VIII Commissione
Ambiente, territorio e lavori pubblici
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
Commissione VIII (Ambiente)
Comm. VIII
5-04077 Pastorino: Disboscamento della pineta di Procoio, sita nei territori comunali di Roma e Fiumicino ... 122
ALLEGATO 1 (Testo della risposta) ... 135
5-04333 Viviani: Tempi per la conclusione del procedimento di VIA relativo alla dismissione della centrale a carbone di La Spezia e valutazione degli impatti di una riconversione della stessa in centrale a gas ... 122
ALLEGATO 2 (Testo della risposta) ... 135
5-04448 Bendinelli: Sistema di depurazione del lago di Garda ... 122
ALLEGATO 3 (Testo della risposta) ... 137
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020. C. 2670 Governo (Parere alla XIV Commissione) (Esame e rinvio) ... 123
Sull'ordine dei lavori ... 127
Disposizioni concernenti l'adozione di programmi di intervento strategico per la realizzazione di opere di interesse pubblico. C. 1566 Paita (Esame e rinvio) ... 127
INTERROGAZIONI
Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza della presidente Alessia ROTTA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente, il territorio e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut.
La seduta comincia alle 13.15.
Alessia ROTTA, presidente, ricorda che è stato chiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante gli impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta in Commissione in materia di Ambiente.
Ricorda che, a norma dell'articolo 132, comma 2, del regolamento, dopo la risposta del rappresentante del Governo, l'interrogante ha facoltà di replicare per non più di cinque minuti.
5-04077 Pastorino: Disboscamento della pineta di Procoio, sita nei territori comunali di Roma e Fiumicino.
Il Sottosegretario Roberto MORASSUT, risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).
Luca PASTORINO (LEU), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta resa dal sottosegretario. Pur consapevole che la questione oggetto dell'interrogazione in relazione agli aspetti penali non rientra nelle precipue competenze del Ministero dell'ambiente, fa presente di avere formulato l'atto di sindacato ispettivo per interrogare il Governo trattandosi di una riserva naturale statale, istituita ai sensi della legge 394 del 1991 e del decreto ministeriale 29 marzo 1996. Ringrazia il rappresentante del Governo per aver evidenziato tutti i passaggi successivi che hanno portato al sequestro dell'area e auspica che vengano intraprese le opportune iniziative nei confronti degli autori dello scempio naturalistico prodottosi nella pineta, verificando contestualmente le omissioni del servizio di vigilanza e valutando la possibile revoca dei membri della Commissione di riserva in ordine alle loro responsabilità.
5-04333 Viviani: Tempi per la conclusione del procedimento di VIA relativo alla dismissione della centrale a carbone di La Spezia e valutazione degli impatti di una riconversione della stessa in centrale a gas.
Il Sottosegretario Roberto MORASSUT, risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).
Lorenzo VIVIANI (LEGA), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo che, nella propria risposta – della quale si dichiara parzialmente soddisfatto – ha ricordato l'ordine del giorno a firma dell'onorevole Paita e da lui sottoscritto che testimonia la convergenza di forze politiche di maggioranza e di opposizione riguardo all'esigenza di non procedere alla riconversione, ma alla dismissione della centrale a carbone di La Spezia entro il 2021.
Valutando favorevolmente la consultazione cui si fa riferimento nella risposta, fa presente che nell'interrogazione si chiede che venga avviata anche una inchiesta pubblica che delineerebbe meglio la posizione della popolazione. A tale riguardo rammenta il referendum svoltosi qualche anno addietro avente ad oggetto la centrale oggetto dell'interrogazione, che se da un lato ha certamente prodotto uno sviluppo del territorio attraverso la creazione di posti di lavoro, dall'altro ha condizionato fortemente il tessuto ambientale del Golfo di La Spezia.
Fa presente il rischio che la continuazione dell'attività della centrale a carbone, in ossequio alle superiori esigenze della politica energetica nazionale, perpetuerebbe l'attuale situazione negativa a livello ambientale sulle aree del golfo, generando ulteriori preoccupazioni nella popolazione interessata.
In ultimo sottolinea le conseguenze negative che la centrale ha anche sull'ambiente marino, sia attraverso i biociti utilizzati per la pulizia delle tubature sia per l'immissione di acque di raffreddamento nel mare, che incidono soprattutto sulla miticoltura, come dimostra l'assenza dei mitili nei periodi di piena attività della centrale e la loro ricomparsa nel momento in cui tale attività è stata interrotta.
5-04448 Bendinelli: Sistema di depurazione del lago di Garda.
Il Sottosegretario Roberto MORASSUT, risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).
Davide BENDINELLI (IV), replicando, nel dichiararsi soddisfatto della risposta resa dal rappresentante del Governo, sottolinea favorevolmente l'impegno del Ministero dell'ambiente riguardo alla porzione di territorio che si affaccia direttamente sul lago, trattandosi di un'area di assoluta rilevanza anche a fini turistici. Osserva, infatti, che quest'anno il turismo ha attraversato un periodo difficile e ritiene quindi opportuno accompagnarne la ripresa del settore anche mediante la realizzazione di opere infrastrutturali nei territori a più alta incidenza turistica. Auspica inoltre che il Ministero accolga le ulteriori istanze che provengono dai territori, anche al fine di promuovere appieno la tutela ambientale dei territori di riferimento.
Alessia ROTTA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
La seduta termina alle 13.40.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza della presidente Alessia ROTTA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente, il territorio e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut.
La seduta comincia alle 13.45.
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020.
C. 2670 Governo.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.
Antonio FEDERICO (M5S), relatore, riferisce sul disegno di legge europea 2019-2020, ai fini della formulazione di una relazione da trasmettere alla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea.
Ricorda che la legge europea è uno dei due provvedimenti, insieme alla legge di delegazione europea che assolvono la funzione di introdurre nell'ordinamento nazionale disposizioni volte a recepire il diritto europeo, intervenendo quindi su norme in contrasto con il diritto dell'Unione europea, che siano oggetto di procedure di infrazione o introducendo disposizioni necessarie per dare altrimenti diretta attuazione alle norme del diritto dell'Unione europea e ai trattati internazionali.
Per tale ragione il disegno di legge europea 2019-2020 reca nei suoi 34 articoli disposizioni di carattere eterogeneo, sia pure accomunati dalla necessità di agevolare la chiusura di dieci procedure d'infrazione, attuare dodici regolamenti europei, garantire la corretta applicazione di cinque direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, assicurare la corretta attuazione di una sentenza pregiudiziale della Corte di Giustizia UE, nonché recepire la rettifica di una direttiva in materia di prodotti destinati all'alimentazione umana.
Rinviando alla documentazione predisposta dagli uffici per una disamina dettagliata delle norme introdotte dal disegno di legge, illustrerà ora una sintesi del contenuto delle disposizioni che rientrano più direttamente nella competenza della Commissione.
L'articolo 8 affronta alcuni profili di incompatibilità della disciplina del subappalto con la normativa europea, sollevati con la procedura di infrazione 2018/2273.
Nell'ambito della citata procedura, la Commissione europea ha ritenuto che – sebbene l'articolo 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 preveda che le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte «i subappaltatori proposti» – una disposizione quale l'articolo 105, comma 6, del Codice, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all'offerente ne occorrano meno di tre, viola il principio UE di proporzionalità di cui all'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24.
Preliminarmente, appare utile ricordare la segnalazione n. 8/2019, approvata con delibera ANAC n. 1035 del 13 novembre 2019, che raccomandava l'adozione di un intervento legislativo organico nella materia del subappalto «mediante una opportuna “compensazione” tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di sostenibilità sociale, ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione all'utilizzo dell'istituto».
Le modifiche apportate dalla norma in commento al codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016) fanno venire meno l'obbligo previsto in determinati casi di indicare una terna di subappaltatori e recano i necessari coordinamenti normativi.
Il comma 1, lettera b), numero 2, abroga infatti il comma 6 dell'art. 105 del codice che prevede, per gli appalti per lavori, servizi e forniture di valore pari o superiore alle soglie UE, nonché per gli appalti che, pur essendo di valore inferiore alle soglie UE, riguardano specifiche attività individuate dalla normativa italiana come particolarmente esposte al rischio d'infiltrazione mafiosa, il citato obbligo per gli operatori di indicare nelle loro offerte una terna di subappaltatori. Peraltro, l'efficacia di tale disposizione era già stata sospesa fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 18, secondo periodo, del decreto-legge n. 32/2019, che viene quindi ora soppresso dal comma 2.
In relazione all'abrogazione del citato obbligo, il comma 1, lettera a) per ragioni di coordinamento normativo, elimina la possibilità – prevista all'articolo 80 del codice – che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara quando la causa di esclusione riguardi non già l'operatore medesimo, bensì un subappaltatore indicato ai sensi del citato articolo 105, comma 6.
Il comma 1, lettera b), numero 1.2 sopprime la disposizione (art. 105, comma 4, lettera d) che prevede che a dimostrare l'assenza, in capo ai subappaltatori, dei motivi di esclusione previsti all'articolo 80 del codice sia il concorrente alla procedura per l'assegnazione dell'appalto e, conseguentemente, si attribuisce al subappaltatore, e non già al concorrente, la dimostrazione della assenza dei motivi di esclusione.
Le modifiche introdotte per i contratti di appalto per lavori, servizi e forniture vengono altresì previste per i contratti di concessione di lavori, servizi e forniture disciplinati dal codice. In particolare, il comma 1, lettera c) elimina l'obbligo, previsto dall'art. 174, comma 2, terzo periodo, del codice, posto in capo ai «grandi» operatori economici, di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori.
Per effetto delle modifiche introdotte nel codice degli appalti dall'articolo 8, comma 1, del provvedimento in esame, il comma 2 del medesimo articolo 8 dispone, come accennato, la soppressione di parte della disciplina transitoria relativa al subappalto, recata dall'articolo 1, comma 18, del D.L. 32/2019 che, nelle more di una complessiva revisione del codice, ha previsto, in sostanza, l'applicazione temporanea fino al 31 dicembre 2020 di norme analoghe a quelle introdotte dall'articolo in esame.
Il comma 3 reca l'abrogazione della disposizione recata dall'articolo 14, comma 2, del regolamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale n. 192/2017 che prevede, per i contratti di limitato impatto economico da eseguirsi all'estero, un limite massimo del trenta per cento per i subappalti. Tale disposizione, più restrittiva rispetto alla disposizione legislativa sopravvenuta per il territorio nazionale, è in diretto contrasto con la recente pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione Europea in materia di subappalto e la sua soppressione consente comunque di applicare eventuali limiti al subappalto previsti per i singoli procedimenti di gara. Al riguardo, la Commissione Ambiente ha avuto modo già di occuparsi della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 settembre 2019, (causa C-63/189), avviandone l'esame lo scorso 18 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 127-bis del Regolamento.
Il comma 4 dispone che le modifiche introdotte al codice si applichino alle procedure i cui bandi o avvisi di gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.
Segnala che l'8 ottobre scorso, nel corso della seduta in sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano – in cui è stato reso il parere favorevole sul disegno di legge europea in esame – il Governo ha accolto la raccomandazione delle regioni di aprire un tavolo di confronto Stato-regioni al fine di esaminare la proposta delle regioni per la semplificazione della disciplina dei contratti pubblici e l'accelerazione degli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche.
L'articolo 28 modifica la lettera f) del comma 1 dell'art. 185 del codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), che prevede l'esclusione di materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, tra cui gli sfalci e le potature, dalla disciplina relativa ai rifiuti.
L'obiettivo della riscrittura è quello di riallineare il testo della disposizione citata con quello della corrispondente norma della direttiva europea sui rifiuti (articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della 2008/98/CE) e portare quindi al superamento delle censure mosse dalla Commissione europea nell'ambito del Caso EU-pilot 9180/17/ENVI, evitando l'apertura di una procedura d'infrazione per non corretto recepimento della direttiva europea sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE). La Commissione europea, da ultimo il 5 giugno 2019, ha ribadito che la formulazione dell'articolo 185, comma 1, lettera f), non è conforme alla direttiva 2008/98/CE, che definisce tassativamente le esclusioni alla disciplina dei rifiuti.
L'attuale formulazione deriva da una novella operata dalla legge europea 2018, sulla quale è intervenuto successivamente il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea 2018/851. Nel parere espresso da questa Commissione in sede di esame dell'Atto 168 (ovvero sullo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2018/851) si precisava come occorresse riallineare le disposizioni riportate alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 del Codice a quanto disposto a livello europeo, superando una normativa già oggetto di pre-contenzioso in sede unionale e pertanto si formulava, in termini di condizione, la richiesta di sopprimere al citato articolo 185 le parole «nonché gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni». Nel testo definitivo dello schema, pubblicato come D.Lgs. 116/2020, tale richiesta è stata accolta.
In estrema sintesi, la formulazione attuale esclude dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti il materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso e individua «a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali». Tale precisazione è adesso sostituita con la frase «compresi gli sfalci e le potature».
Una seconda modifica riguarda poi la previsione secondo cui tali materiali – nella formulazione attuale – sono «utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura», mentre nel testo in esame si prevede che siano «correlati alle attività agricole o alla silvicoltura».
Ancora, la nuova formulazione della norma sopprime l'inciso – recato dal testo attualmente vigente – per cui tali materiali possano essere utilizzati «anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi».
Avverte che è colleghi un testo a fronte che riporta le successive formulazioni della norma.
Per completezza di informazione, riporta anche il contenuto dell'articolo 29 che novella il decreto di recepimento della direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, specificando che i criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi, ai fini anche della verifica del loro rispetto, sono quelli previsti dal decreto di recepimento della direttiva relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel.
L'articolo in esame modifica altresì i criteri di calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto. Il relativo obiettivo prevede che la quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto dovrà essere nel 2020 pari almeno al 10 per cento del consumo finale di energia nel settore dei trasporti nel medesimo anno. La modifica puntualizza che i biocarburanti e i bioliquidi che non soddisfano i criteri di sostenibilità, con le modalità, i limiti e le decorrenze fissate dal c.d. decreto rinnovabili (il decreto legislativo n. 28 del 2011) non sono presi in considerazione.
La norma interviene anche sulla quota di energia da biocarburanti prodotti a partire dai cereali e da altre colture amidacee, zuccherine e oleaginose e da colture coltivate su superfici agricole come colture principali soprattutto a fini energetici che non può essere superiore al 7% del consumo finale di energia nei trasporti nel 2020. La modifica, concernente tale specifico profilo, precisa che non sono conteggiati, ai fini del limite fissato, i biocarburanti sostenibili prodotti a partire da colture coltivate su superfici agricole come colture principali soprattutto a fini energetici, diverse dai cereali e da altre colture amidacee, zuccherine e oleaginose, a condizione che sia dimostrato che tali colture sono state coltivate su terreni pesantemente degradati, compresi i terreni precedentemente utilizzati per scopi agricoli, oppure su terreni fortemente contaminati.
L'articolo abroga, infine, la disposizione che sancisce l'esclusione dei biocarburanti sostenibili provenienti da colture agricole di secondo raccolto dal conteggio ai fini del suddetto limite.
Si riserva quindi di presentare una proposta di relazione in esito al dibattito.
Il sottosegretario Roberto MORASSUT si riserva di intervenire in una successiva seduta.
Elena LUCCHINI (LEGA) con riguardo all'articolo 28, avente ad oggetto gli sfalci e le potature, oggetto di discussione anche ai tempi del precedente Governo, ricorda che il proprio gruppo aveva sostenuto l'esigenza che tali materiali derivanti dalla manutenzione del verde pubblico non fossero considerati rifiuti, anche per evitare spese da parte dei comuni per il loro smaltimento, posizione censurata dall'Unione europea. Osserva che la formulazione recata dal disegno di legge europea in esame abroga la disposizione che prevede che possano essere ricompresi in tale disciplina gli sfalci e le potature anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero con cessione a terzi e preannuncia pertanto un emendamento volto a reintrodurre tale precisazione.
Con riguardo al tema del subappalto di cui all'articolo 8, anch'esso oggetto di discussione quando vi era una diversa maggioranza parlamentare, preannuncia la presentazione da parte del proprio gruppo di un emendamento volto ad aumentare i limiti del subappalto, andando incontro alle richieste che provengono dall'Europa e con la finalità di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese alle gare di appalto.
Alessio BUTTI (FDI), nel premettere che su provvedimenti di questa natura non si può di fatto intervenire, essendo gli spazi di sovranità nazionale assai limitati, fa presente che il proprio gruppo condivide le questioni ricordate dalla collega Lucchini e pertanto, qualora ci fosse una condivisione dei contenuti e il consenso dei proponenti, preannuncia la sottoscrizione di entrambi gli emendamenti preannunciati.
Manuela GAGLIARDI (M-NI-USEI-C!-AC), si associa alle richieste formulate dai colleghi che l'hanno preceduta. Osserva che si tratta di temi dibattuti e che è necessario affrontare con le modalità ricordate dalla collega Lucchini. Con particolare riguardo alla disposizione relativa al subappalto, osserva che la modifica richiesta viene sollecitata dalle piccole e medie imprese di cui ritiene opportuno farsi portavoce all'interno dell'istituzione parlamentare.
Chiara BRAGA (PD) con riguardo alla norma relativa agli sfalci e alle potature, rammenta che si è intervenuti numerose volte, anche corrispondendo alle osservazioni formulate in sede europea, pervenendo ad una disciplina ad oggi vigente che, a suo giudizio, poteva avere i crismi della definitività. Ritiene pertanto che la nuova formulazione proposta dal disegno di legge europea meriti un'attenta riflessione.
Riguardo alla disciplina del subappalto, lo stesso relatore ha opportunamente dato conto di una specificità tutta italiana che ha portato ad assumere norme più restrittive in settori maggiormente esposti ad infiltrazioni criminali e ritiene che questo sia un elemento da tenere in considerazione rispetto a successive valutazioni.
Alessia ROTTA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.05.
Sull'ordine dei lavori
Alessia ROTTA, presidente, propone di effettuare un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di anticipare l'esame in sede referente della proposta di legge C. 1566 Paita, proseguire con la discussione della risoluzione e concludere con l'esame in sede consultiva della proposta di legge C. 1813.
La Commissione concorda.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza della presidente Alessia ROTTA. – Interviene il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, Salvatore Margiotta.
La seduta comincia alle 14.05.
Disposizioni concernenti l'adozione di programmi di intervento strategico per la realizzazione di opere di interesse pubblico.
C. 1566 Paita.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame della proposta di legge in titolo.
Silvia FREGOLENT (IV), relatrice, riferisce alla Commissione sulla proposta di legge C. 1566 Paita, recante Disposizioni concernenti l'adozione di programmi di intervento strategico per la realizzazione di opere di interesse pubblico.
La relazione illustrativa esplicita che la proposta si pone l'obiettivo di individuare uno strumento che permetta di superare i conflitti e le controversie nei territori interessati dalla realizzazione o dal ripristino di importanti opere infrastrutturali nonché per snellirne le procedure di realizzazione.
Questo strumento è il programma di intervento strategico (PIS), documento in cui includere le forme di ristoro per i soggetti pregiudicati dalla realizzazione dell'infrastruttura declinato in termini di specifiche indennità e altre misure compensative.
La proposta attribuisce altresì alla Presidenza del Consiglio il ruolo di coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti, proprio al fine di assicurare il massimo coinvolgimento di comunità e istituzioni locali interessate.
Illustra quindi il contenuto del provvedimento.
L'articolo 1 prevede, quali strumenti di promozione delle opere infrastrutturali strategiche di preminente interesse nazionale, i programmi di intervento strategico (PIS). Si tratta di programmi che individuano le soluzioni idonee a garantire la sostenibilità degli interventi e a risolvere – attraverso il metodo della concertazione – le problematiche delle comunità e dei territori coinvolti dalla realizzazione o dal ripristino delle stesse opere (commi 1 e 3).
Il comma 2 specifica che i PIS sono promossi dalla Presidenza del Consiglio, su richiesta dei competenti enti locali, e si riferiscono agli ambiti territoriali interessati all'opera infrastrutturale strategica di preminente interesse nazionale e di altre opere infrastrutturali di interesse statale. Appare opportuno ricordare che nell'attuale Codice dei contratti pubblici è stata introdotta una nuova disciplina per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese (contenuta negli articoli da 200 a 203) che dovrà essere definita nel Documento pluriennale di pianificazione, strumento programmatorio che tuttavia ancora non è stato adottato.
Il comma 4 dispone che i PIS possono, altresì, essere attivati per assicurare la coesione territoriale, lo sviluppo economico e sociale, nonché il riequilibrio e la riqualificazione del territorio, mediante finanziamenti pubblici e privati.
Il comma 5 prevede la presentazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri di una relazione annuale alle Camere sullo stato di attuazione dei PIS, da sottoporre al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 2, ai fini della redazione dei PIS, si occupa degli strumenti di comunicazione, di partecipazione e coinvolgimento delle comunità locali interessate.
L'articolo 3 disciplina i contenuti fondamentali dei PIS proposti dal soggetto attuatore: a) individuazione dell'ambito territoriale di intervento; b) analisi dei fabbisogni economici, sociali, ambientali e di salute pubblica; c) definizione degli obiettivi strategici; d) individuazione dei soggetti partecipanti e i rispettivi ruoli; e) analisi delle problematiche conseguenti alla realizzazione dell'opera, elaborazione della loro risoluzione e delle misure compensative; f) misure di attuazione e di gestione; g) valutazione dei costi; h) analisi di fattibilità finanziaria; i) definizione dei percorsi informativi e partecipativi.
L'articolo 4, affida l'approvazione del PIS ad un decreto del Presidente del Consiglio, che cura altresì la promozione e approvazione di specifici accordi di programma con le regioni, gli enti locali, i soggetti attuatori ed altri eventuali soggetti interessati, correlati alla definizione del PIS. A tal fine presso la Presidenza del Consiglio è istituito un comitato tecnico con funzioni di indirizzo, di coordinamento e consultive.
L'articolo 5 disciplina l'indennità speciale, quale principale misura di ristoro, che devono essere previste dai PIS a favore di coloro che, a causa della realizzazione delle opere infrastrutturali sono costretti a trasferirsi.
I residenti (o dimoranti) in immobili incompatibili con la realizzazione dell'opera potranno percepire una indennità speciale a carico del soggetto attuatore. L'importo è demandato ad un DPCM da emanarsi, d'intesa con la regione interessata, aggiornato annualmente sulla base dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati.
La norma indica quindi chi sono i soggetti legittimati a riceverla (locatari, titolari di diritti reali o proprietari residenti e dimoranti) e la finalità dell'indennizzo, ovvero la ricollocazione autonoma oppure la ricollocazione in una nuova abitazione, con oneri a carico del soggetto attuatore.
Nel caso in cui, avendone i requisiti, venga richiesta la ricollocazione in alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) «non assegnabili in quanto in carente stato di manutenzione», non spetta l'indennità speciale ma una somma pari a 10.000 euro, aggiornata annualmente. In caso di ricollocazione in alloggi ERP la perdita dell'immobile è equiparata allo sfratto esecutivo.
Gli articoli 6 e 7 disciplinano l'indennità e le altre misure di tutela delle attività economiche incompatibili con la realizzazione dell'opera infrastrutturale, che devono essere individuate dai PIS, al fine di garantirne la continuità. In particolare, l'articolo 6 condiziona la percezione dell'indennità corrisposta dal soggetto attuatore dell'opera infrastrutturale – definita all'articolo 7 – all'assunzione dell'obbligo da parte del titolare dell'attività economica interferita di garantire la continuità occupazionale e produttiva per almeno tre anni, salvo situazioni particolari autorizzate dal soggetto attuatore e comunque sottoposte al controllo dell'ente regionale.
L'articolo 7, come detto, disciplina ulteriori forme di tutela.
In primo luogo si prendono in considerazione ancora gli utilizzatori di immobili incompatibili o compromessi dalla realizzazione di opere infrastrutturali, individuate dai PIS. In questo caso, la tutela riguarda gli interventi in corso di realizzazione e occorre la richiesta dei competenti enti locali (comma 1) Per coloro che si trovino in situazioni diverse, ma analogamente meritevoli di tutela, la Presidenza del Consiglio dei ministri, mediante le misure di attuazione e di gestione stabilite nell'accordo di programma, individua le necessarie soluzioni, ferma restando la possibilità di concedere, in tutto o in parte, le indennità previste (comma 2).
I commi 3 e 4 prevedono che il soggetto attuare corrisponda alle micro, piccole e medie imprese la cui attività sia incompatibile con la realizzazione delle opere, un'indennità compensativa delle spese di trasloco e del fermo produttivo, non cumulabile con altri contributi pubblici concessi per lo stesso periodo di fermo produttivo e per le stesse tipologie di spesa.
Il comma 5 stimola altresì i comuni ad adottare specifiche misure di carattere urbanistico, funzionali alla liberazione delle aree e alla tutela dei residenti e delle attività insediate, ricorrendo alle procedure acceleratorie vigenti, al fine di agevolare la delocalizzazione degli edifici e delle attività economiche, nonché la ricollocazione dei soggetti residenti interferiti dalla realizzazione delle opere.
Il comma 6 disciplina il caso di ricollocamento in comuni diversi. Viene infatti previsto che, qualora la realizzazione delle opere infrastrutturali comporti il trasferimento dei soggetti insediati nel territorio, siano essi persone fisiche o attività economiche, gli stessi possono essere ricollocati in comuni diversi a cura del soggetto attuatore delle opere, previo consenso dei comuni e a condizione che la nuova collocazione risulti conforme sotto il profilo della sicurezza e della compatibilità ambientale e paesaggistica.
In base all'articolo 8, i PIS possono essere utilizzati anche per la realizzazione di opere di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico, necessarie a prevenire o a fare fronte alle conseguenze prodotte da eventi calamitosi, catastrofi o altri eventi per i quali è dichiarato lo stato di emergenza (commi 1 e 2), ivi inclusa la realizzazione di edifici sostitutivi utili alla ricollocazione, al di fuori delle aree a rischio, di persone fisiche e di attività economiche (comma 3).
L'articolo 9 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dalla proposta di legge in esame, quantificati in 50 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, a valere sulle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).
Conclusivamente, sottolinea come la proposta di legge intenda mettere a sistema un meccanismo legislativo ed amministrativo già sperimentato – con esiti indubbiamente positivi – a livello regionale, per intervenire dopo la tragedia del crollo del «ponte Morandi».
Il testo infatti ricalca i contenuti della legge regionale della Liguria n. 39/2007 (modificata nel settembre del 2018) che prevede appunto i programmi regionali di intervento strategico (P.R.I.S.), strumento utilizzato per la demolizione e ricostruzione del ponte.
Il sottosegretario Salvatore MARGIOTTA, riservandosi di intervenire più compiutamente in una successiva seduta, tiene in ogni caso a sottolineare come il lavoro della Commissione dovrà concentrarsi sulle modalità con le quali rendere coerente il testo della proposta di legge con le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture.
Alessio BUTTI (FDI), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede alla presidenza che tempi intende concedere all'esame della proposta di legge.
Alessia ROTTA, presidente, nel ricordare che le determinazioni riguardo all'organizzazione dei lavori sono assunte in sede di Ufficio di presidenza, ricorda che l'avvio dell'esame è stato deliberato nello scorso Ufficio di presidenza in ragione dell'inserimento della proposta di legge nel programma dei lavori del mese di dicembre da parte della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Alessio BUTTI (FDI) ritiene che la proposta di legge meriti una analisi approfondita in quanto, pur essendoci elementi di interesse, permangono dubbi sull'applicazione della disciplina in essa riportata con riguardo a determinate fattispecie. Si riferisce, in particolare, alle opere di interesse interregionale e si chiede a tale riguardo quanto le disposizioni recate nella proposta possano agevolarne la realizzazione. Anche l'individuazione in capo alla Presidenza del Consiglio dell'ennesima cabina di regia desta preoccupazione, stanti anche le negative esperienze del passato e il fallimento di analoghi strumenti che hanno assunto i connotati di inutili orpelli burocratici, di cui non ritiene opportuno aumentare il numero.
Alessia ROTTA, presidente, ritiene che la Commissione avrà modo e tempo di analizzare più compiutamente la proposta di legge in esame, chiarendo gli aspetti sollevati dal collega Butti e gli aspetti di governance e merito sottolineati precedentemente dal sottosegretario Margiotta.
Manuela GAGLIARDI (M-NI-USEI-C!-AC) nel condividere le perplessità avanzate dal collega Butti, chiede alla presidenza se si intendano svolgere audizioni nell'ambito dell'esame della proposta di legge.
Alessia ROTTA, presidente, anche in questo caso demanda alle determinazioni dell'Ufficio di presidenza le modalità di svolgimento dell'esame della proposta di legge
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.25.
RISOLUZIONI
Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza della presidente Alessia ROTTA.
La seduta comincia alle 14.25.
7-00555 Braga: Rafforzamento dell'istituto dei contratti di fiume.
(Discussione e rinvio).
La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.
Chiara BRAGA (PD), nel ringraziare il collega Zolezzi per la cortesia nell'accettare l'inversione dell'ordine dei lavori, osserva che la risoluzione ha l'intento di rilanciare la corretta gestione dei corsi d'acqua, anche nell'ottica degli interventi di concorso alla mitigazione del rischio idrogeologico e all'adattamento dei cambiamenti climatici in atto, argomento con cui la Commissione si misura purtroppo con una certa frequenza.
Ricorda che l'istituto dei contratti di fiume è stato introdotto nella scorsa legislatura come uno strumento di programmazione integrata che, attraverso il coinvolgimento dei territori, concorre agli obiettivi delle direttive europee «acque» e «alluvioni» e favorisce interventi condivisi di manutenzione e prevenzione idraulica nonché di promozione e sviluppo economico e sociale dei territori, come dimostrano le recenti esperienze territoriali. Rappresenta inoltre uno strumento che può canalizzare le importanti risorse che arrivano dal fondo next generation EU e dalla programmazione settennale delle risorse volta alla prevenzione e alla messa in sicurezza del territorio dal punto di vista idraulico.
Richiama, quindi, sinteticamente gli impegni contenuti nell'atto di indirizzo, in particolare volti ad inserire i contratti di fiume nel quadro delle politiche attuate dal Ministero per accedere ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e nell'ambito della programmazione dei prossimi sette anni e a promuovere, attraverso l'attività dell'osservatorio nazionale istituito presso il Ministero dell'ambiente, lo sviluppo e la formazione delle amministrazioni pubbliche su questi temi.
Manifesta pertanto la disponibilità a raccogliere i contributi dei colleghi e a valutare l'opportunità di procedere ad ulteriori approfondimenti, anche con riguardo alle esperienze territoriali che a suo giudizio sarebbe utile valorizzare e sostenere.
Paola DEIANA (M5S) fa presente di avere sottoscritto la risoluzione in quanto connessa al tema del dissesto idrogeologico, sul quale la Commissione sta svolgendo una attività conoscitiva. Ritiene pertanto opportuno che la Commissione proceda al ciclo di audizioni prima di concludere l'esame della risoluzione, al fine di poterla integrare con eventuali elementi che dovessero emergere.
Alessio BUTTI (FDI) chiede alla collega Braga se vi siano specifiche motivazioni per cui la risoluzione faccia riferimento ai soli contratti di fiume e non anche ai contratti di lago, a suo giudizio strettamente connessi, e pertinenti rispetto alle finalità di manutenzione idraulica e prevenzione territoriale. Chiede pertanto alla presentatrice la disponibilità ad estendere l'oggetto della risoluzione anche ai contratti di lago, anche al fine di raccogliere un maggiore consenso all'interno della Commissione sui temi trattati.
Chiara BRAGA (PD), con riguardo alla richiesta del collega Butti, evidenzia che si fa esplicito riferimento ai contratti di fiume in quanto essi sono espressamente disciplinati dall'articolo 68 del Codice dell'ambiente. Nel dichiararsi disponibile a valutare una estensione dell'oggetto della risoluzione, includendo anche i contratti di lago, fa presente che esistono esperienze territoriali positive relative anche ai bacini lacuali, che possono essere tenute in considerazione.
Paola DEIANA (M5S) accoglie favorevolmente la richiesta del collega Butti e ricorda le esperienze positive della propria regione con riguardo agli istituti dei contratti di lago. In particolare, fa presente che nella propria città di provenienza è stato recentemente concluso un contratto di lago e laguna e osserva la necessità di una visione complessiva riguardo alla gestione dei corsi d'acqua, anche con riguardo ai laghi e alle lagune, queste ultime insistendo direttamente sul sistema marino che potrebbe essere pregiudicato da una loro cattiva gestione.
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione rinvia il seguito della discussione della risoluzione ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.25.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 28 ottobre 2020. — Presidenza della presidente Alessia ROTTA.
La seduta comincia alle 14.25.
Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
C. 1813, approvata dal Senato ed abb.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.
Alessia ROTTA, presidente, con riguardo alla richiesta di interrompere i lavori della Commissione, avanzata informalmente da alcuni colleghi, a causa dello svolgimento del premier question time in Assemblea, avverte che la Commissione procederà al solo esame in sede consultiva della proposta di legge C. 1813, rinviando la riunione già prevista dell'Ufficio di presidenza, che potrà svolgersi nei prossimi giorni anche consentendo la partecipazione da remoto dei colleghi.
Alberto ZOLEZZI (M5S), relatore, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame della proposta di legge C. 1813, approvata dal Senato, adottata come testo base dalla Commissione di merito, sulla quale non state presentate proposte emendative cui è stata abbinata la proposta Fornaro C. 445.
Ricorda che il nostro Parlamento ha ratificato, con legge 14 giugno 2011, n. 95, la Convenzione di Oslo che prevede la proibizione di uso, produzione, commercio e stoccaggio delle bombe cluster, ed impegna i Governi a distruggere gli stock, a bonificare i territori infestati e a fornire assistenza alle vittime. Ad oggi, la Convenzione, che è entrata in vigore il primo agosto 2010, è stata firmata da 111 Stati, di questi 79 hanno proceduto alla sua ratifica.
Purtroppo, tra gli Stati che non hanno firmato la Convenzione figurano i principali produttori di bombe cluster. Questo ha consentito l'utilizzo di questi micidiali ordigni nei conflitti che si sono combattuti recentemente. Si stima che, nelle guerre degli ultimi dieci anni, siano state utilizzate oltre 360 milioni di sub munizioni cluster in Libia e in Siria.
In Libia, prima della disfatta, le truppe di Gheddafi hanno lanciato cluster bombs MAT-120 nei centri abitati di Misurata uccidendo e ferendo centinaia di persone, queste bombe sono prodotte dall'azienda spagnola Instalaza SA che vede la Deutsche Bank fra i facilitatori commerciali. Le bombe a grappolo sono state utilizzate anche in Libano nel recente conflitto che si è concluso grazie alla straordinaria opera di mediazione dell'Italia, tuttora impegnata nel mantenimento della pace e nell'opera di sminamento.
In Siria si sono usate cluster bombs nell'ultimo attacco nella città di Aleppo avvenuto venerdì 1° marzo 2013 con più di 19 morti e 60 feriti e precedentemente il 14 gennaio 2013, il 27 novembre 2012 ed il 13 ottobre 2012.
L'uso di tali ordigni è stato condannato da 15 Governi tra cui Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Qatar, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti d'America in ragione delle loro peculiari caratteristiche offensive.
Le munizioni cluster sono armi di grandi dimensioni, lanciate da aerei, elicotteri o da sistemi d'artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili, che si aprono a mezz'aria spargendo centinaia (o, nel caso di quelle d'artiglieria, decine) di sub munizioni più piccole. Queste armi sono in grado di distruggere obiettivi estesi e di colpire bersagli in movimento. Le sub munizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto al suolo tuttavia, nel caso in cui il dispositivo non funzioni, rimangono attive e possono esplodere al minimo tocco o spostamento, diventando di fatto delle mine terrestri.
Il tasso di mancata esplosione dichiarato dalle case produttrici è del 5 per cento, ma i dati raccolti nei paesi colpiti dimostrano che la percentuale arriva a toccare il 25 per cento. Questo tasso è influenzato da fattori tecnici, ma anche dalle condizioni del terreno e dall'altezza del lancio. L'instabilità delle cluster le rende non solo pericolose per chi le dovesse toccare, ma anche per il personale militare e civile addetto allo sminamento, aspetto che coinvolge più direttamente le competenze della Commissione, trattandosi di tutela dell'ambiente; inoltre, la potenza delle cariche le rende ancora più letali delle mine. Il danno causato alle popolazioni è enorme: si calcola che degli 11.000 individui che, ogni anno, rimangono vittime di questi ordigni nei 23 paesi dove sono disseminati, il 98 per cento siano civili e ben un quarto di essi siano bambini.
Tragicamente, infatti, come succede per le mine antipersona, la forma e le dimensioni di questi ordigni costituiscono un motivo di attrazione per i più piccoli che le vedono come giocattoli. I nostri militari in Libano – facenti parte del contingente internazionale di pace denominato United Nations interim force in Lebanon (UNIFIL) – sono direttamente impegnati in un programma di educazione dei bambini per aiutarli a riconoscere e ad evitare le bombe cluster.
Sempre italiani, sono molti gli operatori volontari che si prodigano nelle aree dei conflitti per alleviare la sofferenza e la devastazione che la presenza delle bombe cluster inesplose causa alle popolazioni, con un costo insostenibile in termini sociali ed economici, tanto che l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito le bombe cluster un grave ostacolo al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Le organizzazioni non governative, riunite nella Cluster Munition Coalition (CMC) che si sono prodigate nella sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei Governi sul per-colo derivante dalle bombe cluster e sulla necessità di mettere definitivamente al bando l'uso di tali ordigni, dal 2009 sono impegnate nel segnalare le istituzioni finanziarie che forniscono investimenti e servizi finanziari alle imprese che producono bombe cluster.
Tale segnalazione è contenuta in un rapporto biennale dal titolo: «Worldwide investments in cluster munition: a shared responsibility». Il Rapporto attesta che 166 istituzioni finanziarie pubbliche e private continuano a investire in compagnie che producono bombe cluster. Da quando la Convenzione di Oslo è stata adottata nel maggio 2008, in tali imprese sono stati investiti 39 miliardi di dollari Si ricorda inoltre che la stessa legge di ratifica (n. 95 del 2011) introduce all'articolo 7 sanzioni per chi «assiste anche finanziariamente» la produzione delle bombe cluster.
Si segnala infine che i Parlamenti di Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Nuova Zelanda hanno già approvato leggi che vietano gli investimenti nelle cluster bombs, mentre i fondi pensione di Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia hanno troncato qualsiasi legame con le compagnie produttrici. Mentre iniziative parlamentari sulla questione sono in corso in Germania, Danimarca Olanda, Norvegia e Svizzera.
Il presente disegno di legge, dunque, si ispira ai principi umanitari che da sempre caratterizzano l'ordinamento costituzionale dell'Italia e che attraverso le Convenzioni internazionali sono adottati dai Paesi democratici di varie aree del mondo. Esso si propone di impedire il finanziamento e il sostegno alle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e sub munizioni cluster da parte delle banche, delle SIM, delle società di gestione del risparmio, delle SICAV, dei fondi pensione, delle Fondazioni bancarie, e, comunque, di tutti gli intermediari finanziari, prevedendo un apparato sanzionatorio in caso di violazione dei divieti.
Segnala che un'analoga iniziativa legislativa era giunta sino all'approvazione definitiva nella scorsa legislatura, ma era stata poi rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica, in quanto recava una disposizione sanzionatoria non coerente con le finalità del testo, con la Costituzione e con gli obblighi internazionali dello Stato, che richiedono la previsione di sanzioni penali e non solo amministrative verso tutti i soggetti coinvolti senza disparità di trattamento. Nel testo approvato nella scorsa legislatura si prevedeva invece la cd. «clausola di salvaguardia penale» per le condotte dolose di finanziamento poste in essere da soggetti qualificati, e perciò determinando, per la medesima condotta di finanziamento, due regimi punitivi diversi – l'uno penale, l'altro amministrativo – in ragione soltanto dell'incarico ricoperto dal soggetto agente nell'ambito di un intermediario abilitato o della natura del fruitore (società e non imprenditore individuale).
Nella corrente legislatura il provvedimento è stato ripresentato al Senato, modificando alcune parti, fra cui quelle oggetto di rilievi nel messaggio di rinvio alle Camere. In particolare, le sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione dei divieti introdotti all'articolo 1 trovano applicazione solo quando le condotte non siano già sanzionate penalmente (articolo 6, comma 2): è questa la modifica introdotta al fine di rispondere ai rilievi della Presidenza della Repubblica. In sostanza viene evitata la depenalizzazione di alcune condotte legate alla produzione di bombe a grappolo.
La proposta si compone di 7 articoli.
Per i profili di specifico interesse della Commissione viene in rilievo l'articolo 1 che delinea il quadro delle attività vietate, prevedendo il divieto di finanziamento di imprese che producono, commercializzano o detengono mine anti-persona, munizioni e submunizioni cluster nonché il divieto di svolgere attività di ricerca scientifica, di produzione, di commercializzazione, di cessione a qualsiasi titolo e di detenzione di munizioni e submunizioni cluster, divieti che non operano in relazione alle attività espressamente consentite dalle Convenzioni internazionali. In tale ambito, il comma 3 dell'articolo 1, preclude alle società che producono, commercializzano o detengono mine anti-persona, munizioni e submunizioni cluster di partecipare a bandi o programmi di finanziamento pubblico.
Anticipando una valutazione favorevole sulle finalità del provvedimento, si riserva di presentare la proposta di parere dopo aver comunque acquisito l'istruttoria che sarà svolta presso la II Commissione Giustizia con riguardo alla verifica dell'adeguatezza del quadro sanzionatorio rispetto ai divieti posti dall'articolo 1.
La Commissione, rinvia, quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.35.
AVVERTENZA
Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
ALLEGATO 1
5-04077 Pastorino: Disboscamento della pineta di Procoio, sita nei territori comunali di Roma e Fiumicino.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con riferimento alle questioni poste, ed in particolare in merito ai provvedimenti abilitativi in favore dell'impresa incaricata dalla famiglia Aldobrandini dell'estrazione di legname nella Pineta di Procoio, sita nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, fermo restando che la tematica non rientra nelle dirette competenze del Ministero dell'ambiente, si rappresenta quanto comunicato dai soggetti competenti.
In particolare, la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, nella persona del Referente unico, ha rappresentato, con nota dell'8 ottobre 2020, che, con provvedimento N. 13751 del 25 febbraio 2019, l'Organismo di gestione della Riserva, dopo attenta istruttoria, ha rilasciato Nulla Osta al progetto di messa in sicurezza antincendio del bosco di Procoio; lo stesso organismo ha fatto presente di aver successivamente collaborato con le verifiche operate dai Carabinieri Forestali ed ha trasmesso le relazioni richieste all'Autorità Giudiziaria.
La Regione Carabinieri Forestali «Lazio» Gruppo di Roma ha, da parte sua, comunicato che, a seguito di verifica tecnica congiunta con la Sovrintendenza paesaggistica «Parco di Ostia Antica» e Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, nell'area della Pineta di Procoio sono stati riscontrati interventi difformi rispetto alle prescrizioni dettate negli atti autorizzativi.
In particolare, secondo quanto riferito dalla suddetta Regione Carabinieri Forestali, nel mese di settembre 2019, in seguito a segnalazioni e iniziali sopralluoghi sul cantiere forestale relativo all'utilizzazione della Pineta in argomento, militari della Stazione Carabinieri Forestali di Ostia hanno riscontrato che i lavori erano attuati sulla base di specifica autorizzazione dell'Autorità forestale competente e dell'Ente gestore del Parco.
Al fine di una verifica tecnica dell'intervento forestale sono stati interessati tecnici delle Autorità amministrative competenti, in particolare il Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale (con competenza forestale e naturalistica) e, come già detto, la Sovrintendenza Paesaggistica «Parco di Ostia Antica» del Ministero dei beni culturali, al fine di verificare il rispetto di tutte le prescrizioni forestali, naturalistiche e paesaggistiche di cui agli atti autorizzativi risultati efficaci.
Le relazioni delle Autorità competenti hanno riscontrato violazioni alle prescrizioni, in particolare l'apertura di viabilità interna non prevista. Tali violazioni integrano gli estremi dei reati contravvenzionali di cui alla normativa forestale, naturalistica e paesaggistica.
Conseguentemente, i responsabili del cantiere sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria ed è stato disposto il sequestro dell'area.
Sono stati successivamente autorizzati alcuni interventi forestali necessari ai fini della tutela antincendio e della messa in sicurezza della Pineta realizzati sotto il controllo della Polizia Giudiziaria e dell'Autorità Amministrativa. Tali interventi, effettuati durante la stagione antincendio boschivo, sono terminati e attualmente non risulta alcuna utilizzazione dell'area.
Sempre secondo quanto riferito dalla competente Regione Carabinieri, attualmente persiste il sequestro del cantiere essendo pendente il relativo procedimento penale.
ALLEGATO 2
5-04333 Viviani: Tempi per la conclusione del procedimento di VIA relativo alla dismissione della centrale a carbone di La Spezia e valutazione degli impatti di una riconversione della stessa in centrale a gas.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con riferimento alle questioni poste, si rappresenta, in via preliminare, che il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), in continuità con la Strategia energetica Nazionale del 2017, prevede, tra i propri obiettivi, il phase-out della produzione elettrica da carbone entro il 2025. Attualmente, in Italia risultano in esercizio 8 centrali termoelettriche a carbone, per una potenza complessiva di oltre 7.000 MW, generalmente situate in area a spiccata vocazione industriale.
Il Piano esplicita che il phase-out avvenga garantendo la sicurezza del sistema elettrico nazionale. La valutazione delle condizioni tecniche, delle opere infrastrutturali e delle ricadute occupazionali dei singoli siti o impianti sono affrontate in appositi «tavoli» (distinti per zone di mercato elettrico), coinvolgendo operatori, Enti locali, Terna, parti sociali e associazioni ambientaliste e di categoria. Questi tavoli si tengono presso il Ministero dello sviluppo economico.
Per garantire la copertura del fabbisogno elettrico e il mantenimento dei livelli di adeguatezza del sistema, il phase-out è abbinato alla realizzazione di nuova capacità di generazione alimentata a gas. Ciò significa che si procede ad una parziale «riconversione» che accompagna la transizione energetica, senza determinare uno sviluppo significativo delle infrastrutture: le opere di rete necessarie sono in larga parte già comprese nel Piano di Sviluppo 2018 di Terna sottoposto a procedura di VAS da parte del Ministero dell'ambiente.
Per quanto concerne il caso specifico, la centrale di La Spezia, di proprietà di Enel S.p.a., è stata costruita negli anni sessanta con quattro unità a carbone. L'unità n. 4 è stata messa fuori servizio nel 1999, mentre i gruppi n. 1 e n. 2 sono stati messi fuori servizio nel 2016. Allo stato attuale è dunque in esercizio la sola unità n. 3 alimentata a carbone.
Sul piano delle autorizzazioni, si fa presente che la Conferenza di Servizi del 29 ottobre 2019, convocata dal Ministero dello sviluppo economico, si è espressa favorevolmente in merito al Riesame con valenza di rinnovo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale alle condizioni di cui al Parere Istruttorio Conclusivo reso dalla Commissione IPPC che, nella parte prescrittiva prevede, al punto 6) «L'unità SP3 dovrà essere fermata definitivamente entro il 2021, fermo restando l'acquisizione delle dovute autorizzazioni ambientali ed industriali». Coerentemente con tale prescrizione per il gruppo SP3 il Gestore ha presentato in data 30 dicembre 2019 il piano di dismissione, il cui procedimento è attualmente in corso.
Per quanto attiene, invece, alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, sul progetto di riconversione in argomento è stata avviata la procedura di VIA ordinaria.
Più in particolare, si rappresenta che, a seguito del parere negativo di esclusione VIA del 31 gennaio 2020 da parte della Commissione VIA, il Ministero dell'ambiente ha notificato ad ENEL, in data 11 marzo 2020, il provvedimento negativo di esclusione.
Successivamente, in data 19 marzo, l'ENEL ha presentato, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006, un'istanza di valutazione dell'impatto ambientale.
Il procedimento di VIA è stato avviato dal Ministero in data 15 maggio 2020 e, come previsto dalla normativa vigente, è stata regolarmente espletata anche la fase della consultazione pubblica, conclusasi il 14 luglio 2020. A seguito della suddetta fase, ENEL ha provveduto ad acquisire tutte le controdeduzioni alle osservazioni complessivamente pervenute. Si evidenzia che, tra le varie osservazioni presentate nel corso della consultazione pubblica, vi sono anche quelle della Regione Liguria che ha rappresentato la necessità di alcuni approfondimenti. In particolare, la Regione ha manifestato la necessità che il Proponente predisponga una Valutazione di Impatto Sanitario, come previsto dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute del 27 marzo 2019. Gli approfondimenti sulle ricadute sanitarie e ambientali dell'impianto sono ad oggi in valutazione nella medesima procedura.
L'istruttoria tecnica da parte della Commissione VIA è ancora in corso e al termine della stessa la Commissione esprimerà un parere in merito alla compatibilità ambientale del progetto. Solo a valle dell'acquisizione di tale parere e del concerto del Ministero per i beni e le attività culturali è per il turismo sarà dunque possibile formulare una proposta di decreto da sottoporre alla firma dei Ministri dell'ambiente e dei beni culturali.
Si rammenta, per completezza di informazioni che la Camera dei deputati il 10 dicembre 2019 nel corso dell'approvazione del Decreto Clima ha approvato all'unanimità un ordine del giorno accolto dal Governo che chiede l'impegno del Governo stesso a garantire il rispetto del termine relativo allo stop all'utilizzo del carbone quale fonte di approvvigionamento energetico per la Centrale di La Spezia, previsto per gennaio 2021 e a dismetter per quella data, la Centrale, evitando quindi anche una eventuale riconversione a gas.
Fermo restando quanto fin qui esposto, si rassicura che il Ministero dell'ambiente continuerà a svolgere le proprie attività di competenza, mantenendo un alto livello di attenzione nel seguire la procedura in argomento.
ALLEGATO 3
5-04448 Bendinelli: Sistema di depurazione del lago di Garda.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con riferimento alle questioni poste, occorre, innanzitutto, rappresentare che in data 28 dicembre 2017 è stato sottoscritto dal Ministero dell'Ambiente, dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia il «Protocollo d'intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda». È stata altresì stipulata una Convenzione Operativa tra il Ministero dell'ambiente, la Regione Veneto, la Regione Lombardia, l'Ufficio d'Ambito di Brescia, il Consiglio di Bacino Veronese e l'Associazione temporanea di scopo Garda Ambiente per dettagliare le procedure, le modalità di trasferimento delle risorse, il monitoraggio, il controllo e la rendicontazione degli interventi. Con tale Convenzione Operativa i firmatari si sono impegnati a garantire la realizzazione coordinata del programma operativo di infrastrutturazione delle opere di collettamento e depurazione relative al servizio idrico integrato in modo da renderle adeguate alle necessità di un territorio a forte vocazione turistica è funzionali, a garantire la sicurezza ambientale e la tutela quali – quantitativa del Lago di Garda.
Il valore della citata Convenzione Operativa è pari a complessivi 220.000.000,00 euro, di cui 100.000.00,00 euro stanziati dal Ministero dell'ambiente a valere sulle risorse dell'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016.
Il progetto complessivo prevede che le suddette opere, per la sponda veronese del Lago, verranno attuate per il tramite del Consiglio di Bacino Veronese mentre per quanto attiene alla sponda bresciana verranno attuate per il tramite dell'Ufficio d'Ambito di Brescia.
Pertanto, con provvedimento dirigenziale del 4 giugno 2018, il Ministero dell'ambiente ha approvato i suddetti atti e impegnato complessivi 100.000.000,00 euro, di cui:
40.000.000,00 euro a favore del Consiglio di Bacino Veronese;
60.000.000,00 euro a favore dell'Ufficio d'Ambito di Brescia.
Per quanto attiene alla sponda veronese, con Deliberazione dei Comitato Istituzionale n. 25 del 2 luglio 2020, il Consiglio di Bacino Veronese ha approvato il progetto definitivo «Interventi di riqualificazione del sistema di raccolta dei reflui nel bacino del lago di Garda – sponda veronese».
Per quanto, attiene, invece, le scelte progettuali sulle opere da realizzare nella sponda bresciana in una prima ipotesi con impianto di depurazione terminale collocato a Visano, all'esito del confronto di alcuni scenari alternativi operato da uno studio commissionato all'Università di Brescia, è stato redatto nel 2018 un progetto preliminare di fattibilità tecnica ed economica.
La soluzione inizialmente presentata dall'Ufficio d'Ambito di Brescia, ossia la realizzazione del depuratore terminale a Visano, infatti, aveva evidenziato una serie di criticità tra cui la mancata disponibilità del sito per il depuratore di Visano. Inoltre, anche l'ipotizzato ampliamento del depuratore di Peschiera presentava diffuse e importanti criticità nella realizzazione del collettamento verso l'impianto di tutta la parte lombarda: nonché la necessità di acquisire un'area del demanio militare.
Il Gestore, pertanto, ha ritenuto di proporre l'ulteriore soluzione dei due depuratori a Gavardo e Montichiari che, come riferito dall'ATO di Brescia, è stata esaminata, valutata e portata alla approvazione del Consiglio di amministrazione. Nella seduta della Conferenza dei Comuni, tenutasi il 23 ottobre 2018, veniva data comunicazione delle variazioni intervenute ed approvate dal predetto Consiglio di amministrazione. Sempre secondo quanto riferito dall'ATO, il verbale è stato inviato a tutti i Sindaci, dei Comuni interessati e non sono mai state sollevate questioni o richieste di rettifica dopo l'invio.
La decisione di procedere ad una variazione della soluzione depurativa allegata all'Accordo con il Ministero dell'ambiente era stata peraltro, anticipata alla Cabina di Regia del 9 ottobre 2018 a causa delle incertezze dovute alla disponibilità dell'impianto e delle aree di Visano oggetto di vicende giudiziarie. Come emerso nel corso: della Cabina di Regia, in seguito alla valutazione da parte dell'Ufficio d'Ambito di Brescia delle alternative progettuali attraverso uno studio commissionato all'Università di Brescia, si è giunti alla diversa soluzione prospettata che prevede, oltre all'adeguamento dell'esistente sistema di collettamento, la costruzione di un nuovo impianto di depurazione nel Comune di Gavardo, a servizio dei Comuni rivieraschi dell'alto lago, la realizzazione di un nuovo collettore tra Lonato e Montichiari e il potenziamento dell'attuale depuratore di Montichiari a servizio dei Comuni bresciani del medio e basso lago, ad eccezione di Sirmione e Desenzano (collettati a Peschiera insieme ai Comuni della sponda veronese).
Questo scenario, che prevede come recapito finale dell'affluente dal depuratore di Gavardo il fiume Chiese o il Naviglio Bresciano e, per quello che verrà costruito a Montichiari, il fiume Chiese, consentirebbe la dismissione in tempi brevi del collettore sublacuale, già al termine del primo stralcio realizzativo, ovvero il collettamento dell'alto Garda lombardo, al contrario della prima ipotesi del collettamento all'impianto di Visano, che avrebbe consentito tale dismissione solo al completamento di tutti i lavori. Il nuovo scenario è stato inoltre ritenuto preferibile da parte degli Enti proponenti anche a seguito dell'analisi sui siti alternativi per l'ubicazione degli impianti di depurazione ai fini della VIA. Tale valutazione integrata ha considerato aspetti impiantistici, economici, ambientali e vincolistici, aggiornando e integrando, rispetto al precedente studio preliminare del 2018, l'incidenza dei costi, stante il completamento del progetto, nonché quanto emerso circa lo stato di consistenza della condotta sublacuale a seguito dei riscontri e dei lavori di manutenzione straordinaria eseguiti nel frattempo.
Il Ministro dell'ambiente, al fine di verificare le preoccupazioni emerse sulla realizzazione dell'opera in oggetto da parte dei Comuni afferenti la sponda bresciana lungo il fiume Chiese, il 20 febbraio scorso ha incontrato alcuni Sindaci e successivamente a tale incontro e a seguito della riunione della Cabina di Regia del 27 febbraio, è stato istituito il 1° giugno 2020 un Tavolo tecnico a latere della stessa Cabina di Regia. Occorre al riguardo precisare che l'obiettivo del Tavolo è stata la verifica dei possibili impatti ambientali delle opere di collettamento e depurazione di Gavardo e Montichiari nella sponda bresciana sui corpi idrici recettori ed in particolare del fiume Chiese, onde individuare eventuali prescrizioni tecniche da riportare in Cabina di Regia e da far recepire nelle successive fasi progettuali delle opere per mitigare gli impatti ambientali e non la verifica circa la correttezza della scelta comparativa effettuata sulla localizzazione dei depuratori, riservata all'ATO di Brescia, in ossequio alla normativa regionale vigente. A questo Tavolo hanno partecipato, oltre ai firmatari della Convenzione Operativa e del Protocollo di Intesa, l'Autorità di Bacino del Distrettuale del fiume Po, l'Arpa Lombardia, il Consorzio di bonifica Chiese, il Consorzio di bonifica Garda Chiese, due rappresentanti designati dai Comuni del bacino del fiume Chiese, nonché i Sindaci dei Comuni di Montichiari, Gavardo e Muscoline.
Al riguardo, il Ministero dell'ambiente, ad aprile scorso, ha richiesto informazioni all'Autorità di bacino distrettuale del Fiume Po sulle iniziative in corso, sugli aspetti ambientali che le nuove opere di collettamento e depurazione previste nella parte bresciana avranno sui corpi idrici recettori, in particolare sulla qualità del fiume Chiese e sulla sua portata, nonché informazioni sugli scarichi abusivi presenti nel territorio. L'Autorità di Bacino ha evidenziato la necessità, di realizzare soluzioni efficaci ed urgenti, in funzione di alcuni aspetti ambientali, ossia: la precarietà dello stato in cui versano le condutture sublacuali dei due collettori; le procedure di infrazione comunitaria per un elevato numero di agglomerati della provincia di Brescia, causate da carenze nel collettamento e nella depurazione, che potrebbero essere risolte anche mediante la riorganizzazione del collettamento in impianti di depurazione progettati o ammodernati secondo le tecnologie più all'avanguardia, a beneficio anche di un miglioramento della qualità delle acque del fiume Chiese; la carenza quantitativa di acqua, soprattutto per uso irriguo, che si manifesta nel periodo estivo nel bacino del fiume Chiese, la quale potrebbe essere in parte compensata dalla progettazione del nuovo impianto di depurazione e del riuso diretto e/o indiretto in agricoltura delle acque depurate, così come già previsto dal progetto e in linea con gli indirizzi strategici della Commissione Europea in merito.
Nel corso dell'ultima seduta del Tavolo tecnico, all'esito degli approfondimenti istruttori svolti dai tecnici ed esperti del Ministero, sulla base di tutta la documentazione agli atti, è emersa la compatibilità della soluzione adottata dei depuratori a Gavardo e Montichiari per la sponda Lombarda, con il corpo idrico ricettore del Chiese. Dai contributi forniti, in particolare dal Distretto del Po e dai Comuni interessati, sono emerse, comunque, delle criticità dello stato ambientale del fiume Chiese, indipendenti dalla realizzazione dei depuratori, dovute sia alla forte pressione antropica, sia al considerevole utilizzo della risorsa ed alla necessità di dare adeguata sistemazione a tutti gli scarichi sul corso d'acqua nel tratto a valle del lago d'Idro e fino alla posizione prevista dell'impianto di Montichiari. Si è pertanto ritenuto necessario formulare, nel quadro della compatibilità del fiume Chiese a ricevere gli scarichi dei due depuratori in progetto, delle prescrizioni che sono state portate all'attenzione della Cabina di Regia.
Si è dunque all'inizio di un percorso che prevede dei procedimenti autorizzatori all'interno dei quali potranno essere rappresentate e risolte le ulteriori criticità manifestate dai territori.