II Commissione

Giustizia

Giustizia (II)

Commissione II (Giustizia)

Comm. II

Giustizia (II)
SOMMARIO
Mercoledì 20 maggio 2020

ATTI DEL GOVERNO:

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. Atto n. 151 (Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e conclusione – Parere favorevole con un'osservazione) ... 41

ALLEGATO 1 (Parere approvato) ... 48

Schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247. Atto n. 145 (Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e conclusione – Parere favorevole con condizioni e con osservazioni) ... 46

ALLEGATO 2 (Parere approvato) ... 51

II Commissione - Resoconto di mercoledì 20 maggio 2020

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 20 maggio 2020. — Presidenza della presidente Francesca BUSINAROLO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Andrea Giorgis.

  La seduta comincia alle 13.05.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale.
Atto n. 151.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e conclusione – Parere favorevole con un'osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta di ieri.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il relatore, onorevole Vazio, ha presentato una proposta di parere con una osservazione e che, come convenuto con il rappresentante del Governo nella seduta del 13 maggio scorso, il parere dovrà essere reso nella giornata odierna.

  Enrico COSTA (FI) interviene per avanzare alcune integrazioni alla proposta di parere del relatore, precisando in primo luogo che l'osservazione introdotta dal collega, di cui pur condivide il contenuto, avrebbe dovuto più opportunamente essere trasformata in una condizione. Nell'esprimere la convinzione che il relatore intervenga con il bisturi su un corpo normativo che richiederebbe al contrario un intervento più incisivo, sottolinea in particolare che l'articolo 2 introduce una deroga alla disciplina recata dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, prevedendo la punibilità del tentativo per i reati di dichiarazione fraudolenta, in tal modo contraddicendo i principi del nostro ordinamento che esclude la punibilità del tentativo per i reati fiscali. Sempre con riguardo al medesimo argomento, fa presente inoltre la difficoltà di identificare quali siano gli atti preparatori idonei a configurare un tentativo di reato, oltre a ritenere estremamente complesso legare la punibilità del tentativo di reato ad una determinata soglia di imposta evasa. Nell'evidenziare che le disposizioni introdotte dall'articolo 2 dello schema in esame sono in palese contraddizione con le previsioni dell'articolo 56 del codice penale, chiede al relatore e al rappresentante del Governo di sopprimerle o, almeno, di identificare meglio quali atti preparatori siano caratterizzati dall'inequivocità prevista dal nostro ordinamento. Con riguardo all'articolo 5 al quale è riferita l'osservazione del relatore, rammenta il contributo fornito dall'Unione Camere penali nel quale si sostiene che l'estensione dell'applicazione del decreto legislativo n. 231 del 2001, non sarebbe in linea con il contenuto della direttiva. Nel rilevare inoltre come quest'ultimo aspetto nonché la molteplicità dei profili sanzionatori introdotti possano interferire con il principio del ne bis in idem, chiede al relatore di tenere in considerazione le osservazioni appena avanzate.

  Flavio DI MURO (LEGA) rileva in primo luogo che lo schema all'esame della Commissione è un atto molto complesso e controverso che interviene su sfere molto delicate per l'Unione europea e per l'Italia. Rammenta che la direttiva in questione ha avuto un iter piuttosto travagliato in sede europea, essendo stato approvato dalla competente Commissione del Parlamento europeo nel 2014, occasione nella quale la Lega si espresse in senso contrario, e non essendo mai arrivato all'esame da parte della sessione plenaria nel corso della legislatura. Ricorda altresì che sono successivamente occorsi tre anni di negoziati tra i Governi dei diversi Stati membri dell'Unione europea per arrivare all'approvazione del testo attuale. Nel sottolineare che il mancato adeguamento alla direttiva UE 2017/1371 ha esposto l'Italia all'apertura di una procedura di infrazione, evidenzia tuttavia come l’iter dell'atto costituisca un esempio della mancanza di democrazia in Europa e a livello nazionale, considerato che la Commissione Giustizia può esprimere esclusivamente un parere sullo schema di decreto. Sempre con riguardo a questioni di metodo, nel rammentare le parole del sottosegretario Giorgis che nella precedente seduta aveva espresso l'intenzione del Governo di procedere comunque indipendentemente dall'espressione del parere da parte della Commissione, ritiene che, diversamente da quanto riportato nella relazione del collega Vazio, la direttiva non imponga agli Stati membri di indicare «con chiarezza ed esplicitamente quali fattispecie di reato dei rispettivi ordinamenti devono essere considerate lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea». Tiene inoltre ad evidenziare che l'intervento recato dal Governo con lo schema in esame, lungi dal rappresentare un semplice adeguamento del nostro ordinamento, intervenga «a gamba tesa» sul diritto penale nazionale. Esprime pertanto le preoccupazioni della Lega, soprattutto in un contesto in cui ignoriamo ancora quanti finanziamenti verranno all'Italia da parte dell'Unione europea per fronteggiare l'emergenza COVID-19. Passando al merito ritiene molto discutibile la formulazione dell'articolo 1 che, a suo parere, viola i principi di tassatività e determinatezza della fattispecie oltre a incrementare in maniera significativa la pena edittale massima e a porsi in contrasto con le disposizioni previste dal codice penale per i reati contro la pubblica amministrazione. Nel condividere le considerazioni del collega Costa con riguardo all'articolo 5 dello schema in esame, rammenta che la gran parte dei contributi pervenuti alla Commissione, che non è stata in questo periodo nelle condizioni di svolgere audizioni in presenza, si sono espressi in senso contrario con riguardo al testo proposto dal Governo. Nel dichiararsi invece favorevole alle disposizioni introdotte per chi si renda responsabile di evasione dell'Iva, ribadisce tuttavia la contrarietà all'intervento nel suo complesso.

  Maria Carolina VARCHI (FDI) premette che l'iniziativa legislativa in questione è opportuna in linea generale, considerato che l'ambito delle frodi con riguardo ai finanziamenti messi a disposizione dell'Unione europea, si sta progressivamente estendendo, anche con la partecipazione della criminalità organizzata per una carenza di liquidità da parte di altri soggetti. Ritiene che l'intervento di adeguamento del nostro ordinamento ai contenuti della direttiva UE 2017/1371 avrebbe meritato un supplemento di riflessione, non trattandosi di una iniziativa minimale. Con riguardo al merito del provvedimento, nel condividere le considerazioni dei colleghi sugli articoli 2 e 5, con riguardo all'articolo 4 fa presente che le disposizioni in esso contenute vanno in senso opposto alla esigenza di una depenalizzazione da più parti evocata ed in parte attuata con modifiche legislative a partire dal 2016. Ritiene inoltre che l'incremento della pena edittale previsto dal provvedimento, come evidenziato da molti dei contributi messi a disposizione della Commissione, si aggiunga alle difficoltà di individuare l'entità del danno al fine di stabilire la punibilità del reato. Nel ritenere pertanto che l'osservazione del relatore sia insufficiente, esprime la convinzione che la Commissione avrebbe dovuto formulare un parere più articolato su un provvedimento molto complesso che interviene peraltro su un settore che è già stato più volte integrato e modificato. Da ultimo, ritiene che l'aggiunta di qualche significativa osservazione avrebbe potuto rendere maggiormente condivisibile la proposta di parere del relatore.

  Francesco Paolo SISTO (FI) segnala in primo luogo al Governo che il provvedimento in esame, lungi dal configurare un intervento esclusivamente formale, rappresenta invece un «trampolino» per introdurre nel nostro ordinamento anche disposizioni ulteriori e non necessarie all'adeguamento alla direttiva dell'Unione europea. Ricorda infatti che l'attuazione di una direttiva comporta una attività legislativa di stretta aderenza tra le disposizioni europee e quelle nazionali. Si associa alle considerazioni del collega Costa con riguardo all'osservazione proposta dal relatore, che avrebbe dovuto essere una condizione per il Governo, considerato che l'intervento recato dallo schema in esame prevede l'inserimento di reati che nulla hanno a che fare con il contenuto della direttiva. Esprime inoltre la convinzione che l'incremento inquisitorio a danno della difesa e del giudice e la duplicazione delle sanzioni rappresenti una costante dell'intervento di adeguamento al contenuto della direttiva europea da parte del Governo. Ritiene che tale intervento, introducendo reati che non hanno natura fraudolenta, sia ancor più grave se si considera che il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, di cui viene integrata la disciplina, rappresenta già di per sé uno strumento terrificante per le imprese. Esprime inoltre la convinzione che non vi sia da parte dell'Italia alcun obbligo di portare ossequio alle norme dell'Unione europea quando esse sono in contrasto con i principi del nostro codice penale, tanto più che in questo caso sono in questione addirittura atti preparatori. Si rammarica per il fatto che qualcuno dei presenti non abbia la pazienza di ascoltare le sue considerazioni.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, nel fare presente che sta comunque ascoltando il deputato Sisto, sottolinea di aver dovuto invitare alcuni colleghi ad uscire dall'aula in considerazione del superamento della capienza massima dell'aula stimata in 24 persone.

  Francesco Paolo SISTO (FI) nel precisare che il suo rammarico non era riferito alla presidente e di aver compreso quanto stava accadendo, rileva che sulla materia penale occorre intervenire con organicità. Tiene ad evidenziare come in Italia conti non l'accertamento della prova, ma esclusivamente la fase delle indagini. Sulla base delle considerazioni svolte, sollecita una riflessione da parte del relatore.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, chiede se vi siano altre richieste di intervento, sottolineando la necessità di invitare i colleghi a rientrare in aula prima della votazione.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LEGA), ad integrazione delle considerazioni già svolte dagli altri colleghi, evidenzia preliminarmente che l'entità e la portata delle norme in esame non devono essere sottovalutate. Fa presente in primo luogo che l'incremento della pena edittale massima per le fattispecie di reato previste appare significativo, precisando tuttavia ai colleghi, con riguardo alle disposizioni dell'articolo 2, che il nostro ordinamento già conosce alcuni reati, come quello di contrabbando, per i quali è punito anche il tentativo. Nel riconoscere che un bilancio falso non assume una rilevanza penale fino al momento in cui non è presentato, rammenta comunque che molte delle frodi nei confronti degli interessi finanziari dell'Unione europea vengono realizzate attraverso la compilazione non veritiera della modulistica richiesta. Evidenzia invece il fatto che lo schema in esame contribuisca a trasferire competenze dalla magistratura interna alla Procura europea che avrà la possibilità di interferire con il nostro sistema. Sottolinea inoltre la necessità di approfondire il contenuto dell'articolo 8, rilevando il rischio che la trasmissione alla Commissione europea da parte del Ministro della giustizia dei dati statistici relativi ai reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, rappresenti l'anticamera per l'incameramento da parte delle istituzioni europee delle somme sequestrate dai magistrati italiani. Rileva pertanto la necessità di un maggiore approfondimento dei contenuti dello schema in esame.

  Franco VAZIO (PD), relatore, con riguardo alle considerazioni del collega Di Muro che ha definito controverso il provvedimento in esame, tiene a sottolineare come la sua posizione sia antitetica a quella del collega, reputando che non sia controverso combattere la frode fiscale. Ne deduce che il collega Di Muro ha una attenzione diversa al problema, a fronte di un gran numero di imprese nazionali che commettono frodi ai danni dell'Unione europea sfruttando in maniera illecita le sovvenzioni europee. Evidenzia inoltre che le considerazioni del collega Di Muro nulla hanno a che fare con l'emergenza determinata dall'epidemia di COVID-19 e con i finanziamenti che dovrebbero arrivare dall'Unione europea. Ribadisce pertanto di essere dalla parte di chi rispetta la legge e utilizza in maniera corretta i finanziamenti europei, rilevando come le frodi attuate in tale ambito danneggino in primo luogo le imprese italiane oneste. Nel ritenere che la definizione di «controverso» per il provvedimento in esame esponga il collega Di Muro, le cui considerazioni non condivide, e la Lega al rischio di una valutazione negativa. Con riguardo invece alle considerazioni svolte dagli altri colleghi, ed in particolare dagli onorevoli Costa e Sisto, ritiene che, anche a seguito dell'interlocuzione con il Governo, l'osservazione introdotta alla proposta di parere in esame sia perfettamente adeguata ad indirizzare l'azione correttiva dello schema da parte dell'Esecutivo. Ritiene comunque che costituisca un argomento di riflessione il fatto che al momento, se un ente si avvantaggia a seguito di un atto illecito compiuto da un pubblico funzionario, è esente da responsabilità se non nel caso di lesione degli interessi finanziari dell'Unione europea. Nel convenire sulla difficoltà di individuare il tentativo di reato in atti prodromici e presupposti, ritiene preferibile comunque affidarsi all'atteggiamento interpretativo del giudice analogamente a quanto avviene per le disposizioni dell'articolo 56 del codice penale, rilevando che un eccesso di specificazione delle condotte potrebbe costituire un elemento di complicazione per l'applicazione delle norme. Ribadisce che l'intervento normativo del Governo è volto a conformare le disposizioni nazionali ai criteri stabiliti dalla direttiva UE 2017/1371 al fine di allineare i sistemi nazionali di tutti gli Stati membri e di favorire la lotta alle frodi in danno dell'Unione europea. Nel comprendere le preoccupazioni espresse dai colleghi, la delicatezza del tema e la difficoltà di individuare il tentativo di reato, conferma la propria proposta di parere. Tiene comunque a precisare che se i rilievi avanzati dai colleghi gli fossero stati anticipati nel corso della mattinata avrebbe potuto valutarli in maniera più adeguata.

  Enrico COSTA (FI), intervenendo in dichiarazione di voto, ritiene che la situazione attuale sia emblematica del rapporto tra maggioranza ed opposizione. Evidenzia infatti che, come avvenuto in altre occasioni, la maggioranza formula un invito alla collaborazione alle forze di opposizione senza poi tenere in alcun conto le proposte avanzate. Rileva in particolare che in questo caso sono state fornite peraltro indicazioni specifiche e giuridicamente fondate. Nel ribadire che le forze di opposizione si sono dimostrate costruttive e, a differenza di quanto pensa il collega Verini, non hanno assunto atteggiamenti strumentali, fa presente al sottosegretario Giorgis che la norma introdotta dall'articolo 2 dello schema in esame, che modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 74 del 2000, è incostituzionale dal momento che stabilisce la punibilità del tentativo di reato se lede gli interessi finanziari dell'Unione, mentre ciò non è previsto se ad essere lesi sono gli interessi finanziari nazionali. Nel sottolineare pertanto a tale proposito che il disvalore dell'azione è ritenuto più grande se è colpita l'Unione europea invece che, a titolo esemplificativo, il Ministero italiano dell'Economia e delle Finanze, invita la maggioranza a non rivolgere più alcun invito alle opposizioni, auspicando che Forza Italia si astenga da qualunque forma di collaborazione. Preannuncia infine il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

  Flavio DI MURO (LEGA) ritiene necessario intervenire in primo luogo per un chiarimento, considerato che il relatore ha interpretato la definizione di «controverso» per il provvedimento in esame come se tale giudizio implicasse un sostegno della Lega alle imprese disoneste a differenza del collega Vazio che difenderebbe quelle oneste. Tiene pertanto a sottolineare che la volontà del suo gruppo è quella di punire coloro che utilizzano in maniera disonesta i fondi dell'Unione europea e di aiutare e sostenere le imprese oneste. Preannuncia che i componenti del gruppo Lega si asterranno dalla votazione della proposta di parere sullo schema in esame considerato che a fronte di alcuni aspetti condivisibili ve ne sono altri di segno opposto. Tiene a precisare inoltre che l'intervento in esame non è un semplice aggiustamento delle disposizioni nazionali, dal momento che per molti aspetti l'Unione europea entra a gamba tesa nel nostro ordinamento, anche in qualità di parte lesa.

  Maria Carolina VARCHI (FDI), pur condividendo lo spirito del provvedimento, esprime la propria preoccupazione con riguardo alle modifiche specifiche introdotte nel nostro ordinamento per le ragioni già evidenziate. Non avendo ricevuto alcuna considerazione da parte del relatore con riguardo ai rilievi avanzati, preannuncia che il gruppo di Fratelli d'Italia si asterrà dalla votazione sulla proposta di parere del relatore.

  Il sottosegretario Andrea GIORGIS ringrazia i membri della Commissione Giustizia per il dibattito fin qui svolto nonché per aver deciso di esprimere un parere in un arco temporale che consenta al Governo di tener conto come di consueto degli indirizzi provenienti dal Parlamento. Ringrazia inoltre il relatore perché, in sede di valutazione dei contenuti del provvedimento, ha evidenziato una aporia giuridica. Nel sottolineare che il Governo è tenuto al rigoroso rispetto dei contenuti della direttiva UE 2017/1371 e della legge che ne ha delegato la sua attuazione, evidenzia come da tale obbligo ne sia derivato comunque un elemento di contraddizione che deve essere tenuto in considerazione, con riguardo ai casi in cui ad essere lesi siano gli interessi finanziari nazionali. Nel ritenere che tale elemento di contraddizione, evidenziato in particolare dal collega Costa sia degno della massima considerazione, assicura che il Governo valuterà con la massima attenzione tutti i rilievi emersi nel corso del dibattito.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, avverte che la Commissione sta per procedere alla votazione sulla proposta di parere.

  Anna Rita TATEO (LEGA) fa notare come debba partecipare ad un voto senza aver seguito il dibattito svoltosi.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, rammenta che le Commissioni sono tenute a rispettare le misure di prevenzione sanitaria che la Camera ha adottato in riferimento all'emergenza epidemiologica da COVID 19.

  Anna Rita TATEO (LEGA) sollecita la Presidente per il futuro a comunicare anticipatamente eventuali limitazioni nella capienza dell'aula individuata.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, dichiarandosi favorevole ad un confronto sulla questione delle aule dove svolgere i lavori della Commissione nel periodo di emergenza sanitaria, rinvia il dibattito alla riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, previsto al termine della seduta.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazione formulata dal relatore nella seduta del 19 maggio (vedi allegato 1).

Schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Atto n. 145.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e conclusione – Parere favorevole con condizioni e con osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 13 maggio 2020.

  Enrico COSTA (FI), intervenendo sull'ordine dei lavori, fa presente che non è accettabile che si prosegua nei lavori della Commissione con la metà dei deputati fuori dall'aula.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, ribadisce che la questione sarà oggetto dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, previsto al termine della seduta.

  Enrico COSTA (FI) fa presente che, se non è possibile rispettare le regole sul distanziamento sociale, occorre trasferirsi in un'aula più ampia.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, sospende brevemente la seduta allo scopo di verificare se sia disponibile un'aula più ampia per proseguire i lavori.

  La seduta, sospesa alle 14.05, riprende alle 14.25.

  Francesca BUSINAROLO, presidente, ricorda che nella seduta del 6 maggio scorso la relatrice, onorevole Carla Giuliano, ha presentato una proposta di parere con condizioni e osservazioni. Da quindi la parola alla relatrice chiedendole se intenda modificare la proposta di parere alla luce delle osservazioni pervenute per le vie brevi.

  Carla GIULIANO (M5S), relatrice, nel ringraziare i colleghi per le osservazioni avanzate conferma la proposta di parere già formulata. Con riguardo in particolare ai rilievi proposti dai colleghi della Lega ricorda che il provvedimento in esame rafforza la terzietà della Commissione chiamata a svolgere il colloquio che avrà ad oggetto la verifica dell'idoneità dei titoli atti a comprovare l'esperienza acquisita dal soggetto. Rammenta inoltre che le modifiche apportate al decreto del Ministro della Giustizia 12 agosto 2015 n. 144, sono in linea con quanto statuito nella sentenza del Consiglio di Stato del 2017 e sono volte a recepire i rilievi posti nel parere interlocutorio con riguardo all'abbassamento da 15 a 10 del numero degli incarichi annuali richiesti nonché alla possibilità di prendere in considerazione comunque i titoli del candidato anche in deroga al limite annuale degli incarichi. Tiene a precisare a tale ultimo proposito che le modifiche introdotte sono volte tra l'altro a garantire che possano conseguire il titolo di avvocato specialista anche i colleghi che operano in settori specifici caratterizzati da un numero esiguo di incarichi. Con riguardo all'ultima annotazione proposta dalla Lega, fa presente che una delle osservazioni è volta a consentire l'espressa indicazione di un massimo di tre indirizzi afferenti al settore di specializzazione con l'obiettivo di consentire alla clientela di orientarsi meglio nella scelta dell'avvocato. Nel rinnovare il ringraziamento ai colleghi, conferma la proposta di parere favorevole con condizioni e con osservazioni già formulata (vedi allegato 2).

  Manfredi POTENTI (LEGA), nel ringraziare la relatrice per le considerazioni svolte, conferma in ogni caso la posizione del suo gruppo con riguardo alla proposta di parere in esame. Nel sottolineare che nessuno mette in dubbio la possibilità di istituire commissioni imparziali, tiene a precisare che la Lega critica in particolare il metodo scelto per la selezione dei soggetti, soprattutto se paragonato ad altre modalità selettive utilizzate nel mondo forense. Rammenta infatti che l'iscrizione all'albo dei difensori d'ufficio avviene a seguito della frequenza di un corso biennale e del superamento di una prova finale volta a verificare le competenze acquisite.
  Manifesta inoltre la perplessità della Lega con riguardo alla possibilità di riconoscere il titolo anche a soggetti cosiddetti dottorati, vale a dire a soggetti che, pur possedendo taluni requisiti specialistici, non hanno acquisito l'esperienza necessaria. Pur consapevoli della pronuncia del Consiglio di Stato che ha imposto di circoscrivere il colloquio alla verifica dei titoli, si domanda se non sia meglio delegare ai Consigli degli ordini degli avvocati una preliminare valutazione della completezza formale della documentazione fornita. Sottolinea che a suo parere il percorso delineato dallo schema di decreto in esame garantirà a tutti gli avvocati che sono iscritti da almeno otto anni consecutivi all'albo di acquisire il titolo di specialista ma, molto probabilmente, non sarà in grado di garantire le reali capacità dei soggetti. A tale proposito pertanto si associa alle considerazioni del mondo forense che ha sottolineato l'esigenza di assicurare la presenza di persone capaci in grado di esercitare con competenza la professione nelle rispettive materie, ritenendo invece del tutto superflua il riconoscimento della possibilità di conseguire un ulteriore titolo.
  Ribadisce in conclusione il giudizio negativo della Lega sulla proposta di parere della relatrice.

  Ciro MASCHIO (FDI), al di là delle riflessioni di merito e del fatto che il gruppo di Fratelli d'Italia non è del tutto contrario alla proposta di parere della relatrice nonostante avesse gradito un maggior numero di ambiti di specializzazione, ritiene tuttavia che non sia questo il tema che sta particolarmente a cuore agli avvocati nella situazione attuale. Tiene a sottolineare infatti che in un momento così drammatico per le libere professioni ed in particolare per l'avvocatura, penalizzate dalle misure introdotte dal Governo per far fronte all'epidemia da COVID 19, bisognerebbe invece dare risposte alle esigenze di tutela economica e previdenziale del settore. Evidenzia infatti che il Governo non ha ritenuto di dare risposta alle richieste avanzate dal mondo forense che è stato nei fatti abbandonato.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni e con osservazioni formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 14.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.40 alle 15.

II Commissione - mercoledì 20 maggio 2020

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. Atto del Governo n. 151.

PARERE APPROVATO

  La II Commissione
  esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale dell'Unione (cosiddetta «direttiva PIF») (A.G.151);
  considerato che:
   la direttiva PIF è volta a completare il quadro delle misure poste a tutela degli interessi finanziari dell'Unione in diritto amministrativo e in diritto civile con quelle di diritto penale, evitando al contempo incongruenze sia all'interno di ciascuna di tali branche del diritto che tra di esse, e quindi impegnando gli Stati membri a indicare con chiarezza ed esplicitamente quali fattispecie di reato dei rispettivi ordinamenti devono essere considerate lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea e facendo conseguire a tale catalogazione misure sanzionatorie efficaci e proporzionate;
   lo schema di decreto in esame è adottato ai sensi dell'articolo 3 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, che, oltre a rinviare ai principi e criteri fissati in via generale per tutte le direttive dall'articolo 1 della legge, detta alcuni principi e criteri direttivi specifici in relazione alla direttiva (UE) 2017/137, quali, tra gli altri, l'individuazione delle fattispecie incriminatrici già previste nell'ordinamento interno che possano essere ritenute lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea, e corrispondano quindi alla definizione di reati secondo quanto previsto dalla direttiva; l'integrazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.  231), includendovi anche i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea; la previsione della punibilità con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli;
  constatato che:
   l'articolo 1 reca una serie di modifiche al codice penale, prevedendo le fattispecie di reato per le quali viene stabilito un aumento della pena edittale massima fino a quattro anni di reclusione, quando il fatto commesso lede gli interessi finanziari dell'Unione europea ed il danno ovvero il profitto conseguenti al reato sono superiori ad euro 100.000 (peculato mediante profitto dell'errore altrui; indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato; induzione indebita a dare o promettere utilità);
   tali modifiche al codice penale sono adottate in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 7 della direttiva che impone agli Stati membri, nei riguardi delle persone fisiche, di assicurare che i reati c.d. PIF siano puniti con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, e di adottare le misure necessarie affinché tali reati siano punibili con una pena massima
che preveda la reclusione, e, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli (individuati in danni o vantaggi di valore superiore ai 100.000 Euro), con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione;
   si tratta di modifiche al codice penale introdotte in ottemperanza alle previsioni della legge delega che prescrive l'individuazione delle fattispecie incriminatrici già previste nell'ordinamento interno che possano essere ritenute lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea, e corrispondano quindi alla definizione di reati secondo quanto previsto dalla direttiva (articolo 3, co. 1, lett. a)) e la punibilità con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli (articolo 3, co. 1, lett. f));
   in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), della legge di delega, la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema modifica l'articolo 322-bis del codice penale al fine di estendere la punibilità dei fatti di corruzione passiva, come definita dalla direttiva, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Paesi terzi rispetto agli Stati membri dell'Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali, quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione;
   l'articolo 2 integra la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto recata dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, introducendo una deroga alla non punibilità del tentativo qualora i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 del medesimo decreto legislativo), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3) e dichiarazione infedele (articolo 4) siano compiuti anche nel territorio di un altro Stato facente parte dell'Unione, al fine di evadere l'IVA per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro;
   tali disposizioni sono emanate in attuazione della legge di delega che prescrive al Governo un intervento abrogativo delle norme interne che stabiliscono la non punibilità a titolo di concorso o di tentativo dei delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea;
   le modifiche al decreto legislativo n. 74 del 2010 non incidono in alcun modo con ulteriori inasprimenti sanzionatori sulle disposizioni già modificate dal decreto-legge n. 124 del 2019, che ha provveduto ad inasprire le pene e ad abbassare alcune soglie di punibilità dei reati tributari di cui al decreto legislativo n. 74 del 2010, non configurandosi pertanto alcuna sovrapposizione tra interventi dello schema di decreto legislativo in esame e il richiamato decreto legge;
   l'articolo 5 interviene in materia di responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, disciplinata dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
   l'articolo 6 della direttiva PIF detta specifiche disposizioni circa la responsabilità delle persone giuridiche in relazione ai reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione, commessi a proprio vantaggio da qualsiasi soggetto, a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, e che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, mentre l'articolo 9 della stessa direttiva sempre per le persone giuridiche prescrive l'adozione di misure necessarie affinché la persona giuridica riconosciuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possono comprendere anche altre sanzioni quali quelle indicate esemplificativamente nello stesso articolo;
   la legge di delega, all'articolo 3, comma 1, lettera e), prescrive al Governo di integrare la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica prevedendo espressamente la responsabilità
amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea e che non risultino già compresi nelle disposizioni del citato decreto legislativo;
   l'articolo 5 dello schema di decreto legislativo, al comma 1, lettera b), interviene sull'articolo 25 del decreto n. 231, includendo nell'elenco dei delitti in relazione ai quali si applica all'ente (a beneficio del quale le condotte illecite sono perpetrate), la sanzione pecuniaria fino a duecento quote: il peculato (articolo 314, primo comma, c.p.); il peculato mediante profitto dell'errore altrui (articolo 316 c.p.); l'abuso d'ufficio (articolo 323 c.p.);
   tale previsione, ampliando il novero dei reati presupposto di responsabilità amministrativa degli enti attraverso l'inserimento dei reati di peculato, di peculato per profitto dell'errore altrui e di abuso d'ufficio senza alcuna specificazione che deve trattarsi di fattispecie lesive degli interessi finanziari dell'Unione, va oltre quanto prescritto dalla disposizione di delega che si limita a prescrivere al Governo di integrare la disciplina della responsabilità degli enti con riguardo ai soli reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   all'articolo 5, comma 1, lettera b), numero 2), valuti il Governo l'inserimento dei reati di cui agli articoli 314, primo comma, 316 e 323 del codice penale, solo quando dagli stessi derivi un danno agli interessi finanziari dell'Unione europea.

ALLEGATO 2

Schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247. Atto del Governo n. 145.

PARERE APPROVATO

  La Commissione Giustizia,
  esaminato lo schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (A.G.145), di seguito denominato «decreto»;
  rilevato che:
   l'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, di riforma della professione forense, prevede che le modalità attraverso le quali è riconosciuta agli avvocati la possibilità di ottenere il titolo di specialista siano disciplinate da un regolamento attuativo adottato dal Ministro della giustizia, previo parere del Consiglio nazionale forense (CNF);
   ai sensi del citato articolo 9, l'avvocato può conseguire il titolo di specialista in presenza di una delle seguenti condizioni: esito positivo di percorsi formativi almeno biennali organizzati dal Consiglio nazionale forense (CNF) presso le facoltà di giurisprudenza, con le quali il CNF e gli ordini forensi territoriali possono stipulare convenzioni per corsi di alta formazione; comprovata esperienza nel settore di specializzazione, desumibile qualora sussistano un'anzianità ininterrotta di iscrizione all'albo di almeno 8 anni ed un esercizio assiduo, prevalente e continuativo dell'attività forense (la cui valutazione esclusiva spetta al CNF) in uno dei settori di specializzazione negli ultimi cinque anni;
   con il decreto ministeriale 12 agosto 2015, n. 144, è stato emanato il regolamento di attuazione dell'articolo 9, recante disposizioni per il conseguimento ed il mantenimento del titolo di avvocato specialista, che stabilisce sia le modalità di svolgimento dei percorsi formativi, sia i parametri ed i criteri sulla base dei quali il CNF valuta l'esercizio assiduo, prevalente e continuativo dell'attività professionale in uno dei settori di specializzazione;
   a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5575/2017, con la quale sono state confermate le sentenze del TAR Lazio che avevano in parte annullato il citato decreto ministeriale n. 144 del 2015, si sono rese necessarie modifiche alla disciplina regolamentare delle specializzazioni forensi;
   lo schema di decreto ministeriale in esame introduce tali modifiche, con particolare riguardo all'individuazione dei settori di specializzazione, alla disciplina del colloquio per ottenere il titolo di specialista, ai percorsi formativi e ai requisiti per il mantenimento del titolo;
   la finalità della disciplina delle specializzazioni risponde all'esigenza di rendere facilmente riconoscibili le materie in cui il professionista può offrire ai propri assistiti un quid pluris rispetto alla preparazione
media, in ragione di approfondimenti mirati o di una comprovata esperienza sul campo;
   all'articolo 7 del decreto si prevede che per assicurare il conseguimento di una formazione specialistica orientata all'esercizio della professione nel settore di specializzazione, il Consiglio nazionale forense possa stipulare le convenzioni anche d'intesa con le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative di cui all'articolo 35, comma 1, lettera s), della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
   all'articolo 7 del decreto si stabilisce, al comma 5, che le suddette convenzioni prevedono l'istituzione di un comitato scientifico composto da sei membri, di cui tre nominati da una delle articolazioni di cui al comma 1, uno dei quali con funzioni di coordinatore, e gli altri tre membri nominati da uno degli enti o delle associazioni di cui ai commi 3 e 4, nonché si stabilisce, al comma 6, che le medesime convenzioni prevedono anche l'istituzione di un comitato di gestione composto da cinque membri, di cui tre nominati da uno degli enti o delle associazioni di cui ai commi 3 e 4, uno dei quali con funzioni di direttore e coordinatore;
   all'articolo 8, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto, si stabilisce che ai fini della valutazione della comprovata esperienza non si tiene conto degli affari che hanno ad oggetto medesime questioni giuridiche e necessitano di una analoga attività difensiva; il secondo periodo dell'articolo 8, comma 1, lettera b) è richiamato dall'articolo 11, comma 1, secondo e terzo periodo, relativamente alla valutazione degli incarichi necessari per il mantenimento del titolo di avvocato specialista;
  considerato che:
   la lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto sostituisce integralmente l'articolo 3 del citato decreto. In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 3 riformula compiutamente l'elenco dei settori di specializzazione degli avvocati secondo i criteri, congiuntamente o disgiuntamente applicati, dell'omogeneità disciplinare e della specialità della giurisdizione o del rito, mentre i successivi commi 3, 4 e 5 suddividono ulteriormente gli ambiti di specializzazione di cui alle lettere a), b) e c) che fanno riferimento alla tradizionale tripartizione fra diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, in indirizzi corrispondenti a rami del diritto specifici ed omogenei;
  ritenuto che:
   tra i settori nei quali l'avvocato può conseguire il titolo di specialista di cui al comma 1 del nuovo articolo 3, andrebbero previsti anche il diritto sportivo e il diritto ecclesiastico che, in quanto ambiti autonomi nella giurisdizione, nella pratica, nella dottrina e nella didattica, meriterebbero di essere considerati settori autonomi di specializzazione;
   tra gli indirizzi afferenti al settore del diritto civile, indicati al medesimo comma 3, andrebbe anche previsto il seguente: «strumenti di risoluzione alternativa delle controversie»;
   tra gli indirizzi afferenti al settore del diritto amministrativo indicati al comma 5 dell'articolo 3, alla lettera a) figura quello del «diritto del pubblico impiego e della responsabilità amministrativa», che andrebbe più opportunamente suddiviso in: «diritto del pubblico impiego» e «diritto della responsabilità amministrativa»;
   in relazione all'indirizzo del diritto del pubblico impiego andrebbe ulteriormente valutato se possa essere opportuno specificare che esso afferisce al pubblico impiego non contrattualizzato, lasciando conseguentemente la materia del pubblico impiego contrattualizzato nell'ambito del settore del diritto del lavoro; ciò tenendo anche in considerazione l'esigenza di non irrigidire conseguentemente l'accesso al titolo di avvocato specialista sulla base della comprovata esperienza, stante la possibilità ad oggi sia per un avvocato amministrativista sia per un avvocato giuslavorista
di esercitare la propria professione anche nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato;
   con riguardo ai settori di specializzazione di cui alle lettere a), b) e c) che fanno riferimento alla tradizionale ampia tripartizione fra diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, sarebbe opportuno prevedere espressamente la facoltà di accompagnare il titolo di avvocato specialista con l'indicazione dell'indirizzo o degli indirizzi, sino ad un massimo di tre, afferenti il settore prescelto, in quanto in tali settori è l'indicazione dell'indirizzo che maggiormente può orientare la clientela nella scelta dell'avvocato in possesso di una preparazione specifica per la controversia da sottoporre;
   attualmente anche le associazioni maggiormente rappresentative non specialistiche offrono corsi tematici accreditati per l'acquisizione dei crediti necessari per la formazione continua di cui all'articolo 11 della legge n. 247 del 2012;
   l'istituzione di due comitati, scientifico e di gestione, che, a ben vedere, hanno analoga composizione e svolgono funzioni invero quasi sovrapponibili, appare una duplicazione non necessaria e foriera di spreco di tempo e denaro;
   la previsione che nella valutazione degli incarichi professionali esclude che si possa tener conto, sia ai fini della acquisizione del titolo di specialista attraverso la comprovata esperienza che ai fini del mantenimento del titolo di specialista, degli affari che hanno ad oggetto medesime questioni giuridiche e necessitano di un'analoga attività difensiva, appare estremamente limitativa, poiché impedisce di tener conto delle peculiarità delle situazioni concrete;
  valutato che:
   l'articolo 7, comma 12, del decreto, indica i criteri in conformità ai quali sono organizzati i corsi di specializzazione in cui si sostanziano i percorsi formativi che devono essere seguiti per accedere al titolo di avvocato specialista;
   andrebbe previsto, all'articolo 2, comma 2, del decreto, quale ulteriore canale di accesso al titolo di avvocato specialista, il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, ove riconducibile ad uno dei settori di specializzazione di cui all'articolo 3 del decreto, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), dello schema di decreto;
   andrebbe previsto, all'articolo 2, comma 2, del decreto, quale ulteriore canale di accesso al titolo di avvocato specialista, il conseguimento del diploma di master di II livello, qualora l'articolazione dello stesso master risponda ai requisiti previsti per i corsi di specializzazione dall'articolo 7, comma 12, del decreto,
  esprime:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 2, del decreto, si preveda che il titolo di avvocato specialista possa essere conferito anche in ragione del conseguimento del titolo di dottore di ricerca ove riconducibile ad uno dei settori di specializzazione di cui all'articolo 3 del decreto, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), dello schema di decreto;
   2) all'articolo 2, comma 2, del decreto, si preveda che il titolo di avvocato specialista è conferito anche in ragione del conseguimento del diploma di master II livello in uno dei settori di specializzazione di cui all'articolo 3 dello stesso decreto, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera b), dello schema di decreto, qualora l'articolazione del master risponda ai criteri di cui all'articolo 7, comma 12, del decreto;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2 del decreto, valuti il Governo l'opportunità – in relazione agli ambiti di specializzazione di cui alle lettere a), b) e c) che fanno riferimento alla tradizionale tripartizione fra diritto civile,
diritto penale e diritto amministrativo – di accompagnare facoltativamente il titolo di avvocato specialista con l'espressa indicazione di uno o più indirizzi, sino ad un massimo di tre, afferenti al settore; conseguentemente, all'articolo 7, comma 12-bis, del decreto, come introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), numero 2), dello schema di decreto, si valuti l'opportunità di prevedere che il corso relativo ad uno dei settori di specializzazione di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c) si sviluppi in una parte generale e una parte speciale di durata non inferiore a un anno destinata all'approfondimento in «uno o più» degli indirizzi, sino ad un massimo di tre, afferenti al settore;
   b) valuti il Governo l'opportunità di introdurre, al comma 1 dell'articolo 3 del decreto, come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto, le seguenti lettere: «o) diritto sportivo; p) diritto ecclesiastico;
   c) valuti il Governo l'opportunità di aggiungere, al comma 3 dell'articolo 3 del decreto, come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto, la seguente lettera: «n) strumenti di risoluzione alternativa delle controversie»;
   d) valuti il Governo l'opportunità di sostituire, al comma 5 dell'articolo 3 del decreto, come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto, la lettera a) con le seguenti: «a) diritto del pubblico impiego; a-bis) diritto della responsabilità amministrativa»; relativamente alla proposta lettera a), valuti il Governo l'opportunità di specificare il riferimento esclusivo al pubblico impiego non contrattualizzato;
   e) all'articolo 7 del decreto, valuti il Governo l'opportunità di unificare in un unico organismo le funzioni che attualmente le disposizioni ivi previste imputano in capo a due distinti soggetti, il comitato di gestione e il comitato scientifico;
   f) al medesimo articolo 7 del decreto, ai commi 3 e 4, si valuti l'opportunità di prevedere che il Consiglio nazionale forense possa stipulare le convenzioni anche d'intesa con le associazioni maggiormente rappresentative, anche non specialistiche; conseguentemente, si valuti l'opportunità di inserire anche all'articolo 10 del decreto il riferimento alle associazioni forensi maggiormente rappresentative non specialistiche;
   g) all'articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto, valuti il Governo l'opportunità di sopprimere il secondo periodo; conseguentemente, all'articolo 11, comma 1, del decreto, si valuti l'opportunità di sopprimere il secondo periodo e di eliminare all'ultimo periodo, come introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera f), numero 2), dello schema di decreto, il riferimento al secondo periodo dell'articolo 8, comma 1, lettera b);
   h) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che l'avvocato che ha conseguito nei cinque anni precedenti l'entrata in vigore del regolamento di cui allo schema di decreto, un attestato di frequenza di un corso conforme ai criteri previsti all'articolo 7, comma 12, come richiamato dall'articolo 14, comma 1, del decreto, possa chiedere al Consiglio nazionale forense il conferimento del titolo di avvocato specialista, quando il corso suddetto si sia concluso con il superamento di una prova scritta ed orale; conseguentemente valuti il Governo l'opportunità di sopprimere all'articolo 14, comma 1, del decreto, la locuzione «previo superamento di una prova scritta e orale».