III Commissione
Affari esteri e comunitari
Affari esteri e comunitari (III)
Commissione III (Affari esteri)
Comm. III
Indagine conoscitiva sull'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l'efficacia del quadro normativo nazionale e del sistema italiano di cooperazione: deliberazione di variazioni del programma (Deliberazione di variazioni del programma) ... 31
Istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo. C. 223 La Marca e abb. C. 2008 Siragusa, C. 2219 Fitzgerald Nissoli, C. 2200 Formentini (Seguito esame e rinvio) ... 32
ALLEGATO 1 (Emendamenti) ... 43
Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti, fatto a Kiev il 21 maggio 2003. C. 1862 Governo (Esame e rinvio) ... 33
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Roma il 25 novembre 2009. C. 1956 Governo (Esame e rinvio) ... 34
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica democratica federale di Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto ad Addis Abeba il 10 aprile 2019. C. 1999 Governo (Esame e rinvio) ... 36
Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108a sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione. C. 2207 Boldrini (Esame e rinvio) ... 39
Sugli esiti della missione in Grecia (14-15 novembre 2019) ... 41
ALLEGATO 2 (Comunicazioni della Presidente) ... 45
Sugli esiti della missione in Bosnia Erzegovina (27-28 novembre 2019) ... 41
ALLEGATO 3 (Comunicazioni della Presidente) ... 50
Sugli esiti della missione svolta dalla deputata Quartapelle Procopio a Berlino (27-28 novembre 2019) ... 42
Sugli esiti della missione a Bruxelles (4 dicembre 2019) ... 42
ALLEGATO 4 (Comunicazioni della Presidente) ... 56
INDAGINE CONOSCITIVA
Mercoledì 11 dicembre 2019. — Presidenza del vicepresidente Piero FASSINO.
La seduta comincia alle 15.10.
Indagine conoscitiva sull'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l'efficacia del quadro normativo nazionale e del sistema italiano di cooperazione: deliberazione di variazioni del programma.
(Deliberazione di variazioni del programma).
Piero FASSINO, presidente, facendo a seguito a quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nelle riunioni del 13 novembre e del 3 dicembre scorsi, essendo pervenuta l'intesa della Presidenza della Camera, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, avverte che la Commissione si accinge a deliberare in merito a variazioni del programma dell'indagine conoscitiva in titolo, al fine di integrare l'elenco delle categorie di auditi con il riferimento a rappresentanti dei Ministeri dell'Interno, dell'Economia e delle finanze e dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Fa presente che tale integrazione è motivata, nello specifico, dal ruolo cruciale che tali Amministrazioni esercitano, insieme al MAECI, rispetto agli interventi di aiuto pubblico allo sviluppo nel contesto del sistema nazionale sulla cooperazione allo sviluppo, di cui alla legge n. 125 del 2014. Le stesse Amministrazioni collaborano, più in generale, in modo decisivo nell'adempimento degli obblighi assunti dall'Italia nei confronti della comunità internazionale per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Propone quindi di deliberare l'integrazione del programma.
La Commissione delibera l'integrazione del programma dell'indagine conoscitiva.
La seduta termina alle 15.15.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 11 dicembre 2019. — Presidenza del vicepresidente Piero FASSINO. — Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano.
La seduta comincia alle 15.15.
Istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo.
C. 223 La Marca e abb. C. 2008 Siragusa, C. 2219 Fitzgerald Nissoli, C. 2200 Formentini.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 novembre scorso.
Piero FASSINO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante la trasmissione sul circuito televisivo interno. Non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del circuito.
Fa presente, quindi, che sul provvedimento in esame sono state presentate otto proposte emendative (vedi allegato 1).
Richiamato l'articolo 89 del Regolamento, nonché la lettera circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997, dichiara l'inammissibilità per estraneità di materia dell'articolo aggiuntivo Siragusa 1.01, concernente l'istituzione del portale unico degli italiani all'estero. Tale estraneità si spiega alla luce del contenuto obiettivo dei provvedimenti in titolo, il cui perimetro è circoscritto alla sola istituzione della giornata nazionale degli italiani nel mondo e alla realizzazione di eventi ed iniziative ad essa riferiti.
Dà quindi conto delle sostituzioni.
Angela SCHIRÒ (PD), relatrice, auspica l'approvazione dell'emendamento a sua prima firma 1.1, che propone di considerare come giornata nazionale degli italiani nel mondo, per ragioni di merito e di opportunità, la data del 27 ottobre, in omaggio alla legge 27 ottobre 1988, n. 470, istitutiva dell'Anagrafe per gli italiani residenti all'estero (AIRE). Da quella normativa, infatti, la presenza degli italiani all'estero ha avuto una rilevanza formale e si sono creati i presupposti per il concreto esercizio di alcuni importanti diritti di cittadinanza, quale il voto nelle elezioni politiche e per il rinnovo degli organismi di rappresentanza, e di forme più evolute e certe nel rapporto tra il cittadino residente all'estero e lo Stato. Con la legge n. 470 del 1988 si è venuta configurando, in generale, una specie di «regione» virtuale di circa sei milioni di cittadini, destinata a crescere per l'afflusso della nuova emigrazione, che fa da nucleo di polarizzazione di una più ampia comunità di «italodiscendenti» calcolata intorno a sessanta milioni di persone. Allo stesso tempo, la data ricadente alla fine di ottobre consente di conciliare sul piano pratico le diverse esigenze legate alle stagionalità dei due emisferi, con riferimento ai periodi di ferie e di sospensione delle attività formative. L'ultima settimana di ottobre, in particolare, risponde pienamente all'esigenza primaria di far vivere la ricorrenza nell'attività scolastica in Italia che, all'inizio dell'anno formativo, consente un'adeguata programmazione del lavoro di ricerca e di insegnamento.
Per tali ragioni esprime parere contrario sugli identici emendamenti Fitzgerald Nissoli 1.2 e Formentini 1.3 e sull'emendamento Palazzotto 1.4. Esprime parere favorevole sugli emendamenti Siragusa 1.5 e Formentini 1.6 e parere contrario sull'emendamento Formentini 2.1.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO esprime parere conforme a quello della relatrice.
La Commissione approva l'emendamento della relatrice 1.1.
Piero FASSINO, presidente, avverte che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento della relatrice 1.1, risultano preclusi gli identici emendamenti Fitzgerald Nissoli 1.2 e Formentini 1.3, nonché l'emendamento Palazzotto 1.4, tutti vertenti sull'indicazione di una diversa data in cui fissare la ricorrenza della Giornata nazionale degli italiani nel mondo.
La Commissione, con distinte votazioni, approva gli emendamenti Siragusa 1.5 e Formentini 1.6 e respinge l'emendamento Formentini 2.1.
Piero FASSINO, presidente, avendo la relatrice avanzato una proposta di trasferimento del provvedimento alla sede legislativa, avverte che, essendosi concluso l'esame preliminare del provvedimento, esso sarà trasmesso, nel testo risultante dagli emendamenti approvati, alle Commissioni competenti in sede consultiva anche a tali fini.
Successivamente, una volta verificata la sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 92, comma 6, del regolamento, si riserva di trasmettere richiesta alla Presidenza della Camera.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti, fatto a Kiev il 21 maggio 2003.
C. 1862 Governo.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Andrea ROMANO (PD), relatore, sottolinea che il testo, adottato dalla riunione straordinaria sulla Convenzione di Aarhus relativa all'accesso all'informazione in materia ambientale, è stato finora ratificato da trentadue Paesi e dall'Unione europea ed è entrato in vigore nell'ottobre 2009.
Evidenzia che si tratta del primo strumento internazionale, legalmente vincolante, che obbliga le Parti a istituire inventari o registri nazionali sulle emissioni e dei trasferimenti in aria e acqua di specifiche sostanze inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e dagli stabilimenti industriali.
Rileva che il suo scopo principale è quello di agevolare la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in campo ambientale e di contribuire a prevenire e ridurre l'inquinamento dell'ambiente.
Segnala che, composto da trenta articoli e da quattro allegati, il Protocollo – adottato nel quadro dell'UNECE, la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite – ricomprende ed amplia gli strumenti normativi già esistenti a livello di Unione europea e nazionale, ovvero l'inventario europeo denominato EPER, finalizzato a raccogliere le informazioni sulle emissioni in aria e acqua di specifiche sostanze inquinanti, e la «dichiarazione INES», che, in ambito nazionale, ha assicurato, per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), tale raccolta informativa.
Osserva che il contenuto dell'atto internazionale risulta peraltro in concreto già attuato in Italia e nel territorio dell'Unione europea. Con il regolamento europeo n. 166 del 2006, intatti, relativo all'istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti, è stata già data attuazione a livello europeo al protocollo in esame, in particolare disponendo l'aggiornamento del precedente registro EPER (ora sostituito dallo E-PRTR) e l'ampliamento del campo di indagine da 50 a 91 sostanze inquinanti, da 12 mila ad oltre 24 mila stabilimenti industriali, da 56 a 65 settori di attività.
Precisa che in Italia, nel dare attuazione alle disposizioni europee, sono state individuate le autorità competenti per la valutazione delle dichiarazioni PRTR – il Ministero dell'ambiente e l'ISPRA – e sono state stabilite tempistica e modalità di presentazione della dichiarazione da parte degli interessati (ovvero i gestori dei complessi industriali).
Sottolinea che il Protocollo in esame, dopo aver precisato scopo (articolo 1) e definizioni (articolo 2), individua gli elementi fondamentali di un sistema di registri di emissioni e trasferimenti di sostanze inquinanti (articolo 4) e i contenuti del registro (articolo 6). Fissa quindi gli obblighi di comunicazione che ciascun Paese parte è tenuto a far rispettare ai gestori o ai proprietari degli impianti (articolo 7), nonché il periodo di notificazione, gli elementi necessari per la raccolta e registrazione dei dati, la valutazione qualitativa delle informazioni comunicate e la garanzia di accesso del pubblico alle informazioni (articoli 8-11).
Evidenzia che altre misure riguardano l'accesso alla giustizia per quanti si ritengano lesi nel proprio diritti informativo (articolo 14), la cooperazione internazionale e le riunioni fra le Parti (articolo 16) e gli strumenti di modifica del Protocollo (articolo 20).
Rileva che il Protocollo è inoltre dotato di propri organi interni: la Riunione delle Parti (articolo 17), l'organo decisionale preposto all'implementazione del documento internazionale, e il segretariato (articolo 21). Infine il Protocollo detta norme per la risoluzione delle controversie (articolo 23), esclude che possano essere ammesse delle riserve al testo (articolo 28) e stabilisce le modalità per la sua denuncia (articolo 29).
Osserva che gli allegati al testo individuano le attività (Allegato I), le sostanze inquinanti (Allegato II), le operazioni di smaltimento e recupero (Allegato III), la procedura di arbitrato in caso di controversie (Allegato IV).
Segnala che il disegno di legge di ratifica, il cui esame era stato avviato durante la scorsa legislatura presso la Commissione Affari esteri del Senato, consta di quattro articoli che ineriscono rispettivamente, all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2), all'entrata in vigore (articolo 3) e alla clausola di invarianza finanziaria (articolo 4).
Sottolinea che la relazione tecnico-finanziaria che accompagna il provvedimento evidenzia che il testo non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO si associa alle considerazioni del relatore.
Piero FASSINO, presidente, sottolineando che si tratta di un Accordo risalente al 2003, ritiene che i tempi siano maturi per una riforma costituzionale in tema di ratifica dei trattati internazionali in chiave di maggiore rapidità ed efficienza.
Avverte, quindi, che s'intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Roma il 25 novembre 2009.
C. 1956 Governo.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Piero FASSINO, presidente, in sostituzione della relatrice, deputata Suriano, impossibilitata a partecipare alla seduta, sottolinea che l'adozione di questo Accordo, oltre ad essere raccomandata da organismi finanziari internazionali quali la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, s'inserisce nel contesto generale di ampliamento della rete di accordi sulla promozione e protezione degli investimenti stipulati dall'Italia, con particolare riferimento all'area ex sovietica.
Segnala che l'intesa è composta da un breve preambolo e da XV articoli.
Evidenzia che l'articolo I provvede in primo luogo a fornire le definizioni di termini quali «investimento», «investitore», «persona fisica», «persona giuridica», «redditi» e «territorio», necessari ad individuare in modo certo l'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo dell'accordo. Precisa che la definizione di «investimento» ricomprende un elenco, non tassativo, di beni e diritti siti nel territorio del paese contraente.
Osserva che l'articolo II in materia di promozione e protezione degli investimenti prevede che ciascuna Parte incoraggi gli investitori dell'altra Parte ad investire nel loro territorio e riconosca tali investimenti in conformità con la legislazione vigente.
Rileva che, al fine di incoraggiare gli investimenti esteri, ciascuna delle Parti si impegna ad assicurare sul proprio territorio agli investitori dell'altra Parte un trattamento giusto ed equo, assicurando l'assenza di misure discriminatorie e la continuità del trattamento giuridico.
Sottolinea che l'articolo III riguarda il trattamento nazionale e la clausola di nazione più favorita, per la quale le Parti si impegnano a garantire agli investimenti – comprese le attività connesse – e ai redditi ricavati dagli investitori nel proprio territorio un trattamento non meno favorevole di quello concesso agli investimenti effettuati e ai redditi ricavati dai propri cittadini o da investitori di Stati terzi.
Evidenzia che l'articolo IV tratta i casi di indennizzo o perdite e prevede l'indennizzo anche in caso di risarcimento di danni derivanti da guerre, rivoluzioni, rivolte, stati di emergenza o altri avvenimenti similari.
Osserva che l'articolo V riguarda gli interventi di nazionalizzazione o esproprio e stabilisce che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno costituire oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni, requisizioni o altre misure con analogo effetto se non per fini pubblici o per motivi di interesse nazionale, in conformità alle disposizioni di legge e dietro corresponsione di un adeguato risarcimento.
Segnala che l'articolo VI in materia di rimpatrio di capitale, utile e reddito stabilisce che ognuna delle due Parti contraenti si impegna a garantire il diritto per l'investitore dell'altra Parte a trasferire nel proprio territorio, dopo aver assolto gli obblighi fiscali, senza ritardo indebito e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento prevalente, tutti i capitali investiti e guadagnati.
Rileva che l'articolo VII prevede la surroga nella titolarità dei crediti spettanti all'assicurato nel caso di garanzia assicurativa prestata da una delle Parti o una delle sue Istituzioni contro i rischi non commerciali derivanti dagli investimenti effettuati dai propri investitori nel territorio dell'altra Parte.
Evidenzia che l'articolo VIII stabilisce che entrambe le Parti contraenti si impegnino a garantire che i trasferimenti vengano effettuati entro due mesi dall'espletamento delle procedure previste e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento cui l'investitore presenta la richiesta di autorizzazione per il trasferimento valutario, liberando così l'investitore dal rischio di cambio.
Sottolinea che l'articolo IX stabilisce che nei casi non rientranti nell'Accordo in esame, gli investitori osserveranno la legislazione vigente della Parte contraente nel cui territorio sono stati effettuati gli investimenti. Vengono stabilite, inoltre, procedure arbitrali affidate ad organi imparziali per la composizione delle controversie che dovessero insorgere tra le Parti stesse (articolo X) in relazione a questioni di interpretazione o applicazione dell'accordo o tra investitori e Parti contraenti (articolo XI).
Segnala che l'articolo XII precisa che l'Accordo si applicherà indipendentemente dall'esistenza di relazioni diplomatiche o consolari tra le Parti.
Osserva che l'articolo XIII consente alle Parti contraenti e ai loro investitori di avvalersi di disposizioni più favorevoli di quelle dell'Accordo in esame, qualora siano previste dal diritto internazionale generale o pattizio, oppure da leggi o regolamenti interni delle Parti contraenti. In materia fiscale viene altresì previsto, al comma 4, che le norme dell'Accordo non limitano l'applicazione delle disposizioni nazionali volte a prevenire l'evasione e l'elusione fiscale.
Evidenzia che l'articolo XIV stabilisce che l'Accordo entrerà in vigore alla data della seconda delle due notifiche con cui ciascuna parte avrà comunicato all'altra l'avvenuto espletamento delle procedure interne, mentre la durata dell'Accordo (articolo XV) è prevista in dieci anni, con rinnovo automatico per cinque anni, salvo denuncia di una delle due Parti, da inoltrare almeno un anno prima della scadenza.
Rileva che il disegno di legge si compone di quattro articoli: gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo.
L'articolo 3 contiene una clausola di invarianza finanziaria, in forza della quale dall'attuazione della legge non devono derivare oneri per la finanza pubblica. Il comma 2 precisa che ad eventuali oneri derivanti dagli articoli IV, V, X e XI dell'Accordo si farà fronte con apposito provvedimento legislativo. L'articolo 4 stabilisce che la legge entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Conclusivamente, ricorda che Italia e Turkmenistan presentano punti di vista convergenti su molti dossier di politica estera in discussione in diversi fori internazionali (agenzie dell'ONU) e si sostengono reciprocamente in occasione di rispettive candidature presso organismi internazionali.
Evidenzia che il nostro Paese apprezza in particolare lo status di neutralità permanente del Turkmenistan riconosciuto a livello internazionale con Risoluzioni delle Nazioni Unite, così come è positivamente considerata dal governo turkmeno la politica estera imperniata sul dialogo e la soluzione diplomatica delle controversie adottata dal nostro Paese.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO si associa alle considerazioni del presidente e relatore.
Piero FASSINO, presidente, avverte che s'intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica democratica federale di Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto ad Addis Abeba il 10 aprile 2019.
C. 1999 Governo.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Piero FASSINO, presidente, in sostituzione della relatrice, deputata Emiliozzi, impossibilitata a partecipare alla seduta, sottolinea che l'Accordo in esame intende fornire una cornice giuridica idonea all'avvio di forme strutturate di cooperazione bilaterale tra le Forze armate dei due Stati, al fine sia di consolidare le rispettive capacità difensive, sia di indurre indiretti effetti positivi in alcuni settori produttivi e commerciali di entrambi i Paesi.
Evidenzia che un'intesa tra Italia ed Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa era stato firmato a Roma il 12 marzo 1998 dall'allora ministro della Difesa, Beniamino Andreatta, e dal generale Gebre Tsadkan, Viceministro della Difesa e Capo di Stato maggiore della Difesa etiopico.
Rileva che l'accordo non è entrato in vigore, non essendo mai stato avviato il relativo iter parlamentare, in ragione sia del sopraggiunto conflitto tra Etiopia ed Eritrea (1998-2000) e del conseguente embargo disposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla vendita e sulla fornitura di armi e di materiale militare di qualsiasi tipo ai due Paesi belligeranti, sia in quanto ritenuto carente sotto il profilo della tutela del personale in materia di immunità dalla giurisdizione, non essendo prevista alcuna disposizione al riguardo.
Osserva che la situazione di tensione tra Etiopia ed Eritrea è finalmente cessata nel giugno scorso, con la decisione del neo premier etiope Abiy Ahmed di abolire, il 6 giugno 2018, lo stato di emergenza e di accettare l'Accordo di pace promosso dalle Nazioni Unite nel 2000, decisione che ha condotto, il 9 luglio, alla firma degli accordi che hanno stabilito la fine dello «stato di guerra», la ripresa formale delle relazioni diplomatiche, dei collegamenti aerei e l'uso dei porti eritrei per Addis Abeba.
Segnala che l'Accordo si compone di un breve preambolo e di tredici articoli.
L'articolo 1 contiene le definizioni dei termini utilizzati nel testo dell'Accordo.
L'articolo 2 enuncia i princìpi ispiratori e lo scopo dell'Accordo, che esso intende incoraggiare, agevolare e sviluppare la cooperazione nel settore della difesa sulla base dei princìpi di reciprocità, eguaglianza e mutuo interesse, in conformità agli ordinamenti giuridici e agli impegni internazionali assunti dai due Paesi.
L'articolo 3 enumera le materie della cooperazione, che sono: difesa e sicurezza; formazione e addestramento militare e assistenza tecnica; ricerca e sviluppo in ambito militare e supporto logistico; operazioni di supporto alla pace; altri settori militari di reciproco interesse delle Parti.
L'articolo 4 è dedicato alle modalità della cooperazione, che avverrà attraverso scambi di visite e di esperienze; partecipazione a corsi, conferenze, studi, fasi di apprendistato; promozione di conoscenza e capacità, nel rispetto della legge nazionale e del diritto internazionale, correlate alle questioni della difesa; operazioni di sostegno alla pace; promozione dei servizi militari di sanità, compresa la ricerca medica; supporto ad iniziative commerciali, relative ai prodotti per la difesa e ai servizi connessi alle questioni della difesa; altri campi di interesse comune delle Parti.
Ricorda che attualmente l'Etiopia contribuisce – prevalentemente con personale militare – a quattro missioni di peacekeeping sotto egida ONU. In particolare, le truppe etiopi costituiscono la quasi totalità del contingente internazionale impiegato nella missione denominata UNISFA (United Nations Interim Security Force for Abyei), istituita con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1990 del 27 giugno 2011 che prevedeva lo spiegamento di truppe etiopi per la messa in sicurezza e protezione della popolazione civile e degli operatori umanitari nell'area di Abyei, situata al confine tra il Sudan e il Sud Sudan e da entrambi rivendicata.
Sottolinea che a norma dell'articolo 5 le Parti si offriranno reciproco supporto tecnico-amministrativo, assistenza e collaborazione al fine di promuovere l'attuazione dell'Accordo.
Evidenzia che l'articolo 6 regola gli aspetti finanziari derivanti dalla cooperazione, stabilendo che ciascuna Parte sosterrà le spese di propria competenza relative all'esecuzione dell'Accordo e ponendo a carico della Parte ospitante l'obbligo di fornire cure d'urgenza presso le proprie infrastrutture sanitarie al personale della Parte inviante, se possibile presso le infrastrutture militari. È espressamente stabilito che tutte le eventuali attività condotte ai sensi dell'Accordo saranno subordinate alla disponibilità delle necessarie risorse finanziarie delle Parti.
Precisa che l'articolo 7 riguarda le questioni attinenti ai requisiti legali e alla giurisdizione, mentre l'articolo 8 dispone in materia di risarcimento di danni prevedendo che il risarcimento del danno causato dalla Parte inviante alla Parte ospitante in occasione di attività previste dall'Accordo o connesse alle stesse, sarà garantito dalla Parte inviante medesima, previo accordo tra le Parti.
Rileva che l'articolo 9 riguarda la cooperazione nel campo dei materiali per la difesa e prevede forme di supporto alle iniziative commerciali finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti ad uso militare e sulle relative procedure. Vengono previste le modalità della cooperazione, che avverrà attraverso la ricerca scientifica, lo scambio di esperienze nel settore tecnico, l'approvvigionamento di equipaggiamento militare nel rispetto delle normative nazionali in materia. È previsto, altresì, l'impegno delle Parti a garantire la tutela dei prodotti intellettuali derivanti dalle attività intraprese sulla base dell'Accordo secondo le leggi dei rispettivi ordinamenti e degli accordi internazionali in materia. Le Parti si impegnano altresì a fornirsi assistenza e collaborazione, al fine di promuovere la realizzazione dell'Accordo e dei contratti firmati in base alle sue disposizioni da parte delle proprie organizzazioni.
Sottolinea che, pertanto, l'entrata in vigore dell'Accordo – ai sensi del combinato disposto dell'articolo 537-ter del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e del regolamento per la disciplina delle attività del Ministero della difesa in materia di cooperazione con altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 maggio 2015, n. 104 – consentirà al Ministero della Difesa, d'intesa con il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività di supporto in favore del Governo etiope in relazione all'eventuale acquisizione da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall'industria nazionale, nel rigoroso rispetto dei princìpi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d'armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
Evidenzia che l'articolo 10 riguarda la sicurezza delle informazioni classificate – che comprendono informazioni, atti, attività, documenti, materiali o cose – e dispone che il loro trasferimento potrà avvenire solo attraverso canali intergovernativi diretti approvati dalle rispettive autorità nazionali per la sicurezza o da autorità nazionali designate in conformità alle leggi dei due Stati.
Segnala che ai sensi dell'articolo 11 eventuali controversie, derivanti dall'interpretazione o dall'applicazione dell'Accordo, verranno regolate mediante consultazioni e negoziati tra le Parti, attraverso i canali diplomatici.
Osserva che l'articolo 12 prevede la possibilità di sottoscrivere intese aggiuntive in ambiti specifici di cooperazione, nel rispetto delle procedure nazionali, mentre l'articolo 13 stabilisce che l'Accordo entrerà in vigore alla data di ricevimento della seconda delle due notifiche con le quali le arti si informeranno reciprocamente dell'avvenuto espletamento delle procedure interne.
Rileva che la durata dell'Accordo è stabilita in cinque anni automaticamente rinnovabili per ulteriori periodi di pari durata, sino a quando una delle Parti non decida, in qualunque momento, di denunciarlo, con effetto a novanta giorni. La denuncia dell'Accordo, tuttavia, non influirà sui programmi e sulle attività in corso se non diversamente concordato tra le Parti.
Per quanto attiene al disegno di legge di ratifica, segnala che gli oneri derivanti dall'attuazione dell'accordo ammontato ad euro 5.304 ad anni alterni a decorrere dall'anno 2019, riferibili allo svolgimento di missioni e di scambi di esperienze con la controparte etiopica.
Conclusivamente, sottolinea che l'Etiopia è un partner prioritario dell'Italia nell'Africa sub-sahariana, un punto di riferimento essenziale per la stabilità’ di una regione che ha rapporti di lungo corso con il nostro Paese e che riveste un ruolo cruciale, oggi, per la sicurezza internazionale.
Per questi motivi auspica una pronta definizione dell’iter di approvazione del disegno di legge di ratifica in esame.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO si associa alle considerazioni del presidente e relatore.
Piero FASSINO, presidente, avverte che s'intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108a sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione.
C. 2207 Boldrini.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Laura BOLDRINI (PD), relatrice, ricorda che il 21 giugno scorso, nel centenario della creazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), è stata adottata la Convenzione sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro (Convenzione OIL n. 190).
Evidenzia che la Convenzione, definita storica, è stata approvata a larga maggioranza nel corso della 108a sessione della Conferenza internazionale del lavoro (439 sì, 7 no e 30 astensioni), alla conclusione di un processo negoziale iniziato nel 2015.
Rileva che, corredata da una raccomandazione esplicativa, adottata anch'essa con un'ampia maggioranza, la Convenzione rappresenta – quantomeno in potenza – un importante passo in avanti nella lotta alle violenze e alle molestie nel mondo del lavoro. Nello specifico, il suo valore aggiunto si manifesta sotto molti punti di vista nel quadro dell'ordinamento giuridico internazionale.
Osserva che la Convenzione fornisce in primo luogo una definizione decisamente ampia di violenza e di molestia, intese come comportamenti e pratiche che provocano, mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici (articolo 1).
Precisa che tale definizione può pertanto comprendere non solo l'abuso fisico ma anche quello verbale, oltre a fenomeni quali lo stalking e il mobbing. In particolare, essa fa espresso riferimento alle violenze e alle molestie fondate sul genere.
Segnala che la Convenzione provvede altresì a tutelare chi lavora e, più in generale, ogni persona nel mondo del lavoro, a prescindere dal relativo status contrattuale, comprendendo, pertanto, anche i volontari e le volontarie, le persone che frequentano corsi di formazione, di tirocinio o di apprendistato e coloro che sono alla ricerca di un lavoro nonché i lavoratori e le lavoratrici il cui rapporto di lavoro sia terminato (articolo 2).
Sottolinea che, in maniera speculare, la Convenzione protegge anche i datori di lavoro, cioè gli individui «che esercitino l'autorità, i doveri e le responsabilità di datrice o datore di lavoro» e «si applica a tutti i settori, sia privati che pubblici, nell'economia formale e informale» (articolo 2).
Evidenzia, infine, che essa riconosce che le violenze e le molestie possono verificarsi anche in luoghi diversi da quello di lavoro inteso in senso fisico, comprendendo, dunque, tutte le condotte che si verificano, ad esempio, durante viaggi di lavoro o eventi sociali, nonché a seguito di comunicazioni di lavoro, anche per via telematica (articolo 3).
Rileva che il testo prevede, altresì, un articolato quadro di obblighi per gli Stati membri, a partire da quello di adottare disposizioni interne che definiscano la violenza e le molestie conformemente a quanto da essa previsto (articolo 7) e che prescrivano ai datori di lavoro di porre in essere, proporzionatamente al loro grado di controllo, le misure atte a prevenire le condotte lesive (articolo 9), fino al più generale obbligo per gli stessi Stati di adottare le misure necessarie, sia preventive (articolo 8) sia repressive (articolo 10).
Osserva, in particolare, che la Convenzione chiede agli Stati di garantire alle potenziali vittime di violenze o di molestie l'accesso alla giustizia in maniera effettiva e di predisporre misure rimediali. Anche in tale contesto, essa dedica una particolare attenzione alle violenze e alle molestie basate sul genere.
Sottolinea che la Convenzione fissa inoltre alcuni obblighi particolarmente specifici nei confronti degli Stati parti, tra cui il conferimento di poteri incisivi agli ispettori del lavoro e alle pertinenti autorità e, segnatamente, l'attribuzione del potere di adottare, ove necessario, misure immediatamente esecutive (articolo 10, lettera h)).
Evidenzia che la Convenzione entrerà in vigore dodici mesi dopo che almeno due Stati membri dell'OIL l'avranno ratificata e che l'applicazione dell'atto internazionale è soggetta ai meccanismi di controllo previsti dall'OIL, sia quello ordinario (il sistema dei rapporti periodici presentati dagli Stati), sia quelli speciali.
Tra questi ultimi, segnala la procedura disciplinata agli articoli da 26 a 34 dell'atto istitutivo dell'OIL del 9 ottobre 1946, che consente a ogni Stato membro di presentare una denuncia all'Ufficio internazionale del lavoro quando ritenga che un altro Stato membro non abbia assicurato in modo soddisfacente l'applicazione di una convenzione ratificata da entrambi gli Stati.
Rileva che un'analoga denuncia può essere presentata anche dal Consiglio di amministrazione dell'OIL o da un delegato alla Conferenza internazionale del lavoro. In seguito alla presentazione di una denuncia, il Consiglio di amministrazione potrà costituire una Commissione d'inchiesta, che esaminerà il caso e redigerà un rapporto, che potrà eventualmente contenere anche delle raccomandazioni per lo Stato interessato. Qualora quest'ultimo non accetti il contenuto del rapporto e non vi si conformi, l'atto istitutivo dell'OIL prevede che la controversia possa essere deferita da tale Stato alla Corte internazionale di giustizia (sebbene ad oggi tale procedura non sia mai stata attivata).
Osserva che il nuovo strumento convenzionale elaborato dall'OIL – di cui si dichiara onorata di proporre la ratifica – si propone l'ambizioso obiettivo di proteggere tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici a livello globale, a prescindere, come già rilevato, dal loro status contrattuale.
Precisa che la nostra legislazione si muove in questa stessa direzione, soprattutto dopo che è entrata in vigore una modifica all'articolo 26 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, introdotta dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 218, della legge n. 205 del 2017) che ha previsto una specifica tutela per chi agisce in giudizio a seguito di una molestia o di molestia sessuale subìta nel luogo di lavoro.
Auspica pertanto che, coerentemente con questo organico indirizzo legislativo, il nostro Paese possa essere tra i primi a ratificare questa importante Convenzione e soprattutto che, in sede di attuazione di questi impegni internazionali, Parlamento e Governo adottino tutte le iniziative necessarie per assicurare in ogni luogo di lavoro una «tolleranza zero» verso questi fenomeni di violenza e di sfruttamento che esistono, sia pure in forme differenti, in tutto il pianeta.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO, ringraziando l'onorevole Boldrini per l'iniziativa legislativa assunta, esprime pieno appoggio da parte del Governo alla ratifica della Convenzione in esame, come confermato, peraltro, dalla stessa Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, in occasione del suo incontro, il 25 novembre scorso, con il Direttore Generale dell'OIL, Guy Rider. Rappresenta, tuttavia, che, su richiesta del MAECI, è in corso un'intensa attività di consultazione con le Amministrazioni coinvolte – vale a dire i Ministeri della Giustizia e del Lavoro, i Dipartimenti della funzione pubblica e delle Pari opportunità, oltre alle organizzazioni sindacali – per acquisire elementi in ordine ai profili attuativi della Convenzione nell'ordinamento interno. Auspica, pertanto, che la Commissione voglia considerare questa rilevante attività in corso sul piano tecnico nell'organizzazione dei propri tempi di lavoro.
Laura BOLDRINI, relatrice, ringraziando il sottosegretario per la precisazione, auspica che tali elementi possano essere forniti alla Commissione con sollecitudine, in modo da consentire all'Italia di figurare tra i primi Paesi a ratificare la Convenzione, come accadde nella scorsa legislatura con la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO, associandosi all'auspicio dell'onorevole Boldrini, fa presente che, allo stato attuale, nessun Paese ha ancora proceduto alla ratifica.
Laura BOLDRINI, relatrice, prospetta la possibilità che anche la Commissione possa dare il proprio contributo mediante un ciclo istruttorio mirato.
Il sottosegretario Manlio DI STEFANO osserva che le eventuali attività conoscitive che potranno essere svolte dalla Commissione non possono essere considerate sostitutive degli approfondimenti in corso a livello governativo, che saranno comunque condotti nel modo più celere possibile.
Piero FASSINO, presidente, esprimendo apprezzamento per l'impegno assunto dal Governo e associandosi all'auspicio affinché l'Italia possa essere annoverata tra i primi Paesi che ratificheranno la Convenzione in titolo, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.35.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
Mercoledì 11 dicembre 2019. — Presidenza del vicepresidente Piero FASSINO.
La seduta comincia alle 15.35.
Sugli esiti della missione in Grecia (14-15 novembre 2019).
Piero FASSINO, presidente, ricorda che alla missione in esame ha partecipato la presidente Marta Grande, insieme ai colleghi Sabrina De Carlo e Andrea Delmastro delle Vedove, rispettivamente in rappresentanza della maggioranza e dell'opposizione.
Avverte che per la missione è stata predisposta una relazione, pubblicata in allegato al resoconto sommario della presente seduta (vedi allegato 2).
La Commissione prende atto.
Sugli esiti della missione in Bosnia Erzegovina (27-28 novembre 2019).
Piero FASSINO, presidente, segnala di aver partecipato alla missione in oggetto insieme alla presidente Marta Grande e al collega Maurizio Lupi.
Nell'avvertire che per la missione è stata predisposta una relazione (vedi allegato 3), ad integrazione di quanto riportato in allegato, sottolinea che il convegno promosso e organizzato dall'Ambasciata d'Italia a Sarajevo in occasione del 155o anniversario dalla apertura di un consolato italiano a Sarajevo ha rappresentato un evento di particolare successo, assai partecipato. L'evento ha contribuito al rilancio delle relazioni bilaterali e a meglio comprendere la delicata fase politica in atto in Bosnia Erzegovina, un Paese le cui istituzioni democratiche sono ancora in corso di consolidamento e che è però fortemente interessato a restare parte del processo di integrazione all'Unione europea. L'agenda di incontri avuti dalla delegazione a margine del convegno ha permesso di registrare la forte richiesta da parte bosniaca di accelerazione del processo di inclusione nelle strutture euroatlantiche, unitamente alla difficoltà di mantenere lo Stato bosniaco unitario. Rappresenta, quindi, le difficoltà insite nella struttura tripartita delle istituzioni del Paese, che corrispondono alle tre maggiori etnie rappresentate e caratterizzate da interessi e priorità diverse o addirittura confliggenti, come evidenzia il lungo processo di formazione del governo a fronte di elezioni svolte già nel 2018 o la difficoltà di indire elezioni municipali a Mostar, dove i cittadini non si recano alle urne dal 2007.
La Commissione prende atto.
Sugli esiti della missione svolta dalla deputata Quartapelle Procopio a Berlino (27-28 novembre 2019).
Piero FASSINO, presidente, ricorda che la deputata Lia Quartapelle Procopio a Berlino, dal 27 al 28 novembre scorsi, ha partecipato, in qualità di relatrice, su invito della Friedrich Ebert Stiftung, alla Annual Foreign and Security Policy Conference (The Tiergarten Conference).
Lia QUARTAPELLE PROCOPIO (PD) sottolinea che la Conferenza, pur essendo inquadrata come iniziativa della SPD tedesca, è stata un'occasione utile per fare il punto sulle priorità della Germania in materia di politica estera, anche in vista del prossimo semestre di Presidenza tedesca dell'UE (luglio-dicembre del 2020). Il Ministro degli esteri tedesco, Heiko Maas, ha evocato l'esigenza di una linea di politica estera ispirata alla moderazione, molto lontana dagli eccessi, anche dialettici, degli altri players globali: Trump, Macron, ma anche Russia e Cina, nell'obiettivo del rilancio di una prospettiva multilateralista, da perseguire con la collaborazione dei partner tradizionali, Francia e Regno Unito. Il Ministro Maas non ha risparmiato critiche alla scelta del Presidente Macron di porre il veto sull'apertura dei negoziati di adesione all'UE della Macedonia del Nord e dell'Albania, nonché alle dichiarazioni dello stesso Macron sulla scarsa efficacia della NATO; al riguardo, ha sottolineato che la Germania non intende sottrarsi alle sue responsabilità in materia di difesa e sicurezza collettiva. Da ultimo, il Ministro Maas ha espresso fiducia circa la possibilità di trovare ampie convergenze con l'Italia su materie quali l'allargamento dell'Unione europea ai Balcani, la gestione dei flussi migratori e la stabilizzazione della regione mediterranea.
La Commissione prende atto
Sugli esiti della missione a Bruxelles (4 dicembre 2019).
Piero FASSINO, presidente, segnala di aver partecipato, in sostituzione della presidente Marta Grande e in rappresentanza della Camera, alla riunione organizzata dalla Commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento europeo sulle priorità di politica estera dell'UE per il nuovo ciclo istituzionale. Segnala che per il Senato ha partecipato il presidente della 3a Commissione, Vito Petrocelli.
Nell'avvertire che per la missione è stata predisposta una relazione (vedi allegato 4), ad integrazione di quanto riportato in allegato, segnala che la riunione è stata molto partecipata e che è stata caratterizzata da toni alquanto assertivi da parte delle personalità del nuoto Alto Rappresentante e del Commissario competente sia per la politica di allargamento sia per quella di vicinato. Sottolinea che quanto all'Alto Rappresentante Borrell, è emersa una forte determinazione al rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune anche attraverso il ricorso più frequente al metodo di voto a maggioranza qualificata in luogo dell'unanimità e al rafforzamento del SEAE. È emerso in generale un impegno stringente rispetto al percorso di integrazione dei Balcani Occidentali, mentre è apparsa secondaria la considerazione per le tematiche concernenti il Mediterraneo, su cui in futuro l'Italia non potrà fare a meno di fare sentire la propria voce in modo più deciso. Rinvia, infine, alla imminente riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per le iniziative da assumere ai fini di audizioni dei nuovi Commissari europei di competenza di questa Commissione.
La Commissione prende atto
La seduta termina alle 15.50.
ALLEGATO 1
Istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo. C. 223 La Marca e abb. C. 2008 Siragusa, C. 2219 Fitzgerald Nissoli, C. 2200 Formentini.
EMENDAMENTI
ART. 1.
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: 31 gennaio con le seguenti: 27 ottobre.
1. 1. La Relatrice.
(Approvato)
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: 31 gennaio con le seguenti: 12 ottobre.
*1. 2. Fitzgerald Nissoli.
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: 31 gennaio con le seguenti: 12 ottobre.
*1. 3. Formentini, Zoffili, Billi, Ribolla.
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: 31 gennaio con le seguenti: 8 agosto.
1. 4. Palazzotto.
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: dai nostri emigrati con le seguenti: dagli italiani emigrati all'estero e le parole: degli italiani all'estero con le seguenti: dato dai nostri connazionali.
1. 5. Siragusa.
(Approvato)
All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: e della solidarietà internazionale con le seguenti: e della rete di solidarietà tra connazionali.
1.6. Formentini, Zoffili, Billi, Ribolla.
(Approvato)
Dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:
Art. 1-bis.
(Istituzione del Portale unico degli italiani all'estero)
1. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituito il Portale unico per gli italiani all'estero, di seguito denominato «Portale».
2. Il Portale è rivolto agli italiani che intendano trasferire la loro residenza all'estero o per coloro che risultino già residenti all'estero, nonché per i connazionali rimpatriati e contiene tutte le informazioni a loro utili, compresi gli aggiornamenti in tema di agevolazioni, votazioni, aggiornamenti della normativa di riferimento.
3. Il decreto previsto dal comma I disciplina i servizi offerti dal Portale nonché il funzionamento e l'accesso al Portale, in modo da favorire la fruizione delle informazioni in esso pubblicate da parte degli utenti di cui al comma 2.
Conseguentemente, sostituire l'articolo 3 con il seguente:
Art. 3
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 1-bis, pari a 100,000 euro a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021 , nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Dalle disposizioni di cui agli articoli I e 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Conseguentemente, sostituire il titolo con il seguente: Istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo e del Portale unico degli italiani all'estero
1.01. Siragusa.
(Inammissibile)
ART. 2.
All'articolo 2, comma 1, sostituire le parole: le esperienze multiculturali con le seguenti: le esperienze vissute a contatto con altre culture.
2.1. Formentini, Zoffili, Billi, Ribolla.
ALLEGATO 2
Sugli esiti della missione in Grecia (14-15 novembre 2019).
COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE
Una delegazione della III Commissione, guidata dalla presidente Marta Grande e composta dai deputati Sabrina De Carlo e Andrea Delmastro delle Vedove, rispettivamente in rappresentanza della maggioranza e dell'opposizione, si è recata in missione ad Atene nell'ambito di una visita finalizzata ad un ulteriore consolidamento delle già ottime relazioni bilaterali italo-greche e in una prospettiva di rilancio della cooperazione tra Stati membri dell'UE.
L'agenda degli incontri ha previsto incontri con esponenti del governo greco e del Parlamento ellenico, nonché con la comunità dei connazionali residenti e delle maggiori istituzioni italiane aventi sede ad Atene.
Quanto agli interlocutori governativi, la delegazione ha avuto un colloquio l’Alternate Minister per la Protezione del Cittadino, Giorgos Koumoutsakos, esponente del partito di governo Nea Dimokratia vincitore delle elezioni del 7 luglio scorso, con cui ha condiviso un'analisi sul quadro geopolitico regionale soprattutto ai fini di una stima sul possibile impatto in termini di flussi migratori da est, lunga la rotta balcanica e dunque verso la Grecia.
L'incontro ha permesso di cogliere le specificità della nuova linea di governo nella gestione del dossier migratorio. Secondo il ministro greco, tali specificità si sostanzierebbero in una visione che cerca di conciliare il rispetto dei diritti umani alla sicurezza in un contesto di formale chiusura delle rotte verso nord e da est. Il ministro Koumoutsakos ha evidenziato quelle che sarebbero le responsabilità gestionali del governo precedente rispetto alla situazione tuttora assai drammatica in cui versano gli hotspot gestiti direttamente dal governo greco nelle isole di Lesbo e Samos a causa del sovraffollamento, ma anche alla luce della farraginosa procedura per il riconoscimento del diritto, i cui tempi di svolgimento non sono inferiori ai quattro anni e che non riesce a consentire un congruo numero di rimpatri. Lo stato di crisi sarebbe aggravato dalla assenza a livello europeo di un interlocutore forte, data la scadenza della Commissione europea tuttora in carica e il passaggio di consegne di fatto già in atto tra i commissari.
Ad aggravare il quadro ci sarebbe il cambiamento di linea politica da parte del governo turco nei confronti dei circa seicentomila migranti insediati presso Istanbul, la cui condizione sarebbe alla base dell'insuccesso elettorale di Erdogan alle ultime elezioni amministrative.
Inoltre, ad aggravare il quadro ci sono circa tre milioni di afghani che vivono in Iran e che premono per lasciare il Paese in direzione ovest e le minacce di Erdogan rivolte all'Europa circa la riapertura delle frontiere verso ovest, che hanno alimentato un'aspettativa nei tre milioni di rifugiati siriani in Turchia, già in movimento in direzione delle isole greche. Questo quadro è motivo di gravi preoccupazione anche a causa delle pressioni che la Turchia esercita su Cipro, dove vi è una sproporzione importante tra popolazione e richiedenti asilo.
Tutti questi fattori hanno determinato un incremento di migranti sulle isole greche dal mese di maggio del 2019 ad oggi pari al 240 per cento ed un incremento del 35 per cento rispetto al 2018, con riferimento sia ai confini marittimi sia a quelli terrestri.
Il Ministro Koumoutsakos ha dato enfasi all'esigenza di una politica europea forte sull'immigrazione esprimendo fiducia alla nuova Presidente della Commissione europea Ursula von der Leihen che ha dato prova di consapevolezza sull'impatto negativo che l'immigrazione è destinata a produrre sulla coesione sociale e sui valori europei, come hanno provato la decisione sulla Brexit e l'affermazione del Gruppo di Visegrad.
Quanto al governo greco, si accinge ad entrare in una fase di gestione severa del dossier, nella prospettiva di una imminente iniziativa europea e nell'aspettativa di un forte vincolo con l'Italia alla luce del peggioramento del quadro regionale: a tal fine occorre trovare quanto prima un punto di equilibrio tra solidarietà e responsabilità, nonché un accordo praticabile per la redistribuzione dell'impegno all'accoglienza. Occorre anche porre mano a vere politiche di rimpatrio ricorrendo a forme di incentivo e di pressione sui Paesi terzi, nonché rafforzare il mandato di Frontex. Quanto alla riforma di Dublino, il recente cd. «Accordo di Malta» rappresenta un utile precedente meritevole di implementazione, pur trattandosi al momento di una mera dichiarazione.
Il Ministro ha quindi descritto i tratti della riforma del sistema di asilo approvata dal Parlamento ellenico il 31 ottobre e che sarà in vigore dal 1o gennaio 2020. La riforma contempla la costruzione di centri di accoglienza chiusi e destinati ai destinatari di un diniego del diritto di asilo e che sono pertanto in attesa di rimpatrio. Saranno inoltre rafforzati il più possibile i sistemi di tutela dei confini e sarà dedicata particolare cura alla condizione dei minori non accompagnati. Sarà inoltre prevista la possibilità di ricorrere a misure restrittive in conformità con le regole europee e nel rispetto della distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici. La riforma prescrive una importante riduzione dei tempi procedimentali connessi alla gestione delle domande di asilo e la necessaria presenza del diretto interessato, unitamente all'avvocato, in tutte le fasi procedurali.
Nel rinviare all'incontro del 26 novembre prossimo tra i primi ministri del Governo italiano e del Governo greco, il Ministro ha auspicato un rilancio della cooperazione interparlamentare bilaterale sui temi di politica estera, cogliendo l'opportunità di questa visita per chiedere elementi di merito sui cosiddetti «decreti sicurezza» al fine di individuare buone pratiche da emulare.
Rispetto al ruolo della Turchia in tema di immigrazione, nell'esercizio da parte greca di una «diplomazia paziente», il Ministro ha esposto la linea della Grecia, favorevole al mantenimento dell'accordo Ue-Turchia ma sulla base di condizioni rinegoziate e di un minor impegno finanziario. Il Ministro ha manifestato un approccio assai cauto nei confronti della Turchia con la quale è stato però possibile pervenire a risultati significativi sul terreno della collaborazione tra le guardie costiere proprio grazie al mantenimento del dialogo e di un approccio diplomatico lungimirante.
Nel corso dell'incontro, la presidente Grande ha riferito sulle recenti iniziative legislative approvate dal Parlamento italiano in tema migratorio, segnalando una specifica carenza sul terreno delle politiche di integrazione. Ha quindi individuato nei dossier Balcani occidentali, Turchia e Libia i tre fronti di necessaria collaborazione tra l'Italia e l'Unione europea e dalla cui positiva evoluzione dipende infatti ogni miglioramento sostanziale della situazione che sia l'Italia sia la Grecia stanno fronteggiando sul terreno dell'immigrazione. L'onorevole Delmastro delle Vedove è intervenuto sull'aspetto specifico dei rapporti con la Turchia richiamando in particolare la controversia concernente lo sfruttamento petrolifero nelle acque cipriote, in cui è coinvolta ENI. Quanto al Gruppo di Visegrad, ha replicato al Ministro precisando che si tratta di un gruppo di Paesi che non mettono in discussione i valori europei ma il modello di Unione europea che elargisce alla Turchia più fondi che alla Grecia, e tutto ciò malgrado le minacce di Erdogan all'Europa, la durissima operazione militare di Ankara contro i curdi siriani, il sostegno ai miliziani del Daesh e le aggressive politiche di natalità rivolte ai turchi che risiedono in Europa.
Alla successiva riunione con i rappresentanti della Commissione permanente per la Difesa Nazionale e gli Affari Esteri, erano presenti, oltre al Presidente Gkioulekas, ulteriori deputati greci appartenenti a gruppi di maggioranza e di opposizione rappresentati al Parlamento ellenico. Sono state affrontate tematiche analoghe a quelle toccate con l'interlocutore governativo.
In particolare, alla richiesta della deputata De Carlo rispetto al tema dell'accoglienza per i minori non accompagnati e all'esigenza che sia previsto un meccanismo di integrazione in linea con gli standard richiesti anche in sede di Consiglio d'Europa, il Presidente della Commissione omologa ha fornito specifici elementi segnalando l'esistenza di strutture di accoglienza distinte da quelle per gli adulti e l'impegno precipuo delle autorità greca nella ricerca dei familiari e nella tutela dei diritti umani e dei diritti all'alimentazione e all'assistenza sanitaria dei minori.
Gkioulekas ha quindi ringraziato l'Italia per le posizioni assunte rispetto alla iniziativa turca nelle acque territoriali cipriote, che configura una lesione del diritto internazionale ed una violazione della sovranità di Cipro. Quanto ai Balcani Occidentali, ha espresso pieno sostegno al percorso di allargamento dell'Unione europea nel rispetto dell’acquis comunitario e delle regole del buon vicinato da parte dei Paesi candidati. L'Italia e la Grecia sono chiamate in generale a porre il tema della sicurezza regionale in tutti i fora opportuni, in primis l'Unione europea e la NATO.
Il Presidente Gkioulekas ha poi analizzato i rapporti commerciali crescenti tra la Grecia e la Cina, richiamando l'impatto devastante che la crisi economica del decennio passato ha avuto, nonché sull'esigenza che il Paese possa tornare ad attrarre investimenti esteri. I rapporti con la Cina certamente impongono adeguate cautele, data la evidente sproporzione tra i due Paesi soprattutto in termini di popolazione, tuttavia, si tratta di un partner imprescindibile per un ritorno della Grecia ad un livello di competitività internazionale. Sul punto è intervenuto anche il vicepresidente Anastasios Dimoschakis, ricordando che la Grecia è fortemente legata ai valori occidentali ma è altresì inserita in un contesto di commercio globale.
Il vicepresidente Dimoschakis, una personalità con una forte esperienza professionale in campo militare, ha espresso soddisfazione per la vicinanza tra i due Italia e Grecia rispetto alla priorità migratoria richiamando l'articolo 12 dell'Accordo di Schengen che impone la tutela dei confini europei. Nel corso del dibattito sono intervenuti il deputato segretario della Commissione, onorevole Anastasios Chatzivasileiou, che ha manifestato un interesse per il rafforzamento di una politica energetica condivisa tra Italia e Grecia, mentre la deputata esponente del gruppo del partito Syriza, ha espresso l'auspicio affinché i due Paesi proseguano l'ottimo dialogo costruito negli ultimi anni nel contrasto alla xenofobia. Ulteriori interventi sono stati svolti dal deputato Loverdos, che ha fatto cenno alle recenti decisioni sul percorso di integrazione dell'Albania, e dal deputato Grigodiaris, che ha espresso forti critiche alla possibilità di distinguere tra profughi e migranti.
La delegazione italiana ha dal canto suo reiterato gli auspici per un approfondimento delle relazioni bilaterali, proponendo un'iniziativa di celebrazione del bicentenario dell'indipendenza della Grecia dall'Impero ottomano, che ricorre nel 2021, che potrebbe concretizzarsi in una riflessione sui moti costituzionali del 1820-21, durante i quali furono elette le prime assemblee parlamentari del Risorgimento. Si tratterebbe di un'iniziativa che potrebbe costituire un'occasione di collaborazione tra le due Assemblee.
Il successivo incontro ha riguardato la Commissione Affari europei, presieduta dal vicepresidente Dimitrios Kairidis, e si è incentrato sui temi della sicurezza e della questione migratoria. In particolare il deputato Loverdos (PASOK) ha rivolto un apprezzamento all'Alto Rappresentante Mogherini per il rilancio della PESCO, che rappresenta un passo concreto nella direzione di una difesa europea integrata con la NATO. Nel rispondere ad un quesito della deputata De Carlo il parlamentare del PASOK ha rilevato che la dichiarazione comune UE-Turchia non sarebbe nell'interesse della Grecia e dell'Italia: considerato che la maggior parte dei migranti è di natura economica e che il tema prescinde dalla vicenda siriana, occorre invece procedere immediatamente ad una riforma del diritto d'asilo a livello europeo e provvedere a rassicurare l'opinione pubblica europea, diversamente esposta alle interferenze di attori esteri interessati al fallimento del progetto europeo. Quanto alla presenza cinese in Grecia, l'investimento sul Porto del Pireo ha decuplicato di fatto il traffico delle merci ma tale dato non deve offuscare l'altro dato, ben più consistente, concernente gli investimenti cinesi in Germania, Francia e Italia. D'altra parte, l'Italia è titolare di una importante commessa in ambito ferroviario, da cui la Cina è rimasta esclusa. Un'importante differenza tra Grecia ed Italia riguarda inoltre il risparmio privato, di cui la Grecia praticamente non dispone più a differenza dell'Italia, per cui è necessario accelerare i meccanismi di attrazione di investimenti esteri. Quanto all'Italia il deputato ha espresso perplessità segnalando la percezione di un clima di confusione che circonda al momento i messaggi politici provenienti dall'Italia.
La delegazione ha successivamente visitato la Scuola Statale Italiana e alla Scuola Archeologica Italiana di Atene.
Quanto alla Scuola Italiana, una delle otto scuole italiane all'estero, la visita ha permesso di fare il punto sulla situazione finanziaria della struttura, che si alimenta dei contributi dello Stato e di contributi richiesti alle famiglie, pari a 600 euro l'anno, che permettono di assicurare alla scuola una cifra di apertura alla società greca, a differenza di altre scuole straniere, caratterizzate da un approccio più elitario (la scuola accoglie al momento 280 studenti in totale). La Scuola, visitata dal Capo dello Stato, ha nel recente passato subito la chiusura della sezione in lingua greca e sopporta oneri significativi derivanti dal canone di locazione dell'immobile (170 mila euro l'anno), peraltro di proprietà vaticana. Il direttore ha rivendicato il livello di eccellenza della scuola anche alla luce di progetti formativi nel campo della robotica e della scelta della scuola come sede per le olimpiadi della matematica del 2020.
In occasione dell'auspicio del direttore affinché vi sia una riconsiderazione delle politiche di gestione del patrimonio immobiliare demaniale italiano in Grecia, la delegazione ha ricevuto elementi di approfondimento su Villa Olga, l'edificio che accoglieva il Consolato generale d'Italia a Salonicco, denominato: assai significativa sul piano storico per il ruolo svolto dai diplomatici italiani nel corso del secondo conflitto mondiale contro le politiche di persecuzione degli ebrei, Villa Olga versa oggi in uno stato di totale abbandono anche a causa dei danni subiti in occasione del terremoto del 1978. Un ulteriore bene demaniale è il complesso dell'Ex Manifattura Tabacchi, attualmente di proprietà della Società Fintecna, che ospitava fino al 2013 l'Istituto di cultura italiana a Salonicco, poi chiuso e trasferito ad Atene. Sempre a Salonicco vi è anche un ospedale di proprietà demaniale su cui è in atto una opzione di alienazione.
La delegazione ha visitato la sede scientifica della Scuola Archeologica italiana di Atene (SAIA), l'ente che dirige e coordina le missioni archeologiche in territorio greco promosse dalle Università e dagli istituti di ricerca italiani. La SAIA è uno dei 17 istituti archeologici stranieri operanti oggi ad Atene. Nell'apprezzare il livello di eccellenza scientifica in cui si colloca la Scuola, la delegazione ne ha potuto consultare le pubblicazioni a partire dall'Annuario della Scuola archeologica italiana di Atene e delle missioni italiane in Oriente, pubblicato sin dal 1914 e che è internazionalmente apprezzata per l'alto livello dei contributi alla ricerca scientifica che offre.
La delegazione ha infine incontrato rappresentanti della Società Dante Alighieri di Atene, dell'Istituto Italiano di Cultura e della Camera di Commercio Italo-Ellenica, nonché la Presidente COMITES, Luisiana Ferrante.
L'agenda di missione ha infine contemplato la visita ai campi di accoglienza per migranti gestiti sotto la responsabilità dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) su delega della Commissione europea presso Ritsona ed Eleonas.
ALLEGATO 3
Sugli esiti della missione in Bosnia Erzegovina (27-28 novembre 2019).
COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE
Una delegazione della III Commissione, guidata dalla presidente Marta Grande e composta, per la maggioranza, dal vice presidente Piero Fassino e, per l'opposizione, dall'onorevole Maurizio Lupi, si è recata in missione a Sarajevo, tra il 27 ed il 29 novembre, in concomitanza con il convegno organizzato all'Ambasciata italiana in loco sul tema «Italia e Bosnia Erzegovina: Balcani ed UE da un secolo all'altro; 155 anni dal primo Consolato Generale d'Italia a Sarajevo».
L'agenda di incontri della delegazione ha previsto colloqui con interlocutori parlamentari e governativi, nonché con rappresentanti della società civile locale e delle istituzioni europee, nell'obiettivo di rafforzare le relazioni bilaterali e, in generale, il percorso di stabilizzazione democratica e di avvicinamento della Bosnia Erzegovina all'Unione europea.
Quanto al contesto di politica interna, la visita si è svolta in un momento segnato dal raggiungimento dell'accordo dalla Presidenza per sbloccare la formazione del Governo a livello statale ed autorizzare l'invio del programma di riforme 2019-2020 alla NATO che, grazie anche all'iniziativa dell'Italia, consentirà al Paese di avviare la riforma del sistema di difesa e di definire la cornice per il proseguimento della collaborazione con l'Alleanza Atlantica.
Sul piano regionale, la visita ha rappresentato la prima visita della Commissione in un Paese della regione balcanica, potenzialmente candidato all'adesione, dopo la decisione del Consiglio europeo del 18 ottobre sul rinvio dell'apertura dei negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord. È stata pertanto occasione per ribadire il deciso posizionamento dell'Italia a favore dell'integrazione europea dei Balcani Occidentali a fronte dello scetticismo di rilevanti partner europei.
Ad avvio di missione la sola presidente Grande ha incontrato il Vice Ministro degli Affari Esteri, Josip Brkic, membro del partito nazionalista croato HDZ, con cui sono stati affrontati i temi di maggiore attualità politica. Brkic ha sottolineato il prolungato stallo politico nel quale il Paese è sprofondato dopo le elezioni dell'ottobre 2018 ed ha ricordato come, in tale contesto, non sia stato possibile assicurare neanche la funzionalità del Parlamento. Ha evidenziato peraltro come tale situazione, in particolare, l'assenza di un Governo nel pieno delle sue funzioni, abbia inevitabilmente finito per incidere negativamente sul progresso di integrazione euro-atlantica. Nell'esprimere apprezzamento per il ruolo positivo dell'Italia, ha previsto una possibile crisi di fiducia a seguito del rifiuto dell'UE di aprire negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord. Per Brkic, la complessità del Paese non deve necessariamente essere letta come un ostacolo all'integrazione europea: è tuttavia inevitabile che ad un certo punto la Bosnia Erzegovina dovrà affrontare il tema della funzionalità delle istituzioni nel quadro di una riforma costituzionale. Sollecitato da una domanda della presidente Grande, il Vice Ministro ha, infine, brevemente discusso la situazione migratoria nel Paese precisando che la «crisi» attuale, pur se di dimensioni modeste, è stata causata da condizioni unicamente esogene: il blocco delle frontiere al confine con la Croazia e l'incapacità della Grecia di filtrare i flussi e che la Bosnia Erzegovina «non intende diventare l'hotspot dell'Unione europea».
Nel corso del colloquio la presidente Grande ha menzionato il caso della scrittrice e attivista erzegovese Martina Mlinarevic, esponente della comunità croata e nota voce indipendente e critica nei confronti del capo dell'HDZ Covic. La scrittrice da mesi è oggetto di pesanti attacchi, con minacce di morte contro di lei e la sua famiglia, soprattutto in ragione della sua nomina da parte del membro della Presidenza in quota croata Komsic (rivale di Covic e vicino ai musulmani) l'ha nominata Ambasciatrice a Praga. La presidente Grande ha chiesto al Vice Ministro Brkic, al netto di tutte le verifiche, di condannare pubblicamente il clima d'odio instaurato contro la Mlinarevic. Su tale punto, pur condividendo l'inaccettabilità degli attacchi, Brkic ha glissato, richiamandosi alla difficoltà di controllare lo spazio pubblico, specie sui «social media». La presidente Grande ha successivamente incontrato la scrittrice invitandola a prendere parte a Roma ad una eventuale iniziativa parlamentare sull'odio nello spazio pubblico.
La delegazione ha poi incontrato rappresentanti della società civile bosniaca: Ivana Maric, analista politica, Adnan Huskic, del Center for Election Studies, e Dario Jovanovic, direttore della coalizione per libere e regolari elezioni «Pod lupom» («Sotto la lente»).
Nella consapevolezza che nel Paese la cosiddetta società civile rappresenta una quota assai esigua ed elitaria della popolazione, la stessa è considerata portatrice di una visione autenticamente libera da condizionamenti derivanti dalla impostazione tripartita delle istituzioni e della politica bosniaca. Anche in vista dei successivi colloqui con rappresentanti della politica nazionale, l'incontro ha quindi permesso di fare un punto sui problemi che concretamente affliggono il Paese e la società bosniaca e che costituiscono un oggettivo ostacolo nel percorso verso l'Unione europea.
Gli interlocutori hanno insistito su temi come il sistematico mancato rispetto dei diritti umani, la sistematica discriminazione dei cittadini in base all'etnia e alla residenza, la corruzione endemica, l'assenza di uno Stato di diritto, il populismo crescente, la mancanza d'indipendenza della magistratura e dei mezzi di comunicazione. È stata richiamata come questione centrale la sistematica mancata attuazione del giudicato CEDU, a partire dalla nota sentenza «Sejdic-Finci» del 2009, con cui la Corte di Strasburgo ha definito la disposizione secondo cui membri della Presidenza possono essere solo croati, serbi e bosgnacchi discriminatoria nei confronti dei cittadini bosniaci delle restanti componenti etnico-religiose, in particolare di etnia rom e di confessione ebraica.
È stata segnalata come problematica assai concreta l'assenza di liste elettorali, che espone il sistema a continui tentativi di manipolazione. Il discorso pubblico è fortemente permeato da un linguaggio d'odio che trasmette la percezione costante di un imminente rischio di ripresa dei conflitti. Permane nel Paese lo strisciante convincimento che la secessione rappresenti una possibilità praticabile.
A fronte di questa situazione drammatica, a detta degli interlocutori, l'Unione europea reagisce in modo troppo lento, frapponendo continui ostacoli al percorso di integrazione. È stata messa in evidenza la crescente disaffezione dell'opinione pubblica, che pure resta largamente a favore dell'integrazione europea del Paese (con una percentuale compresa tra il 75 e l'95 per cento, concentrato soprattutto nella componente croata; i serbi esprimono comunque un buon 55 per cento).
I cittadini bosniaci lamentano sempre di più l'assenza di una politica coerente di lungo termine da parte dell'Unione europea, che è pur presente con una proposta delegazione, un rappresentante speciale ed una missione di carattere civile (EUFOR Althea, istituita nel 2004, cui l'Italia contribuisce con 5 militari). La percezione dei bosniaci, del tutto disillusi rispetto alla possibilità di entrare nell'Unione europea in un orizzonte temporale ragionevole, è che il Paese pur avendo iniziato prima di altri il percorso di avvicinamento all'Unione, sia poi stato superato da altri Paesi dell'area anche a causa di una politica del doppio standard da parte di Bruxelles.
Il clima più teso e critico nei confronti dell'Unione si registra nella Repubblica Srpska, dove è più aggressiva la retorica politica antioccidentale e favorevole alla Russia.
Un tema emerso con insistenza durante il colloquio è stato quello dell'assenza di meccanismi di accountability nei confronti della classe politica e della tendenza culturale dell'opinione pubblica bosniaca nel ritenere che la salvezza del Paese possa provenire dall'esterno, dall'Unione europea o da altre potenze straniere. Per questa ragione l'integrazione della Bosnia Erzegovina nell'Unione europea deve avvenire contestualmente ad un deciso rafforzamento della società civile, diversamente si tratterà di un percorso destinato a restare incompiuto. Certamente da parte europea occorre che i messaggi sui principi e sui valori fondanti tornino ad essere univoci e che il rispetto degli standard sia richiesto in prima battuta agli Stati membri.
L'analisi sulla politica interna bosniaca ha fatto emergere l'assenza da parte dei politici locali di una visione di insieme sul futuro del Paese, essendo l'attenzione politica tutta dedicata alle dinamiche competitive tra le tre etnie. Quanto alle influenze dall'esterno, la presenza turca non è considerata decisiva e comunque opera per lo più a livello religioso e culturale, come quella russa che in Bosnia vanta una presenza strutturata e risalente.
Incontri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
La delegazione ha poi incontrato il Direttore della Direzione per le integrazioni europee, Edin Dilberovic, la Capa di Gabinetto del Presidente del Consiglio, Asja Niksic, e la consigliera per l'UE del Presidente del Consiglio, Nerimana Rifatbegovic.
La presidente Grande, nell'introdurre l'incontro, ha evidenziato come questione di interesse prioritario per la delegazione le possibili evoluzioni nella percezione del Paese rispetto al percorso di integrazione europea, unitamente all'esigenza di conoscere le aspettative rispetto al ruolo di Stati membri come l'Italia. Dal canto suo il vicepresidente Fassino ha ribadito che l'Italia è sempre stata favorevole al percorso europeo della Bosnia e che questo obiettivo è condiviso da tutte le forze politiche italiane, unitamente alla valutazione negativa sulla posizione assunta da ultimo dalla Francia di Macron. L'onorevole Lupi ha in particolare sottolineato che, da un lato, il nuovo corso impresso dalla nuova presidenza della Commissione europea rispetto al percorso di adesione dei Balcani occidentali, dall'altro, i prossimi semestri di presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea da parte della Croazia e della Germania rappresentano due occasioni da cogliere per realizzare progressi sostanziali.
La consigliera per l'UE del Presidente del Consiglio, Nerimana Rifatbegovic, ha esordito sottolineando che l'Unione europea costituisce per la Bosnia Erzegovina un obiettivo prioritario di politica sia estera sia interna. Dei 14 punti indicati dalla Commissione europea, declinati in ulteriori 115 priorità di carattere tecnico, saranno selezionati nell'immediato i punti meno impegnativi sul piano politico. In un contesto in cui è ancora forte il sostegno popolare all'integrazione europea, che è l'unico obiettivo unificante per le forze politiche bosniache, la decisione del Consiglio europeo di ottobre sull'avvio dei negoziati con l'Albania e la Macedonia del Nord ha comportato un deterioramento del clima, per cui è opportuno adesso rinforzare la cooperazione bilaterale e quella con le istituzioni europee. In ogni caso la Bosnia, secondo Rifatbegovic, pur se delusa da un trattamento che appare spesso differenziato (con riferimento al meccanismo di coordinamento richiesto alla sola Bosnia Erzegovina), è intenzionata a proseguire nel percorso di riforme, nell'auspicio di potere registrare presto progressi da parte di Bruxelles, anche al fine di non dare spazio politico ed economico per altri attori internazionali. Certamente, occorre lavorare sul piano della consapevolezza da parte delle forze politiche bosniache affinché conseguano la maturità necessaria per collaborare nella realizzazione delle riforme, soprattutto di tipo costituzionale, su cui comunque non si è ancora avviato un dibattito concreto. L'impegno europeo del Paese è comunque fuor di dubbio, considerati i risultati conseguiti malgrado i diffusi poteri di veto che il sistema legislativo e il processo decisionale bosniaco prevedono ai vari livelli.
Il Direttore della Direzione per le integrazioni europee, Edin Dilberovic Diliberovic, è entrato più nel merito dei 14 punti dell’«Action Plan», approvato dal Governo per affrontare le 14 priorità indicate dalla Commissione europea ed elaborato attraverso il complesso meccanismo di coordinamento tra i vari livelli della BiH. In linea con la consigliera Rifatbegovic, Diliberovic ha evidenziato che sarà data priorità ai livelli di azione meno complessi e sui quali si è registrato maggiore consenso tra le parti coinvolte, con l'obiettivo di arrivare a produrre i primi risultati concreti, anche in termini di interventi legislativi, nel giro di un anno. Anche Diliberovic ha rimarcato il disappunto per la mancata decisione dell'ultimo Consiglio europeo e per l'atteggiamento, in primo luogo, della Francia, che certamente non aiuta nella gestione di un'opinione pubblica divisa. Un'interessante valutazione sull'impatto del Processo di Berlino sulla BiH ha riguardato il riferimento alla attuazione della sentenza «Sejdic-Finci» del 2009 come priorità di lavoro indicata alle Autorità di Sarajevo in quello specifico contesto.
In generale, è stato rivolto un appello all'Europa affinché chiarisca meglio i principi e i valori su cui ritiene di diversi ancora fondare, considerati i segnali discordanti degli ultimi tempi, mentre i Paesi potenzialmente candidati come la Bosnia Erzegovina dovranno proseguire nel percorso di adeguamento del proprio ordinamento interno all’acquis, che ha già sortito effetti positivi sulla qualità della vita dei cittadini bosniaci. Di qui l'appello al nostro Paese: «abbiamo bisogno dell'Italia, della Slovenia, dell'Austria ed anche della Croazia», Paesi che conoscono la regione e possono realmente fornire un contributo positivo all'avanzamento dell'agenda europea della BiH.
L'intervento della Capa di Gabinetto del Presidente del Consiglio, Asja Niksic, ha consentito di fare emergere la consapevolezza che il futuro europeo della Bosnia Erzegovina è nelle mani del Consiglio europeo più che della Commissione, il cui report annuale è comunque decisivo. Proprio per questo ha destato non poche perplessità il termine del 4 dicembre imposto alla Bosnia per la predisposizione delle proprie risposte alla Commissione: un termine ritenuto impossibile da rispettare, tanto più in una dinamica tripartita come è quella del Paese.
Da parte italiana, nel raccogliere favorevolmente il messaggio di mantenimento di un forte interesse al percorso di adesione e prendere atto delle varie osservazioni emerse, è stata ricordata la risoluzione approvata all'unanimità dalla III Commissione, lo scorso 19 giugno, sull'integrazione dei Balcani occidentali nelle istituzioni euroatlantiche, a conferma del forte impegno dell'Italia nell'area; è stata al tempo stesso sottolineata la necessità che le istituzioni della Bosnia Erzegovina ed, in primo luogo, il nuovo Consiglio dei Ministri, anche alla luce del messaggio positivo mandato dalla nuova Presidente Van der Layen, diano concreti e seri segnali di impegno nell'affrontare le priorità identificate dalla Commissione europea.
Incontro con membri SDA dell'Assemblea Parlamentare
Sulla stessa linea l'incontro della delegazione parlamentare con i membri dell'Assemblea parlamentare della Bosnia Erzegovina, Asim Sarajlic e Alma Colo, dell'SDA (tradizionale partito di riferimento bosgnacco) nel corso del quale è stato ulteriormente confermato l'impegno del nostro Paese a sostenere la Bosnia Erzegovina nel percorso di integrazione euro-atlantica. L'onorevole Sarajlic ha, in particolare, auspicato di potere entrare nella delegazione osservatrice presso l'Assemblea parlamentare della Nato, malgrado il percorso di formazione del governo sia attualmente ancora in corso. I due parlamentari hanno espresso un deciso ringraziamento al nostro Paese per il sostegno sempre assicurato alla Bosnia Erzegovina fin dai tempi del conflitto e fino all'attuale fase di percorso di integrazione europea, anche grazie al contingente militare italiano dispiegato nelle missioni europee d e agli interventi di cooperazione allo sviluppo.
Sul piano bilaterale gli interlocutori bosniaci hanno rappresentato l'auspicio per l'intensificarsi dei rapporti commerciali, considerata la nuova fase che si va inaugurando di realizzazione di opere pubbliche e di riforme.
Un ulteriore tema affrontato in tale sede, su richiesta in particolare del vicepresidente Fassino, è stato quello delle elezioni a Mostar, dove non si tengono elezioni municipali dal 2012, poiché la precedente legge elettorale, promulgata direttamente dall'Ufficio dell'Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina (OHR), era stata sostanzialmente annullata dalla Corte Costituzionale ed i partiti di riferimento bosgnacco e croato non sono finora riusciti ad elaborarne una nuova. L'intervento legislativo è stato peraltro richiesto direttamente dalla Corte europea dei diritti umani, che si è pronunciata proprio il mese scorso sul caso «Baralija».
Sul punto si è soffermata la deputata Colo, che ha evidenziato le difficoltà create soprattutto dalla maggioranza croata, unitamente all'auspicio affinché si possa raggiungere un compromesso in risposta alle aspettative dell'UE. Nell'immobilismo determinato dai partiti locali, l'onorevole Sarajlic ha affermato di ritenere che l'SDA bosgnacco e l'HDZ croato non riusciranno a raggiungere un accordo sulla nuova legge elettorale: Egli ha tuttavia aggiunto di ritenere che in tal modo dovrebbe essere possibile raggiungere una soluzione di compromesso per tenere finalmente le prime elezioni municipali a Mostar dal 2012.
Quanto al miglior contributo possibile da parte italiana, su domanda dell'onorevole Lupi, lo stesso Sarajlic ha invocato un sostegno sul piano economico finalizzato ai comparti industria e agricoltura, per sostenere la popolazione, arrestare l'emigrazione dei giovani e scongiurare il crollo demografico.
Sul punto l'onorevole Fassino, ricordando il dato che vede l'Italia confermarsi secondo partner commerciale della Bosnia, ha evidenziato l'esigenza di offrire maggiori certezze agli investitori esteri. La cooperazione interparlamentare può certamente rappresentare un'utile leva per esplorare i margini di miglioramento esistenti della prestazione bilaterale, nell'interesse del percorso di riforme legislative e, soprattutto, della stabilità e della sicurezza regionale.
La presidente Grande ha colto l'occasione per annunciare l'organizzazione a Roma di una giornata interparlamentare dedicata ai Balcani occidentali, alla quale ha auspicato la partecipazione di una delegazione del parlamento bosniaco.
Incontro con il Capo della Delegazione UE e Rappresentante Speciale UE
La delegazione ha quindi incontrato il Capo Delegazione UE e Rappresentante Speciale dell'Unione Europea a Sarajevo, Johann Sattler che, su richiesta della Pres. Grande e forte della propria precedente missione in Albania, ha valutato che la battuta d'arresto all'ultimo Consiglio europeo rischia seriamente di compromettere le forze più riformiste ma che d'altra parte il vertice sui Balcani occidentali del prossimo maggio a Zagabria potrebbe ancora salvare la situazione, destinata altrimenti a sfaldarsi, con un impatto negativo proprio sulla Bosnia Erzegovina. Il Paese ha, in generale, bisogno di maggior contatto a livello politico con gli Stati membri per arginare il senso di isolamento che deriva anche da difficoltà di ordine infrastrutturale e logistico (l'aeroporto di Sarajevo è considerato uno dei peggiori di tutta la regione). La farraginosità dei processi decisionali, testimoniata dai 7 anni di durata del percorso di ratifica dell'ASA, è la causa principale di un'emigrazione che interessa anche i cittadini integrati nel mercato del lavoro locale (risulta che il 50 per cento dei bosniaci sia in realtà all'estero) e che non è più sostenibile.
La delegazione italiana ha riferito sul merito degli incontri avuti, con particolare riferimento alle segnalazioni negative circa l'eccessiva difficoltà dei 14 punti indicati dalla Commissione europea e di un rigore specifico che sarebbe esercitato nei confronti della Bosnia Erzegovina. Ambasciatore Sattler ha segnalato che l'opinione della Commissione europea fotografa con massimo realismo lo stato di avanzamento del percorso di riforme. Al momento, considerata l'abrogazione della pena di morte dalla normativa di rango costituzionale, la priorità per l'UE è rappresentata dalla attuazione del giudicato CEDU in materia di diritti politici. Successivamente, si potrà lavorare ad avviare un percorso di vera e propria candidatura all'adesione, conformemente ad un approccio metodologico del tutto analogo a quello utilizzato, ad esempio, per l'Albania, senza alcun doppio standard.
Sattler ha evidenziato come alla frammentazione istituzionale sia sotteso il tema della riconciliazione nazionale, cui non contribuisce un sistema scolastico ancora molto permeato da una visione ideologica rispetto al rapporto tra le etnie, che purtroppo esprimono interessi e priorità ancora molto diverse sul piano politico e strutturale. Tutto ciò alimenta la deriva nazionalistica, che resta il problema di fondo del Paese.
Alla domanda del vicepresidente Fassino su quale sia la maggiore difficoltà connessa al conseguimento dello status di candidato, Sattler ha rinviato alle 14 richieste della Commissione, sottolineando che la costanza degli sforzi costituisce il miglior banco di prova da parte del Paese interessato all'adesione. Ha quindi confermato che la presenza di attori stranieri opera più sul piano religioso e culturale che non politico o economico (è il caso di Russia e Turchia), con l'unica eccezione del caso Cina.
Nella giornata del 28 novembre la delegazione ha partecipato attivamente ai lavori del convegno dal tema «Italia e Bosnia Erzegovina: Balcani ed UE da un secolo all'altro; 155 anni dal primo Consolato Generale d'Italia a Sarajevo» realizzato dall'Ambasciata d'Italia a Sarajevo in cooperazione con l'Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT) di Trento, di cui ciascun parlamentare ha moderato una sessione. Il convegno è stato occasione per la presentazione del volume «Italia e Bosnia Erzegovina. 155 anni di storia insieme», una raccolta di documenti e testimonianze sulla presenza italiana in Bosnia Erzegovina dall'apertura del Consolato sino ad oggi. Il convegno è stato altresì l'occasione per la valorizzazione del contributo della Commissione rappresentato dalla citata risoluzione, approvata il 19 giugno.
Ad apertura dei lavori, la presidente Grande è tornata ad annunciare, tra l'altro, un'iniziativa di diplomazia parlamentare volta a promuovere una collaborazione tra il Parlamento italiano e i parlamenti dei Paesi dei Balcani Occidentali.
La missione a Sarajevo si è conclusa con una visita presso la Biblioteca nazionale, restaurata dopo il bombardamento che ne distrusse l'ingente patrimonio e in cui sono temporaneamente collocate le opere facenti parte della collezione di arte contemporanea «Ars Aevi». Per la definitiva collocazione della collezione si attende la soluzione di una controversia a livello locale sulla ubicazione del progetto museale firmato dall'architetto Renzo Piano.
ALLEGATO 4
Sugli esiti della missione a Bruxelles (4 dicembre 2019).
COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE
Il Vice Presidente della III Commissione, on. Piero Fassino, ha partecipato a Bruxelles, lo scorso 4 dicembre, in rappresentanza della Camera dei deputati, ad una riunione promossa dalla Commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento europeo sulle priorità di politica estera dell'UE per il nuovo ciclo istituzionale. Per il Senato era presente il Presidente della 3a Commissione del Senato, sen. Vito Petrocelli.
La riunione, già preannunciata all'ultima Conferenza semestrale sulla PESC e sulla PSDC a Helsinki dal presidente della Commissione AFET, l'on. Mc David Allister, è stata finalizzata ad un primo scambio di vedute tra il nuovo Alto Rappresentate per gli Affari esteri e la politica di sicurezza nonché Vice Presidente della Commissione europea, lo spagnolo Josep Borrell, ed il nuovo Commissario europeo per l'allargamento e la politica di Vicinato, l'ungherese Olivér Várhelyi, e delegazioni in rappresentanza dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, ad eccezione del Regno Unito, oltre ad europarlamentari componenti della commissione AFET.
Nella sua esposizione l'Alto Rappresentate Borrell ha esordito con un primo richiamo al Sahel, avendo da poco partecipato, il 2 dicembre a Parigi, alla cerimonia funebre in omaggio a tredici militari francesi deceduti, il 23 novembre scorso, in un attacco terroristico in Mali. Il successivo richiamo è stato alla lotta contro i cambiamenti climatici, considerato il contestuale svolgersi a Madrid della COP 25.
In terza battuta Borrel ha dichiarato essenziale il dialogo e la cooperazione con il Parlamento europeo e con i Parlamenti degli Stati membri dell'UE, nell'obiettivo di una politica estera europea credibile in quanto coesa. Non ha taciuto le divisioni che affliggono il settore, proponendo di articolare la propria visione secondo due filoni concettuali: il ruolo dell'Europa nel mondo e l'impatto della geopolitica sulla Commissione europea.
Sul primo filone è partito dall'assunto per cui la concorrenza strategica tra i grandi attori internazionali rappresenta ormai un dato consolidato. Questa concorrenza è incrementata dal maggior attivismo globale sul piano militare, per cui una prima istanza è rappresentata certamente dalla necessità di rafforzare la cooperazione in materia di difesa, in stretta sinergia con la NATO. Anche in questo settore la condizione di sopravvivenza per l'Europa – ha riferito Borrell – è il lavorare uniti e coesi, tanto più in un mondo globale in cui prevale la dinamica degli equilibri di potere e il linguaggio della minaccia. Di fronte a crescenti rischi di instabilità e ad una concorrenza globale sempre più stringente occorre, in particolare, dotarsi più di prima di strumenti flessibili, caratterizzati dalla combinazione di soft e hard power. La PESC deve, cioè, essere nelle condizioni di incidere più di quanto non sia avvenuto finora, diversamente l'Europa è destinata a trasformarsi in un mero terreno di influenza per altri attori internazionali. In tutto questo la NATO resta certamente lo strumento precipuo dal quale partire, continuando a rappresentare per molti Stati membri il primo baluardo di difesa rispetto a tradizionali minacce esterne. Tuttavia, occorre sviluppare maggiore consapevolezza rispetto a nuove minacce che si sono aggiunte nei diversi scenari e che richiedono maggiore convergenza e rapidità di reazione.
La naturale conseguenza di questa premessa è lo stanziamento di risorse aggiuntive nel bilancio UE per l'azione esterna. In tal senso Borrell ha espresso soddisfazione per l'annuncio della Presidente von der Leyen sull'aumento del 30 per cento dei finanziamenti, ma ha al contempo fatto trapelare un certo scetticismo rispetto alla praticabilità di questo obiettivo, peraltro non ancora del tutto proporzionato alle reali esigenze della PESC-PSDC. Indubbiamente, Borrell ha convenuto che la nuova Commissione europea si è posta in termini maggiormente geopolitici e strategici rispetto al passato, poiché il futuro della politica estera dell'Unione europea presuppone un approccio più integrato, in risposta all'approccio fortemente geopolitico di attori come la Turchia o la Cina.
Accennando al disallineamento con gli Stati Uniti su temi cruciali come la web tax, Borrell si è spostato sullo scenario libico, segnalato per la sua speciale pericolosità per la stabilità del continente e per la stessa tenuta valoriale dell'Europa, guardando alle sfide sui temi dell'immigrazione e del diritto d'asilo. Borrell ha tracciato un bilancio deludente sull'impegno della comunità internazionale in Libia, dove da anni non si registrano progressi anche a cause delle continue ingerenze da parte di attori esterni controinteressati alla fine del conflitto. Ha, quindi, fatto un riferimento esplicito al nuovo Memorandum siglato tra Turchia e Libia sulla giurisdizione delle aree marittime nel Mediterraneo, che pone sfide molto concrete alla Grecia e a Cipro rispetto alla sovranità sulle acque territoriali e ai diritti di sfruttamento della piattaforma sottomarina.
Borrell ha incoraggiato i Parlamenti a guardare all'Europa come ad una potenza diplomatica di peso, che proseguirà il proprio impegno sul terreno degli accordi di libero scambio, negoziati e siglati nel rispetto di criteri di sostenibilità, in primis ambientale.
Ha espresso apprezzamento per l'inserimento della PESCO e del FES (Fondo Europeo per la Stabilità) in un unico pacchetto destinato a divenire parte del bilancio europeo. Sul punto Borrell ha preannunciato la presentazione di un cluster di rules of procedures sulla PESC-PSDC nel contesto del lavoro che la presidente Van der Leyen sta svolgendo sul terreno delle procedure di bilancio.
L'Alto Rappresentante ha tenuto a menzionare anche il tema della protezione dei dati sensibili, strategico per la politica estera e di sicurezza europea, tanto quanto il tema degli accordi energetici. Ha provocato i partecipanti alla riunione ponendo l'esigenza di optare tra l'impostazione cinese, che riconosce allo Stato la proprietà e i diritti sui dati sensibili dei cittadini, quella europea, che assegna e riconosce all'individuo la titolarità sui propri dati, ed un possibile terzo modello più impostato sul protagonismo delle specifiche società.
Borrell non ha trascurato di citare l'Africa, come continente interessato da una cruciale dinamica demografica e in cui l'approccio strategico europeo resta fondato sull'Agenda 2030 e sulla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, che sono parte del Green New Deal lanciato dalla Conferenza di Madrid sul clima.
Passando ad una disamina degli specifici scenari in cui si declina la politica estera europea, Borrell, ha innanzitutto citato i Balcani Occidentali, attraversati da un clima di delusione dopo la nota battuta d'arresto sancita dal Consiglio europeo del 18 ottobre scorso. Sul punto Borrell è stato assai assertivo: la prospettiva europea dei Balcani non può essere negata ed il suo impegno per la soluzione di ogni controversia tra Serbia e Kosovo sarà stringente. Andrà in tale direzione la sua partecipazione a Bratislava alla 26ma ministeriale OSCE.
Ulteriori scenari di interesse prioritario saranno la Georgia, la Moldova e l'Ucraina, che vanno sostenute da parte europea. E se in Libia l'UE sarà in prima fila per la ricostruzione del Paese, nel Golfo l'impegno sarà concentrato sulla tenuta dell'accordo sul nucleare.
Fatte queste previ premesse, Borrell ha affrontato il dibattito con i parlamentari presenti, in cui ha potuto integrare le questioni sopra citate o estendere la sua esposizione a temi non ancora esplicitati. Sulla politica di allargamento, ad esempio, ha rinviato al vertice di Zagabria del 2020 per il compimento di passi maggiormente concreti, auspicando fino ad allora un impegno coeso per mantenere viva la prospettiva di futura integrazione. Borrell ha ricordato che l'Europa non è stata in grado di scongiurare le oltre 150 mila vittime delle guerre balcaniche degli anni Novanta e questo impone oggi di tenere vivo l'impegno preso nei confronti di Paesi che ancora lottano per gestire le conseguenze di quella drammatica fase storica. Certamente il Consiglio europeo dovrà tornare a discutere la questione, ha insistito Borrell.
Tornando sugli Stati Uniti, Borrell ha riconosciuto che la priorità di Washington resta ancora l'Asia e che questo non è senza conseguenze su scenari come la Siria. Un altro spunto di riflessione ha riguardato la Brexit per l'impatto futuro sulla percentuale di forniture militari provenienti da Paesi extraeuropei, che sarà pari all'80 per cento. Ha invitato comunque a non drammatizzare la attuale fase critica del rapporto tra UE e NATO, richiamando precedenti storici significativi, come la crisi di Suez del 1956, la guerra del Kippur del 1973, il conflitto in Iraq o quello in Libia.
Un'ulteriore considerazione ha riguardato il tema dell'immigrazione su cui Borrell ha evidenziato l'esigenza di adottare un approccio davvero onnicomprensivo, che vada oltre il mero presidio delle frontiere esterne: la politica estera europea, infatti, include e tutela il diritto d'asilo oltre a dovere prevedere un impegno più convinto per la sigla di accordi di rimpatrio con Stati terzi. Su questo settore l'accordo con Ankara rappresenta anche per la nuova Commissione un caposaldo da preservare.
Borrell ha spontaneamente dedicato un'osservazione alla fase critica in atto in America Latina, che va ben oltre la pur preoccupante situazione a Cuba e che sarebbe la conseguenza della perdurante mancata soluzione di conflitti sociali.
La successiva parte della riunione è stata dedicata ad un analogo scambio di vedute con il nuovo Commissario europeo per l'allargamento e la politica di Vicinato, l'ungherese Olivér Várhelyi, sul futuro dell'allargamento e su come superare il deficit di credibilità e per rilanciare le riforme.
Il Commissario Várhelyi ha a sua volta posto l'accento sul ruolo chiave degli Stati membri e dei Parlamenti nazionali per il futuro dell'allargamento, come d'altra parte il più recente Consiglio europeo ha dimostrato. Ha inserito la politica di allargamento in una visione positiva, fondando su di essa il benessere dell'Europa e in particolare della regione dei Balcani occidentali. Certamente il processo, per il livello di complessità raggiunta, va maggiormente gestito al livello politico, ha evidenziato Várhelyi, che si è soprattutto spinto ad annunciare per il 2020 un dialogo mirato con Pristina ed un sostanziale progresso in tal senso ancor prima del vertice di Zagabria sui Balcani occidentali. Un ulteriore coraggioso annuncio ha riguardato l'ingresso di uno dei Paesi candidati all'adesione entro i prossimi cinque anni.
In questa sessione è intervenuto il Vice Presidente Fassino che ha sottolineato che ventiquattro anni dall'accordo di Dayton e dall'avvio della politica di allargamento per i Balcani Occidentali rappresentano un tempo troppo lungo e che il rischio maggiore è adesso rappresentato dal dilagare del populismo e del nazionalismo in tutti i Paesi della regione. In tal senso ha plaudito agli annunci del nuovo Commissario sul futuro della politica di allargamento. Fassino ha evidenziato d'altra parte la marginalità dell'impegno per il Mediterraneo sia nell'esposizione dell'Alto Rappresentante Borrell sia in quella del Commissario Várhely, auspicando una correzione del tiro, vista la centralità strategica del Mediterraneo per la stabilità stessa dell'Europa.
Sul tema il Commissario ha raccolto positivamente la sollecitazione, indicando nella relazione UE-Marocco il modello positivo cui guardare. Várhely ha anche approfondito il rapporto dell'UE con Paesi come la Georgia, l'Ucraina e la Moldova, per i quali il difficile rapporto con Mosca è di ostacolo all'avvicinamento all'Unione europea. Sui Balcani Várhely ha rivendicato l'impegno dell'UE, l'unica realtà multilaterale davvero presente ed attiva nella regione, seppur con margini di miglioramento ancora praticabili. Ha, in generale, auspicato un cambiamento metodologico, invitando gli Stati membri ad optare per la selezione di grandi progetti europei in luogo di numerosi microprogetti esposti al rischio di dispersione, oltre ad un'attenzione rafforzata alla lotta contro la corruzione e per lo Stato di diritto e la libertà dei media. Ha in particolare invitato gli Stati membri a lavorare per l'avverarsi di un'autentica economia di mercato in Serbia e Montenegro. Non ha taciuto le gravi perplessità di Cipro e della stessa Grecia derivanti dalla sigla del nuovo Memorandum tra Turchia e Libia, su cui il Consiglio Affari esteri e lo stesso Consiglio europeo si sono espressi in modo chiaro e assertivo. Un'interessante annotazione finale ha riguardato la Turchia, valorizzata in quanto secondo Paese NATO e partner cruciale per la gestione dei flussi migratori.