Commissioni Riunite (III e XIV)
III (Affari esteri e comunitari) e XIV (Politiche dell'Unione europea)
Commissioni Riunite (III e XIV)
Comm. riunite 0314
Sugli esiti della missione svolta a Sofia in occasione della Conferenza interparlamentare «Trasformare la Regione dei Balcani occidentali – una prospettiva parlamentare del ruolo e del futuro del processo di adesione all'UE» (5 ottobre 2018) ... 14
ALLEGATO (Comunicazioni del Presidente) ... 15
Audizione in videoconferenza di membri italiani della Commissione esteri del Parlamento europeo (AFET) nell'ambito dell'esame della Comunicazione 2018 della Commissione europea sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2018)450) ... 14
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
Mercoledì 17 ottobre 2018. — Presidenza della presidente della III Commissione, Marta GRANDE.
La seduta comincia alle 14.50.
Sugli esiti della missione svolta a Sofia in occasione della Conferenza interparlamentare «Trasformare la Regione dei Balcani occidentali – una prospettiva parlamentare del ruolo e del futuro del processo di adesione all'UE» (5 ottobre 2018).
Marta GRANDE, presidente, ricorda che alla Conferenza interparlamentare in oggetto, svoltasi a Sofia il 5 ottobre scorso, hanno partecipato le deputate Sabrina De Carlo e Simona Vietina, rispettivamente in rappresentanza della Commissione affari esteri e della Commissione politiche dell'UE. Avverte che per la missione in titolo è stata predisposta una relazione, allegata al resoconto odierno (vedi allegato).
Sabrina DE CARLO (M5S) rileva l'opportunità di rinviare il proprio intervento ad altra seduta, per poter disporre di tempi congrui per la discussione.
Simona VIETINA (FI) si associa alla richiesta della collega De Carlo.
Marta GRANDE, presidente, anche a nome del presidente della XIV Commissione dichiara di condividere la proposta e, nessuno chiedendo di intervenire e in assenza di obiezioni, rinvia il seguito delle comunicazioni in titolo ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.55.
AUDIZIONI INFORMALI
Mercoledì 17 ottobre 2018.
Audizione in videoconferenza di membri italiani della Commissione esteri del Parlamento europeo (AFET) nell'ambito dell'esame della Comunicazione 2018 della Commissione europea sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2018)450).
L'audizione informale è stata svolta dalle 15.05 alle 16.
ALLEGATO
Sugli esiti della missione svolta a Sofia in occasione della Conferenza interparlamentare «Trasformare la Regione dei Balcani occidentali – una prospettiva parlamentare del ruolo e del futuro del processo di adesione all'UE» (5 ottobre 2018).
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
Relazione.
Le deputate Sabrina De Carlo (M5S) e Simona Vietina (FI) hanno preso parte, rispettivamente in rappresentanza della III e della XIV Commissione, alla Conferenza interparlamentare sul tema in titolo, promossa dal Parlamento europeo e dall'Assemblea Nazionale della Bulgaria.
La missione si è svolta in connessione con l'esame della Comunicazione 2018 della Commissione europea sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2018)450), in corso presso le citate Commissioni.
La Conferenza – articolata in quattro sessioni tematiche – si è caratterizzata per una significativa partecipazione di rappresentanti, oltre che dei Parlamenti dei sei Paesi dell'area dei Balcani Occidentali (Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania, Kosovo, Ex Repubblica Federale di Macedonia), di Parlamenti di 13 Stati membri dell'Unione europea: oltre all'Italia e alla Bulgaria, Germania, Irlanda, Grecia, Belgio, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Ungheria e Croazia. Anche il Parlamento europeo via ha presto parte con una propria delegazione che includeva la vicepresidente Livia Jaroka, i presidenti della Commissione UE-Serbia e della Delegazione per le relazioni con la Bosnia Erzegovina e con il Kosovo. Erano inoltre rappresentanti la Commissione europea, il Segretariato regionale per la Cooperazione Parlamentare nell'Europa sudorientale, numerose organizzazioni della società civile e accademici provenienti dai sei Paesi dell'area balcanica.
Il contesto della Conferenza.
La Conferenza si è celebrata a pochi giorni dal fallimento del tanto atteso referendum a Skopjie sull'accordo con la Grecia per il nuovo nome del Paese ex jugoslavo (Macedonia del nord), in cui non è stato raggiunto il quorum del 50 per cento più uno. Il clima della Conferenza non è sembrato tuttavia risentirne se non nei limiti dei doverosi richiami alla questione fatti da parte dei rappresentanti greci e macedoni presenti ai lavori.
Sotto l'ombrello formale della presidenza di turno dell'Austria, con la Conferenza il Parlamento bulgaro ha con tutta evidenza inteso consolidare, di fronte alla comunità europea e regionale, il suo lead sulla priorità «Balcani Occidentali», passando politicamente il testimone alla presidenza di turno della Romania, fissata per il primo semestre del 2019. Ciò anche in considerazione della necessità di stringere l'impegno europeo e degli Stati dell'area rispetto ad una priorità su cui incombono precisi vincoli temporali, dati dal traguardo al 2025.
Non a caso la Conferenza ha avuto per costanti riferimenti politici la Dichiarazione di Sofia del 2017 sul futuro della politica di allargamento – assurta a base giuridica dell'impegno bulgaro nei confronti dei partner regionali –, le conclusioni del successivo Consiglio europeo di giugno, i vertici di Trieste del 2017 e di Londra del 2018 nell'ambito del Processo di Berlino e, soprattutto, la Strategia della Commissione sull'allargamento del febbraio del 2018.
I lavori della Conferenza.
In tale contesto è stato significativo l'intervento introduttivo del Vicepresidente dell'Assemblea Nazionale Bulgara, Yavor Notev, che ha rivendicato il merito della Bulgaria nell'avere riportato, a quindici anni di distanza dallo storico Consiglio europeo di Salonicco, i Balcani Occidentali in cima all'agenda di politica estera dell'UE e preannunciato il mantenimento dell'impegno anche per il futuro, nel convincimento che gli ostacoli posti al livello locale, regionale ed internazionale rafforzino la necessità storica dell'allargamento dell'UE alla regione. Si tratta di un investimento nell'interesse di una Unione europea stabile e unita e di una Bulgaria con buone relazioni di vicinato a livello europeo e con la regione balcanica. Al centro della visione bulgara è stata posta la questione della coesione sociale, dell'agenda digitale, del dialogo tra cittadini e imprese, di un piano generale per il miglioramento della qualità della vita.
La Ministra degli Affari esteri e Vicepremier per le riforme del sistema giudiziario, Ekaterina Zaharieva, ha confermato la centralità della Bulgaria rispetto al tema, insistendo sulle resistenze incontrate da parte di alcuni dei 28 Stati membri nel riconoscerne il carattere prioritario. Il successo politico raccolto da Sofia deve però registrare la stanchezza dei Paesi balcanici, fiaccati dai continui rinvii dell'avvio dei negoziati. Ciò nonostante le società locali restano entusiaste e collaborative. Certamente permangono molte sfide interne ed esterne, prima fra tutte l'esigenza di convincere alcuni Stati membri sull'inesorabilità del processo. Quanto agli esiti della Dichiarazione di Sofia, di cui ha richiamato l'approvazione unanime per la prima volta dal 2016, la Ministra ha valorizzato l'avvio a Sofia di un partenariato nel campo della sicurezza tra UE e Balcani Occidentali. Ha anche riconosciuto il successo del Vertice di Trieste del 2017, in cui sono stati definiti impegni chiari in tema di infrastrutture e di finanziamenti, e del Vertice di Londra di quest'anno per la questione sicurezza e Stato di diritto. L'importante intervento della Ministra ha incluso un concreto richiamo alla necessità che i messaggi della politica trovino conferma in adeguate risorse finanziarie.
Entrando nel merito delle questioni aperte, ha soprattutto auspicato l'accordo tra Belgrado e Pristina non tacendo il ricordo che le azioni militari hanno lasciato nella regione ma invocando la capacità di superare la storia: occorre evitare nuovi errori e tenere nel giusto conto che la principale fonte di motivazione per affrontare con successo percorsi di riconciliazione e di riforma è data dalla prospettiva europea. La popolazione dei Balcani Occidentali è giovane e motivata e può davvero contribuire positivamente alla regione. La Ministra ha messo, infine, in guardia rispetto ai maggiori costi derivanti dalla non adesione e ha insistito sulla funzione positiva giocata dai Parlamenti nazionali, cui spetta assicurare priorità alle riforme in tema di sistema giudiziario e di diritti e libertà fondamentali.
La Sessione «EU Western Balkan Summit, Sofia Priority Agenda, Berlin Process Summit and the way ahead: continuing support for Western Balkans EU accession process».
La sessione è stata introdotta dalla presidente della Commissione affari esteri dell'Assemblea Nazionale bulgara, Dzhema Grozdanova, ha valorizzato il ruolo positivo e concreto esercitato dal Parlamento europeo e dal Processo di Berlino, avviato dalla Cancelliera Merkel, nel segno di un rilancio efficace dei valori europei. Nel merito della situazione macedone ha dato risalto alla centralità che riveste oggi il sostegno dei cittadini al percorso di integrazione. Sulla controversia tra Serbia e Kosovo ha auspicato relazioni sostenibili ma non ad ogni costo e ha, infine, invitato a non impostare l'adesione dei Paesi secondo logiche «per gruppo». Nel dare atto del ruolo positivo giocato dalla cooperazione interparlamentare, ha chiesto che non si parli del percorso di allargamento come di una prospettiva ipotetica ma come di un sicuro successo per l'Europa.
Il presidente della Commissione esteri del Nationalrat austriaco, Andreas Schieder, ha invitato a continuare a credere nel futuro europeo della regione, definito a Salonicco nel 2003, malgrado la fase di euroscetticismo che attraversa oggi l'opinione pubblica europea. Il 2018 si è contraddistinto in modo positivo in tal senso, data la priorità assicurata dalla presidenza bulgara prima e austriaca poi per motivi più che ragionevoli: la stabilità della regione, per la quale il processo di integrazione è stato fattore decisivo, la prosperità e sicurezza europea, la pace mondiale. Ha, quindi, richiamato l'esperienza di negoziato di adesione vissuta dall'Austria, durata sei anni, dal 1989 al 1995, anni in cui il Paese si è modernizzato nell'interesse precipuo dei cittadini. Schieder ha quindi insistito sulla vicinanza storica e culturale, oltre che geografica, dei Balcani ricordando l'accoglienza assicurata ai profughi delle guerre degli anni Novanta. Ha concluso il suo intervento ricordando i dati degli investimenti europei e dell'interscambio tra UE e regione balcanica negli ultimi cinque anni, sottolineando che la prospettiva di adesione dipende dalla volontà e dagli sforzi individuale di ogni Stato. Ha precisato che la scadenza del 2025 fissata per l'adesione di Serbia e Montenegro è indicativa, non tassativa, e funge certamente da incoraggiamento e che il Processo di Berlino deve necessariamente proseguire.
Il presidente della Commissione esteri del Senato della Romania, Cristian Sorin Dimitrescu, ha svolto un intervento che ha anticipato il taglio della presidenza romena per la tematica. Come prevedibile, ha accolto con molto entusiasmo il testimone offerto dalla collega bulgara e non ha mancato di portare l'esempio romeno quanto alla capacità trasformativa in positivo del processo di integrazione europea. La Romania, Paese ex comunista, rappresenta un caso di successo grazie al valore strategico dato fin dal primo momento all'adesione all'UE. Quanto alla tempistica, ha precisato Dimitrescu, essa è dettata non dall'esterno ma dalle riforme che i Paesi della regione sapranno realizzare. Occorre certamente assicurare alle giovani generazioni il mantenimento della prospettiva europea ma anche lavoro, cultura, formazione per dare profondità e durata al processo di riconciliazione e contro la radicalizzazione. Tra gli obiettivi della presidenza ha segnalato la necessità di coordinare e mettere a sistema le diverse iniziative regionali gravitanti intorno alla prospettiva europea per assicurare il più possibile la capacità della regione di parlare «con una sola voce».
L'intervento di Ognian Zlatev, capo della Rappresentanza Permanente della Commissione europea a Sofia, in linea con il precedente relatore, ha insistito sulla centralità delle riforme, dei concreti progressi, del merito ma soprattutto dei valori e principi europei con specifico riferimento allo Stato di diritto e alla buona governance e ad istituzioni democratiche. Il dialogo tra le forze politiche e tra i parlamenti è essenziale in questa fase per garantire l'allineamento dell’acquis e soddisfare le aspettative della società civile. Certamente occorre che gli Stati dell'area risolvano prima dell'adesione le questioni bilaterali pendenti, sapendo di potere contare sul sostegno della Commissione. Nel quadro attuale il 2019 si prospetta cruciale per le aspettative dell'Albania e della Fyrom. Ha infine richiamato la posizione del presidente Juncker secondo il quale se si vuole più stabilità nell'area occorre unità e mantenere credibile, chiara e univoca la prospettiva di adesione. credibile in UE.
In sede di dibattito, si sono distinti gli interventi dei parlamentari dell'Albania (sulla priorità nella lotta contro la corruzione e sull'esigenza di una posizione più avanzata da parte dell'Europa rispetto alla pericolosità di uno scambio territoriale tra Serbia e Kosovo); Ungheria (di forte sostegno al processo anche prima del 2025, affinché anche la Bosnia possa assumere presto la qualità di candidato e il Kosovo la liberalizzazione dei visti; a favore dell'adesione della Macedonia nella NATO e per una maggiore capacità di influenza dell'UE contro Paesi terzi già presenti nella regione); Grecia (sul rispetto delle minoranze e contro il nazionalismo; per il rispetto nel linguaggio diplomatico dell'accordo raggiunto tra Grecia e Fyrom sul nome); Irlanda (sull'importanza dell'ampliamento dell'UE ai Balcani Occidentali tanti più alla luce della Brexit; sull'esigenza che i Paesi risolvano da sé le questioni bilaterali prima di aderire all'UE). Dal contributo di eurodeputati della Commissione cultura del PE è derivato il richiamo ai temi dei diritti umani, della tutela delle minoranze e delle questioni di genere, in particolare rispetto alla Convenzione di Istanbul.
Per l'Italia la deputata De Carlo, richiamando il ruolo dell'Italia come Paese fondatore e pilastro dell'UE, ha evidenziato l'apporto decisivo dell'Italia per il processo di integrazione europea della regione balcanica, apporto che non incontra condizioni laddove vi è piena adesione ai principi e ai valori europei. Ha quindi richiamato il tema dell'immigrazione come complesso banco di prova per tutti gli Stati europei, membri e non, ricordando lo sforzo dei Paesi balcanici e dell'Italia in particolare rispetto alla gestione degli straordinari flussi di migranti arrivati nel 2015. Ha, quindi, auspicato che la Conferenza interparlamentare di Vienna, dedicata ai temi della politica estera, di sicurezza e di difesa, prevista per la settimana successiva, possa tornare ad adottare delle conclusioni scritte non solo in linea con il suo regolamento ma per assicurare un indirizzo politico trasparente e democratico all'azione della Commissione europea nella regione.
Seconda sessione «The role of National Parliaments and the European Parliament for strengthening the European perspective of the Western Balkans».
Il presidente della Commissione politiche dell'Unione europea del Nationalrat austriaco, Christian Buchmann, ha evocato il modello COSAC quale best practice per la realizzazione degli obiettivi comuni ai Paesi della regione e per esercitare una funzione di controllo sui governi. Ha auspicato una dimensione parlamentare del Processo di Berlino, che si avvale già di una dimensione imprenditoriale oltre a quella governativa. Il suo collega Stefan Musoiu, vicepresidente della omologa Commissione della Camera dei deputati romena, ha ricordato che appartenere all'UE ha aiutato il suo Paese a trasformare la società e che del Processo di Berlino va preservato il carattere orizzontale della cooperazione tra i Paesi. Ha annunciato che la presidenza romena perseguirà l'obiettivo dell'apertura dei negoziati con la Macedonia e con l'Albania nel 2019.
In sede di dibattito il senatore Fabio Di Micco ha intervenuto ricordando la Dichiarazione di Roma del 25 marzo del 2017 e l'indissolubilità per l'Italia tra prospettiva europea dei Balcani Occidentali e riforme. Nel confermare il carattere prioritario del tema anche per la maggioranza e per il Governo italiano in carica, ha assicurato che il Parlamento italiano supporterà il governo in sede di Consiglio dell'UE e sosterrà tutte le iniziative di dialogo politico e di diplomazia parlamentare.
Meritevole di attenzione è stato l'intervento del rappresentante della FYROM che ha rivendicato forte aspettativa per l'integrazione euroatlantica in ragione delle importanti riforme realizzate, anche oltre la soluzione della disputa sul nome, e per un'integrazione alla pari ed equa nel rapporto con Bruxelles. Ha segnalato una certa delusione per la mancata fissazione di una data per l'avvio del negoziato da parte del Consiglio europeo nonché una certa fatica da parte di Albania e Kosovo per analoghi motivi. Ha chiesto politiche più dirette da parte degli Stati membri e delle istituzioni europee, segnalando che dall'indipendenza nessuna consultazione popolare ha mai raggiunto un consenso così alto come il referendum di fine settembre. In questa fase occorre più che mai il supporto dell'Europa per superare lo sforzo del voto degli emendamenti costituzionali, previsto a breve. Occorre scongiurare elezioni anticipate e pensare solo al sbloccare il processo. In generale occorre uno sforzo da parte europea per assicurare ad ogni paese della regione una chance.
Il rappresentante della Serbia ha sostenuto che il Paese ha dato prova di essere un partner credibile, paventando i rischi per la regione balcanica derivanti da elezioni europee nel 2019 che possano determinare un ripensamento sulle istituzioni europee. Rispetto a questo scenario è essenziale che il messaggio di Bruxelles sia deciso. Sul Kosovo, ha rimproverato alla controparte eccessiva rigidità nelle trattative e la necessità di superare l’empasse per non lasciare un conflitto congelato in eredità alla prossima generazione. Ha posto comunque la soluzione della controversia sotto la condizione del raggiungimento di uno statuto delle municipalità serbe, senza il quale non può avere luogo alcun riconoscimento.
In questa fase del dibattito l'intervento di una deputata dell'Ungheria ha ricordato il lavoro svolto dall'Ungheria in collaborazione con la Commissione europea sui temi dell’institution building e ha segnalato la conferenza interparlamentare indetta dal gruppo di Visegrad sul tema di Balcani Occidentali, da cui è derivato un rafforzamento della prospettiva di adesione.
A raffreddare il clima positivo a favore della prospettiva di adesione è intervenuto un deputato del Parlamento del Belgio che ha segnalato come la questione di in realtà per nulla prioritaria nei Parlamenti nazionali degli Stati membri fondatori e che l'aspettativa appare troppo alta. L'allargamento su cui si è investito negli anni Novanta si è rivelato un passo azzardato in quanto fondato sulla cooperazione economica e non sui valori. Ciò detto se si vuole evitare di compiere gli stessi errori occorre lavorare sui principi e sul terreno delle garanzie.
Terza sessione: Transformative effect of EU accession process on the region – challenges and achievements.
In tale sessione sono intervenuti esponenti della società civile regionale che hanno portato prospettive più vicine alle richieste della popolazione e dei giovani. È emersa una domanda di maggiore conoscenza della cultura e mentalità balcanica da parte dell'Unione europea. Al centro della sessione di è collocato l'intervento della vicepresidente del Parlamento europeo Livia Jaroka, titolare della delega per i Balcani, che ha svolto un lungo e accorato intervento sull'esigenza di non deludere le aspettative delle giovani generazioni e sulle frustrazioni dei Paesi dell'area dopo lo choc della grande ondata di rifugiati nel 2015. Ha incoraggiato i sei Paesi balcanici a sviluppare competenze per l'uso di fondi europei per realizzare progetto in partenariato per scongiurare il fallimento della scadenza del 2025.
In questa fase è nuovamente intervenuta la deputata De Carlo che ha stigmatizzato la capacità di un consesso come quello di Visegrad di pervenire ad una propria visione coesa in politica estera a differenza di quanto sta avvenendo nell'Unione europea. La deputata Vietina ha, invece, svolto un articolato intervento sul profondo radicamento nella politica estera italiana dell'obiettivo dell'integrazione dei Balcani Occidentali. Ha quindi rafforzato una visione incentrata su principi e valori condivisi e preannunciato per il futuro un ancor più convinto impegno dell'Italia.
Quarta sessione: Importance of interparliamentary and regional cooperation for speeding up reforms in EU acceding countries.
La sessione si è caratterizzata per interventi di rappresentanti di organizzazioni regionali che hanno riferito sul proprio operato, con particolare riferimento all'Assemblea parlamentare del Processo di cooperazione dell'Europa Sudorientale, avviato nel corso degli anni Novanta e che si riunisce tuttora a Sofia. È anche intervenuto Damir Mateljian, rappresentante della presidenza di turno dell'INCE, uno dei forum regionali più risalenti, fondato nel 1991, che ha richiamato l'esigenza di valorizzare i profili della trasferimento tecnologico, della collaborazione economica e della vocazione turistica della regione.