SEDE CONSULTIVA
Martedì 7 maggio 2019. — Presidenza della presidente Marta GRANDE. – Interviene la viceministra agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re.
La seduta comincia alle 12.10.
DL 22/2019: Misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, nonché tutela della salute e della libertà di soggiorno dei cittadini italiani e di quelli del Regno Unito, in caso di recesso di quest'ultimo dall'Unione europea.
C. 1789 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Elisa SIRAGUSA, relatrice, sottolinea, in via generale, che il decreto-legge in Pag. 17esame si inserisce nell'ambito delle iniziative assunte da ciascuno Stato membro dell'UE per affrontare lo scenario, poco auspicabile, di un recesso del Regno Unito dall'Unione senza accordo.
Rileva che l'entrata in vigore dell'accordo di recesso concordato nel novembre 2018 ai sensi dell'articolo 50 del Trattato sull'UE resta infatti la modalità migliore per gestire in termini chiari e ordinati l'uscita del Regno Unito e porre le basi per negoziare tra le Parti un forte partenariato futuro. A tale riguardo, ricorda che al termine del Consiglio europeo straordinario del 10 aprile scorso, i 27 Paesi dell'UE hanno accordato al Regno Unito una proroga del termine di recesso al 31 ottobre 2019. Segnala che si è concordato che, in questo lasso di tempo, il Regno Unito potrà approvare l'accordo di recesso pattuito con Bruxelles e in tal caso la Brexit avverrà anche prima del 31 ottobre. Altrimenti, il Governo inglese potrà avanzare proposte nuove inerenti alla dichiarazione politica, ma non all'accordo di recesso, ovvero revocare unilateralmente la notifica di recesso.
Osserva che, tenuto conto dell'incertezza che ancora caratterizza lo scenario politico britannico, il Governo italiano, in stretto raccordo con la Commissione europea e gli altri Stati membri dell'UE, ha dunque avviato e finalizzato anche paralleli preparativi per il caso di recesso senza accordo.
Sottolinea che, pertanto, le norme del decreto-legge saranno superate ove, entro il 31 ottobre 2019, fosse recepito dal Regno Unito l'accordo di recesso già concordato con l'Unione europea. Analogamente, le norme in esame sarebbero prive di operatività ove il Regno Unito esercitasse l'opzione di revocare la notifica di recesso dall'Unione.
Osserva che, in via generale, le disposizioni del decreto-legge in esame hanno l'obiettivo principale di garantire, anche con misure legislative: la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono in Italia; la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori bancario, finanziario e assicurativo, sia localizzati in Italia sia nel Regno Unito, anche al fine di evitare rischi di liquidità e di garantire certezza delle transazioni; la promozione di un'adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione e altri settori in cui dovessero essere necessari interventi.
Segnala che il decreto-legge, originariamente composto di 24 articoli, ha già subito diverse aggiunte nel corso dell’iter di esame presso il Senato. Fatta eccezione per l'articolo 1, che inerisce la materia delle telecomunicazioni ed estende l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo alla banda larga cosiddetta «5G», le altre disposizioni attengono a molteplici profili applicativi dei principi comunitari della libera circolazione delle persone, dei capitali e dei servizi, di cui all'articolo 26, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Rinviando alla relazione illustrativa svolta presso la Commissione di merito per la descrizione complessiva dei nuovi istituti, illustra le norme di competenza della Commissione Affari esteri. Si tratta, in particolare, delle disposizioni per la tutela dei cittadini italiani residenti nel Regno Unito e dei cittadini britannici presenti sul nostro territorio alla data del recesso (Capo II, sezione II, articoli 14-16), nonché di quelle relative alla partecipazione italiana a istituzioni finanziarie e gruppi intergovernativi internazionali (Capo II, sezione III, articoli 18-19).
In particolare, evidenzia che l'articolo 14 reca disposizioni in materia di soggiorno in Italia dei cittadini del Regno Unito e dei loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea. Nello specifico, profila una disciplina transitoria volta a far sì che tali soggetti conseguano – al ricorrere di determinate condizioni – o un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o un permesso di soggiorno «per residenza». Osserva che, decorso il periodo transitorio – e dunque a decorrere Pag. 18dal 1o gennaio 2021 – tali soggetti sono considerati, ai fini del soggiorno in territorio italiano, quali cittadini di Stato non membro dell'Unione europea. Sottolinea che la condizione per l'ottenimento del permesso di soggiorno UE di lungo periodo è un soggiorno regolare in territorio italiano, protrattosi in modo continuativo da almeno cinque anni alla data di recesso del Regno Unito.
Ricorda che con le modifiche introdotte al Senato al comma 2 dell'articolo 14 si prevede l'applicazione, ai fini della continuità del soggiorno, delle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 30 del 2007, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Evidenzia che tale norma prevede che la continuità del soggiorno non sia pregiudicata da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonché da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. Sottolinea che per «familiare» si intende: il coniuge; il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner; gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner.
Rileva che il comma 4 dispone per il caso in cui difetti il requisito di regolare soggiorno continuativo in Italia da almeno cinque anni alla data del recesso del Regno Unito dall'Unione europea. Precisa che i cittadini del Regno Unito iscritti nell'anagrafe della popolazione residente e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea possono richiedere al questore – entro il 31 dicembre 2020 – un permesso di soggiorno «per residenza», con validità quinquennale e rinnovabile alla scadenza.
Segnala che i successivi commi 6 e 7 normano la disciplina «a regime», a decorrere dal 1o gennaio 2021. Al riguardo, osserva che il trattamento giuridico dei cittadini del Regno Unito e dei loro familiari diviene pari a quello riservato dalla normativa vigente ai cittadini di Stato non membro dell'Unione europea, salvo che non abbiano conseguito un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o un permesso di soggiorno «per residenza», secondo la disciplina sopra menzionata.
Sottolinea che il successivo articolo 15 detta una disciplina transitoria circa l'applicazione delle norme relative alla concessione della cittadinanza italiana, prevedendo che i cittadini del Regno Unito siano equiparati ai cittadini dell'Unione europea, se abbiano maturato il requisito di legale residenza protrattasi per almeno quattro anni alla data di recesso del Regno Unito dall'Unione europea e qualora presentino domanda entro il 31 dicembre 2020. Ricorda che, diversamente, si applicano i termini previsti dall'articolo 9, lettera f), della legge n. 91 del 1992, vale a dire la concessione della cittadinanza allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Evidenzia il disposto dell'articolo 16 che mira al potenziamento dei servizi consolari presenti nel Regno Unito, a beneficio di cittadini – ufficialmente oltre 330.000 – e imprese ivi presenti. In particolare, il comma 1 dell'articolo 16 autorizza: a) la spesa di 2,5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 1 milione di euro per l'anno 2020 per l'acquisto, la ristrutturazione, il restauro, la manutenzione straordinaria o la costruzione di immobili adibiti o da adibire a sedi di uffici consolari nel Regno Unito; b) la spesa di 750.000 euro per l'anno 2019 e di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 per assegni ed indennità a Pag. 19favore del personale dell'Amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero; c) la spesa di 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 per migliorare la tempestività e l'efficacia dei servizi consolari.
Osserva che il comma 2 eleva di 50 unità il contingente massimo di personale a contratto, rideterminandolo in 2.920 unità, che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere, per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, secondo quanto previsto dall'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.
Rileva che il comma 3 interviene sulla disciplina della decorrenza degli effetti di talune dichiarazioni rese agli uffici consolari, inserendo un nuovo comma 9-bis nell'articolo 6 della legge n. 470 del 1988, concernente l'Anagrafe e censimento degli italiani all'estero. Precisa che la disposizione novellata stabilisce che il cittadino italiano che trasferisce la sua residenza da un comune italiano all'estero oppure cambia la residenza o l'abitazione all'estero deve farne dichiarazione all'ufficio consolare competente entro novanta giorni.
Segnala che nel corso dell'esame al Senato, è stata inserita una norma, il comma 3-bis, che reca una modifica all'articolo 159 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in materia di rimborsi spese del personale a contratto impiegato durante viaggi di servizio. Ricorda che l'articolo 159 stabilisce che al personale a contratto sia corrisposta un'indennità giornaliera in aggiunta alle spese di viaggio: con la novella proposta, si prevede che, in aggiunta alle spese di viaggio, sia corrisposto il rimborso delle spese di vitto e di alloggio sostenute.
Evidenzia che gli oneri economici relativi alle misure previste dall'articolo 16 sono quantificati, ai sensi del comma 4, in 5,87 milioni di euro per l'anno 2019, in 6,29 milioni di euro per l'anno 2020, in 5,34 milioni di euro per l'anno 2021 ed in cifre mediamente superiori ai 5 milioni di euro per gli anni successivi, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Segnala che, nel corso dell'esame presso il Senato, è stato inserito anche l'articolo 17-bis, che fa salvi, a condizione di reciprocità, i diritti e i doveri degli studenti e dei ricercatori del Regno Unito già presenti in Italia alla data del recesso o comunque che lo saranno entro l'anno accademico 2019-2020. In particolare, rileva che la norma prevede che siano fatte salve, alle medesime condizioni di reciprocità, le qualifiche professionali riconosciute o per le quali è stato avviato il processo di riconoscimento, secondo le procedure dell'Unione europea, alla data del recesso. Si stabilisce altresì che le politiche universitarie e della ricerca nell'ambito della cooperazione bilaterale con il Regno Unito restano finalizzate all'ulteriore sviluppo delle collaborazioni esistenti tra le istituzioni universitarie e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Sottolinea che l'articolo 18 autorizza la partecipazione dell'Italia all'aumento di capitale della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) resosi necessario per sostituire il capitale sottoscritto dal Regno Unito e garantire in tal modo l'operatività, la solvibilità e il merito di credito della Banca. Ricorda che l'aumento di capitale avviene nella forma di sottoscrizione di ulteriori azioni di capitale a chiamata. A Tale riguardo, richiama la relazione illustrativa, che spiega che la perdita del capitale sottoscritto dal Regno Unito (pari a circa 39,2 miliardi di euro, equivalenti a una quota del 16 per cento del capitale totale) farebbe venir meno circa 100 miliardi di attività del portafoglio della BEI. Ciò costringerebbe la Banca a ridurre l'ammontare dei propri prestiti, attualmente pari a circa 65-70 miliardi di euro l'anno. Segnala che la riduzione dei prestiti potrebbe a sua volta causare il declassamento della Banca da parte delle agenzie di rating. Per tali motivi, la BEI ha presentato una proposta formale per la sostituzione del capitale da parte dei rimanenti Pag. 20Stati membri in modo da lasciare inalterato il capitale sottoscritto totale. Precisa che la sottoscrizione dell'aumento di capitale ammonta a 6.885.963.864 euro (comma 2) e comporta un aumento della quota di capitale dell'Italia dal 16,1 al 19,2 per cento. Ricorda che soltanto il 9 per cento del capitale totale della BEI è stato effettivamente versato dai Paesi membri, mentre la restante quota è rappresentata da capitale a chiamata. Evidenzia che il capitale effettivamente versato dal Regno Unito, pari a circa 3,5 miliardi di euro, verrà sostituito dalla Banca con le proprie riserve, mentre gli Stati membri sono chiamati a sottoscrivere la restante quota di capitale a chiamata, pari a circa 35,7 miliardi di euro.
Passando all'articolo 19, evidenzia che esso è volto a rafforzare la partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze ai negoziati condotti in ambito europeo e internazionale, tenuto conto del fatto che negli ultimi anni, anche a seguito della crisi economico-finanziaria, all'aumento del numero e della complessità dei temi oggetto di discussione non è corrisposto un adeguato potenziamento dell'organico. Segnatamente, rileva che i commi da 1 a 3 disciplinano le facoltà assunzionali del Ministero dell'economia e delle finanze connesse alla presidenza italiana del G20 nel 2021 e ai negoziati europei ed internazionali in materia economico-finanziaria, prevedendo l'assunzione, tramite apposite procedure concorsuali, fino a 30 unità di personale con alta e specifica professionalità, in aggiunta alle facoltà assunzionali già riconosciute al Ministero stesso.
Precisa che agli oneri assunzionali – pari ad euro 220.000 per l'anno 2019 e euro 1.310.000 annui a decorrere dall'anno 2020 – si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il Pubblico impiego, istituito dalla legge n. 232 del 2016, da ultimo rifinanziato con la legge di bilancio per il 2019.
Segnala che, con le modifiche introdotte al Senato, è stato modificato il comma 1 e sono stati inseriti i nuovi commi 1-bis e 1-ter. Le modifiche proposte incrementano lo stanziamento per indennità destinate al personale non dirigenziale o a quello con rapporto di impiego non privato, assegnato agli uffici di diretta collaborazione, e recano disposizioni inerenti le articolazioni periferiche degli uffici del medesimo Ministero.
Sottolinea la rilevanza del comma 4 dello stesso articolo 19, che modifica il limite di prelievo annuale per la riassegnazione delle disponibilità finanziarie di pertinenza dell'Italia esistenti sui conti speciali CEE. Tali disponibilità sono costituite dai rimborsi e dagli utili netti derivanti dalle operazioni di prestito e di investimento effettuate nell'ambito delle Convenzioni di Yaoundé e Lomé dalla BEI nei Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico a valere sulle risorse del Fondo europeo di sviluppo. Rileva che la modifica introdotta dal comma 4 prevede che sia possibile, annualmente, riassegnare una parte di tali risorse ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e utilizzarla per il finanziamento di iniziative di cooperazione allo sviluppo di tipo multilaterale e nell'ambito delle istituzioni finanziarie internazionali.
Alla luce di quanto fin qui espresso, presenta una proposta di parere favorevole (vedi allegato).
La viceministra Emanuela Claudia DEL RE si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Marta GRANDE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 12.25.
ATTI DEL GOVERNO
Martedì 7 maggio 2019. — Presidenza della presidente Marta GRANDE. – Interviene la viceministra agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re.
La seduta comincia alle 12.25.
Pag. 21Intese, raggiunte dal Governo italiano con i Paesi membri dell'Unione europea, per garantire le condizioni necessarie per l'esercizio del voto degli italiani residenti nei Paesi membri dell'Unione europea nelle elezioni per il Parlamento europeo.
Atto n. 80.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione).
La Commissione inizia l'esame dell'atto in oggetto.
Simone BILLI (Lega), relatore, nel ricordare che le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo all'estero si terranno nei giorni 24 e 25 maggio prossimi, fa presente che la legge 24 gennaio 1979, n. 18, sulla elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, è stata parzialmente novellata dal decreto-legge 24 giugno 1994, n. 408, recante «Disposizioni urgenti in materia di elezioni al Parlamento europeo», convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1994, n. 483, che – in attuazione della direttiva comunitaria n. 109 del 1993, concernente le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini – ha ribadito la possibilità per i cittadini italiani residenti o comunque presenti per motivi di studio o di lavoro negli Stati membri dell'Unione di non avvalersi del diritto di partecipare alla elezione dei rappresentanti dello Stato di residenza e di optare per la partecipazione all'elezione dei rappresentanti dell'Italia, esprimendo tuttavia il proprio voto nel Paese estero di residenza.
Segnala che, in base alla normativa vigente, per il cittadino italiano residente in altro Paese membro dell'Unione, che voglia esercitare il suo diritto di voto nel Paese europeo di residenza, si pone pertanto la seguente alternativa: a) ai sensi delle norme sulla cittadinanza dell'Unione, il cittadino residente in altro Stato membro ha la facoltà di esercitare il proprio diritto di voto nel comune di residenza. A tal fine deve presentare al sindaco di quel comune domanda di iscrizione ad apposita lista aggiunta presso lo stesso comune. In questo caso l'elettore voterà per i rappresentanti al Parlamento europeo del Paese in cui risiede; b) chi non intenda avvalersi della predetta facoltà può votare per l'elezione di rappresentanti italiani al Parlamento europeo in sezioni elettorali appositamente istituite nel Paese di residenza. Come nel passato, questa seconda facoltà riguarda anche i cittadini che si trovino in altro Stato membro per ragioni di lavoro o di studio, e che facciano pervenire nei termini stabiliti apposita domanda al consolato competente. Le intese in esame si riferiscono evidentemente solo a questa seconda ipotesi.
Osserva che l'articolo 7 della citata legge del 1979, sul procedimento elettorale prevede che: «La data e l'orario per la votazione degli elettori italiani residenti nei Paesi membri della Comunità europea, che devono possibilmente coincidere con quelli fissati per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale, nonché la data e l'orario per le conseguenti operazioni di scrutinio sono determinati, per ciascun Paese, dal Ministro dell'interno, previe intese con i Governi dei Paesi stessi che saranno assunte dal Ministero degli affari esteri. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane presso i Paesi della Comunità europea, dell'avvenuta pubblicazione del decreto di cui al primo comma e della data della votazione nei rispettivi Paesi, stabilita a norma del precedente comma, danno avviso alle comunità italiane del luogo a mezzo di manifesti da affiggere nella sede della rappresentanza nonché a mezzo degli organi di stampa e di trasmissione audiovisiva e con ogni altro idoneo mezzo di comunicazione».
Rileva che l'espressione del parere è prevista dal successivo articolo 25 della legge, ai sensi del quale il Governo, sentito il parere espresso dalle competenti Commissioni del Senato e della Camera, autorizza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a emanare un comunicato, che è allegato al Pag. 22provvedimento, attestante il raggiungimento delle intese in questione nei diversi Stati membri dell'Unione europea.
Evidenzia che per la consultazione elettorale la procedura, in verità piuttosto complessa, è dunque così articolata: il Governo italiano raggiunge intese con ciascun Paese dell'Unione e tali intese dovranno risultare da note verbali trasmesse dai singoli Governi a quello italiano; il Governo, sentito il parere espresso dalle competenti Commissioni parlamentari, accerta che si siano verificate le condizioni previste dalla legge e conseguentemente autorizza il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale a procedere alla fase successiva; il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, a seguito dell'autorizzazione ricevuta, emanerà un comunicato attestante, per ciascun Paese dell'Unione, che sono state raggiunte le intese. La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di tale comunicato è condizione necessaria all'esercizio del diritto di voto nel territorio degli altri Stati; successivamente il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, emanerà norme di attuazione delle intese citate.
Ciò premesso, sottolinea che l'esame del provvedimento in titolo avviene, dunque, con regolarità in vista di ogni elezione per il rinnovo del Parlamento europeo. In questa specifica circostanza il provvedimento riguarda le intese stipulate con 26 Paesi dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito. Ricorda che, come precisa la lettera del Sottosegretario Ricardo Merlo alla Presidenza delle due Camere ad illustrazione del provvedimento, «a seguito delle recenti evoluzioni dello scenario relativo alla Brexit e come effetto delle decisioni assunte in relazione ai nuovi termini di recesso decisi dal Consiglio europeo, la documentazione verrà integrata con ogni consentita urgenza con quella relativa al Regno Unito, dove la prevista intesa è in corso di formalizzazione». Ricorda che, con una successiva lettera del 17 aprile, lo stesso sottosegretario ha trasmesso copia delle note verbali concernenti la formalizzazione dell'intesa anche con il Regno Unito che, come noto a seguito del rinvio dei termini per l'uscita e in difformità rispetto a quanto riporta la stessa nota verbale del Foreign and Commonwealth Office del 16 aprile scorsa allegata al provvedimento, prenderà a sua volta parte alle elezioni europee. Al riguardo, evidenzia che, in caso di Brexit, i deputati europei eletti nel Regno Unito decadrebbero dalla carica e, in base alla decisione del Consiglio europeo n. 937 del 2018, tali seggi verrebbero redistribuiti tra i Paesi membri dell'Unione europea: pertanto, segnala che l'Italia guadagnerebbe tre seggi aggiuntivi al Parlamento europeo senza la necessità di indire elezioni suppletive.
In generale, osserva che le intese con gli altri Stati membri dell'Unione europea hanno lo scopo di garantire le condizioni necessarie per l'esercizio del voto degli elettori all'estero.
Sottolinea che i principi di cui tali intese devono garantire il rispetto sono: la parità dei partiti politici italiani; la libertà di riunione al fine di svolgere la campagna, quantomeno in luoghi chiusi; la libertà di propaganda elettorale in lingua italiana, attraverso radio, televisione e stampa, previ accordi con gli enti gestori; la segretezza e la libertà del voto; l'applicazione della legislazione italiana all'interno delle sezioni elettorali, la vigilanza esterna della polizia locale. Ricorda, inoltre, che deve essere garantito che nessun pregiudizio dovrà derivare per il posto di lavoro e per i diritti individuali degli elettori italiani in conseguenza della loro partecipazione alla propaganda o alle operazioni elettorali.
In merito alle intese in oggetto, segnala che, nella premessa di una accettazione generalizzata dei principi sopra citati e menzionati dalla normativa del 1979, alcuni Paesi hanno posto talune condizioni: Estonia, Germania, Lettonia, Lussemburgo, Slovacchia, Slovenia, Ungheria hanno posto limiti di carattere logistico, chiedendo che le operazioni elettorali si tengano presso i locali dell'Ambasciata, dei consolati, dei consolati onorari o, in un caso, anche presso l'istituto italiano di Pag. 23cultura. Rileva che Lussemburgo, Polonia e Portogallo si sono raccomandati che la campagna informativa sia organizzata in modo da non ingenerare nessuna confusione con quella svolta dalle autorità locali. La Danimarca ha stabilito che la campagna elettorale non è consentita prima di tre mesi dalla data delle elezioni.
Precisa che nessun Paese ha posto limiti espliciti allo svolgimento di manifestazioni pubbliche in luoghi prossimi alle sezioni o ha interdetto l'utilizzo dei media pubblici per la propaganda elettorale, come era avvenuto, invece, da parte del Belgio nelle precedenti elezioni europee. Ricorda che nella precedente elezione la Lettonia aveva acconsentito a manifestazioni e riunioni politiche soltanto previa autorizzazione, condizione oggi non più apposta da tale Paese.
Segnala, inoltre, che la comunità italiana in Svizzera non potrà partecipare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo votando in loco, pur trattandosi di Paese dichiarato partner speciale dell'UE.
Tutto ciò premesso, sottolinea l'esigenza che la Commissione esprima quanto prima il parere di competenza. Osserva, infatti, che solo una volta acquisito il predetto parere, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale potrà emettere un comunicato attestante, per ciascun Paese dell'Unione, il raggiungimento delle intese atte a garantire le condizioni necessarie per l'esercizio del diritto di voto degli italiani residenti negli Stati dell'Unione. Evidenzia che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di tale comunicato è condizione necessaria per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani negli altri Stati membri, che avrà luogo tra meno di un mese.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato propone che la Commissione esprima parere favorevole sul provvedimento in titolo.
Laura BOLDRINI (LeU) chiede chiarimenti circa la facoltà per i nostri connazionali nel Regno Unito di votare per i candidati italiani o, in alternativa, per i candidati britannici al Parlamento europeo e se da parte delle autorità locali sono previste specifiche iniziative informative rivolte ai nostri connazionali.
Simone BILLI (Lega), relatore, fa presente che i connazionali residenti nel Regno Unito ed iscritti all'AIRE possono optare se votare in loco per rappresentanti italiani o per quelli britannici.
Ivan SCALFAROTTO (PD), nel dare risposta alla collega Boldrini, segnala che i nostri connazionali iscritti all'AIRE hanno già ricevuto comunicazione dalle autorità britanniche sulle diverse modalità di voto anche rispetto alla facoltà di esercitare tale diritto rispetto a rappresentanti del Paese di origine.
Laura BOLDRINI (LeU) integra il proprio quesito chiedendo al relatore se i cittadini italiani non iscritti all'AIRE e temporaneamente residenti nel Regno Unito per motivi di studio o lavoro devono dunque rientrare in Italia per partecipare al voto.
Ivan SCALFAROTTO (PD), intervenendo nuovamente in risposta alla collega Boldrini, segnala che tali cittadini possono votare in Gran Bretagna se hanno provveduto ad avanzare richiesta presso le nostre autorità entro i termini previsti dalla normativa.
Simone BILLI (Lega), relatore, conferma a sua volta quanto rappresentato dal collega Scalfarotto.
La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.
La seduta termina alle 12.45.
SEDE REFERENTE
Martedì 7 maggio 2019. — Presidenza della presidente Marta GRANDE. – Interviene la viceministra agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re.
La seduta comincia alle 12.45.
Pag. 24Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, fatto a Trieste il 10 giugno 2011; b) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus sulla cooperazione culturale, fatto a Trieste il 10 giugno 2011.
C. 1678 Petrocelli, approvata dal Senato.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Cristian ROMANIELLO, relatore, ricorda che la Repubblica di Belarus o Bielorussia è un Paese dell'Europa orientale abitato da poco meno di dieci milioni di abitanti, privo di sbocchi al mare e stretto territorialmente fra Polonia, Lituania, Lettonia, Russia e Ucraina. Indipendente dal 1991, il Paese, guidato ininterrottamente dal 1994 dal Presidente della Repubblica Lukasenko, è l'unico fra gli Stati europei a non far parte del Consiglio d'Europa.
Segnala che Minsk, dopo aver allentato per anni i rapporti con i Paesi dell'Unione europea, è ora impegnata in un cauto percorso di riavvicinamento. Sottolinea che la stessa Unione europea, nonostante il Consiglio abbia deciso lo scorso febbraio di prorogare ancora per un anno alcune misure restrittive nei confronti dell’ex Repubblica sovietica – misure quali l'embargo sulle armi e il divieto di esportare beni utilizzabili a fini di repressione interna – ha di recente riconosciuto in documenti ufficiali i passi in avanti compiuti da Minsk per il miglioramento delle relazioni bilaterali, a partire dalla sua partecipazione proattiva al Partenariato orientale e dalla ripresa del dialogo in materia di diritti umani, ed espresso apprezzamento per il ruolo costruttivo svolto dalla Bielorussia nella regione.
Evidenzia che il testo del disegno di legge, d'iniziativa del senatore Petrocelli, ripropone, sia pure parzialmente e limitatamente ai soli due Accordi con la Bielorussia, il disegno di legge di ratifica di numerosi trattati internazionali bilaterali proposto dal Governo nel corso della XVII legislatura (A.S. 2812) che, presentato il 4 maggio 2017, fu esaminato ed approvato dalla Commissione affari esteri del Senato in data 11 ottobre 2017, senza peraltro poter vedere completato il proprio iter di esame parlamentare per la chiusura della legislatura stessa.
Rileva che i due Accordi con la Bielorussia oggetto della ratifica, rispettivamente in materia di cooperazione scientifica e tecnologica e di cooperazione culturale, sono composti ciascuno di 11 articoli, e definiscono il quadro giuridico entro cui far continuare a far crescere la collaborazione bilaterale, anche attraverso il coinvolgimento della società civile.
Osserva che il primo dei due Accordi è finalizzato a promuovere lo sviluppo della cooperazione nel campo della scienza e della tecnologia, su base paritaria e di reciproco vantaggio, nel rispetto degli obblighi internazionali dei due Paesi (articolo 1), in particolare nei settori della ricerca fondamentale ed applicata, della tecnologia industriale e dell'innovazione (articolo 3). Sottolinea che la cooperazione potrà essere attuata nelle forme dello scambio di documentazione e d'informazioni scientifico-tecnologiche, di scienziati e specialisti, nonché per la realizzazione di progetti congiunti di ricerca e progettazione, per l'organizzazione di seminari e conferenze e per il sostegno alla commercializzazione di progetti congiunti (articolo 4).
Precisa che ad una Commissione mista è affidato il compito di dare attuazione all'Accordo e di verificarne l'applicazione (articolo 7). Segnala che è, inoltre, espressamente previsto che le disposizioni dell'Accordo non debbano pregiudicare i diritti e gli impegni delle Parti derivanti da Convenzioni internazionali o, nel caso del nostro Paese, dall'appartenenza all'Unione europea (articolo 8).
Sottolinea che l'Accordo sulla cooperazione culturale è, a sua volta, finalizzato alla realizzazione di programmi ed attività comuni per il rafforzamento della cooperazione bilaterale in ambito culturale (articolo 1), che potranno assumere, tra le altre, Pag. 25le forme dell'organizzazione di manifestazioni culturali ed artistiche, della promozione di contatti tra enti ed associazioni culturali, della traduzione di opere letterarie, dell'intensificazione dei rapporti tra istituzioni museali (articolo 2).
Evidenzia il richiamo alla tutela del patrimonio culturale immateriale e nei confronti delle espressioni più vulnerabili delle differenti identità culturali, come richiesto dalle Convenzioni UNESCO del 1972, del 2003 e del 2005 (articoli 3 e 4). Osserva che il compito di coordinare e monitorare l'applicazione dell'Accordo è affidato ad una Commissione mista culturale (articolo 8).
Rileva che il progetto di legge in esame, modificato nel corso dell’iter al Senato, si compone di cinque articoli: l'articolo 1 e l'articolo 2 contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dei due Accordi italo-bielorussi in materia di cooperazione culturale e di cooperazione scientifico-tecnologica.
Segnala che l'articolo 3 riguarda la copertura finanziaria: il comma 1 autorizza la spesa di 105.000 euro per il 2019 e il 2020, e di 109.720 euro a decorrere dal 2021, per l'attuazione dell'Accordo italo-bielorusso di cooperazione scientifica e tecnologica.
Precisa che il comma 2 autorizza la spesa di 65.020 euro per il 2019 e il 2020, nonché di 67.100 euro a decorrere dal 2021, per l'attuazione dell'Accordo culturale italo-coreano.
Rileva che il comma 3 rinviene le coperture della spesa prevista per l'attuazione dei due Accordi – complessivamente 170.020 euro per il 2019 e il 2020 e 176.820 euro a decorrere dal 2021 – con corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nel bilancio triennale 2019-2021 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Auspica una rapida conclusione dell'iter di approvazione del progetto di legge in esame affinché l'implementazione della cooperazione scientifica e tecnologica possa rappresentare un tassello importante per il rafforzamento dei rapporti bilaterali.
Sottolinea che l'Italia può infatti essere considerata da Minsk un interlocutore d'importanza strategica, oltre che un punto di riferimento prezioso nel suo percorso di avvicinamento all'Unione europea.
Laura BOLDRINI (LeU) segnala alla Commissione che il più recente rapporto di Amnesty International definisce la Bielorussia un vero e proprio regime autoritario, nel quale non sono rispettati gli standard minimi dello Stato di diritto; in cui sono represse duramente le manifestazioni pacifiche di protesta; dove è stato reiteratamente vietato l'ingresso al Comitato per i diritti umani dell'ONU; dove non è riconosciuto il diritto di asilo ai rifugiati, che vengono invece espulsi senza alcuna tutela e rimpatriati in modo forzato; in cui ci sono gravi limitazioni al pluralismo politico e alla libertà di stampa, di riunione e di associazione ed è tuttora in vigore la pena capitale, che è stata applicata in un caso recente. Pertanto, pur concordando sulla opportunità di mantenere una interlocuzione con la Bielorussia, finalizzata a contribuire alle iniziative di institution building, rileva la necessità di accompagnare la ratifica degli accordi in esame con l'approvazione di un ordine del giorno in Assemblea, auspicabilmente condiviso da tutti i gruppi, che impegni il Governo a richiamare le autorità bielorusse al rispetto dei diritti fondamentali contestualmente al rilancio del dialogo bilaterale.
Ivan SCALFAROTTO (PD), associandosi alle considerazioni della collega Boldrini, ribadisce che il regime bielorusso è una dittatura conclamata, responsabile di gravi e inaccettabili violazioni dei diritti umani, sebbene anche alcuni Paesi membri dell'Unione europea destino più di qualche preoccupazione in tema di rispetto delle libertà fondamentali. L'accordo in titolo offre l'occasione per il Governo italiano per indirizzare la Bielorussia verso un percorso di avvicinamento agli standard Pag. 26del buongoverno. Si associa, dunque, alla proposta di presentare un ordine del giorno che esprima le preoccupazioni e le richieste dell'Italia al Governo bielorusso in materia di rispetto dello Stato di diritto.
Cristian ROMANIELLO, relatore, ricorda che l'Unione europea, pur avendo prorogato alcune misure restrittive nei riguardi della Bielorussia sulla base delle violazioni riscontrate in materia di diritti umani, ha dato atto di alcuni progressi maturati da tale Paese in questo ambito. Si riserva, pertanto, di valutare la proposta dei colleghi Boldrini e Scalfarotto sulla presentazione di un ordine del giorno condiviso.
La viceministra Emanuela Claudia DEL RE, evidenziando che in politica estera, a fronte di palesi violazioni dello Stato di diritto, si può decidere di cessare ogni interlocuzione con gli Stati in questione in nome dei valori delle democrazie liberali oppure di impostare un dialogo volto a promuovere gradualmente l'adesione a tali valori, dichiara la propria personale propensione verso questo secondo approccio, da applicare anche nei riguardi della Bielorussia, in cui certamente si registrano delle criticità.
Vito COMENCINI (Lega) esprime riserve sulle considerazioni della collega Boldrini circa l'assenza, in Bielorussia, di tutele per i richiedenti asilo, dal momento che il Paese ospita molti profughi ucraini sfollati dalla regione ucraina del Donbass.
Laura BOLDRINI (LeU) ribadisce che i suoi rilievi si basano su un rapporto di Amnesty International fondato su dati ed informazioni oggettive e che documenta in Bielorussia l'assenza di una specifica normativa che disciplini la procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Tale carenza è confermata da taluni episodi di rimpatrio forzato a danno di cittadini ceceni.
Vito COMENCINI (Lega) precisa che fornirà un'apposita documentazione che attesta l'accoglienza in Bielorussia di profughi ucraini, di cui evidentemente il rapporto di Amnesty International non tiene conto.
Laura BOLDRINI (LeU) precisa a sua volta che il riconoscimento della protezione internazionale implica l'adesione alla Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo statuto dei rifugiati e l'adozione di una conforme legislazione interna atta a disciplinare i profili procedurali. La Bielorussia, come numerosi altri Paesi, non presenta nessuno dei due requisiti ma ciò non esclude che possa ospitare sul proprio territorio stranieri in fuga da altri Paesi ai quali però non può riconoscere lo status internazionale di rifugiato.
Marta GRANDE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che si intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo in materia di cooperazione culturale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Corea, fatto a Roma il 21 ottobre 2005; b) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Corea in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, con Annesso, fatto a Roma il 16 febbraio 2007.
C. 1679 Petrocelli, approvata dal Senato.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Vito COMENCINI, relatore, ricorda che il progetto di legge in esame, d'iniziativa parlamentare, ripropone, sia pure parzialmente e limitatamente ai soli due accordi con la Corea del Sud, un progetto di legge (l'A.S. 2813) che – presentato nel corso della XVII legislatura ed esaminato dalla Commissione Affari esteri del Senato il 28 Pag. 27giugno 2017 – non poté vedere completato il proprio iter parlamentare per la chiusura della legislatura stessa. Segnala che nelle legislature XV e XVI non erano mancati peraltro mancati analoghi provvedimenti finalizzati ad autorizzare le ratifiche degli accordi in oggetto il cui iter tuttavia non si era concluso.
Osserva che gli Accordi in via di ratifica sono finalizzati a definire la cornice giuridica entro cui far crescere la già ottima collaborazione fra Italia e Corea del Sud nei settori delle arti, della cultura, dell'istruzione, della scienza e della tecnologia.
Rileva, in particolare, che con il primo dei due testi, quello sulla cooperazione culturale, che si compone di 22 articoli, le Parti esprimono il comune auspicio a voler promuovere la cooperazione, bilaterale e multilaterale, nei settori delle arti, della cultura, dell'istruzione, del patrimonio culturale ed archeologico, dei giovani e dello sport (articoli 1 e 2).
Evidenzia che l'Accordo prevede l'adozione d'iniziative finalizzate ad incoraggiare l'insegnamento delle rispettive lingue nei due territori, nonché ad agevolarne lo studio (articolo 3), a promuovere lo scambio di documenti ed esperti (articolo 4), le collaborazioni universitarie e quelle fra gli enti governativi competenti in materia di spettacolo e cultura (articoli 6-7). Sottolinea la rilevanza anche delle previsioni relative allo sviluppo della cooperazione diretta fra musei ed istituzioni archeologiche (articolo 11), all'assegnazione di apposite borse di studio per studenti e insegnanti (articolo 13) e finalizzate a prevenire e a eliminare il traffico illegale di opere d'arte (articolo 14). Segnala che il testo prevede inoltre l'istituzione di una Commissione mista preposta all'attuazione delle misure del Trattato (articolo 19).
Sottolinea che l'Accordo in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, composto di 11 articoli e di un annesso sulla proprietà intellettuale, è finalizzato a superare un precedente Trattato bilaterale di settore risalente al 1984, e a promuovere lo sviluppo della collaborazione scientifica e tecnologica nei settori di mutuo interesse (articolo 1), sia sul piano bilaterale – in particolare mediante la stipula di specifici accordi fra Ministeri, istituzioni, università e centri di ricerca coinvolti nella ricerca scientifica e nell'innovazione tecnologica (articolo 2) – che su quello multilaterale (articolo 3).
Rileva che tra i settori prioritari individuati per la collaborazione, vengono indicati – fra gli altri – quelli della fisica, della chimica, dell'energia, delle telecomunicazioni, delle nanotecnologie, dell'agricoltura, dell'industria alimentare, dell'ingegneria elettronica e civile, e dei trasporti (articolo 4). Osserva che tra le attività di cooperazione il testo annovera lo scambio di esperti e di informazioni, l'organizzazione congiunta di seminari, la realizzazione di progetti congiunti di ricerca e formazione e l'erogazione di borse di studio (articolo 5).
Segnala che il testo prevede, inoltre, un sostegno specifico alle attività di cooperazione da parte dei rispettivi Governi, sia pure nei limiti delle disponibilità dei fondi (articolo 6) e l'impegno per una tutela della proprietà intellettuale (articolo 7), nei termini specificati dall'annesso all'Accordo medesimo. Evidenzia che è affidato ad una Commissione mista il compito di dare attuazione all'Accordo e di verificarne l'applicazione (articolo 8).
Sottolinea che il disegno di legge, modificato nel corso dell’iter al Senato, si compone di cinque articoli: l'articolo 1 e l'articolo 2 contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dei due Accordi italo-coreani in materia di cooperazione culturale e di cooperazione scientifico-tecnologica.
Osserva che l'articolo 3 riguarda la copertura finanziaria: il comma 1 autorizza la spesa di 180.000 euro per il 2019 e il 2020, e di 190.450 euro a decorrere dal 2021, per l'attuazione dell'Accordo culturale italo-coreano. Il comma 2 autorizza la spesa di 610.000 euro per il 2019 e il 2020, nonché di 624.720 euro a decorrere dal 2021, per l'attuazione dell'Accordo Italo-coreano di cooperazione scientifica e tecnologica.
Conclusivamente, sottolinea come la Corea rappresenti oggi uno dei leader Pag. 28mondiali in questo settore e quindi è grande l'attenzione che il Governo coreano dà agli investimenti e alla ricerca sull'innovazione tecnologica, con l'obiettivo di far parte dei dieci Paesi leader in tale ambito.
Ritiene importante che l'Italia, che intende porsi in una posizione strategica in estremo Oriente, profilandosi sempre di più come Paese capace di produrre eccellenze tecnologiche e di stabilire sinergie con Stati partner particolarmente avanzati, veda la Corea del Sud come interlocutore privilegiato.
La viceministra Emanuela Claudia DEL RE si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Marta GRANDE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che si intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, con Allegato, fatta a Dublino il 27 settembre 1996.
C. 1797 Governo.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Pino CABRAS (M5S), relatore, ricorda che la Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, con Allegato, fatta a Dublino il 27 settembre 1996, è volta a realizzare la collaborazione tra gli Stati membri dell'Unione europea in materia di estradizione.
Sottolinea che l'obiettivo è migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda sia il perseguimento dei reati sia l'esecuzione delle condanne, tenuto conto che è interesse comune degli Stati membri assicurare che le procedure di estradizione funzionino in maniera rapida ed efficace.
Segnala che, adottata dal Consiglio il 27 settembre 1996, la Convenzione è stata firmata lo stesso giorno, a Dublino, dagli Stati membri dell'UE. Rileva che si tratta della seconda convenzione adottata in materia di estradizione dall'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea. Osserva che la prima convenzione, firmata a Bruxelles il 10 marzo 1995 e vertente sull'istituzione di una procedura semplificata di estradizione, non è stata ratificata dall'Italia.
Come sottolineato nella relazione illustrativa che correda il provvedimento in esame, evidenzia che le Convenzioni di Bruxelles e di Dublino impegnano soltanto gli Stati appartenenti all'Unione europea, a differenza di quanto avviene maggior parte degli accordi conclusi nell'ambito del Consiglio d'Europa, che invece ammettono l'adesione di Stati esterni al Consiglio stesso.
Rileva che la Convenzione in esame è volta, infatti, a completare e migliorare il funzionamento di due convenzioni concluse a suo tempo nell'ambito del Consiglio d'Europa: si tratta, in particolare, della Convenzione europea di estradizione del 1957 e anche della Convenzione europea per la repressione del terrorismo del 1977.
Precisa che la Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, è in vigore a livello internazionale dal 18 aprile 1960. Ricorda che l'Italia ha proceduto alla ratifica – con talune riserve – ai sensi della legge n. 300/1963. Osserva che la Convenzione prevede l'estradizione, tra le Parti, di persone sottoposte a procedimenti penali o che devono eseguire una pena e che essa non è applicabile ai reati considerati politici ed ai reati militari, ed ogni Parte può rifiutare l'estradizione dei propri cittadini. Sottolinea che, in materia fiscale, l'estradizione è accordata unicamente per quei reati o per quelle categorie di reati che le Parti avranno indicato. Evidenzia che l'estradizione può essere rifiutata anche Pag. 29quando la persona richiesta rischia la condanna a morte nello Stato richiedente. Ricorda che alla Convenzione hanno aderito, oltre agli Stati membri del Consiglio d'Europa, anche Israele, Sudafrica e Repubblica di Corea.
Segnala che la Convenzione europea per la repressione del terrorismo, firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1977 ed in vigore dal 4 agosto 1978, è stata ratificata – con riserva – da parte dell'Italia con la legge n. 719/1985.
Osserva che, ai fini della realizzazione degli obiettivi dell'Unione, come precisato nella relazione illustrativa, gli Stati membri considerano il miglioramento delle procedure di estradizione una questione d'interesse comune «che rientra nella cooperazione prevista dal titolo VI del Trattato sull'Unione europea (nella forma vigente alla data della stipulazione della Convenzione) e segnatamente dall'articolo K.3, paragrafo 2, lettera c)».
Sottolinea che la Convenzione di Dublino nasce dalla decisione degli Stati membri dell'Unione europea di considerare l'estradizione una questione di interesse comune – che rientra nella cooperazione prevista dal titolo V della parte terza del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) – e di considerare necessario, inoltre, integrare la disciplina prevista dalla Convenzione europea di estradizione di Parigi del 1957.
Con riferimento al contenuto, evidenzia che la Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, con Allegato, fatta a Dublino il 27 settembre 1996 consta di 20 articoli preceduti da un preambolo.
Segnala la rilevanza, in particolare, degli articoli 5, in forza del quale nessun reato può essere considerato dallo Stato membro richiesto, ai fini dell'applicazione della Convenzione, come un reato politico, un fatto connesso con un reato politico, ovvero un reato determinato da motivi politici, e dell'articolo 7 che detta la disciplina dell'estradizione dei nazionali.
Rileva che la domanda di estradizione non può essere rifiutata per il fatto che l'estradando è cittadino dello Stato membro richiesto, come invece previsto dall'articolo 6, lettera a) della Convenzione europea di estradizione.
Osserva che l'articolo 8 dispone che l'estradizione non possa essere rifiutata per il motivo che secondo la legge dello Stato membro richiesto l'azione penale o la pena sono prescritte. È espressamente previsto che lo Stato membro richiesto abbia la facoltà di non applicare tale disposizione quando la domanda di estradizione è basata sui fatti che, secondo la sua legge penale, rientrano nella giurisdizione del medesimo Stato membro.
Sottolinea che il disegno di legge di ratifica – già presentato nel corso della XIII e della XIV legislatura senza che ne venisse ultimato l’iter di approvazione – si compone di quattro articoli.
Segnala che gli articoli 1 e 2 del disegno di legge recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e il relativo ordine di esecuzione della Convenzione di Dublino.
Rileva che l'articolo 3 contiene le disposizioni finanziarie e stabilisce che agli oneri derivanti dalle disposizioni della Convenzione, valutati in euro 15.231 annui a decorrere dal 2019 per spese di missione ed euro 4.000 annui a decorrere dalla medesima annualità per altre spese, si provveda mediante riduzione dello stanziamento di fondo speciale di parte corrente iscritto nel programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Conclusivamente, sottolinea che la Convenzione in esame pone il condivisibile obiettivo di ampliare lo spazio giudiziario europeo, garantendo una più ampia collaborazione rispetto a quella tradizionalmente offerta agli Stati con i quali esistono rapporti di cooperazione internazionale.
Laura BOLDRINI (LeU) chiede chiarimenti sull'utilità di ratificare un accordo così risalente nel tempo.
Pag. 30Pino CABRAS (M5S), relatore, precisa che la ratifica di tale accordo, inserendosi nel processo di integrazione europea in materia di cooperazione giudiziaria, contribuisce ad assicurare la necessaria coerenza alle procedure di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea, ad oggi non del tutto assicurata.
La viceministra Emanuela Claudia DEL RE ribadisce che l'accordo è essenziale per migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale relativa ai reati, in particolare quelli connessi al terrorismo, commessi prima dell'introduzione del mandato di arresto europeo, in vigore dal 1o gennaio 2004.
Laura BOLDRINI (LeU) ringrazia la viceministra Del Re per l'esaustivo chiarimento.
Marta GRANDE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che si intende si sia rinunciato al termine per la presentazione degli emendamenti e che il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.10.
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