peace building presso l'Università Luiss di Roma, nell'ambito dell'esame in sede consultiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Doc. XXVII, n. 18).
L'audizione informale è stata svolta dalle 12.45 alle 13.15.
AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 2 marzo 2021.
Audizione informale del Segretario Generale della rete Parliamentarians for Global Action (PGA), David Donat Cattin, nell'ambito dell'esame in sede referente della proposta di legge C. 2332, d'iniziativa dei senatori Airola ed altri, approvata dal Senato, recante Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010.
L'audizione informale è stata svolta dalle 14.40 alle 15.35.
SEDE REFERENTE
Martedì 2 marzo 2021. — Presidenza del presidente Piero FASSINO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Marina Sereni.
La seduta comincia alle 15.35.
Sui lavori della Commissione.
Piero FASSINO, presidente, si scusa per non avere preso parte all'audizione informale testé svolta e coglie l'occasione per informare la Commissione di avere contestualmente incontrato, in videoconferenza, il Presidente della omologa Commissione Affari esteri della Verkhovna Rada di Ucraina, onorevole Alexandr Merezhko.
Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010.
C. 2332 Governo, approvata dal Senato.
(Seguito esame e conclusione).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 novembre 2020.
Piero FASSINO, presidente, ricorda che sul provvedimento in titolo, su richiesta dei gruppi Lega e PD, la Commissione ha svolto un circoscritto ciclo di audizioni al fine di approfondire, in particolare, la definizione internazionalistica del crimine e dell'atto di aggressione. Avverte, inoltre, che sono pervenuti i pareri favorevoli, delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Difesa e Bilancio.
Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI), ringraziando per lo svolgimento delle audizioni che anche l'opposizione aveva richiesto, segnala, tuttavia, che le audizioni non hanno dissipato i dubbi del suo Gruppo sulla portata giuridica di talune nozioni del provvedimento in esame, con particolare riferimento alla definizione di atto di aggressione e di atto preparatorio. A suo avviso, la soglia di rilevanza legale di tali condotte risulta, di fatto, smaterializzata con la conseguenza di un possibile uso politico piuttosto che giurisdizionale di tale fattispecie.
Annuncia, pertanto, il voto contrario di Fratelli d'Italia sul provvedimento in esame.
Edmondo CIRIELLI (FDI), associandosi alle riflessioni del collega Delmastro delle Vedove, sottolinea che la ratifica degli emendamenti in titolo potrebbe creare notevoli problematiche all'Esecutivo nella difesa della nostra sovranità, mettendo a repentaglio la sicurezza della nazione.
Dimitri COIN (LEGA), preannunciando il voto di astensione del Gruppo Lega, manifesta talune riserve sulla compatibilità del provvedimento in titolo con l'ordinamento interno.
Laura BOLDRINI (PD), relatrice, associandosi agli apprezzamenti rivolti alla Presidenza per avere sostenuto le richieste di audizione avanzate anche dalla maggioranza, ritiene che i contributi conoscitivi pervenuti abbiano contribuito a fugare tutti i dubbi. Si dice, peraltro, particolarmente meravigliata in considerazione del fatto che gli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale sono stati siglati nel 2010 da un governo di centrodestra, di cui erano parte le stesse forze politiche che oggi esprimono riserve. Auspica, conclusivamente, un sollecito iter di approvazione definitiva del provvedimento, già licenziato dall'altro ramo del Parlamento.
La Commissione delibera di conferire il mandato alla relatrice, onorevole Laura Boldrini, a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera, altresì, di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.
Piero FASSINO, presidente, avverte che la Presidenza si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.
La seduta termina alle 15.45.
RISOLUZIONI
Martedì 2 marzo 2021. — Presidenza del presidente Piero FASSINO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Marina Sereni.
La seduta comincia alle 15.45.
7-00606 Fassino: Sul golpe militare in Myanmar.
(Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00098).
La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviata nella seduta del 24 febbraio scorso.
Piero FASSINO, presidente, come per le ulteriori due risoluzioni previste all'ordine del giorno, segnala di avere trasmesso a tutta la Commissione, con anticipo rispetto a questa seduta, un nuovo testo della risoluzione in titolo, che presenta in questa sede e che recepisce talune richieste di riformulazione pervenute dai Gruppi e per le vie brevi alla stessa Farnesina (vedi allegato 1). Procede quindi ad illustrare il nuovo testo della risoluzione, sottolineando che si tratta della prima iniziativa parlamentare sulla grave crisi birmana, tuttora al centro del dibattito mediatico internazionale. Evidenzia che l'ampia premessa è motivata dalla necessità di ricostruire con accuratezza il contesto nel quale è maturato il golpe militare e in cui si è dispiegata la successiva repressione. Illustra, quindi il dispositivo.
La Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Marina SERENI, esprimendo apprezzamento per l'iniziativa assunta dalla Commissione, sottolinea che l'Italia ha condannato con forza il colpo di Stato fin dal primo giorno, sia con dichiarazioni della Farnesina sia collaborando attivamente alla definizione di una posizione comune UE.
Informa la Commissione che ieri l'Ambasciatrice di Myanmar in Italia è stata convocata alla Farnesina al fine di chiedere che le autorità militari birmane pongano termine immediatamente a tutte le azioni di violenta repressione delle proteste democratiche in corso nel Paese. Le è stata espressa, inoltre, la piena solidarietà dell'Italia nei confronti di tutti coloro che manifestano pacificamente per difendere le istituzioni civili ed il futuro democratico del Paese.
Ribadisce la ferma condanna del colpo di Stato militare del 1° febbraio scorso e la richiesta di immediato rilascio della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e del Presidente U Win Myint, nonché di tutti coloro tratti in arresto in connessione con il golpe che sono i più autorevoli e legittimati attori per far progredire in modo efficace la transizione democratica birmana.
Evidenzia che la Farnesina ha anche sottolineato l'illegittimità della decisione dei militari di annullare le elezioni di novembre: è stato ricordato all'Ambasciatrice birmana che presunti brogli elettorali devono essere trattati nell'ambito delle procedure previste e che la volontà del popolo birmano va rispettata.
Osserva che l'Italia ha sostenuto fin dall'inizio il processo di transizione democratica e non intende vederlo fallire. Per questo, i Ministri degli Affari esteri dell'UE, nella riunione del 22 febbraio hanno approvato delle conclusioni che prevedono una revisione dell'impianto sanzionatorio già in vigore per colpire individui appartenenti all'apparato militare e direttamente responsabili del golpe e i loro interessi.
Segnala l'opportunità di valutare con attenzione l'imposizione di un regime sanzionatorio trasversale a carico del Myanmar, che rischierebbe di mettere a repentaglio il già fragile contesto socio-economico nazionale ed impatterebbe negativamente sui gruppi più vulnerabili della popolazione civile. Al riguardo, sottolinea che è anche in corso, insieme ai partner europei, una revisione dei progetti di cooperazione, con l'intento di proseguire solo quelli che non prevedono aiuto diretto alle istituzioni, al momento occupate dai militari.
Precisa che sussistono anche altri strumenti: innanzitutto, sostenere convintamente l'azione dell'Inviata Speciale del Segretario Generale dell'ONU, Schraner Burgener, nella ricerca del dialogo e della riconciliazione nazionali. Inoltre, lavorare con i partner regionali, interessati alla stabilità del Myanmar e a una ripresa del processo democratico. La comunità internazionale guarda in particolare all'ASEAN – di cui Myanmar è membro – che ha in questa crisi l'opportunità per dimostrare il proprio peso e la propria capacità di svolgere un ruolo risolutivo: al riguardo, segnala che in esito alla riunione odierna dei Ministri degli Affari esteri ASEAN è stata approvata una risoluzione in cui si ribadisce il comune impegno ad una pacifica soluzione della crisi in corso. Nell'esprimere un orientamento favorevole sul nuovo testo dell'atto di indirizzo, auspica, quindi che questo elemento di novità possa essere inserito tra le premesse.
Segnala, infine, che la nostra Ambasciatrice a Yangon, Alessandra Schiavo, lavora in stretto coordinamento con l'Unità di crisi per tutelare i connazionali presenti in Myanmar.
Piero FASSINO, presidente, accogliendo la proposta della Sottosegretaria Sereni di inserire un riferimento agli esiti della odierna riunione ministeriale ASEAN, segnala che la Commissione ha avuto modo di acquisire ulteriori elementi conoscitivi nel corso dell'audizione informale, svolta questa mattina, di rappresentanti dell'Associazione «Italia-Birmania Insieme», che ha visto la partecipazione, da remoto, del leader sindacale birmano Maung Maung, il quale ha illustrato il complesso delle iniziative di mobilitazione del popolo birmano per opporsi al colpo di Stato e cercare di ripristinare la democrazia.
La Commissione approva, quindi, all'unanimità il nuovo testo della risoluzione n. 7-00606 Fassino, che assume il numero n. 8-00098 (vedi allegato 2).
7-00608 Fassino: Sulla repressione della libertà di espressione in Bielorussia.
(Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00099).
La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviata nella seduta del 24 febbraio scorso.
Piero FASSINO, presidente, ricordando che la Commissione ha già approvato, il 1° settembre 2020, una risoluzione sulla crisi bielorussa, sottolinea che l'atto di indirizzo oggi in esame è finalizzato a chiedere la scarcerazione dei giornalisti ingiustamente detenuti, a tutela della libertà di espressione e dello Stato di diritto in Bielorussia. Ricorda, altresì, le audizioni svolte dalla Commissione fin dall'inizio della crisi degli oppositori al regime di Lukaschenko, tra cui la stessa leader Sviatlana Tsikhanouskaya, e la missione in Lituania cui hanno partecipato le colleghe Boldrini e Quartapelle. Presenta, quindi, un nuovo testo della risoluzione in titolo, che recepisce le proposte di integrazione avanzate da taluni colleghi nella precedente seduta (vedi allegato 3).
La Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Marina SERENI esprime parere favorevole sul nuovo testo della risoluzione in titolo, presentato dal Presidente Fassino.
Pino CABRAS (MISTO-L'A.C'È), preannunciando il voto di astensione del suo gruppo, sottolinea di condividere le richieste di ripristino delle libertà costituzionali, a partire dalla libertà di espressione. Tuttavia, ritiene non condivisibile l'impegno ad assicurare da parte italiana un'applicazione rigorosa delle sanzioni decise a livello di Unione europea; a suo avviso, infatti, l'UE non ha alcun titolo per imporre sanzioni in questo ambito, dal momento che diversi Stati membri registrano gravi limitazioni della libertà di espressione e, inoltre, taluni Paesi terzi non vengono sanzionati dalle istituzioni europee, pur in presenza di violazioni analoghe. Peraltro, le sanzioni adottate contro la Bielorussia rischiano di peggiorare ulteriormente la condizione dei movimenti di opposizione.
Vito COMENCINI (LEGA), esprimendo apprezzamento per il richiamo esplicito, nelle premesse, alla risoluzione approvata il 1° settembre scorso che, tra le altre cose, impegnava il Governo a promuovere la ripresa dei programmi di accoglienza dei bambini bielorussi ed a garantire che la crisi in atto non si ripercuotesse negativamente sulle procedure di adozione internazionale, sollecita l'Esecutivo a dare seguito a tali impegni, nell'auspicio che i programmi di accoglienza possano riprendere fin dalla prossima estate e che gli oltre duecento minori in condizioni di adottabilità possano finalmente raggiungere le proprie famiglie adottive in Italia.
Piero FASSINO, presidente, segnala che proprio in data odierna è stata annunciata la ripresa dei programmi di accoglienza dei minori bielorussi.
La Commissione approva, quindi, il nuovo testo della risoluzione n. 7-00608 Fassino, che assume il numero n. 8-00099.
7-00607 Fassino: Sull'attuazione degli accordi tra Armenia e Azerbaijan per lo scambio di prigionieri.
(Seguito discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00100).
La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviata nella seduta del 24 febbraio scorso.
Piero FASSINO, presidente, segnala che, anche in questo caso, i membri della Commissione hanno ricevuto ieri un nuovo testo della risoluzione in titolo (vedi allegato 4), che è finalizzata all'attuazione della Dichiarazione trilaterale siglata da Armenia e Azerbaijan nel novembre 2020, con particolare riferimento all'articolo 8 in materia di scambio dei prigionieri. Evidenzia che si tratta di una questione assai delicata e complessa, nella quale il Parlamento deve preservare la propria autonomia di giudizio, tutelandosi dalle pressioni esterne provenienti dalle due parti. A tal fine, l'atto di indirizzo deve fondarsi su fatti concreti, scongiurando questioni interpretative e limitandosi a chiedere il rispetto dell'accordo, come auspicato da Unione europea, OSCE e Federazione Russia. Sottolinea che il nuovo testo della risoluzione è improntato a questi criteri di metodo.
Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC), esprimendo apprezzamento per la nuova formulazione della risoluzione, condivide l'approccio equilibrato ed imparziale che il testo evidenzia. A tal fine suggerisce di espungere dal sesto capoverso delle premesse le parole «in territorio azero», che allude ad un elemento della disputa tra le due Parti.
Piero FASSINO, presidente, sottolinea che si tratta di una proposta ragionevole condivisibile.
Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI) si associa alle considerazioni del collega Lupi sull'efficacia del lavoro svolto dal Presidente, che ha dimostrato equilibrio, equidistanza e intelligenza diplomatica. Pur aderendo alla proposta di riformulazione avanzata dall'onorevole Lupi, chiede di valutare l'opportunità di sopprimere l'intero inciso «arrestati in territorio azero dopo l'accordo del 9 novembre». Tale formulazione potrebbe contribuire ad evitare nuovi fraintendimenti e contenziosi.
Piero FASSINO, presidente, precisa che, tuttavia, la risoluzione fa riferimento proprio alla liberazione dei prigionieri arrestati dopo l'accordo del 9 novembre. La soppressione di ogni riferimento all'accordo potrebbe fare insorgere incomprensioni.
Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI), rilevando la correttezza della precisazione del Presidente, ribadisce il proprio sostegno alla proposta del collega Lupi.
Emilio CARELLI (MISTO), apprezzando a sua volta lo sforzo di semplificazione del testo e di recepimento delle proposte avanzate dai colleghi, propone di eliminare l'ultimo impegno del dispositivo, relativo alle operazioni di sminamento nella regione, poco coerente con l'obiettivo della risoluzione.
Paolo FORMENTINI (LEGA) si associa alla proposta di riformulazione avanzata dal collega Lupi. Ritiene inoltre, con riferimento al primo punto della parte dispositiva, l'esigenza di inserire le parole: «da parte azera».
Gennaro MIGLIORE (IV), associandosi agli apprezzamenti per il lavoro svolto dal Presidente su una materia così complessa e soggetta a pressioni esterne, condivide la proposta di riformulazione del collega Lupi ed auspica una rapida ed unanime approvazione dell'atto di indirizzo.
La Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Marina SERENI riterrebbe opportune alcune riformulazioni utili a meglio precisare talune circostanze e a rendere il testo più aderenti alla realtà dei fatti. Nello specifico, propone di integrare il quinto capoverso delle premesse inserendo, dopo la parola «prima», le seguenti le parole: «della guerra e si chiede conto a Jerevan di alcune decine di militari asseritamente dispersi o detenuti». Quanto al sesto punto delle premesse, segnala l'esigenza di sopprimere il riferimento ai civili, che non risulterebbero tra le persone arrestate, e di aggiungere infine la precisazione: «ritenuti da parte azera “terroristi” e non prigionieri di guerra». Ritiene, inoltre, significativo inserire un riferimento esplicito alla dichiarazione del portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna, Peter Stano, con la quale si chiedeva la liberazione dei prigionieri. Propone, poi, di considerare come secondo punto del dispositivo quello relativo allo sminamento e di scongiurare la ripetizione del richiamo allo scambio dei prigionieri, correttamente inserito nel primo punto del dispositivo.
Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI), ribadendo l'apprezzamento per l'equilibrio e la capacità di sintesi del Presidente, ritiene irricevibili le proposte di riformulazione del Governo che fanno apparire, a suo avviso, il nostro Esecutivo sostanzialmente ventriloquo delle rivendicazioni della parte azera. Ritiene, altresì, incomprensibile lo spostamento dell'impegno relativo allo sminamento, dal momento che esso costituisce un aspetto marginale della vicenda.
Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC) evidenzia che, con uno sforzo comune, è possibile addivenire ad un testo che raccolga il consenso unanime delle forze politiche, pur senza contraddire la sostanza delle osservazioni del Governo, che appaiono semplici precisazioni e non contraddicono lo spirito e la portata dell'atto di indirizzo.
Gennaro MIGLIORE (IV) concorda nel ritenere che le proposte di riformulazione del Governo alterino l'equilibrio del testo, frutto di un confronto parlamentare lungo e ponderato. Ribadendo l'importanza dell'approvazione unanime dell'atto di indirizzo e di non compiere passi indietro, esprime riserve sull'opportunità di specificare questioni che appaiono troppo vicine alle rivendicazioni dell'Azerbaigian. Evidenzia, infine, che l'Esecutivo può ben giovarsi di un'approvazione unanime della risoluzione, nell'ottica di una soluzione pacifica della crisi in corso tra Armenia e Azerbaijan.
La Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Marina SERENI, sottolineando che il Governo italiano non è mai ventriloquo rispetto ad interessi di parti coinvolte in un conflitto ma esprime sempre, con qualunque maggioranza politica, posizioni autonome e soprattutto rispettose delle mediazioni che si raggiungono a livello parlamentare, si rimette alla Commissione proponendo di rinviare l'approvazione dell'atto di indirizzo per maggiori approfondimenti, al fine di pervenire ad una ulteriore nuova formulazione ispirata ad equilibrio ed equidistanza e che possa essere pienamente condivisa anche dal Governo.
Piero FASSINO, presidente, sottolineando che la Commissione assume le proprie determinazioni in autonomia, pur nel rispetto delle valutazioni espresse dal Governo, ribadisce l'esigenza di conservare uno stile sintetico e non valutativo nell'interesse dell'equilibrio complessivo dell'atto di indirizzo, data la complessità del tema. Si dichiara, dunque, disponibile a presentare alla prima seduta utile un nuovo testo riformulato, che accolga talune osservazioni del Governo e che muova soprattutto nella direzione di facilitare l'attuazione dell'articolo 8 della Dichiarazione trilaterale, finalizzata al cessate il fuoco in vista di una strategia politica successiva. Ritiene, peraltro, che i contributi del Governo nella sostanza sono già presenti nel testo seppur diversamente formulati. Si riserva quindi di trasmettere ai commissari una nuova formulazione nell'auspicio che ci possa essere comunque un giusto clima collaborativo che permetta di pervenire ad una deliberazione entro la prossima settimana.
Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC) concorda con il Presidente Fassino, ritenendo che il testo di per sé sia già completo e non debba essere oggetto di una riconsiderazione. Ritiene che le questioni da valutare siano assai limitate e possano essere anche affrontate in questa sede.
Piero FASSINO, presidente, concorda con il collega Lupi e si dichiara disponibile a porre il testo in votazione anche in questa seduta se ve sono le condizioni. Quanto alle proposte di riformulazione avanzate dalla Sottosegretaria Sereni, concorda sull'esigenza di menzionare la posizione del portavoce della Commissione europea Stano, pur se espressa tramite un tweet che è ormai divenuto uno strumento di comunicazione utilizzato anche per finalità ufficiali, tanto più dopo l'ampio utilizzo che ne ha fatto l'Amministrazione Trump. Condivide l'esigenza di espungere i reiterati richiami alla questione dello scambio dei prigionieri, che è menzionata chiaramente al primo punto della parte dispositiva. Concorda con la proposta di riformulazione avanzata dal collega Lupi e anche sull'opportunità di valorizzare il tema dello sminamento anche per il ruolo che su questo terreno può essere giocato dall'Italia.
Andrea DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI) si dichiara disponibile a procedere alla votazione della risoluzione.
Paolo FORMENTINI (LEGA), con riferimento al primo punto della premessa, chiede se risulti che anche gli armeni debbano liberare prigionieri, in assenza della precisazione da lui richiesta.
Piero FASSINO, presidente, ritiene che in assenza di prigionieri da liberare la questione si possa facilmente chiarire nei fatti.
Maurizio LUPI (M-NCI-USEI-R-AC), riguardo il punto sollevato dal collega Formentini, propone di espungere dal primo impegno le parole «le parti».
La Commissione approva, quindi, all'unanimità, il nuovo testo della risoluzione n. 7-00607 Fassino, che assume il numero n. 8-00100 (vedi allegato 5).
La seduta termina alle 16.40.
ALLEGATO 1
Risoluzione n. 7-00606 Fassino: Sul golpe militare in Myanmar.
NUOVO TESTO PRESENTATO DAL DEPUTATO FASSINO
La III Commissione,
premesso che:
in Birmania/Unione del Myanmar il 1° febbraio 2021 avrebbe dovuto insediarsi il Parlamento eletto con le elezioni generali dell'8 novembre 2020, vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (LND) che ha conquistato l'83,6 per cento dei seggi;
tra le figure istituzionali colpite da mandato di arresto figurano anche gran parte dei parlamentari eletti l'8 novembre 2020, di cui circa settanta hanno costituito la Committee Representing the Pittangdsu-Hluttaw (CRHP);
i militari autori del colpo di Stato lo hanno giustificato – di fronte al modesto risultato elettorale del loro partito di riferimento USDP – invocando irregolarità elettorali e brogli senza peraltro addurre elementi di prova, quando invece la Commissione elettorale dell'Unione (UEC) ha respinto i ricorsi presentati certificando la regolarità delle elezioni;
la volontà di sovvertire l'ordinamento costituzionale era peraltro già stata evocata in più dichiarazioni di esponenti militari e, da ultimo, il 28 gennaio dal generale Min Aun Hlaing, che ha proposto di abrogare la Costituzione adottata nel 2008, nonostante essa riconosca ai rappresentanti del Tatmadaw il 25 per cento dei seggi parlamentari e i tre ministeri chiave degli interni, della difesa e dell'integrità territoriale della nazione;
il colpo di Stato soffoca così la transizione democratica in Myanmar/Birmania, avviata nel 2011 dopo oltre cinquant'anni di dittatura militare e che ha il proprio riferimento nella figura di Aung San Suu Kyi, insignita del Premio Nobel per la pace nel 2012 e storica leader dell'opposizione premiata da consenso plebiscitario nelle elezioni parziali del 2012 e nelle elezioni generali del 2015 e del 2020;
immediatamente dopo la presa del potere, il 3 febbraio, il Tatmadaw ha revocato i membri della UEC, nominando nuovi membri al regime, e sottoposto a procedimento penale la Ministra di Stato Aung San Suu Kyi, accusata di possedere walkie talkies importati illegalmente, mentre al Presidente U Win Myint si addebita la violazione della legge sulle restrizioni contro il coronavirus per aver incontrato dei suoi sostenitori;
il colpo di Stato ha suscitato un vasto movimento popolare di protesta pacifica contro cui sono state adottate brutali e violente misure repressive che hanno causato decine di vittime e centinaia di arresti, suscitando l'indignazione della intera comunità internazionale;
la transizione democratica avviata nel 2010 e consolidata con le elezioni del 2015 e del 2020 – entrambe vinte con largo consenso dalla LND – ha posto fine a cinquant'anni di spietata dittatura militare, di repressione di qualsiasi voce di dissenso o di opposizione e di isolamento internazionale del Paese;
nei sette anni di Governo – 2015-2021 – della LND sono stati liberati tutti i prigionieri politici o di coscienza, è stata abolita ogni forma di censura, sono stati adottati standard normativi internazionali, il Paese è stato aperto all'economia di mercato e agli investimenti stranieri;
con il Governo democratico la Birmania/Unione del Myanmar si è reinserita nella vita della comunità internazionale, ha assunto un ruolo attivo nell'ASEAN, ha stabilito relazioni di intensa cooperazione con i Paesi vicini e con i grandi players asiatici, in primo luogo Cina, India e Giappone, contribuendo così alla stabilità del sudest asiatico;
in quello stesso periodo è stato rinnovato il patto federativo tra tutti i popoli e le nazionalità che vivono nel Paese – denominato la «seconda Panglong» – riconoscendo il carattere plurinazionale e plurireligioso della Birmania/Unione del Myanmar e l'autonomia amministrativa di ogni Stato e sottoscrivendo accordi di cessate il fuoco e di pacificazione con gruppi armati delle minoranze etniche;
questo processo è stato contraddetto dalla brutale repressione contro la minoranza musulmana dei Royingha, orchestrata dal Tatmadaw per ledere l'immagine interna ed internazionale di Aung San Suu Ky, facendo leva sui radicati sentimenti di ostilità verso i Royingha da parte dell'opinione pubblica birmana maggioritariamente buddista;
il Tatmadaw ha represso con particolare spietatezza la minoranza Royingha al fine di ledere l'immagine internazionale di ASSK – alla quale la Costituzione dei militari del 2008 non ha conferito alcun potere sui militari, neanche a livello formale – e di precostituire così un indebolimento della solidarietà del mondo occidentale nei suoi confronti in caso di nuova presa del potere da parte della giunta militare, come poi è avvenuto;
pur respingendo l'uso del termine «genocidio», Aung San Suu Kyi ha riconosciuto gli abusi e le violenze dei militari, istituendo una Commissione di inchiesta e favorendo l'avvio da parte della Corte penale internazionale (Cpi) di un'indagine che – sulla base di reiterati pronunciamenti dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani e dell'Assemblea Generale dell'Onu – ha comportato l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle violazioni in Myanmar da parte delle forze armate e il deferimento alla Cpi del generale Min Aung Hlaing;
il Segretario Generale dell'Onu Antonio Guterres ha dichiarato «inaccettabile» il colpo di Stato, così come analoga condanna è venuta dall'Alto Rappresentante dell'Unione europea Josep Borrell, nonché da molti governi di ogni continente, tutti richiedendo l'immediata liberazione di tutte le persone arrestate e detenute, la cessazione di ogni azione repressiva e il ristabilimento dell'ordinamento istituzionale democratico;
il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che, in assenza dell'immediato ritorno alla legalità democratica, gli Stati Uniti adotteranno sanzioni contro gli autori del colpo di Stato e nella stessa direzione vanno i pronunciamenti di molti governi;
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha duramente stigmatizzato il colpo di Stato raccomandando l'adozione di sanzioni mirate contro quanti, militari e civili, si rendano responsabili di violazioni dei diritti umani, di tutte le imprese di proprietà del Tatmadaw e l'embargo globale sulle armi nei confronti del Myanmar/Birmania;
va tenuto anche conto che la brusca interruzione della transizione democratica del Myanmar/Birmania potrebbe avere rapidamente conseguenze destabilizzanti per l'intera regione del sudest asiatico, come evidenziano le accuse mosse ad importanti attori regionali di pesanti interferenze nella crisi birmana e di sostegno ai militari;
l'11 febbraio 2020 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con 667 voti favorevoli, uno contrario e 27 astensioni;
negli stessi termini anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 12 febbraio, ha approvato una risoluzione – proposta da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, compresa quindi l'Italia, oltre che da Australia, Canada, Islanda, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera, Turchia e Regno Unito – che potrebbe favorire, tra l'altro, un significativo incremento di risorse a sostegno delle agenzie Onu competenti, dell'Alto Commissario per i Diritti umani e dello Special Rapporteur sui diritti umani in Myanmar;
il 14 febbraio la delegazione dell'Unione europea e le ambasciate del Canada, degli Stati membri dell'Unione europea presenti in Myanmar: Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, di Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti hanno pubblicato una dichiarazione comune con cui hanno chiesto alle forze di sicurezza di astenersi dall'uso della violenza nei confronti dei dimostranti e dei civili; hanno condannato le detenzioni e i continui arresti dei leader politici, della società civile, dei funzionari così come gli abusi nei confronti dei giornalisti; hanno denunciato l'interruzione delle comunicazioni e le restrizioni ai diritti fondamentali e alle garanzie fondamentali per il popolo del Myanmar, hanno espresso sostegno al popolo del Myanmar nella sua aspirazione alla democrazia, alla libertà, alla pace e alla prosperità;
il Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, Tom Andrews, nella dichiarazione congiunta col Comitato di coordinamento presentata nella 29ma sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dell'Onu sulle implicazioni della crisi in Myanmar ha inoltre sottolineato che è quindi «imperativo che la leadership del Tatmadaw comprenda che non è al di sopra della legge e che il popolo del Myanmar e i popoli del mondo non lasceranno che queste azioni illegali e riprovevoli restino impunite»;
anche l'Italia ha condannato il colpo di Stato condividendo le posizioni assunte dalle Nazioni Unite, dall'Unione europea e dai Governi europei;
il 22 febbraio 2021 il Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea ha adottato delle Conclusioni in cui condanna fermamente il colpo di stato del 1° febbraio 2021 e richiama la necessità di procedere al rilascio immediato ed incondizionato del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Daw Aung San Suu Kyi e di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati in connessione con il colpo di Stato. I Ministri degli Esteri dell'UE si sono dichiarati pronti a stabilire misure restrittive nei confronti dei diretti responsabili del colpo di Stato militare e dei loro interessi economici. Allo stesso tempo hanno confermato la volontà di valutare tutti gli strumenti a disposizione sulla base delle evoluzioni sul terreno, inclusa la politica di cooperazione allo sviluppo e le preferenze in materia commerciale, senza che ciò vada a scapito delle fasce più deboli della popolazione birmana;
il movimento di protesta popolare è vasto e in crescita, a dimostrazione dell'insuccesso della strategia dei militari e della ferma intenzione dei cittadini birmani di opporsi fino in fondo al ritorno al passato autoritario e di proteggere la democrazia così duramente riconquistata e, con essa, anche la prospettiva di maggior benessere economico, considerato l'aggravamento della percentuale di persone che vive al di sotto della soglia di povertà, passata dal 22 ad oltre il 27 per cento;
è responsabilità morale e politica della comunità internazionale e di ogni coscienza democratica non lasciare solo il Myanmar/Birmania nella sua lotta per la democrazia e la libertà,
impegna il Governo:
a chiedere l'immediata sospensione di ogni azione repressiva nei confronti delle pacifiche manifestazioni di protesta per il colpo di Stato e il rilascio di tutte le persone arrestate durante le manifestazioni;
a chiedere il rilascio immediato e senza alcuna condizione di tutti i membri del Governo, del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e di tutti i loro collaboratori, dei parlamentari e di tutti gli attivisti, giornalisti, monaci e semplici cittadini inermi che sono stati arrestati dalla giunta militare birmana;
a condannare in modo fermo il golpe militare messo in atto il 1° febbraio 2021 dal Tatmadaw e a chiedere con pari fermezza l'immediato ripristino dell'autorità civile, il rispetto dell'esito delle elezioni democraticamente svoltesi l'8 novembre 2020 e della volontà popolare chiaramente emersa, consentendo l'insediamento delle nuove Camere e l'elezione delle più alte cariche parlamentari e di Governo, e, in prospettiva, il superamento del sistema ibrido di condivisione del potere tra civili e militari che ha finora impedito il progresso Paese;
a chiedere la revoca di ogni misura di blocco delle comunicazioni e delle connettività;
ad adottare iniziative per subordinare al rilascio immediato di tutte le persone arrestate l'avvio di qualunque iniziativa di negoziato tra le principali parti interessate a risolvere la situazione e al ripristino dello Stato di diritto;
a chiedere in tutte le sedi competenti l'adozione di misure restrittive mirate nei confronti degli autori del colpo di Stato e di quanti si rendano responsabili della violazioni dei diritti umani e civili e ad assumere iniziative appropriate ad assicurare la piena applicazione delle Conclusioni del 22 febbraio 2021 del Consiglio Affari esteri dell'Unione europea quali l'eventuale imposizione di sanzioni finanziarie mirate nei confronti degli interessi economici e commerciali del Tatmadaw, scongiurando invece sanzioni generalizzate che andrebbero a detrimento della popolazione civile;
a non dare corso a misure di annullamento del debito del Myanmar/Birmania, come già deliberato nel luglio 2020 da Austria, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Polonia fino al ripristino della legalità e a fare pervenire gli aiuti di cooperazione allo sviluppo alla popolazione attraverso canali alternativi a quelli governativi;
a sostenere in ogni modo la popolazione del Myanmar/Birmania, condannando la repressione di attivisti, delle organizzazioni non governative, dei monaci, delle organizzazioni dei media e della società civile messa in atto dal Tatmadaw, assicurando un monitoraggio e un'attenzione costante sulla crisi, nella considerazione che Aung San Suu Kyi, vittima negli anni passati di una campagna di screditamento internazionale da parte dei militari, resta per i birmani «Mother SUU», la campionessa delle loro battaglie per la democrazia, la leader che vorrebbero vedere libera e governare il Paese;
a monitorare, in sinergia con la delegazione dell'Unione europea e gli altri Stati membri, gli annunciati procedimenti giudiziari a carico della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, del Presidente U Win Myint e di tutte le altre persone detenute in relazione al golpe, ad assistere ai loro processi e a rendere loro visita in carcere o nell'abitazione in cui sono trattenuti in stato di arresto;
a sollecitare l'Unione europea a promuovere azioni comuni con i partner asiatici e con le organizzazioni regionali quali l'ASEAN, a favore di una soluzione pacifica della crisi in Myanmar/Birmania;
a promuovere ogni iniziativa utile al ripristino della legalità democratica, sostenendo le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
a chiedere il pieno accesso al Myanmar/Birmania per gli osservatori umanitari internazionali, per l'Inviata Speciale del Segretario Generale ONU Schraner Burgener, per le Organizzazioni internazionali umanitarie e per i rappresentanti delle organizzazioni non governative, a tutela di tutti i cittadini, ed in particolare degli sfollati interni e di tutte le minoranze, compresi i Rohingya nello Stato di Rakhine e i Karen nello Stato Karen, vittime da anni di operazioni militari da parte del Tatmadaw, in totale violazione del cessate il fuoco firmato nel 2015 con la Karen National Union.
ALLEGATO 2
Risoluzione n. 7-00606 Fassino: Sul golpe militare in Myanmar.
RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE
La III Commissione,
premesso che:
in Birmania/Unione del Myanmar il 1° febbraio 2021 avrebbe dovuto insediarsi il Parlamento eletto con le elezioni generali dell'8 novembre 2020, vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (LND) che ha conquistato l'83,6 per cento dei seggi;
tra le figure istituzionali colpite da mandato di arresto figurano anche gran parte dei parlamentari eletti l'8 novembre 2020, di cui circa settanta hanno costituito la Committee Representing the Pittangdsu-Hluttaw (CRHP);
i militari autori del colpo di Stato lo hanno giustificato – di fronte al modesto risultato elettorale del loro partito di riferimento USDP – invocando irregolarità elettorali e brogli senza peraltro addurre elementi di prova, quando invece la Commissione elettorale dell'Unione (UEC) ha respinto i ricorsi presentati certificando la regolarità delle elezioni;
la volontà di sovvertire l'ordinamento costituzionale era peraltro già stata evocata in più dichiarazioni di esponenti militari e, da ultimo, il 28 gennaio dal generale Min Aun Hlaing, che ha proposto di abrogare la Costituzione adottata nel 2008, nonostante essa riconosca ai rappresentanti del Tatmadaw il 25 per cento dei seggi parlamentari e i tre ministeri chiave degli interni, della difesa e dell'integrità territoriale della nazione;
il colpo di Stato soffoca così la transizione democratica in Myanmar/Birmania, avviata nel 2011 dopo oltre cinquant'anni di dittatura militare e che ha il proprio riferimento nella figura di Aung San Suu Kyi, insignita del Premio Nobel per la pace nel 2012 e storica leader dell'opposizione premiata da consenso plebiscitario nelle elezioni parziali del 2012 e nelle elezioni generali del 2015 e del 2020;
immediatamente dopo la presa del potere, il 3 febbraio, il Tatmadaw ha revocato i membri della UEC, nominando nuovi membri al regime, e sottoposto a procedimento penale la Ministra di Stato Aung San Suu Kyi, accusata di possedere walkie talkies importati illegalmente, mentre al Presidente U Win Myint si addebita la violazione della legge sulle restrizioni contro il coronavirus per aver incontrato dei suoi sostenitori;
il colpo di Stato ha suscitato un vasto movimento popolare di protesta pacifica contro cui sono state adottate brutali e violente misure repressive che hanno causato decine di vittime e centinaia di arresti, suscitando l'indignazione della intera comunità internazionale;
la transizione democratica avviata nel 2010 e consolidata con le elezioni del 2015 e del 2020 – entrambe vinte con largo consenso dalla LND – ha posto fine a cinquant'anni di spietata dittatura militare, di repressione di qualsiasi voce di dissenso o di opposizione e di isolamento internazionale del Paese;
nei sette anni di Governo – 2015-2021 – della LND sono stati liberati tutti i prigionieri politici o di coscienza, è stata abolita ogni forma di censura, sono stati adottati standard normativi internazionali, il Paese è stato aperto all'economia di mercato e agli investimenti stranieri;
con il Governo democratico la Birmania/Unione del Myanmar si è reinserita nella vita della comunità internazionale, ha assunto un ruolo attivo nell'ASEAN, ha stabilito relazioni di intensa cooperazione con i Paesi vicini e con i grandi players asiatici, in primo luogo Cina, India e Giappone, contribuendo così alla stabilità del sudest asiatico;
in quello stesso periodo è stato rinnovato il patto federativo tra tutti i popoli e le nazionalità che vivono nel Paese – denominato la «seconda Panglong» – riconoscendo il carattere plurinazionale e plurireligioso della Birmania/Unione del Myanmar e l'autonomia amministrativa di ogni Stato e sottoscrivendo accordi di cessate il fuoco e di pacificazione con gruppi armati delle minoranze etniche;
questo processo è stato contraddetto dalla brutale repressione contro la minoranza musulmana dei Royingha, orchestrata dal Tatmadaw per ledere l'immagine interna ed internazionale di Aung San Suu Ky, facendo leva sui radicati sentimenti di ostilità verso i Royingha da parte dell'opinione pubblica birmana maggioritariamente buddista;
il Tatmadaw ha represso con particolare spietatezza la minoranza Royingha al fine di ledere l'immagine internazionale di ASSK – alla quale la Costituzione dei militari del 2008 non ha conferito alcun potere sui militari, neanche a livello formale – e di precostituire così un indebolimento della solidarietà del mondo occidentale nei suoi confronti in caso di nuova presa del potere da parte della giunta militare, come poi è avvenuto;
pur respingendo l'uso del termine «genocidio», Aung San Suu Kyi ha riconosciuto gli abusi e le violenze dei militari, istituendo una Commissione di inchiesta e favorendo l'avvio da parte della Corte penale internazionale (Cpi) di un'indagine che – sulla base di reiterati pronunciamenti dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani e dell'Assemblea Generale dell'Onu – ha comportato l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle violazioni in Myanmar da parte delle forze armate e il deferimento alla Cpi del generale Min Aung Hlaing;
il Segretario Generale dell'Onu Antonio Guterres ha dichiarato «inaccettabile» il colpo di Stato, così come analoga condanna è venuta dall'Alto Rappresentante dell'Unione europea Josep Borrell, nonché da molti governi di ogni continente, tutti richiedendo l'immediata liberazione di tutte le persone arrestate e detenute, la cessazione di ogni azione repressiva e il ristabilimento dell'ordinamento istituzionale democratico;
il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che, in assenza dell'immediato ritorno alla legalità democratica, gli Stati Uniti adotteranno sanzioni contro gli autori del colpo di Stato e nella stessa direzione vanno i pronunciamenti di molti governi;
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha duramente stigmatizzato il colpo di Stato raccomandando l'adozione di sanzioni mirate contro quanti, militari e civili, si rendano responsabili di violazioni dei diritti umani, di tutte le imprese di proprietà del Tatmadaw e l'embargo globale sulle armi nei confronti del Myanmar/Birmania;
va tenuto anche conto che la brusca interruzione della transizione democratica del Myanmar/Birmania potrebbe avere rapidamente conseguenze destabilizzanti per l'intera regione del sudest asiatico, come evidenziano le accuse mosse ad importanti attori regionali di pesanti interferenze nella crisi birmana e di sostegno ai militari;
l'11 febbraio 2020 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con 667 voti favorevoli, uno contrario e 27 astensioni;
negli stessi termini anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 12 febbraio, ha approvato una risoluzione – proposta da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, compresa quindi l'Italia, oltre che da Australia, Canada, Islanda, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera, Turchia e Regno Unito – che potrebbe favorire, tra l'altro, un significativo incremento di risorse a sostegno delle agenzie Onu competenti, dell'Alto Commissario per i Diritti umani e dello Special Rapporteur sui diritti umani in Myanmar;
il 14 febbraio la delegazione dell'Unione europea e le ambasciate del Canada, degli Stati membri dell'Unione europea presenti in Myanmar: Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, di Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti hanno pubblicato una dichiarazione comune con cui hanno chiesto alle forze di sicurezza di astenersi dall'uso della violenza nei confronti dei dimostranti e dei civili; hanno condannato le detenzioni e i continui arresti dei leader politici, della società civile, dei funzionari così come gli abusi nei confronti dei giornalisti; hanno denunciato l'interruzione delle comunicazioni e le restrizioni ai diritti fondamentali e alle garanzie fondamentali per il popolo del Myanmar, hanno espresso sostegno al popolo del Myanmar nella sua aspirazione alla democrazia, alla libertà, alla pace e alla prosperità;
il Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, Tom Andrews, nella dichiarazione congiunta col Comitato di coordinamento presentata nella 29ma sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dell'Onu sulle implicazioni della crisi in Myanmar ha inoltre sottolineato che è quindi «imperativo che la leadership del Tatmadaw comprenda che non è al di sopra della legge e che il popolo del Myanmar e i popoli del mondo non lasceranno che queste azioni illegali e riprovevoli restino impunite»;
anche l'Italia ha condannato il colpo di Stato condividendo le posizioni assunte dalle Nazioni Unite, dall'Unione europea e dai Governi europei;
il 22 febbraio 2021 il Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea ha adottato delle Conclusioni in cui condanna fermamente il colpo di stato del 1° febbraio 2021 e richiama la necessità di procedere al rilascio immediato ed incondizionato del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Daw Aung San Suu Kyi e di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati in connessione con il colpo di Stato. I Ministri degli Esteri dell'UE si sono dichiarati pronti a stabilire misure restrittive nei confronti dei diretti responsabili del colpo di Stato militare e dei loro interessi economici. Allo stesso tempo hanno confermato la volontà di valutare tutti gli strumenti a disposizione sulla base delle evoluzioni sul terreno, inclusa la politica di cooperazione allo sviluppo e le preferenze in materia commerciale, senza che ciò vada a scapito delle fasce più deboli della popolazione birmana;
il movimento di protesta popolare è vasto e in crescita, a dimostrazione dell'insuccesso della strategia dei militari e della ferma intenzione dei cittadini birmani di opporsi fino in fondo al ritorno al passato autoritario e di proteggere la democrazia così duramente riconquistata e, con essa, anche la prospettiva di maggior benessere economico, considerato l'aggravamento della percentuale di persone che vive al di sotto della soglia di povertà, passata dal 22 ad oltre il 27 per cento;
è responsabilità morale e politica della comunità internazionale e di ogni coscienza democratica non lasciare solo il Myanmar/Birmania nella sua lotta per la democrazia e la libertà,
la risoluzione adottata nella riunione odierna dei Ministri degli Affari esteri dell'Asean ha espresso preoccupazione per la situazione nel Paese, offrendo la disponibilità dell'Asean ad assistere il Myanmar,
impegna il Governo:
a chiedere l'immediata sospensione di ogni azione repressiva nei confronti delle pacifiche manifestazioni di protesta per il colpo di Stato e il rilascio di tutte le persone arrestate durante le manifestazioni;
a chiedere il rilascio immediato e senza alcuna condizione di tutti i membri del Governo, del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e di tutti i loro collaboratori, dei parlamentari e di tutti gli attivisti, giornalisti, monaci e semplici cittadini inermi che sono stati arrestati dalla giunta militare birmana;
a condannare in modo fermo il golpe militare messo in atto il 1° febbraio 2021 dal Tatmadaw e a chiedere con pari fermezza l'immediato ripristino dell'autorità civile, il rispetto dell'esito delle elezioni democraticamente svoltesi l'8 novembre 2020 e della volontà popolare chiaramente emersa, consentendo l'insediamento delle nuove Camere e l'elezione delle più alte cariche parlamentari e di Governo, e, in prospettiva, il superamento del sistema ibrido di condivisione del potere tra civili e militari che ha finora impedito il progresso Paese;
a chiedere la revoca di ogni misura di blocco delle comunicazioni e delle connettività;
ad adottare iniziative per subordinare al rilascio immediato di tutte le persone arrestate l'avvio di qualunque iniziativa di negoziato tra le principali parti interessate a risolvere la situazione e al ripristino dello Stato di diritto;
a chiedere in tutte le sedi competenti l'adozione di misure restrittive mirate nei confronti degli autori del colpo di Stato e di quanti si rendano responsabili della violazioni dei diritti umani e civili e ad assumere iniziative appropriate ad assicurare la piena applicazione delle Conclusioni del 22 febbraio 2021 del Consiglio Affari esteri dell'Unione europea quali l'eventuale imposizione di sanzioni finanziarie mirate nei confronti degli interessi economici e commerciali del Tatmadaw, scongiurando invece sanzioni generalizzate che andrebbero a detrimento della popolazione civile;
a non dare corso a misure di annullamento del debito del Myanmar/Birmania, come già deliberato nel luglio 2020 da Austria, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Polonia fino al ripristino della legalità e a fare pervenire gli aiuti di cooperazione allo sviluppo alla popolazione attraverso canali alternativi a quelli governativi;
a sostenere in ogni modo la popolazione del Myanmar/Birmania, condannando la repressione di attivisti, delle organizzazioni non governative, dei monaci, delle organizzazioni dei media e della società civile messa in atto dal Tatmadaw, assicurando un monitoraggio e un'attenzione costante sulla crisi, nella considerazione che Aung San Suu Kyi, vittima negli anni passati di una campagna di screditamento internazionale da parte dei militari, resta per i birmani «Mother SUU», la campionessa delle loro battaglie per la democrazia, la leader che vorrebbero vedere libera e governare il Paese;
a monitorare, in sinergia con la delegazione dell'Unione europea e gli altri Stati membri, gli annunciati procedimenti giudiziari a carico della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, del Presidente U Win Myint e di tutte le altre persone detenute in relazione al golpe, ad assistere ai loro processi e a rendere loro visita in carcere o nell'abitazione in cui sono trattenuti in stato di arresto;
a sollecitare l'Unione europea a promuovere azioni comuni con i partner asiatici e con le organizzazioni regionali quali l'ASEAN, a favore di una soluzione pacifica della crisi in Myanmar/Birmania;
a promuovere ogni iniziativa utile al ripristino della legalità democratica, sostenendo le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
a chiedere il pieno accesso al Myanmar/Birmania per gli osservatori umanitari internazionali, per l'Inviata Speciale del Segretario Generale ONU Schraner Burgener, per le Organizzazioni internazionali umanitarie e per i rappresentanti delle organizzazioni non governative, a tutela di tutti i cittadini, ed in particolare degli sfollati interni e di tutte le minoranze, compresi i Rohingya nello Stato di Rakhine e i Karen nello Stato Karen, vittime da anni di operazioni militari da parte del Tatmadaw, in totale violazione del cessate il fuoco firmato nel 2015 con la Karen National Union.
(8-00098) «Fassino».
ALLEGATO 3
Risoluzione n. 7-00608 Fassino: Sulla repressione della libertà di espressione in Bielorussia.
NUOVO TESTO PRESENTATO DAL DEPUTATO FASSINO
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La III Commissione,
premesso che:
il risultato delle elezioni presidenziali in Bielorussia del 9 agosto 2020, svoltesi senza la presenza degli osservatori OSCE, è stato fortemente criticato dalle opposizioni che hanno contestato la regolarità del voto e denunciato brogli elettorali;
tali elezioni sono state dichiarate illegittime dall'Unione europea che non ne ha riconosciuto il risultato
nelle settimane e mesi successivi si sono svolte numerose manifestazioni che hanno visto una grande partecipazione popolare;
queste manifestazioni è seguita una immediata repressione da parte del Governo, che ha arrestato numerosi cittadini ma anche osservatori indipendenti e giornalisti stranieri;
delle tre donne che hanno guidato l'opposizione, due, Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkalo, sono dovute riparare all'estero, mentre la terza, Maria Kolesnikova, è in stato di arresto;
il 18 febbraio 2021 due giornaliste e reporter bielorusse della sede di Minsk della TV polacca Belsat, Katerina Bakhvalova di 27 anni, e Daria Chultsova di 23 anni, sono state condannate in via definitiva per aver filmato le manifestazioni di piazza a due anni di reclusione. Si tratta di una delle condanne più gravi dall'avvio delle manifestazioni della scorsa estate in Bielorussia;
il capo d'accusa consisterebbe nell'aver «attratto persone a partecipare a un evento di massa» attraverso la trasmissione del loro materiale e quindi nell'aver guidato «azioni di gruppo che hanno violato l'ordine pubblico»;
nell'audizione in videoconferenza svolta presso la III Commissione il 9 febbraio 2021, la leader in esilio Svetlana Tikhanovskaya ha ribadito che la volontà popolare dei bielorussi di avere libertà e democrazia deve essere riconosciuta e tutelata e la questione deve essere affrontata in tutte le sedi internazionali;
al riguardo, si richiama la risoluzione n. 8-00082, approvata all'unanimità dalla III Commissione il 1° settembre 2020,
impegna il Governo:
a chiedere l'immediata scarcerazione delle due giornaliste bielorusse, nonché di tutti i giornalisti reclusi per ragioni politiche, con particolare riferimento a Serghei Tikhanovsky, marito della signora Tsikhanouskaya, e a Maria Kolesnikova, autorevole esponente del Gruppo di coordinamento dell'opposizione bielorussa, agendo sul piano bilaterale, in ambito UE e d'intesa con gli altri Paesi like-minded, facendo ricorso a tutte le leve diplomatiche e al credito morale e politico acquisito dall'Italia in questi anni come Paese autenticamente e profondamente amico del popolo bielorusso;
a sollevare la questione presso le istituzioni europee rafforzando la posizione e le iniziative dell'Unione europea a difesa della libertà di espressione e dello Stato di diritto in Bielorussia;
ad assicurare da parte italiana una puntuale applicazione di tutte le misure sanzionatorie decise dall'Unione Europea;
a sostenere le iniziative internazionali volte ad introdurre meccanismi di accountability delle Autorità bielorusse, in particolare nell'ambito del Consiglio Diritti Umani.
(8-00099) «Fassino».
ALLEGATO 4
Risoluzione n. 7-00607 Fassino: Sull'attuazione degli accordi tra Armenia e Azerbaijan per lo scambio di prigionieri.
NUOVO TESTO PRESENTATO
DAL DEPUTATO FASSINO
La III Commissione,
premesso che:
il 9 novembre 2020 i Capi di Stato dell'Armenia, della Russia e dell'Azerbaijan hanno firmato una Dichiarazione trilaterale per mettere fine al conflitto pluridecennale tra i due Paesi caucasici, riapertosi il 27 settembre 2020;
successivamente a quell'accordo i rappresentanti delle tre parti si sono incontrati più volte, anche ad alto livello politico, per discutere delle prospettive di attuazione di tutte le clausole della Dichiarazione, incluse quelle relative ai trasporti ed alla connettività;
l'articolo 8 della Dichiarazione impegna le parti ad effettuare lo scambio di prigionieri di guerra, ma anche di tutte le altre persone detenute nei rispettivi Paesi, nonché delle rispettive salme;
da parte armena si dichiara di aver consegnato tutti i prigionieri di guerra azeri, nonché altri detenuti per reati comuni;
da parte azera si sostiene di aver adempiuto agli obblighi della dichiarazione tripartita e di aver consegnato tutti i prigionieri di guerra armeni, arrestati prima e durante la guerra;
tuttavia l'Azerbaijan trattiene ancora alcune decine di militari e civili armeni arrestati in territorio azero dopo l'accordo del 9 novembre;
il 2 febbraio 2021 una dichiarazione congiunta della Presidenza della delegazione dell'Unione europea per il Caucaso del Sud firmata da Marina Kaljurand, dal relatore permanente del Parlamento europeo per l'Armenia Andrey Kovatchev, e dalla relatrice permanente del Parlamento europeo per l'Azerbaijan Zeljana Zovko, ha affermato che «la completa implementazione degli accordi di cessate il fuoco è un primo passo necessario ed è deplorevole che lo scambio dei prigionieri di guerra non sia stato ancora completato»;
il segretario generale dell'Istituto Europeo dell'Ombusman Josef Siegele ha dichiarato che chiunque sia privato della libertà per motivi legati al conflitto armato dovrebbe essere rilasciato dopo la cessazione delle ostilità senza alcuna precondizione,
impegna il Governo:
a sollecitare le parti a liberare tutti i prigionieri di guerra arrestati prima e dopo il 9 novembre 2020;
a sostenere, in tutte le sedi opportune, le iniziative di OSCE, Onu e Unione europea finalizzate alla piena applicazione dell'accordo del 9 novembre 2020, incluso il completo e definitivo scambio dei prigionieri tra Armenia e Azerbaijan;
a promuovere un maggiore protagonismo della Copresidenza del Gruppo di Minsk, sia per una soluzione immediata alla crisi dei prigionieri, sia per promuovere i negoziati tra le parti volti a una soluzione definitiva di lungo periodo alla cronica instabilità del Caucaso;
stante le eccellenti relazioni intrattenute dall'Italia con entrambe le parti, a intervenire anche in sede bilaterale con i rispettivi Governi, per una risoluzione rapida della controversia dei prigionieri e per promuovere altre confidence building measures che creino la condizioni per una futura riconciliazione e per la ripresa dei negoziati;
a incoraggiare le parti ad adoperarsi costruttivamente per favorire le operazioni di sminamento nella regione, sollecitandole a fornirsi reciprocamente le mappe delle aree minate.
ALLEGATO 5
Risoluzione n. 7-00607 Fassino: Sull'attuazione degli accordi tra Armenia e Azerbaijan per lo scambio di prigionieri.
RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE
La III Commissione,
premesso che:
il 9 novembre 2020 i Capi di Stato dell'Armenia, dell'Azerbaijan e della Russia hanno firmato una Dichiarazione trilaterale per mettere fine al conflitto pluridecennale tra i due Paesi caucasici, riapertosi il 27 settembre 2020;
successivamente a quell'accordo i rappresentanti delle tre parti si sono incontrati più volte, anche ad alto livello politico, per discutere delle prospettive di attuazione di tutte le clausole della Dichiarazione, incluse quelle relative ai trasporti ed alla connettività;
l'articolo 8 della Dichiarazione impegna le parti ad effettuare lo scambio di prigionieri di guerra, degli ostaggi e di altre persone detenute, nonché delle salme;
da parte armena si dichiara di aver consegnato tutti i prigionieri di guerra azeri, nonché altri detenuti per reati comuni;
da parte azera si sostiene di aver adempiuto agli obblighi della dichiarazione tripartita e di aver consegnato tutti i prigionieri di guerra armeni, arrestati prima e durante la guerra;
l'Azerbaijan trattiene ancora alcune decine di armeni arrestati dopo l'accordo del 9 novembre;
il 2 febbraio 2021 una dichiarazione congiunta della Presidenza della delegazione dell'Unione europea per il Caucaso del Sud firmata da Marina Kaljurand, dal relatore permanente del Parlamento europeo per l'Armenia Andrey Kovatchev, e dalla relatrice permanente del Parlamento europeo per l'Azerbaijan Zeljana Zovko, ha affermato che «la completa implementazione degli accordi di cessate il fuoco è un primo passo necessario ed è deplorevole che lo scambio dei prigionieri di guerra non sia stato ancora completato»;
anche il Servizio europeo di azione esterna la Commissione, nella persona del portavoce per gli affari esteri dell'Unione, Peter Stano, ha chiesto l'immediato rilascio dei prigionieri;
il segretario generale dell'Istituto Europeo dell'Ombusman Josef Siegele ha dichiarato che chiunque sia privato della libertà per motivi legati al conflitto armato dovrebbe essere rilasciato dopo la cessazione delle ostilità senza alcuna precondizione,
impegna il Governo:
a sollecitare la liberazione di tutti i prigionieri di guerra arrestati;
a incoraggiare le parti ad adoperarsi costruttivamente per favorire le operazioni di sminamento nella regione, sollecitandole a fornirsi reciprocamente le mappe delle aree minate;
a sostenere, in tutte le sedi opportune, le iniziative di OSCE, ONU e Unione europea finalizzate alla piena applicazione dell'accordo del 9 novembre 2020;
a sollecitare un maggiore protagonismo della Copresidenza del Gruppo di Minsk per promuovere i negoziati tra le parti volti ad una soluzione definitiva di lungo periodo alla cronica instabilità del Caucaso;
stanti le eccellenti relazioni intrattenute dall'Italia con entrambe le parti, a intervenire anche in sede bilaterale con i rispettivi Governi per promuovere altre confidence building measures che creino le condizioni per una futura riconciliazione e per la ripresa dei negoziati.
(8-00100) «Fassino».