ALLEGATO 1
Interrogazione n. 5-05109 Deidda: Sul trasferimento definitivo dei militari assegnati da più di 5 anni ad una sede provvisoria.
TESTO DELLA RISPOSTA
Nell'affrontare la tematica oggetto dell'odierna interrogazione, preme rappresentare che l'impiego del personale si concretizza nelle complesse attività di analisi, pianificazione e definizione della destinazione delle risorse umane, finalizzata al conseguimento di obiettivi, in armonia con le prioritarie esigenze delle Forze Armate, delle direttive dell'autorità politica, ed il generale contesto geostrategico.
In tale variabile sistema di riferimento, nel rispetto del quadro normativo definito della legge n. 104 del 1992, le Forze Armate e il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri consentono al personale militare di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, con il solo limite delle posizioni organiche previste per il ruolo ed il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione.
Mentre, l'articolo 78 comma 6 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede che ai lavoratori dipendenti durante lo svolgimento del mandato politico sia garantita la possibilità di non essere sottoposti a trasferimenti, di avanzare domanda di trasferimento nella sede di svolgimento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine (tale richiesta viene valutata con priorità dal datore di lavoro), di fruire di licenze e permessi per partecipare alle sedute dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di svolgimento.
Trattandosi di misure concesse, secondo il dettato normativo, esclusivamente in casi eccezionali, sono per loro natura connotate dal carattere della temporaneità; conseguentemente, il venir meno dei presupposti per il riconoscimento del beneficio determina il rientro del militare presso il Reparto/Ente di provenienza.
Tale provvedimento di «rientro in sede», ancorché formalmente risulti definito come «automatico», sostanzialmente è oggetto di valutazione dei rispettivi Organi d'impiego che hanno cura, in ogni caso, di bilanciare in maniera logica gli interessi funzionali della Forza Armata con quelli del militare a permanere nella sede.
A tal fine, le Forze Armate hanno stabilito delle procedure di verifica preliminari al rientro nella sede iniziale, secondo dei parametri prestabiliti, fra i quali situazione organica della Sede iniziale (ad esempio, l'Ente potrebbe essere stato soppresso o riconfigurato), situazione organica della Sede di assegnazione temporanea, tempo trascorso in assegnazione temporanea, eventuali Sedi di gradimento (qualora la Sede di assegnazione temporanea risultasse organicamente completa) che possono determinare anche la permanenza in quella di assegnazione temporanea oppure, in alternativa, la riassegnazione in altra sede gradita all'interessato.
Infine, in merito al quesito posto dall'Onorevole interrogante, su «quale iniziativa si intende assumere al fine di proporre un intervento normativo che consenta ai soggetti che da 5 anni beneficiano della legge n. 104 del 1992 e del decreto legislativo n. 267 del 2000 di essere trasferiti, in via definitiva, nella sede di provvisoria assegnazione», è doveroso rilevare che la disponibilità all'impiego incondizionato da parte del personale militare costituisce un principio generale ed una necessità funzionale e operativa delle Forze Armate.
Peraltro, l'invocata stabilizzazione di sede dei non più aventi diritto ai predetti benefici favorirebbe una individuale aspirazione che potrebbe tuttavia risultare discriminatoria nei confronti dei restanti militari. Pag. 23
A ciò, si aggiunga che la provenienza geografica della popolazione militare già rende sbilanciato il rapporto tra esigenze d'impiego, estese a tutto il territorio nazionale, con le aspirazioni personali.
Tale rapporto sarebbe ancor più appesantito dall'adozione di misure come quelle ipotizzate in quanto la stabilizzazione nella sede di servizio dei non più aventi diritto, potrebbe determinare, in alcune aree geografiche, la saturazione delle posizioni organiche disponibili, precludendo la possibilità di accogliere successive istanze di altro personale volte ad usufruire di analogo beneficio.
ALLEGATO 2
Interrogazione n. 5-05110 Maria Tripodi: Sulle iniziative per prevenire la diffusione del COVID-19 nelle scuole di formazione militare.
TESTO DELLA RISPOSTA
A premessa della risposta è doveroso ricordare che il Governo, sulle questioni oggetto dell'interrogazione in esame, è già intervenuto presso questa Commissione in data 28 ottobre 2020.
Anche nell'attuale fase emergenziale, l'attività formativa della Difesa prosegue in tutte le tipologie previste, in aderenza a specifiche misure rispondenti alle disposizioni emanate dal Ministero della salute e dall'istituto Superiore di Sanità.
Peraltro, analizzando nel dettaglio le ulteriori disposizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2020, si osserva che, in ambito formativo per il comparto Difesa e Sicurezza, vengono introdotte alcune deroghe.
In particolare, l'articolo 1, comma 9, lettera aa), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, citato in premessa dall'Onorevole interrogante, stabilisce che «le amministrazioni di appartenenza possono, con decreto direttoriale generale o analogo provvedimento in relazione ai rispettivi ordinamenti, rideterminare le modalità didattiche ed organizzative dei corsi di formazione e di quelli a carattere universitario del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, prevedendo anche il ricorso ad attività didattiche ed esami a distanza e l'eventuale soppressione di prove non ancora svoltesi, ferma restando la validità delle prove di esame già sostenute ai fini della formazione della graduatoria finale del corso (...)».
Tale previsione, di fatto, attribuisce al comparto Difesa l'opportuna flessibilità di conduzione e organizzazione delle attività didattiche e formative nel rispetto comunque della salvaguardia del personale frequentatore dei corsi a qualunque titolo, sempre al fine di garantire la continuità della funzionalità e l'operatività dello strumento militare.
Tanto rappresentato, nel merito dei quesiti posti circa il contagio all'interno delle scuole e degli istituti di formazione militare si precisa che sin dall'inizio dell'emergenza sanitaria in atto, le Forze armate – coordinate dallo stato Maggiore della Difesa – hanno adottato tutte le misure per salvaguardare prioritariamente la salute del personale frequentatore e dei quadri permanenti.
Tutti gli istituti di formazione hanno attivato la pratica della Didattica a Distanza (DAD), mentre la presenza o meno di frequentatori presso gli istituti e le scuole di formazione militare dipende da molteplici fattori: dalla metodologia didattica, dalle condizioni logistiche, dalla residenzialità e volumetria delle strutture, dalla loro ubicazione geografica sul territorio nazionale ed il relativo livello e codice di rischio associato.
Gli stessi istituti di formazione garantiscono una costante e continua sicurezza del personale, sottoponendolo costantemente a screening di controllo, sia prima che durante lo svolgimento dei corsi e, nei casi di positività al Covid-19, ne assicurano il trattamento, coerentemente con le disposizioni dei protocolli sanitari in vigore.
Tali protocolli sono parimenti in atto per tutte le attività operative, logistiche ed addestrative che coinvolgono il personale della Difesa che opera senza soluzione di continuità fino dall'inizio della situazione emergenziale.
È stata da ultimo istituita una specifica Task Force che monitora costantemente il Pag. 25rispetto di specifici protocolli conformi al Sistema Sanitario Nazionale, alle direttive, alle norme e alle loro evoluzioni.
In conclusione, desidero ricordare che l'attenzione delle Forze armate non si limita agli istituti di formazione, ma è continua e costante in tutti i settori: addestrativo, operativo e logistico, non solo in ambito nazionale, ma anche nelle missioni fuori area.
ALLEGATO 3
Interrogazione n. 5-05111 D'Uva: Sulla bonifica delle navi militari.
TESTO DELLA RISPOSTA
Preliminarmente ritengo fondamentale fare un cenno alle molteplici attività che testimoniano l'attenzione della Marina Militare per la salvaguardia della salute del proprio personale e per la sicurezza nei luoghi di lavoro, impegnandosi fattivamente e con assoluta determinazione per garantire idonee condizioni lavorative.
Per quanto riguarda, in particolare, la presenza di amianto sulle Unità Navali della Marina Militare, tema della presente interrogazione, rappresento che ad oggi, delle 167 Unità mappate dalla Marina Militare, le attività di bonifica hanno interessato 156 Unità, di cui 149 bonificate a meno degli elementi cosiddetti diffusi – ossia piccole guarnizioni e/o interruttori – e 7 oggetto di interventi di bonifica parziale, il cui completamento sarà effettuato entro il corrente anno. Le rimanenti 11 Unità verranno bonificate nell'ambito della programmazione dei singoli Stabilimenti di lavoro.
Anche il naviglio minore, di cui la Forza armata dispone per lo svolgimento dei servizi istituzionali e portuali, è stato interessato da un programma di monitoraggio e di mappatura; dei 623 mezzi minori, risultano bonificati, a eccezione degli elementi diffusi, 598 mezzi, mentre per i restanti 25 che, comunque, non presentano situazioni di potenziale rischio e sono monitorati, la bonifica è inserita nella pianificazione degli interventi da effettuare.
Mi preme, in merito, puntualizzare che tutto il materiale contenente amianto individuato e mappato a bordo delle Unità navali, in osservanza al dettato normativo, è bonificato per incapsulamento o confinamento ed oggetto di programma di controllo e manutenzione.
La Marina Militare, al momento, ha definito un piano decennale 2020- 2030 di possibili bonifiche, incluse quelle da materiale contenente amianto che daranno poi luogo ai programmi di controllo e manutenzione, che riguardano Unità (per le quali sono previsti 16 interventi nel corrente anno), mezzi, materiali, siti e infrastrutture per complessivi 54 milioni di euro.
Inoltre, come ricordato dall'interrogante, l'articolo 1, comma 101 e 102, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020-2022), ha esteso le previsioni del Fondo per la progettazione preliminare e definitiva degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto anche al naviglio militare, incrementandone la consistenza di 4 milioni di euro per ogni anno del triennio 2020-2022, da destinare alle operazioni di bonifica amianto sulle navi militari.
A tal riguardo, rappresento che, al fine di realizzare nella maniera più compiuta gli intenti del Dicastero a tutela del personale e per la sicurezza dei luoghi di lavoro, sono in corso interlocuzioni con il Ministero dell'ambiente e quello delle infrastrutture e dei trasporti per esplicitare le esigenze della Difesa in termini di concreta realizzazione degli interventi proposti, non limitabili alla sola fase della progettazione.
In tale ottica, all'esito di tali interlocuzioni si darà seguito alla finalizzazione dello schema di decreto interministeriale normativamente previsto per l'accesso al Fondo in questione, comprensiva della firma da parte dei citati Dicasteri e della successiva registrazione presso la Corte dei conti, che conferirà piena operatività all'impiego del fondo.
ALLEGATO 4
Interrogazione n. 5-05112 Ferrari: Sulle vaccinazioni
obbligatorie nelle Forze armate.
TESTO DELLA RISPOSTA
Nel riprendere i contenuti di una recente sentenza della Corte di Cassazione, il quesito posto dall'interrogante affronta il tema generale delle vaccinazioni cui viene sottoposto il personale militare.
Mi preme preliminarmente specificare che la Corte di cassazione nella richiamata sentenza n. 26842 del 25 novembre 2020, citata nell'atto, non ha, in realtà, «riconosciuto l'alta probabilità statistica che il considerevole numero di vaccinazioni somministrate in brevissima sequenza temporale abbia causato o comunque favorito la malattia acuta letale», trattandosi di argomentazioni, queste ultime, insindacabili in sede di legittimità.
Tale circostanza risulta, per tabulas, al punto 6 delle «Ragioni della Decisione» della citata sentenza, in cui la Corte di Cassazione, nel rigettare i motivi di ricorso proposti dal Ministero della salute, specifica che i profili legati all'accertamento del nesso eziologico svolto dalla Corte territoriale (cioè dalla Corte d'Appello di Lecce), non sono appunto nuovamente sindacabili dinanzi alla stessa Corte di Cassazione.
Tanto precisato e con particolare riferimento ai protocolli vaccinali in utilizzo all'epoca del caso considerato, si rende noto che gli stessi prevedevano per i militari in ferma di leva e volontaria le seguenti vaccinazioni all'atto di incorporamento, se non eseguite nell'infanzia: antitetanica-difterica, anti tifoidea, antimeningococcica, trivalente parotite morbillo e rosolia nonché epatite A e B.
La tempistica era stata definita con circolare esplicativa sempre validata dal competente Ministero della salute.
Per quanto riguarda, invece, l'attualità, si precisa che le schedule immunoprofilattiche sono adottate in base alla «Direttiva tecnica promulgata dall'ispettorato Generale della Sanità Militare», di concerto con il Ministero della salute in esito ad un processo di approvazione da parte del Consiglio Superiore di Sanità.
Conseguentemente, nella attuale emergenza pandemica, la valutazione tecnica, dopo l'autorizzazione prevista dalla farmacopea vigente, sarà concordata con l'Autorità per la tutela della salute sul territorio nazionale.
Il Ministero della difesa renderà disponibile successivamente, per le categorie di personale scelte con priorità stabilita, secondo le indicazioni e di concerto con il Ministero della salute, il vaccino/i contro il nuovo coronavirus (SARS-Cov-2) presso individuate stazioni vaccinali allestite secondo i protocolli vigenti.
In conclusione, proprio nella prospettiva della prossima disponibilità del vaccino contro il Sars Cov-2 e della sua distribuzione, la Difesa fornirà tutto il supporto richiesto dalle autorità competenti.
Uno speciale gruppo di pianificazione, denominato Joint Operations Planning Group, sta finalizzando l'organizzazione del contributo della Difesa alla distribuzione dei vaccini alla popolazione italiana, sulla base delle necessità individuate dagli Enti responsabili del Piano complessivo.
Ritengo doveroso ricordare come la Difesa, nella delicata congiuntura che il Paese sta affrontando, abbia garantito la disponibilità di risorse umane, mezzi e strutture per la sorveglianza sanitaria, mobilitando centinaia di medici e infermieri militari, fornendo un robusto sostegno logistico per contribuire a garantire il controllo del territorio, l'allestimento di ospedali da campo, l'effettuazione di trasporti terrestri e aerei, invio e contenimento.
Come avvenuto fin dall'inizio della pandemia, le Forze Armate resteranno costantemente impegnate in supporto al Sistema Sanitario Nazionale e ai cittadini.