Commissioni Riunite (II e VI)

II (Giustizia) e VI (Finanze)

Commissioni Riunite (II e VI)

Comm. riunite 0206

Commissioni Riunite (II e VI)
SOMMARIO
Giovedì 20 febbraio 2020

ATTI DEL GOVERNO:

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 relativa ai meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea. Atto n. 143 (Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni) ... 3

ALLEGATO (Parere approvato dalle Commissioni) ... 8

Schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 7 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la disciplina del sistema di governo societario. Atto n. 155 (Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio) ... 5

Commissioni Riunite (II e VI) - Resoconto di giovedì 20 febbraio 2020

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 20 febbraio 2020. — Presidenza del vicepresidente della VI Commissione Alberto Luigi GUSMEROLI. — Intervengono il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alessio Mattia Villarosa, e il sottosegretario di Stato per la giustizia Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 15.20.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 relativa ai meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea.
Atto n. 143.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  Le Commissioni proseguono l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 12 febbraio scorso.

  Alberto Luigi GUSMEROLI, presidente, rammenta che il termine per l'espressione del parere sul provvedimento in discussione è fissato al prossimo sabato 22 febbraio e che le Commissioni dovranno pertanto esprimersi entro la seduta odierna. Ricorda, inoltre, che lunedì 17 febbraio scorso i deputati Ungaro, relatore per la VI Commissione, e Perantoni, relatore per la II Commissione, hanno inviato per le vie brevi a tutti i componenti delle Commissioni una proposta di parere sul provvedimento.

  Massimo UNGARO (IV), relatore per la VI Commissione, illustra la proposta di parere già trasmessa ai componenti delle Commissioni per le vie brevi, precisando che non è pervenuta dai colleghi alcuna osservazione o proposta di modifica. Sottolinea quindi come lo schema di decreto legislativo affronti il tema, particolarmente spinoso, delle problematiche relative delle doppie imposizioni; si tratta di una questione che coinvolge diverse giurisdizioni a livello internazionale e che spesso crea notevoli difficoltà ai contribuenti. Precisa, quindi, che le osservazioni formulate nella proposta di parere hanno l'obiettivo di rispondere alle esigenze dei contribuenti e, nello stesso tempo, di agevolare le attività dell'Agenzia delle entrate.
  Formula quindi, anche a nome del collega Perantoni, relatore per la II Commissione, una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato).

  Mario PERANTONI (M5S), relatore per la II Commissione, ad integrazione di quanto già illustrato dal collega Ungaro, sottolinea come nella parte premissiva della proposta di parere siano state fornite alcune interpretazioni relativamente a specifiche disposizioni del provvedimento che potrebbero generare dubbi interpretativi.

  Flavio DI MURO (LEGA), nell'evidenziare come le differenze di legislazione tra i singoli Stati dell'Unione europea creino notevoli difficoltà ai contribuenti, auspica che il Governo possa adoperarsi al fine di una maggiore armonizzazione delle convenzioni internazionali in materia di controversie fiscali. Esprime quindi apprezzamento per l'approfondito ed analitico lavoro svolto dai relatori; rileva tuttavia come le numerose osservazioni formulate non potranno, probabilmente, essere accolte dal Governo, in considerazione dei ristretti tempi a disposizione per l'adozione del decreto legislativo, onde evitare una procedura di infrazione per tardivo recepimento della direttiva.

  Gian Mario FRAGOMELI (PD) nel condividere i contenuti del parere formulato dai relatori, riterrebbe opportuno che l'osservazione di cui alla lettera d) – relativa ai termini per l'accertamento delle imposte sui redditi – fosse trasformata in condizione.

  Il Sottosegretario Alessio Mattia VILLAROSA ritiene che tale richiesta necessiti di un breve approfondimento istruttorio.

  Massimo UNGARO (IV), relatore per la VI Commissione, chiede al rappresentante del Governo se, al di là della formulazione dei rilievi di cui alla lettera d), come osservazione o condizione, l'Esecutivo intenda impegnarsi a valutare con particolare attenzione la questione sollevata, che riveste grande importanza. Rammenta infatti che l'articolo 19, comma 2, dello schema di decreto prevede in deroga allo Statuto del contribuente il raddoppio dei termini per l'accertamento delle imposte sui redditi, che passerebbero da 6 a 12 anni. Ritiene eccessivo tale aumento che – al fine di contemperare le esigenze di accertamento dell'amministrazione fiscale con le garanzie di celerità delle procedure a tutela dei contribuenti – dovrebbe essere ridotto a non oltre un terzo dei termini previsti.

  Flavio DI MURO (LEGA) nel rammentare che il termine entro il quale le Commissioni debbono esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo in esame è fissato per il 22 febbraio prossimo, ritiene che qualora le stesse non approvassero nella seduta odierna la proposta di parere presentata dai relatori, il Governo potrebbe adottare il decreto legislativo senza tenere in considerazione le osservazioni avanzate dalle Commissioni.

  Galeazzo BIGNAMI (FDI) ritiene opportuno che, ove la maggioranza non pervenga ad un orientamento condiviso, si rinvii ad altra seduta l'esame del provvedimento.

  Massimo UNGARO (IV), relatore per la VI Commissione, alla luce delle considerazioni formulate dai colleghi e dal rappresentante del Governo, ritiene opportuno confermare, anche a nome del collega Perantoni, relatore per la II Commissione, la proposta di parere testé presentata, auspicando che l'Esecutivo accolga le osservazioni in essa contenute.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, le Commissioni approvano la proposta di parere favorevole con osservazioni formulata dai relatori.

Schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 7 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la disciplina del sistema di governo societario.
Atto n. 155.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni avviano l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Alberto Luigi GUSMEROLI (LEGA) ricorda che il termine per l'espressione del parere da parte delle Commissioni sull'atto in discussione è fissato all'11 marzo prossimo

  Vita MARTINCIGLIO (M5S), relatrice per la VI Commissione, anche a nome del collega Di Sarno, relatore per la II Commissione, fa presente che lo schema di decreto legislativo in esame, in conformità alla delega conferita al Governo con la legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163/2017), intende recepire nell'ordinamento le disposizioni della direttiva (UE) 2017/828 (cosiddetta Shareholders’ Rights Directive 2 o «SHRD 2»), che ha modificato la direttiva 2007/36/CE (Shareholders’ Rights Directive o «SHRD») in tema di incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti.
  Ricorda che con il decreto legislativo n. 49 del 2019, è stato avviato il processo di attuazione della SHRD2. In estrema sintesi, il decreto è intervenuto sulla disciplina della gestione accentrata di strumenti finanziari contenuta nel TUF per disciplinare i compiti degli intermediari in relazione all'identificazione degli azionisti e all'agevolazione dell'esercizio dei diritti dei soci, nonché alla trasparenza e correttezza dei costi connessi a tali servizi, anche attraverso la delega alla Consob, d'intesa con la Banca d'Italia, ad adottare le disposizioni attuative della richiamata direttiva. La facoltà di identificare gli azionisti, esercitando un'opzione prevista dalla direttiva, è stata limitata ai titolari di una partecipazione superiore allo 0,5 per cento del capitale sociale, con diritto di voto. È stata inoltre modificata la Parte IV (Titolo III, Capo II) del TUF in merito alla relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi corrisposti e introdotta la sezione sulla trasparenza degli investitori istituzionali, dei gestori di attivi e dei consulenti in materia di voto. È stata infine adeguata la disciplina dei fondi pensione e delle imprese assicurative alle previsioni della novellata direttiva SHRD.
  Osserva che il citato decreto n. 49 del 2019 è stato predisposto sulla base della legge di delegazione europea 2016-2017, in attesa dell'approvazione della legge di delegazione europea 2018, e dunque in assenza di specifici criteri dì delega. Con la legge n. 117 del 2019 (legge di delegazione europea 2018) sono stati indicati taluni principi e criteri direttivi specifici per la compiuta attuazione della direttiva SHRD2.
  In particolare, fa presente che l'articolo 7 prevede che il Governo, nell'esercizio della delega per la compiuta attuazione della SHRD2, recepita con il decreto legislativo n. 49 del 2019, è tenuto a seguire i seguenti principi e criteri direttivi specifici: apportare al Codice delle assicurazioni provate le integrazioni alla disciplina del sistema di governo societario per i profili attinenti alla remunerazione, ai requisiti e ai criteri di idoneità degli esponenti aziendali, dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali e dei partecipanti al capitale, al fine di assicurarne la conformità alle disposizioni della direttiva 2009/138/CE (cosiddetta «solvency 2»), in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione, alle disposizioni direttamente applicabili dell'Unione europea, nonché alle raccomandazioni, alle linee guida e alle altre disposizioni emanate dalle autorità di vigilanza europee in materia; prevedere sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 1, numero 5), della direttiva (UE) 2017/828, nel rispetto dei criteri e delle procedure previsti dalle disposizioni nazionali vigenti che disciplinano l'esercizio del potere sanzionatorio da parte delle autorità nazionali competenti a irrogarle. Le sanzioni amministrative pecuniarie non devono essere inferiori nel minimo a 2.500 euro e non devono essere superiori nel massimo a 10 milioni di euro.
  Rileva che per favorire un più consapevole e stabile coinvolgimento degli azionisti nel governo societario e semplificare l'esercizio dei relativi diritti, la direttiva 2017/828/UE ha introdotto presidi normativi volti ad assicurare che le società abbiano il diritto di identificare i propri azionisti e che gli intermediari agevolino l'esercizio dei diritti da parte dell'azionista, ivi compreso il diritto di partecipare e votare nelle assemblee generali. Viene inoltre richiesto a investitori istituzionali e gestori di attività di fare disclosure sulla propria politica di impegno nelle società partecipate e sulla politica di investimento. Sono inoltre dettati presidi informativi e procedurali relativi alla politica di remunerazione degli amministratori e alle operazioni con parti correlate.
  Nel passare ad esame il contenuto del testo dello schema di decreto legislativo in esame, fa presente che l'articolo 1 reca una modifica formale al quarto comma dell'articolo 90-quinquies del TUF, per mezzo della quale viene corretto un difetto di coordinamento normativo con una direttiva diversa da quella oggetto di recepimento, ovvero la direttiva 2014/64/UE (Markets in Financial Instruments Directive – «MiFID» 2).
  Rileva che l'articolo 2 modifica la Parte V («Sanzioni») del TUF al fine di stabilire misure e sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della SHRD 2. In particolare, viene modificato l'articolo 190.1 del TUF, relativo alle violazioni della disciplina della gestione accentrata di strumenti finanziari, che assume rilevanza con riferimento all'identificazione degli azionisti, alla trasmissione delle informazioni rilevanti ed all'agevolazione dell'esercizio dei diritti dei soci, apportandovi modifiche volte, in primo luogo, ad adeguare la cornice edittale ai limiti fissati dai criteri di delega contenuti nella delegazione europea 2018. L'effetto rispetto alla legislazione vigente è quello di aumentare il limite massimo della pena da 5 a 10 milioni di euro, mentre l'importo minimo resta fissato a 2.500 euro. Si integra, inoltre, l'elenco delle condotte la cui violazione è sanzionabile ai sensi dell'articolo 190.1 del TUF. L'articolo interviene inoltre sull'articolo 192-bis del TUF, relativo alle sanzioni amministrative in materia di informazioni sul governo societario e di politica di remunerazione e compensi corrisposti, applicabili nei confronti delle società quotate nei mercati regolamentati, aumentando, in conformità ai criteri di delega, il limite massimo edittale da 150.000 a 10 milioni di euro. Viene poi separata la disciplina sanzionatoria applicabile ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, qualora la loro condotta abbia contribuito a determinare la violazione da parte della società. Anche in questo caso viene aumentato il limite massimo edittale, da 150.000 a 2 milioni di euro. L'articolo 2, infine, modifica la forbice edittale per le violazioni della disciplina delle operazioni con parti correlate previste nell'articolo 192-quinquies. In particolare, viene aumentato il limite massimo edittale nei confronti delle società quotate nei mercati regolamentati che violano l'articolo 2391-bis del codice civile e le relative disposizioni di attuazione adottate dalla Consob, da 150.000 a 10 milioni di euro e il limite massimo edittale applicabile ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, qualora la loro condotta abbia contribuito a determinare la violazione da parte della società, da 150.000 a 1,5 milioni di euro.
  Rammenta che l'articolo 3 introduce modifiche al decreto legislativo n. 209 del 2005 recante il Codice delle assicurazioni private (CAP), al fine di consolidare il quadro normativo che regola il sistema di governance delle imprese di assicurazione o riassicurazione italiane, con particolare riguardo ai requisiti e criteri per la valutazione dell'idoneità delle figure apicali e degli azionisti, alle politiche di remunerazione
nonché ai poteri di intervento dell'IVASS a tutela del corretto funzionamento delle imprese operanti nel settore. A tal fine, viene aggiornata la cornice dei criteri applicabili agli esponenti aziendali e ai titolari di partecipazioni. In particolare, la nuova formulazione dell'articolo 76 del CAP prevede che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione e di controllo («esponenti aziendali») e coloro che svolgono funzioni fondamentali presso le imprese di assicurazione o di riassicurazione debbano essere idonei allo svolgimento dell'incarico. Il nuovo comma 1-ter dell'articolo 76 stabilisce che, ai fini dell'idoneità, gli esponenti aziendali devono possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all'efficace espletamento dell'incarico in modo da garantire la sana e prudente gestione dell'impresa di assicurazione o riassicurazione. Si delega al Ministro dello sviluppo economico, sentito l'IVASS, l'adozione di un regolamento che definisca compiutamente i precedenti requisiti e criteri, in conformità a quanto previsto dall'ordinamento europeo, anche tenuto conto dei relativi orientamenti e raccomandazioni. La valutazione dell'idoneità di esponenti aziendali e soggetti che svolgono funzioni fondamentali è affidata agli organi di amministrazione e controllo delle imprese di assicurazione e di riassicurazione. Si provvede inoltre a definire il procedimento in vigore per la pronuncia – dichiarata dall'organo di appartenenza – della decadenza degli esponenti aziendali. In caso di difetto o violazione l'IVASS pronuncia la decadenza dalla carica. Diversamente dalla disciplina previgente, tuttavia, l'IVASS non interviene più solo in via sussidiaria e condizionata all'inerzia degli organi aziendali, ma valuta in ogni caso, autonomamente, l'idoneità degli esponenti, il rispetto dei limiti al cumulo degli incarichi e l'idoneità dei titolari delle funzioni fondamentali. I nuovi poteri consentono all'IVASS sia di dichiarare autonomamente la decadenza del soggetto in caso di carenza dei requisiti di idoneità (articolo 76 del CAP), sia di ordinare la rimozione dall'incaricato di uno o più esponenti aziendali o titolari di funzioni fondamentali, in caso di condotta in grado di recare pregiudizio alla sana e prudente gestione aziendale. In analogia con le modifiche apportate all'articolo 76 del CAP viene modificato anche l'articolo 77 relativo ai titolari di partecipazioni in imprese di assicurazione o riassicurazione, disponendo che tali soggetti devono possedere requisiti di onorabilità e soddisfare criteri di competenza e correttezza in modo da garantire la sana e prudente gestione dell'impresa. Si delega quindi al Ministro dello sviluppo economico, sentito l'IVASS, l'adozione di un regolamento che definisca compiutamente i precedenti requisiti e criteri, in conformità a quanto previsto dall'ordinamento europeo, anche tenuto conto dei relativi orientamenti e raccomandazioni.
  Rammenta, in fine, che l'articolo 4 contiene le disposizioni transitorie e finali, mentre l'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.

  Alberto Luigi GUSMEROLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.35.

Commissioni Riunite (II e VI) - giovedì 20 febbraio 2020

ALLEGATO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 relativa ai meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea (Atto n. 143).

PARERE APPROVATO DALLE COMMISSIONI

  Le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze),
   esaminato lo Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea (Atto del Governo n. 143);
   rammentato che lo Schema di decreto è volto a stabilire le norme relative alle procedure amichevoli o ad altre procedure di risoluzione delle controversie tra l'Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell'Unione europea derivanti dall'interpretazione e dall'applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l'Italia è parte, nonché della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990 relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate; lo Schema di decreto stabilisce inoltre i diritti e gli obblighi dei soggetti interessati quando emergano tali controversie;
   rilevato che l'articolo 2 dello Schema di decreto, al fine di delimitare il perimetro applicativo delle norme in esame, fa riferimento alle controversie relative a «un'imposizione aggiuntiva»; tale formulazione – sebbene non perfettamente coincidente con la lettera della Direttiva (UE) 2017/1852, che all'articolo 2, lettera c) utilizza la locuzione «onere fiscale aggiuntivo» – consente l'applicazione delle procedure di risoluzione disciplinate dallo schema anche alle richieste di rimborso, che rappresentano gran parte del contenzioso sull'applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni;
   ritenuti condivisibili i contenuti degli articoli 9, comma 7 e 21, comma 3, che escludono dalla procedura di risoluzione amichevole tutte le fattispecie di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 74 del 2000 – non limitando, pertanto, l'esclusione alle sole fattispecie fraudolente – atteso che le disposizioni recate dall'articolo 16, punto 6, della Direttiva (UE) 2017/1852 ricomprendono tra le cause di esclusione le condotte comunque caratterizzate dal dolo specifico di evasione, seppur non fraudolente;
   precisato che, come peraltro chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, l'esclusione dalla procedura di risoluzione amichevole opera nel solo caso in cui siano state comminate pene e non anche nel caso di mero avvio dell'azione penale e che pertanto tale esclusione non deve intendersi come denegato accesso alla procedura amichevole (di cui all'articolo 7 dello Schema), ma come denegato accesso alla fase successiva ed eventuale di risoluzione delle controversie che si svolge dinanzi alla Commissione Consultiva, istituita nei casi indicati all'articolo 9 dello Schema;
   precisato altresì che l'articolo 21, comma 3, dispone la sospensione delle procedure previste dallo Schema (procedura amichevole e procedura di risoluzione
dinanzi alla Commissione Consultiva o alla Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie) in caso di simultaneo svolgimento di procedimenti per una delle condotte di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 74 del 2000, e che tale sospensione rappresenta una mera facoltà per l'Agenzia delle entrate la quale, valutate le circostanze del caso e lo stato di avanzamento delle stesse, può anche decidere di non avvalersene;
   rilevato che lo Schema prevede, in diversi casi, l'intervento delle Commissioni tributarie, sia per impugnare direttamente il rifiuto di accesso alla procedura, sia per sopperire all'inerzia dell'Amministrazione (articoli 18, comma 7 e 19, comma 8, dello Schema), senza tuttavia individuare con precisione il foro tributario territorialmente competente e che ciò rischia di determinare dubbi interpretativi; al fine di evitare incertezze ed aggravi a carico dei contribuenti, appare pertanto opportuno che le disposizioni delegate individuino con precisione la commissione territorialmente competente;
   tenuto conto che, sebbene l'elenco degli atti impugnabili dinnanzi alle Commissioni tributarie, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992, non abbia valore tassativo, come riconosciuto in più occasioni dalla Corte di Cassazione, opportunamente lo Schema, all'articolo 22, comma 1, integra esplicitamente tale elenco, qualificando come atti impugnabili innanzi alle predette Commissioni anche quelli derivanti dalle procedure amichevoli previste dalla direttiva, al fine di preservare le garanzie del giusto processo nella nuova procedura;
   considerato che, con riferimento ai rapporti tra la procedura amichevole e il processo tributario pendente, l'articolo 16, comma 4 della Direttiva (UE) 2017/1852 consente allo Stato membro di estinguere, ovvero di precludere l'accesso alle procedure stragiudiziali «qualora una decisione su una questione controversa sia stata pronunciata dal tribunale competente o altro organo giurisdizionale di uno Stato membro e il diritto nazionale dello Stato membro in questione non gli consenta di derogare alla decisione», e che tra gli obiettivi della Direttiva oggetto di recepimento vi è la deflazione del contenzioso (il quale, oltre a essere costoso per l'amministrazione fiscale, può avere effetti dilatori sulla pretesa tributaria); tenuto conto, infine, delle differenze terminologiche tra le norme europee e le norme procedurali nazionali, appare opportuno chiarire che l'estinzione e la preclusione delle procedure disciplinate dallo Schema operano solo qualora vi sia una decisione passata in giudicato;
   considerato, con riferimento all'articolo 19, comma 5, che il processo sospeso per effetto delle procedure potrebbe riguardare atti impositivi che concernono anche temi del tutto estranei alle decisioni assunte ai sensi degli articoli 7 e 18 dello Schema, appare opportuno esplicitare che al contribuente non è richiesto di rinunciare all'intera controversia bensì alla parte di essa che costituisce oggetto delle decisioni medesime;
   sottolineato che l'articolo 19, comma 1 – il quale stabilisce che in esecuzione delle decisioni adottate ai sensi degli articoli 7 e 18 dello Schema, da cui derivi una variazione del reddito o dell'imposta, l'Agenzia delle entrate dispone il rimborso o lo sgravio delle imposte non dovute ovvero la riscossione delle imposte dovute – implica necessariamente l'adozione di tutti i necessari atti presupposti, quali, ad esempio, gli atti di riliquidazione del tributo, delle sanzioni e degli interessi;
   considerato che l'articolo 19, comma 2, ai fini dell'esecuzione delle decisioni di cui al comma l, prevede in deroga allo Statuto del contribuente il raddoppio dei termini per l'accertamento delle imposte sui redditi, che passerebbero in tal modo da 6 a 12 anni, appare necessario – al fine di contemperare le esigenze di accertamento dell'amministrazione fiscale con le garanzie di celerità delle procedure a tutela dei contribuenti – ridurre tale arco temporale e sostituire il raddoppio con
l'aumento a non oltre un terzo dei termini previsti;
   visti i contenuti dell'articolo 19, comma 3, il quale prevede che il rimborso delle sanzioni è consentito nel solo caso in cui la pretesa erariale sia stata integralmente annullata e che, pertanto, le sanzioni versate in sede conciliativa sono rimborsate esclusivamente nel caso di annullamento totale della pretesa; rilevato che tale previsione rischia di determinare una disparità di trattamento a sfavore del contribuente che abbia aderito alla procedura di accertamento con adesione e che appare quindi opportuno estendere il rimborso delle sanzioni anche qualora la pretesa erariale sia stata annullata solo parzialmente;
   in relazione all'articolo 22 dello schema, appare opportuno estendere la possibilità per il contribuente di avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni anche a seguito della rideterminazione del debito tributario conseguente all'esecuzione delle decisioni adottate nell'ambito delle procedure amichevoli o delle procedure di risoluzione delle controversie di cui allo Schema in esame,
  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo l'opportunità di integrare il comma 3 dell'articolo 2 relativo alle definizioni, specificando che il tribunale competente per lo Stato italiano è la Commissione tributaria territorialmente competente, come individuata dall'articolo 4 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;
   b) valuti il Governo l'opportunità di precisare – con riferimento agli articoli 3 comma 3, 6 comma 2, lettera d), 7 comma 4, 9 comma 6, 16 comma 9 e 18, comma 5 – che l'estinzione e la preclusione delle procedure disciplinate dallo Schema operano solo qualora vi sia una decisione passata in giudicato;
   c) valuti il Governo l'opportunità di esplicitare che al contribuente non è richiesto di rinunciare all'intera controversia bensì alla parte di essa che costituisce oggetto delle decisioni medesime, introducendo all'articolo 19, comma 5, dello Schema, dopo le parole: «rinunci agli altri mezzi di impugnazione» le parole: «con riguardo alla materia oggetto delle decisioni di cui agli articoli 7 e 18» e, dopo le parole: «atto di rinuncia» le seguenti: «anche parziale»;
   d) valuti il Governo l'opportunità di sostituire la previsione del raddoppio dei termini per l'accertamento delle imposte sui redditi di cui all'articolo 19, comma 2, con l'aumento a non oltre un terzo dei termini ordinariamente previsti;
   e) valuti il Governo l'opportunità di modificare l'articolo 19, comma 3, ultimo periodo, sopprimendo la parola: «solo» e inserendo, dopo la parola: «integralmente» le parole: «o parzialmente»;
   f) valuti il Governo l'opportunità di modificare l'articolo 22 dello Schema nel senso di prevedere l'applicabilità della definizione agevolata ex articolo 2-quater, comma 1-sexies, del decreto-legge n. 564 del 1994 ovvero, in alternativa, di prevedere in favore del contribuente una rimessione in termini ai fini del ravvedimento ex articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.