CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 febbraio 2019
149.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Istituzione di Comitati (ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 agosto 2018, n. 99).

Regime degli atti. (On. SALAFIA – M5S)

  Ai sensi dell'articolo 3 e dell'articolo 5, comma 2 della legge n. 99 del 7 agosto 2018, il Comitato provvede a garantire il regime di segretezza a modificare l'ostensibilità e a curare la conservazione e trasmissione degli atti dell'inchiesta parlamentare.
  Il comitato esercita le proprie attribuzioni anche con riferimento ai procedimenti relativi alla fase di stralcio e in base alle disposizioni previste dai Regolamenti approvati dalla Commissione d'inchiesta.

Rapporti tra mafie e potere politico: la trattativa Stato mafia; l'attacco alle istituzioni e la stagione delle stragi e dei depistaggi; le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione (Sen. GIARRUSSO – M5S)

  Il Comitato conduce l'analisi delle modalità di condizionamento che la criminalità organizzata riesce a dispiegare nei riguardi del mondo politico inteso in senso largo.
  In particolare, muovendo, dalle pronunce giurisdizionali emesse con riguardo alla trattativa Stato mafia e al depistaggio sulla strage di Via d'Amelio, svolge:
   la ricostruzione storica del contesto politico e istituzionale nel quale sono maturati tali eventi;
   l'analisi della strategia mafiosa;
   l'individuazione delle cosiddette «menti raffinatissime» e descrizione degli effetti dei disegni criminali sulle istituzioni;
   l'indagine sulla fine della guida di Totò Riina, sull'ascesa di Provenzano e sull'egemonia della ’ndrangheta successiva alle stragi;
   l'indagine sui depistaggi e sulle infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni e nel complesso delle istituzioni repubblicane.

Influenza e controllo criminali sulle attività connesse al gioco nelle sue varie forme. (Sen. ENDRIZZI – M5S)

  Il Comitato provvede a valutare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti provento delle attività della criminalità organizzata mafiosa o similare, con particolare attenzione al sistema lecito e illecito del gioco e delle scommesse, verificando l'adeguatezza degli accordi internazionali, nonché dell'assistenza e della cooperazione giudiziaria.
  Attività delle mafie di origine straniera sul territorio italiano, loro rapporti con le mafie autoctone, nonché internazionalizzazione delle attività criminali. (On. Andrea DARA – Lega – Salvini Premier)
  Ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 7 agosto 2018, n. 99, il Comitato provvede a valutare l'insediamento sul territorio nazionale nonché le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle specificità di ciascuna struttura mafiosa, con particolare riguardo alle mafie nigeriana e slava, e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto.

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Permeabilità delle procedure di appalto ed evidenza pubblica alla infiltrazione delle associazioni criminali. (On. BARTOLOZZI – Forza Italia)

  Il Comitato provvede ad istruire i lavori della Commissione sulle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti e sulle modalità di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali e accertare le modalità di difesa dai condizionamenti mafiosi del sistema degli appalti e dei contratti pubblici disciplinato dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni. La competenza del Comitato si estende alla totalità delle procedure ad evidenza pubblica, ivi compresi i concorsi per il reclutamento e la realizzazione delle opere pubbliche.

  Il Comitato si occupa altresì del sistema delle misure di prevenzione volte a limitare la capacità di concorrere all'aggiudicazione, e dei loro effetti sul buon andamento dei procedimenti ad evidenza pubblica.

Comitato per l'analisi delle procedure di gestione dei beni confiscati e sequestrati. (On. Erik Umberto PRETTO – Lega – Salvini Premier)

  Il Comitato provvede a verificare l'adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle più efficaci.

X. Analisi dei programmi e dei procedimenti di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. (On. Piera AIELLO – M5S)

  Il Comitato provvede a verificare l'attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni e integrazioni, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, indicando le iniziative di carattere normativo o amministrativo necessarie per rafforzarne l'efficacia e la tutela.

Comitato per l'infiltrazione criminale nell'ambito del sistema di assistenza sanitaria pubblico e privato. (Sen. STANCANELLI – Fratelli d'Italia)

  Il Comitato si occupa delle modalità con le quali la criminalità organizzata si infiltra e interferisce con il sistema di gestione della sanità pubblica e privata nelle varie realtà territoriali, ivi compreso l'eventuale rischio connesso al traffico di influenze nelle procedure di selezione dei vertici delle Aziende Sanitarie Locali.

Intimidazioni e condizionamenti mafiosi nel mondo del giornalismo e dell'informazione. (On. VERINI – PD)

  Ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2018, n. 99, il Comitato provvede a programmare un'attività volta a monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti, nonché alle conseguenze sulla qualità complessiva dell'informazione, e indicare eventuali iniziative che ritenga opportune per adeguare la normativa in materia, conformandola ai livelli europei con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto-dovere di informare, anche al fine di favorire l'emersione del lavoro non contrattualizzato e di contrastare normativamente le querele temerarie.

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ALLEGATO 2

Indirizzi dell'inchiesta parlamentare sul fenomeno delle mafie nella XVIII Legislatura.

  1. Sul metodo dell'inchiesta: continuità e novità. – 2. La dimensione economica e finanziaria – 3. Le mafie straniere – 4. Le mafie subdole: le zone grigie e i rapporti con la politica e con la massoneria, l'infiltrazione nella Pubblica amministrazione e il controllo dei centri di spesa – 5. La diffusività e la fine della localizzazione – 6. Gli strumenti e gli istituti del contrasto – 7. Mafia nello sport e nel mondo dell'informazione. – 8. Azzardopatia e nuove dipendenze: le mafie infiltrate. – 9. Prevenzione e cultura antimafia. – 10. Su alcune questioni di particolare rilievo in tema di controllo sulle liste elettorali, gestione dei beni oggetto di sequestro e confisca, nonché rapporti con le Commissioni e gli Osservatori regionali sulla criminalità organizzata.

  Sul metodo dell'inchiesta: continuità e novità.

  Il presente documento, sulla scorta delle disposizioni contenute nella legge istitutiva (legge del 7 agosto 2018 n. 99), e della disciplina contenuta nel regolamento interno di cui l'inchiesta si è dotata, individua gli indirizzi di metodo e di merito con cui saranno sviluppate, nel corso della legislatura, le attività di indagine e conoscitive. Tali linee di indirizzo non possono non tener conto dell'approfondito lavoro svolto dalla Commissione inquirente costituita nella XVII legislatura. In una logica di continuità e di approfondimento ulteriore, la Commissione dovrà tenere conto delle sopravvenute novità che segnano tanto il panorama delle consorterie criminali operanti sul territorio nazionale, quanto le rilevanti questioni poste dalle recenti novelle legislative in punto di contrasto alle mafie e dalle emergenze manifestatesi nel corso delle ultime settimane del 2018. D'altronde, nel recente passato, ombre assai gravi hanno macchiato l'immagine delle istituzioni rappresentative, ovvero il modello di reazione e contrasto che lo Stato deve offrire sempre e comunque. Ne discende, tra l'altro, l'esigenza della Commissione di definire gli obiettivi, con consenso il più possibile esteso, nonché i metodi di lavoro.
  Forti di questa consapevolezza, occorre procedere, muovendo dal lavoro svolto dalle precedenti Commissioni. Sarebbe irrazionale partire ex novo o ex nihilo, come se le inchieste precedenti non avessero lasciato un'eredità profonda e matura. Tra i primi atti della Commissione nella XVIII Legislatura, si è quindi collocato, come da tradizione ormai consolidata, l'acquisizione degli archivi prodotti dalle Commissioni antimafia delle precedenti legislature, nonché l'adozione di una delibera riguardante gli atti e i documenti prodotti e acquisiti dalla Commissione, sulla cui applicazione è chiamato a vigilare un collegio appositamente istituito, il I Comitato sul regime degli atti e dei documenti.
  La coscienza e la scelta di conferire continuità ad una tradizione di contrasto, che è stata avviata dal Parlamento decenni or sono, deve pertanto fare da guida. Fu infatti dagli inizi degli anni Sessanta che si comprese come di mafia, si dovesse innanzitutto parlare funditus, anche promuovendo, in sede parlamentare, una Commissione speciale dotata dei poteri previsti dall'articolo 82 della Costituzione. Ciò, al fine di combattere un fenomeno che, all'epoca, poteva ancora essere circoscritto in zone del Paese vaste e pur tuttavia limitate. Oggi, la natura dell'agire della criminalità organizzata ha assunto contorni ben diversi, segnati da fenomeni Pag. 34di camaleontica trasformazione, di adattamento e camuffamento, di fungibilità di modelli e di paradigmi criminali.
  Sulla scorta di questa consapevolezza e memori del lavoro che è stato avviato da chi ci ha preceduto, è indispensabile concorrere ad innovare. Ad imporlo è, tra l'altro, la legge istitutiva, che ha recepito le novità determinate dai lavori pregressi. Vi è poi l'occasione per costruire strumenti ed istituti sempre più efficaci per poter combattere e sconfiggere un fenomeno criminale complesso che nessun cittadino italiano può più tollerare.
  Sul piano operativo dell'ordine dei lavori d'inchiesta è certamente da accogliere la proposta, da più parti avanzata, di assicurare una costante e diffusa presenza della Commissione d'inchiesta sul territorio nazionale, programmando visite in ciascuno dei distretti delle Corti d'Appello, così da poter osservare tutti i frammenti del complesso mosaico delle mafie in costante trasformazione. Nel corso di tali visite, peraltro, sembra opportuno sviluppare un rapporto permanente con le Commissioni e gli Osservatori attivi nelle singole regioni, così introducendo direttamente uno dei possibili livelli di cooperazione permanente, per la cui analisi si rimanda al paragrafo 10 del presente documento.

  La dimensione economica e finanziaria.

  La propensione di queste realtà criminali a modificare incessantemente le forme con cui si manifestano, preserva la tendenza alla sostituzione dello Stato di diritto. È stato Giovanni Falcone a coniare la definizione di «raffinatissime menti» per indicare le intelligenze criminali che orientano le azioni della mafia, anche in collegamento con altri centri occulti di potere, e che hanno, nel tempo, dimostrato una straordinaria capacità di adattamento alla realtà, pur di imporre il loro volere, pur di far strame del diritto e dell'ordine della Repubblica. Si tratta, allora, di alimentare un contrasto, un conflitto corredato di strumenti di indagine e di azione variegati ed efficaci.
  Le mafie sono realtà proteiformi; incessantemente si sfaldano e si ricostituiscono con una micidiale capacità di riagglomerarsi per esplicitare la loro virulenza antidemocratica. Dove vi è intimidazione, dove vi è associazione al fine di assoggettare e asservire, emerge la volontà di riconsegnare la cittadinanza ad un ruolo di oppressi che abbiamo dismesso quando siamo diventati Repubblica. Nello Stato democratico pluralista, si è tutti uguali davanti alla legge; se alcune zone del territorio sono controllate da organizzazioni mafiose, si è invece sudditi.
  Che cosa ha dimostrato la realtà di questi ultimi anni e dei decenni trascorsi ? Che sempre, come riteneva Falcone, è efficace l'indicazione metodologica di «seguire i soldi», cioè lo strumento con cui si fa provvista di ulteriori mezzi di morte, di violenza, di predazione, per assoggettare al controllo di pochi le volontà di tanti. Negli anni Settanta e negli anni Ottanta, anche memori di una certa iconologia, il mafioso veniva rappresentato con la coppola in testa e con la lupara in spalla; ma quella appare oggi alla stregua della fase dell'homo di Neanderthal. Adesso l'homo è sapiens sapiens; vi è stata una esponenziale evoluzione. Qualcuno ricorderà, tra le intercettazioni consegnate alla stampa a seguito di una recente inchiesta coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, le affermazioni di un esponente della criminalità organizzata pugliese, che si vantava di reclutare i propri adepti all'interno delle migliori università mondiali, lì dove si acquisiscono competenze straordinariamente elevate in ambito informatico e finanziario.
  I termini «soldi e denaro», un tempo, ci inducevano a pensare all'economia reale; ora l'economia reale è stata vicariata, sovrastata dalla dimensione della finanza. Tutto questo implica, tra l'altro, l'opportunità di istituire il III. Comitato su criminalità organizzata e attività economiche, con particolare riguardo alla capacità di penetrazione nei settori dell'economia legale.
  Non di rado, le organizzazioni criminali di stampo mafioso vengono indicate al Pag. 35centro di attività meschine e gravissime: su tutte l'attività di usura. Altrettanto spesso si capisce che l'usura è resa possibile da funzionari sleali, infedeli e disonesti che prestano servizio presso un istituto di credito su piazza; questi indicano, nel soggetto debole, la persona suscettibile di diventare vittima delle pratiche criminali e ricattatorie. È questo il tema dell'individuazione dei soggetti fragili da parte delle forze mafiose; il profittamento ricattatorio muove, spesso, dal degrado sociale, dal malessere economico che confina verso il margine intere famiglie. Tutto ciò lascia intendere come l'attività del credito, pubblicamente normata, sottoposta al controllo di un organo di vigilanza, ha prestato spesso il fianco ad attività criminali e mafiose, che hanno permesso a tanti di lucrare sulle difficoltà di altri.
  Se è vero che il fenomeno dell'infiltrazione nelle economie del Paese ha in parte obliterato la tradizionale distinzione fra Sud e Nord, è altrettanto importante cogliere un altro passaggio: a fronte dell'apertura dei mercati dei capitali, oltre che dei beni, delle persone e di chi lavora, si impone anche l'esigenza di comprendere le dinamiche di internazionalizzazione delle economie mafiose. Le recenti operazioni coordinate dalla Direzione nazionale antimafia ed estese anche a vari altri paesi stranieri (Olanda, Belgio, Germania, paesi dell'America centrale e meridionale), oltre a rendere urgente l'audizione dei procuratori Cafiero De Raho e Bombardieri, hanno imposto con forza il tema dell'internazionalizzazione. La questione dell'aggressione ai patrimoni dei mafiosi implica ragionare di diritto internazionale e di necessità con cui compulsare altre legislazioni, altre autorità nazionali affinché convergano al fine di permettere che ciò che è stato trasferito all'estero possa essere compiutamente aggredito come giustizia pretende. Le Direzioni distrettuali antimafia hanno accertato, infatti, la capacità predatoria di accaparrare in alcuni territori trasferendo poi in altri, ove la legislazione vigente permette una sorta di blindatura che dobbiamo concorrere ad indebolire. Vi sono, dunque, problemi di diritto internazionale pubblico e privato, di forum shopping, di spiazzamento criminale.
  Tutto questo implica ancora che si dovrà istituire un rapporto fecondo, propositivo di collaborazione reciproca con quei mondi professionali e anche, quindi, con gli ordini che più facilmente possono aver percezione di fenomeni di cui la nostra Repubblica non ammette la sopravvivenza. Come è stato dimostrato a seguito di inchieste fruttuose, certe operazioni finanziarie o bancarie non vengono svolte da un pastore di Corleone o di San Luca, come vorrebbe una mitologia che dobbiamo abbandonare definitivamente.
  È opportuno prendere consapevolezza che in termini di realtà costruite sul vincolo associativo, come prima la Commissione guidata dal presidente Forgione e poi la Commissione guidata dalla Presidente Bindi hanno sottolineato, la mafia siciliana è stata in qualche modo superata – e non è un bel primato – dalla ’ndrangheta. Tanti hanno sottolineato come in questa Commissione, nello stesso Ufficio di Presidenza, seggano tre parlamentari eletti in collegi calabresi. Se questa è una presa di coscienza della necessità di intensificare l'impegno contro la ’ndrangheta, si tratta di un segnale positivo. Tale organizzazione criminale – come ci hanno insegnato tutti coloro che si sono spesi contro tale realtà – è capace di movimentare, in termini di fatturato annuo, oltre cinquanta miliardi di euro: sono cifre enormi, insopportabili se si considera che sono gestite da chi promuove la cultura dell'anti-Stato. Per questo la Commissione ha deciso di istituire il XIX. Comitato su modalità organizzative e capacità espansive della ’ndrangheta e si è riproposta di considerare, anche ai fini della scelta dei consulenti o collaboratori a tempo pieno, di prediligere una competenza, oltre che un'esperienza, costruita sul fenomeno a seguito di anni e anni di ricerche, analisi e studi volti al contrasto della criminalità organizzata calabrese. Affinché l'attività di contrasto possa incidere nella valorizzazione e nel recupero dei territori, al livello di tessuto economico ed imprenditoriale, è inoltre opportuno concentrare Pag. 36l'attenzione sul tema della gestione dei patrimoni sequestrati e confiscati. A tal riguardo si fa rinvio a quanto sviluppato nel paragrafo 10.
  Le infiltrazioni nell'ambito dell'economia legale sono rese possibili anche da altri fattori che meritano attenzione e cura autonoma. Spicca, tra questi, la questione mondo del lavoro e della capacità delle organizzazioni criminali di creare o di controllare, anche in relazione alle dinamiche dell'immigrazione clandestina, vaste aree di sfruttamento illegale della manodopera, traendone profitti illeciti e servendosene in termini di reclutamento di manovalanza criminale. Di tutto questo si occuperà il XVI. Comitato su mafie e controllo del mondo del lavoro nonché sfruttamento della manodopera anche mediante il caporalato.

  Le mafie straniere.

  L'Italia è divenuta meta di immigrazione di massa e pertanto è doveroso anche che la Commissione si interessi – e dovutamente – delle cosiddette mafie straniere, che iniziano ad essere realtà non più appendicolari, non più capaci soltanto di subappaltare ruoli e funzioni che la malavita organizzata autoctona demanda e commissaria. Vi sono contesti in cui nuove formazioni criminali si rivelano capaci di lottare per il primato sul territorio. Le tradizioni culturali, capaci di far gemmare anche esperienze criminali, dovranno essere quindi sottoposte ad un'attenta analisi, sulla scorta dei lavori istruttori che saranno svolti dal V. Comitato sull'attività delle mafie di origine straniera sul territorio italiano, loro rapporti con le mafie autoctone, nonché internazionalizzazione delle attività criminali, appositamente istituito dalla Commissione.
  Come sottolineato nell'Ufficio di Presidenza, tutto questo dovrà essere declinato nella necessità, per la stessa Commissione, di dotarsi di strumenti che rendano accessibile l'informazione, quali ad esempio i servizi di interpretariato dei quali si è spesso verificata la carenza in passato.
  Senza tralasciare le mafie ghanesi, le mafie albanesi, le mafie russe, le mafie ecuadoriane, le mafie argentine, una particolare attenzione dovrà essere riservata alle mafie cinesi. Si tratta di una realtà contraddistinta da una terza generazione di individui a cui non difettano la capacità imprenditoriale di carattere criminale, né la forza per raggiungere il livello dei cosiddetti «colletti bianchi». Il procuratore Gratteri ha recentemente lanciato un monito sulla mafia albanese, che ha esteso sempre più il proprio controllo sul mercato delle sostanze stupefacenti. Sul piano del metodo, occorre ribadire – in accordo con quanto affermato da senatori e deputati intervenuti nel dibattito preliminare a queste linee di indirizzo – che è indispensabile puntare l'attenzione sui fenomeni di delega criminale e in generale sui rapporti di specializzazione e conferimento che legano le mafie tradizionali con i nuclei di quelle straniere già attive sul territorio nazionale.
  Un'attenzione particolare dovrà essere dedicata alla mafia nigeriana, strutturata anche in trame associative differenziate, e a quanto recentemente emerso in seguito alle inchieste sul traffico di organi che tali organizzazioni gestiscono operando anche in alcune aree della Campania. L'approfondimento di questo tema è stato affidato al XVIII. Comitato su organizzazioni criminali, tratta di esseri umani e traffico di organi.

  Le mafie subdole: le zone grigie e i rapporti con la politica e con la Massoneria, l'infiltrazione nella pubblica amministrazione e il controllo dei centri di spesa.

  Tale egemonia è segno, peraltro, che le mafie non sono più soltanto quelle del «pizzo», del racket, dell'estorsione, del controllo delle piazze di spaccio. Come si è detto, le mafie si sono evolute attraverso il contributo di intelligenze assai fini, trasformandosi in quelle che sono state definite «le mafie della zona grigia» o «dei colletti bianchi».
  Come di recente ha sottolineato Papa Bergoglio – e come le motivazioni della sentenza di secondo grado per il processo di «Mafia Capitale» hanno ulteriormente Pag. 37precisato – le mafie, oltre al vincolo associativo e al di là della forza dell'intimidazione, ricorrono sempre più spesso alla pratica della corruttela. Dai contributi e dalle sollecitazioni provenienti dai componenti della Commissione, è emersa l'esigenza di inquadrare il lavoro istruttorio sui rapporti tra mafie e politica in un'ottica che, senza tralasciare la prospettiva storica privilegiata nelle precedenti legislature, guardi con attenzione anche alle nuove forme di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle istituzioni democratiche: per questo è stato istituito il II. Comitato sui rapporti tra mafie e potere politico: la trattativa Stato mafia; l'attacco alle istituzioni e la stagione delle stragi e dei depistaggi; le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione. Si salda così un nesso che fonda il dovere di perseguire forme di corruzione di pubblici ufficiali e, in generale, i reati contro la pubblica amministrazione. Pertanto, è ineludibile esplorare un mondo in cui l'infiltrazione negli enti locali è quotidiana. Ad oggi, i Consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa risultano, per il 2018, ben 23, e si può errare solo per difetto. Con il potere d'impulso, si impone l'esigenza di sollecitare il Parlamento a ripensare l'istituto dello scioglimento, specie a seguito della reiterazione di dissoluzioni di consigli comunali, che sono poi approdate, al termine del procedimento previsto dalla legge, alla rielezione degli stessi personaggi che erano stati rimossi in un primo tempo. Il lavoro istruttorio su questo tema sarà assegnato al VII. Comitato sulle procedure di scioglimento dei consigli e dei collegi elettivi, con particolare riguardo agli effetti di lungo periodo delle applicazioni reiterate dell'istituto dissolutorio.
  Come ulteriori indagini hanno dimostrato, si apre anche lo scenario, impegnativo ed inquietante al tempo stesso, dei rapporti con la Massoneria. La Commissione, non potendo esimersi dall'approfondire il tema, ha provveduto ad istituire il XII. Comitato sui rapporti tra criminalità organizzata e logge massoniche.
  Non si può poi ignorare che l'infiltrazione è votata principalmente a prendere il controllo di centri di spesa. Ciò significa che il monitoraggio del settore degli appalti pubblici è un aspetto fondamentale del contrasto alla criminalità mafiosa che la Commissione non può trascurare. È stato pertanto istituito il VI. Comitato sulla permeabilità delle procedure di appalto ed evidenza pubblica alla infiltrazione delle associazioni criminali.
  Si deve inoltre considerare che, a seguito della riforma del titolo V della nostra Costituzione, la competenza sulla spesa sanitaria è stata trasferita interamente e definitivamente all'ente Regione. Le aziende sanitarie, ospedaliere o provinciali, sono quindi diventate centri di spesa formidabili, anche perché, in un Paese che sta invecchiando demograficamente, la spesa pubblica cresce sempre nella sua componente sanitaria. Per due aziende sanitarie provinciali su cinque, in Calabria, è stata nominata una Commissione di accesso agli atti. Le inchieste promosse dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e di Catanzaro hanno consentito l'emergere di circostanze scandalose sulla gestione di alcune aziende sanitarie. I cittadini perbene non possono accettare, ad esempio, che un'azienda sanitaria continui a corrispondere lo stipendio a chi è in carcere, condannato con sentenza passata in giudicato, per l'omicidio Fortugno. Si è imposta pertanto alla Commissione l'esigenza di istituire l'XI. Comitato sull'infiltrazione criminale nell'ambito del sistema di assistenza sanitaria pubblico e privato.

  La diffusività e la fine della localizzazione.

  Alcune nuove e particolari manifestazioni del fenomeno mafioso hanno recentemente catalizzato l'attenzione della cronaca. Si tratta in primo luogo dell'emergenza legata alla criminalità organizzata pugliese, la cosiddetta «quarta mafia», che ha indotto la Commissione ad istituire il XV. Comitato su aspetti e problematiche connessi alla criminalità organizzata nella regione Puglia, per investigare le specificità di questa particolare situazione locale.Pag. 38
  Su un'altra specificità – quella calabrese – e sulle sue capacità di espansione nell'economia e nel territorio ci si è già soffermati sopra (vedi paragrafo 2).
  Per quanto riguarda la mafia siciliana, la Commissione è chiamata a concentrare la propria attenzione su alcuni recenti sviluppi, legati alla messa in libertà di tutta una serie di soggetti, già in passato protagonisti di una stagione violenta della mafia, quella dominata dai corleonesi, che oggi hanno finito di scontare la loro pena e tornano a governare nuovamente i loro territori. In uno dei mandamenti del centro di Palermo, per esempio, nel giro degli ultimi tre anni si è verificata una serie di anomali eventi violenti e clamorosi, come scorribande di giovani picchiatori e atti di vandalismo contro esercizi commerciali in pieno giorno. Si tratta di recrudescenze violente che appaiono come il sintomo di un tentativo di riorganizzazione in vecchio stile e di un'intenzione apertamente e manifestamente intimidatoria. Nella storia di Cosa Nostra e in particolare nel corso della prima e della seconda guerra di mafia, si sono già verificati fenomeni di recrudescenza criminale, sotto forma di una serie di atti volutamente crudeli e violenti e volutamente posti in essere al fine di incutere terrore nella collettività. Non va inoltre trascurato il problema della mafia dei pascoli, quale emerge ad esempio dalle recenti vicende di Troina. In quel comune della provincia di Enna, il sindaco è stato vittima di intimidazioni per aver cercato di opporsi ai soggetti che continuano a far pascolare i propri armenti in aperta violazione delle interdittive antimafia e dei provvedimenti che assegnerebbero i terreni a cooperative di giovani. Questi sviluppi evidentemente segnalano che in Sicilia si sta preparando un ritorno di Cosa nostra in vecchio stile, con i suoi vecchi metodi, il che suggerisce alla Commissione un supplemento d'indagine dedicato alla questione della riorganizzazione di Cosa nostra, che prenderà le mosse dalla audizione, già calendarizzata, con il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi.
  Il livello di guardia deve essere comunque altissimo anche in quelle regioni un tempo considerate immuni, in virtù dell'assenza di contiguità territoriale con le zone del tradizionale insediamento mafioso. E non c’è bisogno di richiamare l'inchiesta Aemilia, dato che le ventisei Direzioni distrettuali antimafia operanti sul territorio hanno ampiamente dimostrato, nei fatti e purtroppo nelle inchieste, che non c’è alcuna insula felix: lì dove c’è attività economica florida e fiorente le infiltrazioni sono sempre possibili. Ormai le attività del crimine organizzato nel Triveneto, nel Nord Ovest, nella Liguria, sono quotidiane, diffuse, radicate e impongono alla Commissione un lavoro non inquadrabile nella sola ottica dell'emergenza, ma anche in quella della programmazione. Per converso è indispensabile raccogliere gli stimoli di chi ha inteso centrare l'attenzione su alcune specifiche realtà locali, in cui il contrasto deve essere sviluppato sulla base di conoscenze già relativamente mature. È questo il caso delle attività economiche criminali diffuse nei dintorni di Prato, nonché alla capacità di impiego del porto di Napoli per lo smercio delle sostanze stupefacenti. Né può tacersi delle pericolose infiltrazioni nello sviluppo dell'economia immobiliare delle coste settentrionali della Sardegna.

  Gli strumenti e gli istituti del contrasto.

  Va ribadito anche l'obbligo politico e morale, innanzitutto, prima che giuridico, di segnalare al Parlamento come alcune fattispecie giuridiche, processuali e penali sostanziali, necessitino di nuova disciplina, anche per adeguare la legislazione alla non comune capacità di innovazione del mafioso.
  Si tratte delle problematiche insorte, ad esempio, con riciclaggio, autoriciclaggio, e nuove tecnologie finanziarie (bitcoin e blockchain): realtà in rapida evoluzione sulle quali le attività di contrasto rischiano di non riuscire a tenere il passo delle associazioni criminali.
  L'adeguamento degli istituti di contrasto è quindi vitale e il suo monitoraggio costante è un elemento essenziale del metodo che deve improntare ciascuna Pag. 39delle Relazioni al Parlamento che saranno prodotte dall'attività ispettiva e conoscitiva.
  La Commissione dovrà svolgere visite e incontri presso realtà che da più tempo sono impegnate nell'azione di contrasto alle mafie. Ma si deve aprire un angolo di osservazione specifico su dimensioni e ambienti giovanili che dovrebbero dare vita ai cittadini del futuro. È necessario estirpare in radice la cultura della violenza intimidatoria, la pressione soffocante dell'estorsione; è urgente educare alla cultura del rispetto democratico, accettando anche la possibilità della polemica, del confronto, sempre nel rispetto dell'avversario. Su certi temi, la politica non deve dividere, ma congiungere ed unire: grazie all'aiuto che giungerà dal mondo delle università, della cultura e delle scuole, la Commissione è chiamata a veicolare una presa di coscienza collettiva sulla gravità e le caratteristiche del fenomeno mafioso, con il consenso universale del Paese.
  Non vi dovrebbe essere dissenso alcuno sugli scopi che questa Commissione si deve porre. Intanto, sono già stati presi contatti con alcune Procure al fine di poter audire quanto prima i procuratori Lo Voi, Bombardieri, Melillo e Gratteri. Ciò naturalmente non implica che le procure meridionali e le relative direzioni distrettuali antimafia detengano il monopolio dei lavori della Commissione. È invece necessario esplorare il territorio nella sua completezza, distretto per distretto, assicurando una presenza costante e un'attenzione capillare. Tra gli strumenti di contrasto sui quali occorre concentrare l'attenzione spiccano la concreta realizzazione della banca dati nazionale dei carichi pendenti, atteso che la stessa, pur essendo prevista dal Testo Unico del casellario, non è ancora stata realizzata su base nazionale e la formazione di una banca dati unificata sulle misure di prevenzione emesse nei riguardi di privati e delle persone giuridiche. In tale prospettiva, si appalesa necessario anche un incremento della interlocuzione con l'Autorità nazionale anticorruzione.
  Merita inoltre attenzione la disamina degli strumenti di organizzazione giudiziaria, sui quali è bene che la Commissione non manchi di impiegare i propri poteri inquirenti in una chiave di collaborazione piena anche con il Consiglio Superiore della Magistratura, e nella prospettiva di ipotizzare puntuali proposte di modifica legislativa che possano risultare efficaci e virtuose.
  Un capitolo a sé merita la riflessione sugli istituti e i procedimenti di protezione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia. Già le prime audizioni svolte con riguardo ai terribili fatti di Natale a Pesaro, hanno dato conto della complessità dei temi connessi con l'assistenza e il sostegno ai cittadini che collaborano a vario titolo rompendo i muri di omertà e di silenzio. Si tratta di scelte spesso coraggiose e che portano un carico drammatico di conseguenze sul piano umano, sociale e familiare. Ne deriva l'esigenza di garantire protezione, stabilità e sicurezza, anche se si vuole sorreggere il valore dell'esemplarità che queste scelte, non di rado, portano con sé per l'intero ambiente di riferimento. È apparsa dunque indispensabile la costituzione del X. Comitato su analisi dei programmi e dei procedimenti di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. Si tratta peraltro di una richiesta pervenuta da più parti già nei primi mesi di lavoro dell'inchiesta.

  Mafia nello sport e nel mondo dell'informazione.

  La precedente Commissione, aveva lavorato con un Comitato ad hoc sui rapporti fra organizzazioni mafiose e mondo delle informazioni. Nel dibattito preliminare alla definizione delle linee di indirizzo dell'inchiesta nell'attuale legislatura, anche in ragione di quanto emerso nel «caso Montante», la questione è stata riproposta nella prospettiva di un'analisi delle trasformazioni dei metodi cui ricorrono le organizzazioni criminali. La diminuzione dei fatti di sangue non deve ingannare: la capacità di condizionamento passa ora anche attraverso attività di discredito, Pag. 40di fascicolaggio e di delegittimazione, volte a creare autentiche insidie mediatiche per indebolire gli attori dell'antimafia, ottenendone, non di rado, la rimozione o almeno l'isolamento. Anche nell'attuale legislatura è apparso quindi opportuno istituire un XIV. Comitato su intimidazioni e condizionamenti mafiosi nel mondo del giornalismo e dell'informazione.
  Un cenno merita anche il tema delle relazioni tra le mafie e il cosiddetto dark web, ultima frontiera della circolazione delle informazioni sommerse, utili allo sviluppo delle attività criminali. Le mafie, oltre ad infiltrare il mondo dell'informazione, hanno anche attinto contesti fino ad oggi ritenuti del tutto distanti ed impermeabili. Penso allo sport in senso lato. Nella precedente inchiesta si è lavorato molto sullo sport, istituendo anche un apposito comitato. È sembrato opportuno confermare tale scelta anche nell'attuale legislatura e la Commissione ha quindi provveduto ad istituire il XVII. Comitato su mafia e manifestazioni sportive. Nella precedente legislatura ci si è dedicati soprattutto al calcio, ma il problema non è perimetrabile a tale ambito. Il calcio è certamente lo sport di maggiore diffusione tradizionale, di maggiore seguito nel nostro Paese e, per via dei nessi immediatamente ipotizzabili con il fenomeno delle scommesse, è un mondo che si presta ad infiltrazione facile e prevedibile. Ma il calcio produce consenso in molte società, non soltanto meridionali. Consenso sociale per chi, ad esempio, diventa il patron della squadra locale. Il calcio permette, grazie alla normativa che riguarda lo sport e le società anche non professionistiche, fatturazioni artificiosamente gonfiate. E non bisogna dimenticare le associazioni sportive dilettantistiche in generale che hanno un tetto di spesa annuo di 350.000 euro.
  Lo sport è sempre stato funzionale all'acquisizione di consenso: negli anni Ottanta le federazioni sportive avevano quasi tutte come presidenti dei parlamentari. Ma oggi lo sport è diventato un fenomeno di massa a seguito della spettacolarizzazione. Qualora si dovesse decidere di condurre inchieste che abbiano ad oggetto club sportivi o calcistici di grande seguito, sarà quindi necessario tenere conto delle implicazioni che potranno conseguirne dal punto di vista delle ricadute mediatiche e di popolarità.
  Molto spesso i mafiosi risultano essere evasori ed elusori fiscali. All'interno dell'Unione europea e comunque sul continente, vi sono ordinamenti che continuano a godere di uno status a livello fiscale funzionale a disegni criminali e mafiosi. Non è un caso che gli stessi ’ndranghetisti abbiano individuato in quegli Stati le loro mete preferite, al fine di una colonizzazione di quei sistemi economico-produttivi. Rileva affrontare il problema con tutta la capacità conoscitiva di cui disponiamo.

  Azzardopatia e nuove dipendenze: le mafie infiltrate. Il ruolo femminile nella associazione criminale.

  La capacità delle mafie di impadronirsi dell'economia reale e legale segna la virulenza e la pervasività delle organizzazioni mafiose nel mondo dell'azzardopatia. Se infatti è vero che nel solo 2016 (mi pare che ancora per il 2017 il dato complessivo non sia stato prodotto) l'azzardo in Italia ha realizzato un fatturato di poco inferiore a quello del servizio sanitario nazionale, superando – e non di poco – i 100 miliardi di euro, questo significa che si tratta di un terreno minato e che obbligatoriamente si dovrà prendere in attento esame e, per questo, è stato istituito il IV. Comitato su influenza e controllo criminali sulle attività connesse al gioco nelle sue varie forme.
  Tornando al fenomeno della ’ndrangheta, molti studiosi hanno osservato come tale organizzazione, a differenza delle altre mafie, abbia nella figura femminile una sorta di cassaforte: la donna non si pente. Grazie alla logica del sangue, la donna è anzi depositaria di sacralità, quella stessa sacralità che viene trasferita attraverso il vincolo d'adesione ai neo-associati. Pertanto, aggredire positivamente quel mondo, inducendo donne, madri, Pag. 41mogli ad evitare che si ripeta un destino infame, potrebbe costituire una nuova frontiera. Il pensiero va all'iniziativa del Garante per l'infanzia calabrese, che ha chiesto di strappare ai nuclei famigliari i figli di ’ndrangheta. Sono sfide che è imperativo raccogliere.

  Prevenzione e cultura antimafia.

  Determinante, più in generale, è il lavoro di prevenzione e quello culturale; solo questo permetterà l'estinzione del fenomeno. E quando quel giorno verrà, solo allora si scorgerà con nitore la continuità culturale e il peso di prospettiva di chi vi ha contribuito in radice: Bufalino, Sciascia, Falcone, Borsellino, Cassarà.
  Ognuno ha i suoi miti ed è giusto che sia così; occorre tuttavia che siano miti positivi, perché è anche vero che una certa simbologia negativa ha inficiato quel lavoro pedagogico che lo Stato deve svolgere. Lo Stato deve educare alla critica e all'autonomia di giudizio. È necessario interrogarci e riflettere sulla scelta di alcuni minorenni di emulare comportamenti inaccettabili, incanalando le proprie stesse vite in un percorso futuro triste e grave, destinato spesso ad approdare in una morte violenta, senza aver neanche raggiunto l'età della cittadinanza attiva.
  Quando uno Stato permette che una giovane vita sfiorisca non per il coinvolgimento casuale in un episodio di sangue, ma perché per scelta, a dodici o tredici anni, si decide di emulare condotte criminose assunte come esemplari significa che lo Stato non ha saputo stroncare i condizionamenti esercitati da quei modelli educativi distorti. Di queste tematiche si occuperà il XIII. Comitato sui rapporti tra la criminalità organizzata e il mondo dei minori e dell'adolescenza, con particolare riguardo ai fenomeni della dispersione scolastica, e dell'impiego di non maggiorenni per precipue attività di tipo delittuoso.
  Al tema dei processi educativi si lega quello della società civile o dei corpi sociali intermedi, quelli che si occupano del contrasto alle mafie nella società aperta; è il mondo della prevenzione e della risposta non repressiva alle mafie presenti sul territorio italiano. Senza contemplare la partecipazione e l'appoggio di associazioni culturali, gruppi informali, uomini di Chiesa, di cui le nostre città, da Nord a Sud, sono piene, il rischio è di perdere un elemento di contatto e un collegamento fondamentale per la vittoria contro le mafie. Prendendo le mosse dall'articolo 1, comma 1, lettera t), della legge istitutiva della Commissione, è necessario valorizzare tutte le pratiche e i linguaggi che guardano al contrasto alle mafie e muovono dai tessuti sociali capillari e dalla popolazione. Per questo occorre innanzitutto delineare una mappa e un quadro preciso di che cosa si muove a livello sociale nei vari territori, per non limitarsi ad una visione sempre concentrata su magistratura, forze di polizia. Nell'Italia degli ultimi decenni, c’è fermento e attivismo culturale, nonché tanta voglia di impegnarsi. Alla promozione e al censimento di tutte le iniziative sarà quindi dedicata l'Attività dell'VIII. Comitato sul Contrasto alle mafie attraverso la valorizzazione dei tessuti sociali, della cultura e della formazione orientati al principio di legalità e al rifiuto delle logiche e dei metodi criminali.

  10. Su alcune questioni di particolare rilievo in tema di controllo sulle liste elettorali, gestione dei beni oggetto di sequestro e confisca, nonché rapporti con le Commissioni e gli Osservatori regionali sulla criminalità organizzata.

  La Commissione sin dall'apertura dei propri lavori intende fermare l'attenzione in modo approfondito e costruttivo sulla fondamentale funzione di controllo nella composizione delle liste elettorali per le competizioni nazionali, europee, regionali e locali.
  Si tratta di una prerogativa che ha trovato un fondamento espresso e assai più analiticamente delineato nella legge istitutiva che ha dato vita alla Commissione di inchiesta. Inoltre vi è da tener conto delle esperienze maturate nel corso Pag. 42della precedente legislatura. Ciò impone, a giudizio unanime, di farsi carico dei problemi di effettività che tale funzione di controllo ha lasciato emergere. In effetti, la competenza sul procedimento volto a ravvisare gli eventuali carichi pendenti relativi alle fattispecie incriminatrici previste dal codice di autoregolamentazione, discende da un'attività che postula l'integrazione, più che la sola leale collaborazione, con le capacità di documentazione e di analisi da un lato della Procura nazionale antimafia, dall'altro delle Prefetture, senza trascurare gli altri Uffici giudiziari coinvolti al momento in cui si tratta di consultare i singoli casellari giudiziari.
  Le molte questioni sottese allo svolgimento di un procedimento complesso, scandito peraltro da termini tanto stretti da apparire quasi giugulatori, ha indotto i commissari e l'Ufficio di Presidenza a profilare due notazioni di metodo di sicura rilevanza. La prima consisterà nel tracciare un bilancio chiaro al termine delle prime operazioni di controllo, in modo tale da prospettare anche eventuali integrazioni e modifiche di carattere normativo, che rendano il procedimento più fluido, più efficace e meno vulnerabile. Tutto ciò nella consapevolezza che inseguire le annotazioni sui casellari è opera della massima delicatezza, fatalmente condizionata da condizioni ambientali, aggiornamento da parte dei singoli uffici giudiziari, intellegibilità delle vicende, talvolta complesse, che riguardano singoli carichi pendenti.
  La seconda annotazione ha riguardo, invece, all'esigenza da molti avvertita di provvedere ad un costante aggiornamento dello stesso codice di autoregolamentazione, alla luce delle novelle legislative intervenute nel tempo, nonché – è innegabile – alla luce delle esperienze verificatesi nell'andamento dei lavori relativi all'esercizio di tale funzione.
  Sin da ora, peraltro, sono state prospettate, con profondità di analisi, talune riserve sui rischi connessi a modifiche troppo repentine, nonché all'eventualità che l'applicazione del codice abbia corso senza che esso possa essere certo, noto e prevedibile in un tempo congruo rispetto alla compilazione delle liste medesime. Sullo sfondo, conclusivamente, rimangono due indefettibili questioni sulle quali la Commissione si pronuncerà: la prima risiede nell'opportunità di consentire un controllo efficace che abbia la valenza di segnalazione connessa all'opportunità politica che tali operazioni implicano e che si auspica possa determinare un'efficace missione di pungolo e di stimolo nei riguardi dei competitori elettorali. In secondo luogo non può negarsi la necessità che la formulazione del codice di autoregolamentazione non si presti ad interpretazioni ambivalenti e sia al massimo grado aderente agli indirizzi di politica giudiziaria sviluppati dal legislatore e connessi alla cultura del contrasto alla criminalità organizzata e anche alle condotte illecite cosiddette «spie» o «satelliti».
  Conclusivamente, l'avvio del dibattito sulle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna consente di prospettare alcuni indirizzi di fondo circa l'esercizio della funzione di controllo dei nominativi nelle liste per le competizioni elettorali. Nonostante i significativi passi in avanti compiuti in sede di legge istitutiva della Commissione inquirente, occorre alimentare la verifica e l'analisi delle difficoltà sottese ad un procedimento ricco di implicazioni e di relazioni che devono essere improntate al principio di leale collaborazione. Ne segue che la Commissione compirà il massimo sforzo su tre fronti: a) dotarsi di un codice da proporre alle Assemblee, il più possibile conforme agli indirizzi di politica criminale e di contrasto alle mafie; b) proporre l'adozione dei più efficaci istituti, anche di natura legislativa, volti a rendere efficiente, effettivo e tempestivo il procedimento medesimo; c) portare a profitto l'esercizio della funzione di controllo per consolidare e mettere a sistema i rapporti con la Procura Nazionale Antimafia, con il sistema delle Direzioni distrettuali e, più ampiamente, con tutta la magistratura inquirente.
  Passando ora al problema della destinazione e della gestione dei beni oggetto di Pag. 43sequestro e confisca, allo stato dei lavori, la Commissione dovrebbe indirizzarsi verso una riflessione complessiva sui grandi temi che si profilano alla luce dell'esperienza recente. Vi è, infatti, la centrale questione dell'Agenzia, istituto di relativa giovane operatività, che vive del naturale dualismo nei rapporti con l'Autorità giudiziaria. Si profila, così, la necessità di riflettere sul se i procedimenti di gestione debbano essere più o meno demandati al controllo giurisdizionale. È noto che tra le due grandi linee – quella che vede preponderante la funzione classica di amministrazione attiva e quella che, invece, sostiene l'opportunità di mantenere la giurisdizione al centro dei procedimenti gestori – rileva cogliere i termini di una mediazione. A quest'ultima è infatti affidata la necessità di reimmettere nel circuito produttivo il complesso del patrimonio confiscato e sequestrato, offrendo affidabilità di tempi ma anche protezione di fronte ai rischi che sui beni si riattivino circuiti viziosi di assegnazione e gestione. La Commissione è consapevole che il punto di massima rilevanza attiene alla formazione di elenchi di amministratori i quali, qualunque sia il criterio di nomina e l'Autorità che vi provvede, devono essere in condizione di garantire trasparenza, efficienza ed economicità nell'agire, nonché massima impermeabilità ai tentativi di infiltrazione e condizionamento criminali.
  In definitiva, data la complessità della questione, è apparso ineludibile dotare la Commissione del IX. Comitato per l'analisi delle procedure di gestione dei beni confiscati e sequestrati.
  Fin dalle prime settimane dei lavori, è apparsa in tutta la sua rilevanza l'esigenza di offrire continuità ai rapporti con le Commissioni e con gli Osservatori regionali sulla criminalità organizzata. L'indirizzo volto a sviluppare un capillare sistema a rete delle politiche antimafia sui territori ha trovato nella seduta del 9 gennaio 2019 un primo utile momento di confronto. Dal dibattito in quella sede e da successivi interventi svolti in Commissione plenaria, si intuisce la volontà diffusa di valorizzare il sistema delle relazioni con le Commissioni inquirenti e gli osservatori regionali. Per essere più puntuali nel raccogliere gli spunti emersi, si prospettano le seguenti direttrici di fondo: a) rendere permanente il dialogo istituzionale con le Commissioni delle Assemblee regionali, sviluppando sedi proprie e periodiche di confronto; b) valutare, de iure condendo, se nelle prossime leggi istitutive si possa introdurre un fondamento normativo tale da incrementare la leale collaborazione tra tali Collegi, verso un sistema integrato che consenta lo scambio di dati e la condivisione degli indirizzi di indagine e di contrasto. Come si vede si tratta di ipotesi ambiziose e da valutare con la massima accuratezza e attenzione, in particolar modo tenendo conto dei limiti delle attribuzioni del potere inquirente che la Costituzione assegna alle Assemblee parlamentari in forza dell'articolo 82.