ATTI DELL'UNIONE EUROPEA
Mercoledì 25 luglio 2018. — Presidenza del presidente della XIV Commissione, Sergio BATTELLI. — Interviene la sottosegretaria di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Emanuela Claudia Del Re.
La seduta comincia alle 15.35.
Comunicazione 2018 della Commissione europea sulla politica di allargamento dell'UE.
COM(2018)450 final.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).
Le Commissioni iniziano l'esame dell'atto dell'Unione europea in oggetto.
Filippo SCERRA (M5S), relatore per la XIV Commissione, ricorda che lo scorso 17 aprile la Commissione europea ha presentato la comunicazione annuale sulla valutazione dell'attuazione della politica di allargamento dell'Unione europea. La comunicazione comprende anche sette relazioni sui singoli Paesi (Montenegro, Serbia, ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Turchia) all'interno delle quali vengono evidenziate le varie problematiche e gli interventi necessari per un loro eventuale ingresso nell'Unione europea. Il documento traccia quindi un bilancio dei progressi compiuti fino a gennaio 2018 e incoraggia i paesi interessati a proseguire sulla via della modernizzazione per mezzo di riforme politiche ed economiche, in linea con i criteri di adesione. Evidenzia che la comunicazione valuta i livelli raggiunti da ogni Paese e la conformità ai criteri di Copenaghen, stabiliti nel 1993 dal Consiglio europeo. I tre criteri sono: criterio politico, criterio economico, adesione all’acquis comunitario. La Commissione europea ha, inoltre, raccomandato al Consiglio di decidere di avviare i negoziati di adesione con l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia e l'Albania, alla luce dei progressi compiuti, mantenendo e approfondendo l'attuale slancio riformistico. Segnala che intende soffermarsi in particolare sulle raccomandazioni tematiche formulate dalla Commissione europea. Per quanto riguarda il monitoraggio dei progressi conseguiti dai Paesi dell'allargamento nel processo di riforma nei settori dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, Pag. 29della migrazione, della situazione economica e della cooperazione regionale, la Commissione europea ricorda come, in via generale, i negoziati di adesione facciano parte di un più ampio processo di modernizzazione e di riforma a lungo termine ed è essenziale che tutti i Governi intraprendano più attivamente le riforme necessarie, integrandole effettivamente nella loro agenda politica. Procede quindi ad illustrare la situazione evidenziata dalla Commissione europea per ciascuno di tali ambiti. Per quanto attiene l'ambito dello Stato di diritto la Commissione europea sottolinea l'importanza, cruciale per l'avanzamento di negoziati, che i paesi interessati mettano in atto riforme relative allo Stato di diritto, ai diritti fondamentali e alla buona governance. Per la Commissione europea, l'attuazione delle predette riforme costituirà, infatti, il principale parametro di riferimento per valutare i progressi dei singoli paesi. Per quanto riguarda la situazione attuale, la Commissione europea rileva che i progressi sono disomogenei tra i paesi dell'allargamento ed indica le seguenti priorità: la riforma efficace del sistema giudiziario; la lotta contro la corruzione, che è ancora estremamente diffusa, e per la quale è essenziale un quadro di istituzioni funzionanti e indipendenti per prevenire e contrastare la corruzione e per svolgere indagini e azioni penali efficaci finalizzate a sentenze definitive, con una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi pubblici, specialmente in tutte le fasi degli appalti pubblici; il contrasto alla criminalità organizzata, che resta ancora forte nei paesi interessati al processo di allargamento, sia nei Balcani occidentali sia in Turchia. A tale proposito, la Commissione europea rileva la permanenza di un divario tra l'analisi delle minacce rappresentate dalla criminalità organizzata e le priorità operative fissate. Le autorità devono inoltre iniziare a utilizzare le indagini finanziarie e migliorare i risultati in termini di confisca dei proventi di reato; la lotta contro il terrorismo, deve essere ulteriormente potenziata attraverso la collaborazione tra l'Unione europea e tutti i paesi con ciascun partner dei Balcani occidentali e con la Turchia. In tale ambito, occorre rendere più efficaci le strutture a livello nazionale e regionale, specie per quanto riguarda la prevenzione dell'estremismo violento, la lotta contro il traffico di armi, il finanziamento del terrorismo, il riciclaggio di denaro, la condivisione delle informazioni e le politiche antiradicalizzazione. Le norme sulla protezione dei dati personali dovrebbero essere allineate con gli standard dell'Unione europea per consentire la conclusione di accordi di cooperazione con Eurojust. Per quanto attiene l'ambito dei Diritti fondamentali. La Commissione europea rileva che, malgrado ampiamente sanciti dall'ordinamento giuridico, occorrono ancora notevoli sforzi per garantire la piena attuazione dei Diritti fondamentali nei Balcani Occidentali. Per quanto riguarda, invece, la Turchia, la Commissione europea sottolinea con nettezza come la situazione dei diritti umani abbia continuato nell'ultimo anno a deteriorarsi fortemente. In generale, come orientamento che dovrebbe improntare l'azione di tutti i Governi in tale ambito, la Commissione europea considera prioritario, in particolare: salvaguardare la libertà di espressione e l'indipendenza dei media che compromettono non soltanto il diritto di base alla libertà di espressione, ma anche la democrazia nella regione; una maggiore tutela dei diritti dei minori e della parità di genere, prevedendo e combattendo la violenza contro le donne; la lotta contro le discriminazioni nei confronti delle persone disabili, minoranze e altri gruppi vulnerabili; lotta alla discriminazione contro lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali. Si deve inoltre ovviare in via prioritaria alla situazione precaria dei Rom e migliorare le condizioni di detenzione. Per quanto attiene l'ambito del funzionamento delle istituzioni democratiche la Commissione europea rileva come sia fondamentale garantire un dialogo costruttivo nell'intero spettro politico, in particolare con i Parlamenti. Nei Balcani occidentali, la capacità dei Parlamenti nazionali di esercitare il loro ruolo fondamentale a livello legislativo e di controllo Pag. 30risente della mancanza di un dialogo politico, dell'eccessivo ricorso alle procedure parlamentari urgenti e dal permanere di una cultura politica conflittuale. La fiducia dei cittadini nel processo elettorale risente di gravi carenze come la politicizzazione degli organi elettorali, l'utilizzazione abusiva delle risorse statali e la mancanza di trasparenza nel finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali. Per quanto riguarda la Turchia, la Commissione europea esprime preoccupazione per la proporzionalità delle misure adottate in Turchia durante lo stato di emergenza, che ha limitato la funzione legislativa fondamentale del Parlamento, e per la riduzione del dialogo fra i partiti politici. La separazione dei poteri è stata messa a repentaglio da modifiche costituzionali di vasta portata, senza un adeguato sistema di pesi e contrappesi. Per quanto riguarda la riforma della pubblica amministrazione, elemento essenziale per la Commissione europea al fine di rafforzare la governance a tutti i livelli, mentre nei paesi dei Balcani occidentali si sono registrati dei moderati progressi, la situazione è notevolmente peggiorata in Turchia. Per quanto attiene l'ambito della migrazione, osserva che le sfide connesse alla crisi dei rifugiati e alla migrazione irregolare sono state nell'ultimo anno al centro del lavoro dell'Unione europea con i paesi dell'allargamento. Per la Commissione europea occorre maggiore impegno per dotare i paesi delle risorse necessarie in modo da affrontare le sfide connesse alla migrazione e in particolare in riferimento alla riduzione della migrazione irregolare, alle attività relative al rimpatrio e alla protezione delle frontiere, allo sviluppo delle capacità in materia di asilo, inclusione sociale e integrazione. Evidenzia che la Commissione europea riconosce che la Turchia compie uno sforzo considerevole offrendo rifugio a oltre 3,5 milioni di rifugiati registrati provenienti dalla Siria. Lo strumento dell'Unione europea per i rifugiati in Turchia assicura trasferimenti mensili di denaro a quasi 1,2 milioni dei rifugiati più vulnerabili nell'ambito della rete di sicurezza sociale di emergenza. In particolare la prima parte, pari a 3 miliardi di euro, è stata integralmente impegnata e, ad oggi, gli esborsi ammontano a 1,9 miliardi di euro. Questi fondi per il contenimento del fenomeno migratorio, assieme ai fondi di assistenza pre-adesione e ai prestiti della BEI, costituiscono tre grandi linee di finanziamento dall'Europa alla Turchia. Nei paesi dei Balcani, le misure di risposta coordinate dall'Unione europea a sostegno degli sforzi nazionali hanno permesso nel 2017 di ridurre i flussi migratori irregolari attraverso tale regione e di stabilizzare globalmente la situazione lungo i confini. La Commissione europea raccomanda, nondimeno, di potenziare ulteriormente la capacità amministrativa e le infrastrutture in tutta la regione dei Balcani occidentali. Per quanto attiene l'ambito dell'economia, segnala che la Commissione europea rileva come sia nei Balcani occidentali sia in Turchia, nonostante l'esistenza di un notevole potenziale economico, testimoniato da un aumento dei tassi di crescita negli ultimi anni, tutti i Governi si trovano ad affrontare notevoli sfide strutturali di natura economica e sociale, tra cui alti tassi di disoccupazione, specialmente fra i giovani, forti squilibri tra domanda e offerta di competenze, livelli persistentemente elevati di economia informale, contesti imprenditoriali inadeguati, con un accesso limitato ai finanziamenti, e bassi livelli di innovazione e di connettività regionale. Evidenzia che nei Balcani occidentali il clima degli investimenti risente, ad avviso della Commissione europea, in particolare della mancata indipendenza ed efficienza dei sistemi giudiziari e dell'applicazione non uniforme delle norme in materia di concorrenza. L'influenza dello Stato sull'economia è forte in tutta la regione, il che accentua il rischio di corruzione a causa di una cattiva gestione delle finanze pubbliche. La Commissione europea ritiene che occorra potenziare i quadri normativi in materia di governo societario e portare a termine il processo di privatizzazione. Gli investimenti infrastrutturali nella regione dovrebbero essere coerenti con le priorità concordate con l'Unione Pag. 31europea, in particolare nell'ambito dell'estensione delle reti transeuropee di trasporto ai Balcani occidentali. In Turchia, la crescita economica ha registrato una forte ripresa, ma il contesto imprenditoriale ha continuato a deteriorarsi e l'economia resta vulnerabile di fronte all'incertezza finanziaria, alla fiducia variabile degli investitori e ai persistenti rischi politici. Per quanto attiene l'ambito della Cooperazione regionale e relazioni di buon vicinato la Commissione europea considera la Cooperazione Regionale un elemento fondamentale per garantire la stabilizzazione politica e le opportunità economiche in tutti i paesi. L'agenda dell'Unione europea per la connettività ha impresso, in particolare, un ulteriore impulso alla cooperazione regionale nei Balcani occidentali. Nel 2017 i leader della regione hanno approvato in occasione del vertice di Trieste, nell'ambito del processo di Berlino, un piano d'azione per lo spazio economico regionale e sottoscritto il Trattato relativo alla Comunità dei trasporti. Rappresenta che il programma Erasmus+ ha continuato a promuovere il dialogo interculturale nel campo dell'istruzione superiore e fra i giovani, sostenendo inoltre azioni a favore dell'internazionalizzazione e della modernizzazione degli istituti e dei sistemi di istruzione superiore. Il piano d'azione regionale della strategia dell'Unione europea per la regione adriatica e ionica ha contribuito allo sviluppo di progetti comuni. Fa presente che la Commissione europea rileva, tuttavia, che molti obblighi derivanti dagli accordi e dagli impegni regionali non sono stati rispettati, che occorrano ulteriori sforzi negli ambiti più sensibili, quali i crimini di guerra, le persone scomparse, la criminalità organizzata e la cooperazione giudiziaria e di polizia e, infine debbano essere risolte le controversie bilaterali, in particolare per quanto riguarda la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, la questione del nome per quanto riguarda l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, su cui si è raggiunto proprio recentemente un accordo che è di fondamentale importanza sostenere e confermare e la soluzione della questione cipriota, per la quale la Commissione europea sottolinea come, pur in mancanza di un accordo, sia importante preservare i progressi registrati finora. Osserva che la Commissione europea esorta, in particolare, la Turchia a evitare ogni tipo di minaccia, fonte di attrito o azione che possa nuocere alle relazioni di buon vicinato e alla risoluzione pacifica delle controversie. La Commissione europea ribadisce i diritti sovrani degli Stati membri dell'Unione europea, tra cui il diritto di concludere accordi bilaterali e di esplorare e sfruttare le proprie risorse naturali, riconosciuti dall’acquis dell'Unione e dal diritto internazionale, come la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. A tale proposito, ricorda che la politica turca nel Mediterraneo orientale ha recentemente portato a un conflitto tra gli interessi della Turchia e quelli di Grecia, Cipro e Italia, per quanto riguarda, in particolare, le attività di perforazione condotte da varie imprese nelle acque a largo di Cipro, sfociato nella ferma condanna da parte del Consiglio europeo delle azioni illegali della Turchia e nell'invito a cessare tali azioni e a rispettare il sovrano diritto di Cipro di esplorare e sfruttare le sue risorse naturali. Ricorda infine che, per quanto riguarda l'assistenza finanziaria dell'Unione europea, nell'ambito dell'attuale quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 si prevede uno stanziamento complessivo nell'ambito dello strumento di assistenza di preadesione di circa 11 miliardi di euro per l'intero periodo, che corrisponde a circa l'1 per cento degli stanziamenti complessivi per tutte le rubriche del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e che nel contesto dei negoziati relativi al prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, la Commissione europea ha presentato, il 14 giugno 2018, la proposta relativa al nuovo strumento di assistenza di preadesione che prevede uno stanziamento complessivo per tutti i paesi interessati dal processo di adesione all'Unione europea di 14,5 miliardi di euro.
Pag. 32 Sabrina DE CARLO, relatrice per la III Commissione, ricorda che la comunicazione in oggetto si inserisce nella strategia a medio termine per la politica di allargamento dell'Unione europea. Tale politica è disciplinata dall'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea (TUE), il quale stabilisce che può richiedere di diventare membro dell'Unione ogni Stato europeo che rispetti e promuova i valori di cui all'articolo 2 del medesimo Trattato: il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze.
Rileva che il processo di allargamento attualmente interessa sette Paesi, ognuno dei quali si colloca in una fase diversa del processo di integrazione: dai più avanzati Serbia e Montenegro, i cui negoziati sono partiti nel 2012 e nel 2014, fino alla più distante Turchia il cui percorso di avvicinamento all'Unione europea è quello di più lunga durata (avviato nel 1963 si è consolidato nel 2005 con l'avvio del negoziato) ma in questa fase è del tutto congelato dopo il golpe del 2016. In posizione intermedia si collocano la Repubblica della Macedonia del Nord e l'Albania che hanno ottenuto lo status di Paese candidato rispettivamente nel 2005 e nel 2014 e che potranno aprire il negoziato nel 2019. Sono invece in posizione decisamente più arretrata la Bosnia-Erzegovina (che ha presentato domanda di adesione all'UE nel febbraio 2016) e il Kosovo (con il quale l'UE ha sottoscritto un accordo di stabilizzazione e di associazione entrato in vigore nell'aprile 2016), considerati candidati soltanto potenziali.
Evidenzia che la politica di allargamento è politica europea tout court, se si tiene conto che il nucleo dei sei paesi fondatori si è via via esteso per includere tutti i Paesi dell'Europa occidentale. Fu la caduta del Muro di Berlino a sancire tuttavia il netto rilancio di questa politica, destinata ad includere in un'area di amicizia euroatlantica i Paesi di ex influenza sovietica. Ne sono derivati i fondamentali passaggi del 2004, quando ad entrare in Europa furono ben dieci Paesi per lo più di area orientale (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) e del 2007 e 2013 quando l'Unione si è estesa a Bulgaria, Romania e Croazia.
Sottolinea che i criteri politici, economici e giuridici di fondo del percorso di allargamento furono definiti dallo storico Consiglio europeo di Copenhagen del 1993, per poi essere riorganizzati nel citato TUE: istituzioni stabili che garantiscano democrazia, stato di diritto, diritti umani e rispetto e tutela delle minoranze; un'economia di mercato funzionante; la capacità di assumere gli obblighi risultanti dall'adesione – in particolare l'adesione agli obiettivi dell'Unione politica, economica e monetaria – e l'adozione delle regole, norme e politiche comuni che formano il corpus del diritto dell'UE.
Rileva che la lista dei criteri fu fin dall'inizio corredata dalla indicazione della capacità di assorbimento da parte dell'Unione europea, requisito che è oggi sotto i riflettori dopo la vicenda Brexit e alla luce delle pulsioni euroscettiche che segnano molta parte dell'opinione pubblica europea, complice la crisi economica-finanziaria e il malgoverno del processo di globalizzazione.
A suo avviso, una valutazione sulla politica di allargamento deve pertanto muovere in due direzioni convergenti: da un lato, lo stato di avanzamento del processo di adeguamento da parte dei Paesi interessati e, dall'altro, la praticabilità di un'Europa a 33 Stati. Precisa che una valutazione politica deve infatti tener conto anche di una riflessione critica sul percorso che ha portato all'allargamento nel primo decennio del nuovo secolo e all'attuale situazione di crisi che sta mettendo in discussione gli stessi principi fondativi dell'Unione europea. Rileva quindi che occorre finalizzare l'allargamento con precisi obiettivi socio-politici ed economici affinché si eviti nel futuro l'attuale non condivisione dei valori e delle responsabilità all'interno dell'UE, fortificando gli istituti democratici europei, a partire dal Parlamento europeo.Pag. 33
Sul piano generale, osserva che il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, dedicato all'allargamento e al processo di adesione, ha determinato forte aspettativa da ambo le parti: dal 2014 non si aveva un dibattito dedicato al tema. Tuttavia si sono confermati i timori sulla capacità del tema migratorio di dividere l'Unione. Il «vuoto di potere» creato dall'assenza di un chiaro impegno politico dell'Occidente nei confronti della regione ha portato a una sorta di stallo nelle riforme delle strutture nazionali e ha fatto fare passi indietro nei Paesi delle regione. Questo, a sua volta, ha ampliato ulteriormente il divario istituzionale ed economico con i Paesi dell'Europa occidentale. La soluzione della controversia sul nome della Macedonia e la decisione sull'apertura del negoziato nel 2019 per la stessa Macedonia e per l'Albania rappresentano due insperati successi della gestione Juncker, che hanno generato entusiasmo e una ripresa di fiducia nell'UE da parte delle popolazioni dei Paesi coinvolti che non vanno dispersi né traditi, soprattutto alla luce del tormentato negoziato in corso sulla fuoriuscita del Regno Unito dall'UE.
Rileva che il negoziato di adesione non è tanto una questione di date e scadenze ma ha più a che vedere con la capacità di trasmettere messaggi politici importanti ad una regione che «produce storia più di quanto non possa digerirne», come disse Churchill.
Sottolinea che la fatica dell'allargamento è sì un tema europeo ma è anche un tema nazionale per i Paesi coinvolti. Il rallentamento del percorso si è tradotto in molti casi in un alibi per le classi politiche locali per il non compimento di riforme. Evidenzia che, al fondo, c’è sempre un condizionamento economico, se si considera che il livello di reddito regionale si colloca intorno ai 5.000 dollari pro capite, pari a solo il 13 per cento dei redditi medi dei Paesi dell'Ue. Sono condizioni che rendono assai difficile un'integrazione equilibrata, tanto più se si legge il dato economico insieme a quello demografico, che parla di società assai giovani, dinamiche e intraprendenti.
Ciò premesso, rileva che il dato che accomuna le diverse realtà nazionali è sicuramente la mancanza di istituzioni efficaci nella lotta contro la corruzione e il malfunzionamento del sistema giudiziario, stando ai dati forniti dal Corruption Perception Index, che sul punto non registra alcun miglioramento dal 2017. Come si evince dalla Comunicazione, le questioni più urgenti rimangono l'attuazione delle riforme relative allo Stato di diritto, ai diritti fondamentali e alla buona governance, le quali costituiscono anche un deterrente per gli scambi commerciali e gli investimenti. Nessun Paese balcanico ha un'economia di mercato funzionante o potrebbe far fronte alla pressione competitiva derivante dal mercato europeo. Per questo appare assai fondato l'appello della Commissione europea ad una maggiore cooperazione regionale che parta dalla disponibilità dei singoli Paesi a lavorare sul tema delle barriere doganali e sulla formazione professionale dei giovani.
Sottolinea che sul clima regionale incide la tensione tra Serbia e Kosovo, che stressa il negoziato in sé, anche alla luce del mancato riconoscimento del piccolo Stato balcanico da parte di molti numerosi e importanti Paesi membri dell'Unione europea. Alcune aspettative positive derivano dalla recente soluzione della controversia, non solo nominalistica, sulla «Macedonia», ma la dinamica serbo-kosovara è assai profonda e antica ed è intrisa di profili di carattere anche economico che vanno ben compresi. Il tema impone un richiamo al ruolo regionale che gioca oggi la NATO, di cui è membro a pieno titolo l'altro grande attore regionale, ovvero l'Albania, prossimo al negoziato e Paese assai vicino all'Italia. Tutte queste considerazioni vanno nella direzione di ricordare la postura avanzata dell'Italia sul dossier allargamento ai Balcani Occidentali, in un'ottica di profondità strategica che deve registrare anche il dato relativo al perdurare della nostra presenza sul territorio nel contesto delle missioni civili e militari dell'Unione europea e della NATO.
Passando alla comunicazione in esame, ricorda che, sul terreno procedurale, Pag. 34spetta alla formazione «Affari generali» del Consiglio dell'UE la definizione e la gestione del processo di allargamento, stabilendo, di volta in volta, se il Paese in questione soddisfi tutti i criteri necessari per essere considerato un candidato ufficiale all'adesione, se i negoziati possano essere avviati e conclusi in modo positivo e, infine, se il Paese possa aderire all'UE. Tutte le decisioni adottate dal Consiglio Affari generali in questo ambito richiedono, previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono, l'accordo unanime degli Stati membri dell'UE. Il trattato di adesione viene poi sottoposto alla ratifica di tutti gli Stati contraenti, conformemente alle rispettive norme costituzionali. L'attività di monitoraggio del processo di adesione è affidata invece alla Commissione europea, la cui comunicazione periodica mira a un duplice obiettivo: tracciare un bilancio dei progressi compiuti dai Paesi interessati e individuare le ulteriori linee di riforma da perseguire, sul piano politico ed economico, nell'ottica di una piena conformità ai criteri di adesione. La valutazione generale sul processo di allargamento è corredata da una serie di allegati che delineano la situazione specifica di ciascun Paese e, per la prima volta, anche dalle valutazioni sui programmi di riforma economica di ciascuno Stato.
Nel caso in esame, rileva che il pacchetto è stato preceduto dalla presentazione, il 6 febbraio 2018, di una nuova Strategia della Commissione europea mediante la comunicazione «Una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell'UE per i Balcani occidentali», nel solco delle parole pronunciate da Juncker ad avvio di mandato circa l'improcedibilità di nuovi allargamenti fino al 2019. Quelle stesse parole includevano però la conferma di una prospettiva europea credibile per i Paesi dei Balcani occidentali, distinguendo nettamente la loro posizione da quella della Turchia.
Segnala che tale orientamento appare in linea con l'indicazione espressa dal Ministro degli esteri, Enzo Moavero Milanesi, nel corso della recente audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero, durante la quale ha sottolineato che l'allargamento dell'UE ai Balcani Occidentali costituisce una priorità del Governo italiano, in ragione dei legami storici, culturali ed economici dell'Italia con l'intera regione.
Rinviando, per quanto riguarda gli approfondimenti sulle specifiche politiche e sui capitoli in cui si dettaglia il negoziato di adesione (finalizzato ad un'opera di armonizzazione a monte degli ordinamenti e delle politiche stesse), alla relazione del relatore per la XIV Commissione, evidenzia che, in linea con le conclusioni del vertice UE-Balcani occidentali svoltosi il 17 maggio scorso a Sofia, la comunicazione ribadisce l'importanza della cooperazione regionale, sottolineando i risultati conseguiti con l'attuazione della strategia UE per la regione adriatica e ionica, che coinvolge otto Paesi (Italia, che ne ha esercitato la presidenza dal 1o giugno 2017 al 25 maggio 2018, Slovenia, Grecia, Croazia, Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro) e che ha consentito lo sviluppo di progetti comuni in settori prioritari come la pesca, le infrastrutture e l'energia, l'ambiente, il turismo e la cultura, facendo emergere tutte le potenzialità di un processo di integrazione tra la nostra penisola e la regione balcanica.
Procede quindi ad illustrare le principali carenze riscontrate dalla Commissione europea nell'analisi dei singoli Paesi.
Con riferimento allo Stato di diritto i progressi compiuti dagli Stati sono molto disomogenei. Mentre ad esempio nella Repubblica della Macedonia del Nord si sono avuti effetti positivi, in Turchia viceversa la situazione si è ulteriormente deteriorata in seguito al fallito golpe del luglio 2016, con il sistema giudiziario che ha subito in massa licenziamenti di giudici e pubblici ministeri e modifiche costituzionali che hanno minato pesantemente l'efficienza e l'indipendenza del potere giudiziario. Su questo terreno invece l'Albania sta portando a compimento un imponente processo di riforma che dovrebbe rafforzare Pag. 35l'indipendenza, la professionalità e l'integrità del potere giudiziario. La corruzione risulta essere ancora estremamente diffusa, nonostante gli sforzi profusi, ed è molto distante dagli standard europei. Anche il potere della criminalità organizzata rimane forte sui Paesi dell'allargamento. Gruppi criminali potenti operano nei Balcani e in Turchia e la regione continua ad essere una via d'accesso importante per il traffico di droga, armi e persone dirette in UE. La cooperazione operativa con ciascuno dei Paesi dell'allargamento è stata intensificata dall'UE al fine di combattere il terrorismo, con particolare riferimento all'estremismo violento, alla radicalizzazione e al particolare e importante fenomeno del ritorno dei foreign fighters. Tutti i Paesi si sono adoperati per allineare prassi operative e legislazione, tuttavia appare necessario potenziare la collaborazione al fine di ottenere risultati concreti nella lotta al traffico di armi, al finanziamento del terrorismo, al riciclaggio di denaro e alla radicalizzazione. La libertà di espressione risulta invece notevolmente deteriorata in Turchia, dove oltre 150 giornalisti sono tutt'ora in carcere, mentre negli altri Paesi ci sono stati, nel migliore dei casi, progressi limitati e si registrano quotidianamente in tutta la regione casi di aggressione e minacce contro i giornalisti. Tutti i Paesi devono compiere ancora significativi passi in avanti sui diritti dei minori, per contrastare le discriminazioni contro le persone disabili e le minoranze e per prevenire le discriminazioni di genere e la violenza contro le donne. Le condizioni di detenzione devono essere migliorate e adeguate agli standard UE. Le Istituzioni democratiche e il loro corretto funzionamento, destano particolare preoccupazione. Con riferimento alla Turchia, dopo il colpo di Stato, secondo la Comunicazione, desta seria preoccupazione la proporzionalità delle misure adottate e il perdurare dello stato di emergenza, che ha pesantemente condizionato l'attività legislativa e represso i partiti politici dell'opposizione. Nei Balcani il problema comune a tutti gli Stati è la mancanza di un dialogo politico e l'eccessivo ricorso alle procedure parlamentari d'urgenza. La riforma della pubblica amministrazione ha compiuto notevoli passi in avanti nei Balcani, mentre in Turchia la situazione è notevolmente peggiorata dopo il colpo di stato.
Rileva che le migrazioni sono state al centro del lavoro dell'UE con i Paesi dell'allargamento, e in particolare i progressi si registrano con l'azione congiunta svolta lungo le rotte migratorie dei Balcani occidentali e del Mediterraneo orientale. La Turchia sta compiendo uno sforzo notevole ospitando 3,5 milioni di rifugiati provenienti dalla Siria e si registra una notevole diminuzione degli attraversamenti irregolari, così come dei decessi nel mar Egeo, con un calo degli arrivi pari al 77 per cento nel 2017 rispetto all'anno precedente. Per le attività di accoglienza in Turchia dei profughi, l'UE ha destinato una prima tranche di 3 miliardi di euro e una seconda dello stesso importo già in fase di mobilitazione. Complessivamente le azioni coordinate dell'UE hanno permesso di ridurre del 91 per cento i flussi migratori attraverso i Balcani occidentali e alcuni Stati come la Repubblica della Macedonia del Nord e la Serbia si sono dimostrate partner affidabili.
Sottolinea che la Turchia, pur restando un partner fondamentale dell'Ue, con le iniziative prese dopo il fallito colpo di stato del 2016, si è molto allontanata dall'Unione europea. Alle circostanze attuali non è prevista l'apertura di nuovi capitoli se non si inverte l'attuale tendenza negativa nel campo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Da quando è stato proclamato lo stato di emergenza più di 150 mila persone sono state poste in custodia cautelare e 78 mila sono state arrestate. 150 giornalisti sono ancora in carcere e con 31 decreti d'emergenza si sono limitati pesantemente i diritti civili e politici. Il referendum costituzionale organizzato e vinto durante lo stato d'emergenza ha conferito poteri pressoché assoluti al Presidente della repubblica, mentre molti esponenti del partito di opposizione HDP sono stati arrestati e a dieci di loro sono stati addirittura privati dei rispettivi Pag. 36seggi. Occorre inoltre riprendere il processo di pace con i curdi nel sud est del Paese, che sta vivendo una profonda crisi economica. Ad ogni modo il dialogo tra Turchia e Ue prosegue con visite e cooperazione negli ambiti di interesse.
Riguardo al Montenegro, segnala che ha tenuto le elezioni presidenziali nell'aprile 2018 e che molte iniziative sono state intraprese in linea con le raccomandazioni formulate dall'attività di osservazione elettorale dell'OSCE in occasione delle elezioni politiche del 2016. I negoziati sono ulteriormente progrediti con l'apertura di 30 capitoli, tre dei quali provvisoriamente chiusi. Buoni passi in avanti per quanto riguarda lo stato di diritto, mentre nessun progresso si evidenzia sulla libertà d'espressione.
Con riferimento alla Serbia, ricorda che, dopo le lezioni del giugno 2017, si è insediato un nuovo governo, che ha mantenuto l'impegno di integrazione dell'UE. I negoziati sono progrediti con l'apertura di 12 capitoli, due dei quali provvisoriamente chiusi. La Serbia deve aumentare il dialogo con il Kosovo, preservando pace e stabilità. Le riforme macroeconomiche continuano a produrre risultati ma è ancora basso il livello degli investimenti pubblici. Come per il Montenegro, pochi sono i progressi sulla libertà d'espressione.
Riguardo alla Repubblica della Macedonia del Nord, rileva che il Paese ha superato una profonda crisi politica, mentre permangono problemi strutturali, specialmente in campo giudiziario.
Relativamente all'Albania, sottolinea che i progressi costanti nell'attuazione delle cinque priorità fondamentali per l'apertura dei negoziati di adesione. La pubblica amministrazione risulta fortemente depoliticizzata e anche la magistratura è più indipendente e professionale. Ottimi risultati, inoltre, sono stati conseguiti nella lotta contro la criminalità organizzata.
Con riferimento alla Bosnia Erzegovina, osserva che il Paese ha compiuto lenti progressi nei processi di riforma e rimangono prioritarie l'attuazione di riforme socioeconomiche e il rafforzamento dello stato di diritto. Restano inoltre forti gli squilibri sul mercato del lavoro e permane un clima non favorevole agli investimenti.
Riguardo al Kosovo, sottolinea che il Paese vive un difficile contesto politico interno, che ha rallentato molto l'attuazione del processo di riforme, mentre progressi si osservano nell'economia, nonostante l'alto tasso disoccupazione. La situazione nel nord è ancora particolarmente difficile, mentre la Commissione sta ancora finendo di valutare i progressi compiuti nella lotta contro la criminalità organizzata. Il Kosovo deve inoltre migliorare il dialogo con la Serbia e attuare gli accordi sull'Associazione/comunità dei comuni a maggioranza serba.
Ribadisce che, sulla scorta delle valutazioni espresse dalla Commissione europea nella comunicazione in esame, il 26 giugno scorso il Consiglio affari generali dell'UE ha deciso di avviare, a giugno 2019, i negoziati di adesione all'UE con l'Albania e la Repubblica della Macedonia del Nord. Sottolinea che si è trattato di un compromesso, dal momento che alcuni Stati membri (nello specifico, Francia e Olanda, con il supporto della Danimarca) erano contrari a dare il via ai negoziati, mentre altri avrebbero voluto avviarli subito.
Rileva che il Parlamento italiano è dunque chiamato ad accompagnare e promuovere questo processo, supportando l'attività del Governo in sede di Consiglio dell'UE, anche per consolidare il ruolo dell'Italia come partner privilegiato dei Balcani occidentali. In questo senso, ritiene significativo ricordare che negli ultimi anni la Camera dei deputati ha intensificato le attività di cooperazione, a livello politico ed amministrativo, con i parlamenti di tutti i Paesi dell'area, contribuendo in maniera significativa all'attività di institution building, che rappresenta uno degli obiettivi più rilevanti del processo di allargamento.
La Sottosegretaria Emanuela Claudia DEL RE ringrazia i relatori per le rispettive analisi, che evidenziano criticità e successi del processo di allargamento. Sottolinea che, in esito alla riunione del 9 Pag. 37luglio scorso dei ministri degli esteri del Processo di Berlino, di cui fanno parte i sei Paesi dei Balcani occidentali e otto paesi dell'UE (tra i quali – oltre all'Italia – Francia, Germania e Austria), è stato ribadito l'impegno comune a promuovere l'adesione dei Balcani Occidentali: da un lato, i Paesi della regione balcanica si sono impegnati a dare impulso alle riforme, dall'altro, i Paesi membri dell'UE hanno confermato che l'allargamento costituisce un obiettivo strategico. Sono decisioni che si collocano nella linea di tradizionale attenzione italiana al tema, infatti il nostro Paese ha accolto con favore il pacchetto proposto dalla Commissione con la nuova strategia e condiviso in modo unanime dai Paesi membri riuniti nel Consiglio Affari generali. Non a caso, l'obiettivo di integrazione dei Balcani Occidentali figura anche tra le priorità del programma della Presidenza austriaca (in carica nel secondo semestre 2018) e della Presidenza romena dell'UE (in carica nel primo semestre 2019) e non va sottovalutato in quanto elemento profondo di indirizzo dell'azione politica europea ed italiana nella regione.
Sergio BATTELLI, presidente, nel ricordare che gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni hanno deliberato lo svolgimento di un ciclo di audizioni, fa presente che il dibattito si svolgerà in altra seduta, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento.
La seduta termina alle 16.