ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO

Seduta n. 89 di giovedì 22 novembre 2018

INDICE


ATTI DI INDIRIZZO:

Risoluzione in Commissione:
 III Commissione:
  De Maria  7-00112  3185

ATTI DI CONTROLLO:

Affari esteri e cooperazione internazionale.

Interrogazione a risposta scritta:
  La Marca  4-01681  3186

Ambiente e tutela del territorio e del mare.

Interrogazione a risposta scritta:
  Acunzo  4-01692  3187

Beni e attività culturali.

Interrogazione a risposta scritta:
  Di Lauro  4-01693  3187

Difesa.

Interrogazione a risposta scritta:
  Del Monaco  4-01685  3188

Economia e finanze.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Fragomeli  5-00977  3190

Interrogazioni a risposta scritta:
  Tondo  4-01687  3191
  Paita  4-01688  3191
  Trano  4-01694  3192

Giustizia.

Interrogazione a risposta scritta:
  Brambilla  4-01690  3193

Infrastrutture e trasporti.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Paita  5-00976  3194
  Manca Gavino  5-00979  3194

Interrogazioni a risposta scritta:
  Torto  4-01682  3195
  Mazzetti  4-01686  3196

Interno.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Fregolent  5-00978  3197

Interrogazioni a risposta scritta:
  Pagano Alessandro  4-01684  3198
  Speranza  4-01689  3199
  Zoffili  4-01691  3200

Istruzione, università e ricerca.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Bucalo  5-00981  3200

Salute.

Interrogazione a risposta scritta:
  Spena  4-01683  3201

Sviluppo economico.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Gribaudo  5-00975  3202
  Nardi  5-00980  3203

Apposizione di firme a risoluzioni  3204

Apposizione di firme ad interrogazioni  3204

Pubblicazione di un testo riformulato  3204

Risoluzione in Commissione:
 XII Commissione:
  Pagano Ubaldo  7-00110  3204

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo  3206

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

   La III Commissione,

   il 19 dicembre 2017 è stata adottata dalla Commissione affari esteri una risoluzione sulla situazione politica in Cambogia;

   è stato disposto lo scioglimento – con una sentenza politicamente motivata della Corte suprema il 16 novembre 2017 della Cambogia – del principale partito di opposizione in Cambogia, il Cambodia National Rescue Party (CNRP) che non ha potuto presentarsi alle elezioni legislative cambogiane del 29 luglio 2018;

   dette elezioni sono state giudicate dalla comunità internazionale una farsa guidata dal Cambodian People's Party (CPP) che ha ottenuto la totalità dei 125 seggi dell'Assemblea nazionale facendo regredire il Paese ufficialmente ad un regime a partito unico;

   Onu, Ue, Usa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda e altri Stati non hanno inviato nessun osservatore elettorale proprio per la palese assenza dei minimi standard internazionali per definire legittima una competizione elettorale;

   va considerata la chiusura di molte stazioni radio e quotidiani e la permanenza agli arresti domiciliari del Presidente del CNRP, Kem Sokha, che rimane in attesa di essere giudicato;

   considerata la risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2018 in cui, tra l'altro, si invita la Commissione europea (punto 9) a «valutare eventuali conseguenze nell'ambito delle preferenze commerciali di cui gode la Cambogia, tra cui l'avvio di un'indagine nel quadro dei meccanismi previsti dall'EBA» (Everything But Arms - Tutto Tranne Armi) e (punto 10) «il SEAE e la Commissione a redigere un elenco degli individui responsabili dello scioglimento dell'opposizione e di altre gravi violazioni dei diritti umani in Cambogia, nell'ottica di imporre loro eventuali restrizioni in materia di visti e congelamento di beni»;

   considerato l'avvio, confermato dalla Commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, di un'indagine ufficiale che dovrà determinare la sospensione dell'accordo EBA entro pochi mesi;

   considerato che il 26 settembre 2018 il Relatore Speciale dell'ONU, prof. Rhona Smith, ha confermato nel dialogo interattivo al Consiglio Onu per i Diritti Umani a Ginevra le gravi violazioni perpetrate nel corso dell'ultimo anno dal CPP e dal governo di Hun Sen;

   considerata l'audizione di Sam Rainsy, il leader politico e attivista cambogiano da anni costretto all'esilio a Parigi, presso la Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati del 25 ottobre 2018, nella quale ha ricordato che l'articolo 31 degli Accordi di Pace di Parigi del 1991, recita: «Il presente accordo resterà aperto all'adesione di tutti gli Stati. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso i governi della Repubblica francese e della Repubblica di Indonesia. Per ogni Stato aderente all'accordo esso entrerà in vigore alla data del deposito dei suoi strumenti di adesione. Gli Stati aderenti sono soggetti agli stessi obblighi dei Firmatari»;

   considerando che il professore Surya Subedi, precedente Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Cambogia, il 23 ottobre 2011 ha dichiarato: «Gli Accordi di Pace di Parigi hanno definito una chiara visione per una nuova Cambogia costruita sui diritti umani, sulla democrazia e sullo Stato di Diritto» e che alla luce del fallimento di queste promesse, Subedi ha puntualmente aggiunto: «Gli Accordi rimarranno validi fino a quando la loro visione non sarà una realtà per tutti i cambogiani»;

impegna il Governo:

   a condannare in tutte le sedi opportune la repressione politica in Cambogia e le misure restrittive nei confronti di partiti, esponenti politici, organizzazioni per i diritti umani, giornali e stazioni radio e per l'arresto e la detenzione del leader del CNRP, Kem Sokha;

   a sostenere il processo di sospensione dell'accordo commerciale EBA sul tariffario preferenziale tra Unione europea e Cambogia e ad assumere iniziative, nelle competenti sedi, per adottare sanzioni individuali nei confronti dei membri del governo cambogiano, anche alla luce della risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2018;

   a valutare se sussistano i presupposti per aderire agli accordi di pace di Parigi del 1991, adottando ogni iniziativa di competenza affinché si creino le condizioni per la ripresa del processo di democratizzazione in Cambogia e per l'indizione di nuove elezioni che siano libere e giuste per il popolo cambogiano.
(7-00112) «
De Maria, Quartapelle Procopio, Scalfarotto, Bruno Bossio, Pezzopane, De Menech, Siani, Bonomo, Rizzo Nervo, Madia, Serracchiani, Gribaudo, Rossi, Schirò, Paita, Migliore».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:

   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Governo canadese, negli ultimi tredici anni (2006-2018), ha concesso 3.371.318 permessi di residenza permanente nel Paese a stranieri che ne avevano fatto richiesta in base alle normative in vigore in questo settore;

   i permessi di residenza permanente riconosciuti ai cittadini italiani nello stesso periodo ammontano a 7.519, equivalenti allo 0,19 per cento del totale;

   un dato così esiguo contrasta con l'entità e la consistenza della comunità di origine italiana che, secondo i dati ufficiali di provenienza pubblica, attualmente supera il milione e mezzo di persone (1.587.960) e, oltre ad essere una delle più rilevanti sul piano numerico, ha raggiunto livelli di integrazione elevati e consolidati, dando un significativo apporto alla costante modernizzazione e allo sviluppo del Paese;

   l'interesse dei cittadini italiani per la destinazione canadese, per altro, è elevato e costante, sia per la notevole ripresa dei flussi in uscita dal Paese, sia per il richiamo che le relazioni familiari e di conoscenza con italo-canadesi esercitano in modo capillare in ampie aree sociali e zone territoriali dell'Italia;

   l'adozione, da parte del Governo canadese, del provvedimento «Express Entry», che prevede requisiti linguistici di partenza e complesse procedure amministrative, non sembra facilitare l'attenuazione e il superamento del gap che di fatto si manifesta nei confronti dei nostri connazionali;

   allo stato, inoltre, non è possibile intravedere un intento politico orientato a regolarizzare la posizione degli stranieri presenti in Canada senza documenti, tra i quali non sono pochi gli italiani, né una sanatoria nei loro confronti;

   lo stesso numero di visti per vacanze-lavoro concordato tra i due Paesi (1.000 all'anno) è insufficiente a soddisfare la domanda e, inoltre, essi non includono le categorie degli Young Professional e dell’International Co-Op, riconosciute invece a favore di altri Paesi –:

   se non intenda avviare iniziative bilaterali con le autorità canadesi, in virtù anche degli ottimi rapporti che intercorrono tra i due Paesi, al fine di valutare la possibilità di rafforzare il sistema dei visti vacanza/lavoro per i giovani che intendano usufruire di tale modalità di formazione e di ingresso nel mondo lavorativo, allargandolo anche alle altre categorie escluse, e di aumentare la concessione dei permessi di residenza permanente per gli italiani nel rispetto degli ordinamenti e delle leggi di entrambi i Paesi.
(4-01681)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

   ACUNZO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in un intervento a fine seduta del 26 giugno 2018, l'interrogante ebbe a sottolineare la situazione di vera calamità determinata dalla situazione degli impianti di smaltimento di rifiuti siti nel territorio di Battipaglia;

   tale situazione, che perdura da troppo tempo, diventa sempre più grave, tanto da dover ammettere con dolore che la città di Battipaglia e la Piana del Sele stanno diventando la «pattumiera» della Campania;

   in quella stessa occasione l'interrogante si rivolse al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, invitandolo a promuovere un «dossier Battipaglia», così da poter poi avviare tutte quelle iniziative necessarie e urgenti atte a limitare e a ridurre i guasti che tale situazione sta creando all'intero comprensorio;

   tale emergenza richiede un intervento adeguato e profondo –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia assunto o promosso al riguardo e a che punto siano i lavori per la realizzazione del «dossier Battipaglia» sollecitato dall'interrogante, dal quale partire per avviare un'opera di risanamento del territorio così già gravemente compromesso.
(4-01692)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

   DI LAURO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Meta di Sorrento (NA) vi è l'immobile storico «Villa Giuseppina»;

   nell'ottobre 2005, i proprietari di un appartamento all'interno dell'immobile hanno deciso di vendere per 650.000 euro;

   essendo un bene vincolato, ai sensi della legge n. 1089 del 1939, il comune ha esercitato diritto di prelazione tramite delibera consiliare 73 del 22 novembre 2005, per realizzarvi il Museo del Mare della Penisola Sorrentina, e ha provveduto all'impegno della spesa per 650.000 euro;

   il privato che avrebbe voluto acquistare l'immobile ha fatto ricorso al Tar il quale si è espresso nell'agosto 2009 in senso sfavorevole al ricorrente, specificando che «il Consiglio comunale di Meta di Sorrento, nel deliberare l'esercizio della prelazione ha indicato nella finalità dell'acquisto di adibire l'immobile a sede di uffici di rappresentanza. Tale finalità risulta pienamente conforme all'interesse pubblico della valorizzazione del bene culturale, in quanto l'adibizione di questo a sede di rappresentanza di un ente pubblico corrisponde ad un tradizionale, diffuso e prestigioso utilizzo di beni culturali che, lungi dal comprometterne la conservazione, ne determina la valorizzazione, posta l'evidenza della funzione ad essi assegnata dal proprietario»;

   nel 2010 il nuovo sindaco Paolo Trapani ha perfezionato la compravendita e ha ribadito con delibera n. 146 del 13 giugno 2012 la destinazione dell'edificio a «Museo del Mare e a Uffici di Rappresentanza»;

   con nota n. 9080 del 12 giugno 2012 la giunta ha dato incarico a un funzionario comunale architetto di predisporre il «Progetto di allestimento del museo del mare e di uffici di rappresentanza nell'immobile di proprietà comunale denominato Villa Giuseppina» al costo di 1 milione di euro che è stato approvato dalla giunta;

   il 15 febbraio 2017, il funzionario comunale ha adottato una determina con la quale ha indetto un'asta per la locazione del suddetto appartamento, ove si legge: «è interesse ed intenzione dell'Amministrazione rendere produttivo di reddito il detto cespite e, per tal motivo, è stata espressa la volontà di procedere alla indizione di apposita Procedura ad Evidenza Pubblica al fine di individuare il migliore contraente a cui cedere in Locazione la detta consistenza immobiliare»;

   tuttavia, all'interrogante non risultano atti ove l'amministrazione esprime questo «interesse»;

   secondo l'interrogante, la locazione dell'immobile non giustificherebbe più la compravendita da parte del comune per come è stata motivata nella richiamata sentenza del Tar, considerando che il bene sarebbe vincolato ai sensi della predetta legge;

   la base d'asta era di 1.857 euro mensili, sebbene il valore presunto sulla base della banca dati delle quotazioni immobiliari dell'agenzia delle entrata oscillerebbe tra 1715 e 4041 euro mensili, per la superficie dell'appartamento messa a bando di metri quadrati 381,25;

   a pochi giorni dall'aggiudicazione il funzionario comunale ha dato mandato a un geometra esterno, di procedere alla variazione catastale per diversa distribuzione degli spazi interni: la superficie catastale escluse le aree scoperte era al 28 luglio 2016 di 396 metri quadrati, 14,75 in più di quelli messi a bando, per 9 vani, mentre, dopo la variazione catastale, i metri quadrati sono diminuiti a 358 e i vani aumentati a 15,5;

   sembrerebbe che la struttura sia attualmente utilizzata come struttura alberghiera e che siano state effettuate ristrutturazioni, tenuto conto che, data la natura dell'immobile, si renderebbero necessarie le opportune autorizzazioni della soprintendenza ai beni culturali –:

   quali orientamenti abbia assunto la competente soprintendenza in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare al riguardo, alla luce della circostanza che si tratta di un immobile storico assoggettato ai vincoli di cui alla legge n. 1089 del 1939;

   se intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato anche al fine di verificare, per quanto di competenza la regolarità amministrativo-contabile dell'operato del comune di Meta di Sorrento.
(4-01693)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

   DEL MONACO, ALAIMO, ANGIOLA, DEL SESTO, FRUSONE, GALANTINO, IORIO, NAPPI, PARENTELA, ROBERTO ROSSINI, CHIAZZESE, ERMELLINO, RIZZO, IOVINO, CORDA, ARESTA, TRAVERSI e GRIMALDI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il modello di gestione stipendiale – spettante ai militari delle 3 forze armate – di competenza di Ministero della difesa e Ministero dell'economia e delle finanze risulta all'interrogante non essere idoneo in termini di efficienza ed efficacia, in quanto le tempistiche di elaborazione delle variazioni stipendiali (due mesi dall'inserimento delle variazioni) sono decisamente troppo dilatate nel tempo;

   ci sono problematiche di comunicazione e interfaccia fra sistema stipendiale interforze e piattaforma stipendiale NoiPA, che comportano il disallineamento fra gli importi dovuti e quelli realmente corrisposti al personale;

   una generale rigidità della procedura NoiPA si ripercuote su tutto il personale interessato;

   esiste incertezza sui tempi e sui modi con cui sanare le menzionate anomalie;

   c'è carenza comunicativa, a quanto consta all'interrogante, con l'utenza da parte del servizio di assistenza NoiPA che, asserendo di fornire esclusivamente una procedura informatizzata utile ai fini del calcolo dei cedolini, demanda agli uffici di servizio di Forza armata anche la trattazione e la risoluzione di problematiche e anomalie originatesi nella procedura medesima;

   il Centro unico stipendiale interforze – che attualmente svolge il ruolo di «governance» – di fatto non ha alle dipendenze dirette (solo funzionali) né la banca dati unica stipendiale (a lead AM), né i centri stipendiali di Forza armata, con la conseguenza che la linea d'azione delineata dal citato organo di vertice non trova immediata ed omogenea azione amministrativa nei confronti dei militari delle forze armate;

   l'attuale architettura Ministero della difesa/Ministero dell'economia e delle finanze non definisce in modo chiaro e inequivocabile i livelli di responsabilità fra i vari attori che intervengono nell'elaborazione e nel pagamento del cedolino stipendiale NoiPa;

   relativamente all'emanazione delle disposizioni amministrative in materia di trattamento economico di attività, spesso vi è una sovrapposizione di funzioni e competenze fra Smd-Cusi e direzione generale per il personale militare –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, se gli stessi corrispondano al vero e, in caso affermativo, se intenda assumere le iniziative di competenza per:

    a) adottare un altro sistema di elaborazione stipendiale che preveda l'elaborazione del cedolino in ambito difesa e il pagamento delle competenze con NoiPa (cosiddetto «modello carabinieri») nelle more che vengano risolte le criticità di comunicazione di flussi informatici Ministero della difesa/Ministero dell'economia e delle finanze;

    b) creare un sistema di gestione stipendiale del personale delle forze armate in chiave unitaria e interforze attraverso un unico centro amministrativo che garantisca e operi secondo omogeneità di trattamento verso tutti gli amministrati, nella piena applicazione delle norme, con tempi e modi ben definiti, assicurando altresì l'ottimizzazione delle risorse umane ed economiche del dicastero della difesa;

    c) connotare in chiave interforze la banca dati unica stipendiale (che attualmente gestisce la procedura stipendiale interforze), superando l'attuale impiego come organismo di F.A. Aeronautica;

    d) avviare un tavolo tecnico interministeriale tra il Ministero della difesa e il Ministero dell'economia e delle finanze per definire tutte le problematiche tecnico/amministrative/informatiche e, in modo univoco, i livelli di responsabilità dei diversi «attori» (il contabile di periferia, il Centro unico stipendiale interforze, la Banca dati unica stipendiale, il NoiPa) che, a vario titolo, agiscono sul cedolino degli amministrati;

    e) chiarire in modo inequivocabile il ruolo di «governance (Cusi)» e di «indirizzo amministrativo (Persomil)», con la creazione di un unico organismo interforze che assuma l'onere di essere unico polo di riferimento in materia di disciplina stipendiale;

    f) riesaminare l'attuale protocollo d'intesa, tra il Ministero della difesa e il Ministero dell'economia e delle finanze, prevedendo che per ogni anomalia generata dal Ministero dell'economia e delle finanze, l'eventuale cedolino straordinario che corregga l'errore procurato non sia posto a carico della Difesa.
(4-01685)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, commi 974-978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha istituito un programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, il cosiddetto «bando periferie», con uno stanziamento iniziale di 500 milioni di euro;

   al fine di assicurare il finanziamento di tutti i progetti ammessi in graduatoria, sono stati successivamente destinati al «bando periferie» ulteriori 800 milioni di euro con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 di riparto del fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese istituito dall'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), nonché 798,17 milioni di euro del fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) per il periodo di programmazione 2014-2020, assegnati con delibera del Cipe n. 2 del 3 marzo 2017;

   con quello che appare all'interrogante il duplice pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018, n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale e di sbloccare l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti per gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, ha rinviato al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e delle delibere del Cipe n. 2/2017 e n. 72/2017;

   il comma 03 dell'articolo 13 del decreto citato quantifica gli effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto derivanti dal comma 02 in 140 milioni di euro per l'anno 2018, 320 milioni di euro per l'anno 2019, 350 milioni di euro per l'anno 2020 e 220 milioni di euro per l'anno 2021. Tali risorse sono destinate al fondo, istituito dal successivo comma 04, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, da utilizzare per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti;

   questo «scambio» effettuato dal Governo tra le risorse destinate al finanziamento dei progetti del bando periferie e lo sblocco dei risultati di amministrazione appare penalizzante per gli enti locali sia dal punto di vista qualitativo sia dal punto di vista quantitativo;

   sul primo aspetto si sostituiscono trasferimenti, cioè risorse aggiuntive rispetto a quelle a disposizione con lo sblocco degli avanzi, cioè con la possibilità, da parte degli enti locali, di utilizzare risorse proprie;

   dal secondo punto di vista, l'ammontare di risorse destinate allo sblocco degli avanzi appare di gran lunga inferiore (1.030 milioni di euro) a quello destinato al finanziamento dei progetti del bando (1.598 milioni di euro) –:

   quale sia l'orientamento del Governo rispetto ai fatti esposti in premessa e in quale modo siano quantificati gli effetti di risparmio dovuti alla sospensione delle convenzioni di cui al citato articolo 13, comma 03, del decreto-legge n. 91 del 2018 che appaiono complessivamente inferiori rispetto allo stanziamento destinato al «bando periferie».
(5-00977)

Interrogazioni a risposta scritta:

   TONDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il mondo delle fondazioni bancarie italiane è stato negli ultimi anni gravato da anomalie, perdite ingentissime e conflitti di interesse di esponenti politici che hanno ricoperto incarichi in contrasto con le regole che attengono alla deontologia professionale. Da tempo sono infatti all'attenzione dell'opinione pubblica i casi degli scandali della Banca Montepaschi di Siena, della Cassa delle Marche, di Banca Carige, e altri;

   le fondazioni, ad avviso dell'interrogante, sono divenute delle vere e proprie centrali di potere finanziario che condizionano le attività proprie delle banche, in particolare hanno consentito che fossero erogati prestiti alle imprese senza alcuna cautela, per ragioni puramente clientelari;

   da quanto si apprende da notizie di stampa, pesanti condizionamenti si sono verificati anche in seno alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo;

   si afferma infatti che il presidente ed alcuni esponenti del board della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo siano intervenuti per avallare, in pieno conflitto di interessi, operazioni, nomine ed altre attività solo per fini clientelari;

   risulta infatti all'interrogante che il presidente signor Giandomenico Genta abbia presieduto fino a luglio 2016 il vertice del collegio sindacale della società consortile Eurofdi Scarl, che in seguito è fallita;

   il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo Genta è stato peraltro sanzionato dalla Banca d'Italia per il grave danno subito dagli azionisti «per carenze di controlli da parte degli ex componenti del Collegio Sindacale»;

   è inoltre emerso da articoli pubblicati da autorevoli organi di stampa nonché dalle visure camerali che il presidente Genta, già sindaco della Società Autostrade per l'Italia s.p.a. ha acquistato, con denaro della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, oltre 49 milioni di azioni di Atlantia s.p.a., capo gruppo di Autostrade per l'Italia s.p.a.; a seguito dei tragici eventi del mese di agosto 2018 a Genova il titolo Atlantia ha perso in borsa molto del suo valore, con conseguente ingente perdita anche dell'investimento fatto dalla Fondazione;

   è altresì da evidenziare che il presidente Genta è stato nominato nel 2018 Presidente del collegio sindacale della Società Autostrade s.p.a. e di conseguenza è diventato controllore anche degli assetti organizzativi e dei piani di investimento della società. A ciò è da aggiungere che nel mese di agosto 2018 il suddetto acquisto di azioni di Atlantia s.p.a. ha arrecato, rispetto agli acquisti precedenti effettuati, un'elevata perdita borsistica e quindi un rilevante danno alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo;

   le gravi carenze da parte dell'organo di vigilanza della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo sono state evidenziate in numerosi articoli di stampa e suffragate dal parere di molti giuristi piemontesi;

   vanno poi ricordate le dimissioni del consigliere della Cassa di Risparmio di Cuneo Antonio Degiacomi, che ha preso le distanze dall'operato del presidente Genta, denunciandone i conflitti di interesse come presidente della Fondazione;

   da ultimo, sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, che alcuni esponenti al vertice della Fondazione rassegnassero le dimissioni in relazione alle gravi anomalie e conflitti di interesse in essere nella Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, in forza dei poteri di vigilanza sulle fondazioni bancarie attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze, per garantire che siano individuate e superate le anomalie che hanno caratterizzato la gestione della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.
(4-01687)

   PAITA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dagli organi di informazione che l'offerta delle Ferrovie dello Stato italiane su Alitalia «è stata positivamente valutata dai commissari sentito il Ministero vigilante»;

   si tratta di una notizia di grande rilievo che riguarda la principale compagnia aerea del Paese nonché la principale azienda di trasporto ferroviario;

   sempre da notizie di stampa risalenti al mese di ottobre 2018 risulterebbe che Ferrovie dello Stato italiane in questa delicata operazione industriale avrebbe scelto Mediobanca come advisor;

   l'ambizione di Ferrovie dello Stato italiane più volte esternata dall'amministratore delegato delle stesse Ferrovie è quella di creare un sistema integrato di trasporti, mettendo in collegamento porti, aeroporti e stazioni, puntando alla leadership su un progetto complessivo di mobilità del Paese;

   la valutazione positiva della offerta di Ferrovie dello Stato italiane determina un'accelerazione anche nella ricerca di eventuali partnership nel campo del trasporto aereo –:

   se Mediobanca sia stato davvero l’advisor incaricato da Ferrovie dello Stato italiane per la valutazione dell'offerta su Alitalia e, ove tale circostanza sia confermata, sulla base di quali criteri ciò sia avvenuto e se risultino essere state rispettate, nella richiamata individuazione, le previste procedure interne di valutazione e selezione.
(4-01688)

   TRANO, CASO, MIGLIORINO, CURRÒ, GRIMALDI, SALAFIA, ASCARI e PIERA AIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la situazione anomala del comune di Bracciano è stata segnalata nel corso della XVII legislatura attraverso l'interrogazione a risposta scritta presentata presso la Camera dei deputati n. 5/12792 (seduta di annuncio n. 891 del 2017);

   altre interrogazioni al Senato n. 4/0170 del 2014; alla Camera n. 4/02473 del 2013) hanno riguardato la discarica di «Cupinoro» e la «Bracciano Ambiente» seguite recentemente dalla decisione della procura regionale della Corte dei Conti di rinviare a giudizio il precedente sindaco Giuliano Sala, ipotizzando danni per 4.400.000 euro;

   dall'insediamento della nuova giunta comunale (giugno 2016) sono stati posti in essere una serie di atti condizionanti le scelte e la stessa vita amministrativa dell'ente, a quanto consta all'interrogante dando luogo a ripetuti cambi del segretario comunale e dei dirigenti; dette anomalie formano oggetto di numerosi esposti tra i quali il caso di una procedura di lottizzazione portata avanti in costanza di un piano regolare generale in contrasto con il piano territoriale paesistico regionale, (come evidenziato dalla regione Lazio) sfociata nella decisione del comune di dare certificazione di destinazione urbanistica;

   è stata costituita una commissione di indagine interna per controllare l'operato dei dipendenti, mentre il dettato legislativo affida la decisione al prefetto su segnalazione della magistratura e della polizia giudiziaria, o della minoranza, coinvolgendo quest'ultima e i familiari in esposti e discutibili accessi agli atti; in molte delle vicende enunciate aleggia sempre il nominativo di uno stesso privato cittadino, lasciando presagire un ruolo consolidato, se non condizionante, nel rapporto pubblico-privato;

   è stato emesso dalla procura della repubblica di Civitavecchia un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di dipendenti comunali, ex amministratori, professionisti per una serie di reati tra cui l'associazione a delinquere (articolo 416 del codice penale) procedimento tuttora in corso;

   il comune di Bracciano (già commissariato) ha fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000; il 17 dicembre 2017 la Corte dei Conti – sezione regionale di controllo per il Lazio accertava «gravi irregolarità» tra le quali un'esposizione debitoria «non quantificata e non quantificabile», mettendo in dubbio criteri e presupposti metodologici usati per la quantificazione della massa passiva in euro 5.557.968,23 «considerato che il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2015 risulta di importo maggiore», ovvero euro 6.559.369,43;

   la relativa richiesta di adempimenti, che già prorogava il territorio per le controdeduzioni del comune, del 4 maggio 2018 era prorogata nuovamente in data 24 maggio 2018;

   nell'adunanza camerale del 19 luglio 2018 la sezione ha deliberato di non approvare il piano di riequilibrio finanziario pluriennale del comune di Bracciano adottato con deliberazioni del consiglio comunale n. 14 del 12 settembre 2016 «avendo valutato lo stesso non congruo ai fini del riequilibrio finanziario dell'ente»;

   il sindaco Tondinelli ha imputato la responsabilità della situazione finanziaria alla precedente amministrazione comunale, ma nel testo della delibera n. 62 pervenuto al comune di Bracciano il 13 agosto 2018 si rappresenta che la stesura dei documenti/evidenzia un diffuso disordine che ha concorso ad una non chiara rappresentazione della gestione contabile e finanziaria non risolta nel tempo neppure a seguito delle pronunce della sezione susseguitesi negli anni;

   in data 10 settembre 2018 il consiglio comunale di Bracciano ha approvato l'atto di indirizzo che dà mandato alla giunta di produrre ricorso avverso la deliberazione della corte dei conti e nella mattinata del giorno successivo l'assessore comunale al bilancio ha protocollato le dimissioni –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica al riguardo da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato, in relazione alle notevoli criticità relative alla gestione amministrativa, contabile e finanziaria;

   se, anche in ragione degli esposti giacenti presso la procura della Repubblica di Civitavecchia, non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per assumere le iniziative di competenza ai sensi degli articoli 141 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(4-01694)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

   BRAMBILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tra il 1997 e il 1998, su segnalazione dei servizi sociali, sedici bambini sono stati allontanati dalle loro famiglie residenti nella bassa modenese, tra Massa Finalese e Mirandola;

   secondo l'accusa formalizzata in seguito, i bambini sarebbero stati vittime di una rete di pedofili, che li obbligava a compiere riti satanici nei cimiteri;

   durante il procedimento penale, concluso nel 2014 con l'assoluzione di metà degli indagati, una madre si è suicidata gettandosi dal quinto piano, un parroco accusato di far parte della rete è morto d'infarto, due madri sono decedute in carcere. Un altro indagato è stato colpito da attacco cardiaco dopo la condanna. Nessuno dei bambini allontanati è stato restituito alla famiglia d'origine;

   un'inchiesta di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, pubblicata in più puntate su Repubblica.it, avvalora il sospetto che gli assistenti sociali della Asl, tra cui la dottoressa Valeria Donati, abbiano ascoltato i bambini applicando metodi discutibili e di fatto inducendoli a raccontare episodi mai accaduti;

   nelle more degli accertamenti giudiziari, si legge ancora nell'inchiesta, i comuni del modenese hanno coperto le spese per l'affido e le terapie dei bambini, versando complessivamente quasi 4 milioni di euro, 2 dei quali al Cab, il «Centro aiuto al bambino», della dottoressa Donati;

   nelle aule dei tribunali dei minori la sorte dei bambini è decisa da un collegio di due magistrati e due giudici onorari, scelti tra professionisti con competenze specifiche, come psicologi, medici o educatori di case famiglia e in ogni caso è sulla base delle relazioni di «esperti» che vengono avviate indagini o emesse sentenze;

   nel marzo 2015 il settimanale «Panorama» rivelò che nei 291 tribunali per i minorenni italiani, e nelle corti d'appello minorili, su un migliaio di magistrati «onorari», ben 211 operavano in pieno conflitto d'interessi;

   nell'articolo 7, comma 6, della circolare del Consiglio superiore della magistratura 14 maggio 2010 è stata espressamente prevista l'incompatibilità tra l'attività di giudice onorario e le cariche rappresentative di strutture di accoglienza –:

   se intenda adottare iniziative normative per evitare che si verifichino, in danno dei minori, gravi anomalie come quelle descritte;

   se risulti al Governo quanti provvedimenti di decadenza o di revoca dall'incarico di giudice onorario nei tribunali dei minori siano stati assunti negli ultimi anni e per quali motivazioni.
(4-01690)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Frecciargento delle ore 6,10, in partenza da Genova, è l'unico treno che collega in poco meno di 4 ore il capoluogo ligure con Roma;

   dal 9 dicembre 2018, con l'entrata in vigore dell'orario invernale, Trenitalia ha modificato la corsa di questo importante treno, spostando il capolinea all'aeroporto di Fiumicino, con la fermata presso la stazione Tiburtina, e la conseguente cancellazione di quella per Termini;

   si tratta, tra l'altro, di una decisione molto pubblicizzata da Trenitalia che, però, nei fatti determinerà un enorme disagio all'utenza di questa tratta;

   il presunto allungamento per Fiumicino non aumenta l'attrattività della corsa del suddetto Frecciargento se ad essere soppressa è la fermata della stazione Termini, quella più centrale della città di Roma;

   si tratta di una decisione che va analizzata anche alla luce dei disagi determinati dal crollo del «ponte Morandi» e dalla oggettiva carenza di collegamenti aerei, e con prezzi spesso inaccessibili, con la capitale, evidenziata dall'interrogante anche con un altro atto di sindacato ispettivo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale annunciato cambiamento e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nell'ambito del contratto di servizio, al fine di rivedere la suddetta decisione e di assicurare il mantenimento dell'attuale percorrenza e degli attuali tempi del Frecciargento delle ore 6,10 in partenza da Genova con fermata presso la stazione Termini di Roma e senza lo spostamento alla stazione Tiburtina.
(5-00976)

   GAVINO MANCA, MURA, PIZZETTI e GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la strada Sassari-Alghero rientra nelle priorità d'intervento della «rete fondamentale» prevista nel piano regionale dei trasporti e riveste una fondamentale importanza strategica nel sistema viario regionale, collegando tra loro due centri di riferimento per il territorio della parte settentrionale dell'isola e garantendo l'accessibilità allo scalo aeroportuale di Alghero-Fertilia;

   nei giorni scorsi, come riportato dalla stampa locale, in sede di Commissione Via è emersa una problematica per il completamento del primo lotto progettuale, l'unico rimasto da completare per il collegamento tra Sassari ed Alghero;

   il Governo Renzi tra il 2014 e il 2015 ha stanziato le risorse necessarie per il primo lotto della nuova Sassari-Alghero, pari a complessivi 125.000.000 di euro di cui 81.000.000 di euro erogati con il cosiddetto «decreto sblocca Italia», 25.000.000 di euro erogati dalla regione Sardegna nell'ambito del piano regionale delle infrastrutture e 19.000.000 di euro a valere sulle risorse assegnate all'Anas nell'ambito del contratto di programma 2015;

   secondo il parere della Commissione Via, esisterebbe una incompatibilità con le previsioni del piano paesaggistico regionale per il tratto da Rudas ad Alghero e per la bretella di collegamento con l'aeroporto;

   nonostante le modifiche apportate al progetto da parte dell'Anas, giustificate da un preciso report dei flussi di traffico, parrebbe che l'orientamento della Commissione Via sia quello di autorizzare esclusivamente una strada a due corsie;

   le integrazioni richieste sono fondate sul punto nel quale si afferma che il piano paesaggistico regionale non prevede la costruzione di strade a quattro corsie all'interno della cosiddetta fascia costiera;

   le norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale prescrivono il divieto di realizzazione nella fascia costiera di nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, fatte salve quelle di preminente interesse statale e regionale, per le quali sia in corso la procedura di Valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, autorizzate dalla giunta regionale;

   la progettazione dell'opera già dagli ’80 è stata inserita nei documenti programmatici regionali, e l'attuazione degli interventi di potenziamento dell'itinerario Sassari-Alghero attraverso la realizzazione di una nuova strada a 4 corsie è stata avviata alla fine degli anni ’90 con la realizzazione del primo tratto Sassari-bivio Olmedo, completato nel 2002;

   il progetto del secondo tronco, suddiviso in 4 lotti e sempre a 4 corsie, è stato sottoposto alla procedura di Via, conclusa dal parere favorevole sulla compatibilità ambientale dell'opera e, in seguito, esaminato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la verifica della compatibilità urbanistica, dichiarata, con i provvedimenti nn. 8176 del 4 settembre 2003 e 12665 del 20 dicembre 2005;

   il lotto 1, pertanto, non può essere qualificato come una «nuova strada» in quanto, all'entrata in vigore del piano paesaggistico regionale nel 2004, l'intervento nella sua interezza era già inserito nei documenti programmatici e pianificatori regionali e nazionali, e autorizzato sia dal punto di vista ambientale che urbanistico;

   l'intervento oggetto di Via non rappresenta quindi il progetto di una nuova strada, ma di un'opera a suo tempo già autorizzata e approvata da tutti i soggetti competenti;

   il completamento della Sassari-Alghero è fondamentale per lo sviluppo del territorio e deve garantire, inoltre, una seria viabilità e soprattutto sicurezza;

   il nord-ovest della Sardegna, con Porto Torres e l'aeroporto di Alghero, necessita di infrastrutture interne di alta qualità per lo sviluppo economico del territorio e per lo sviluppo futuro in termini di turismo –:

   se il Governo sia a conoscenza dell’iter avanzato del progetto e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per completare l'opera secondo le richieste delle istituzioni locali.
(5-00979)

Interrogazioni a risposta scritta:

   TORTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la notizia dell'abbattimento di circa settanta pini ad opera dell'Anas, nel tratto stradale della strada statale 17 dell'Altopiano delle Cinquemiglia, che collega i comuni di Rocca Pia, Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo, Castel di Sangro, attraverso la quale si accede ai parchi nazionali e che consente, altresì, il collegamento tra l'Adriatico ed il Tirreno, conosciuto anche come la storica «via degli Abruzzi»;

   gli esemplari abbattuti lungo i 9 chilometri della strada statale 17, appartenevano alla specie cosiddetta «Pino nero», largamente impiegata come specie da rimboschimento, oltre che per la sua notevole rusticità, per la capacità di vivere su suoli poveri e difficili;

   la vicenda ha scatenato roventi polemiche provenienti non solo dalle associazioni ambientaliste ma, altresì, dai sindaci dei comuni attraversati dal tratto stradale in questione, che lamentano omessa informazione, concertazione e preavviso circa l'intervento poi eseguito;

   la legge 14 gennaio 2013, n. 10, riguardanti le norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, prevede disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei boschi vetusti, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale;

   il triste evento ha suscitato, nell'opinione pubblica, sdegno e preoccupazione, poiché, come noto ai più, la piantumazione di alberi lungo questo tratto della strada statale 17, era stata voluta fin dai secoli scorsi per indicare meglio il tracciato durante le tormente di neve, frequenti nel periodo invernale. Invero, non pare revocabile in dubbio che l'abbattimento degli alberi abbia trasformato il paesaggio e produrrà enormi difficoltà nell'individuazione della strada in caso di maltempo, proprio lì dove le alberature indicavano la sede viaria, determinando così un ulteriore aumento del rischio-incidente;

   non è nota quale sia la ragione dell'abbattimento, essendo stata esclusa, tra le possibili motivazioni e stando a quanto riferito dagli organi di stampa, la presenza di malattie o parassiti nelle piante estirpate –:

   quali siano le motivazioni che hanno determinato la decisione di abbattimento degli alberi;

   se l'abbattimento degli alberi sia stato preceduto da una valutazione di stabilità arborea eseguita da tecnici specialisti del settore su tutte le piante di pino, con l'intento di salvaguardare l'alberatura sana e stabile ed abbattere solo gli eventuali esemplari malati o con difetti strutturali;

   se gli alberi abbattuti rientrassero tra quelli oggetto delle previsioni della legge 14 gennaio 2013, n. 10, ai fini dell'applicazione di quanto previsto dal relativo articolo 7;

   se saranno adottate iniziative – e quali – volte a ripristinare il patrimonio arboreo abbattuto e a garantire la sicurezza degli automobilisti che transiteranno sulla strada statale 17, nel tratto in questione e, in caso affermativo, quale sarà la tempistica dell'intervento e se le essenze arboree che verranno poste a dimora saranno della stessa specie abbattuta.
(4-01682)

   MAZZETTI, SILLI, MUGNAI, D'ETTORE, RIPANI e CARRARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a ottobre 2018 la stampa locale riportava le note vicende sulla realizzazione a Firenze di un sottoattraversamento per l'alta velocità, evidenziando ancora una volta il blocco dei lavori per l'infrastruttura suddetta e altri problemi di carattere occupazionale legati ai lavoratori presenti presso il cantiere;

   le vicende della stazione per l'alta velocità a Firenze partono dagli anni 70, subendo nel tempo una serie di opzioni possibili in merito al posizionamento della stazione stessa e all'eventuale connessa realizzazione di un tunnel per l'alta velocità;

   le ultime notizie di cui si viene a conoscenza dalla stampa sui lavori per la realizzazione della nota «stazione Foster» è che essi sono bloccati e gli operai risultano non pagati e costretti a licenziarsi per ottenere l'indennità disoccupazione;

   risultano inoltre grandi difficoltà finanziarie di Condotte spa e di Nodavia consorzio incaricato dei lavori, tanto che essi hanno fatto richiesta di concordato;

   l'assessore regionale ha rilasciato alla stampa, di recente, dichiarazioni nelle quali comunica: «Sono fermi i lavori a causa delle vicende che conosciamo, della crisi dell'azienda che li deve realizzare. Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) sta affrontando la crisi aziendale»;

   l'Ordine degli architetti locale si è espresso in merito alla realizzazione della stazione per l'alta velocità affermando: «La stazione Foster è uno dei cantieri più attesi della città e dobbiamo evitare il rischio che rimanga un'altra opera incompiuta. (...) la scommessa è quella di trasformarla in un'opportunità di crescita per una parte del tessuto urbano di Firenze, trovando un giusto collegamento con il quartiere, con il polo fieristico della Fortezza e con la stazione di Santa Maria Novella. Indietro non si può più tornare: la stazione è stata programmata da anni, anche in funzione della sua realizzazione è stato scelto il tracciato della linea 2 della tramvia (...). È il momento di integrare le competenze necessarie per attuare quelle scelte che consentano di concludere la realizzazione del cantiere, perché si possa finalmente portare a regime il sistema del traffico cittadino, per integrarlo con quello ferroviario e su gomma. Parlare della realizzazione della Stazione Foster investe il complesso tema dei trasporti su cui si gioca la futura partita di Firenze, pena la sua esclusione da un circuito nazionale»;

   il 3 ottobre 2018 l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana Maurizio Gentile in audizione alla Camera parlando del sottoattraversamento fiorentino ha affermato: «Il sottoattraversamento di Firenze della linea ad alta velocità sarà pagato da chi prende i Frecciarossa ma sarà utile per i pendolari che usano i treni regionali. Questo è l'obiettivo dell'opera: rendere più efficienti le linee regionali»;

   il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha affermato in data ottobre 2018 in merito al sottoattraversamento per l'alta velocità: «Il Governo deve poter risolvere questa situazione perché questa opera non solo è già finanziata, non solo è già partita, ma oggi deve finire. Ci sono centinaia di persone che legano il loro destino di lavoratori a questo cantiere, non possono essere lasciati soli»; lo stesso ha aggiunto che il sottoattraversamento non può essere lasciato «in una situazione di totale incertezza» –:

   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato riguardo al cronoprogramma dei lavori per la realizzazione del sottoattraversamento per l'alta velocità di Firenze e se si intendano fornire indicazioni anche sulla data effettiva del termine lavori;

   quale sia il destino della famosa stazione Foster a Firenze e quale sarà la sua funzione legata al trasporto locale del capoluogo Toscano;

   quale sia la situazione dei fondi fin qui utilizzati per la realizzazione del sottoattraversamento per l'alta velocità rispetto al finanziamento complessivo concesso all'opera suddetta e se essi siano ancora sufficienti a supportare l'opera nonostante i rallentamenti dei lavori sopracitati.
(4-01686)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che l'8 dicembre 2018, in occasione della protesta promossa dai «No Tav» contro la realizzazione della rete ferroviaria ad alta velocità che si terrà a Torino, il vicesindaco della città Guido Montanari sfilerà con i manifestanti indossando, su delega del sindaco Chiara Appendino, la fascia tricolore;

   con la circolare n. 5 del 4 novembre 1998 il Ministero dell'interno ha indicato dove e come usare la fascia tricolore. Tale documento specifica, tra l'altro, che la fascia «rappresenta la comunità locale», «si caratterizza per il suo valore altamente simbolico», «sottolinea l'impegno che il sindaco si assume nei confronti dello Stato e della comunità locale», è «legata principalmente alla natura delle funzioni sindacali, di capo dell'amministrazione comunale e di ufficiale di governo» e deve essere utilizzata nelle «funzioni pubbliche»;

   l'articolo 12 della Costituzione inoltre sancisce che «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni»;

   l'articolo 54, secondo periodo, della Costituzione riporta che «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge»;

   l'articolo 50, comma 12, del decreto legislativo n. 267 del 2000 esplicita che «Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti»;

   appare quindi evidente che l'iniziativa dell'8 dicembre, rivestendo una valenza apertamente politica e di parte, non rientra chiaramente nelle manifestazioni alle quali coloro che ricoprono ruoli istituzionali possano partecipare con simboli che rappresentano l'intera cittadinanza, quali appunto la fascia tricolore –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere, per quanto di competenza, urgenti iniziative al fine di escludere ogni utilizzo improprio della fascia tricolore nel corso della manifestazione No Tav in programma a Torino l'8 dicembre 2018 nel pieno rispetto della Costituzione e della legislazione vigente in materia.
(5-00978)

Interrogazioni a risposta scritta:

   ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Gela (Caltanissetta), città ad alto tasso di criminalità, è da anni oggetto di attentati incendiari dolosi, aventi in alcuni casi matrice mafiosa e in altri origine non legata alla malavita;

   particolarmente frequenti sono gli attentanti incendiari delle auto, con alcune stime che parlano di 200 casi all'anno di autovetture bruciate a dimostrazione di una cultura diffusa della «ritorsione»;

   oltre al danno materiale, la combustione delle autovetture è pericolosa, perché mette a rischio gli stabili adiacenti, che spesso i vigili del fuoco devono evacuare, perché ingenerano intossicazione da monossido di carbonio; talvolta vi sono stati rischi alla vita di persone che insistevano nei pressi delle auto bruciate;

   gli episodi di intimidazione toccano in misura considerevole le attività commerciali, benché le modalità non consistano più nel tradizionale fenomeno estorsivo, contraddistinto da tangenti, bensì nell'imposizione rivolta ai commercianti di assumere e acquistare merci e servizi da fornitori legati alle organizzazioni criminali;

   nelle circostanze richiamate, dimostrare la sussistenza di reati diventa molto difficile, soprattutto quando l'esercente non collabora con gli inquirenti;

   in molti casi i reati sono commessi da minorenni, difficilmente perseguibili e tutt'al più affidati, in situazioni del genere, a comunità di recupero o case-famiglia;

   nelle ultime settimane si è registrata una preoccupante escalation, con la distruzione di tre attività commerciali;

   tra il 18 e il 19 ottobre 2018 due incendi, verosimilmente di origine dolosa, hanno distrutto il Bar «Belvedere» e il «B Cool Beach», mentre un terzo incendio ha colpito il Bar «Lory», che non è andato distrutto grazie all'intervento di un metronotte, che ha lanciato l'allarme, permettendo ai vigili del fuoco di spegnere le fiamme prima che si propagassero per il locale e coinvolgessero l'edificio;

   reprimere tali condotte è difficile, perché i fatti incriminati non scoraggiano i criminali essendo ricondotti al delitto di incendio (articolo 423 del codice penale) o di danneggiamento seguito da incendio (articolo 424), fattispecie circoscritte e non sempre sovrapponibili a eventi nei quali è evidente la portata intimidatoria;

   tali eventi, oltre ad incidere sulla sicurezza delle persone, vanno a detrimento del sistema economico locale, in quanto le attività commerciali colpite subiscono danni che impediscono una ripresa delle medesime in tempi rapidi e recano pesanti conseguenze nei confronti dei titolari, dei lavoratori e della collettività;

   al fine di sensibilizzare la collettività il 27 ottobre 2018 è stata organizzata una manifestazione davanti al «B-Cool Beach», uno dei locali distrutti, che ha visto una partecipazione enorme a dimostrazione della preoccupazione che insiste nella popolazione;

   nelle prossime settimane la situazione del personale delle forze dell'ordine subirà un peggioramento, in quanto 20 agenti di polizia, precedentemente assegnati al Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di Pian del Lago ma che a seguito di un incendio doloso del dicembre 2017 causato da violente proteste di clandestini furono assegnati a servizi territoriali, ritorneranno alla originaria funzione con conseguente sottrazione di forze dell'ordine al territorio medesimo –:

   se il Governo stia valutando iniziative normative per l'inasprimento delle pene, con funzione deterrente verso i fatti richiamati, o per l'introduzione nel codice penale di fattispecie più specifiche e maggiormente idonee a reprimere i medesimi;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire legalità, ordine pubblico e sicurezza in tutto il territorio della provincia di Caltanissetta, e in particolare nella città di Gela, e se ritenga che l'attuale organico delle forze di polizia operanti nella provincia, e in particolare nella zona di Gela, sia sufficiente o se, per contro, vada implementato, considerata l'estensione demografica e geografica della città;

   se il Governo stia valutando un piano d'azione per destinare fondi in favore delle vittime di attentati che denunciano i loro estorsori, in modo da consentire loro di riprendere in tempi brevi l'attività di impresa.
(4-01684)

   SPERANZA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   per quanto concerne le regioni a statuto ordinario, si ricorda che l'articolo 122 della Costituzione prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. La legge n. 165 del 2004 ha dato attuazione all'articolo 122, primo comma, della Costituzione, disponendo in via esclusiva i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali. L'articolo 5 prevede che gli organi elettivi delle regioni durano in carica, per cinque anni, fatta salva, nei casi previsti, l'eventualità dello scioglimento anticipato del consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun consiglio dalla data dell'elezione e le elezioni dei nuovi consigli hanno luogo non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori;

   ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, a decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un'unica data nell'arco dell'anno. Qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia le consultazioni di cui al comma 1 si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo;

   le precedenti elezioni del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della Basilicata si sono celebrate il 17 e 18 novembre 2013, pertanto il quinquennio di cui all'articolo 5, comma 1, della legge n. 165 del 2004 è terminato il giorno 17 novembre 2018. Il termine ultimo non oltre il quale devono svolgersi le elezioni del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della Basilicata è domenica 20 gennaio 2019; tuttavia, si è decretato di convocare i comizi per l'elezione del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale della Basilicata per domenica 26 maggio 2019;

   tale scelta che porta la legislatura regionale a durare 5 anni e 6 mesi, in evidente contraddizione con le norme sopra riportate, ha provocato sconcerto in una parte significativa dell'opinione pubblica –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla situazione di cui in premessa, anche valutando l'opportunità di promuovere una modifica della normativa sopra citata che consenta di chiarirne presupposti, modalità e limiti applicativi e di evitare incertezze e contraddizioni in una materia delicata come quella elettorale.
(4-01689)

   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la scorsa notte alcuni vandali hanno imbrattato la serranda della sede regionale della Lega, sita in viale Sant'Avendrace, a Cagliari, con scritte offensive;

   sempre la scorsa notte un'ulteriore scritta offensiva è stata rinvenuta sul portone della sede nazionale del Partito sardo d'azione in viale Regina Margherita, nella stessa città di Cagliari;

   le scritte sono comparse alla vigilia dell'arrivo in Sardegna del leader della Lega, Matteo Salvini, che ha in programma di visitare nei prossimi giorni le cittadine di Olbia, Nuoro, Tortolì e Cagliari;

   sulla serranda della sede di viale Sant'Avendrace, oltre a frasi offensive, sono state altresì rinvenute macchie di rosso che dovrebbero raffigurare il sangue, con evidenti richiami a minacce di morte;

   il primo firmatario del presente atto, commissario per la Sardegna, ha commentato i fatti – come riportato dagli organi di stampa – sollecitando la chiusura del centro sociale di Cagliari ed esprimendo solidarietà al Partito sardo d'azione ed al suo segretario, il senatore Christian Solinas;

   dichiarazioni di solidarietà sono pervenute anche da esponenti di altre forze politiche, le quali hanno lamentato il fatto che il capoluogo sardo è stato vittima di numerosi episodi di scritte recanti insulti e minacce, il tutto per ragioni di carattere politico –:

   se il Ministro interrogato sia informato dei fatti richiamati in premessa e quali iniziativa intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per prevenire e contrastare atti vandalici come quelli sopra richiamati.
(4-01691)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

   BUCALO e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 18 ottobre 2018 è stata sostenuta la prova scritta del concorso per dirigenti scolastici, a cui non hanno partecipato tutti gli 8736 aventi diritto (coloro i quali hanno superato prova preselettiva del 23 luglio) dato che per motivi meteorologici l'ufficio scolastico regionale della Sardegna ordinava la chiusura delle scuole e il conseguente rinvio della prova scritta, a data da destinarsi;

   il comma 2 dell'articolo 8 del bando del corso-concorso pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 novembre 2017 dispone: «la prova scritta è unica su tutto il territorio nazionale e si svolge in una unica data», il comma 12 dell'articolo 8 stabilisce che: «Qualora, per cause di forza maggiore sopravvenute, non sia possibile l'espletamento della prova scritta nella giornata programmata, ne viene stabilito il rinvio con comunicazione, anche in forma orale, ai candidati presenti»;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato, il 30 ottobre 2018, un avviso relativo alla succitata prova: «A seguito del rinvio dell'espletamento, nella regione Sardegna, della prova scritta del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici, disposto a seguito dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Cagliari n. 62 del 17 ottobre 2018, si comunica che il giorno e l'ora di svolgimento della suddetta prova, limitatamente ai candidati precedentemente assegnati alle sedi di esame della regione Sardegna, sarà reso noto con avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, 4a serie speciale, concorsi ed esami, del 9 novembre 2018»;

   la Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, 4a serie speciale, concorsi ed esami, del 9 novembre 2018 comunica che la prova scritta del corso-concorso nazionale per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali si svolgerà, limitatamente ai candidati precedentemente assegnati alle sedi di esame della regione Sardegna, in data 13 dicembre 2018, alle ore 10 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno, alla luce del rinvio della prova disposto unicamente per i concorrenti della Sardegna, ad avviso degli interroganti violando quindi il principio di equità che avrebbe dovuto creare pari opportunità per tutti i concorrenti, intervenire affinché vengano garantiti il rispetto della contemporaneità della prova e uguali diritti per i partecipanti.
(5-00981)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

   SPENA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, individua e istituisce le professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico;

   il comma 2 del citato articolo prescrive che con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge n. 3 del 2018, ovvero entro il 15 maggio 2018, vengano stabiliti «l'ambito di attività e le funzioni caratterizzanti delle professioni di osteopata e chiropratico, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti»;

   il medesimo comma 2 prevede, inoltre, che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della suddetta legge n. 3 del 2018, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, siano definiti l'ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi;

   i termini temporali per l'attuazione dei dispositivi citati sono dunque trascorsi: il primo da più di sei mesi, il secondo il 15 agosto 2018;

   la situazione attuale è quindi che gli osteopati e i chiropratici italiani ancora attendono l'istituzione della propria figura professionale nonché la definizione dei relativi ordinamenti didattici della formazione universitaria;

   migliaia di questi professionisti attendono un riconoscimento che dia dignità e tutela al proprio lavoro, e centinaia di giovani neo-diplomati in queste specialità vivono la futura professione nell'incertezza di una legge formalmente in vigore dal 15 febbraio 2018, ma, come si è evidenziato, ancora inattuata;

   sono milioni i cittadini che, anche su consiglio del proprio medico, si rivolgono alle cure di osteopati e chiropratici in Italia, e il riconoscimento ufficiale delle professioni sanitarie di osteopata e chiropratico, con la definizione del loro ambito di attività e delle loro funzioni caratterizzanti e della formazione ed esperienza che dovranno dimostrare secondo legge, tutelerebbe soprattutto la qualità dei trattamenti, la sicurezza e la salute dei tantissimi cittadini che si rivolgono alle loro cure –:

   quali siano le ragioni del grave e incomprensibile ritardo nella definizione dell'accordo e nell'emanazione del citato provvedimento attuativo indispensabili per l'individuazione e l'istituzione delle professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico, posto che questo ritardo e questo vuoto normativo penalizzano pesantemente i suddetti professionisti e non tutelano i tantissimi cittadini che ad essi si rivolgono;

   se non si ritenga di adottare iniziative per provvedere al più presto e senza ulteriori ritardi alla piena attuazione dell'articolo 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, ai fini dell'individuazione e dell'istituzione delle professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico.
(4-01683)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   GRIBAUDO e SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Burgo Group, già Cartiere Burgo, è un'azienda italiana produttrice di carta fondata nel 1905 a Verzuolo, oggi controllata dal gruppo vicentino Marchi; è uno dei principali produttori europei di carte grafiche e speciali e nel 2016 ha avuto ricavi per 1,9 miliardi di euro, producendo principalmente oltre 2 milioni di tonnellate di carte grafiche e speciali, oltre a cellulosa, altri derivati del legno ed energia;

   il 28 settembre 2017 l'azienda ha comunicato la volontà di chiudere la cosiddetta «linea ottava», che produce carta patinata, presso lo storico stabilimento di Verzuolo, in provincia di Cuneo, attivando così la procedura di licenziamento collettivo per 143 lavoratori della cartiera;

   dopo lo sciopero dei lavoratori e l'apertura di un tavolo presso l'assessorato al lavoro della regione Piemonte nell'ottobre del 2017, il 10 gennaio 2018 è stato firmato l'accordo per la cassa integrazione straordinaria per un anno, con scadenza a gennaio 2019; circa 80 dei 143 lavoratori interessati hanno finora utilizzato l'incentivo all'esodo o strumenti di outplacement;

   il 19 novembre 2018 la Burgo Group ha annunciato l'apertura della procedura di mobilità per i 62 lavoratori rimanenti, dei quali 57 operai e 5 impiegati; contestualmente, sono stati annunciati 100 licenziamenti presso lo stabilimento di Duino, in provincia di Trieste, il quale negli anni recenti è stato oggetto di riconversione industriale;

   presso lo stabilimento di Verzuolo avverrà nel corso del 2019 la riconversione anche della linea «nona», dall'attuale produzione di carta patinata al cartonato da imballaggio, causando il blocco della fabbrica per diversi mesi e senza prevedere in ogni caso nuove assunzioni al termine del processo;

   sono indispensabili, per la tutela dell'occupazione e della coesione sociale a Verzuolo in provincia di Cuneo e a Duino in provincia di Trieste, la salvaguardia e il rilancio degli stabilimenti Burgo, anche attraverso incentivi finanziari e normativi all'innovazione e all'occupazione –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare i perimetri occupazionali della Burgo Group, con particolare attenzione agli stabilimenti di Verzuolo e Duino.
(5-00975)

   NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le aree di crisi industriale complessa riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, non risolvibili con risorse e strumenti di sola competenza regionale;

   la complessità deriva da una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto o da una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione sul territorio;

   il Ministero dello sviluppo economico è chiamato ad attuare politiche e programmi per la reindustrializzazione e la riconversione delle aree e dei settori colpiti dalla crisi mediante la stipula di appositi accordi di programma di adozione dei Prri (progetti di riconversione e riqualificazione industriale);

   la legge 15 maggio 1989, n. 181, è finalizzata al rilancio delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, al sostegno dei programmi di investimento e allo sviluppo imprenditoriale delle aree colpite da crisi industriale e di settore;

   la riforma della disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, di cui all'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, ha previsto l'applicazione del regime di aiuto di cui alla legge n. 181 del 1989 sia nelle aree di crisi complessa, sia nelle situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione. In questo secondo caso si parla di aree di «crisi non complessa»;

   nel mese di novembre 2017 la regione Toscana e il Ministero dello sviluppo economico hanno firmato l'accordo di programma per il rilancio dell'area di crisi industriale non complessa di Massa Carrara. Si tratta di un'intesa che ha previsto lo stanziamento di 10,43 milioni di euro, di cui 5,43 sono a carico del Ministero dello sviluppo economico e 5 della regione Toscana. L'Accordo ha una durata di tre anni;

   con decreto ministeriale 7 dicembre 2017 è stato successivamente adeguato il decreto ministeriale 9 giugno 2015 alle nuove disposizioni comunitarie in materia di delocalizzazione introdotte dal regolamento (UE) n. 1084/2017, che modifica il regolamento (UE) n. 651/2014;

   si apprende da fonti stampa che l'amministrazione comunale di Massa ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico il riconoscimento di area di crisi industriale complessa;

   sempre dai media emerge che il 20 novembre 2018 si è svolto su tale tematica un tavolo di lavoro alla presenza dei rappresentanti del Ministero, del comune di Massa, della provincia di Massa e della regione Toscana. Alla riunione sarebbe stata presente anche una parlamentare delle forze politiche di maggioranza, non eletta nel collegio elettorale dell'area in questione –:

   cosa sia emerso dal tavolo di lavoro citato in premessa relativamente alla attivazione della procedura di area di crisi complessa per il territorio di Massa ed, in particolare, se la normativa vigente preveda parametri tali da poter attivare tale strumento;

   alla luce di quanto esposto in premessa, per quale motivo, oltre ai rappresentanti degli enti territoriali interessati e del Ministero, non siano stati invitati tutti gli altri parlamentari eletti nei collegi di riferimento.
(5-00980)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in commissione Marzana e altri n. 7-00090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melicchio.

  La risoluzione in commissione Nesci e altri n. 7-00096, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mammì, Nappi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Villani e altri n. 4-01505, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melicchio.

  L'interrogazione a risposta scritta Casa e altri n. 4-01507, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melicchio.

  L'interrogazione a risposta scritta Gemmato n. 4-01550, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Meloni.

  L'interrogazione a risposta scritta Verini e altri n. 4-01609, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Meloni.

  L'interrogazione a risposta scritta Fidanza n. 4-01612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Meloni.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Ubaldo Pagano n. 7-00110, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 88 del 21 novembre 2018.

   La XII Commissione,

   premesso che:

    con la legge n. 833 del 1978 nasce in Italia il Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi in tal senso come uno strumento di giustizia e di coesione sociale;

    negli ultimi anni, tuttavia, un insieme di fattori politici, economici e organizzativi hanno determinato il consolidamento di una condizione di frammentazione e difformità territoriali in cui, a regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia, se ne affiancano altre in cui è difficoltoso garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza e le disuguaglianze tra le persone si sono fatte sempre più evidenti, con la conseguenza che non tutti riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;

    quindi, affinché il Servizio sanitario nazionale rappresenti invece una garanzia reale del diritto alla salute e perché risponda in pieno alle ragioni e ai bisogni per cui è nato, bisogna fare in modo che ciascuno di noi, ovunque si trovi, possa ricevere le stesse cure e godere degli stessi diritti;

    come evidenziato anche dal documento approvato dalla Commissione igiene e sanità del Senato nella passata legislatura, a conclusione dell'indagine conoscitiva sul sistema sanitario italiano, nel suo complesso esso non solo è in sofferenza, ma i singoli sistemi sanitari regionali registrano rilevanti differenze di qualità ed efficienza rispetto alla garanzia dei livelli essenziali d'assistenza. Infatti, in base alla certificazione finale per l'anno 2012 dei livelli essenziali d'assistenza nelle regioni italiane, elaborata dal Ministero della salute, 7 regioni, tutte del Sud (ad eccezione della Basilicata), si posizionano al di sotto della «soglia di adempienza» (160 punti), là dove tra le migliori regioni si segnalano: Emilia Romagna (prima con 210 punti), Toscana e Veneto (entrambe con 193 punti) e Piemonte (con 186 punti);

    infine, come evidenzia sempre il documento conclusivo, si deve considerare che le regioni – in particolar modo quelle del Mezzogiorno –, costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i deficit della sanità, sono esposte ad un maggior rischio di deprimere ulteriormente la propria economia;

    tali dati sono confermati anche nel rapporto di Osservasalute 2017, che fotografa, ancora una volta, una sanità italiana a diverse velocità dove aumentano le disuguaglianze di salute tra le regioni – soprattutto tra quelle del Nord e quelle del Sud –, dove aumentano i malati cronici e diminuiscono medici e infermieri, dimostrando in parte il fallimento delle politiche sanitarie federalistiche e aziendalistiche;

    queste disuguaglianze in materia sanitaria tra regioni del Nord e quelle del Sud sono messe in evidenza anche nel rapporto Gimbe 3/2018, «La mobilità sanitaria interregionale nel 2017», dove, mettendo a confronto l'indice di attrazione e quello di fuga, si fornisce un quadro sia dell'efficacia che d'efficienza di ciascun Servizio sanitario regionale nel rispondere ai bisogni di salute della popolazione residente, quadro dal quale emerge che quasi tutte le regioni del Sud hanno elevati indici di fuga;

    da un punto di vista economico, la mobilità attiva, ossia l'indice di attrazione di una regione, identificando le prestazioni sanitarie offerte a cittadini non residenti, rappresenta per le regioni una voce di credito, mentre quella passiva una voce di debito, rispetto al saldo sulla mobilità 2017 le regioni, possono essere suddivise in quattro categorie:

     saldo positivo rilevante (oltre 100 milioni di euro): Lombardia (808,7 milioni di euro), Emilia Romagna (357,9 milioni di euro), Toscana (148,3 milioni di euro) e Veneto (161,4 milioni di euro);

     sostanziale equilibrio o saldo positivo (inferiore a 20 milioni di euro): Molise, Umbria, Friuli Venezia Giulia;

     saldo negativo (inferiore a 6 milioni di euro): Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d'Aosta, Provincia Autonomia di Trento;

     saldo negativo moderato (da euro 38 milioni a euro 72 milioni): Basilicata, Liguria, Piemonte, Marche, Sardegna, Abruzzo;

     saldo negativo rilevante (oltre 100 milioni): Puglia (-181 milioni di euro), Sicilia (-239,8 milioni di euro), Lazio (-289,2 milioni di euro), Campania (-302,1 milioni di euro), Calabria (-319,5 milioni di euro);

    dalla valutazione comparativa dei saldi regionali emerge in maniera inequivocabile che le regioni con saldo positivo maggiore di 100 milioni di euro sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo inferiore ai 100 milioni di euro tutte del Centro-Sud;

    la legge statale determina annualmente il fabbisogno sanitario, nazionale standard, cioè il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale (Ssn) al cui finanziamento concorre lo Stato. Il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, tramite intesa, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea) erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza;

    all'inizio, il riparto regionale del finanziamento sanitario pubblico avveniva sulla base della spesa storica, ossia sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;

    il decreto legislativo n. 68 del 2011 su costi e fabbisogni standard in sanità introduce, rispetto al sistema di riparto fra le regioni delle risorse destinate ai livelli essenziali di assistenza in vigore dagli anni novanta, due innovazioni: il depotenziamento della ponderazione della quota capitaria per (sole) classi di età della popolazione e la individuazione di regioni benchmark,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per predisporre e presentare al Parlamento una relazione, almeno biennale, da pubblicare sul sito del Ministero della salute, relativa ai dati sulla mobilità sanitaria trasmessi dalle regioni pubblicamente in un report;

   ad assumere iniziative di competenza che favoriscano la creazione di un sistema sanitario più equo che dia alle regioni maggiormente in difficoltà, in particolare quelle del Sud, adeguati strumenti volti a fronteggiare le difficoltà strutturali e il gap di risorse che tali regioni scontano rispetto a quelle del Nord, per porre fine al meccanismo per cui le regioni più ricche, avendo maggiori possibilità di investimento, sono anche più virtuose, e ricevono quindi, maggiori risorse, a scapito di quelle più povere, che vengono ancor più depauperate;

   ad assumere iniziative di competenza affinché vi sia un nuovo e aggiuntivo criterio di riparto del Fondo sanitario nazionale, quale il criterio di deprivazione economica, con un suo peso ponderato non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota al fine di non perseverare nella penalizzazione delle regioni del Sud;

   a promuovere misure adeguate di controllo affinché le maggiori risorse finanziarie che andrebbero alle regioni del Sud con l'aggiunta del nuovo criterio di riparto del fondo sanitario nazionale legato alla deprivazione economica siano monitorate e collegate a piani di misurazione delle performance che tengano conto della necessaria riduzione sia della mobilità passiva che delle liste di attesa.
(7-00110) «Ubaldo Pagano, De Filippo, Pini, Schirò, Carnevali, Siani, Campana, Rizzo Nervo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-00590 del 2 ottobre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione De Menech n. 5-00638 del 4 ottobre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione De Menech n. 5-00663 del 9 ottobre 2018.


Appendice: ATTI MODIFICATI

   Le Commissioni V e VII,

   premesso che:

    in data 23 dicembre 2013, i tecnici della commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (Copaff), ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 216 del 2010, hanno approvato la nota metodologia «Determinazione dei fabbisogni standard per i comuni, “FC03U”, Funzioni di Istruzione pubblica»;

    tale nota metodologica è stata realizzata dai tecnici della Sose - Soluzioni per il sistema economico spa (società del Ministero dell'economia e delle finanze), con la collaborazione scientifica dell'istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel), ai sensi del decreto legislativo citato concernente disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di province, città metropolitane e comuni pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 17 dicembre 2010;

    il predetto decreto legislativo, così come previsto all'articolo 1, intendeva assicurare la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard per province e comuni, al fine di garantire un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica nei meccanismi di allocazione delle risorse tra i diversi enti, con particolare riferimento alle funzioni di istruzione pubblica analizzate con il questionario FC03U-Funzioni di istruzione pubblica predisposto per i comuni e le unioni di comuni;

    tuttavia, a pagina 43 del documento, si riportava «da ultimo, è importante sottolineare che, in assenza di specifiche indicazioni relative ai livelli essenziali delle prestazioni, per il calcolo dei Fabbisogni Standard delle Funzioni di pubblica istruzione, in sede di prima applicazione della metodologia, sono stati utilizzati i valori storici delle variabili di output utilizzate per la stima»;

    gli output in questione altro non sono se non i servizi che i comuni garantiscono ai cittadini: quando vengono, offerti vengono considerati un fabbisogno della popolazione, quando vengono offerti in misura ridotta o non vengono offerti per nulla, si considera che quella popolazione non ne abbia di bisogno, ma ciò non corrisponde al vero; semplicemente, i comuni non avevano le risorse necessarie per garantirli;

    in pratica servizi come gli asili nido, il tempo pieno e la mensa scolastica, nonostante siano servizi essenziali, non hanno una diffusione omogenea su tutto il territorio nazionale, ma vengono garantiti e finanziati soltanto dove già esistono, dunque al Centro-nord;

    servizi importanti ma accessori come i campi estivi, oppure l'accoglienza e la vigilanza dei bambini, prima e dopo l'orario scolastico, solo perché storicamente offerti da determinati comuni (principalmente del Centro-nord), sono considerati «fabbisogno standard» e quindi da finanziare a carico di tutta la collettività;

    tali servizi, oltre che garantire il diritto all'istruzione, come nel caso dell'assistenza specialistica per gli alunni con disabilità, rappresentano un importante presidio di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica;

    secondo i recenti dati dell'Istat, che ha preso a riferimento, quale indicatore, la percentuale della popolazione in età 18-24 anni, che non ha titoli scolastici superiori alla licenza media (il titolo di scuola secondaria di primo grado), non è in possesso di qualifiche professionali ottenute in corsi con durata di almeno 2 anni e non frequenta né corsi scolastici né attività formative, il livello di abbandono complessivo della scuola risulta essere pari al 13,8 per cento, con un preoccupante aumento al Mezzogiorno, la cui percentuale raggiunge il 18,4 per cento;

    è emblematico il caso riportato in data 25 ottobre 2014 dal quotidiano la Gazzetta del Sud, laddove si rileva un'indagine contro l'evasione scolastica avviata dal comando provinciale dei carabinieri di Catania che ha portato alla denuncia di 232 genitori di 136 alunni di due scuole dell'obbligo per inosservanza continuata dell'obbligo di istruzione di minorenni;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 29 dicembre 2016, reca disposizioni relative alla revisione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché il conseguente aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario;

    all'articolo 1 del decreto si fa riferimento alle note metodologiche relative alla procedura di calcolo per la determinazione dei fabbisogni standard ed il fabbisogno standard per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica;

    si rileva, tuttavia, come, anche in tale provvedimento per i servizi complementari di istruzione e per il servizio di asilo nido (complessivamente il 18 per cento del fabbisogno standard complessivo), risulti determinante il criterio di determinazione del fabbisogno standard basato sulla moltiplicazione del costo standard per una quantità di servizi effettivamente erogati dai diversi comuni con l'applicazione di soglie minime e massime. Pertanto, le nuove metodologie non assicurano ancora l'auspicata omogeneità delle stesse in tutto il territorio nazionale;

    appare chiaro che è fondamentale tenere in considerazione l'uso di parametri oggettivi per l'allocazione delle risorse, quali la popolazione scolastica, la presenza di alunni con disabilità, il reddito medio disponibile pro capite aggiustato, il livello di dispersione scolastica, al fine di migliorare il livello di istruzione e garantire in maniera ottimale i servizi scolastici;

    è necessario evidenziare, infatti, come, nonostante la loro potenziale rilevanza, tali strumenti risultino non del tutto efficaci a causa delle esigue risorse destinate, determinando così l'impossibilità di dar seguito alle eventuali carenze rilevate, impedendo di fatto la realizzazione dei possibili interventi necessari ad eliminare le eventuali diseguaglianze, rendendosi necessaria, pertanto, l'implementazione delle misure perequative previste;

    si consideri, inoltre, come nell'ambito di tali rilevazioni, necessarie all'applicazione dei fabbisogni standard, solo di recente siano state coinvolte alcune regioni a statuto speciale: la regione siciliana e la regione Sardegna;

    risulterebbe auspicabile prevedere forme più efficaci di inclusione e di collaborazione tra il Sose e le amministrazioni delle regioni a statuto speciale, al fine di assicurare la necessaria trasparenza ed omogeneità delle prestazioni in tutto il territorio dello Stato;

    si ritiene che, di fronte ad una situazione così disomogenea, in riferimento ai criteri direttivi, secondo i firmatari del presente atto disattesi, per l'adozione del decreto legislativo citato, si sarebbe dovuto senza ulteriore ritardo determinare «livello essenziale delle prestazioni» (LEP) così da garantire un livello di servizi standard su tutto il territorio;

    in data 16 gennaio 2017 il Governo trasmetteva al Parlamento lo schema di decreto legislativo recante norme per l'effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale (A.C. 381), in ottemperanza a quanto previsto dalla delega conferita all'Esecutivo dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, con particolare riferimento all'articolo 1, comma 181, lettera f), per l'adozione di un apposito decreto legislativo per il riordino, la semplificazione e la codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, assicurando, l'effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché in considerazione delle previsioni di cui all'articolo 1, comma 181, lettera c), il quale richiede l'introduzione di misure relative alla promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione anche attraverso l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali;

    benché i princìpi e i criteri direttivi prevedessero espressamente l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, l'Esecutivo, ad avviso dei firmatari del presente atto, non ha seguito pienamente tali indicazioni, evidenziando, ancora una volta, la volontà di non provvedere alla loro definizione, e i decreti legislativi 13 aprile 2017, n. 63 e n. 66 risultano, pertanto, sempre a giudizio dei firmatari del presente atto adottati senza una totale conformità alle indicazioni del Parlamento;

    l'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione affida alla competenza dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», assicurando un collegamento tra la prima e la seconda parte della Costituzione in materia di diritti sociali, rendendo effettivo in tutto il territorio nazionale il principio di uguaglianza;

    tale disposizione, tuttavia, risulta ancora disattesa, dal momento che lo Stato non ha inteso ottemperare al dettato normativo, ritardando la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni ed adottando solo criteri di calcolo dei fabbisogni standard inadeguati al raggiungimento dei fini perseguiti, dalle previsioni costituzionali;

    l'articolo 119, sesto comma, della Costituzione contempla la possibilità di erogare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali a favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, e dunque anche al fine di supportarli qualora siano in ritardo con l'attivazione dei servizi d'istruzione e di asilo nido;

    in considerazione di quanto sin qui rilevato, si ritengono necessari adeguati interventi che assicurino l'effettivo superamento delle disuguaglianze territoriali, sociali ed economiche, attraverso l'erogazione dei servizi in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, così come previsti dall'articolo 117 della Costituzione, anche al fine di applicare in maniera corretta le note metodologiche recentemente elaborate (FC03U e FC10U), garantendo, in tal modo, il definitivo superamento delle influenze relative al criterio di spesa storica per la determinazione dei fabbisogni standard;

   ad assumere iniziative volte a istituire un apposito fondo affinché venga assicurata la corretta ed omogenea erogazione dei servizi in tutto il territorio nazionale, sulla base della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, garantendo così l'effettivo superamento delle diseguaglianze territoriali, sociali ed economiche;

   a promuovere intese tra lo Stato e le regioni a statuto speciale affinché queste collaborino attivamente ai programmi relativi alla definizione dei fabbisogni standard e dei livelli essenziali di prestazione, attraverso la trasmissione e pubblicazione sui siti istituzionali dei dati utili.
(7-00090) «
Marzana, Faro, Casa, Testamento, Buompane, Ficara, Alaimo, Melicchio».

   La XII Commissione,

   premesso che:

    la salute dei cittadini non è garantita in maniera uguale in tutto il territorio nazionale. Esiste un'evidente sperequazione territoriale che origina da un'evoluzione complessa del sistema regionale italiano e sconta l'incoerenza delle riforme costituzionali che, se da un lato hanno introdotto misure di tipo federalista, dall'altro hanno invece inserito vincoli finanziari di matrice europea che mal si conciliano con una strutturazione di tipo federalista;

    in questo quadro, le crisi economiche hanno cronicizzato tale sperequazione e le misure introdotte dai diversi Governi volte a «correggere» tale sperequazione si sono dimostrate fallimentari, poiché orientate esclusivamente a «pareggiare i conti» tramite penalizzanti piani di rientro o commissariamenti «politicizzati», senza tener conto delle condizioni di partenza delle regioni e delle variabili determinate dalle carenze infrastrutturali presenti in alcune aree territoriali, atte ad incidere sui costi delle prestazioni. Tali variabili andrebbero individuate sulla base di specifici indicatori socio-economici, ambientali, culturali, di deprivazione e di morbilità;

    anche le disposizioni vigenti sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera non fanno altro che cronicizzare la sperequazione esistente tra le regioni, prevedendo che le stesse provvedano alla riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri e accreditati, facendo riferimento, alla popolazione residente e al computo del costo standard per il macro-livello di assistenza ospedaliera e, ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard regionale, il numero di posti letto è incrementato o decrementato in relazione alla mobilità tra regioni;

    l'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo vede l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e il meccanismo indicato dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 penalizza, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che risultano avere un saldo negativo di mobilità e che di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose anche attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;

    la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del cosiddetto «decreto Balduzzi», era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità;

    in realtà alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presìdi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del patto della salute 2014-2016;

    il contesto descritto è stato accompagnato da un progressivo definanziamento del Servizio sanitario nazionale come diffusamente rilevato dagli osservatori della sanità e dagli organi d'informazione e come documentato, a più riprese, tanto dalla Ragioneria generale dello Stato quanto dalla Corte dei conti;

    più precisamente, a decorrere dall'anno 2012, anche al fine di dare concreta attuazione a quanto annunciato nel 2012 dal Ministro della salute pro tempore Balduzzi circa il programmato definanziamento della sanità pubblica di circa 25 miliardi di euro per gli anni 2012-2015, i diversi Governi succedutisi hanno progressivamente ridotto il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, prevedendo anche una progressiva riduzione dell'incidenza della spesa sanitaria sul Pil fino ad una soglia del 6,3 per cento prevista per il 2020, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita;

    la «Relazione sulla gestione Finanziaria delle Regioni, esercizio 2015» della Corte dei Conti quantifica che, nel periodo 2015-2018, l'attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione cumulativa del finanziamento del SSN di euro 10,51 miliardi, rispetto ai livelli programmati. Riduzione che si aggiunge a quella già operata negli anni antecedenti e a quella corrispondente al contributo alla finanza pubblica da parte delle Regioni;

    la determinazione del livello di finanziamento del Ssn avviene nella legge di bilancio che fissa il finanziamento del Ssn e a tale determinazione consegue, da parte del Ministero della salute, la proposta di riparto che stabilisce la quota indistinta del Fondo sanitario nazionale, le risorse da destinare a specifici obiettivi e altri finanziamenti specifici; sulla base di quanto proposto dal Ministero della Salute le Regioni raggiungono un accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, mediante intesa; a tale accordo consegue la delibera del CIPE che da operatività ai finanziamenti e consente i trasferimenti alle regioni;

    il riparto regionale del finanziamento del settore sanitario pubblico, fino all'anno 2012, avveniva sulla base della spesa storica, ossia il livello complessivo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale era ripartito tra le regioni sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;

    la procedura di riparto regionale è stata modificata, a decorrere dal 2013, con il decreto legislativo n. 68 del 2011, prevedendo la determinazione dei fabbisogni standard regionali, che indicano la quota di risorse attribuite a ciascuna regione per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza ed appropriatezza;

    la procedura di definizione dei fabbisogni standard prevede:

     innanzitutto la definizione, per ciascun anno, del fabbisogno sanitario nazionale standard, nel contesto macroeconomico dato e tenendo conto degli impegni assunti dall'Italia in sede comunitaria;

     l'indicazione e/o la conferma delle percentuali ottimali che le regioni devono rispettare nell'allocazione delle risorse per i diversi tipi di assistenza (5 per cento per l'assistenza collettiva; 51 per cento per l'assistenza territoriale; 44 per l'assistenza ospedaliera);

     sono individuate le 5 regioni più virtuose, ovvero le regioni che, nel secondo anno precedente, abbiano erogato i livelli essenziali di assistenza in equilibrio economico, in condizione di efficienza ed appropriatezza (ossia con le risorse ordinarie), che abbiano superato le verifiche del tavolo di verifica degli adempimenti regionali e che presentino criteri di qualità, definiti con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base degli indicatori già condivisi in sede di intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009; qualora un numero inferiore a 5 regioni si trovi in condizione di equilibrio, si individuano anche le regioni con il minor disavanzo;

     tra le cinque regioni «più virtuose» la Conferenza Stato-Regioni, garantendo la presenza di una regione della rappresentatività geografica e della necessità di assicurare la presenza di una regione con piccole dimensioni, individua le 3 di riferimento (benchmark) tra le quali è obbligatoriamente inclusa la prima delle 5;

     il valore di costo standard, per ciascuno dei tre macrolivelli, è dato dalla media pro capite, pesata del costo registrato dalle regioni, ed è moltiplicato in ogni regione per la popolazione pesata e l'incidenza percentuale di tale costo, è applicata al fabbisogno standard nazionale dell'anno di riferimento e determina il fabbisogno standard regionale; i costi standard sono calcolati, per ogni regione, a livello aggregato, e per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza, al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva e sono depurati della quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie rispetto a quelle considerate in sede di riparto; sono depurati altresì delle quote di ammortamento che trovano copertura ulteriore rispetto al finanziamento ordinario del servizio sanitario nazionale e della quota che finanzia livelli assistenziali superiori ai livelli essenziali;

    per determinare i parametri di riparto del fondo sanitario 2018 e al fine di individuare le tre regioni benchmark il Ministero della salute, in data 29 maggio 2018, ha trasmesso alle regioni una nota metodologica recante l'elencazione degli indicatori in base ai quali calcolare la qualità ed efficienza, (IQE) come approvata nel Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2012 e come desunti dall'intesa Stato-regioni del 3 dicembre 2009 ovvero in attuazione del Patto per la salute 2010-2012;

    tra i diversi indicatori presenti nella nota metodologica del Ministero della salute si rilevano: punteggio della «Griglia Lea» 2015; incidenza percentuale avanzo/disavanzo sul finanziamento ordinario; degenza media pre-operatoria; percentuale interventi per frattura di femore operati entro due giorni; percentuale dimessi da reparti chirurgici con «diagnosis relater group» (Drg) medici; percentuale di ricoveri con Drg chirurgico sul totale ricoveri; percentuale di ricoveri ordinari del Drg all'alto rischio di inappropiatezza; percentuale di ricoveri diurni di tipo diagnostico sul totale dei ricoveri diurni con Drg medico; percentuale di casi medici con degenza oltre soglia per pazienti con età >=65 anni sul totale dei ricoveri medici con età >=65 anni; scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza collettiva sul totale della spesa (5 per cento); scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza distrettuale sul totale della spesa (51 per cento); scostamento dallo standard previsto per l'incidenza della spesa per assistenza ospedaliera sul totale della spesa (44 per cento); spesa pro capite per assistenza sanitaria di base; spesa farmaceutica pro capite; costo medio dei ricoveri per acuti in degenza ordinaria; costo medio per ricovero post acuto; spesa per prestazione per assistenza specialistica – attività clinica; spesa per prestazione per assistenza specialistica – laboratorio; spesa per prestazione per assistenza specialistica – diagnostica strumentale;

    appare al presentatore del presente atto irrazionale che, per il riparto 2018, siano utilizzati indicatori di qualità riferibili all'anno 2015 (ben tre anni prima) o comunque non armonizzati con il successivo Patto per la salute 2014-2016 che prevede anche la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità e con successivo decreto ministeriale n. 70 del 2015 che, come è noto, ha ridefinito esclusivamente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;

    appare opportuno ripensare il meccanismo del fabbisogno regionale standard, correlando il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute, sulla base della prevalenza di patologie insistenti su determinati territori, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico di morbilità regionale, e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione;

   appare altresì opportuno differenziare il fabbisogno anche in base alle carenze infrastrutturali, alle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché alle condizioni di deprivazione e di povertà sociale, condizioni che inevitabilmente determinano vacazioni anche sui costi delle prestazioni,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per intervenire sul fabbisogno regionale sanitario standard, assicurando che gli indicatori di qualità siano opportunamente armonizzati con il Patto per la salute 2014-2016, che prevede anche la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità, e con il decreto ministeriale n. 70 del 2015 che, come è noto, ha ridefinito esclusivamente gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;

   ad assumere iniziative per intervenire, sul criterio di riparto del risorse, ripensando il meccanismo del fabbisogno regionale standard, attualmente basato sul parametro capitario in rapporto alla popolazione pesata, correlando invece il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute sulla base della prevalenza di patologie insistenti su determinati territori, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico di morbilità regionale, e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione;

   ad assumere iniziative per differenziare il fabbisogno regionale standard anche in base alle carenze infrastrutturali, alle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché alle condizioni di deprivazione e di povertà sociale, condizioni, che inevitabilmente determinano variazioni anche sui costi delle prestazioni.
(7-00096) «Nesci, Bologna, D'Arrando, Provenza, Sportiello, Leda Volpi, Sarli, Lapia, Sapia, Trizzino, Menga, Massimo Enrico Baroni, Troiano, Mammì, Nappi».

   VILLANI, NESCI, PARENTELA, ROBERTO ROSSINI, SARLI, SPORTIELLO, TESTAMENTO, TROIANO, GIOVANNI RUSSO, MELICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 8 ottobre 2010, n. 170, riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «Dsa»;

   i Dsa riguardano un insieme di disturbi caratterizzati da significative difficoltà nell'acquisizione e nell'utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo;

   la principale caratteristica di questa categoria è proprio la «specificità», ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità indispensabile per l'apprendimento, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale;

   nella descrizione del disturbo è necessario, sia nella fase di diagnosi che successivamente nell'arco della vita dell'individuo, indagare gli aspetti neuropsicologi ed emotivi;

   l'aspetto emotivo e comunicativo è forse uno degli aspetti più difficili da affrontare per chi è affetto da dislessia. Proprio a causa dell'aspetto emotivo, un giovane studente di 19 anni dell'università di Salerno, nel maggio del 2017 si è tolto la vita lanciandosi dalle scale dell'ateneo. Il ragazzo, affetto da dislessia, giunto all'università ha evidenziato problemi nel comunicare con i suoi compagni e con i docenti e questa mancanza secondo i primi accertamenti lo avrebbe indotto al suicidio;

   nonostante la legge imponga alle università italiane di prevedere dei percorsi specifici per studenti affetti da Dsa, ancora oggi in molte aule universitarie i professori non riconoscono queste patologie, di fatto ostacolando il percorso formativo degli studenti affetti da Dsa e negando loro il diritto allo studio;

   da quanto si apprende da alcuni social network, esistono anche delle chat dedicate allo scambio di informazioni in merito alla problematica; viene negato allo studente l'utilizzo degli strumenti compensativi e dispensativi, strumenti necessari e fondamentali affinché lo studente possa realizzare il proprio percorso di studi nei tempi previsti, già di per sé più lunghi rispetto a quelli ordinari. Questa negazione fa sì che gli studenti affetti da Dsa si ritrovino indietro con gli esami e impossibilitati a concludere nei tempi previsti il loro percorso di studi, circostanza che in molti casi porta lo studente ad abbandonare anzitempo gli studi universitari –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di porre maggiore attenzione nei confronti degli studenti affetti da Dsa all'interno delle università italiane, affinché venga riconosciuto il diritto allo studio a tutti gli studenti, compresi coloro che sono affetti da Dsa.
(4-01505)

   CASA, ALAIMO, AZZOLINA, MELICCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento, a norma dell'articolo 64, comma 4, lettera a), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» ha, introdotto la nuova classe di concorso A-65 – teoria e tecnica della comunicazione – presente negli istituti tecnici settore tecnologico – indirizzo grafica e comunicazione;

   la nota (a) della Tabella A allegata al detto decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 per la classe A-65 consente di nominare in opzione anche i titolari della classe A-18 e dispone che «Ha titolo di accesso in opzione il titolare della classe di concorso A-18; l'opzione è esercitata con precedenza da coloro che abbiano prestato servizio in utilizzazione nel periodo dal 1° settembre 2010 alla data del presente provvedimento per almeno un intero anno scolastico»;

   nelle tre fasce delle graduatorie di istituto valevoli per gli anni 2017/2020 aggiornate ai sensi del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 374 del 1° giugno 2017, risultano inseriti aspiranti docenti della classe A-65, che hanno titolo ed a questo fine hanno presentato regolare domanda;

   questi docenti, così inseriti, lamentano quanto segue:

    a) essi sarebbero scavalcati sistematicamente nelle operazioni di conferimento degli incarichi a tempo determinato dalle segreterie degli istituti scolastici presso cui presentano domanda, che danno priorità sistematicamente ai docenti inseriti nella classe A-18, rendendo la classe A-65 una classe «fantasma»:

    b) gli stessi istituti che non conferiscono loro l'incarico risulta abbiano attivato l'insegnamento della nuova classe di concorso A-65 – teoria e tecnica della comunicazione;

    c) nonostante questo, risulta che le scuole interessate all'insegnamento della materia teoria e tecnica della comunicazione di cui alla classe A-65, non trovino nel sistema informatizzato traccia della classe A-65;

    d) nell'elenco ufficiale dei libri di testo delle stesse scuole risultano inseriti anche i testi relativi alla classe di insegnamento A-65 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, al fine di favorire una piena realizzazione dei diritti di pari opportunità di accesso al lavoro dei docenti inseriti nelle graduatorie della nuova classe di concorso A-65 di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 e nelle graduatorie di istituto vigenti ai sensi del decreto ministeriale n. 374 del 2017;

   se il Ministro interrogato abbia diramato o intenda diramare direttive e circolari circa la corretta interpretazione della nota (a) della Tabella A allegata al detto decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 per la classe A-65, nella parte in cui si parla di «opzione», chiarendo che i docenti della nuova classe di concorso A-65, ove inseriti nelle graduatorie di istituto, debbano avere priorità nelle operazioni di conferimento di incarico di supplenza, essendo essi stessi i primi titolari della classe di insegnamento in questione ex regolamento per le supplenze di cui al decreto ministeriale n. 131 del 2007;

   se, al fine di garantire la corretta applicazione delle prime graduatorie di istituto, sia stata assicurata la diramazione delle direttive connesse alla istituzione della nuova classe di insegnamento A-65 e all'aggiornamento del sistema informatico;

   se, al fine di garantire il regolare e ordinato inizio delle lezioni del corrente anno scolastico, per le operazioni di conferimento delle supplenze sia stata attivata adeguatamente l'apposita procedura informatizzata, affinché al momento della consultazione da parte della scuola interessata venga evidenziata dal sistema informatico la situazione aggiornata della posizione specifica di occupazione, ovvero di inoccupazione da parte degli aspiranti inclusi nella graduatoria medesima A-65, in modo che siano interpellati esclusivamente gli aspiranti che, ai sensi delle disposizioni del regolamento di supplenza, ne abbiano diritto.
(4-01507)

   GEMMATO, MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle continue denunce relative alla conclamata emergenza sicurezza nella città di Lecce, evidenziata a più riprese dagli organi di stampa, dai rappresentanti politici e dai cittadini, è stata più volte sottolineata la situazione di degrado relativa alla stazione ferroviaria che nel corso del tempo è divenuta insostenibile a causa di carenze strutturali, di insufficiente qualità del servizio e di problemi legati alla sicurezza;

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, pare che le strutture della stazione versino in condizioni inadeguate, siano fatiscenti, non sicure e non più adeguate a garantirne la corretta funzionalità; la segnaletica sembra sia quasi del tutto assente, i binari sembrano essere sprovvisti di pensiline e quindi non protetti in caso di avversità atmosferiche, l'illuminazione appare scarsa, mancherebbero ascensori che potrebbero essere utili soprattutto agli anziani e ai disabili; sarebbe assente il servizio di facchinaggio, sarebbero evidenti diverse barriere architettoniche che impediscono la fruizione della struttura ai disabili e le sale di attesa sembrerebbero insufficienti ad ospitare il flusso di passeggeri che, pertanto, sarebbero spesso costretti a lunghe attese all'aperto dovute a ritardi e coincidenze;

   appare chiaro che l'economia del turismo di questa splendida città risenta non solo della scarsa qualità del servizio offerto ma anche e soprattutto del ritorno negativo in termini di immagine;

   questo stato di fatto contribuisce, in maniera determinante, disegnare il complessivo quadro di degrado urbano dell'intera zona che necessita evidentemente di provvedimenti volti non solo alla sua riqualificazione ma anche alla messa in sicurezza;

   nel corso della seduta di consiglio monotematica in materia di sicurezza tenutasi al comune di Lecce, il prefetto è intervenuto proprio per riferire sugli interventi relativi alla sicurezza urbana e ha così definito le condizioni della stazione: «...non è quella di una città con un flusso turistico così importante. Mi vergogno.»;

   il prefetto ha sottolineato che la sicurezza urbana non si raggiunge solo con il controllo delle forze dell'ordine, ma anche attraverso la garanzia di determinate condizioni di civiltà come quella relativa al decoro della stazione di Lecce. Al riguardo ha sottolineato che «...La frequento spesso, da privato cittadino, e devo dire che mi vergogno. Ho visto persone anziane camminare sole, trascinarsi valigie pesanti. Scendendo dal treno non si trova un'indicazione, non si capisce che direzione prendere per uscire, non ci sono ascensori. In altre città del Sud non è così. Ho chiesto a Ferrovie dello Stato di intervenire...»;

   la mancanza di corretta manutenzione dell'intera sede ferroviaria e di messa in sicurezza dell'area sulla quale insiste sommata allo scarso stato di sicurezza dei luoghi e al degrado urbano delle zone immediatamente limitrofe (queste ultime già oggetto dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-01269), configura uno scenario con caratteristiche adeguate allo sviluppo di fenomeni di microcriminalità posti in essere da soggetti che si muovono troppo spesso indisturbati e consapevoli di restare impuniti –:

   se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative volte alla manutenzione della sede della stazione ferroviaria di Lecce e alla messa in sicurezza dell'area sulla quale insiste nonché al ripristino degli standard di qualità del servizio offerto, prevedendo, in particolar modo, la rimozione delle barriere architettoniche, l'ampliamento delle sale di attesa, l'integrazione degli ascensori, dell'illuminazione e del servizio di facchinaggio.
(4-01550)

   VERINI, RAMPELLI, BIGNAMI, MORASSUT, MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile del 1973, durante gli «anni di piombo», nel quartiere Primavalle, nella periferia nord di Roma, alcuni militanti di Potere operaio versarono benzina contro la porta di casa di Mario Mattei, allora segretario della sezione Giarabub del Movimento sociale italiano, causando l'incendio di tutto l'appartamento. Persero la vita, carbonizzati, Virgilio e Stefano, due dei figli di Mario Mattei, che non riuscirono a mettersi in salvo. Stefano aveva 8 anni, Virgilio 22;

   nel 2007, il comune di Roma assegnò, con una determina-delibera, dei locali a Giampaolo Mattei, presidente dell'Associazione Fratelli Mattei per tutelare la memoria di Stefano e Virgilio. Tra le attività che svolge l'associazione vi sono quelle di archivio, di studio e di informazione sugli «anni di piombo» e sulle vittime della violenza politica e dell'odio e di diffusione di una cultura di pace e pacificazione;

   il complesso della normativa succedutasi negli anni (legge n. 241 del 1990 e testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) ha modificato le modalità di gestione del patrimonio pubblico e ha precisato che il patrimonio in concessione costituisce una risorsa e un'opportunità disponibile per tutti i cittadini, nell'ottica di perseguire obiettivi socio-culturali, costituendo una significativa leva di coesione sociale e sviluppo della collettività;

   il 6 novembre 2018 l'Associazione Fratelli Mattei è stata sfrattata dal comune di Roma dopo che, negli ultimi 10 anni, il presidente Giampaolo Mattei ha più volte chiesto alle amministrazioni comunali di definire ogni aspetto della concessione dei locali, ottenendo come risposta solo silenzi;

   mettere sullo stesso piano associazioni come questa con altre di interesse privato, si traduce, secondo gli interroganti, in un'inaccettabile, ulteriore, ferita per la famiglia Mattei e per quanto rappresenta, nella memoria collettiva, la strage di Primavalle –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per consentire all'associazione Fratelli Mattei di continuare a svolgere le proprie attività, di comprovato interesse culturale e sociale per i cittadini.
(4-01609)

   FIDANZA, MELONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel gennaio 2017 a Davos è stata siglata una partnership tra il finanziere George Soros e MasterCard, denominata «Humanity Ventures», che può contare su un finanziamento di 50 milioni di dollari da parte del magnate americano. Come si legge sul sito web di MasterCard, il progetto ha l'obiettivo di «catalizzare e accelerare lo sviluppo economico e sociale delle comunità vulnerabili di tutto il mondo, in particolare i rifugiati e i migranti»;

   nella nota ufficiale di lancio dell'iniziativa si legge: «Nonostante miliardi di dollari dati in assistenza umanitaria e allo sviluppo ogni anno, milioni di persone rimangono emarginate. MasterCard e George Soros credono che le capacità del settore privato, unitamente a investimenti strategici a lungo termine, possano stimolare lo sviluppo e trasformare la vita per i meno abbienti». «Humanity Ventures è destinato ad essere redditizio in modo da stimolare il coinvolgimento di altri imprenditori», ha detto Soros;

   secondo il sito sloveno Nova24, che cita fonti interne alla polizia croata, ai migranti che attraversano i Balcani verrebbero distribuite delle carte prepagate, di tipo «MasterCard, senza nome ma con la dicitura Unhcr e un numero stampigliato»;

   sul sito di Unhcr è riportato un ampio prospetto informativo del progetto «Multi-purpose cash and sectoral outcomes. Greece case study», sulla cui copertina è riportata un'immagine della suddetta carta prepagata MasterCard che riporta sovrastampati i loghi istituzionali di Unhcr e Unione europea;

   in un'intervista rilasciata a Forbes lo scorso anno, Tara Nathan, vice-presidente esecutivo di MasterCard, cita la partnership di MasterCard con Mercy Corps, altra importante organizzazione «filantropica» con sede negli Usa che, spiega la vice-presidente di MasterCard, «ha permesso la distribuzione di carte prepagate ai rifugiati in tutta la Grecia e in Serbia» nel «primo programma della regione a sfruttare un sistema di pagamento senza contanti per coloro che cercano sicurezza in Europa. Il modello – osserva Nathan – consente ai rifugiati di acquistare beni in modo più efficiente senza spendere troppo»;

   tali circostanze confermerebbero la distribuzione, almeno in Grecia e Serbia, di tali carte prepagate anonime del circuito MasterCard destinate ai richiedenti asilo e/o rifugiati;

   il Governo italiano contribuisce costantemente al bilancio di Unhcr. Segnatamente nel 2017 il contributo italiano è stato pari a 51 milioni di dollari e ancora a febbraio 2018 il Governo italiano ha stanziato ulteriori 9 milioni di euro;

   l'Italia è Stato membro dell'Unione europea;

   durante la trasmissione «L'aria che tira» andata in onda su La7 l'8 novembre 2018 è intervenuta sul tema la portavoce per l'Italia di Unhcr dottoressa Carlotta Sami la quale, a giudizio dell'interrogante, non ha chiarito in modo esaustivo le modalità di finanziamento, erogazione e gestione delle suddette carte –:

   se il Governo sia al corrente di tale iniziativa;

   se la stessa risulti rivolta ai soli rifugiati titolari di protezione internazionale o anche ai richiedenti asilo;

   di quali elementi disponga il Governo circa la provenienza dei fondi destinati ad alimentare le suddette carte prepagate (dai 90 ai 550 euro mensili a nucleo familiare) e, in particolare, il contributo del finanziere George Soros in base all'annunciato programma «Humanity Ventures»;

   quale sia il ruolo dell'Unione europea in questa vicenda;

   se risulti essere in programma un'estensione di tale programma anche ai richiedenti asilo e/o rifugiati presenti sul territorio italiano;

   se il Governo sia al corrente di ingressi illegali nel territorio nazionale di migranti provenienti dalla rotta balcanica in possesso delle suddette carte prepagate;

   se tali carte anonime soddisfino i requisiti di sicurezza nazionale rispetto a possibili truffe o utilizzi illegali delle stesse.
(4-01612)

   La XII Commissione,

   premesso che:

    con la legge n. 833 del 1978 nasce in Italia il Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi in tal senso come uno strumento di giustizia e di coesione sociale;

    negli ultimi anni, tuttavia, un insieme di fattori politici, economici e organizzativi hanno determinato il consolidamento di una condizione di frammentazione e difformità territoriali in cui, a regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia, se ne affiancano altre in cui è difficoltoso garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza e le disuguaglianze tra le persone si sono fatte sempre più evidenti, con la conseguenza che non tutti riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;

    quindi, affinché il Servizio sanitario nazionale rappresenti invece una garanzia reale del diritto alla salute e perché risponda in pieno alle ragioni e ai bisogni per cui è nato, bisogna fare in modo che ciascuno di noi, ovunque si trovi, possa ricevere le stesse cure e godere degli stessi diritti;

    come evidenziato anche dal documento approvato dalla Commissione igiene e sanità del Senato nella passata legislatura, a conclusione dell'indagine conoscitiva sul sistema sanitario italiano, nel suo complesso esso non solo è in sofferenza, ma i singoli sistemi sanitari regionali registrano rilevanti differenze di qualità ed efficienza rispetto alla garanzia dei livelli essenziali d'assistenza. Infatti, in base alla certificazione finale per l'anno 2012 dei livelli essenziali d'assistenza nelle regioni italiane, elaborata dal Ministero della salute, 7 regioni, tutte del Sud (ad eccezione della Basilicata), si posizionano al di sotto della «soglia di adempienza» (160 punti), là dove tra le migliori regioni si segnalano: Emilia Romagna (prima con 210 punti), Toscana e Veneto (entrambe con 193 punti) e Piemonte (con 186 punti);

    infine, come evidenzia sempre il documento conclusivo, si deve considerare che le regioni – in particolar modo quelle del Mezzogiorno –, costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i deficit della sanità, sono esposte ad un maggior rischio di deprimere ulteriormente la propria economia;

    tali dati sono confermati anche nel rapporto di Osservasalute 2017, che fotografa, ancora una volta, una sanità italiana a diverse velocità dove aumentano le disuguaglianze di salute tra le regioni – soprattutto tra quelle del Nord e quelle del Sud –, dove aumentano i malati cronici e diminuiscono medici e infermieri, dimostrando in parte il fallimento delle politiche sanitarie federalistiche e aziendalistiche;

    queste disuguaglianze in materia sanitaria tra regioni del Nord e quelle del Sud sono messe in evidenza anche nel rapporto Gimbe 3/2018, «La mobilità sanitaria interregionale nel 2017», dove, mettendo a confronto l'indice di attrazione e quello di fuga, si fornisce un quadro sia dell'efficacia che d'efficienza di ciascun Servizio sanitario regionale nel rispondere ai bisogni di salute della popolazione residente, quadro dal quale emerge che quasi tutte le regioni del Sud hanno elevati indici di fuga;

    da un punto di vista economico, la mobilità attiva, ossia l'indice di attrazione di una regione, identificando le prestazioni sanitarie offerte a cittadini non residenti, rappresenta per le regioni una voce di credito, mentre quella passiva una voce di debito, rispetto al saldo sulla mobilità 2017 le regioni, possono essere suddivise in quattro categorie:

     saldo positivo rilevante (oltre 100 milioni di euro): Lombardia (808,7 milioni di euro), Emilia Romagna (357,9 milioni di euro), Toscana (148,3 milioni di euro) e Veneto (161,4 milioni di euro);

     sostanziale equilibrio o saldo positivo (inferiore a 20 milioni di euro): Molise, Umbria, Friuli Venezia Giulia;

     saldo negativo (inferiore a 6 milioni di euro): Provincia Autonoma di Bolzano, Valle d'Aosta, Provincia Autonomia di Trento;

     saldo negativo moderato (da euro 38 milioni a euro 72 milioni): Basilicata, Liguria, Piemonte, Marche, Sardegna, Abruzzo;

     saldo negativo rilevante (oltre 100 milioni): Puglia (-181 milioni di euro), Sicilia (-239,8 milioni di euro), Lazio (-289,2 milioni di euro), Campania (-302,1 milioni di euro), Calabria (-319,5 milioni di euro);

    dalla valutazione comparativa dei saldi regionali emerge in maniera inequivocabile che le regioni con saldo positivo maggiore di 100 milioni di euro sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo inferiore ai 100 milioni di euro tutte del Centro-Sud;

    la legge statale determina annualmente il fabbisogno sanitario, nazionale standard, cioè il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale (Ssn) al cui finanziamento concorre lo Stato. Il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, tramite intesa, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea) erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza;

    all'inizio, il riparto regionale del finanziamento sanitario pubblico avveniva sulla base della spesa storica, ossia sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;

    il decreto legislativo n. 68 del 2011 su costi e fabbisogni standard in sanità introduce, rispetto al sistema di riparto fra le regioni delle risorse destinate ai livelli essenziali di assistenza in vigore dagli anni novanta, due innovazioni: il depotenziamento della ponderazione della quota capitaria per (sole) classi di età della popolazione e la individuazione di regioni benchmark,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per predisporre e presentare al Parlamento una relazione, almeno biennale, da pubblicare sul sito del Ministero della salute, relativa ai dati sulla mobilità sanitaria trasmessi dalle regioni pubblicamente in un report;

   ad assumere iniziative di competenza che favoriscano la creazione di un sistema sanitario più equo che dia alle regioni maggiormente in difficoltà, in particolare quelle del Sud, adeguati strumenti volti a fronteggiare le difficoltà strutturali e il gap di risorse che tali regioni scontano rispetto a quelle del Nord, per porre fine al meccanismo per cui le regioni più ricche, avendo maggiori possibilità di investimento, sono anche più virtuose, e ricevono quindi, maggiori risorse, a scapito di quelle più povere, che vengono ancor più depauperate;

   ad assumere iniziative di competenza affinché vi sia un nuovo e aggiuntivo criterio di riparto del Fondo sanitario nazionale, quale il criterio di deprivazione economica, con un suo peso ponderato non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota al fine di non perseverare nella penalizzazione delle regioni del Sud;

   a promuovere misure adeguate di controllo affinché le maggiori risorse finanziarie che andrebbero alle regioni del Sud con l'aggiunta del nuovo criterio di riparto del fondo sanitario nazionale legato alla deprivazione economica siano monitorate e collegate a piani di misurazione delle performance che tengano conto della necessaria riduzione sia della mobilità passiva che delle liste di attesa.
(7-00110) «Ubaldo Pagano, De Filippo, Pini, Schirò, Carnevali, Siani, Campana, Rizzo Nervo».