IV Commissione
Difesa
Difesa (IV)
Commissione IV (Difesa)
Comm. IV
Variazione nella composizione della Commissione ... 44
Sulla pubblicità dei lavori ... 45
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall'altra, fatto a Monaco il 18 febbraio 2017. C. 2230 Governo, approvato dal Senato (Parere alla III Commissione) (Esame e rinvio) ... 45
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017. C. 2120 Governo, approvato dal Senato (Parere alla III Commissione) (Esame e rinvio) ... 47
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato sulle relazioni e la cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Nuova Zelanda, dall'altra, fatto a Bruxelles il 5 ottobre 2016. C. 2119 Governo, approvato dal Senato (Parere alla III Commissione) (Esame e rinvio) ... 49
Sulla pubblicità dei lavori ... 51
Sulla pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica, della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto difesa (Deliberazione di una proroga del termine) ... 51
Sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate (Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo) ... 51
ALLEGATO (Documento conclusivo approvato dalla Commissione) ... 52
Sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade Sicure» (Rinvio del seguito dell'esame del documento conclusivo) ... 51
SEDE CONSULTIVA
Martedì 28 gennaio 2020. — Presidenza del presidente Gianluca RIZZO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo.
La seduta comincia alle 13.45.
Variazione nella composizione della Commissione.
Gianluca RIZZO, presidente, comunica che il deputato Fioramonti ha cessato di far parte della Commissione.
Sulla pubblicità dei lavori.
Gianluca RIZZO, presidente, avverte che della seduta sarà data pubblicità anche mediante gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall'altra, fatto a Monaco il 18 febbraio 2017.
C. 2230 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Giovanni RUSSO
(M5S), relatore, riferisce, ai fini del parere da rendere alla Commissione affari esteri, sull'Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo – Cooperation agreement on partnership and development (CAPD) – tra l'Unione europea e l'Afghanistan.
Osserva, innanzitutto, che l'accordo è stato firmato a Monaco il 17 febbraio 2017, nel quadro delle relazioni esterne dell'UE ed è volto a delineare il quadro giuridico per la cooperazione tra l'Unione europea e l'Afghanistan, confermando, altresì, l'impegno dell'Unione a favore del futuro sviluppo di tale Paese. Esso, pertanto, è destinato a fornire la base per il sostegno continuo dell'Unione europea all'Afghanistan nell'attuazione del proprio programma di riforme. Come precisato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge, l'Accordo è in applicazione provvisoria dal 1o dicembre 2017 limitatamente alle materie che rientrano nella competenza dell'Unione, incluse quelle relative alla competenza dell'Unione europea di definire e applicare una politica estera e di sicurezza comune. Analogamente agli altri accordi di partenariato conclusi dall'Unione europea, il CAPD stabilisce obiettivi e clausole politiche basati su valori comuni e condivisi. In particolare, l'Unione europea e l'Afghanistan ribadiscono il loro impegno nella tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nella lotta al terrorismo e alla non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Il rispetto dei princìpi democratici, nonché del diritto internazionale e dei princìpi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite, costituiscono la base per la cooperazione. Per completezza di panorama, rammenta che l'Italia è coinvolta in Afghanistan dal 2001, da quando ha aderito alla campagna militare successiva all'attentato delle Torri gemelle dell'11 settembre. Tale campagna – come noto – si articola su tre missioni, la Enduring Freedom, la ISAF e – dal 2015 – la Resolut Support. La missione Enduring Freedom è cominciata con un impegno – per l'Italia – di più di 300 milioni di euro fino a tutto il 2002, per poi gradualmente esaurirsi nel 2006 e lasciare spazio alla ISAF e alla Resolut Support. La missione ISAF, iniziata nel 2002, ha raggiunto un picco di finanziamento per l'erario italiano nel 2011, con 809 milioni di euro autorizzati, per poi essere rimpiazzata – come accennato – dalla Resolut Support e gradualmente scendere a circa 160 milioni di euro nel 2019. Quanto agli uomini impegnati, la Enduring Freedom si è esaurita nel 2006 con 376 unità, mentre la serie storica per la missione ISAF ha visto un picco nel 2011 con 4.250 uomini per poi scendere rapidamente fino agli 800 uomini impegnati attualmente nella menzionata Resolut Support.
Nel rinviare per ulteriori dettagli alla documentazione del servizio Studi della Camera, sottolinea che questi dati sono utili per comprendere meglio la portata delle disposizioni dell'Accordo che l'Italia andrebbe a ratificare. Rammenta anche che l'Afghanistan – orograficamente arcigno – ha circa 30 milioni di abitanti; è incastonato tra l'incandescente Iran e il Pakistan e resta uno snodo centrale per la via della Seta e oggetto di mire d'influenza della Cina. È stato efficacemente affermato al riguardo sulla rivista Limes che «l'Unione europea [nutre sia] il desiderio di fare affari con la Cina [sia] quello di non subirne l'eccessiva penetrazione economica, specialmente in Europa centrorientale, dove il denaro cinese è accolto più favorevolmente. Qui, Pechino sta sviluppando la rotta ferroviaria tra il porto greco del Pireo (controllato dalla Cosco) all'Europa occidentale, usando come perno l'Ungheria. [...] Bruxelles ha definito una nuova strategia per migliorare i collegamenti infrastrutturali tra Europa e Asia. Il meccanismo d'investimento dovrebbe essere sostenibile sul piano economico e dotato di regole più rigide. In sostanza, dovrebbe avere ciò che manca oggi alle nuove vie della seta». Questi rilievi – pur riferiti direttamente alla Cina – fanno capire una possibile ratio dell'Accordo stretto dall'UE anche con l'Afghanistan, specie per quel che riguarda l'articolo 48 che inerisce alla cooperazione regionale. Tali propositi dovranno fare i conti – nondimeno – con un esito del confronto militare con i talebani che non si prefigura agevole per la NATO. Sempre la rivista Limes ha osservato recentemente che le ingenti risorse – umane e finanziarie – spese in Afghanistan (e cui prima ho accennato) non devono andare perse in un conflitto che non sia vittorioso. Per ottenere questo risultato le aree del Paese sotto il controllo talebano devono essere ridotte.
L'Accordo si compone di sessanta articoli, suddivisi in nove titoli. Con il Titolo I (articoli 1-2), le Parti individuano la natura e il campo di applicazione dell'Accordo, che istituisce un partenariato teso a consolidare la cooperazione al fine di: sostenere la pace e la sicurezza in Afghanistan e nella regione; promuovere lo sviluppo sostenibile e l'integrazione dell'Afghanistan nell'economia mondiale; instaurare un dialogo sulle questioni politiche, compresa la protezione dei diritti umani; promuovere la cooperazione allo sviluppo con lo scopo di eliminare la povertà; sviluppare gli scambi e gli investimenti tra le Parti con reciproco vantaggio; migliorare il coordinamento tra le Parti per affrontare le sfide globali, promuovendo soluzioni multilaterali; promuovere il dialogo e la cooperazione in un'ampia gamma di settori specifici. Le Parti confermano, altresì, la loro adesione ai valori comuni sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. Ai sensi delle disposizioni del Titolo II (articoli 3-11), le Parti si impegnano ad instaurare un dialogo politico regolare per favorire una migliore comprensione reciproca, per cooperare alla promozione dei diritti umani e delle istituzioni che se ne occupano, nonché per consolidare le politiche relative alle questioni di genere. Viene esplicitata, all'articolo 8, la volontà delle Parti a cooperare per promuovere la piena applicazione dello statuto della Corte penale internazionale.
Con l'articolo 9 si arriva alla parte di più stretta competenza della nostra Commissione. Le parti infatti s'impegnano a rafforzare l'applicazione degli strumenti internazionali sul disarmo e la lotta alla non proliferazione delle armi di distruzione di massa. In particolare, oltre a ritenere che la proliferazione delle armi di distruzione di massa costituisca una delle più gravi minacce per la stabilità e la sicurezza internazionali, le Parti concordano nel ritenere che il pieno rispetto degli obblighi assunti nell'ambito di trattati e accordi sul disarmo e sulla non proliferazione sia elemento essenziale dell'Accordo. La cooperazione in tale settore si tradurrà anche nell'impegno ad adottare le misure necessarie per la firma, la ratifica e la piena applicazione di tutti gli strumenti internazionali pertinenti e a sviluppare un sistema efficace di controlli nazionali all'esportazione e al transito di merci collegate alle armi di distruzione di massa. Infine, le Parti riconoscono che i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) possono avere conseguenze estremamente destabilizzanti per le società e si impegnano a cooperare per rafforzare le capacità istituzionali di attenuarne i rischi.
Ai sensi dell'articolo 10 – inoltre – la cooperazione è prevista anche con riguardo all'osservanza degli obblighi in materia di lotta contro il commercio illegale di armi leggere (SALW), riconoscendo l'importanza di attuare controlli in maniera responsabile al fine di contribuire alla pace, alla sicurezza e alla stabilità sul piano internazionale e regionale. Al riguardo, vale la pena ricordare che in Afghanistan, dall'invasione sovietica in poi – nel 1979 – e successivamente con la guerra ai talebani, si sono avuti circa 1 milione e mezzo di morti (secondo i dati di EMERGENCY); vi è una densissima presenza di armi, come denunziato in un rapporto dell'OXFAM già nel 2006. Il livello preoccupante di armi leggere in circolazione nel Paese era stata poi rilevata dall'ente di ricerca sul disarmo dell'ONU nel 2000, addirittura prima delle operazioni Enduring Freedom e ISAF. L'articolo 11, invece, riguarda la cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la diffusione di ideologie estremiste e la radicalizzazione dei giovani.
Il Titolo III (articolo 12) riguarda la cooperazione nell'ambito dello sviluppo, mentre il Titolo IV (articoli 13-23) definisce la cornice della cooperazione bilaterale in materia di scambi ed investimenti. Il Titolo V (articoli 24-30) contiene disposizioni in tema di cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Il Titolo VI (articoli 31-47) riguarda la cooperazione settoriale. Ai sensi delle disposizioni del Titolo VII (articolo 48), le Parti – come pure accennato sopra – riconoscono la necessità di condurre iniziative di cooperazione regionale per ripristinare lo status dell'Afghanistan quale ponte continentale tra l'Asia centrale, l'Asia meridionale e il Medio Oriente, per stimolare la crescita economica, la stabilità politica della regione e instaurare un clima di fiducia attraverso programmi di formazione, laboratori e seminari, scambi di esperti, studi o altre azioni concordate. Con il Titolo VIII (articolo 49) viene stabilita l'istituzione di un comitato misto composto da rappresentanti delle due Parti al massimo livello possibile, al fine di garantire un buon funzionamento e la piena attuazione dell'accordo. Il Titolo IX (articoli 50-60), infine, riguarda le disposizioni finali. L'Unione europea fornisce all'Afghanistan l'assistenza tecnica e finanziaria necessaria per attuare la cooperazione stabilita dall'accordo, mentre l'Afghanistan mette a disposizione i mezzi necessari, comprese le risorse finanziarie, per garantire il conseguimento degli obiettivi concordati. L'Accordo, che è valido per un periodo iniziale di dieci anni, verrà automaticamente prorogato per periodi consecutivi di cinque anni, a meno che una delle Parti notifichi per iscritto sei mesi prima della scadenza della sua validità, la propria intenzione di non prorogarlo. Conclude ricordando che il disegno di legge di ratifica, composto da quattro articoli, è stato già approvato in prima lettura dal Senato lo scorso 30 ottobre 2019.
Gianluca RIZZO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017.
C. 2120 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Giovanni RUSSO
(M5S), relatore, osserva che le relazioni politiche ed economiche tra l'Unione europea e l'Armenia risalgono alla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso. Nell'aprile del 1996, infatti, a Lussemburgo, venne siglato l'Accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l'Armenia, dall'altra. A esso avrebbe dovuto fare seguito, nell'ambito del processo di allargamento dell'Unione europea, la negoziazione di un Accordo di associazione cui, tuttavia, non si è giunti a seguito dell'adesione dell'Armenia, alla fine del 2013, all'Unione economica euroasiatica (UEE). L'impegno dell'Unione europea a proseguire nel dialogo, laddove questo sia compatibile con gli impegni dell'Armenia nell'ambito dell'Unione euroasiatica, non è tuttavia venuto meno e, a partire dall'ottobre 2015, sono stati avviati i negoziati per un nuovo accordo di partenariato globale, destinato a sostituire il vecchio accordo di cooperazione. Il 24 novembre 2017, a Bruxelles, a latere del V o Vertice del Partenariato orientale, si è così giunti alla sottoscrizione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e l'Armenia, volto a definire la cornice giuridica e istituzionale della nuova cooperazione tra Armenia e Unione europea. L'Accordo, entrato in vigore in via provvisoria il 1o giugno 2018, è costituito da un preambolo, 386 articoli divisi in otto titoli, dodici allegati e due protocolli ed è il primo accordo che l'Unione europea ha firmato con un Paese membro dell'Unione economica euro-asiatica.
Prima di soffermarsi sui contenuti del testo e nel sottolineare l'importanza e la delicatezza della questione armena, ricorda che il Parlamento europeo, nell'aprile 2015, in occasione del centenario, ha approvato una risoluzione che invitava la Turchia a riconoscere il genocidio armeno, «aprendo così la strada a un'autentica riconciliazione tra il popolo turco e il popolo armeno». Il 10 aprile dello scorso anno, l'Assemblea della Camera ha, a sua volta, approvato la mozione n. 1-00139 Formentini e altri, sottoscritta da quasi tutti i gruppi parlamentari, tramite la quale ha impegnato il Governo a «riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale». In quell'occasione è stato riaffermato che il Governo italiano «sostiene e incoraggia pienamente il percorso di riconciliazione tra il popolo armeno e il popolo turco, ritenendo che la strada maestra per affrontare una questione tanto controversa risieda nel dialogo tra le parti», concludendo con un incoraggiamento alla Turchia e all'Armenia «a intensificare e portare avanti gli sforzi volti a venire a patti con il passato, aprendo così la strada a un'autentica riconciliazione tra i due popoli». Questa premessa è importante anche per spiegare l'articolo 8 dell'Accordo che impegna le Parti a intensificare gli sforzi per una più intensa cooperazione a livello regionale, promuovendo le relazioni di buon vicinato e lo sviluppo democratico, contribuendo in tal modo alla stabilità e alla sicurezza.
Ciò premesso, segnala che il Titolo I definisce gli obiettivi e i principi generali dell'Accordo e prevede l'impegno delle Parti a: rafforzare il partenariato politico ed economico globale e la cooperazione sulla base di valori comuni; consolidare il quadro per il dialogo politico in tutti i settori di reciproco interesse; contribuire al rafforzamento della democrazia e della stabilità politica, economica e istituzionale dell'Armenia; promuovere e rafforzare la pace e la stabilità a livello regionale e internazionale; potenziare la cooperazione in materia di libertà, sicurezza e giustizia al fine di rafforzare lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani; sostenere lo sviluppo del potenziale economico dell'Armenia attraverso la cooperazione internazionale, e il ravvicinamento della legislazione all’acquis dell'Unione europea; migliorare la cooperazione commerciale instaurando una cooperazione normativa duratura nei settori pertinenti, nel rispetto dei diritti e degli obblighi derivanti dall'adesione all'Organizzazione mondiale del commercio; creare le condizioni per una cooperazione sempre più stretta in altri settori di reciproco interesse. Le Parti si impegnano, inoltre, a favorire il rafforzamento del partenariato politico ed economico mediante una maggiore partecipazione dell'Armenia nelle politiche, nei programmi e nelle agenzie dell'Unione europea. Il Titolo II riguarda il dialogo politico e la cooperazione nel settore della politica estera e della difesa (articoli 3-11). In particolare, l'articolo 3 stabilisce che le Parti si impegnano a: sviluppare un dialogo politico efficace in tutti i settori di reciproco interesse, incluse le questioni di politica estera e di sicurezza, al fine di promuovere la risoluzione pacifica dei conflitti, la stabilità e la sicurezza a livello internazionale e regionale; rafforzare la cooperazione e il dialogo tra le Parti in materia di sicurezza internazionale e di gestione delle crisi, la cooperazione nella lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, il rispetto dei principi democratici, dello stato di diritto; sviluppare e approfondire la cooperazione nel settore della sicurezza e della difesa; realizzare ulteriori progressi in materia di riforma giudiziaria e giuridica. L'articolo 5 prevede che sia intensificato il dialogo e la cooperazione sulle questioni di politica estera e di sicurezza, come la prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi, la non proliferazione e il controllo degli armamenti e delle esportazioni di armi.
Venendo agli aspetti di precipua competenza della Commissione difesa, evidenzia che, secondo quanto precisato nell'articolo 9, le Parti ritengono che la proliferazione delle armi di distruzione di massa costituisca una delle più gravi minacce per la pace e la stabilità internazionali e, pertanto, convengono di cooperare e di contribuire alla lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, garantendo il pieno rispetto e l'attuazione a livello nazionale degli obblighi assunti nell'ambito dei trattati e degli accordi internazionali in materia di disarmo. Tale disposizione costituisce, altresì, un elemento essenziale dell'Accordo. La cooperazione si tradurrà nell'impegno ad adottare le misure necessarie per la firma, la ratifica e la piena applicazione di tutti gli strumenti internazionali pertinenti e a sviluppare un sistema efficace di controlli nazionali all'esportazione e al transito di merci collegate alle armi di distruzione di massa. L'articolo 10 riguarda, invece, la lotta al commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro. Infine, l'articolo 11 sancisce che le Parti collaborano a livello bilaterale, regionale e internazionale, per prevenire e combattere il terrorismo e sottolineano l'importanza della ratifica e della piena attuazione delle convenzioni e dei protocolli delle Nazioni Unite in materia di lotta al terrorismo.
Il Titolo III riguarda la cooperazione nel settore della Giustizia, libertà e sicurezza (articoli 12-21). Il Titolo IV tratta della Cooperazione economica (articoli 22-35). Il Titolo V (articoli 36-112) concerne le altre politiche di cooperazione. Il Titolo VI è relativo agli scambi e alle questioni commerciali (articoli 113-342) e rappresenta la parte più corposa dell'Accordo quadro. Il Titolo VII tratta l'assistenza finanziaria e contiene disposizioni antifrode e in materia di controllo (articoli 343-361). Infine, il Titolo VIII reca disposizioni istituzionali, generali e finali (articoli 362-386). Quanto al disegno di legge del Governo, esso si compone di quattro articoli che recano le consuete clausole contenute nei disegni di legge di ratifica.
Conclude segnalando che il provvedimento è già stato approvato dal Senato e si riserva di presentare una proposta di parere che, preannuncia sin da ora, sarà favorevole.
Gianluca RIZZO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato sulle relazioni e la cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Nuova Zelanda, dall'altra, fatto a Bruxelles il 5 ottobre 2016.
C. 2119 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Giovanni RUSSO
(M5S), relatore, introduce l'esame del provvedimento rilevando che l'Accordo di partenariato sulle relazioni e la cooperazione (Partnership Agreement on Relations and Cooperation – PARC), tra l'Unione europea e la Nuova Zelanda, firmato a Bruxelles il 5 ottobre 2016, è finalizzato a elevare a livello di partenariato rafforzato le relazioni bilaterali fra le Parti, creando una cornice giuridica adeguata a disciplinare la cooperazione politica, quella economico-commerciale e quella settoriale. Osserva, quindi, che l'Accordo, frutto di un iter negoziale durato più di due anni, è destinato a sostituire la Dichiarazione congiunta sulle relazioni e la cooperazione, adottata il 21 settembre 2007, e mira ad accrescere l'impegno dell'Unione europea e dei suoi Stati membri nei confronti della Nuova Zelanda. Esso, inoltre, rappresenta un ulteriore progresso nella direzione di un maggiore coinvolgimento politico ed economico dell'Unione europea nelle regioni dell'Asia e dell'Oceania. Evidenzia, poi, che, in attesa dell'entrata in vigore del PARC, le Parti hanno concordato (articolo 58, paragrafo 2) l'applicazione provvisoria, a decorrere dal 12 gennaio 2017, di clausole che riguardano il dialogo politico, la cooperazione nell'ambito delle organizzazioni internazionali e regionali e il funzionamento del Comitato misto.
Passando ai contenuti specifici dell'Accordo, composto di 60 articoli, suddivisi in 10 Titoli, segnala che il Titolo I – dedicato alle disposizioni generali (articoli da 1 a 4) – proclama la volontà delle Parti di riaffermare la loro adesione ai principi democratici, ai diritti umani e allo Stato di diritto e l'impegno a cooperare fattivamente in seno alle organizzazioni regionali ed internazionali, nonché a intensificare il dialogo nei seguenti settori: politica estera e di sicurezza (Titolo II); sviluppo globale e aiuti umanitari (Titolo III); economia e commercio (Titolo IV); giustizia, libertà e sicurezza (Titolo V); ricerca, innovazione e società dell'informazione (Titolo VI); istruzione, cultura e contatti interpersonali (Titolo VII); sviluppo sostenibile, energia e trasporti (Titolo VIII). Infine, osserva che il Titolo IX delinea il quadro istituzionale definito dal PARC, mentre il Titolo X è dedicato alle disposizioni finali.
Con riguardo alle disposizioni di più immediato interesse della Commissione, che sono contenute nel Titolo II (articoli da 5 a 11) dedicato al dialogo politico e alla cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza, sottolinea l'importanza che le Parti attribuiscono al dialogo politico quale strumento per consolidare un approccio condiviso sulle principali questioni internazionali (articolo 5), nonché all'impegno per la promozione dei diritti umani, dei principi democratici e dello stato di diritto (articolo 6). L'articolo 7 ribadisce l'impegno delle Parti a promuovere la pace e la sicurezza internazionali e, a tal fine, richiama l'accordo tra l'Unione europea e la Nuova Zelanda firmato a Bruxelles il 18 aprile 2012, che istituisce un quadro per la partecipazione della Nuova Zelanda alle operazioni di gestione delle crisi condotte dall'Unione europea. L'articolo 8 disciplina la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa (ADM) e dei relativi vettori. Tale impegno prevede anche che venga mantenuto un sistema efficace di controlli nazionali all'esportazione e al transito di tali armi, con sanzioni efficaci in caso di violazione dei controlli all'esportazione. Inoltre, le Parti ribadiscono l'impegno a rispettare e attuare pienamente gli obblighi assunti nell'ambito dei trattati e degli accordi internazionali sul disarmo e sulla non proliferazione, stabilendo altresì che queste disposizioni costituiscano un elemento fondamentale dell'Accordo. L'articolo 9 riguarda il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro (small arms and light weapons) SALW, mentre l'articolo 11 disciplina la cooperazione nella lotta contro il terrorismo.
Passando al disegno di legge presentato dal Governo, rileva che esso si compone di 4 articoli che recano l'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione dell'Accordo, la clausola finanziaria che stabilisce che dall'attuazione della legge di ratifica non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l'entrata in vigore dell'Accordo. In conclusione, nel ricordare che il provvedimento è stato già approvato dall'altro ramo del Parlamento, preannuncia la presentazione di una proposta di parere favorevole.
Gianluca RIZZO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.15.
INDAGINE CONOSCITIVA
Martedì 28 gennaio 2020. — Presidenza del presidente Gianluca RIZZO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Angelo Tofalo.
La seduta comincia alle 14.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
Gianluca RIZZO, presidente, avverte che della seduta sarà data pubblicità anche mediante gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Sulla pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica, della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto difesa.
(Deliberazione di una proroga del termine).
Gianluca RIZZO, presidente, avverte che, poiché è stata raggiunta l'intesa con il Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, sulla proroga del termine dell'indagine conoscitiva, la Commissione è chiamata a procedere alla relativa deliberazione.
Pertanto, se non vi sono obiezioni, il termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva è prorogato al 15 giugno 2020.
(Così rimane stabilito).
Sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate.
(Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 19 dicembre 2019.
Gianluca RIZZO, presidente, ricorda che nell'ultima seduta sono state illustrate alcune proposte di modifica del documento conclusivo.
Roberto Paolo FERRARI (LEGA) riferisce che il tempo intercorso ha permesso di raggiungere un accordo sulle ulteriori modifiche da apportare alle conclusioni del documento. Nel sottolineare, quindi, lo spirito di collaborazione con il quale si sono svolti i lavori della Commissione, auspica che il documento conclusivo così modificato possa essere votato da tutti i gruppi.
Giovanni RUSSO (M5S) ringrazia tutti i colleghi per l'impegno e la collaborazione assicurata nel corso dello svolgimento dell'indagine conoscitiva.
Alberto PAGANI (PD) si unisce ai ringraziamenti e alle considerazioni dei colleghi sullo spirito che ha animato i lavori della Commissione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento conclusivo, nel testo da ultimo riformulato (vedi allegato).
Sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade Sicure».
(Rinvio del seguito dell'esame del documento conclusivo).
La Commissione rinvia l'esame, già rinviato nella seduta del 19 dicembre 2019.
La seduta termina alle 14.50.
N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.
ALLEGATO
Indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate.
DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE
Premessa
La Commissione difesa della Camera dei deputati, in data 28 novembre 2018, ha deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate.
L'esigenza di condurre l'indagine è scaturita sia dall'esigenza espressa dagli Stati Maggiori in Audizione ad inizio legislatura, che dalla persuasione che, a metà del percorso previsto dalla legge di revisione dello strumento militare (legge n. 244 del 2012), per la prima volta dalla professionalizzazione delle Forze armate sono emersi chiari problemi nel reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1).
Più in generale, il profilo del volontario a ferma prefissata non appare più attraente, in quanto, negli ultimi anni, non ha facilitato né il loro inserimento nella pubblica amministrazione, né in quei settori che richiedono specifiche professionalità attinenti alla sicurezza e alla difesa; a sfavore giocano anche i sacrifici che lo stile di vita militare comporta rispetto a quello civile.
Ciò, in parte, è dovuto anche all'assenza di uno sbocco professionale conseguente al venir meno dell'istituto della riserva assoluta, che prevedeva il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle carriere delle Forze di polizia.
È apparso, pertanto, necessario avviare una disamina dei fattori che concorrono al reclutamento, che dovrebbe coniugare l'esigenza di disporre di personale giovane; di avere personale aggiuntivo da destinare a specifiche funzioni di sicurezza; di impiegare le risorse più anziane in un'ottica di impiego polifunzionale, senza dimenticare che in alcune Armi – come quella dell'Aeronautica e della Marina – l'esperienza del tecnico altamente qualificato finisce per andare perduta, a causa del blocco del turnover e dei tagli operati a seguito della razionalizzazione dello strumento militare.
Lo scopo dell'indagine era, dunque, di conseguire un quadro più chiaro dello stato del reclutamento nel nostro Paese, per poter successivamente individuare gli strumenti legislativi più adeguati all'esigenza di ciascuna Forza armata e all'efficienza dello strumento militare nel suo complesso, con una particolare attenzione alle risorse umane che ne costituiscono la forza e il nerbo.
Inoltre, l'indagine ha permesso di condurre un approfondimento delle problematiche legate al reclutamento del personale militare, acquisendo elementi conoscitivi analitici sugli esiti del reclutamento stesso, che hanno consentito di svolgere una valutazione sulle varie fasi in cui questo si articola. Di particolare interesse è risultata anche la ricostruzione dei flussi di reclutamento, che ha reso possibile tracciare la provenienza per regione di origine dei volontari di truppa e le successive sedi di prima assegnazione.
Nel corso dell'indagine sono stati ascoltati: il Direttore Generale del Personale Militare (PERSOMIL), Ammiraglio di squadra Pietro Luciano Ricca (16 gennaio 2019); i rappresentanti del COCER-Interforze (17 e 22 gennaio 2019); il Capo del I Reparto Affari giuridici ed economici del Personale dello stato maggiore dell'Esercito, Generale di brigata Gaetano Lunardo e il Capo di stato maggiore del Comando Scuole dell'Aeronautica militare, Generale di brigata aerea Paolo Tarantino (30 gennaio 2019); il Comandante della Scuola Sottufficiali della Marina militare di Taranto, Contrammiraglio Enrico Giurelli e il Direttore del Centro nazionale di selezione e reclutamento del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, Generale di brigata Marco Mochi (6 febbraio 2019); il Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli (17 aprile 2019); il Capo Ufficio Reclutamento e Addestramento del I Reparto – Personale del Comando generale della Guardia di finanza, Colonnello Vittorio Francavilla (17 aprile 2019); il Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, Generale di squadra aerea Alberto Rosso (18 aprile 2019); il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di corpo d'armata Giovanni Nistri (7 maggio 2019); il Capo di stato maggiore della Marina militare, Ammiraglio di squadra Valter Girardelli (8 maggio 2019); il Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale di corpo d'armata Salvatore Farina (14 maggio 2019); il Ministro della difesa, Elisabetta Trenta (15 maggio 2019); il Direttore del I Reparto Segretariato generale e Direzione nazionale degli armamenti, Dottor Giuseppe Quitadamo e il Capo III Ufficio del Segretariato generale della Difesa, per il sostegno alla ricollocazione professionale dei volontari congedati, Dottoressa Paola Maja (5 giugno 2019); infine, in chiave internazionale, è stato acquisito anche il contributo dell'addetto per la difesa dell'Ambasciata di Francia in Italia, Contrammiraglio Bernard Abbo (3 luglio 2019).
Capitolo I
L'evoluzione dello strumento militare nazionale e lo stato attuale del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate
1.1 La progressiva trasformazione dello strumento militare: da sistema misto a modello professionale.
Nel corso degli ultimi venti anni, sono state approvate in Italia alcune fondamentali ed innovative riforme nel campo della Difesa, che sono da porre in relazione ad altrettanto significativi mutamenti intervenuti nello scenario geo-politico mondiale. In particolare, si sono susseguiti una serie di provvedimenti normativi che, intervenendo in modo riduttivo sulle dotazioni organiche, hanno avviato il passaggio da un modello di Forze armate basato sulla coscrizione obbligatoria, di circa 300.000 unità complessive annue, a modelli di 230.000/250.000 unità (D.lgs. n. 215 del 2001), successivamente ridotte a 190.000 unità, da conseguire entro il 2021, e poi a 150.000 unità, da conseguire entro il 2024 (legge n. 244 del 2012).
La nuova connotazione professionale e volontaria dello strumento militare – avviata con il decreto legislativo 8 maggio 2001 n. 215, attuativo della delega conferita con la legge 14 novembre 2000, n. 331 – si è realizzata, tuttavia, senza che sia stata abolita integralmente la coscrizione obbligatoria, che è stata soltanto «sospesa» e continua a trovare attuazione in casi eccezionali. Pochi anni prima, la legge 20 ottobre 1999, n. 380 aveva introdotto in Italia il servizio militare femminile in forma volontaria.
Nel 2000, anno di approvazione della richiamata legge n. 331, le Forze armate italiane erano composte da un organico di circa 265 mila uomini, il 44 per cento dei quali costituito da militari di leva. Oltre agli ufficiali, l'85 per cento dei quali in servizio permanente, e ai sottufficiali, integralmente professionisti, vi era già, tra il personale di truppa, una consistente quota di volontari in servizio permanente (13.658 unità) o ferma breve (31.628 unità), figure professionali istituite dal decreto legislativo n. 196 del 1995, che aveva così determinato il passaggio a un modello misto.
1.2 L'introduzione della figura del volontario in ferma prefissata annuale e quadriennale.
La legge 23 agosto 2004, n. 226, nell'anticipare al 1o gennaio 2005 la sospensione del servizio militare obbligatorio, ha introdotto la figura del VFP1 (volontario in ferma prefissata di un anno) in sostituzione di quella del volontario in ferma annuale, che era preesistente, e quella del VFP4 (volontario in ferma prefissata quadriennale), in luogo del volontario in ferma breve (VFB), e ha confermato la figura del volontario in servizio permanente (VSP), prevista dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196.
La ferma prefissata è strutturata su base modulare, annuale con possibilità di due proroghe di un anno ciascuno a domanda dell'interessato; quadriennale con possibilità di due proroghe biennali, sempre a domanda dell'interessato.
Il servizio svolto quale volontario in ferma prefissata costituisce la premessa e il presupposto indefettibile per transitare, tramite concorso per titoli ed esami, in servizio permanente. Come precisato dal Capo di stato maggiore della difesa, Generale Vecciarelli, nel corso della sua audizione (17 aprile 2019), «questo passaggio è molto selettivo, posto che in media solo un volontario in ferma prefissata su cinque reclutati ogni anno riesce ad accedere al rapporto a tempo indeterminato; questo in ragione del limitato numero di posti disponibili». In termini numerici, con riferimento alle esigenze del 2018 e al netto delle esigenze del Corpo delle capitanerie di porto, su 10.000 posti a concorso per VFP1, soltanto 2.000 circa accedono successivamente alla ferma quadriennale e, quindi, al servizio permanente. Per il restante personale, l'attuale quadro normativo prevede appositi strumenti per il ricollocamento nel mercato del lavoro, tra i quali la riserva di posti per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, che ad oggi, considerando la media delle assunzioni annue operate negli ultimi anni, consente di stabilizzare solo un ulteriore 30 per cento dei volontari in ferma prefissata.
1.3 La revisione in senso riduttivo dello strumento militare: la legge n. 244 del 2012.
La trasformazione in senso riduttivo dello strumento militare prevista dalla legge sulla professionalizzazione delle Forze armate è stata ulteriormente rafforzata, tra il 2011 e il 2012, anche a seguito dell'adozione di una serie di misure di contenimento della spesa pubblica che hanno inciso in maniera significativa sul bilancio della Difesa, i cui stanziamenti registravano un trend fortemente decrescente già dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze armate (e quindi correlati a maggiori costi per il personale) e con l'accresciuto impiego operativo. In particolare, il decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto una riduzione degli organici delle Forze armate in misura non inferiore al 10 per cento che, pertanto, con il DPCM 11 gennaio 2013 sono stati riconfigurati nel modello a 170.000 unità (20.432 ufficiali, 57.764 sottufficiali e 91.804 volontari di truppa).
Successivamente, sul finire della XVI legislatura, è stata adottata la legge n. 244 del 2012, sulla revisione in senso riduttivo dello strumento militare, nota anche come legge «Di Paola», volta a realizzare un'ulteriore revisione in senso riduttivo dello strumento militare, al fine di conseguire uno strumento militare più piccolo da un punto di vista numerico, ma più qualificato da un punto di vista della professionalità degli appartenenti alle Forze armate e maggiormente integrato sia al proprio interno, sia a livello europeo e internazionale.
Con la citata legge n. 244 del 2012 fu conferita al Governo un'ampia delega (attuata nella XVII Legislatura) volta alla revisione, in termini riduttivi: dell'assetto strutturale e organizzativo del Ministero della difesa; delle dotazioni organiche complessive del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare; delle dotazioni organiche complessive del personale civile del Ministero della difesa. In termini concreti, tali interventi sono stati strutturati in maniera tale da conseguire, secondo una tempistica delineata nella stessa legge delega: una contrazione complessiva del 30 per cento delle strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche della Difesa; una riduzione generale a 150.000 unità di personale militare delle tre Forze armate (Esercito, Marina militare ed Aeronautica militare), da attuare entro l'anno 2024; una riduzione delle dotazioni organiche del personale civile della Difesa dalle 30.000 unità a 20.000 unità, da conseguire sempre entro l'anno 2024; il riequilibrio generale del bilancio della «Funzione difesa», ripartendolo orientativamente in 50 per cento per il settore del personale, 25 per cento per il settore dell'esercizio e 25 per cento per quello dell'investimento.
Il grafico seguente evidenzia la ripartizione, tra le diverse Forze armate, prevista dalla «legge Di Paola», con l'obiettivo a 150 mila unità, dal quale emerge che l'Esercito assorbe il 60 per cento dell'organico, mentre l'Aeronautica il 22 per cento e la Marina il 18 per cento.
[Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare]
Alla data di entrata in vigore della legge n. 244 del 2012 i Marescialli risultavano in esubero di circa 31 mila unità; al contrario, risultava una grave carenza nella categoria dei Sergenti, pari a circa 20 mila unità, a fronte di una previsione di quasi 40 mila. Anche la Truppa risultava non equilibrata. I Volontari in servizio permanente, che avrebbero dovuto costituire la spina dorsale delle Forze Armate, risultavano circa un terzo in meno rispetto al numero prefissato. I Volontari in ferma prefissata (annuale e quadriennale), a fronte di un volume organico complessivo di 35 mila unità, risultavano in esubero di circa 12 mila unità.
Con il decreto legislativo n. 8 del 2014 è stato introdotto l'articolo 798-bis che definisce nel dettaglio le consistenze organiche: 18.300 ufficiali, 40.670 sottufficiali e 91.030 militari di truppa. Rimane, a livello di truppa, un'ossatura basata sul militare in servizio permanente (56.330 uomini in servizio permanente effettivo contro 34.700 a tempo determinato).
La tabella seguente evidenzia la ripartizione tra le diverse Forze armate e tra i diversi gradi:
Con riferimento al grado delle Forze armate si segnala che la categoria dei volontari (VFP1 E VFP4) assorbe il 60 per cento dell'organico, mentre i sottufficiali il 27 per cento e gli ufficiali il 12 per cento, come evidenziato dal seguente grafico.
[Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare]
Più nel dettaglio, considerando che nell'ambito della categoria dei sottufficiali ci sono i primi marescialli, marescialli e sergenti e che nella categoria dei volontari ci sono quelli in servizio permanente e in ferma prefissata, il grafico sottostante ripartisce ulteriormente:
[Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare]
Ciò premesso, rispetto a tali obiettivi le consistenze di personale militare al 31 dicembre 2018 ammontano a circa 169.855 unità (nel totale non sono computati gli allievi delle accademie, quelli delle scuole marescialli e infine quelli delle scuole militari), rispettivamente, ripartiti tra ufficiali (13 per cento), marescialli (30 per cento), sergenti (9 per cento) e graduati e truppa (48 per cento), come si evince dal grafico seguente:
[Fonte: elaborazione dati Allegato E D.P.P. 2019-2021]
Pertanto, dalla tabella sottostante emergono i seguenti scostamenti percentuali tra gli attuali contingenti e quelli previsti al 2024
In termini numerici, il grafico seguente mette in relazione il numero del personale militare negli anni 2017, 2018 e le previsioni per il triennio 2019-2021 e quello da raggiungere nel 2024:
[Fonte: elaborazione dati articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare. All. E, DPP 2018–2020 e DPP 2019-2021]
Capitolo II
Un reclutamento non più attraente: i correttivi apportati dagli stati maggiore di Forza armata e le cause alla base del fenomeno della riduzione degli incorporamenti.
2.1. La mancata presentazione degli aspiranti ai Centri di selezione.
L'indagine conoscitiva condotta ha evidenziato l'interesse prioritario della Difesa a garantire una possibilità concreta di inserimento nel mondo del lavoro a tutti i giovani che servono il Paese in uniforme. Tuttavia, negli ultimi anni, i dati riferiti all'alimentazione delle carriere iniziali nelle Forze armate hanno presentano alcune criticità che hanno riguardato, in particolare, i volontari in ferma prefissata, soprattutto dell'Esercito. Si è assistito, infatti, a una sensibile riduzione della capacità del sistema dei reclutamenti di rispondere alle esigenze di alimentazione della Difesa, sia in termini quantitativi, sia dal punto di vista qualitativo.
Il Direttore generale per il personale militare, Ammiraglio Pietro Luciano Ricca, ha presentato un dettagliato quadro statistico della situazione relativa al reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, rilevando come negli ultimi anni si sia registrato un trend negativo negli arruolamenti di personale volontario, che non ha consentito di centrare pienamente gli obiettivi di reclutamento. Si tratta di un trend che, come è stato evidenziato anche dal Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, è apparso in graduale peggioramento e desta preoccupazione sia in termini quantitativi, per il raggiungimento del numero degli arruolamenti pianificati, sia in termini qualitativi, per il rischio di non poter disporre di un congruo bacino di candidati per operare un'adeguata selezione del personale.
Il calo dei volontari che si è registrato a partire dal 2013 ha rappresentato un fatto inedito per la Difesa, anche in considerazione delle dimensioni che ha assunto. Dall'esame dei dati forniti relativi al complesso delle Forze armate, è emerso che dal 2013, a fronte di un numero pressoché costante di domande presentate per la partecipazione ai concorsi VFP1, si assiste a un aumento della mancata presentazione degli aspiranti presso i centri di selezione che, nel 2017, ha raggiunto la percentuale del 59 per cento dei convocati. In particolare, nel 2016, a fronte di circa 10.000 posti a concorso, sono risultati idonei al termine delle attività selettive 8.184 concorrenti, dei quali solo 7.390 sono stati incorporati, ovvero 2.609 unità in meno rispetto alle esigenze. Tale tendenza è stata sostanzialmente confermata nel 2017, con 8.406 incorporati, a fronte di 10.780 posti a concorso, e 9.741 idonei, ovvero 2.374 unità in meno. Anche per l'anno 2018 la tendenza è confermata con circa 2.900 unità in meno.
Analizzando i dati in maniera disaggregata, risulta che la differenza ha interessato principalmente l'Esercito, dove il fenomeno delle mancate presentazioni si è attestato gradualmente da circa il 20 per cento di mancate presentazioni nel 2013 a circa il 63 per cento nel 2018, situazione che ha anche toccato la punta del 65 per cento nel 2017. Tuttavia, il problema sussiste, sia pure in misura limitata, anche per le altre due Forze armate.
L'indagine conoscitiva si è soffermata innanzitutto sulle cause del fenomeno della mancata presentazione agli accertamenti selettivi. Una prima motivazione è stata individuata nella modalità di presentazione on-line della domanda di partecipazione. È stato, infatti, osservato che la facilità del «clic» a volte fa sì che tale scelta derivi dalla pulsione di un momento, che poi viene meno da un'analisi successiva, manifestandosi con la mancata presentazione alla prima prova. Un'altra causa di defezione alle prove selettive concorsuali è da imputare ai costi elevati che le famiglie devono sostenere per gli esami clinici e gli accertamenti sanitari, nonché agli oneri di natura logistica connessi con le spese di trasporto di andata e ritorno per i centri selezione e con quelle destinate al vitto e alloggio nella sede degli esami. Altre motivazioni possono essere individuate nell'effetto deterrente dei commenti rilasciati sui social dai candidati che hanno partecipato a precedenti concorsi nelle Forze armate, che descrivono le prove concorsuali e la vita del VFP1 come molto difficili.
2.2. Le cause della perdita di capacità attrattiva del reclutamento.
L'indagine conoscitiva ha svolto una ricognizione sulle cause che hanno determinato una minore attrattività della carriera militare, cercando di individuare le possibili soluzioni alle criticità che hanno impedito di raggiungere numericamente i reclutamenti previsti dalle necessità di alimentazione dei ruoli delle Forze armate.
Nella sua audizione, il Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale Salvatore Farina, ha evidenziato come, da un punto di vista qualitativo, la nostra società stia vivendo un mutamento dei modelli educativi, che comporta una certa difficoltà dei giovani a confrontarsi con l'autorità e ad adattarsi a uno stile di vita più rigoroso e più disciplinato. A tal proposito, è stato segnalato l'acuirsi negli ultimi anni del fenomeno del personale che, arruolato e affluito nel reggimento e addestramento volontari, presenta le proprie dimissioni nei primi quindici giorni di corso, senza avvenimenti particolari, venendo di fatto prosciolto senza ulteriori obblighi di ferma. Dall'analisi dei questionari a cui sono stati sottoposti i dimissionari emerge che le ragioni principali degli abbandoni siano da ascrivere alla difficoltà di abituarsi ai nuovi ritmi di vita, agli orari di servizio, alla lontananza dagli affetti, all'impatto con le regole militari e al disagio legato alla mancanza di tutte le comodità.
Ma la principale causa della perdita dell'attrattività del reclutamento sembra essere individuabile nel venir meno delle certezze in termini di prospettive di carriera, limitate non solo dall'abolizione del cosiddetto «patentino», ma anche dalla riduzione generale delle dotazioni organiche per tutte le categorie, dettata dalla legge di revisione in senso riduttivo dello strumento militare (legge n. 244 del 2012), nonché a un trattamento economico di base che, sebbene dignitoso, non risulta sufficientemente stimolante e, verosimilmente, tenderà ad esserlo ancora meno in futuro.
Secondo quanto riferito dal Direttore generale per il personale militare, Ammiraglio Pietro Luciano Ricca, un importante aspetto che ha influenzato la perdita di appeal per la professione nelle carriere iniziali può essere ricondotto alle varianti normative apportate dall'articolo 10 del decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8, che hanno modificato le percentuali di riserva dei posti per l'assunzione nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a favore del personale che ha effettuato il servizio quale VFP1 e VFP4 nelle Forze armate. Questa riserva era assoluta fino al 31 dicembre 2015 ed è stata progressivamente diminuita nel triennio successivo. Oggi, infatti, le Forze di polizia possono reclutare parte di personale direttamente dalla vita civile.
È stato infatti sottolineato che, negli ultimi anni, le possibilità di trovare stabilizzazione all'interno del comparto difesa e sicurezza si sono ridotte e le certezze legate alla sicurezza del mantenimento del posto di lavoro e all'aspettativa di un lavoro stimolante e gratificante, sono venute meno. Peraltro, nel 2016 non solo è venuta meno la riserva assoluta dei posti nelle carriere iniziali nelle Forze di polizia, ma è stato anche istituito il servizio civile volontario per tutti i cittadini con età compresa tra 18 e 28 anni, prevedendo un impegno settimanale complessivo di 25 ore e una remunerazione di circa 435 euro netti al mese e titolo di merito nei concorsi della pubblica amministrazione.
Il Generale di brigata Gaetano Lunardo, Capo del I Reparto affari giuridici ed economici del personale dello stato maggiore dell'Esercito, ha osservato nella sua audizione che, a fronte degli attuali bandi di concorso – che consentono il passaggio nel ruolo dei VFP4 per soli 1.200 VFP1 all'anno, a fronte dei circa 1.600 previsti nel 2010, e nel ruolo dei volontari in servizio permanente di circa 1.000 VFP4 all'anno, a fronte dei circa 3.350 previsti sempre nel 2010 – oggi i volontari che non riescono ad avere accesso al ruolo dei VFP4, non possono più contare né sulla riserva assoluta dei posti nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, né sull'effettiva riserva dei posti prevista per legge nei concorsi delle altre amministrazioni pubbliche dello Stato.
Anche per quanto riguarda la Marina militare è stato evidenziato che le cause all'origine della mancata copertura dei posti a concorso per il 2017 sono principalmente collegabili alla bassa affluenza a selezione dei candidati convocati, sui quali può aver influito anche il concorso per le Forze di polizia del 2016, e all'incremento delle aliquote dei concorrenti giudicati non idonei. In particolare, il Comandante della Scuola Sottufficiali della Marina militare di Taranto, Contrammiraglio Enrico Giurelli, ha rilevato che nel concorso 2016, oltre alla ripresa dei concorsi delle Forze di polizia, è stato impiegato per la prima volta il nuovo sistema di selezione attitudinale, che escludeva la misura dell'altezza introducendo, al posto di questa, la bioimpedenziometria corporea (la misura della conducibilità corporea). Tale nuovo sistema di selezione comporta, normalmente, un 15 per cento di non idoneità, a fronte di un 2 per cento della vecchia misura delle altezze. L'analisi dei dati del concorso per l'anno 2018 evidenzia, invece, il pieno raggiungimento degli obiettivi di reclutamento dei volontari, essendo arrivati a immettere 1.968 volontari in luogo dei 1.920 previsti dal bando, e 110 giovani idonei della Marina militare sono transitati, come idonei vincitori, nei ranghi dell'Esercito rendendo possibile, per la prima volta, lo scivolo previsto dalla legge dei concorrenti idonei non vincitori in una Forza armata in un'altra Forza armata.
Infine, per quanto riguarda l'Aeronautica militare, atteso che non si sono registrate carenze nei reclutamenti, è stato rilevato come i fattori favorevoli all'immissione dei VFP1 potrebbero essere individuati nelle spese ridotte, in quanto l'Arma fornisce vitto e alloggio, mentre quelli sfavorevoli nell'eccessivo costo da sostenere per gli esami clinici, ai quali vanno aggiunti i costi che si devono sostenere per lo spostamento e il raggiungimento delle sedi concorsuali. Per quanto riguarda, invece, i VFP4, incide positivamente il fatto che in caso di idoneità c’è la quasi certezza di permanenza nella Forza armata attraverso il transito in servizio permanente, mentre rappresentano un impedimento le maggiori spese, considerato che l'Aeronautica militare fornisce ai candidati il solo vitto meridiano gratuito, mentre l'alloggio è a carico del candidato.
Per rendere maggiormente appetibile la professione militare e le carriere iniziali appare, dunque, necessario rivedere l'attuale quadro normativo, adottando misure idonee a favorire la valorizzazione, nonché la rivitalizzazione dei ruoli del personale reclutato nelle carriere iniziali delle Forze armate e dell'Esercito.
2.3. I correttivi adottati dagli stati maggiori di Forza armata.
Come sottolineato dal Direttore generale di PERSOMIL, nel 2018, a seguito della richiesta formulata dallo stato maggiore dell'Esercito, la Marina e l'Aeronautica militare, soddisfatte le proprie esigenze di reclutamento e sempre con il consenso dell'interessato, hanno espresso l'assenso all'incorporazione nell'unità dell'Esercito dei candidati risultati idonei non vincitori nelle rispettive procedure di reclutamento. Si tratta, comunque, di numeri ridotti che hanno soddisfatto una parte veramente marginale dell'esigenza dell'Esercito.
Per cercare di ridurre il fenomeno della mancata presentazione, gli stati maggiori di Forza armata hanno cercato di procedere verso una marcata armonizzazione delle attività selettive fra le tre Forze armate, al fine di favorire una riduzione dei costi a carico dei concorrenti. Pertanto, in un'ottica di semplificazione e armonizzazione tra le Forze armate dei bandi di reclutamento per i volontari in ferma prefissata di un anno, è stato introdotto in via sperimentale per l'anno 2019, per tutti i concorsi VFP delle Forze armate, il protocollo sanitario unico, consistente nell'elenco omogeneo della documentazione che i candidati devono esibire per la partecipazione ai concorsi in tutte le Forze armate, fissandone chiaramente i termini di validità. Questo ha consentito l'adozione della certificazione sanitaria unica, consistente in un'attestazione, rilasciata al candidato risultato idoneo alle prove selettive fisiche, che può essere utilizzata, entro un anno dal rilascio, in tutti gli altri concorsi delle Forze armate, senza necessità di dover produrre ulteriore documentazione sanitaria.
Con riguardo al Corpo della Guardia di finanza, il Capo Ufficio reclutamento e addestramento del Comando generale, Colonnello Vittorio Francavilla, ha sottolineato come la Guardia di finanza, mediante un recente restyling del portale Internet (Concorsi on line) dedicato alla gestione dell'intera procedura selettiva e raggiungibile anche in versione mobile, sia stata la prima Forza di polizia a dare attuazione a uno dei punti principali dell'Agenda digitale italiana, consentendo già nel 2016 la presentazione della domanda di partecipazione mediante il sistema di identificazione digitale della pubblica amministrazione (SPID). Sempre per incrementare l’appeal per i propri concorsi, la Guardia di finanza ha previsto sia la possibilità per il candidato di richiedere, compatibilmente con i tempi tecnici di svolgimento della procedura stessa, differimenti delle date delle prove (salvo che la prova si svolga in un solo giorno o che sia irripetibile come le prove scritte) sia la possibilità di recuperi delle prove di efficienza fisica, nel caso in cui durante l'esecuzione degli esercizi il candidato dovesse infortunarsi.
Con riguardo all'Arma dei Carabinieri, nella sua audizione del 7 maggio 2019, il Comandante generale, Generale di Corpo d'armata Giovanni Nistri, ha sottolineato che la necessità di pervenire ad un rapido abbassamento dell'età media del personale costituisce per l'Arma un obiettivo funzionale irrinunciabile. Ciò in ragione non solo del collegamento tra requisito fisico ed efficienza operativa, ma anche per le maggiori difficoltà nell'impiego e nella mobilità del personale connesse con il progredire dell'età e con le responsabilità famigliari che ad essa naturalmente si accompagnano. L'elevatissima qualità complessiva dei Volontari rappresenta per l'Arma una risorsa preziosa che, in questi anni, ha fornito molteplici prove di capacità operative e di valore sia in contesti nazionali sia in teatri operativi esteri. Il Comandante generale ha quindi evidenziato che il meccanismo della riserva dei posti, così come concepito, lascia a casa candidati «civili» molto preparati ed egualmente motivati, garantendo il transito nell'Arma anche a Volontari inclusi in «code di graduatoria» e la cui «idoneità viene in definitiva dichiarata senza un adeguato vaglio selettivo del parametro culturale. Per tali motivi – ha concluso il Generale Nistri – appare congruo subordinare il superamento dell’iter concorsuale a un'idoneità complessiva del candidato che, in linea con la più recente giurisprudenza, si fondi non solo sulla verifica, già attualmente prevista, dell'idoneità fisica, attitudinale e sanitaria, ma che sia accertata anche con riferimento al parametro culturale, richiedendo il conseguimento di un punteggio minimo nelle prove scritte di «cultura generale».
Ulteriori utili correttivi sono stati ipotizzati nel corso di alcune interlocuzioni informali con lo stato maggiore dell'Esercito. In particolare, il Generale Nistri ha richiamato: la riduzione dell'età massima dei Volontari, e analogamente dei «civili», per la partecipazione ai concorsi nell'Arma dagli attuali 28-26 anni a 23 o 24 anni, così da allineare il parametro anagrafico degli arruolati indipendentemente dal bacino di provenienza; la manifestazione dell'intendimento a un futuro impiego nell'Arma sin dalla selezione per la Forza armata di «primo arruolamento» in modo da poter intercettare, già in questa fase, le motivazioni più genuine e le attitudini più funzionali alle esigenze dell'Istituzione; infine, la partecipazione del fascicolo attitudinale degli aspiranti al successivo arruolamento nell'Arma, così da poter effettuare una prima ricognizione dei relativi profili ed apprezzare, all'atto del successivo iter concorsuale, l'evoluzione dei processi cognitivi e comportamentali, degli aspetti valoriali e relazionali, dei tratti della personalità e delle capacità di gestione dell'emotività.
Tuttavia, i risultati di tali interventi correttivi non sono stati in linea con le aspettative e, pertanto, lo stato maggiore della Difesa ha avviato un'indagine sociologica volta a capire nel dettaglio le ragioni di questa disaffezione. I risultati della ricerca – resi noti nel mese di agosto 2019 – hanno permesso al Ministero della Difesa di definire in maniera più aderente la politica dei reclutamenti e una mirata strategia comunicativa, pur nella consapevolezza che sussistono numerose variabili in gioco, come ad esempio le politiche sociali e le offerte di lavoro nelle aree di residenza, che possono cambiare in breve tempo lo scenario di riferimento.
2.4. L'esperienza francese.
Al fine di acquisire anche un contributo in chiave comparata, la Commissione ha deliberato di svolgere l'audizione dell'addetto per la difesa dell'Ambasciata di Francia in Italia, Contrammiraglio Bernard Abbo. Egli si è soffermato, in particolare, sugli elementi che rendono difficile il reclutamento, prima di tutto, quelli esterni alle Forze armate, tra cui la fortissima concorrenza col settore privato, soprattutto nei mestieri ad alto valore (come il nucleare, le trasmissioni, la sanità, le acquisizioni, il cyber e così via) e nei mestieri di sicurezza (Polizia, Gendarmeria e tutte le società private di sicurezza, che prendono una parte del vivaio del reclutamento). È stato, quindi, evidenziato che l'assoluta priorità del Ministro della difesa e del Capo di stato maggiore delle Forze armate, è la fidelizzazione, ossia mantenere in servizio chi entra nelle Forze armate. Uno sforzo particolare è stato profuso nell'ambito di una politica di marketing esterno, per promuovere quella che viene chiamata la marca Marina, Esercito, Aeronautica. Si è poi cercato di rendere il reclutamento più sicuro, anzitutto diversificando l'offerta di reclutamento per aumentare l'attrattività. Circa i due terzi dei militari francesi prestano servizio avendo un contratto, quindi, non sono militari di carriera che rimangono in servizio fino alla fine del percorso lavorativo. Infine, nel 2009 è stato creato un sistema, che si chiama difesa mobilità (défense mobilité), che si occupa di gestire il flusso dei 20.000 militari che escono dal sistema ogni anno per pensione, per seconda carriera o altro. L'agenzia per la riconversione della Difesa, di cui fa parte questo sistema difesa mobilità, vede passare ogni anno quasi il 70 per cento della gente che esce dal sistema. Sono state create partnership con enti specializzati nelle risorse umane nel settore privato e anche nella pubblica amministrazione ci sono posti riservati per chi esce dal sistema militare.
Capitolo III
I rimedi
3. 1 Le soluzioni proposte dagli auditi.
Il Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha osservato che per molti anni si è pensato che il principale elemento di motivazione potesse essere costituito da crescenti incentivi economici. I fatti hanno smentito questa convinzione. Se è vero che al personale militare, a tutti i livelli, deve essere riconosciuta una retribuzione adeguata alle legittime aspettative di ciascuno e, soprattutto, in grado di garantire quella libertà di pensiero che solo la libertà dal bisogno può assicurare, si deve sottolineare che la richiesta più pressante che proviene da parte delle Forze armate in questi ultimi anni riguarda la possibilità di crescita professionale, sia per quanto riguarda le mansioni assegnate, sia con riferimento al grado attribuito. Pertanto, come evidenziato dallo stesso Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, diventa sempre più importante aprire alla possibilità di transitare da una categoria all'altra, consentendo sia al graduato, sia al sottufficiale di poter accedere alle categorie superiori. In questo modo si potrà garantire la soddisfazione delle legittime e motivate aspettative di ciascuno, nella convinzione che un militare soddisfatto è sicuramente il più efficace strumento di incentivazione e promozione del reclutamento verso l'esterno.
Come sottolineato dal Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, il calo di attrattività per i ruoli iniziali delle Forze armate evidenzia che il servizio in ferma prefissata introdotto dal modello professionale deve trovare un solido sostegno in adeguate forme di incentivazione, prima tra tutte quella di essere presupposto necessario per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, come è avvenuto dal 2005 al 2015. Tra le soluzioni che sono state proposte per incrementare l'attrattività del reclutamento si è, infatti, registrata una convergenza delle tre Forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica) con riguardo alla necessità di reintrodurre la riserva assoluta a favore dei volontari in ferma prefissata, nei concorsi per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, ad ordinamento sia militare sia civile, consentendo così a queste di disporre di personale che abbia già dato prova del proprio valore e della propria motivazione. La Guardia di Finanza e l'Arma dei carabinieri hanno avanzato, invece, qualche riserva.
Ciò premesso, come evidenziato dal Ministro della difesa, Elisabetta Trenta, l'attuale modello di reclutamento per Esercito, Marina e Aeronautica è strutturato prevedendo step successivi e decrescenti di precarietà anche se gli stati maggiori di Forza armata hanno dato ampie rassicurazioni che il piano dei passaggi in servizio permanente elaborato per il corrente anno consentirà di stabilizzare tutto il personale meritevole, la soluzione al problema del mancato arruolamento di tutta la forza necessaria debba essere di natura strutturale, arrivando a superare completamente il precariato nelle Forze armate. Al vertice politico del dicastero è parso, quindi, necessario approfondire la proposta avanzata dal Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale Salvatore Farina, che ha ipotizzato l'introduzione di un volontario in ferma pluriennale, il cui percorso preveda una prima ferma triennale e la successiva possibilità, per i più meritevoli, di accedere, previo superamento di un concorso, a un'ulteriore ferma di altri 3 anni, arrivando complessivamente a 6 anni, al termine dei quali il passaggio in servizio avverrebbe in maniera pressoché automatica. A favore di coloro che dovessero, invece, maturare la volontà di lasciare la professione militare prima del passaggio in servizio permanente dovrà essere assicurata la possibilità di crearsi un bagaglio di conoscenze e competenze spendibili anche nel mondo privato e, quindi, appetibili anche sul mercato del lavoro civile.
In particolare, il Generale Salvatore Farina ha sottolineato che l'Esercito punta a realizzare un nuovo modello di reclutamento, volto a conseguire il duplice obiettivo di ringiovanire parte dello strumento militare e colmare la carenza di organico in atto, dal momento che risulta ormai ineludibile investire su una nuova figura di volontario in grado di garantire contemporaneamente un maggiore appeal basato sulle concrete possibilità di progressione nel comparto difesa e sicurezza o di effettiva ricollocazione in altre amministrazioni pubbliche dello Stato o nel settore privato, nonché un adeguato ritorno per la Forza armata in termini di capacità operativa spendibile per un periodo di impiego del singolo più lungo.
La prima ipotesi del nuovo modello di reclutamento è volta al superamento della figura del VFP1 e del VFP4 mediante l'introduzione di un volontario in ferma pluriennale il cui percorso preveda una prima ferma di tre anni e la successiva possibilità per 1.700 di loro (non più 1.200 come adesso) di passare e accedere, previo superamento di un concorso interno, a un'ulteriore ferma di tre anni, per complessivi 6 anni, al termine dei quali il servizio permanente avverrebbe in maniera automatica.
La seconda ipotesi è un modulo di reclutamento teorico all'anno che, anziché essere di 8.000 unità, viene ridotto a circa 6.000 unità all'anno. Raffrontando il modulo di ingresso con l'aspettativa di entrare in servizio permanente, avremmo gli 8.000 contro i 1.200 di prima a fronte degli attuali proposti, 6.000, in rapporto ai 1.700.
In sintesi, con l'ipotesi in esame, il nuovo VFP3/6 dell'Esercito avrebbe: un indice percentuale di stabilizzazione nei ruoli del servizio permanente del comparto difesa di circa il 30 per cento (uno su tre) a fronte dell'attuale 13 per cento (uno su otto); una possibilità di transitare nel comparto sicurezza del 20 per cento, a fronte dell'attuale 14 per cento; un periodo predeterminato fisso in ferma prefissata di soli sei anni, a fronte di quello attualmente in atto di durata variabile dai cinque agli undici anni, con delle incertezze che portano l'individuo ad arrivare anche a undici anni di servizio senza avere nessuna possibilità di sbocco lavorativo.
Per il restante personale non stabilizzato nel comparto difesa e sicurezza, verosimilmente in possesso di un'età media non superiore ai 23 anni, sarebbero previsti un premio di congedo, ovvero bonus scolastici, e percorsi formativi ad hoc, mirati a certificare competenze e professionalità utili per l'effettivo ricollocamento in altre amministrazioni pubbliche dello Stato o nel mondo del lavoro nel settore privato.
Inoltre, per conferire maggiore dignità e riconoscimento al ruolo più impegnativo richiesto ai nuovi VFP3/6, si potrebbe prevederne l'allineamento al trattamento economico attualmente previsto per i VFP4, passando da uno stipendio base netto alla mano di circa 1.000 euro a circa 1.250 euro.
Secondo i calcoli effettuati dallo stato maggiore dell'Esercito, questo nuovo modello comporterebbe un costo complessivo medio annuo, per il solo periodo transitorio, di approssimativamente 10-15 anni, di circa 80 milioni di euro. Questa sarebbe una spesa aggiuntiva rispetto all'attuale modello, senza considerare le significative economie che ci sono derivanti da minori costi per la selezione e per l'addestramento. Molto sinteticamente, anziché ripetere l'addestramento continuativo ogni anno, l'Esercito lo farebbe per meno personale, e quindi ci sarebbe un risparmio notevole. I costi iniziali del nuovo modello afferenti al periodo di transizione andranno ad azzerarsi nel medio e lungo termine, ove si consolideranno per contro le economie realizzate sia nella selezione sia nell'addestramento.
Infine, per continuare a salvaguardare l'aspetto motivazionale, che è alla base di uno strumento militare efficace, si sta valutando di ampliare al massimo le riserve dei posti già previsti nei concorsi e titoli ed esami per il transito nei ruoli e categorie sovraordinate a quelle delle carriere iniziali, cioè nell'ambito dell'Esercito.
Pertanto, il nuovo modello delineato garantirebbe: una maggiore certezza di sviluppo di carriera nel comparto difesa e sicurezza, grazie a una percentuale di transito nei ruoli in servizio permanente pari a circa il 50 per cento dei giovani VFP3, mentre oggi la possibilità per i VFP1 è solo del 27 per cento per l'Esercito; un periodo di ferma prefissata, che si ritiene comunque imprescindibile in termini formativi, esperienziali e valoriali, per svolgere la professione del soldato, che di fatto verrebbe quasi dimezzato (solo sei anni rispetto alla durata attuale che, invece, arriva fino a undici anni); un'esigenza dimezzata (da 6.000 a 3.000 unità all'anno) in termini di ricollocamento, dato la cui importanza è di tutta evidenza.
3. 2 Le iniziative adottate per favorire il ricollocamento dei volontari non transitati in servizio permanente.
Al fine di accompagnare i volontari congedati verso il mondo del lavoro offrendo loro, sulla base del principio della ricerca attiva di lavoro, un kit di strumenti in termini di orientamento professionale, formazione, valorizzazione delle competenze acquisite durante la vita militare, visibilità alle aziende, invio curricula, fruizione del beneficio della riserva nei concorsi e relativa consulenza, in modo da poterne elevare il grado di impiego, nell'ambito del Segretariato Generale della Difesa, è stato costituito l'Ufficio per il sostegno alla ricollocazione professionale dei volontari congedati senza demerito, composta di 19 articolazioni territoriali funzionalmente dipendenti dall'Ufficio centrale.
L'illustrazione dei compiti e delle funzioni dell'Ufficio è stata fornita dal dottor Giuseppe Quitadamo, Direttore del I Reparto Segretariato generale e Direzione nazionale degli armamenti, che ha sottolineato come la struttura centrale, oggi composta di solo 16 unità, sia stata nel tempo oggetto di numerosi interventi di spending-review, in controtendenza rispetto all'ampliamento degli obiettivi e al riconoscimento della loro valenza strategica, per di più a fronte di un contesto economico congiunturale assai problematico.
Il dottor Quitadamo si è soffermato sul progetto interforze denominato «Sbocchi occupazionali», il I Reparto del quale è coordinatore nazionale, evidenziando che i volontari si iscrivono a questo sia a congedo avvenuto, sia quando sono ancora in servizio su base volontaria. Si tratta di giovani appartenenti alle Forze armate dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica che, seppur per un periodo di tempo limitato coincidente con la ferma, hanno sperimentato la realtà della vita militare, ne hanno condiviso i valori fondanti, e hanno sviluppato competenze trasversali oltre che alcune capacità tecniche e che, non essendo transitati nel servizio permanente effettivo (SPE), si accingono ad entrare nel mondo del lavoro civile con un gap di uno o più anni rispetto ai loro coetanei. Con l'iscrizione al progetto, il volontario viene preso in carico dalla sezione territoriale competente per servizio o residenza ed è gestito all'interno del sistema informativo Lavoro-Difesa (SILDifesa) che del progetto della struttura costituisce l'architettura portante. L'adesione al progetto e al Sistema Informativo Lavoro Difesa immette il volontario nel circuito di sostegno che si declina in una serie di interventi sulla persona e di attività che spaziano dal servizio di orientamento professionale, alla formazione, all'affidamento a selezione. Risultati significativi sono stati ottenuti attraverso convenzioni con il mondo della security che guarda con grande interesse alle competenze e alle professionalità acquisite durante la ferma.
Il dottor Quitadamo ha sottolineato che, oggi, sono presenti in banca dati circa 5.700 curricula di volontari aderenti al progetto tra volontari in servizio, prossimi al congedo, e volontari già congedati che rappresentano più della metà degli iscritti. In particolare, con riferimento agli iscritti nell'ultimo triennio, l'Ufficio ha orientato 4.775 volontari; ne ha avviati a formazione 778; 293 sono stati assunti nella pubblica amministrazione con riserva di posti.
Tuttavia, nonostante i significativi risultati, è stata avvertita la necessità di un rafforzamento dell'impianto esistente a livello legislativo, strutturale, professionale ed economico, anche al fine di uniformare la struttura oggi esistente agli standard previsti a livello nazionale per tutti gli organismi operanti nel settore e di renderla minimamente somigliante alle omologhe strutture europee caratterizzate da una capillarità territoriale e una consistenza di risorse proporzionate all'utenza da gestire.
Un'altra ragione che ha spinto a richiedere il rafforzamento della struttura è riconducibile all'abolizione, dal 1o gennaio 2016, della riserva assoluta per le carriere iniziali delle Forze di polizia. Il dottor Quitadamo ha sottolineato che, a fronte dell'indebolimento di tale misura, occorre puntare, come possibile e non facile alternativa, sul mercato del lavoro privato nei settori di forte osmosi tra mondo militare e società civile e, quindi, sul robusto coinvolgimento delle industrie della Difesa, come ad esempio avviene in altre nazioni (Spagna, Inghilterra e Francia) che hanno un rapporto molto più stretto con le industrie che lavorano per la Difesa. Pertanto, nella perdurante assenza di qualsiasi tipo di agevolazione diretta o indiretta per le imprese che assumono volontari congedati, occorre puntare sull'ampliamento delle competenze e sulla valorizzazione delle stesse in ottica duale, sulla formazione e sulla sperimentazione di nuove modalità di apprendimento on the job, sul riconoscimento delle competenze in settori contigui a quelli militari ovvero di attività o figure ancora non regolamentate quali il settore della difesa delle infrastrutture nazionale critiche all'estero analogamente a quanto è avvenuto sul versante della pirateria marittima. In una parola, occorre puntare sul coinvolgimento attivo di tutti gli operatori del settore al fine di generare processi virtuosi di sistema stimolando altresì una riflessione da parte di tutti gli interlocutori istituzionali che operano a vario titolo e a vari livelli nel mercato del lavoro.
Il Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale Farina, ha invece prospettato la possibilità di istituire – a similitudine di quanto avviene nelle altre Forze armate dei principali Paesi esteri (Francia, Germania e Regno Unito) – un'agenzia nazionale per il ricollocamento, con sportelli presenti presso tutte le unità delle Forze armate. Tale agenzia sarebbe deputata a gestire in favore del personale interessato sia la fase di transizione incentrata sulla preparazione finale mirata al reinserimento nel mondo del lavoro, sia la concreta acquisizione di un nuovo impiego. Nello stesso tempo sarebbe auspicabile l'implementazione delle misure a favore del personale congedato al fine di favorirne il ricollocamento attraverso benefici fiscali per le aziende che li assumono, nonché la stipula di convenzioni operative con società che si occupano di sicurezza, ovvero l'impiego risultato più gradito tra i volontari in ferma prefissata in caso di congedo, nella considerazione che la Forza armata offre personale dotato di un'esperienza immediatamente spendibile. Al riguardo, è stato evidenziato che occorrerebbe implementare il decreto ministeriale del Ministero dell'interno recante l'individuazione dei requisiti minimi professionali di formazione delle guardie particolari giurate ai sensi dell'articolo 18, secondo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, rendendo il servizio prestato nelle Forze armate quale condicio sine qua non per poter svolgere le funzioni di addetto alla sicurezza guardia particolare giurata.
CONCLUSIONI
L'attuale modello di reclutamento del personale volontario di truppa delle Forze armate risale al 2000, quando, con la scelta di sospendere la coscrizione obbligatoria, si è passati a uno strumento militare composto interamente da professionisti.
L'adesione a tale modello, nel soddisfare un'esigenza di operatività, ha determinato alcuni significativi aspetti critici, tra i quali l'innalzamento dell'età media di tutto il personale della Difesa e la necessità di ricollocamento professionale dei volontari al termine del periodo di ferma, cui si collega l'esigenza per loro di una più ampia e concreta gamma di sbocchi lavorativi.
A conferma di quanto accennato nelle motivazioni a premessa dello svolgimento dell'indagine conoscitiva, dai dati e dalle riflessioni emerse nel corso delle audizioni svolte nonché dalle soluzioni proposte in particolare dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, alla base di uno strumento militare efficace vi è certamente la necessità di salvaguardare l'aspetto motivazionale che è alla base delle scelte di ciascun individuo.
Taluni passaggi delle audizioni si sono soffermati maggiormente sulla mancata certezza circa il futuro professionale o ad una mancata corrispondenza tra la realtà e le aspettative economiche dei candidati senza valutare che tali elementi sono, auspicabilmente, da intendersi solo successivi alle legittime aspirazioni, alle attitudini personali, alla propensione individuale oltre che al riconoscimento di taluni valori fondanti dell'etica e della disciplina militare.
Si reputa necessario individuare un sistema di reclutamento e di formazione dei volontari in ferma pluriennale delle Forze armate funzionale e idoneo non solo a contemperare le esigenze di operatività dello strumento militare professionale con le legittime aspettative di carriera, di formazione e di stabilità professionale dei volontari ma in grado di valorizzare l'aspetto motivazionale.
Per quanto concerne il reclutamento nella sua fase iniziale, si auspica che siano istituiti centri di reclutamento in misura omogenea per macro aree sul territorio nazionale, in modo da rendere più semplice e meno oneroso il loro raggiungimento da parte dei candidati al ruolo di volontari in ferma prefissata; per le stesse ragioni si ritiene utile che i costi da affrontare per gli accertamenti dell'idoneità fisica e psico-attitudinale, a volte elevati per i candidati che li devono sostenere, siano ripartiti con l'Amministrazione competente, anche sulla base di accordi con il Ministero della salute.
Appare inoltre congruo subordinare il superamento dell’iter concorsuale a una valutazione dell'idoneità complessiva del candidato che, in conformità alla più recente giurisprudenza, si fondi non solo sulla verifica dell'idoneità fisica, già attualmente prevista, sul piano attitudinale e sanitario, ma anche su accertamenti riferiti al parametro culturale, richiedendo il conseguimento di un punteggio minimo nelle prove scritte di cultura generale: si tratta di un requisito sempre più essenziale tanto per i candidati all'arruolamento provenienti dai volontari, quanto per i civili, per sostenere con profitto sia l'impegnativa formazione specialistica, sia i successivi percorsi di qualificazione necessari per l'impiego nei sempre più numerosi incarichi caratterizzati da elevato contenuto tecnico.
Si sottolinea inoltre la necessità di superare l'attuale modello basato su VFP1 e VFP4 in quanto si ritiene necessario consentire la realizzazione di un periodo iniziale finalizzato ad acquisire le capacità militari e la formazione tecnica, che siano riconosciute anche sul mercato del lavoro al di fuori dell'ambito militare. A tal fine si ritiene utile immaginare un sistema di formazione, per quanto concerne la sola formazione tecnica, che preveda accordi tra le Regioni e il MIUR (oggi MUR) in modo da acquisire, durante la ferma volontaria, qualifiche professionali e specialistiche riconosciute anche in ambito civile.
Il MUR può inoltre ricoprire un ruolo fondamentale, dal momento che garantisce il sostegno a tutti i momenti di scelta dei giovani studenti, nell'includere nel modello di orientamento formativo l'eventualità di una carriera militare, in tutte le sue forme.
Ripercorrendo la strada già tracciata e le ipotesi di soluzione indicate nel corso delle differenti audizioni, alcune di queste sono certamente valutabili e percorribili. Il superamento in via prioritaria del VFP1 e successivamente del VFP4 mira ad una soluzione di maggiore stabilità sia dal punto di vista esperienziale che formativa trasformando la scelta, su base triennale, in una soluzione più consapevole.
Nel mutare del percorso, della leva obbligatoria alla professionalizzazione delle Forze armate, l'arruolamento come VFP1 ha rappresentato, come fu per il servizio di leva, un'occasione per un primo approccio alla vita militare lasciando un bagaglio di competenze non indifferente e che per formazione consente di essere pronti ad affrontare sia la carriera militare che una professione civile.
L'auspicata riduzione dell'età media del personale e, analogamente, dell'età massima dei volontari e dei civili per la partecipazione ai concorsi per il nuovo modello di ferma auspicato, potrebbe inoltre aiutare il passaggio agli altri comparti della pubblica amministrazione, in particolare quelli della sicurezza e degli enti locali.
Si ritiene importante agevolare il passaggio dei volontari nel servizio permanente, semplificando le procedure amministrative per l'immissione nei ruoli e prevedendo adeguate riserve di posti in tutti i concorsi interni e pubblici per i ruoli dei sergenti e dei marescialli, estendendo così una misura oggi già contemplata dal codice dell'ordinamento militare.
Si ritiene utile conservare le percentuali attualmente previste per la riserva dei posti, in favore del personale delle Forze armate congedato senza demerito, nei concorsi banditi dalle altre amministrazioni pubbliche, compresi gli enti locali sulla base di intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con particolare riferimento al reclutamento del personale dei corpi di polizia locale, prevedendo specifiche sanzioni per le amministrazioni inadempienti.
Pur nella consapevolezza delle difficoltà che il mercato del lavoro incontra nel garantire opportunità occupazionali, la Commissione difesa conviene che si debba offrire una reale possibilità di impiego ai volontari congedati che, per qualsiasi motivo, non proseguano le esperienze di servizio né presso la Forza armata di primo arruolamento né nell'Arma dei Carabinieri o nelle altre Forze di polizia: le competenze – anche di carattere trasversale – e le capacità tecniche acquisite negli anni del servizio in armi consentirebbero, infatti, ai volontari di essere proficuamente impiegati tra le fila del personale civile del Ministero della Difesa oltre che nell'ampia gamma di opportunità lavorative collegate agli ambiti professionali della sicurezza e della protezione civile, certamente prossimi all'esperienza maturata, nell'ancor più ampio ventaglio di professioni qualificanti anche nel settore privato e riconducibili alla funzione di incaricato di pubblico servizio, come le guardie particolari giurate, rendendo il servizio prestato nelle Forze armate quale condicio sine qua non per svolgere le funzioni di addetto alla sicurezza guardia particolare giurata.
Si ricorda inoltre che le Forze armate sono ordinariamente impegnate anche in attività, quali, ad esempio, il soccorso in mare e in montagna, i trasporti sanitari d'urgenza, la meteorologia e climatologia, l'assistenza al volo e alla navigazione civile, la difesa cibernetica, la bonifica del territorio da residuati bellici, la cartografia e l'idro-oceanografia, la difesa nucleare, chimica, biologica, cui corrispondono competenze trasversali di sicuro interesse per il mercato del lavoro, non solo nel settore pubblico, ma anche nel privato, cui potrebbero essere riconosciute concrete misure premiali di ordine fiscale, finalizzate proprio al ricollocamento dei volontari, adattando, ad esempio, le misure già in vigore al fine di agevolare l'occupazione giovanile.
In tal senso, si devono prevedere iniziative per il sostegno, la formazione professionale, il completamento di cicli di studio e il collocamento preferenziale anche nel mondo del lavoro privato, attraverso il ricorso a convenzioni tra il Ministero della difesa e le associazioni rappresentative e di categoria delle imprese private e la previsione di misure agevolative, anche di carattere fiscale, che favoriscano l'assunzione da parte di tali imprese.
In conclusione, si auspica la predisposizione di un testo normativo organico sulla materia, prendendo spunto dalle proposte di legge già depositate, che individui un sistema di reclutamento e di formazione dei volontari in ferma pluriennale delle Forze armate che sia funzionale sia alle esigenze di operatività dello strumento militare, sia alle legittime aspettative di carriera, di formazione e di concreto riconoscimento della professionalità dei volontari stessi e che tutti questi elementi e spunti raccolti possano contribuire alla fattiva realizzazione di un nuovo modello professionale basato sulla scelta di una forte motivazione valoriale di cui le Forze armate sono sempre state espressione anche nella società contemporanea.