X Commissione

Attività produttive, commercio e turismo

Attività produttive, commercio e turismo (X)

Commissione X (Attività produttive)

Comm. X

Attività produttive, commercio e turismo (X)
SOMMARIO
Giovedì 19 luglio 2018

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA:

Sulla pubblicità dei lavori ... 96

5-00191 Paxia: Sulle iniziative per il contrasto della contraffazione e la tutela del «made in Italy». ... 96

ALLEGATO 1 (Testo della risposta) ... 104

5-00192 Moretto: Sugli orientamenti del Governo in merito al progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP) ... 97

ALLEGATO 2 (Testo della risposta) ... 106

SEDE CONSULTIVA:

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. C. 924 Governo (Parere alle Commissioni riunite VI e XI) (Seguito dell'esame e conclusione – parere favorevole con osservazioni) ... 97

ALLEGATO 3 (Proposta di parere del Relatore) ... 108

ALLEGATO 4 (Parere approvato dalla Commissione) ... 110

ALLEGATO 5 (Proposta alternativa di parere dei deputati Moretto, Benamati, Bonomo, Manca, Mor, Nardi, Noja e Zardini) ... 112

X Commissione - Resoconto di giovedì 19 luglio 2018

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Giovedì 19 luglio 2018. — Presidenza del vicepresidente Luca CARABETTA. — Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Andrea Cioffi.

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Luca CARABETTA, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-00191 Paxia: Sulle iniziative per il contrasto della contraffazione e la tutela del «made in Italy».

  Maria Laura PAXIA (M5S) illustra l'interrogazione in titolo.

  Il sottosegretario Andrea CIOFFI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Maria Laura PAXIA (M5S), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del rappresentante del Governo.

5-00192 Moretto: Sugli orientamenti del Governo in merito al progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP).

  Diego ZARDINI (PD) illustra l'interrogazione in titolo volta a conoscere la reale posizione del Governo sulla realizzazione del gasdotto previsto dal progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP), progetto di rilevante importanza per il nostro Paese, tanto da essere inserito nella Strategia energetica nazionale (Sen) adottata nel novembre 2017. Ricorda, infatti, le posizioni contrarie espresse nel passato da membri dell'attuale Governo. Posizione contraria contraddetta però dal parere favorevole sul rifinanziamento del progetto espresso, il 6 luglio scorso, dal rappresentante italiano nel board della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. A questo vanno unite la dichiarazione del Ministro degli esteri e l'intervento favorevole dello stesso Presidente della Repubblica nel corso della sua visita di Stato in Azerbaijan. Da qui l'esigenza di conoscere l'effettiva posizione del Governo.

  Il sottosegretario Andrea CIOFFI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Diego ZARDINI (PD), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo, ma ritiene la risposta un passo indietro rispetto alle dichiarazioni del Ministro degli esteri. A suo avviso è legittimo che un nuovo Governo studi e giudichi gli asset in essere, ma è altrettanto necessario che si esprima una posizione chiara e netta. Osserva che la posizione di molti rappresentanti del Governo equivale a quella di un surfista tra le onde. Infatti, dopo aver contrastato apertamente il progetto quando erano all'opposizione e in campagna elettorale, si trovano ora nell'impossibilità di mantenere le promesse fatte. Discorso che vale anche per altre situazioni, come l'ILVA. Il progetto TAP è fondamentale ed appoggiato da tutta l'Europa. Nell'analisi dei costi e benefici vanno poi considerati gli 81 miliardi di penale che l'Italia dovrebbe pagare, oltre al rispetto dovuto agli altri partners del progetto.

  Luca CARABETTA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.15.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 19 luglio 2018. — Presidenza del vicepresidente Luca CARABETTA.

  La seduta comincia alle 14.15.

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.
C. 924 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VI e XI).
(Seguito dell'esame e conclusione – parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 18 luglio 2018.

  Jari COLLA (Lega), relatore, formula una proposta di parere favorevole con una condizione e due osservazioni (vedi allegato 3).

  Davide BENDINELLI (FI), osserva preliminarmente che il decreto in esame di dignitoso non ha nulla, con poche e confuse idee, tutte sbilanciate verso un approccio sanzionatorio senza alcuna proposta proattiva e positiva.
  Prevede purtroppo che i numeri che l'ISTAT ha appena fornito sull'occupazione con il record di precari con contratti a termine (oltre 3 milioni con un tasso di crescita annuale del 16,4 per cento) non si ridurranno nel futuro se il decreto non sarà modificato. I precari aumenteranno e senza interventi mirati sulla stabilizzazione e sulle assunzioni a tempo indeterminato, nonché diretti al rilancio delle imprese e all'incentivazione a investire e restare a lungo in Italia, il futuro del Paese è condannato ad essere più fosco che mai. Sottolinea che ci si aspettava qualcosa di utile per i lavoratori e per le imprese, invece nel decreto ci sono solo slogan elettorali e, in sostanza, il decreto del pluriministro del Lavoro e dello Sviluppo economico non tutela i lavoratori e affossa l'impresa. Concorda sul superamento del cosiddetto Jobs Act, ma non con interventi ancora più penalizzanti per chi lavora e per chi fa impresa e investe.
  Nel merito, rileva che la reintroduzione delle causali nei contratti a tempo determinato, peraltro molto generica, non farà altro che limitare l'assunzione dei lavoratori e aumentare il contenzioso rimpinguando le casse degli avvocati e dei tribunali. Solo nelle sedi giudiziarie sarà possibile definire la correttezza del rinnovo e della proroga dei contratti a tempo determinato. La riduzione da 36 a 24 mesi per il termine massimo di durata del tempo determinato e l'aumento dei costi non spingerà i datori ad assumere a tempo indeterminato ma incentiverà a non rinnovare il contratto al lavoratore e ad assumere un altro lavoro con primo contratto a tempo determinato, oltre che, peggiore delle ipotesi, a incentivare il ricorso al lavoro nero. Si aumenta il costo dei rinnovi contrattuali nel tempo determinato, questo con tutta probabilità. Va inoltre considerato che l'assunzione a tempo indeterminato non viene agevolata con incentivi concreti, o con misure strutturali che puntino alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro e ad un investimento di lungo termine delle imprese sui lavoratori. Si getta invece fumo negli occhi a quanti, disoccupati o precari, pensano che il nemico siano i datori di lavoro e le imprese. Si definisce così una società di conflitti e di contrasti, di parti in lotta, che questo Governo sembra voler cavalcare invece che riconciliare e ricompattare. Il decreto parla chiaro in tal senso: aumenta il tempo a disposizione per ricorrere e impugnare i contratti (da 120 a 180 giorni) soddisfacendo così una delle richieste della CGIL, innalza la indennità per licenziamento senza giusta causa (da 6 a 36 mensilità, il 50 per cento in più rispetto a previgente). Non vi è dubbio che il datore che viola le norme a danno del lavoratore o che lo licenzia ingiustamente va perseguito e il lavoratore tutelato, ma non si può pensare che porre paletti e inasprire le sanzioni possa essere utile a qualcuno. I precari resteranno tali, aumenteranno anzi, e quando gli slogan saranno passati ci si ritroverà con un Paese impoverito, con famiglie dal futuro incerto, piene di rancore e meno tutelate. Discorso analogo per la somministrazione che il decreto vuole disincentivare senza considerare che ad oggi il sistema delle agenzie private del lavoro è l'unico che porta risultati in termini di collocamento e reinserimento lavorativo. Purtroppo la rete dei centri per l'impiego risulta inadeguata, con personale insufficiente, formazione a singhiozzo, investimenti scarsi per scarse performance nell'incontro domanda/offerta di lavoro. Ciononostante si decide di colpire le agenzie del lavoro e senza alcun intervento migliorativo della rete di servizi pubblici per l'impiego. Il decreto del Movimento 5 Stelle comporta senz'altro effetti negativi dirompenti oltre che sul mercato del lavoro, sui lavoratori, sulle imprese anche sull'economia in generale.
  L'abolizione del redditometro e dello split payment per i professionisti sono misure sacrosante, trattandosi di strumenti sbagliati fin dalla loro istituzione, ma osserva che se il governo si appresta varare una riforma sul fisco, come dovrebbe essere la flat tax, non c’è la necessità di provvedimenti specifici.
  Osserva che l'euforia con cui è stato presentato il decreto tradisce la mancanza di una visione di lungo periodo sulla politica economica da parte di questo esecutivo.
  Con riguardo alla delocalizzazione delle imprese, altro «fiore all'occhiello» del decreto «dignità», questa non si combatte con le sanzioni ma creando le condizioni per produrre e lavorare bene in Italia. Sarebbe opportuno, inoltre, che il ministro Di Maio distinguesse tra chi delocalizza per abbattere i costi di produzione e chi invece apre nuove sedi all'estero perché
espande la propria attività: quella internazionalizzazione tanto auspicata dalle imprese in quanto segno di prosperità, che non può essere bloccata con una norma di legge. Il decreto intende colpire le imprese che, beneficiarie di aiuti di stato, decidono di delocalizzare, ma appare evidente che tali misure rischiano di non essere applicabili visto che ad esempio l'accesso ai Fondi Europei risponde a regole proprie, in merito alle quali il governo non è detto che possa intervenire. Si registrerà a valle di queste sanzioni la perdita di competitività per il nostro Paese che i cittadini e le imprese pagheranno per un mero palliativo adottato contro il vero problema che è quello di chi delocalizza per ridurre il costo del lavoro e di chi compra i nostri marchi e il nostro know how e poi va all'estero. Per combattere questi fenomeni occorre far crescere la produttività, anche creando condizioni favorevoli agli investimenti privati, senza considerare che il mantenimento dei livelli occupazionali a fronte di contributi legati a un aumento occupazionale è già contemplato nella disciplina stessa degli aiuti.
  A suo avviso un'altra manovra non del tutto onesta verso i cittadini è quella che il decreto attua con riguardo alle sbandierate semplificazioni fiscali. Lo spesometro non viene abolito, viene solo prevista la proroga al 29 febbraio 2019 dei termini per la presentazione di quello relativo al terzo trimestre 2018, Ricorda al proposito che il Movimento 5 Stelle aveva dichiarato l'assoluta contrarietà a tutte le proroghe. Lo split payment non viene applicato solo per i professionisti mentre la flat tax non viene introdotta, contraddicendo le promesse elettorali e i contratti di governo.
  Oltre a prendere in giro i lavoratori e i cittadini e attaccare le imprese, il decreto del ministro Di Maio intende raccontare frottole anche su un tema delicato e importante come il gioco d'azzardo e la ludopatia. Si impone infatti un divieto a qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, di giochi o scommesse con vincite di denaro, su qualunque mezzo, includendo nel divieto anche vari tipi di manifestazioni (sportive, culturali o artistiche) con l'aggiunta di una sanzione, pari a un minimo di 50 mila euro, senza invece avanzare proposte positive. Il problema è la reale ricaduta di tali misure. Non sarà disincentivato il ricorso al gioco d'azzardo ma saranno colpite le società pubblicitarie e di comunicazione, le testate giornalistiche e redazionali in genere, tutti i network TV, radio, web, stampa. Non ritiene che le società di gioco d'azzardo e scommesse ci rimetteranno come vuole far credere il Governo. Come per i paletti sul lavoro anche in questo caso tuttalpiù a ringraziare saranno le realtà sommerse, quelle del lavoro nero e delle scommesse illegali, gestite dalla criminalità.

  Luca CARABETTA (M5S), presidente, fa presente che, trattandosi di un provvedimento così rilevante, non è sua intenzione limitare il dibattito ma, nel contempo, ricorda ai colleghi che ci si dovrebbe attenere alle parti del decreto di competenza della X Commissione.

  Sara MORETTO (PD) desidera porre due questioni sull'ordine dei lavori, A quanto le risulta informalmente, il calendario dell'esame del decreto-legge potrebbe essere modificato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Si tratta di una questione rilevante che impedirebbe una contrazione del dibattito in tempi troppo stretti come quelli della seduta odierna per un provvedimento che investe questioni di primaria importanza per la X Commissione. Si chiede, quindi, cosa succederà se la Commissione esprimerà oggi il suo parere e sarà invece deciso un aumento dei tempi per l'esame in sede referente. Conoscendo l'andamento dei lavori parlamentari, le pare difficile che le Commissioni di merito aspettino un nuovo parere della nostra Commissione sul testo emendato.
  La seconda questione riguarda la presenza del Governo, le è ben presente che questa non è obbligatoria in sede consultiva, ma si tratta di una questione di rispetto verso il Parlamento, specie con riguardo a un atto di iniziativa dello stesso Governo. Osserva che un'interlocuzione col Governo avrebbe potuto permettere anche la formazione di posizioni diverse.

  Claudia PORCHIETTO (FI) si associa alle considerazioni della deputata Moretto. Inoltre ritiene importante che la X Commissione intervenga anche su temi che non sono di sua specifica competenza.

  Luca CARABETTA (M5S), presidente, osserva che la presenza del Governo in sede consultiva non è obbligatoria. Riguardo all'altra questione posta, osserva che per la tempistica dell'espressione del parere ci si deve attenere a quelle che sono le comunicazioni ufficiali dei tempi d'esame. La Commissione, quindi, esprimerà il proprio parere sul testo del decreto nella seduta odierna, fermo restando che, se ci saranno i tempi, potrà essere espresso un nuovo parere sulle modifiche apportate, se riguardanti le competenze della Commissione medesima.

  Claudia PORCHIETTO (FI) sul merito del provvedimento, desidera sottolineare le differenze tra delocalizzazione e internazionalizzazione. Ricorda poi che nella sua qualità di assessore ha partecipato all'accordo con una società che poi ha delocalizzato i propri impianti senza usufruire delle agevolazioni statali stanziate. Fa presente che esistono poi già delle misure che hanno permesso una notevole ricaduta di denaro sui territori e che gli imprenditori che delocalizzano in maniera poco limpida sono una esigua minoranza. Osserva che è necessaria una politica di sostegno all'economia italiana e non inutili misure sanzionatorie.

  Sara MORETTO (PD) fa presente che al di là del titolo del decreto, limitandosi a una analisi degli aspetti di nostra competenza, pare evidente che vi è una dissonanza tra gli obiettivi annunciati e le misure realizzate. Ciò in particolare vale per le misure in materia di contrasto alla delocalizzazione. A suo avviso, più che contrastare la delocalizzazione, sarebbe necessario attrarre gli investimenti. Osserva che sarebbe certamente più efficace una strategia attiva che preveda politiche in grado di sviluppare le infrastrutture e l'innovazione del nostro Paese. Il provvedimento in esame, invece, prevede un meccanismo di sanzioni da lei giudicato assolutamente inadeguato. Pone l'attenzione anche su una serie di errori formali contenuti nella relazione tecnica del decreto, dalla quale, peraltro, viene addirittura riconosciuta sostanzialmente l'efficacia del piano Industria 4.0 sviluppato nella scorsa legislatura. Ribadisce che le misure contenute nel provvedimento si limitano a colpire le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato punendole così pesantemente che anche ove le stesse mantenessero parte dell'attività economica in Italia, sarebbero costrette a chiuderla a causa delle disposizioni che stiamo esaminando. Quindi, a suo avviso, questo testo produce effetti opposti a quelli sperati e sottolinea che esiste nell'ordinamento il cosiddetto decreto Prodi che già prevede revoche in determinati casi di contributi e finanziamenti pubblici utilizzati da imprese che delocalizzano. Nell'evidenziare ancora una volta che, anche a causa della imprecisa formulazione del provvedimento, le imprese avranno un quadro poco chiaro e confuso in cui operare, spiace verificare nel Governo e nella maggioranza un atteggiamento di condanna nei confronti di chi si limita attraverso i mezzi di informazione a criticare il decreto dignità. Giudica quindi insufficiente il contenuto del decreto e della proposta di parere del relatore e, lamentando gli scarsi tempi a disposizione per il dibattito in Commissione, si riserva di valutare l'eventuale presentazione di una proposta alternativa di parere.

  Andrea VALLASCAS (M5S) osserva preliminarmente con piacere che i deputati del gruppo di Forza Italia intervengono nel dibattito in modo cospicuo, cosa che non avveniva nella precedente legislatura. Ricorda che in quella legislatura il suo Movimento politico aveva sollecitato più volte il Governo di allora ad intervenire per evitare che le industrie finissero all'estero dopo aver intascato aiuti dallo Stato. Le risposte sono state solo dichiarazioni come nel caso dell'allora Ministro dello sviluppo economico, che aveva prospettato interventi pure per delocalizzazioni nel territorio dell'Unione europea. Anche l'attuale Presidente del Parlamento europeo si era dichiarato favorevole a intervenire contro il fenomeno della delocalizzazione. Se, quindi, la posizione delle opposizioni è sullo stesso piano di quella delle maggioranza, si attende un voto favorevole sul provvedimento.
  In relazione alla proposta di parere formulata dal relatore, propone di trasformare la condizione ivi posta in osservazione.

  Diego ZARDINI (PD) evidenzia che l'obiettivo di fermare le delocalizzazioni cosiddette selvagge e di ridurre la precarietà è condiviso anche dal suo gruppo, ma fa presente che le misure contenute nel decreto, a meno di una profonda revisione da parte del Parlamento, risultano certamente inadeguate. Stigmatizza l'assenza del Governo durante questo dibattito e sottolinea la mancanza di omogeneità e la carenza dei requisiti di necessità e urgenza che contraddistinguono il provvedimento. A suo avviso, l'idea di creare recinti per le imprese porta con sé il rischio che le stesse ne rimangano fuori o muoiano al loro interno perché divenute poco competitive. Ritiene che l'approccio punitivo contenuto nel testo in discussione potrebbe inibire il circolo virtuoso rappresentato dal piano Industria 4.0. Evidenzia che la parte del provvedimento che incide in materia di lavoro aumenterà sicuramente il contenzioso, soprattutto in ragione della introduzione delle causali. Queste ultime, infatti, non hanno funzionato a dovere tanto da essere state eliminate. Il provvedimento, a suo avviso, rappresenta un colpo di grazia alla competitività delle imprese e ribadisce che se le intenzioni del Governo sono in astratto da tutti condivisibili, le misure proposte non raggiungono lo scopo prefissato. Concordando con la collega Moretto, ritiene che, ove il relatore non modificasse in modo consistente la sua proposta di parere, il suo gruppo presenterà una proposta alternativa di parere.

  Lisa NOJA (PD) si associa alle valutazioni dei colleghi del suo gruppo. Osserva che la distinzione cara al ministro Di Maio tra imprenditori e prenditori, andrebbe fatta anche tra lo scrivere bene e in modo chiaro le leggi e non farlo. È il caso del decreto in esame, con particolare riferimento all'articolo 5, dove vengono usati termini rilevanti in modo generico. Ad esempio il riferimento agli aiuti di Stato, che invece nel diritto dell'UE è ben chiaro ed è usato solo per determinate agevolazioni. Non è difficile, quindi, prevedere che un uso così generico produrrà un notevole aumento del contenzioso. Altrettanto impreciso è il riferimento al termine di cinque anni previsto dal provvedimento, non essendo infatti chiaro il momento in cui lo stesso inizia a decorrere. Non si comprende poi cosa significhi il riferimento all'ambito territoriale e a alla delocalizzazione di una parte dell'impianto.
  In conclusione evidenzia che una norma punitiva deve avere la necessaria chiarezza per far capire quali siano i confini legislativi nei quali ci si muove.

  Giorgia ANDREUZZA (Lega) rileva che il decreto in esame certamente non potrà essere risolutivo di tutti i problemi, ma contiene al suo interno elementi molto importanti. Nel segnalare che tutte le Commissioni in questi giorni stanno discutendo del decreto dignità, evidenzia che le osservazioni contenute nella proposta di parere del relatore vanno proprio nella direzione auspicata dalla collega Noja. Ritiene che con il provvedimento in esame, unitamente ad altri strumenti che il Governo si propone in futuro di adottare, quali ad esempio la flat tax, si realizzerà l'obiettivo di mantenere in Italia gli imprenditori italiani. Con ciò si valorizzerà l'operato di quegli imprenditori che credono nel made in Italy e che, pur potendo delocalizzare magari perché molto vicini ai confini nazionali, come potrebbe accadere a molte aziende della sua regione, il Veneto, opteranno, proprio grazie al decreto, per rimanere nel nostro Paese. Negli ultimi dieci anni, a suo avviso, è mancata una spinta a far rimanere in Italia le imprese e questa iniziativa normativa si prefigge proprio questo obiettivo. Concorda con i colleghi che l'hanno preceduta sul fatto che l'obiettivo di evitare la delocalizzazione è condiviso da tutti. È ovvio che fra il Governo precedentemente in carica e questo vi siano differenti vedute sulle strade da intraprendere per realizzarla.

  Benedetta FIORINI (FI) accoglie, a nome del suo gruppo, l'invito del deputato Vallascas ad intervenire e lo rassicura che Forza Italia lo farà per tutti i provvedimenti. Con riguardo al Made in Italy, citato anche dal ministro Di Maio, osserva che le imprese di questo settore, che rappresenta un'eccellenza italiana (le quattro A: Alimentari-vini; Abbigliamento-moda; Arredo-casa; Automazione-meccanica-gomma-plastica) vogliono risposte veloci e strategiche per favorire tutto il ciclo, dalla produzione all'esportazione. Il decreto dignità crea invece solo danni alle imprese e favorisce il lavoro nero. Ritiene necessario, quindi, apportare delle modifiche.

  Anna Laura ORRICO (M5S) interviene per far presente a tutti coloro che sono intervenuti che il lavoro parlamentare è proprio finalizzato a migliorare il decreto le cui norme, peraltro, sono semplici e comprensibili. In sostanza, chi investe e prende soldi pubblici, deve farlo con responsabilità. Ciò comporta che è necessario investire sui nostri giovani. Fa presente che nella sua regione, la Calabria, molte aziende hanno ricevuto contributi pubblici lasciando deserte intere aree industriali, causando anche ingenti danni ambientali. Il decreto dignità mira a porre fine a questa distorsione.

  Gavino MANCA (PD) osserva preliminarmente che tutti parlano di dignità, ma poi per l'esame di un decreto-legge così rilevante, non ci sono i tempi per un'analisi approfondita. Ad esempio sarebbe stato utile approfondire un dato della CGIA di Mestre, secondo cui il principale paese destinatario sono gli Stati Uniti, seguiti, tra i paesi dell'Est europeo, dalla Romania. Auspica, quindi, che il testo sia modificato.

  Sara MORETTO (PD) non concorda con quanto affermato dai colleghi di maggioranza prima intervenuti. Il decreto, a suo avviso, non reca misure rafforzative dell'impianto del piano Industria 4.0, né riesce a rendere più efficace la nostra giustizia. Contiene, invece, solo sanzioni e punizioni e non è in grado di attrarre le imprese estere che troverebbero un mercato del lavoro più a rischio di contenzioso a causa delle disposizioni contenute nel provvedimento. Osserva che non è questa la sede per continuare una campagna elettorale e ribadisce che il Partito democratico è storicamente impegnato a contrastare chi fa il furbo con i contributi pubblici. Nel cosiddetto decreto Prodi, da lei già citato, esistono norme più severe di quelle che oggi discutiamo. Concordando con la collega Noja, ritiene che vi sia ambiguità sulla nozione di «aiuti di Stato» e su quella di delocalizzazione di parte dell'attività economica. Si chiede, al riguardo, se sarà punito anche chi delocalizza il settore ricerca e sviluppo della propria impresa. Ritiene inadeguato anche l'articolo 6 del provvedimento, per non parlare degli altri articoli che non sono di competenza della nostra Commissione. Ribadisce che nel caso in cui la proposta di parere del relatore rimarrà quella presentata, il suo gruppo presenterà una proposta alternativa di parere.

  Maurizio CARRARA (FI) concorda con la lotta al precariato, ma osserva che questo decreto non incide in tal senso e non crea possibilità di lavoro a tempo indeterminato, prevedendo solo un sistema sanzionatorio per il lavoro a tempo determinato. Questo non creerà un aumento del lavoro, ma, invece, degli esuberi. Sulla delocalizzazione, osserva che va curata a monte con misure incentivanti per far sì che le imprese investano in Italia.

  Jari COLLA (Lega), relatore, accoglie la proposta del deputato Vallascas e formula una nuova proposta di parere con tre osservazioni (vedi allegato 4).

  Sara MORETTO (PD) osserva che il relatore, con la sua nuova proposta di parere, fa il contrario di quello che, a suo avviso, è emerso dal dibattito, depotenziando appunto la proposta originaria. Si tratta di un passo indietro che il suo gruppo non può accettare. Preannuncia quindi il voto contrario del suo gruppo sulla nuova proposta di parere del relatore e presenta una proposta alternativa di parere (vedi allegato 5).

  Luca CARABETTA (M5S), presidente, avverte che, come testé comunicato dalla deputata Moretto, il gruppo del Partito Democratico ha presentato una proposta alternativa di parere.
  Comunica che sarà posta in votazione la nuova proposta di parere del relatore, avvertendo che, se questa risulterà approvata, sarà preclusa la proposta alternativa di parere.

  La Commissione approva la nuova proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 15.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 19 luglio 2018.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.30 alle 15.45.

X Commissione - giovedì 19 luglio 2018

ALLEGATO 1

5-00191 Paxia: Sulle iniziative per il contrasto della contraffazione e la tutela del «made in Italy».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo al quesito posto dagli Onorevoli Interroganti rappresentando quanto segue.
  Riguardo al « Made in Italy», voglio evidenziare che l'ultimo rapporto OCSE, uscito a fine giugno, rileva che in Italia il commercio mondiale di beni contraffatti, dalle borse di lusso ai prodotti alimentari, ha un impatto sull'economia pari a circa l'1-2 per cento del PIL in termini di mancate vendite.
  Il valore dei beni italiani contraffatti, venduti nel mondo nel 2013, era pari a oltre 35 miliardi di euro, il 4,9 per cento delle vendite di prodotti manifatturieri italiani, causando oltre 25 miliardi di mancate vendite.
  L'impegno del Governo per il futuro è quello di difendere le nostre produzioni che da sempre sono sinonimo di qualità in ogni parte del mondo.
  Tuteleremo le nostre eccellenze, ostacolando le contraffazioni, le violazioni dei marchi e la circolazione dei falsi e, laddove sia possibile, prevedendo la dichiarazione di origine dei prodotti (rendendoli tracciabili attraverso apposita etichettatura).
  Il tutto, anche attraverso la definizione di politiche di sensibilizzazione, azioni strategiche ed interventi finalizzati ad innalzare la consapevolezza dei consumatori e delle imprese sui richiamati danni derivanti dalle violazioni dei diritti di Proprietà Industriale, al fine di ridurre la domanda di beni contraffatti e, conseguentemente, depotenziare l'offerta di fake goods.
  Il Ministero è dunque impegnato in campagne di comunicazione, nonché in attività di formazione/informazione rivolte a diversi target, al fine di rendere più consapevoli i cittadini e, in particolare, le giovani generazioni che si approcciano a tale realtà.
  Proprio a questo riguardo, il Ministro dello sviluppo economico ha firmato il «Protocollo di Intesa per la realizzazione di iniziative di formazione contro la contraffazione e l’Italian Sounding rivolte ai giovani» per innalzare e potenziare il livello di efficacia delle azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte agli studenti.
  La nostra volontà è quella di diffondere una cultura basata sull'informazione e sulla trasparenza, affinché ognuno sia in grado di compiere scelte di acquisto sempre più consapevoli, da un punto di vista qualitativo oltre che quantitativo.
  In relazione, invece, alla fornitura di servizi alle imprese, finalizzati a dotare soprattutto le piccole e medie imprese di strumenti atti a tutelare i propri asset intangibili, segnalo che è stato reso operativo uno «sportello» di assistenza gratuita alle medesime, per supportarle nell'individuazione delle soluzioni tecnologiche, anche di tracciabilità, più adeguate alla prevenzione.
  Si fa altresì presente che, sul sito del Ministero, sono a disposizione degli utenti alcuni servizi tra i quali si segnala la Linea diretta anticontraffazione che riceve segnalazioni da parte di cittadini relative a violazioni di diritti di proprietà industriale, anche grazie ad una app che consente di inviare foto delle merci contraffatte.

  Inoltre, informo che a livello comunitario, il Ministero partecipa all'Osservatorio sulla violazione dei diritti di proprietà industriale presso l’European Union Intellectual Property Office (EUIPO), mentre a livello nazionale si sottolinea la funzione strategica di coordinamento del Ministero dello sviluppo economico nell'ambito del Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNAC).
  Ricordo, altresì, che nell'ambito della strategia promozionale che va sotto il nome di Piano Straordinario per il Made in Italy e l'Attrazione degli investimenti, è stata data particolare attenzione alla valorizzazione delle produzioni di qualità del brand Made in Italy, sia in termini di sostegno alla penetrazione sui mercati esteri dei prodotti medesimi, sia in termini di azioni di sensibilizzazione e comunicazione multicanale dell'eccellenza e della salubrità delle produzioni agroalimentari italiane, a contrasto del fenomeno del cosiddetto « Italian Sounding», ovvero l'utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l'Italia per promuovere e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro Paese.
  Tale fenomeno rappresenta la forma più eclatante di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori, soprattutto nel settore agroalimentare. È indispensabile, infatti, sostenere «a sistema» la maggior presenza sugli scaffali della grande distribuzione organizzata di quanti più prodotti italiani di qualità possibile, risultando del tutto evidente che tale disponibilità è il primo e miglior contrasto ai prodotti « fake italian».
  Infine, questo Governo si sta impegnando anche nel combattere la delocalizzazione delle Aziende italiane, come dimostra l'entrata in vigore del decreto-legge n. 87 del 2018 (cosiddetto Decreto Dignità), consapevole del fatto che gran parte dei rischi legati alla contraffazione derivano dallo spostamento della produzione di prodotti italiani all'estero. La delocalizzazione, infatti, è un fenomeno allarmante sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, se si pensa che il numero delle partecipazioni all'estero delle Aziende italiane è aumentato dal 2009 al 2015 del 12,7 per cento e che, quando un'Azienda delocalizza porta fuori dall'Italia, non solo gli impianti ed il proprio mercato, ma anche il « know-how», ossia tutto il bagaglio di esperienze e conoscenze accumulato negli anni con il concorso determinante delle maestranze italiane.

ALLEGATO 2

5-00192 Moretto: Sugli orientamenti del Governo in merito al progetto Trans Adriatic Pipeline (TAP).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il gasdotto TAP è l'ultima parte del progetto « Southern Corridor» (o Corridoio Sud) che prevede di portare in Turchia, Grecia, Albania, Bulgaria e in Italia le risorse di gas dai giacimenti nel Mar Caspio. Pertanto il Southern Corridor è costituito da tre progetti (SCP, che collega Azerbaijan, Georgia e Turchia, il TANAP che traversa l'intera Turchia fino al confine greco, e il TAP dal confine turco-greco fino alla Puglia).
  Così come rilevato dall'onorevole interrogante, (che conosce bene il tema visto che il progetto è stato portato avanti nella scorsa legislatura dal governo sorretto dalla maggioranza di cui gli onorevoli interroganti facevano parte), le motivazioni che hanno determinato da parte dei precedenti governi il sostegno dell'Italia e dell'Europa al Corridoio Sud sono state la sicurezza degli approvvigionamenti tramite la diversificazione delle fonti e delle rotte di provenienza del gas, al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo, e l'interesse ad aumentare l'offerta e il numero di fornitori in concorrenza sui mercati.
  Preliminarmente vorrei premettere che, stante l'attuale struttura del sistema energetico nazionale, la risorsa gas nei prossimi anni potrebbe svolgere comunque un ruolo come fonte di transizione verso la decarbonizzazione, anche come backup delle fonti rinnovabili variabili, supportando l'uscita dal carbone per la generazione elettrica, con un suo uso crescente nei trasporti pesanti e marittimi sotto forma di gas liquefatto – GNL –.
  Come noto, per il TAP è stato firmato nel 2013 un Accordo intergovernativo tra Grecia, Albania e Italia, ratificato dai tre Parlamenti, che obbliga le parti al supporto al progetto e alla collaborazione. Inoltre esso risulta essere parte dell'elenco dei gasdotti di interesse comune europeo stabilito da uno specifico Regolamento UE (Reg. 347/2013) che, parimenti, ne prevede il supporto da parte degli stati membri.
  Sempre nel corso del 2013 sono stati firmati i contratti di fornitura per 25 anni di gas azero; contratti firmati tra il consorzio di sfruttamento del gas azero del deposito denominato shah deniz 2 con varie società di cui alcune italiane.
  In merito alle forniture di gas verso l'Italia si deve rilevare come il contratto con l'Algeria che fornisce gas al nostro Paese attraverso il gasdotto Transmed, sia in fase di ridefinizione e che uno dei due tubi paralleli che costituiscono il gasdotto TENP che porta il gas verso il punto d'ingresso di passo gries sia stato messo fuori servizio con possibili ripercussioni sulla capacità d'importazione di gas proveniente dal nord europa.
  Infatti, dall'inverno 2017, per la messa fuori uso in Germania di una delle due linee del gasdotto TENP che collega tramite la Svizzera il mercato italiano a quello liquido nord europeo, si è dimezzata la possibilità di import da Olanda e Norvegia. Inoltre prendo atto che i contratti di importazione dall'Algeria sono in corso di rinegoziazione, e, al momento, potrebbero essere rinnovati per volumi ridotti rispetto agli attuali. L'effetto com- binato di queste due criticità, unito alla precarietà della situazione dell'import dalla Libia, riduce i margini di sicurezza del sistema italiano nel caso si verifichino, come accaduto negli ultimi inverni, periodi di forte domanda di gas.

  Nel 2015 il Ministro pro tempore dello sviluppo economico, ha firmato il decreto di autorizzazione di TAP consentendone l'inizio dei lavori.
  Sempre nel 2015, successivamente alla firma di cui sopra, la società SNAM è entrata a far parte della compagine azionaria di TAP di cui oggi possiede il 20 per cento.
  Nel corso del 2016 la società SAIPEM si è aggiudicata la gara per la parte off-shore del gasdotto in adriatico.
  Evidenzio ancora che il TAP, come risulta anche dal sito della società, è ad uno stato d'avanzamento dei lavori pari al 72 per cento.
  Il primo gas azero è arrivato in Turchia lo scorso 12 giugno attraverso il TANAP; l'arrivo del gas in Italia è invece previsto nel 2020.
  Il TAP rappresenta un dossier molto delicato, la cui realizzazione sul suolo italiano ha dato luogo a numerose e spesso drammatiche manifestazioni di protesta a diversi livelli istituzionali. Desidero precisare che il dossier sul gasdotto in questione non è ancora sul tavolo del Governo dovendo provvedere ad una attenta e precisa analisi dei dati sia di carattere economico e finanziario che di quelli ambientali e territoriali al fine di pervenire ad una corretta analisi costi benefici.
  Il Governo si impegna comunque a porre la massima attenzione, alla valutazione degli impatti sociali ed ambientali che ne deriveranno, e fermo restando che tutti i soggetti coinvolti continueranno ad essere partecipi alla problematica evidenziata.

ALLEGATO 3

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. C. 924 Governo.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

   La X Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» (C. 924 Governo);
   preso atto che l'articolo 5 contiene norme volte a introdurre limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti agli investimenti produttivi, intervenendo su quanto previsto in materia dall'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014;
   ritenuto che le norme di cui al citato articolo 5 non debbano trovare applicazione nei casi di internazionalizzazione ovvero di espansione al di fuori del proprio mercato nazionale di un'impresa che percepisce contributi pubblici espressamente previsti per tale scopo, purché non vengano ridotti i livelli occupazionali della medesima impresa e delle imprese da essa controllate sul territorio nazionale e europeo;
   rilevato, in particolare, che il comma 4 del medesimo articolo 5 mantiene ferma l'applicazione, per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, dalla disciplina previgente, inclusa, nei casi ivi previsti, quella di cui alle norme del citato articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014;
   evidenziato, al riguardo, che il riferimento del sopra ricordato comma 4, dell'articolo 5, alla normativa previgente – in particolare quella contenuta nell'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014 – fa ritenere che le disposizioni in esame determinino un superamento della disciplina esistente in materia, che, peraltro, non viene abrogata espressamente;
   osservato che il decreto-legge fa riferimento alla revoca – in caso di delocalizzazione – dell’«aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio», non specificando ulteriormente le tipologie di contributi pubblici di sostegno, in cui l'aiuto si sostanzia, che sono oggetto di revoca;
   ricordato che la disciplina contenuta nell'articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014, invece, individua le tipologie di contributi pubblici oggetto di revoca, richiamando quelli in conto capitale erogati in favore delle imprese;
   rilevato che l'articolo 7 subordina l'applicazione dell'iperammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti;
   sottolineato, in particolare, che il comma 2 del citato articolo 7 stabilisce che, se nel periodo di fruizione del beneficio i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'iperammortamento;

   fatto presente che tale recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati, per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   rilevato che la legge n. 2015 del 2017 ha prorogato al 2018 anche la maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione dei beni immateriali (software) funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Impresa 4.0, che si applica a chi usufruisce dell'iperammortamento,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   all'articolo 5, le Commissioni di merito apportino le necessarie modifiche finalizzate a ben distinguere i fenomeni di delocalizzazione cosiddetta «selvaggia» dai casi di internazionalizzazione evitando, in tal modo, il rischio di esiti applicativi della norma difformi dal suo scopo;
   e con le seguenti osservazioni:
    a) all'articolo 5, valutino le Commissioni di merito l'opportunità di specificare le tipologie di contributi pubblici di sostegno che rientrano nella nozione di «aiuto di Stato» e che possono essere oggetto di revoca in caso di delocalizzazione;
    b) all'articolo 7, valutino le Commissioni di merito l'opportunità di chiarire se nel caso di revoca dell'iperammortamento, detta revoca si estende anche all'ulteriore agevolazione riguardante i beni immateriali.

ALLEGATO 4

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. C. 924 Governo.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

   La X Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» (C. 924 Governo);
   preso atto che l'articolo 5 contiene norme volte a introdurre limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti agli investimenti produttivi, intervenendo su quanto previsto in materia dall'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014;
   ritenuto che le norme di cui al citato articolo 5 non debbano trovare applicazione nei casi di internazionalizzazione ovvero di espansione al di fuori del proprio mercato nazionale di un'impresa che percepisce contributi pubblici espressamente previsti per tale scopo, purché non vengano ridotti i livelli occupazionali della medesima impresa e delle imprese da essa controllate sul territorio nazionale e europeo;
   rilevato, in particolare, che il comma 4 del medesimo articolo 5 mantiene ferma l'applicazione, per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, dalla disciplina previgente, inclusa, nei casi ivi previsti, quella di cui alle norme del citato articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014;
   evidenziato, al riguardo, che il riferimento del sopra ricordato comma 4, dell'articolo 5, alla normativa previgente – in particolare quella contenuta nell'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014 – fa ritenere che le disposizioni in esame determinino un superamento della disciplina esistente in materia che, peraltro, non viene abrogata espressamente;
   osservato che il decreto-legge fa riferimento alla revoca – in caso di delocalizzazione – dell’»aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio», non specificando ulteriormente le tipologie di contributi pubblici di sostegno in cui l'aiuto si sostanzia, che sono oggetto di revoca;
   ricordato che la disciplina contenuta nell'articolo 1, comma 60, della legge di stabilità 2014, invece, individua le tipologie di contributi pubblici oggetto di revoca, richiamando quelli in conto capitale erogati in favore delle imprese;
   rilevato che l'articolo 7 subordina l'applicazione dell'iperammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti;
   sottolineato, in particolare, che il comma 2 del citato articolo 7 stabilisce che, se nel periodo di fruizione del beneficio i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'iperammortamento;

  fatto presente che tale recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati, per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   rilevato che la legge n. 2015 del 2017 ha prorogato al 2018 anche la maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione dei beni immateriali (software) funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Impresa 4.0, che si applica a chi usufruisce dell'iperammortamento,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 5, valutino le Commissioni di merito l'opportunità di apportare le necessarie modifiche finalizzate a ben distinguere i fenomeni di delocalizzazione cosiddetta «selvaggia» dai casi di internazionalizzazione evitando, in tal modo, il rischio di esiti applicativi della norma difformi dal suo scopo;
   b) al medesimo articolo 5, valutino le Commissioni di merito l'opportunità di specificare le tipologie di contributi pubblici di sostegno che rientrano nella nozione di «aiuto di Stato» e che possono essere oggetto di revoca in caso di delocalizzazione;
   c) all'articolo 7, valutino le Commissioni di merito l'opportunità di chiarire se nel caso di revoca dell'iperammortamento, detta revoca si estenda anche all'ulteriore agevolazione riguardante i beni immateriali.

ALLEGATO 5

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. C. 924 Governo.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI MORETTO, BENAMATI, BONOMO, MANCA, MOR, NARDI, NOJA E ZARDINI

   La X Commissione,
  esaminato il testo del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» (C. 924 Governo);
  premesso che:
    l'impostazione in materia di politica industriale adottata dal Governo nel provvedimento in esame delinea un quadro complessivamente sfavorevole allo sviluppo del sistema produttivo e imprenditoriale italiano, con effetti non adeguatamente valutati e financo controproducenti rispetto agli obiettivi che il Governo assegna al decreto;
    in particolare in materia di delocalizzazioni, che costituiscono un fenomeno in realtà complesso nel quadro delle catene globali del valore e che tra l'altro – stando ai dati ufficiali forniti dagli osservatori internazionali – non è in aumento bensì ha toccato il livello più basso dal 2008, il decreto in esame si basa su un approccio troppo semplicistico e punitivo, che rischia di produrre più svantaggi che vantaggi e risulta decisamente dissonante rispetto al potenziale processo di rilocalizzazione delle attività produttive precedentemente delocalizzate stimolato dagli strumenti e le politiche adottate in questi anni per favorire gli investimenti in Italia;
    nello specifico, le misure in materia di delocalizzazioni contenute nel provvedimento in esame, con la revoca dei finanziamenti e un forte apparato sanzionatorio nei confronti delle imprese che trasferiscano la produzione al di fuori della UE entro un periodo di cinque anni dalla data di conclusione dell'investimento agevolato, risultano poco chiare e inefficienti;
    tali misure mancano della necessaria chiarezza nella definizione delle condizioni e dei presupposti per l'applicazione delle misure di recesso dai benefici e di quelle sanzionatorie, mancanza di chiarezza che potrebbe generare una mole enorme di contenziosi;
    in linea generale non si opera una chiara distinzione tra processi di delocalizzazione incontrollati e selvaggi, volti a sfruttare in maniera opportunistica gli strumenti agevolativi e gli aiuti economici, dai casi di limitato rilievo economico o dai processi virtuosi di internazionalizzazione delle imprese;
    la distinzione tra i processi di internazionalizzazione dell'attività d'impresa da eventuali comportamenti opportunistici per chi sposta la produzione in altri paesi è un tema peraltro già affrontato dal decreto legislativo 123 del 1998 (Governo Prodi), che detta i principi che regolamentano gli interventi pubblici di sostegno alle attività produttive e riguarda tutte le forme di sostegno – incentivi, contributi, ecc. prevedendone la revoca nei confronti delle imprese che cedano i beni acquistati con l'aiuto pubblico o li utilizzino per scopi o in siti produttivi diversi (quindi delocalizzandoli) da quelli per i quali il sostegno è stato concesso;

    il provvedimento in esame, inoltre, interviene integrando e irrigidendo la normativa europea in materia di aiuti di Stato, e in particolare quelli a finalità regionale, che potrebbe finire con il penalizzare soprattutto le piccole e medie imprese;
    sempre in tema di delocalizzazione, le misure per il recupero dei benefici fiscali connessi all'iperammortamento qualora i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate al di fuori del territorio dello Stato, anche se appartenenti alla stessa impresa, rischiano di ostacolare il considerevole flusso di investimenti registrato negli ultimi anni anche grazie alle misure previste dal Piano Industria 4.0;
    il provvedimento in esame nel complesso si basa su una concezione sostanzialmente negativa dell'attività d'impresa e punitiva per gli investitori, rispetto alla politica economica e industriale portata avanti negli ultimi cinque anni, che invece ha puntato a ricreare, con successo – alla luce dei dati relativi agli investimenti produttivi e all'export relativi al 2017 – , le condizioni di attrattività del nostro Paese costruendo le condizioni per gli investimenti produttivi, attraverso la riduzione del carico fiscale sull'attività d'impresa e il sostegno dello sviluppo tecnologico, mediante un programma organico di sviluppo con il Piano Industria 4.0, attuato a partire dalla Legge di Bilancio 2017, nonché la funzionalità degli strumenti di accesso al credito, in particolare mediante il Fondo di garanzia per le PMI, e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, con il Piano di promozione straordinaria del Made in Italy e per l'attrazione degli investimenti in Italia;
    il rischio d'impresa può e deve essere aiutato da normative fiscali e regolamentazioni del lavoro omogenee, almeno a livello europeo, che evitino il dumping fiscale e sociale, che semplifichino la burocrazia, snelliscano i procedimenti giudiziari, migliorino le infrastrutture, riducano i costi, sostengano la ricerca, l'innovazione, la formazione e la conoscenza e può essere valorizzato con misure e strumenti che puntino sulla collaborazione tra pubblico e privato in un'ottica collaborativa e complementare, come Invitalia, la Banca del Mezzogiorno-Medio Credito Centrale, il Fondo Venture per interventi in Startup innovative, il Fondo di Sviluppo PMI per la nascita ed il consolidamento della piccola e media impresa localizzata operativamente nel Mezzogiorno e il Fondo anti-delocalizzazione per contrastare processi di deindustrializzazione, la cui dotazione è stata recentemente aumentata;
    il testo del decreto è profondamente incoerente con gli obiettivi annunciati;

  esprime

PARERE CONTRARIO