SEDE REFERENTE
Martedì 25 giugno 2019. — Presidenza del presidente della I Commissione Giuseppe BRESCIA. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.
La seduta comincia alle 12.30.
DL 53/2019: Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
C. 1913 Governo.
(Esame e rinvio).
Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.
Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che nella seduta odierna le Commissioni riunite I e II avviano l'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 1913, di conversione del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
In proposito ricorda ai gruppi che, come stabilito in occasione della riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, le segnalazioni circa i soggetti da audire nel corso del ciclo di audizioni previsto ai fini dell'istruttoria legislativa sul provvedimento dovranno pervenire alle segreterie delle Commissioni entro la giornata odierna. Le audizioni avranno luogo nel corso della prossima settimana.
Simona BORDONALI (Lega), relatrice per la I Commissione, rileva innanzitutto come il decreto – legge si componga di 18 articoli, suddivisi in 3 Capi: il Capo I, costituito dagli articoli da 1 a 7 reca disposizioni urgenti in materia di contrasto all'immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica; il Capo II, costituito dagli articoli da 8 a 12, reca disposizioni urgenti per il potenziamento dell'efficacia dell'azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza; il Capo III, costituito dagli articoli da 13 a 18, reca disposizioni urgenti in materia di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive.
Per quanto riguarda le disposizioni del decreto – legge riguardanti gli ambiti di competenza della I Commissione, l'articolo 1, inserendo un nuovo comma 1-ter nell'articolo 11 del Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, prevede che il Ministro dell'interno, con provvedimento da adottare di Pag. 4concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possa limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale nei seguenti casi:
per motivi di ordine e sicurezza pubblica;
quando si concretizzino le condizioni di cui all'articolo 19, comma 2, lettera g), della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare (UNCLOS) fatta a Montego Bay, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, la quale considera come «pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato» costiero il passaggio di una nave straniera se, nel mare territoriale, la nave è impegnata, tra le altre, in un'attività di carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero.
Il nuovo comma 1-ter dell'articolo 11 del Testo unico dell'immigrazione richiama, nello specifico, ai fini dell'adozione del provvedimento ivi previsto, le violazioni delle leggi di immigrazione vigenti. La relazione illustrativa del decreto-legge evidenzia come tale disposizione sia adottata «in una specifica ottica di prevenzione» per impedire il cosiddetto «passaggio pregiudizievole» o «non inoffensivo» di una specifica nave in relazione alla quale si possano concretizzare, limitatamente alle violazioni delle leggi in materia di immigrazione, le condizioni di cui al citato articolo 19, comma 2 della Convenzione di Montego Bay. Viene evidenziato inoltre che l'esercizio delle prerogative che la legge pone in capo al Ministero dell'interno assumono particolare rilievo in un periodo storico «contrassegnato da persistenti e ricorrenti minacce, anche di tipo terroristico internazionale».
In tale contesto ricorda che il Capo II del Testo unico dell'immigrazione disciplina le misure per il contrasto all'immigrazione clandestina.
In particolare, l'articolo 11 del Testo unico, ai commi 7 e 8, dà facoltà alle forze dell'ordine operanti nelle zone di confine e in mare di procedere al controllo, alle ispezioni e alle perquisizioni dei mezzi di trasporto nel corso delle operazioni di contrasto dei traffici legati all'immigrazione clandestina, e, in caso di necessità, al sequestro di tali mezzi e degli altri beni eventualmente utilizzati.
Inoltre l'articolo 12, commi da 9-bis a 9-quinquies del Testo unico, con specifico riferimento al contrasto dell'immigrazione clandestina via mare, consente alle navi italiane di fermare e ispezionare le navi delle quali si sospetti che siano adibite al traffico di migranti, nonché, in caso di effettivo coinvolgimento nel traffico illecito, sequestrare e condurre le navi in un porto dello Stato.
La norma recata dal nuovo comma 1-ter specifica che l'adozione del provvedimento ministeriale con cui si limita o vieta l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale è consentito «nell'esercizio delle funzioni di coordinamento previste dall'articolo 11, comma 1-bis, del Testo unico dell'immigrazione e nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia».
Per quanto riguarda l'esercizio delle predette funzioni di coordinamento il citato comma 1-bis dell'articolo 11 del predetto Testo unico – introdotto dalla legge n. 189 del 2002 – in particolare demanda al Ministro dell'interno:
l'emanazione delle misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica;
la promozione di apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull'immigrazione e le autorità europee competenti nella stessa materia in base all'Accordo di Schengen.
Da ultimo, il Ministro dell'interno ha esercitato la funzione di coordinamento Pag. 5con l'emanazione della direttiva del 13 giugno 2019; in precedenza, negli ultimi mesi, erano state adottate le direttive del Ministro dell'Interno del 15 aprile 2019, del 18 marzo 2019, del 28 marzo 2019 e del 4 aprile 2019, sempre in materia di coordinamento unificato dell'attività di sorveglianza delle frontiere marittime e per il contrasto all'immigrazione illegale ai sensi dell'articolo 11 del Testo unico dell'immigrazione.
Con tali atti si dispone, in particolare, alle competenti Autorità, destinatarie del provvedimento, di «vigilare» affinché il comandante e la proprietà della nave «si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare», «rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi» e non reiterino condotte in contrasto con la vigente normava in materia di soccorso in mare e immigrazione nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti autorità.
Le citate direttive evidenziano inoltre che il rispetto e la salvaguardia della vita umana in mare comportano l'obbligo di applicare le vigenti normative internazionali, evitando ogni comportamento che concorra alla determinazione di situazioni di rischio per la vita umana e ad incentivare i pericolosi attraversamenti via mare da parte di immigrati. La suddetta attività, svolta con modalità sistematiche, accresce il pericolo di situazioni di rischio per la vita umana in mare e determina, a prescindere dalla configurabilità di ogni altra responsabilità, la violazione delle norme nazionali ed europee in materia di sorveglianza delle frontiere marittime e di contrasto all'immigrazione illegale. Tale attività può altresì può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni.
In merito agli «obblighi internazionali dell'Italia», rileva come tale espressione sembri ricomprendere tutti gli obblighi assunti dall'Italia in virtù dell'adesione a trattati internazionali, inclusa l'appartenenza all'Unione europea e, più in generale, la conformità alla normativa internazionale ed ai relativi princìpi generali (articolo 10 della Costituzione).
Tra gli altri può richiamarsi quanto disposto dalla Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo (cosiddetta Convenzione SAR), che obbliga gli Stati contraenti a dividere, sulla base di accordi regionali, il mare in zone di propria competenza S.A.R. (soccorso e salvataggio).
A sua volta la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (cosiddetta Convenzione SOLAS), obbliga il comandante di una nave – che sia in posizione tale da poter prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare – a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se è possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione.
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 dispone inoltre, all'articolo 98, che ogni Stato esiga che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita e proceda quanto più velocemente possibile al soccorso delle persone in pericolo qualora sia a conoscenza del loro bisogno di assistenza, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa.
Dal 1o luglio 2006 sono inoltre entrati in vigore per l'Italia gli emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR, adottati dall'Organizzazione marittima mondiale (International Maritime Organization – IMO), Pag. 6i quali impongono agli Stati competenti per la regione SAR di cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi individuando e fornendo al più presto, la disponibilità di un luogo di sicurezza (Place of Safety – POS) inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita.
Ricorda inoltre che nell'ambito dell'Unione europea alla missione Triton è subentrata l'operazione Themis, che opera nel Mediterraneo centrale assistendo l'Italia circa i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. L'operazione continua ad occuparsi, come le precedenti missioni, della ricerca e del soccorso dei migranti in mare, ma si concentra anche sul contrasto ad attività criminali e a minacce terroristiche. La novità più importante nella nuova missione riguarda il fatto che i migranti soccorsi nell'ambito dell'operazione devono essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare. Themis inoltre continuerà ad occuparsi della ricerca e del soccorso dei migranti in mare ma, allo stesso tempo, avrà un focus rafforzato sulle attività delle forze dell'ordine.
Nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, a partire dal giugno 2015 c’è l'operazione dell'Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale denominata EUNAVFOR MED Sophia, che consiste nell'individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti nel Mediterraneo centromeridionale. Il Governo italiano, ha sollecitato una revisione del piano operativo di EUNAVFOR MED Sophia, nella parte in cui (tramite rinvio alle regole di ingaggio della non più in vigore missione Triton di Frontex) si prevede che lo sbarco di migranti eventualmente soccorsi debba avvenire in porti italiani.
La norma del nuovo comma 1-ter dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 286 del 1998 specifica inoltre che il Ministro dell'interno, nell'esercitare i nuovi poteri conferitegli dalla disposizione, agisce quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 121 del 1981, la quale attribuisce appunto al Ministro dell'interno le seguenti funzioni:
responsabilità della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;
autorità nazionale di pubblica sicurezza;
alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica;
coordinamento in materia i compiti e le attività delle forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria);
adozione dei provvedimenti per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
La disposizione del nuovo comma 1-ter esclude inoltre dall'ambito di applicazione della norma il naviglio militare e le navi in servizio governativo non commerciale, analogamente a quanto previsto dall'articolo 2 del decreto-legge, che reca le sanzioni conseguenti all'inottemperanza alle limitazioni o divieti disposti in base all'articolo 1.
Al riguardo, ricorda che ai sensi del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
sono qualificate come navi militari (ai sensi dell'articolo 239, comma 1), le navi che sono iscritte nel ruolo del naviglio militare, classificate, per la Marina militare, in base alle caratteristiche costruttive e d'impiego, in navi di prima linea, navi di seconda linea e naviglio specialistico e collocate nelle categorie e nelle posizioni stabilite con decreto del Ministro della difesa; sono comandate ed equipaggiate da personale militare, sottoposto alla relativa disciplina; recano i segni distintivi della Marina militare o di altra Forza armata o di Forza di polizia a ordinamento militare;
sono qualificate come navi da guerra (ai sensi dell'articolo 239, comma 2), le navi che appartengono alle Forze armate di uno Stato, che portano i segni distintivi Pag. 7esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sono poste sotto il comando di un ufficiale di marina al servizio dello Stato e iscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio è sottoposto alle regole della disciplina militare;
sono invece qualificate come navi e galleggianti in servizio governativo non commerciale (ai sensi dell'articolo 281, comma 1, lettera c), le navi impiegate in attività d'istituto delle amministrazioni dello Stato, alle quali sono attribuite competenze in materia di pubblica sicurezza, protezione dagli incendi, protezione dell'ambiente marino, trasporto di mezzi e di personale per la pubblica utilità e per le esigenze dell'amministrazione penitenziaria, intervento in caso di calamità; sperimentazione tecnologica e ricerca scientifica oceanografica o ambientale marina.
L'ultimo periodo del nuovo comma 1-ter prevede che il «provvedimento» del Ministro dell'interno sia adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri.
In tale contesto ricorda che l'articolo 12 del Testo unico dell'immigrazione disciplina i casi che si verificano in acque territoriali (o nella zona contigua) e quello che si verifica al di fuori di esse.
Nel primo caso, ai sensi del comma 9-bis dell'articolo 12 del Testo unico, è la nave italiana in servizio di polizia che può fermare la nave sospetta, ispezionarla e, se sono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento in un traffico di migranti, sequestrarla, conducendola in un porto nazionale. Il comma 9-ter del medesimo articolo 12 prevede che le navi della Marina militare (fermo restando l'assolvimento dei loro compiti istituzionali) possano concorrere alle attività di cui al comma 9-bis.
Nel secondo caso (intervento al di fuori delle acque territoriali, di cui al comma 9-quater dell'articolo 12 del Testo unico) i medesimi poteri sono posti in capo sia alle navi della Marina militare, sia alle navi in servizio di polizia, e possono essere esercitati a prescindere dalla bandiera battuta dalla nave fermata, purché nei limiti consentiti dalla legge o dal diritto internazionale.
Le modalità di intervento delle navi militari e il raccordo tra le loro attività e quelle svolte dalle navi in servizio di polizia sono rimesse dal comma 9-quinquies dell'articolo 12 del Testo unico a un decreto interministeriale adottato dai ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti.
Tale disposizione è stata attuata con l'adozione del decreto del Ministro dell'interno 14 luglio 2003, recante disposizioni in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, il quale affida le attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina ai mezzi aeronavali della Marina militare, delle Forze di polizia e delle Capitanerie di porto. Alla Marina militare spettano in modo prevalente le attività in acque internazionali, mentre le attività nelle acque territoriali e nelle zone contigue sono attribuite principalmente alle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, cui compete il coordinamento in caso di interventi di più corpi). Al Corpo delle capitanerie di porto sono affidati compiti soccorso, assistenza e salvataggio. Il coordinamento di tutte le attività è esercitato dalla Direzione centrale della polizia di frontiera del Ministero dell'interno.
Per quanto riguarda le competenze del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ricorda che l'articolo 83 del Codice della navigazione, novellato dalla legge n. 51 del 2001, prevede che il Ministro delle infrastrutture e trasporti possa limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell'ambiente, per motivi di protezione dell'ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende. L'esercizio di tale potere, in base alla Convenzione UNCLOS, Pag. 8che obbliga gli Stati a esigere che il comandante della nave presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita, non può essere esercitato in maniera discriminatoria.
L'articolo 2, comma 1, inserisce un nuovo comma 6-bis nell'articolo 12 del Testo unico dell'immigrazione, il quale stabilisce innanzitutto l'obbligo, per il comandante della nave, di osservare la normativa internazionale, nonché i divieti e le limitazioni disposti ai sensi dell'articolo 11, comma 1-ter, del medesimo Testo unico, introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge.
La relazione illustrativa evidenzia come la disposizione, richiamando la normativa internazionale, faccia implicito riferimento all'applicazione delle norme contenute nella Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare (SOLAS), nella Convenzione internazionale sulla sicurezza e il salvataggio marittimo (SAR), nonché nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).
Il nuovo comma 6-bis introduce inoltre una sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma da 10.000 a 50.000 euro, in caso di violazione – da parte del comandante di una nave – del divieto di ingresso, transito o sosta di navi nel mare territoriale italiano che venga disposto con provvedimento del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, ai sensi del citato articolo 11, comma 1-ter, del medesimo Testo unico.
La disposizione sanziona anche l'armatore e il proprietario della nave, tenuti entrambi a pagare la medesima sanzione amministrativa imposta al comandante a seguito della violazione del divieto, che deve essere anche ad essi notificato «ove possibile». Il legislatore dunque non prevede una responsabilità solidale per il pagamento ma attribuisce a ciascuno di questi soggetti la responsabilità dell'illecito.
Sono fatte salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato.
Con tale ultima affermazione si intende presumibilmente precisare che l'illecito amministrativo derivante dalla violazione dell'ordine impartito al comandante non esclude l'applicazione delle pene previste dall'ordinamento quando la condotta del comandante integri anche un reato, ad esempio di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ricorda, a tale proposito, che l'articolo 650 del codice penale (Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità) punisce con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a 206 euro chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragioni, ad esempio, di sicurezza pubblica o ordine pubblico, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato. In caso di reiterazione della violazione commessa con l'uso della medesima nave, è disposta l'applicazione della sanzione accessoria della confisca della nave e l'immediato sequestro cautelare.
Le navi militari e le navi in servizio governativo non militare sono escluse dall'ambito di applicazione della disposizione, analogamente a quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge. Peraltro, dalla formulazione testuale della norma («Salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale e i divieti e le limitazioni eventualmente disposti ai sensi dell'articolo 11, comma 1-ter») tali imbarcazioni potrebbero sembrare escluse anche dall'osservanza della normativa internazionale.
All'irrogazione delle sanzioni, accertate dagli organi competenti al controllo, provvede il prefetto competente.
L'ultimo periodo del comma 1 introduce poi una deroga ai commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 8-bis della legge n. 689 del 1981, che escludono la reiterazione qualora:
le violazioni amministrative successive alla prima siano commesse in tempi ravvicinati e riconducibili a una programmazione unitaria; Pag. 9
per la violazione si sia provveduto al pagamento in misura ridotta;
per la violazione sia in corso il procedimento di accertamento.
Dunque, in forza della predetta deroga, anche in tali casi si potrà procedere al sequestro cautelare della nave ai fini della confisca. Tale previsione, come chiarito nella relazione illustrativa, «si rende necessaria al fine di scongiurare il rischio che, attraverso l'applicazione di tali norme (...) l'autore della violazione possa riuscire di fatto ad eludere (ovvero a rinviare sine die) l'applicazione nei suoi confronti della sanzione ablatoria».
Il comma 2 reca la copertura finanziaria degli oneri recati dal comma 1, quantificati in 500.000 euro per il 2019 e in 1 milione di euro annui a decorrere dal 2020, a cui si fa fronte mediante riduzione corrispondente del Fondo speciale di parte corrente iscritto – ai fini del bilancio 2019-2021 – nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (programma «Fondi di riserva e speciali» – missione «Fondi da ripartire»), utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.
La relazione tecnica specifica che tali oneri sono conseguenti alla custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro o confiscate in base alla norma del comma 1, di cui si farà carico il prefetto territorialmente competente.
L'articolo 5 modifica l'articolo 109 del Testo unico di pubblica sicurezza (di cui al regio decreto n. 773 del 1931) in materia di obbligo di comunicazione da parte dei gestori di strutture ricettive delle generalità delle persone alloggiate, prevedendo che, per i soggiorni non superiori alle ventiquattro ore, la comunicazione debba essere effettuata con immediatezza (restando fermo, negli altri casi, il termine di ventiquattro ore dall'arrivo).
Rammenta in merito che il predetto obbligo di comunicazione vige per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, nonché per i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e per gli affittacamere (compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali e ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla Regione o dalla Provincia autonoma). Tali soggetti possono dare alloggio esclusivamente a persone munite di documento di identità e sono tenuti a comunicare – entro i termini sopra indicati – le generalità delle persone alloggiate alle questure territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi informatici o telematici o mediante fax.
L'articolo 9, comma 1, ripristina la vigenza – fino al 31 dicembre 2019 – dell'articolo 57 del Codice in materia di protezione dei dati personali, concernente il trattamento dei dati effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza e da organi, uffici o comandi di polizia, per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati. Ricorda che l'abrogazione del predetto articolo 57 è prevista dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 51 del 2018 a decorrere da un anno dall'entrata in vigore di tale decreto legislativo (dunque dall'8 giugno 2019). Il differimento di tale termine comporta il riacquisto della vigenza del predetto articolo 57 a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Rammenta al riguardo che gli articoli 53 e 57 del codice in materia di protezione dei dati personali prevedevano una sorta di regime speciale per il trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati. In particolare, l'articolo 57 prevedeva che per il trattamento dei predetti dati le modalità di attuazione dei princìpi del codice fossero da definirsi con specifico decreto del Presidente della Repubblica.
Successivamente è intervenuto il decreto legislativo n. 51 del 2018, di attuazione Pag. 10della direttiva (UE) 2016/680, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati, il quale ha previsto l'abrogazione degli articoli 53 e 57 del codice, in quanto la materia da essi trattata risulta assorbita dalla nuova disciplina europea, prevedendo tuttavia che l'abrogazione dell'articolo 57 del codice avesse luogo decorso un anno dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (e dunque l'8 giugno 2019).
In tale quadro normativo il comma 1 dell'articolo 9 del decreto-legge dispone ora che il medesimo articolo 57 riacquisti vigenza (dalla data di entrata in vigore del decreto-legge) fino al 31 dicembre 2019, al fine (secondo quanto precisato nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione) di evitare un «vuoto» normativo, posto che i regolamenti adottati in attuazione delle norme abrogate continuano ad applicarsi fino all'adozione di diversa disciplina (secondo quanto previsto dall'articolo 49, comma 3, del decreto legislativo n. 51 del 2018) e che un emanando regolamento in materia dovrà tener conto di quanto previsto dall'articolo 18 del decreto-legge n. 113 del 2018 sull'accesso al Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza da parte dei Corpi e servizi di polizia municipale.
L'articolo 10 integra di 500 unità, dal 20 giugno 2019 e fino al 14 luglio 2019, il contingente di personale militare di cui al comma 688 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017) da destinare alle esigenze di sicurezza connesse allo svolgimento dell'Universiade Napoli 2019, limitatamente ai servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili.
Il comma 1 prevede che al predetto personale militare si applichino le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 7-bis del decreto -egge n. 92 del 2008, in base alle quali:
il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;
il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;
nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
Il comma 2 autorizza la spesa di euro 1.214.141 euro per l'anno 2019, alla cui copertura si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse iscritte sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente di cui alla legge n. 59 del 1997, nello stato di previsione del Ministero dell'interno.
L'articolo 11 modifica l'articolo 1, comma 1, della legge n. 68 del 2007, in materia di soggiorni di breve durata, introducendo, in aggiunta alle fattispecie già previste (visite, affari, turismo, studio), anche la partecipazione a missioni e gare sportive tra i casi in cui il permesso di soggiorno non è richiesto per soggiorni non superiori a tre mesi (ferma restando la necessità del visto d'ingresso).
L'articolo 12 istituisce, presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo per le politiche di rimpatrio, volto a sostenere iniziative di cooperazione o intese bilaterali per la riammissione degli stranieri irregolari presenti nel territorio nazionale e provenienti da Paesi extra-UE.
In particolare, ai sensi del comma 1 il fondo è destinato a finanziare interventi di cooperazione attraverso il sostegno al bilancio generale o settoriale e intese bilaterali.
Il fondo ha una dotazione iniziale di 2 milioni di euro per l'anno 2019, alla cui copertura si provvede, ai sensi del comma 3, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di Pag. 11parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019 – 2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
La dotazione iniziale potrà essere incrementata, ai sensi del comma 2, con una quota annua fino a 50 milioni di euro determinata annualmente con decreto interministeriale. All'incremento annuale si provvede mediante utilizzo di una quota delle risorse derivanti dalle misure di razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l'immigrazione e dagli interventi per la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti posti in essere dal Ministero dell'interno in attuazione della legge di bilancio 2019.
Roberto TURRI (Lega), relatore per la II Commissione, per quanto riguarda le disposizioni riguardanti gli ambiti di competenza della II Commissione, segnala in primo luogo l'articolo 3 del decreto-legge, che interviene sull'articolo 51 del codice di procedura penale, relativo alle indagini di competenza della procura distrettuale, per estenderne l'applicazione anche alle fattispecie associative realizzate al fine di commettere il reato di favoreggiamento, non aggravato, dell'immigrazione clandestina. Conseguentemente, sarà inoltre possibile svolgere intercettazioni preventive per l'acquisizione di notizie utili alla prevenzione di tale delitto.
Sottolinea, in particolare, come sia modificato il comma 3-bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale, che attribuisce all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, le indagini preliminari per alcuni delitti associativi. Con l'attuale intervento si estende dunque la competenza della procura distrettuale anche alle indagini per il delitto di favoreggiamento semplice (di cui al comma 1 dell'articolo 12 del Testo unico dell'immigrazione).
Ricorda inoltre che per tutti i delitti elencati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, e dunque ora anche per il delitto di favoreggiamento semplice dell'immigrazione clandestina, l'ordinamento consente intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni.
Il comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge contiene una disposizione transitoria ai sensi della quale la competenza della procura distrettuale opererà in relazione ai procedimenti penali iniziati successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge.
Evidenzia quindi come l'articolo 4 destini alcune risorse alla copertura degli oneri conseguenti ad operazioni di polizia sotto copertura, allo scopo di implementarne l'utilizzo, quale strumento investigativo delle Forze di polizia (oggetto della disciplina posta dall'articolo 9 della legge n. 146 del 2006) «anche con riferimento al contrasto del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». Sono oggetto della disposizione le operazioni sotto copertura cui concorrano operatori di polizia di Stati esteri, con i quali siano stati stipulati appositi accordi per il loro impiego nel territorio italiano. Per tali operazioni vengono stanziati 500.000 euro per l'anno 2019, 1 milione di euro per il 2020 e 1.500.000 euro per il 2021. Siffatte risorse sono attinte alle entrate affluite al bilancio dello Stato (che restano acquisite all'erario) quali contributo – volto ad alimentare il Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive – sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto (contribuzione prevista dall'articolo 18, comma 1, lettera a)) della legge n. 44 del 1999).
L'articolo 6 interviene sulla legge 22 maggio 1975, n. 152 (cosiddetta legge Reale), con particolare riguardo al regolare svolgimento delle manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico. In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 5 della citata legge, che vieta l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il Pag. 12riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico senza giustificato motivo e in ogni caso in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che comportino tale uso, diversificando la pena edittale prevista per le due modalità di commissione della contravvenzione. In particolare se l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona avviene senza giustificato motivo in luogo pubblico o aperto al pubblico, è mantenuta la pena edittale previgente, consistente nell'arresto da uno a due anni e nell'ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Nei casi in cui invece l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona avvenga in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino, la pena è inasprita ed è determinata nell'arresto da due a tre anni e nell'ammenda da 2.000 a 6.000 euro.
Evidenzia come la lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 inserisca un nuovo articolo 5-bis nella citata legge n. 152 del 1975, ai sensi del quale è punito, con la reclusione da uno a quattro anni, chi, nel corso delle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l'incolumità delle persone o l'integrità delle cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere. La previsione fa salva la specifica disciplina prevista dalla legge 13 dicembre 1989, n. 401, in materia di manifestazione sportive e, in particolare, i reati di cui agli articoli 6-bis e 6-ter della medesima legge (lancio di materiale pericoloso, scavalcamento, invasione di campo e possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive).
Segnala altresì come l'articolo 7 rechi modifiche al codice penale intese a rafforzare il quadro normativo posto a presidio del regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico. In particolare, vengono introdotte circostanze aggravanti nel caso in cui i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (articolo 336 del codice penale), resistenza a un pubblico ufficiale (articolo 337 del codice penale), violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (articolo 338 del codice penale), interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità (articolo 340 del codice penale), devastazione e saccheggio (articolo 419 del codice penale) siano commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. Il medesimo articolo 7 interviene sull'articolo 635 del codice penale, prevedendo un'ipotesi aggravata del reato di danneggiamento che viene ad operare qualora i fatti siano commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Rileva quindi come l'articolo 8 introduca misure straordinarie per l'eliminazione dell'arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze penali di condanna. Con il comma 1 il Ministero della giustizia è autorizzato, per il biennio 2019-2020, a dare attuazione ad un programma di interventi, temporaneo ed eccezionale, finalizzato ad eliminare, anche mediante l'uso di strumenti telematici, il predetto arretrato nonché ad assicurare la piena efficacia dell'attività di prevenzione e repressione dei reati. A tal fine, il suddetto Ministero è autorizzato ad effettuare, in conformità a quanto disposto dall'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assunzioni a tempo determinato di durata annuale, fino ad un massimo di 800 unità di personale amministrativo non dirigenziale, di cui 200 unità di area I/F2 e 600 unità di area II/F2, anche in sovrannumero e in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente. L'assunzione del predetto personale Pag. 13avviene con le modalità semplificate stabilite per i concorsi pubblici per il reclutamento del personale degli uffici giudiziari dall'articolo 14, comma 10-ter, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26) nonché mediante lo scorrimento delle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto e mediante l'avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento secondo le procedure previste dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. La disposizione prevede, infine, che l'amministrazione giudiziaria può indicare un punteggio aggiuntivo in favore dei soggetti che abbiano i titoli di preferenza di cui all'articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114). A tale proposito ricordo che i citati commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 50 recano disposizioni relative ai c.d. tirocinanti della giustizia, ovvero coloro che svolgono il tirocinio formativo presso l'ufficio per il processo. Lo svolgimento positivo di questa attività formativa costituisce titolo di preferenza nei concorsi nella pubblica amministrazione. Inoltre si prevede che nelle procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia siano introdotti meccanismi finalizzati a valorizzare l'esperienza formativa acquisita mediante il completamento del periodo di perfezionamento presso l'ufficio per il processo.
Fa notare come il comma 2 dell'articolo 8 rechi disposizioni per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo, che vengono quantificati in 3.861.324 euro per l'anno 2019 e in 27.029.263 euro per l'anno 2020. Alla copertura dei predetti oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo, di parte corrente, per il federalismo amministrativo, di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno. Al comma 3 si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Evidenzia quindi come l'articolo 9 rechi disposizioni per la fissazione di nuovi termini in materia di protezione di dati personali e per la proroga di termini in tema di intercettazioni. In particolare, il comma 1 stabilisce che l'articolo 57 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sebbene abrogato a partire dall'8 giugno 2019 dall'articolo 49, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, riprenda vigenza dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e sino al 31 dicembre 2019. Quell'articolo del Codice attribuisce al Governo il compito di adottare con decreto del Presidente della Repubblica norme per individuare le modalità di attuazione dei princìpi del medesimo codice in materia di protezione dei dati personali in tema di trattamento dei dati effettuato per le finalità di polizia dal Centro elaborazione dati (CED) del Dipartimento della pubblica sicurezza e da organi, uffici o comandi di polizia. Come riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, il termine dell'8 giugno 2019 si è rivelato insufficiente, essendo emersa medio tempore l'esigenza di adeguare l'emanando decreto presidenziale alle ulteriori prescrizioni introdotte nell'ordinamento dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132 in materia di accesso al Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza, da parte dei Corpi e servizi di polizia municipale. L'articolo 9, comma 2, proroga al 1o gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la riforma della disciplina delle intercettazioni introdotta dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216. Come precisato nella relazione illustrativa, tale proroga si rende necessaria in quanto l'operatività della nuova disciplina è subordinata al completamento delle complesse misure organizzative in atto, anche relativamente alla predisposizione di apparati elettronici e digitali. Allo stato, infatti, le attività di Pag. 14collaudo dei sistemi presso i singoli uffici giudiziari delle procure della Repubblica, nonché quelle di adeguamento dei locali, risultano ancora in corso. In particolare la lettera a) del comma 2 dell'articolo 9 modifica l'articolo 9, comma 1, del citato decreto legislativo n. 216 del 2017, che ha previsto che le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 7 del medesimo decreto legislativo si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il 31 luglio 2019. Il decreto-legge proroga tale termine al 1o gennaio 2020. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 9 del decreto-legge in esame, modifica invece il comma 2 del citato articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017. In particolare è prorogato al 1o gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione (articolo 2, comma 1, lettera b) del citato decreto legislativo n. 216 del 2017) che introduce un'eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (articolo 114 del codice di procedura penale), tale da consentire la pubblicabilità dell'ordinanza di custodia cautelare di cui all'articolo 292 del codice di procedura penale. La proroga di cui alla lettera b) è conseguente a quella disposta dalla lettera a) del medesimo comma 2 della disposizione in commento che, come si è detto, procrastina l'applicazione della riforma delle intercettazioni al 1o gennaio 2020.
Precisa, inoltre, che d'interesse della Commissione Giustizia è l'intero Capo III (articoli 13-17) che detta disposizioni urgenti per il contrasto dei fenomeni di violenza connessi a manifestazioni sportive. Il provvedimento d'urgenza anticipa così l'entrata in vigore di disposizioni attualmente inserite nel disegno di legge C. 1603-ter, attualmente all'esame della Commissione Giustizia. In particolare il comma 1 dell'articolo 13 modifica la legge 13 dicembre 1989, n. 401, relativa a interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.
Nel dettaglio, evidenzia come la lettera a) del comma 1, intervenendo sull'articolo 6 della citata legge: aggiunga il reato di rissa (articolo 588 del codice penale) tra quelli che, in caso di denuncia o di condanna anche non definitiva, possono comportare l'applicazione del DASpo, vale a dire del divieto di accesso alle competizioni sportive (nuovo comma 1, lettera c), dell'articolo 6); specifica che i fatti che determinano il questore o l'autorità giudiziaria ad emettere il divieto di accesso alle competizioni sportive possono essere stati commessi anche non in occasione o a causa di manifestazioni sportive (nuovo comma 1, lettere c) e d), dell'articolo 6); introduce un nuovo comma 1-ter, nel quale sposta il contenuto dei previgenti secondo e ultimo periodo del comma 1, e precisa che il DASpo per fatti commessi all'estero può essere disposto a seguito di accertamenti svolti, non solo dall'autorità straniera competente, ma anche dalle forze di polizia italiane che cooperano con detta autorità in relazione alla specifica manifestazione sportiva; aumenta al comma 5 la durata della misura di prevenzione applicabile ai recidivi ed a coloro che abbiano violato un precedente DASpo: nei confronti di persona già destinataria del DASpo, la durata del nuovo divieto – cui si accompagna sempre l'obbligo di presentarsi all'ufficio di polizia in concomitanza con le manifestazioni sportive – non potrà essere inferiore a 6 anni né superiore a 10 (in precedenza da 5 a 8 anni). In caso di violazione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive, la durata del DASpo può essere aumentata fino a 10 anni (in luogo degli attuali 8); modifica il comma 7, relativo al DASpo comminato dal giudice a seguito di sentenza di condanna per violazione di un precedente provvedimento di divieto di accesso a manifestazioni sportive: anche in questo caso la durata massima del provvedimento viene portata a 10 anni, rispetto ai previgenti 8 anni; subordina (comma 8-bis) il provvedimento di riabilitazione, che il destinatario può chiedere trascorsi 3 anni dalla cessazione del divieto, a condotte di ravvedimento operoso consistenti nella riparazione dei danni causati, nel risarcimento del danno, nella collaborazione Pag. 15con le autorità ai fini dell'individuazione di altri autori delle violenze; inserisce il comma 8-ter, per consentire al questore, quando il DASpo colpisca soggetti definitivamente condannati per delitti non colposi, di aggiungere al divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive anche i divieti normalmente impartiti ai destinatari dell'avviso orale (disciplinato dall'articolo 3 del codice antimafia, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159): si tratta del divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi. In analogia con quanto previsto per l'avviso orale dal codice antimafia, anche in questo caso gli ulteriori divieti possono essere applicati in presenza di qualsiasi condanna per delitto non colposo: non si fa infatti riferimento a condanne per delitti ricompresi nell'elenco di quelli che giustificano il DASpo nei confronti dell'indagato. Contro l'applicazione di questi ulteriori divieti, il destinatario del DASpo può presentare opposizione davanti al tribunale in composizione monocratica. In caso di violazione dei divieti, si applica l'articolo 76, comma 2, del codice antimafia, che prevede la reclusione da 1 a 8 anni e la multa da 1.549 a 5.164 euro. Gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle Forze di polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati nei compiti di istituto.
Fa quindi presente che alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 13 si stabilisce, attraverso novelle agli articoli 6-quater e 6-quinquies della legge n. 401 del 1989, che le condotte di violenza, minaccia o lesioni personali gravi o gravissime, poste in essere nei confronti dell'arbitro e degli altri soggetti deputati a verificare la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive, siano assoggettate alla medesima pena già prevista per gli analoghi comportamenti diretti contro gli addetti ai controlli.
Segnala inoltre come il comma 2 intervenga invece sull'articolo 8 del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, al fine di chiarire che il soggetto sottoposto a DASpo non più efficace (e non destinatario di sentenza di condanna) può avere accesso a sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l'erogazione a prezzo agevolato o gratuita di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio, soltanto una volta ottenuta la riabilitazione del questore ex articolo 6, comma 8-bis, della citata legge n. 401 del 1989. Si procede, altresì, all'aggiornamento del riferimento normativo alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità (contenuto al comma 1 dell'articolo 8 del citato decreto-legge) atteso che tale provvedimento è stato abrogato dall'articolo 120 del codice antimafia e che i richiami alle disposizioni di quella devono riferirsi alle corrispondenti disposizioni del medesimo codice. Il medesimo comma 2 stabilisce inoltre la necessità della riabilitazione per la legittima stipulazione di contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti conferiti dalla registrazione di un marchio d'impresa (di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, del codice della proprietà industriale, decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), tra le società Pag. 16e i soggetti destinatari di provvedimenti di DASpo. Anche in relazione ai destinatari di una misura di prevenzione personale, si specifica che il divieto per le società opera anche oltre la scadenza della misura, finché non intervenga la riabilitazione disciplinata dal codice antimafia.
Rammenta che l'articolo 14 interviene sull'articolo 77 del codice antimafia per consentire il fermo di indiziato di delitto, in deroga ai limiti di pena previsti dal codice di procedura penale (ai sensi dell'articolo 384, l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo ai due anni e nel massimo ai sei anni), anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Per procedere al fermo sarà comunque richiesto che il reato per il quale si procede sia contemplato tra quelli per i quali è consentito l'arresto facoltativo in flagranza.
L'articolo 15 rende permanente la disciplina dell'arresto in flagranza differita seguenti casi: per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto; per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto.
Sottolinea come l'articolo 16 rechi modifiche al codice penale in materia di circostanze aggravanti comuni e di esclusione della particolare tenuità del fatto, al fine di consentire la punibilità degli autori di reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. In particolare, il comma 1, lettera a), integra la formulazione dell'articolo 61, primo comma, del codice penale con l'introduzione di una nuova aggravante comune (nuovo numero 11-septies), consistente nell'aver commesso il fatto-reato in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni. Ai sensi dell'articolo 64 del codice penale – in assenza di concorso di circostanze – la presenza di tale nuova aggravante comune comporta l'aumento della pena edittale fino a un terzo. Il comma 1, lettera b), modifica l'articolo 131-bis del codice penale (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), prevedendo, in aggiunta alle ipotesi già previste dal secondo comma, che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
L'articolo 17 modifica l'articolo 1-sexies del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, recante sanzioni volte a colpire il fenomeno della rivendita abusiva di titoli di accesso alle manifestazioni sportive (il cosiddetto «bagarinaggio»). In particolare, rispetto alla disciplina previgente: viene soppresso (al comma 1 dell'articolo 1-sexies citato) il riferimento ai luoghi di commissione dell'illecito, consentendo la punibilità (con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro) di tutte le condotte di vendita non autorizzata di biglietti per accedere alle manifestazioni sportive, dunque sia quelle che avvengano fuori dei luoghi interessati all'evento sportivo, sia quelle effettuate per via telematica; viene aggiunto il nuovo comma 1-bis dell'articolo 1-sexies, specificando che il divieto di vendita non autorizzata dei biglietti opera anche nei confronti di enti forniti di personalità giuridica e di società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
L'articolo 18 contiene le disposizioni concernenti l'entrata in vigore del decreto-legge.
Gennaro MIGLIORE (PD), riservandosi di intervenire sul merito del provvedimento nel prosieguo dell'esame, fa preliminarmente presente di ritenere che le audizioni previste ai fini dell'istruttoria legislativa debbano essere le più ampie ed esaustive possibili. Evidenzia infatti come una limitazione dell'attività conoscitiva sarebbe inammissibile in considerazione della rilevanza del provvedimento in esame. Richiama, in particolare, l'attenzione Pag. 17sulla delicatezza di alcune disposizioni le quali appaiono evidentemente dettate dalla volontà di intervenire su singole situazioni e rileva come tali disposizioni necessitino di adeguati approfondimenti sotto il profilo della legittimità costituzionale e del rispetto del principio di ragionevolezza.
Emanuele FIANO (PD) fa notare come l'ultimo periodo del nuovo comma 1-ter dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 286 del 1998 – introdotto dall'articolo 1 del provvedimento in esame – preveda che il provvedimento del Ministro dell'interno, con il quale si sostanzierebbero le nuove attribuzioni conferitegli con l'intervento in oggetto, sia adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri. Rileva, dunque, la necessità di ascoltare, nel corso dell'esame del provvedimento presso le Commissioni riunite, sia il Ministro della difesa sia il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di approfondire il contenuto di tale disposizione, chiarendo i rispettivi ambiti di competenza e responsabilità politica.
Stefano CECCANTI (PD) fa notare come la relazione illustrativa del decreto-legge, nel soffermarsi sul nuovo comma 1-ter dell'articolo 11 del Testo unico dell'immigrazione, introdotto dall'articolo 1 del provvedimento in esame, evidenzi come l'esercizio delle prerogative poste in capo al Ministero dell'interno assumano particolare rilievo in un periodo storico «contrassegnato da persistenti e ricorrenti minacce, anche di tipo terroristico internazionale».
In proposito ritiene controproducente per l'Italia giustificare un intervento volto a rafforzare il ruolo del Ministero dell'interno utilizzando come argomento la necessità di contrastare eventuali minacce terroristiche provenienti dai fenomeni migratori. Nel far notare, peraltro, che il rischio di tali minacce sinora non appare suffragato, a suo avviso, da alcun rilievo statistico, osserva come un simile approccio in tema di immigrazione potrebbe determinare un indebolimento della posizione dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei, anche nell'ambito delle trattative legate ad una eventuale modifica della normativa europea in tema di competenza dello Stato membro per l'esame delle domande di protezione internazionale. Nel rilevare, infatti, come gli altri Paesi dell'Unione europea potrebbero essere scoraggiati dall'assumere iniziative in ottica redistributiva, in presenza della rappresentazione di un simile scenario, evidenzia, dunque, come il perseguimento da parte della maggioranza di un mero interesse particolare rischi di produrre un danno all'intero Paese.
Giuseppe BRESCIA, presidente, assicura che le questioni poste nel corso della seduta saranno oggetto di attenta valutazione da parte della Presidenza.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.
La seduta termina alle 13.