ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 61 di giovedì 11 ottobre 2018
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozione:
Carfagna 1-00060 2361
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Giorgis 5-00697 2363
Interrogazione a risposta scritta:
Fratoianni 4-01353 2364
Affari esteri e cooperazione internazionale.
Interrogazione a risposta orale:
Viviani 3-00234 2364
Interrogazione a risposta in Commissione:
Delmastro Delle Vedove 5-00703 2364
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazioni a risposta scritta:
Mugnai 4-01350 2365
Legnaioli 4-01357 2366
Difesa.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Di Maio Marco 5-00705 2366
Economia e finanze.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Ciampi 5-00694 2367
Giustizia.
Interrogazione a risposta orale:
Bartolozzi 3-00235 2368
Interrogazione a risposta in Commissione:
Bruno Bossio 5-00704 2369
Interrogazione a risposta scritta:
Grimoldi 4-01355 2369
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Gemmato 5-00695 2370
Interrogazioni a risposta scritta:
Cabras 4-01346 2371
Pizzetti 4-01356 2372
Interno.
Interrogazione a risposta orale:
Caon 3-00236 2373
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Ascari 5-00699 2374
Di Maio Marco 5-00706 2375
Interrogazione a risposta scritta:
Mugnai 4-01352 2375
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta in Commissione:
De Menech 5-00696 2376
Interrogazione a risposta scritta:
Fratoianni 4-01347 2377
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Carnevali 5-00700 2378
Politiche agricole alimentari, forestali e turismo.
Interrogazioni a risposta scritta:
Conte 4-01348 2378
Vinci 4-01351 2379
Salute.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Sarli 5-00701 2380
Mammì 5-00702 2381
Interrogazioni a risposta scritta:
Frassinetti 4-01349 2382
Cunial 4-01354 2382
Sviluppo economico.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Tiramani 5-00698 2383
Apposizione di firme a risoluzioni 2384
Apposizione di una firma ad una interpellanza 2384
Apposizione di firme ad interrogazioni 2384
Ritiro di firma da un'interpellanza 2384
ERRATA CORRIGE 2384
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
sono presenti in Italia forti divari territoriali nei servizi di assistenza all'infanzia (strutture nido), di assistenza sociale, in quelli accessori di istruzione (refezione scolastica, trasporto studenti, assistenza disabili), in quelli del trasporto pubblico locale e delle strutture sanitarie;
tredici regioni a statuto ordinario, con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna come capofila, hanno attivato le procedure previste dall'articolo 116 della Costituzione per ottenere piena autonomia su specifiche materie, tra le quali spiccano per valore finanziario e sociale l'istruzione e le grandi reti di trasporto;
nella proposta della regione Veneto in tema di risorse si prevede che, a partire dal secondo anno dal conseguimento dell'autonomia, per ciascuna delle materie devolute si calcoli un fabbisogno standard commisurato sia alla popolazione e alle specificità del territorio, sia al gettito dei tributi locali in rapporto ai valori nazionali, sebbene quest'ultimo sia un indicatore di reddito e non di bisogno;
sempre nella proposta della regione Veneto, il calcolo del fabbisogno standard è affidato a una commissione paritetica regione-Governo, escludendo del tutto la partecipazione e la verifica parlamentare su un processo che ha per sua natura effetti esterni ai confini territoriali;
sono inattuate dal 2001 parti importanti della Costituzione quali l'indicazione dei Lep, cioè i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (articolo 117, secondo comma, lettera m)), e l'istituzione del Fondo di perequazione (articolo 119 quarto comma) indispensabile per consentire ai territori con minore capacità fiscale per abitante il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite;
in particolare, sono rimasti «lettera morta» i condivisibili criteri enunciati nella legge sul federalismo fiscale n. 42 del 2009 che avrebbero dovuto presiedere alle misure perequative: capacità fiscale, densità demografica, sviluppo infrastrutturale, gettito dei tributi, stato dei servizi;
l'articolo 119 prevede anche che per rimuovere gli squilibri economici e sociali lo Stato destini risorse aggiuntive a determinati territori, tuttavia i fondi per l'ampliamento territoriale dei servizi educativi per l'infanzia nel 2017 sono stati ripartiti tra le regioni utilizzando come parametro principale il numero di iscritti agli asili nido, destinando pertanto più risorse dove i servizi ci sono che dove sono carenti;
nell'attuale quadro, le risorse straordinarie (provenienti da fondi strutturali europei, piano di azione coesione e risorse nazionali del fondo di sviluppo e coesione) sono destinate in via prevalente al Sud, ma quelle ordinarie risultano invece prevalentemente allocate al Nord: su 691 euro di spesa in conto capitale che la pubblica amministrazione effettua per un singolo cittadino meridionale solo 239 euro arrivano dai fondi ordinari, cioè quelli che lo Stato – semplificando il concetto – mette a disposizione completamente «di tasca sua». Al Centro-nord il rapporto è ribaltato: 508 euro di spesa ordinaria pro capite e 87 di spesa straordinaria;
il processo di maggiore autonomia dei territori è positivo e consente di aumentare la responsabilità delle comunità locali nella gestione della cosa pubblica, purché si rispetti l'armonia e l'equilibrio tra i valori costituzionali in campo, come del resto esplicitamente previsto dallo stesso articolo 116;
la facoltà di chiedere autonomia su specifiche materie prevista dalla revisione costituzionale del 2001 può realizzarsi in modo equilibrato solo se accompagnata dall'attuazione di tutte le parti previste da quella riforma e, in particolare, se sono definiti i Lep ed è attivato il fondo di perequazione;
in assenza dei Lep, infatti, è impossibile determinare con correttezza i fabbisogni standard dei territori e senza il fondo di perequazione è impossibile garantire il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche a ciascuno attribuite. L'autonomia, senza il supporto delle risorse, è solo un fantasma, sia per l'esercizio delle funzioni attribuite direttamente dalla Costituzione, sia, a maggior ragione, per quelle ulteriori che le regioni volessero eventualmente intestarsi ai sensi dell'articolo 116, terzo comma della Cost. L'assenza del fondo perequativo e l'inadeguatezza del sistema di finanziamento, di fatto, rendono la via del regionalismo differenziato impraticabile per le regioni del Mezzogiorno;
in tale vuoto normativo, il processo di attuazione dei fabbisogni standard che si è realizzato a partire dal 2015 per i comuni delle regioni a statuto ordinario mostra evidenti anomalie quali l'assegnazione di un fabbisogno zero dove il servizio non è erogato (caso asili nido e trasporto pubblico locale), l'assegnazione di un fabbisogno ridotto nei comuni che si trovano in territori poveri di servizi regionali (caso assistenza sociale), nonché l'individuazione di un «target perequativo» molto lontano da quello previsto in Costituzione e cioè pari al 50 per cento invece che integrale;
del tutto censurabile, poi, è l'ormai istituzionalizzata prassi di sostenere il fabbisogno del Sud con i fondi straordinari, anziché, come sarebbe fisiologico, con i fondi ordinari: l'effetto è la mancata addizionalità dei fondi «straordinari» che, anziché andare a ridurre i divari tra territori, sostituiscono di fatto spesa ordinaria che lo Stato dovrebbe comunque garantire; le cosiddette risorse aggiuntive «correggono» la caduta della spesa ma di fatto rendono sempre più irrilevante la politica ordinaria;
di assoluta evidenza, poi, è la circostanza che in assenza della perequazione delle risorse imposta dalla Costituzione, le regioni meno sviluppate, specie al Meridione, non passano mai sfruttare le virtualità autonomistiche speciali consentite dall'articolo 116 terzo comma della Costituzione; è chiaro, infatti, che nessuna condizione ulteriore d'autonomia può essere acquisita, senza le correlative risorse; ed è altrettanto chiaro che queste non saranno mai sufficienti, nelle realtà in questione, senza l'effettiva attuazione del Fondo perequativo,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per definire i livelli essenziali delle prestazioni per tutte le materie d'interesse degli enti territoriali, quale premessa per una corretta attuazione dell'autonomia, nonché per un calcolo oggettivo dei fabbisogni standard regionali, provinciali e comunali;
2) ad adottare iniziative per completare il percorso di attuazione della legge n. 42 del 2009 in particolare per quanto riguarda i fondi di perequazione e la perequazione infrastrutturale, correggendo incongruenze come il target perequativo inferiore al 100 per cento;
3) ad adottare iniziative per prevedere misure sostitutive nei confronti di gestioni regionali palesemente insufficienti (con riguardo a ospedali, aziende sanitarie, aziende pubbliche di trasporto locale);
4) una volta attuato quanto ai capoversi 1) e 2), ad adottare tutte le iniziative di competenza necessarie per attuare l'articolo 116, terzo comma della Cost., a partire dalla negoziazione dell'intesa con le regioni interessate;
5) ad adottare iniziative per riprendere il modello della cosiddetta clausola De Vincenti, innalzando la soglia prevista dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016 e portandola al 45 per cento, ed estendendo il vincolo non solo agli investimenti delle amministrazioni centrali, come avviene attualmente, ma a tutte le amministrazioni pubbliche e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, e a Cassa depositi e prestiti.
(1-00060) «Carfagna, Paolo Russo, Occhiuto».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIORGIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
nel corso della passata legislatura, i Governi a guida PD e la maggioranza parlamentare che li ha sostenuti, hanno intrapreso un percorso legislativo finalizzato a rendere più equo e sostenibile il sistema previdenziale italiano, favorendo, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, l'adozione di misure utili ad attenuare alcune distorsioni del sistema provocate dalla manovra economica «SalvaItalia» e consentendo l'accesso al trattamento pensionistico a una crescente platea di lavoratori;
tale percorso è stato sostenuto dalle organizzazioni sindacali, con le quali è stato avviato un confronto periodico, aperto e costruttivo, che ha agevolato l'individuazione dei principali temi da approfondire e sviluppare e che è sfociato nella sottoscrizione di un verbale di accordo in data 28 settembre 2016;
successivamente, durante l'incontro del 21 novembre 2017, tra Ministro del lavoro e delle politiche sociali e organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, svoltosi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sono state affrontate le tematiche relative agli interventi di natura sociale e previdenziale da inserire nella manovra di bilancio per l'anno 2018;
in particolare, con riguardo agli argomenti individuati nell'ambito del documento del 28 settembre 2016, il Governo si impegnava ad adottare disposizioni legislative di maggior tutela nei confronti dei lavoratori impegnati in attività gravose e pesanti;
a questo proposito, si prevedeva anche l'istituzione di una apposita commissione tecnica, incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni, in relazione all'età anagrafica e alle condizioni soggettive dei lavoratori e delle lavoratrici, anche derivanti dall'esposizione ambientale o diretta ad agenti, allo scopo di valutare il possibile ampliamento delle categorie di lavoratori cui agevolare l'accesso alla pensione;
l'articolo 1, comma 155, della legge di bilancio 2018, recependo i predetti impegni, ha disposto l'istituzione della commissione mediante l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della salute;
la commissione, formalmente istituita il 26 aprile 2018, avrebbe dovuto concludere i lavori entro il 30 settembre di quest'anno, mentre nei 10 giorni successivi era prevista da parte del Governo la presentazione alle Camere di una relazione sull'esito dei lavori;
nel corso dell'esame parlamentare di conversione in legge del cosiddetto decreto milleproroghe, è stato approvato un emendamento, anche a firma PD, che ha modificato la data di conclusione dei lavori, ora fissata al 15 novembre 2018;
purtroppo, la commissione non è ancora operativa, con grave pregiudizio delle aspettative di migliaia di lavoratori in attesa dei suoi riscontri;
tale criticità deriva dal fatto che a presiedere la commissione è stato designato il presidente dell'Istat, la cui nomina non è ancora stata effettuata da Governo;
al fine di favorire il corretto svolgimento dei lavori della commissione in questione si rende indispensabile operare per superare questa situazione di pericolosa impasse –:
stante il perdurare dell'assenza del presidente della commissione di cui in premessa, causata dalla mancata nomina del presidente dell'Istat, quali urgenti iniziative intendano adottare allo scopo di agevolare lo svolgimento dei lavori della stessa, in modo tale da predisporre, nel più breve tempo possibile, un quadro organico relativamente alla platea di lavoratori che già nella prossima legge di bilancio potrebbero beneficiare di disposizioni legislative di maggior favore in tema di accesso al trattamento pensionistico.
(5-00697)
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 4 ottobre 2018, a Pisa, una coppia di giovani sarebbe stata derisa a sputi e colpita con pugni perché gay, da tre giovanissimi, pare minorenni, nel centro città;
uno dei due ragazzi avrebbe ricevuto un pugno al volto che, mandandogli in frantumi le lenti degli occhiali, gli avrebbe lacerato la pelle sotto gli occhi, mentre il compagno, intervenuto per difenderlo, avrebbe subito alcune contusioni;
si è di fronte all'ennesimo episodio di violenza nei confronti di coppie omosessuali, un gesto che l'interrogante condanna e che, al tempo stesso, suscita sconcerto perché gli autori sono tre giovani che, in quanti tali, più degli altri dovrebbero porre alla base di ogni loro comportamento il rifiuto di qualsiasi discriminazione e fare della tolleranza un loro riferimento civile e culturale;
questa, come altre aggressioni, confermano la necessità di proseguire e intensificare ogni azione educativa per contrastare l'intolleranza, che spesso degenera in una escalation di violenza nei confronti di persone giudicate a torto «diverse» –:
con quali strumenti il Governo intenda prevenire episodi di violenza come quello descritto in premessa e come intenda contrastare ogni forma di discriminazione legata all'orientamento sessuale, promuovendo in ogni sede la cultura della tolleranza e del rispetto che sono alla base del vivere civile;
quali iniziative siano state intraprese dalle forze dell'ordine di Pisa in ordine all'aggressione di cui in premessa.
(4-01353)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta orale:
VIVIANI, FORMENTINI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
due pescherecci di Mazara del Vallo sono stati abbordati il 9 ottobre 2018 da una vedetta e scortati al porto Ras Al Hilal, dove sono giunti in nottata: da notizie avute dal distretto della pesca, gli equipaggi stanno bene e non risultano agli arresti;
si tratta del «Matteo Mazzarino», della società armatoriale M.C.V. Pesca dell'armatore Vincenzo Asaro, con a bordo sette uomini di equipaggio al comando del capitano Alberto Figuccia, e del motopesca Afrodite Pesca, della Afrodite Pesca srl dei fratelli Pellegrino (140 tonnellate di stazza lorda, con 6 uomini di equipaggio a bordo al comando del capitano Vincenzo Pellegrino);
l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sta monitorando la situazione, in costante contatto con l'ambasciata –:
come intenda procedere il Ministro interrogato al fine di riportare in acque territoriali italiane i pescherecci trattenuti in Libia.
(3-00234)
Interrogazione a risposta in Commissione:
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la profonda crisi economica che ha colpito il Venezuela ha generato anche una grave crisi umanitaria, caratterizzata da un grande esodo verso i Paesi latini confinanti, resa ancora più pericolosa dalla carenza di beni di prima necessità come prodotti alimentari, antibiotici e altri farmaci salvavita, energia elettrica e acqua corrente;
secondo le stime dell'Onu, sono circa 2 milioni i venezuelani scappati negli ultimi tre anni, con una media attuale di circa 5000 persone al giorno, e la sola Colombia ne ha accolti più di un milione e regolarizzato già circa 820 mila;
in Venezuela vivono circa 140.000 italiani, che arrivano a circa 1 milione se si considerano anche i figli o i nipoti degli italiani emigrati i quali, quindi, avrebbero anche diritto alla cittadinanza italiana secondo le vigenti disposizioni di legge;
la crisi ha aumentano sensibilmente le richieste di servizi consolari da parte dei nostri concittadini in Venezuela e dei loro discendenti per poter rientrare in Italia e sottrarsi dalla morsa della crisi;
il 9 marzo 2018 il direttore generale per gli Italiani all'estero Luigi Vignali, in un'intervista all'Agenzia Dire, ha dichiarato che «non prevediamo di aprire nuove sedi consolari, ma aumenteremo il personale, la nuova legge di bilancio 2018 ce lo permette»;
nella stessa intervista, il direttore Vignali ha reso noto di voler «velocizzare la concessione dei passaporti a chi vuole rientrare. Con l'ambasciata e i consolati abbiamo individuato canali rapidi soprattutto per quegli italiani che non hanno la doppia cittadinanza, e che quindi non hanno altri documenti di viaggio» e che «nel 2017 solo a Caracas abbiamo emesso 14 mila passaporti»;
sempre nella summenzionata intervista, il direttore Vignali ha dichiarato che «lo scorso anno il Governo ha stanziato un milione e 265 mila euro, a cui si aggiunge un milione autorizzato dalla legge di bilancio 2018. Solo negli ultimi mesi del 2017 abbiamo fornito assistenza a oltre 600 famiglie» –:
quante nuove richieste di cittadinanza italiana e di passaporti italiani siano pervenute alla struttura consolare italiana in Venezuela;
se la struttura consolare italiana in Venezuela disponga delle risorse economiche e di organico necessarie a gestire pienamente e in tempi celeri tutte le richieste provenienti dai nostri cittadini e dai loro discendenti;
se il Governo intenda assumere iniziative per aumentare le risorse a favore della rete consolare italiana in Venezuela.
(5-00703)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
MUGNAI e RIPANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in data 7 ottobre 2018, al largo di Capo Corso, a poche miglia dall'Arcipelago Toscano — più precisamente a 14 miglia al largo di Capo Corso — è avvenuto un incidente in mare tra due navi, in acque internazionali vicine alla Corsica, tra la motonave Ulisse che trasporta camion e auto e la motonave portacontainer Cls Virginia;
la collisione tra il portacontainer Virginia e il traghetto Ulysse ha riversato in mare del carburante e la contaminazione si espande, interessando un'area superiore ai 100 chilometri quadrati, come affermato da Greenpeace, dopo aver effettuato un'elaborazione di immagini ottenute dal satellite Sentinel;
la presenza di carburante sversato in mare dopo la collisione si è verificata oltretutto in pieno Santuario dei Cetacei, a pochissima distanza dalle coste toscane e dal Parco nazionale dell'arcipelago toscano, che è l'area marina protetta più grande d'Europa –:
quali siano le azioni in corso e quelle previste a tutela del territorio, visti gli allarmi sollevati da più parti sui rischi di questa gravissima collisione in mare;
quale sia l'intenzione del Governo, dopo questo ennesimo disastro ambientale in mare, in relazione all'esigenza di dare finalmente una tutela specifica ed esclusiva al Santuario dei Cetacei, una porzione di Mediterraneo particolarmente ricca di balenottere e capodogli.
(4-01350)
LEGNAIOLI, VIVIANI, ZIELLO e POTENTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la mattina del 7 ottobre 2018 la motonave tunisina Cotunav Ulysse in rotta da Genova a Tunisi con un carico di auto e camion, per motivi ancora da chiarire, è andata a scontrarsi con la portacontainer cipriota CLS Virginia in rada a 28 km a nord ovest della punta di Capo Corso, in Corsica, in acque territoriali francesi, a ridosso del Santuario dei Cetacei e ad appena un'ora di navigazione dall'isola di Capraia;
a seguito dell'urto ben 600 tonnellate di carburante navale pesante della CLS Virginia si sono riversati in mare formando una chiazza oleosa, potenzialmente molto dannosa per l'ecosistema se non contenuta e bonificata per tempo, inizialmente di circa 20 chilometri quadrati giunta a 100 chilometri secondo quanto pubblicato su Il Tirreno del 10 ottobre 2018;
l'attivazione delle squadre di contenimento e bonifica è stata rapida sia da parte della prefettura marittima francese, che ne ha il coordinamento, che da parte delle autorità italiane; con intervento del Ministero all'ambiente e della tutela del territorio e del mare e su richiesta di supporto da parte della Francia, è stato disposto un massiccio spiegamento di forze con l'invio di diverse unità navali, tra cui tre d'altura specializzate e di un aereo Atr42 della Guardia costiera per il monitoraggio;
la regione Liguria ha dato la completa disponibilità a fornire supporto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla capitaneria di porto di Genova tramite l'Arpal, l'agenzia regionale incaricata tra l'altro dei controlli sulla qualità delle acque –:
in relazione all'evento in questione, quali siano gli interventi messi in campo dal Governo, anche alla luce dell'apporto delle regioni interessate, quale sia lo stato delle operazioni, quali le tempistiche per la bonifica e se vi siano o meno rischi per le coste e i mari italiani.
(4-01357)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARCO DI MAIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la particolare posizione geografica del comune di Castel Bolognese, che pone l'agglomerato urbano a pochi chilometri di distanza da centri urbani popolosi come Imola e Faenza, punto di riferimento per la vallata del Senio, e il cui territorio è attraversato da importantissime arterie di comunicazione stradali e ferroviarie, rende suddetto comune vulnerabile e, purtroppo, esposto a frequenti episodi di microcriminalità;
è purtroppo presente anche un rilevante problema legato allo sfruttamento della prostituzione e al traffico di sostanze stupefacenti;
questo richiamato contesto richiede un adeguato impegno in merito al tema della sicurezza urbana;
l'Arma dei carabinieri è l'unico presidio delle forze dell'ordine presente sul territorio comunale e l'attuale sede risulta non più adeguata alle esigenze di funzionalità e operatività dei militari;
esiste anche una questione di sottodimensionamento degli organici difficile da affrontare proprio in relazione anche ai limiti logistici e funzionali dell'attuale sede della stazione;
l'amministrazione comunale ha recentemente approvato un ordine del giorno in cui si conferma la volontà di realizzare quanto prima una nuova caserma dei carabinieri, proprio per venire incontro alle esigenze di una maggiore sicurezza della propria comunità –:
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di verificare la possibilità di realizzare una nuova caserma per la stazione dell'Arma nel comune di Castel Bolognese, procedendo anche a una implementazione della pianta organica dei militari in servizio e assicurando un potenziamento complessivo dell'importante presidio di sicurezza.
(5-00705)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
CIAMPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la Fondazione Sipario Toscana – Centro di produzione teatrale è nata nel 1993 è una onlus che ha come obiettivo (si legge nel sito internet ufficiale): «il fare arte, educare, formare/formarsi in rapporto al nuovo mondo in divenire, rivendicare l'indipendenza della creatività collocandola, senza eccessive schizofrenie, all'interno di un tragitto d'impresa. L'attuale fisionomia artistica è caratterizzata da processi di produzione di opere e progetti di teatro contemporaneo e di teatro ragazzi: essi esprimono un'alternativa originale ai vari modelli di stabilità, basando l'etica della creazione e le forme espressive sull'incontro tra gli artisti e le persone, e il confronto con l'alterità, le tematiche contemporanee, i conflitti sociali»;
socio unico della Fondazione è il comune di Cascina (provincia di Pisa); la Fondazione Sipario ha sede presso La Città del Teatro di Cascina;
da settimane alcuni media parlano di una lettera (risalente al mese di luglio 2017) in cui il consiglio di amministrazione della Fondazione Sipario Toscana chiederebbe al sindaco di Cascina, Susanna Ceccardi, la rimozione di Andrea Buscemi da direttore artistico de La Città del Teatro;
in questo contesto va aggiunto che Andrea Buscemi non è stato riconfermato nel 2018 come direttore artistico e che, a seguito di tale mancata riconfermarlo stesso Buscemi, secondo quanto ha riportato la stampa, avrebbe accusato pesantemente Presidente della Fondazione Sipario di non essere stato riconoscente nei suoi confronti: «io sono la persona che ti ha fatto venire a Cascina a fare il presidente della Fondazione e che ha ospitato te e la tua famiglia per cento giorni in casa propria senza nulla pretendere, facendovi dormire perfino nel mio letto personale» avrebbe scritto Buscemi al presidente Ammirati;
le accuse presenti nella lettera sarebbero gravissime perché riguardano non solo la cattiva gestione amministrativa ma anche una «eccessiva disinvoltura nella fruizione delle dotazioni della Fondazione senza una opportuna rendicontazione»;
la mancata riconferma di Andrea Buscemi nel 2018, a giudizio dell'interrogante, potrebbe avvalorare le accuse presenti nella missiva;
sempre secondo i media, il sindaco di Cascina avrebbe affermato di non aver ricevuto tale lettera; alcuni consiglieri comunali di Cascina hanno sollecitato il sindaco sulla necessità di indagare sui contenuti e sulla autenticità della lettera senza però ricevere ad oggi nessuna comunicazione ufficiale;
la Fondazione è infatti gestita con fondi pubblici e, ad avviso dell'interrogante, appare necessario, anche al fine di eliminare ogni dubbio sulla gestione, interpellare gli organi preposti a partire dalla commissione di controllo e garanzia comunale, i revisori dei conti ed inviare la documentazione alla procura della Repubblica per i dovuti accertamenti; l'articolo 28 della legge 27 dicembre 2012, n. 289, dispone al comma 1 che «allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti ed organismi pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, avvalendosi dei propri rappresentanti nei collegi sindacali o di revisione presso i suddetti enti ed organismi e dei servizi ispettivi di finanza pubblica» –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di avviare una verifica presso il comune di Cascina in ordine ai profili contabili e finanziari relativamente alla gestione della Fondazione Sipario Toscana, anche attivando i servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato.
(5-00694)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
BARTOLOZZI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 48, comma 10, del decreto legislativo n. 159 del 2011, così come modificato dall'articolo 36 del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», prevede una nuova disciplina delle assegnazioni di risorse finanziarie derivanti dalla vendita dei beni confiscati, che esclude completamente i territori interessati, disponendo che le somme ricavate dalla vendita, «al netto delle spese per la gestione e la vendita degli stessi, affluiscono al Fondo Unico Giustizia per essere riassegnate, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, nella misura del quaranta per cento al Ministero dell'interno, per la tutela della sicurezza pubblica e per il soccorso pubblico, nella misura del quaranta per cento al Ministero della giustizia, per assicurare il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, e, nella misura del venti per cento all'Agenzia, per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica»;
resta quindi il paradosso, già contenuto nella norma previgente del codice del 2011 (articolo 48, comma 10), secondo il quale alle popolazioni che hanno subito il giogo mafioso è riservata una doppia penalizzazione:
la prima dalla criminalità mafiosa, che si è arricchita con estensioni, racket, sfruttamento a danno di cittadini ed imprese;
la seconda dello Stato che, confiscando le ricchezze raccolte dai criminali e poi vendendone i beni sul mercato, non destina le risorse che da tale vendita derivano alle popolazioni vessate;
la Sicilia in tal senso ha pagato il prezzo più alto, essendo allocati in tale territorio non solo la gran parte dei beni confiscati alla mafia, ma anche delle aziende acquisite al patrimonio erariale;
in questo quadro le regioni più colpite dal drammatico crimine mafioso ed, in particolare, Sicilia perdono quello che la criminalità ha sottratto con la violenza e l'intimidazione –:
quante risorse dal 2011 siano rinvenute al fondo unico giustizia per la vendita dei beni confiscati;
quanti beni siano stati venduti, dal 2011 a tutt'oggi e per singole annualità, e a quale valore medio;
quali siano le regioni di allocazione dei beni venduti e gli importi incassati dall'erario per singola regione interessata.
(3-00235)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BRUNO BOSSIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 18 giugno 2014, nel corso della XVII legislatura, l'interrogante è stata firmataria con l'allora collega deputato Magorno di un'interrogazione all'allora Ministro della giustizia Andrea Orlando per chiedere l'adozione di decreti correttivi, come già segnalato dalle Commissioni giustizia di Camera e Senato della XVII legislatura, le quali avevano espresso parere negativo sulla soppressione del tribunale di Rossano, motivando l'inopportunità di lasciare un territorio così vasto e a così alta presenza di criminalità organizzata, quale quello di Rossano-Corigliano, senza il suo presidio di legalità;
il GAV (Gruppo di azione per la verità) del tribunale di Rossano manifestava, a più riprese, le sue istanze secondo le quali è da ritenersi illegittima la decisione di accorpare il tribunale di Rossano a quello di Castrovillari, con risultati evidentemente contrastanti con le finalità del decreto-legge n. 138 del 2011 prima e del decreto-legge n. 155 del 2012 poi;
in data 30 maggio 2016, a seguito del sit-in tenutosi il giorno 17 dello stesso mese in piazza Indipendenza a Roma, il GAV, i cui rappresentanti sono stati ricevuti dal vicepresidente pro tempore del CSM Legnini, inviava alla I e alla VII Commissione del CSM, due dossier contenenti l'elenco delle denunce presentate in diverse procure della Repubblica e un elenco dettagliato dei gravissimi disagi causati al territorio di Rossano-Corigliano dalla soppressione del tribunale di Rossano;
il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Castrovillari comunicava in data 12 marzo 2018 la necessità di attribuire un incarico professionale al fine di individuare soluzioni interne con l'obiettivo di evitare l'emigrazione di uffici e servizi al di fuori degli attuali locali, ritenuti evidentemente incapienti, stanti anche le necessità della procura di Castrovillari, nonostante gli spazi del presidio del Pollino dovessero già ritenersi capaci di ospitare l'ex circoscrizione del tribunale di Rossano per come valutato al momento della decisione della chiusura del tribunale di Rossano –:
se il Governo sia a conoscenza della drammatica situazione di crisi che ha prodotto la chiusura del tribunale di Rossano, con riguardo alle enormi difficoltà logistiche in riferimento al trasporto pubblico locale, ai giovani professionisti costretti a rinunciare alla loro professione a causa degli elevati costi aggiuntivi, e più in generale alle enormi disfunzioni e inefficienze presenti nei tribunali accorpati di Rossano-Castrovillari e quali iniziative intenda adottare in proposito;
se il Governo non ritenga che il distretto Corigliano-Rossano, per le sue dimensioni demografiche, necessiti della riapertura del suo tribunale e per tale ragione se non ritenga conseguentemente necessario riaprire un apposito tavolo di discussione;
se il Governo sia in grado di fornire informazioni dettagliate e aggiornate circa le condizioni della struttura del palazzo di giustizia di Castrovillari in materia di agibilità e sicurezza.
(5-00704)
Interrogazione a risposta scritta:
GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dal 2010 in tutta Italia, negli uffici del Ministero della giustizia, attraverso accordi con regioni, province, comuni, enti universitari, hanno avuto inizio i progetti formativi che hanno inserito quelli che erano veri e propri lavoratori in programmi di tirocinio formativo;
si tratta dei cosiddetti precari della giustizia ai quali, a partire dal 2013, è stato consentito di continuare a svolgere le proprie mansioni attraverso provvedimenti sempre temporanei, all'interno dell'ufficio per il processo, ovvero la nuova struttura organizzativa di supporto del magistrato;
nel 2013 viene inserito nella legge n. 228 del 2012 un finanziamento di 7,5 milioni di euro per una platea di poco più di 3000 lavoratori, per proseguire la formazione, cosiddetto «tirocinio di completamento», direttamente alle dipendenze del Ministero della giustizia, con pagamento delle indennità in maniera diretta dalle corti d'appello;
nella legge di stabilità per il 2014 è previsto uno stanziamento di 15 milioni di euro che dà vita al cosiddetto «tirocinio di perfezionamento»;
in materia era intervenuto anche l'articolo 21-ter del decreto-legge n. 83 del 2015, che consentiva l'individuazione di soggetti che, avendo concluso il tirocinio, potessero far parte per ulteriori 12 mesi dell'ufficio del processo, fissando in 400 euro mensili l'importo massimo della borsa di studio. In attuazione di quella disposizione il Ministero della giustizia ha emanato il decreto ministeriale 20 ottobre 2015, con il quale è stata indetta la procedura di selezione di 1.502 tirocinanti per lo svolgimento dell'ulteriore anno di perfezionamento nella struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo»;
inoltre, la legge 11 dicembre 2016, n. 232, prevede il proseguimento per il 2017 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che hanno completato nel 2016 il tirocinio formativo presso tale ufficio. Ugualmente, la legge 27 dicembre 2017, n. 205, sancisce il proseguimento per il 2018 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che abbiano completato il tirocinio nel 2017;
la disposizione introdotta nella legge di bilancio per il 2017 prolungava di ulteriori 12 mesi, e dunque per tutto il 2017, la durata del periodo di perfezionamento da svolgere nell'ufficio giudiziario e stanziava 5.807.509 euro per il 2017 per coprire le borse di studio, attingendo alle risorse già stanziate per la riqualificazione del personale dell'amministrazione giudiziaria (articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015); anche la legge 27 dicembre 2017, n. 205, legge di bilancio per il 2018, all'articolo 1, comma 1121, ha previsto il proseguimento per il 2018 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che hanno completato nel 2017 il tirocinio formativo presso tale ufficio, e stanziava 5.807.509 per l'anno 2018;
ad oggi si parla di circa 900 lavoratori che da più di 6 anni stanno lavorando per il Ministero della giustizia e attualmente ricevono unicamente un rimborso spese mensile di 400 euro –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per detti lavoratori e se, in particolare, si intendano adottare iniziative per rinnovare i suddetti tirocini per l'anno 2019, anche mediante l'utilizzo delle procedure di selezione finalizzate al reperimento di personale per la pubblica amministrazione previste dall'articolo 16 della legge n. 56 del 1987 che contempla pubbliche selezioni attraverso i centri per l'impiego.
(4-01355)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GEMMATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 407 Basentana si estende lungo un tracciato di circa 100 chilometri, con unica carreggiata a doppio senso di marcia, e attraversa interamente la regione Basilicata configurandosi come una delle arterie strategicamente più importanti e trafficate del Mezzogiorno, in quanto collega il Tirreno allo Jonio, congiungendo l'A3 Salerno-Reggio Calabria (mediante il R.A. 05) alla strada statale 106 Jonica;
da anni l'infrastruttura è interessata da problemi diversi che sono la causa di incidenti quasi sempre di grave entità e di numerosi decessi e ferimenti;
la messa in sicurezza dell'intera arteria è un provvedimento divenuto improcrastinabile anche in considerazione degli inquietanti dati Istat che la considerano tra gli assi viari più critici per la sicurezza stradale nella Basilicata; le cause che determinano la mancanza di sicurezza per gli automobilisti che percorrono la strada statale 407 sono diverse e note: la strada è intanto caratterizzata da numerosi tratti con curve pericolose, gallerie e restringimenti di carreggiata; segnaletica e illuminazione non raggiungono sempre livelli di efficienza e in alcuni casi risulterebbero assenti; per 60 chilometri (realizzati tra gli anni ’60 e ’70) il doppio senso di marcia non risulta adeguatamente diviso da spartitraffico ma da una semplice doppia striscia continua; lungo la strada sono presenti svincoli a raso e si rileva la mancanza di corsie di emergenza;
c'è da aggiungere che i limiti di velocità imposti non sempre sono rispettati dagli automobilisti e, spesso, risultano troppo elevati proprio in corrispondenza dei tratti che presentano strutturali pericolosità, mancanza di spartitraffico o lavori in corso. Probabilmente, anche se non rappresenta la soluzione unica e ottimale, l'installazione su tutta la strada statale 407 di portali Vergilius potrebbe porre un limite alla velocità delle automobili costringendole a rispettare i limiti imposti, e potrebbe tendere a ridurre la percentuale di incidenti;
nella risposta resa il 27 luglio 2018 all'interrogazione n. 4-00028, presentata al Senato della Repubblica, il Ministro interrogato ha comunicato che Anas ha avviato la progettazione di alcuni interventi, prevedendo la risoluzione di specifiche criticità e la sua suddivisione in stralci funzionali avvalendosi di risorse previste dal patto per lo sviluppo della regione Basilicata (piano per il Sud) che ammontano a 91,5 milioni di euro;
tra gli interventi previsti, si registra uno dei più rilevanti e richiesti dalla cittadinanza ovvero l'inserimento dello spartitraffico centrale net tratto di strada che va dal chilometro 40 al chilometro 100 per garantire la separazione fisica dei flussi veicolari nei due sensi, così come già presente nei primi 40 chilometri;
nell'interrogazione n. 5-09454, discussa in VIII Commissione alla Camera dei deputati in data 14 settembre 2016, il Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti comunicò, invece, che Anas aveva in corso una gara per la omologazione, la progettazione e l'installazione, sulla strada statale 407, di portali Vergilius di seconda generazione, la cui aggiudicazione era prevista entro la fine dell'anno 2016. Ad oggi, non risultano ancora installati tecnologie di questo tipo;
dalla risposta all'interrogazione n. 4-00028 si evince che sono in avanzato stato di progettazione ulteriori stralci funzionali tra il chilometro 42 circa e il chilometro 64 per un importo di circa 45 milioni di euro e che Anas ha comunicato la futura elaborazione di ulteriori stralci di lavori nel corso del 2019 –:
di quali elementi disponga in merito alla citata gara per la omologazione, la progettazione e l'installazione di portali Vergilius sulla strada statale 407, di cui all'interrogazione n. 5-09454;
se siano previste installazioni di portali Vergilius sulla strada statale 407 in futuro o già nel corso dell'elaborazione degli ulteriori stralci di lavori programmati per il 2019, secondo quanto annunciato nella risposta all'interrogazione n. 4-00028.
(5-00695)
Interrogazioni a risposta scritta:
CABRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:
il 13 novembre 2012, al culmine della drammatica crisi industriale nel Sulcis, fu siglato, tra Governo, regione Sardegna ed enti locali, il «protocollo d'intesa del piano straordinario per il Sulcis», finalizzato a delineare una strategia occupazionale, anche attraverso lo sviluppo di una nautica da diporto capace di attrarre le rotte del Mediterraneo;
il 20 novembre 2015 venne stipulato, tra Governo, regione e Anas, l’«accordo di programma quadro per la viabilità» mirante al potenziamento delle infrastrutture viarie della Sardegna, la cui responsabilità realizzativa fu affidata alla regione (assessorato dei lavori pubblici);
quest'ultimo programma contiene l'intervento SAVQ09 inerente alla «Realizzazione del nuovo collegamento terrestre dell'istmo con l'isola di Sant'Antioco e della Circonvallazione di Sant'Antioco» (CIG: 6652407BE9), che, al principio, prevedeva di sostituire il ponte esistente con un nuovo ponte di circa 800 metri dal costo di 19 milioni di euro, la cui realizzazione fu affidata ad Anas;
in seguito a successive rimodulazioni e ingrandimenti, l'intervento SAVQ09 prevede, a oggi, la costruzione di un imponente viadotto di 2 chilometri (e 25 piloni) nonché la realizzazione di una altrettanto imponente circonvallazione di 4,5 chilometri. Tali rimodulazioni hanno determinato una sensibile lievitazione dei costi complessivi, dagli iniziali 19 milioni di euro agli attuali 57,5 milioni di euro;
il 22 maggio 2017 la ditta «Tecnica Prove Srl», incaricata dal comune di Sant'Antioco di verificare le condizioni del ponte esistente, ha eseguito un collaudo statico e dinamico, constatando il buono stato dell'infrastruttura. Il 14 settembre 2018 la medesima ditta ha eseguito ulteriori misurazioni per affinare la progettazione dei necessari interventi manutentivi (sostituzione giunti e cuscinetti di appoggio, impermeabilizzazione e ripristino del copriferro in alcuni piloni) dal costo stimato di 1,3 milioni di euro, oggi non ancora eseguiti;
nel giugno 2017 gli abitanti del territorio si sono costituiti nel «Comitato Civico Porto Solky» per denunciare l'inutilità e l'onerosità del nuovo viadotto di 2 chilometri, la cui realizzazione, oltre a non essere contemplata nel protocollo d'intesa del 2012, renderebbe di fatto impossibile il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo della nautica da diporto così come definiti nel medesimo protocollo;
il comitato ha proposto un piano alternativo per riutilizzare le risorse in interventi già pianificati: a) manutenzione del ponte esistente; b) messa in sicurezza della strada statale 126 nel tratto Carbonia-Sant'Antioco; c) realizzazione dell'anello stradale di raccordo tra la strada provinciale 2 - strada provinciale 75 e la strada statale 126; d) esecuzione di bonifiche delle aree ex Sardamag; e) realizzazione della infrastrutturazione primaria del nuovo porto polifunzionale di Sant'Antioco (sul versante del Golfo di Palmas);
su istanza del Comitato, il 6 marzo 2018 il consiglio comunale di Sant'Antioco (con delibera n. 8) ha disposto: a) una rimodulazione del progetto a favore di una riqualificazione del ponte attuale; b) la realizzazione di una circonvallazione meno impattante rispetto a quella attualmente prevista; c) la realizzazione del nuovo porto polifunzionale;
in seguito alla suddetta delibera, il soggetto attuatore l'Anas, ha sottoposto il progetto al Consiglio superiore dei lavori pubblici, il cui parere non risulta a oggi pervenuto. In assenza di una sua risposta entro 90 giorni, detto parere sarà considerato favorevole –:
se il Governo non ritenga sproporzionato, altamente impattante ed eccessivamente oneroso l'attuale progetto previsto dall'intervento SAVQ09;
se il Governo non intenda recepire le proposte formulate dal «Comitato Civico Porto Solky» che permetterebbero un notevole risparmio di risorge e il miglioramento di tutta la viabilità del Sulcis;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per la realizzazione di una nuova infrastrutturazione delle aree portuali di Sant'Antioco e per la bonifica e il recupero delle aree ex-Sardamag, in funzione di nuove opportunità di sviluppo e occupazionali in una delle province italiane con il più alto tasso di disoccupazione.
(4-01346)
PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il ponte di Casalmaggiore sul fiume Po, lungo la strada provinciale «Asolana» è stato realizzato a partire dalla primavera del 1955 ed è di competenza delle province di Cremona e Parma;
il ponte gestito da Anas fino al 2001 è stato ceduto alle province di Parma e Cremona, territorialmente competenti;
nel mese di gennaio 2018 è stato approvato in sede di Conferenza unificata il riparto previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Graziano Delrio, dei 35 milioni di euro, previsti dalla legge di bilancio 2018, per realizzare interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali provinciali di connessione sul fiume Po;
nell'ambito del citato riparto è stata autorizzata la spesa di 6 milioni di euro per le province di Parma e Cremona, per il ponte Colorno;
tali interventi sulla base delle relazioni tecniche non risolvono la questione dei collegamenti interregionali, in quanto assicurano al manufatto in questione un orizzonte di funzionalità non superiore al decennio;
per questo occorre che da subito vengano avviate, da parte di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, le azioni necessarie per dare al territorio una risposta definitiva alle esigenze di interconnessione;
con lettera del 20 agosto 2018, i presidenti delle due province hanno sollecitato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad intervenire con urgenza, segnalando l'assoluta necessità di avviare l’iter progettuale del nuovo ponte sul Po in località Casalmaggiore-Colorno;
tra le azioni prioritarie, segnalate dai due presidenti, nella richiamata missiva, vi è anche il completamento dell’iter di statalizzazione del percorso previsto per dicembre 2018, con il definitivo ritorno della competenza ad Anas per i citati manufatti infrastrutturali;
sono stati avviati una serie di incontri istituzionali tra le province e l'Anas per avviare da subito la progettazione della nuova infrastruttura, coinvolgendo anche le due regioni, Lombardia ed Emilia-Romagna, per condividerne la priorità e l'urgenza –:
quali iniziative di competenza intenda coerentemente assumere il Ministro interrogato al fine di completare gli interventi previsti dalla Conferenza unificata del 24 gennaio 2018 in merito alle infrastrutture di connessione sul Po tra Emilia-Romagna e Lombardia, nonché in merito al processo di riconsegna ad Anas delle competenze e di realizzazione del nuovo ponte di cui in premessa, considerata la rilevanza che tali interventi assumono per le comunità interessate.
(4-01356)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
CAON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dopo 37 furti con scasso, eseguiti a Padova con il metodo della «spaccata» delle vetrate dei negozi, è stato catturato il presunto responsabile, uno straniero, pluripregiudicato irregolare sul territorio nazionale;
giova rilevare alcuni elementi:
un solo individuo è riuscito a tenere in scacco le forze dell'ordine per settimane e a mettere in allarme una intera città, al punto che il sindaco si è rivolto al Ministro per avere più sorveglianza nelle strade;
la presunzione di impunità: più volte arrestato, il presunto responsabile aveva a suo carico anche svariate denunce per stupefacenti. Nel luglio 2017 era stato scarcerato e nell'agosto 2017 era stato portato nel centro di Torino per l'espulsione, dove non è stato possibile identificarlo. Per questo motivo la Tunisia non lo ha accettato ed è tornato a piede libero. Anche se fosse dimostrata la sua innocenza nel caso delle «spaccate», il soggetto catturato è comunque dedito al crimine;
il disprezzo verso la città che lo ospitava: oltre alla svariata tipologia dei reati già addebitatigli, il responsabile con la sua metodologia operativa ha probabilmente fatto più danni con la rottura delle vetrine che con il denaro in cassa e gli oggetti che riusciva a prendere nei pochi minuti disponibili. Muovendosi sempre e solo in bicicletta – ne aveva più di una, tutte rubate ai cittadini padovani — era comunque da questa limitato;
l'impotenza dei cittadini e delle autorità di fronte a comportamenti simili. Numerosi cittadini hanno assistito ai furti, eseguiti in pieno centro di Padova, ma non hanno potuto reagire, nel timore che qualsiasi iniziativa, si ritorcesse a loro danno, in forza delle norme vigenti. Questa osservazione vale anche per le attività di «sicurezza partecipate», estremamente lodevoli, in quanto dimostrano lo spirito civico dei padovani, che sono impotenti di fronte alla possibilità di reazioni violente. L'attuale sistema legale è congegnato in modo da rendere complessa, se non addirittura pericolosa, la cattura, aleatoria la carcerazione (nonostante l'esistenza di precise norme sulla recidiva) e improbabile l'espulsione;
l'impunità dei complici: il soggetto è stato arrestato in casa della sorella, dove deteneva anche la refurtiva. Ci si chiede, se in questo caso, come in numerosi altri nei quali delinquenti stranieri operano in un contesto di diffusa complicità, non sia opportuno adottare sistematicamente provvedimenti adeguati, peraltro già contemplati dal codice;
nel ringraziare le forze dell'ordine per l'opera svolta e nel prendere atto che il Ministro interrogato ha promesso ai padovani dieci nuovi poliziotti per la fine del mese e altri 30 entro febbraio, oltre a quota parte di 206 carabinieri destinati al Veneto entro novembre, occorre tuttavia rilevare che l'attività di prevenzione e contrasto si può rafforzare quanto si vuole, ma sarà sempre insufficiente se poi i delinquenti abituali sono inespellibili e tornano in circolazione grazie al sovraffollamento delle carceri;
le attuali disposizioni normative non appaiono all'interrogante sufficientemente idonee a contrastare la tipologia di comportamenti criminali sopra esposti –:
se non ritenga di adottare iniziative per introdurre norme volte a rendere più stringente la disciplina relativa all'espulsione di soggetti proclivi a delinquere, a rafforzare le sanzioni penali per la recidiva nonché quelle, ivi compresa l'espulsione per gli stranieri, per i soggetti che prestano aiuto ai delinquenti.
(3-00236)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
recentemente, un gruppo di rappresentanti di sindacati, cittadini e associazioni modenesi, si sono riuniti nel mese di settembre per discutere del tema della sicurezza cittadina;
di tale gruppo fanno parte il sindacato di polizia Siulp e la Cisl, semplici cittadini, comitati di quartiere, ed associazioni come Lapam Federimpresa, Cna, Confcommercio e Confesercenti;
dalla riunione è emersa la necessità di rafforzare la sicurezza in città, tramite un rafforzamento della locale questura, proponendo la trasformazione da presidio di fascia B, ove attualmente si colloca, a presidio di fascia A: in altre parole, una questura la cui squadra mobile può disporre al completo di tutte le sezioni con il relativo organico;
secondo quanto riportato dal gruppo, «la situazione criminalità nella nostra provincia è in costante aumento. Dati ricavati dalle statistiche nazionali collocano Modena tra le province più in difficoltà sotto l'aspetto della sicurezza»; inoltre, «l'elevata presenza di cittadini stranieri con conseguente incremento di poliziotti presso l'ufficio immigrazione che sono stati sottratti al controllo del territorio», a cui si somma «la quasi certa istituzione a Modena del Cpr, il Centro di permanenza per i rimpatri, con le conseguenti ricadute in termini di aumento dell'attività connessa che non dovrà gravare sulle già scarse risorse territoriali»;
infine, il gruppo denuncia la cronica mancanza di personale in servizio presso la questura; inoltre, la mancanza di personale, a quanto risulta agli interroganti, riguarderebbe anche i commissariati di polizia dislocati nella provincia di Modena –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere al fine di aumentare il personale in servizio presso la questura di Modena, anche in ragione di quanto espresso in premessa, sia con riguardo alle attuali disponibilità, sia con riguardo alle assunzioni o alla formazione di personale in corso e alle assunzioni imminenti;
se non ritenga che sussistano i presupposti per disporre il cambio di fascia da B a una superiore per il presidio della squadra mobile di cui in premessa.
(5-00699)
MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si apprende che in data 14 settembre 2018, su disposizione della direzione regionale del comando dei vigili del fuoco sarebbero stati trasferiti due automezzi, già assegnati al comando di Forlì-Cesena, rispettivamente a Piacenza e Ravenna;
gli automezzi in questione risulterebbero dover essere sostituiti da altri entrati in servizio rispettivamente nel 1982 e nel 1989 con evidenti difficoltà a raggiungere il comando di Forlì-Cesena;
la decisione da parte della direzione regionale di sottrarre alla provincia di Forlì-Cesena i due mezzi per partecipare alle operazioni di soccorso in ambito regionale e nazionale, avrebbe come motivazione quella di una riorganizzazione delle risorse comunque insufficiente;
come testimonia la cronaca quotidiana i vigili del fuoco sono quotidianamente impegnati in operazioni straordinarie su tutto il territorio nazionale, e il comando di Forlì-Cesena si è sempre sistematicamente distinto in tutte le recenti emergenze per capacità e spirito di servizio;
la sottrazione dei due mezzi costituisce di fatto, considerati anche i limiti dei mezzi sostitutivi, una riduzione dell'operatività del citato comando;
le organizzazioni sindacali hanno informato la prefettura e tutte le istituzioni in merito a tale problematica conseguente a un oggettivo ridimensionamento della capacità operativa che rischia di ripercuotersi a danno dei cittadini –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere conseguentemente, per scongiurare un ridimensionamento della capacità operativa del comando dei vigili del fuoco di Forlì-Cesena assegnando nuovamente due automezzi pienamente funzionali e assicurando una implementazione della pianta organica e dei mezzi a disposizione a tutela della sicurezza delle comunità interessate.
(5-00706)
Interrogazione a risposta scritta:
MUGNAI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la città di Firenze è stata scenario di un vergognoso atto di violenza in data 24 settembre 2018, vittima una ragazza di 21 anni che è stata picchiata e violentata. L'episodio è avvenuto poco dopo mezzanotte in via di Varlungo nel capoluogo Toscano, nei pressi del viadotto Marco Polo alla periferia Sud della città;
il dramma dello stupro ripropone ancora una volta la questione sicurezza a Firenze, tema a giudizio dell'interrogante spesso discusso e sottovalutato dalla amministrazione locale a tal punto che il senso di insicurezza ormai viene percepito e testimoniato da vari episodi di cronaca nera sui quotidiani locali;
la polizia municipale in città ha sostituito la figura del vigile di quartiere, con punti-sportelli di ascolto dove raccogliere segnalazioni, togliendo però di fatto la presenza fisica in mezzo alle strade, quale deterrente contro ogni violazione di legge;
la città di Firenze racchiude al suo interno oltre 350.000 abitanti, a cui si aggiunge ogni anno regolarmente un enorme flusso di turisti di ogni età;
in una recente risposta a una interrogazione parlamentare il Ministro interrogato aveva già comunicato che alla città mancavano 250 agenti sul territorio;
vi è stata una forte reazione in città, laddove le donne medico dell'ospedale Santissima Annunziata (ospedale dove è stata soccorsa la giovane dopo la violenza) hanno rinnovato un accorato appello affinché siano installate in città più telecamere e più illuminazione e vi sia un maggiore controllo del territorio –:
se non sia opportuno e urgente, dopo gli ultimi fatti di violenza, adottare iniziative per prevedere per la città di Firenze l'impiego dell'Esercito a fini di sicurezza urbana come accaduto in altre realtà italiane.
(4-01352)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE MENECH. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
negli istituti scolastici bellunesi, quest'anno, sono circa 800 i ragazzi con disabilità iscritti e per loro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto la presenza di 361 docenti appositamente specializzati;
all'inizio delle lezioni duecento di queste cattedre erano ancora scoperte; dopo una settimana mancavano ancora all'appello più di cento docenti di sostegno;
le immissioni in ruolo, svolte dall'ufficio scolastico territoriale, non sono servite a coprire il fabbisogno degli istituti bellunesi. Tra graduatorie a esaurimento e graduatorie da concorso, non si è riusciti a trovare tutti gli insegnanti necessari;
i dirigenti hanno dovuto così chiamare e assegnare gli incarichi di supplenza fino a giugno 2019 in base alle graduatorie di istituto, e pertanto a docenti senza specializzazione, o a personale non inserito in graduatoria, ma che ha inviato la mad (messa a disposizione);
contrariamente a quanto successo in altre parti d'Italia, nel Bellunese nessuno degli studenti con disabilità è stato mandato a casa o messo in un angolo;
è notizia di questi giorni il caso in cui una scuola è stata costretta a reclutare infermieri per consentire ai bambini disabili di seguire le lezioni;
mentre gli alunni delle scuole in Veneto continuano a diminuire (-6.616 nel 2019 rispetto al 2018), cresce la quota di quelli che necessitano di un insegnante di sostegno (+489) e di disabili gravi (+813). Di conseguenza aumentano anche i posti per insegnanti di sostegno (+574);
è indispensabile che le famiglie dei ragazzi con disabilità possano rapportarsi fin dall'inizio del percorso scolastico con persone formate e che garantiscano all'alunno continuità didattica;
in Veneto il cinquanta per cento dei 16.913 alunni disabili sta frequentando le lezioni con docenti senza specializzazione;
i pochi posti disponibili, presso l'università di Padova e la sede decentrata di Verona, in scienze della formazione primaria (da cui si accede ai corsi di specializzazione) coprono meno della metà del turn over per pensionamento;
a partire dall'inizio degli anni ’70, i provvedimenti legislativi hanno stabilito la legittimità e l'obbligatorietà dell'inclusione scolastica per i bambini e ragazzi con disabilità;
la legge n. 104 del 1992 affronta in maniera organica tutte le problematiche della disabilità. Sancisce il diritto all'istruzione e all'educazione nelle sezioni e nelle classi comuni per tutte le persone con bisogni educativi speciali. È un riferimento fondamentale per il raggiungimento della qualità dell'inclusione scolastica e per la definizione del ruolo e delle competenze degli insegnanti di sostegno specializzati;
il decreto legislativo n. 66 del 2017, recante «Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità», ha cercato di dare una risposta concreta al tema dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, garantendo una scuola sempre più accogliente e inclusiva per gli alunni disabili, nel rispetto delle loro esigenze;
la decisione di non adottare con urgenza il regolamento attuativo di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 2017 ha impedito a molti bambini e ragazzi di avere in classe l'insegnante di sostegno, specializzato o meno, dell'anno precedente, sostituito da uno non specializzato, facendo venir meno così la continuità didattica –:
se il Ministro interrogato intenda affrontare a stretto giro la questione e valutare l'adozione di iniziative per superare il numero chiuso dell'università, ed in particolare di quella Veneta, così da formare più personale docente specializzato;
se non ritenga indispensabile adottare tutte le iniziative necessarie al fine di garantire la continuità didattica agli alunni con disabilità.
(5-00696)
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 3 ottobre 2018 il Ministro interrogato, avrebbe tenuto un'audizione con i rappresentanti del Movimento giovanile della Lega al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Già a giugno 2018, appena insediatosi il nuovo Governo, il Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu) aveva rivolto una nota al Ministro con l'auspicio di avviare da subito un confronto con l'organo istituzionale di massima rappresentanza universitaria, nonché organo consultivo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso;
a quella nota, come sostiene la presidente del Cnsu Anna Azzalin, sono seguiti altri due inviti al Ministro, non da ultimo quello ad un confronto con lo stesso Cnsu previsto per la seduta del consiglio dell'11 e 12 ottobre 2018 a Roma, presso il Ministero;
a parere dell'interrogante dovere del Ministro sarebbe quello di avviare quanto prima un dialogo serio con gli studenti e con chi li rappresenta, dimostrando con i fatti che il «cambiamento» nell'università non è solo uno slogan. Non è accettabile invece che le rappresentanze studentesche da consultare vengano arbitrariamente selezionate, mentre il Forum delle associazioni studentesche che da anni ha un'interlocuzione con il Ministero e partecipa al dialogo con le istituzioni venga scavalcato –:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se, ritenendo l'interrogante importante il confronto con le rappresentanze studentesche, intenda rispondere ai numerosi inviti ricevuti e incontrare il Consiglio nazionale degli studenti universitari, Consiglio dove siedono le forze maggiormente rappresentative sul piano nazionale e organo istituzionale deputato alla rappresentanza degli studenti universitari del Paese, e quindi soggetto privilegiato con cui le altre istituzioni dovrebbero confrontarsi.
(4-01347)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARNEVALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
con l'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 e con l'articolo 1, comma 241, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, è stato previsto che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato e le lavoratrici autonome, che siano state vittime di violenza di genere, possano avvalersi di un congedo indennizzato per un periodo massimo di 3 mesi al fine di svolgere i percorsi di protezione certificati;
con la circolare dell'Inps n. 65 del 15 aprile 2016 sono state emanate le istruzioni in ordine al congedo di 3 mesi riconosciuto alle lavoratrici dipendenti che siano state vittime di violenza di genere e che siano state inserite in percorsi certificati presso servizi sociali, centri antiviolenza o case rifugio di cui all'articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119;
le lavoratrici che hanno già fruito di periodi di congedo, dall'entrata in vigore delle richiamate disposizioni, ad oggi, sono tenute a presentare domanda anche per tali periodi in modo da consentire la verifica dei conguagli eventualmente già effettuati;
la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), modificando l'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 2015, estende anche alle collaboratrici domestiche il diritto a fruire del congedo per le donne vittime di violenza di genere ma, a tutt'oggi, non risulta emanata la relativa circolare Inps;
si ritiene opportuno conoscere quante donne abbiano utilizzato gli istituti di cui alle norme sopra citate e se ci siano state conseguenze sulla prosecuzione del rapporto di lavoro, dopo aver utilizzato il suddetto congedo –:
di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa il numero delle donne vittime di violenza di genere, suddivise per regione e fra dipendenti pubbliche, private ed autonome, che abbiano usufruito dei suddetti congedi;
di quali elementi disponga il Governo circa il numero delle donne, suddivise per regione e fra dipendenti pubbliche e private, dopo la fruizione del congedo, che abbiano interrotto il rapporto di lavoro a seguito di dimissioni volontarie o per licenziamento da parte del datore di lavoro;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di accelerare i tempi per l'emanazione della circolare Inps riguardante le misure di tutela previste per le lavoratrici domestiche.
(5-00700)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea) è un ente di ricerca scientifica del settore agricolo, zootecnico, ittico, forestale, agroindustriale, nutrizionale, vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
il Crea conta circa 2 mila dipendenti, in buona parte ricercatori e tecnologi; nel 2015 c'è stata una riorganizzazione del precedente Ente (Consiglio per la ricerca in agricoltura – CRA), accorpato all'Inea (Istituto nazionale di economia agraria) con la nascita di 12 centri di ricerca presenti sul territorio nazionale;
presidente del Crea è il dottor Salvatore Parlato, già commissario della struttura; direttore generale facente funzioni dell'ente è la dottoressa Ida Marandola;
nel 2015, anche in virtù dell'accorpamento dei due enti di cui sopra, il consiglio di amministrazione del Crea decide di cambiare sede per dare il giusto spazio operativo agli oltre 400 dipendenti centrali;
la selezione della nuova sede, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Fatto in data 11 agosto 2018, viene affidata al direttore generale facente funzione, Ida Marandola, che procede a una procedura informale, con consultazione siti web e richiesta a nove operatori per un palazzo tra i 9 e i 12 mila metri quadrati;
in sede di valutazione, viene scelto l'immobile di via Po, 14, attuale sede, proposto dall'agenzia Tft Immobiliare a un costo di fitto di 3 milioni l'anno per una superficie di 9.800 metri quadrati;
nella centralissima piazza della Repubblica, a Roma, nello stesso periodo l'ispettorato del lavoro ha fittato una sede della stessa metratura a 950 mila euro l'anno, un terzo della cifra spesa per l'immobile di via Po;
dopo aver fittato e occupato la sede, sarebbe venuto alla luce la presenza nello stabile di amianto e radon, materiali ritenuti cancerogeni, con il risultato che alcuni locali sono temporaneamente chiusi e che il consiglio di amministrazione di Crea ha citato in giudizio il fondo Prelios, ex proprietario dell'immobile;
potrebbe profilarsi la necessità di reperire una nuova sede;
con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 10 agosto 2018, il Crea ha emanato un avviso pubblico di ricerca professionalità per l'incarico di direttore generale;
la griglia di requisiti previsti all'articolo 2 del suddetto avviso è particolarmente severa; essa richiede, oltre ai titoli di studio, una serie di comprovate esperienze specifiche molto dettagliate, che rischiano di escludere a priori vari profili e potrebbero comportare la partecipazione di pochi candidati;
il direttore generale facente funzione, Ida Marandola, dalla lettura del suo curriculum pubblicato sul sito internet del Crea, sarebbe in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando –:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se intenda attivarsi, per quanto di competenza, per una verifica sulla corretta gestione amministrativa del Crea, alla luce di quanto riportato in premessa, con particolare riguardo alla vicenda della nuova sede di via Po e alla presenza nella struttura di materiali tossico-nocivi che mettono a rischio la salute dei dipendenti.
(4-01348)
VINCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Ministero per i beni e le attività culturali, in data 12 luglio 2018, ha inserito la via Matildica del Volto Santo nel proprio Atlante dei Cammini d'Italia, sito che riunisce i più importanti cammini storici e di importanza storico-turistica italiani;
il cammino della via Matildica si estende per una lunghezza di 250 chilometri da Mantova a Lucca attraverso Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana unendo tra loro tutti i luoghi direttamente collegati a Matilde di Canossa e incentrandosi in particolare sul territorio della montagna reggiana;
gli ideatori di detto cammino lo hanno ritenuto strategico per la valorizzazione dell'intera montagna reggiana: da Mantova, meta frequentatissima da parte dei turisti tedeschi, i visitatori possono avere ulteriore incentivo per proseguire sino a Canossa e apprezzare le particolarità paesaggistiche, culturali e rurali dell'Appennino reggiano per poi confluire a Lucca nella Via Francigena. Verso Nord poi la via si apre lungo la Val d'Adige, dando di fatto origine all'unica vera Via Germanica dell'Italia settentrionale;
il Governo ha accolto l'ordine del giorno presentato dall'interrogante il 9 agosto 2018 (seduta n. 40 dell'Assemblea della Camera dei deputati), volto all'attivazione di una collaborazione con le istituzioni locali competenti del territorio dell'Appennino tosco-emiliano, al fine di avere una promozione integrata e relativa valorizzazione del turismo a vocazione culturale, enogastronomico, geologico e paesaggistico realizzabile in tale variegato territorio –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di concorrere alla valorizzazione integrata delle risorse culturali, paesaggistiche e rurali del territorio dell'Appennino tosco-emiliano, segnatamente attraverso il sostegno dello sviluppo e della promozione della Via Matildica del Volto Santo.
(4-01351)
SALUTE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SARLI, D'ARRANDO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO, LEDA VOLPI e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Corriere del Mezzogiorno del 19 settembre 2018 riporta la notizia: «Si calcola che il numero degli infermieri dipendenti del servizio sanitario nazionale nel 2016 fosse in Campania di 18.500 circa, mentre, nel 2009, gli stessi infermieri assunti negli ospedali e nelle strutture pubbliche erano 21.250 circa. Non servono particolare doti matematiche per accorgersi che nel lasso di tempo intercorrente tra il 2009 e il 2016 si sono persi 2.700 unità»;
da un'elaborazione del 17 settembre 2018 del centro studi della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi), sui dati del conto annuale – Ragioneria dello Stato – Ministero dell'economia e delle finanze, si apprende che la carenza di infermieri per regioni in base al rapporto standard 1:3 con il numero di medici è accentuata per la Campania (regione in piano di rientro dal disavanzo finanziario in sanità); gli infermieri mancanti rispetto al rapporto 1:3 con i medici risultano essere 8.937;
l'Osservatorio civico professione infermieristica del Tribunale per i diritti del malato/Cittadinanza Attiva, nel gennaio 2018, in un suo elaborato, affronta la questione della carenza degli infermieri, in tale documento si riporta una citazione dello studio RN4CAST dal quale emerge:
a) il rapporto infermiere/paziente di 1:6 è quello ottimale per garantire un'assistenza infermieristica adeguata;
b) aumentare di uno il numero dei pazienti per ciascun infermiere (ad esempio con un rapporto di un infermiere per 7 pazienti) fa salire del 23 per cento l'indice di burnout, del 7 per cento la mortalità dei pazienti, del 7 per cento il rischio che l'infermiere non si renda conto delle complicanze a cui il paziente sta andando incontro;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», prevede la presenza della figura dell'infermiere o di prestazioni infermieristiche nei seguenti articoli: articolo 4, assistenza sanitaria di base; articolo 22, cure domiciliari; articolo 23, cure palliative domiciliari; articolo 29, assistenza residenziale extra ospedaliera ad elevato impegno sanitario; articolo 30, assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti; articolo 31, assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita; articolo 34, assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità; articolo 38, ricovero ordinario per acuti; articolo 40, day surgery; articolo 42, day hospital; articolo 44, riabilitazione e lungodegenza post-acuzie –:
se non ritenga d'intraprendere ogni iniziativa di competenza, per verificare in Campania l'attuazione di quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza con riguardo gli articoli del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza» e in particolare in merito alle erogazioni delle prestazioni infermieristiche;
di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa l'eventuale relazione tra la carenza degli infermieri in Campania e l'adozione delle misure necessarie per l'attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Campania;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, eventualmente, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del suddetto piano di rientro, per colmare la mancanza di figure infermieristiche in Campania e in tutto il nostro Paese.
(5-00701)
MAMMÌ, MENGA, TRIZZINO, LEDA VOLPI, SAPIA, D'ARRANDO e SARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza» vengono incluse per la prima volta le diverse tecniche di fecondazione assistita, omologa ed eterologa, nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale;
il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'articolo 49, relativamente alla donazioni dei gameti, prevede che «le coppie che si sottopongono alle procedure di procreazione medico assistita eterologa contribuiscano ai costi delle attività, nella misura fissata dalle regioni e dalle province autonome»;
demandare alle regioni la determinazione dei costi connessi alla procreazione medicalmente assistita eterologa può non garantire a tutti i cittadini questa procedura, tenuto conto che le strutture pubbliche che garantiscono tale procedura sono pochissime, con liste di attesa di fatto inaccessibili; in taluni casi, anche i costi imposti dalle regioni sono inaccessibili; appare evidente che si rischia di reiterare un distinguo implicito tra procreazione omologa e procreazione eterologa, già censurato dalla Consulta;
il 6 novembre 2017 è stata inoltrata agli assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome, la circolare del Ministero della salute riguardante «Prime indicazioni per l'applicazione del DPCM 2017» da cui si evince che «l'erogazione delle prestazioni di PMA incluse nel nomenclatore dell'assistenza specialistica ambulatoriale è subordinata all'approvazione del decreto di fissazione delle relative tariffe. Fino a quella data, dunque, restano in vigore le disposizioni approvate dalle singole Regioni»;
questo ha creato una diversificazione delle tariffe tra le varie regioni, con divari non indifferenti tra Nord e Sud. Dalla relazione del Ministro della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita del 28 giugno 2018 si apprende che i centri italiani più attivi in tecniche di procreazione medicalmente assistita omologa sono concentrati in cinque regioni: Lombardia (62 centri), Campania (44 centri), Sicilia (39 centri), Lazio (38 centri) e Veneto (38 centri). In Sicilia, la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina prevede una tariffa di 555 euro, la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro 1296 euro, mentre la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice 1481 euro; in Lombardia, invece, le tariffe variano da 1500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore con inseminazione intrauterina, a 3500 euro per la fecondazione eterologa con seme da donatore in vitro, 4000 euro per la fecondazione eterologa con ovociti da donatrice. Ogni tariffa lombarda include anche 500 euro di farmaci;
per le tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa, la Conferenza delle regioni e delle province autonome nel 2014, al fine di rendere omogeneo a livello nazionale l'accesso alle procedure, ha concordato degli indirizzi operativi per le regioni e le province autonome, che dovevano essere recepiti con delibera di giunta regionale o con specifico provvedimento regionale. Ad oggi risultano diverse regioni non in linea con quanto richiesto –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato al riguardo e quali i tempi per la realizzazione della tariffazione nazionale per le diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita.
(5-00702)
Interrogazioni a risposta scritta:
FRASSINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel luglio 2018 l'Usl Umbria 1 ha inviato una nota di pagamento di 47,94 alla responsabile di un'associazione animalista, per il sopralluogo effettuato in una fiera con animali in regalo, intervento richiesto dalla stessa associazione per verificare gli estremi di possibili violazioni a normative locali e al codice penale;
la tariffazione degli interventi dell'Usl è prevista da un decreto del 2006 della giunta regionale dell'Umbria, ma applicabile esclusivamente ai privati che chiedano un intervento per propri scopi;
a seguito della richiesta di annullamento della fattura citata, da parte dell'associazione interessata, l'Ufficio affari legali del contenzioso Usl Umbria 1 ha dato ragione alla onlus ricordando che la legge del terzo settore riconosce «il valore e la funzione sociale dell'associazionismo, dell'attività di volontariato... quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo (...) anche mediante forme di collaborazione con (...) Enti pubblici», «fra le attività di interesse generale sono espressamente contemplati anche gli interventi e prestazioni sanitarie» nonché «le amministrazioni pubbliche assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore» –:
se siano note al Ministero della salute altre tariffazioni a seguito di interventi eseguiti da servizi veterinari pubblici per finalità di interesse pubblico come la richiesta di applicazione delle normative in vigore;
se intenda adottare ogni iniziativa di competenza, in collaborazione con le regioni, per evitare che le segnalazioni effettuate da associazioni, volontari di associazioni, cittadini, per il rispetto delle leggi in vigore non siano, di fatto, disincentivate.
(4-01349)
CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il dibattito pubblico sulla correttezza dell'obbligo della pratica vaccinale continua a tenere alta l'attenzione della comunità scientifica del nostro Paese;
in Italia, la legge n. 210 del 1992 regolamenta «l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni». Queste disposizioni sono in linea con quanto stabilito dalla legge di conversione del decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017, recante «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale»;
secondo il virologo e professore Giulio Tarro «bisognerebbe fare un'anamnesi di ogni caso, capire qual è la storia di ogni paziente. Siamo invece al cospetto di campagne di masse e medici che per principio dicono che i vaccini non hanno effetti collaterali. Ma è assurdo. Il vaccino è di per sé un farmaco e può avere effetti collaterali, (...) anche gravi»;
da diversi mesi, l'Ordine nazionale dei biologi ha aperto un confronto sull'argomento, chiedendo a esperti di fama internazionale di contribuire al progresso delle conoscenze nel settore. Uno dei punti principali su cui l'ente sta stimolando una più approfondita riflessione è l'analisi dei componenti delle dosi vaccinali e la loro potenziale tossicità per l'uomo;
sul numero di settembre 2018 del giornale dei biologi ha trovato spazio l'approfondimento scientifico offerto dall'ordine in questione. In suddetta rivista si afferma che: «la letteratura scientifica più recente ha evidenziato la presenza di contaminazioni chimiche o microbiologiche nei vaccini, ponendo un importante interrogativo sull'effettiva rigorosità dei test di sicurezza e sulla loro conformità alle disposizioni imposte dagli enti supervisori. In più, studi internazionali stanno approfondendo la possibile correlazione tra la pratica vaccinale e l'insorgenza di reazioni avverse di tipo immunitario, neurologico e oncologico. In tal senso si sta indagando sul ruolo cruciale degli adiuvanti di alluminio come agenti neurotossici»;
l'articolo scientifico dell'Ordine dei biologi afferma inoltre: «Se da un lato, come abbiamo spiegato, i sali di alluminio rappresentino una componente importantissima del farmaco vaccinale, poiché hanno una fondamentale funzione coadiuvante in grado di rendere efficace il processo di immunizzazione, dall'altro diversi studi di settore spingono il mondo scientifico a riflettere sulle possibili conseguenze negative del metallo sulla salute umana. Seppure questo entri quotidianamente in contatto con il nostro corpo anche attraverso l'alimentazione o l'utilizzo di prodotti cosmetici, è solo con l'inoculazione che riesce a superare la barriera cutanea, raggiungere il nostro organismo e depositarsi in modo irreversibile nel cervello, esponendo così l'individuo a complicanze importanti»;
le conclusioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito recitano testualmente: «alla luce degli elementi raccolti, la Commissione conferma che vi sia una associazione statisticamente significativa tra patologie neoplastiche e linfoproliferative, e altre patologie (es. quelle autoimmuni), e la somministrazione dei vaccini secondo la profilassi vaccinale militare. La Commissione ritiene di non poter escludere il nesso di causa»;
esiste un principio di precauzione che dovrebbe guidare l'azione politica, secondo cui ogni intervento sanitario preventivo deve essere sottoposto a rigorose valutazioni, prevalentemente attraverso la ricerca scientifica e il ragionamento deduttivo. Questo principio dovrebbe permettere di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire di quali strumenti disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda mettere in campo per garantire l'effettiva rigorosità dei test di sicurezza dei vaccini e la loro conformità alle indicazioni fornite dalla comunità scientifica;
se sia intenzione del Governo adottare iniziative per finanziare un progetto di ricerca pubblico per vaccini «alluminium free», in modo che si possa valutare ed eliminare la neurotossicità degli adiuvanti contenuti nei vaccini.
(4-01354)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
TIRAMANI e MACCANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
sebbene siano trascorsi più di 6 anni dalla completa transizione dell'Italia al digitale terrestre, vi sono alcuni territori nei quali persistono difficoltà di ricezione del segnale, in particolare, dei canali Rai;
nel corso degli anni numerose richieste d'intervento sono state avanzate dai vari livelli di governo, senza tuttavia approdare a una soluzione definitiva dei problemi di ricezione;
una delle aree maggiormente interessate dal disservizio di cui sopra è il territorio del Piemonte Orientale (Alessandria, Novara, Vercelli, Asti), ed in particolare della Valsesia, in cui da anni si susseguono proteste dei cittadini, ormai esasperati per l'impossibilità di fruire della visione dei canali Rai per la quale pagano il canone;
tali problemi di ricezione nel Piemonte orientale sono stati certificati da due indagini condotte dal Comitato regionale per le comunicazioni del Piemonte, nonché dai rilevamenti effettuati dal reparto controllo qualità di Rai Way, che ha confermato la parziale interferenza del segnale del multiplex 1 (che diffonde Rai 1, Rai 2, Rai 3 TGR Piemonte e Rai News);
al fine di sopperire ai problemi di copertura, i cittadini – anche su indicazioni fornite dalla stessa società concessionaria – hanno dovuto aderire alla piattaforma satellitare Tivù Sat, l'adesione alla quale è gratuita, ma la sua fruizione necessita di un decoder e di una parabola (o, in alternativa, di una Cam card) da acquistare separatamente;
per effetto di quanto disposto dall'articolo 27 del regio decreto 21 febbraio 1938, n. 246, e dall'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 21 dicembre 1944, n. 458, gli esercizi pubblici o aperti al pubblico sono tenuti a corrispondere il canone Rai in forma speciale;
l'importo di tale canone, stabilito dalla Rai, varia in funzione della tipologia di attività, con particolare riguardo per le strutture ricettive, ed è comunque superiore a quello del canone ordinario pagato dai cittadini per le abitazioni private;
nelle zone di cui in premessa, interessate dai gravi ed acclarati problemi di ricezione del segnale (soprattutto del MUX 1), i titolari di attività ai quali la legge impone già il pagamento del canone Rai in forma speciale sono tenuti a farsi carico di costi particolarmente elevati –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto fin qui esposto e se non ritenga opportuno considerare l'ipotesi di adottare iniziative per un esonero totale (o parziale) dal pagamento del canone speciale per le attività commerciali (in particolare quelle ricettive) site nelle aree interessate dai problemi di ricezione del segnale.
(5-00698)
Apposizione di firme a risoluzioni.
La risoluzione in Commissione Cassese e altri n. 7-00064, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Marzana.
La risoluzione in Commissione Cadeddu n. 7-00069, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gallinella, Gagnarli, Cillis, L'Abbate, Parentela, Marzana, Del Sesto, Cimino, Maglione, Cassese, Alberto Manca, Lombardo, Pignatone.
Apposizione di una firma ad una interpellanza.
L'interpellanza urgente Battilocchio e altri n. 2-00136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Vietina.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Miceli e altri n. 5-00682, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lacarra.
L'interrogazione a risposta in Commissione Melicchio e altri n. 5-00693, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bella, Carbonaro, Testamento, Tuzi, Nitti, Torto, Villani, Azzolina.
Ritiro di firma da un'interpellanza.
Interpellanza urgente Battilocchio e altri n. 2-00136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2018: è stata ritirata la firma del deputato Siracusano.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Gallinella e Ciprini n. 5-00668 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 59 del 9 ottobre 2018. Alla pagina 2318, prima colonna, dalla riga quarta alla riga sesta deve leggersi: «GALLINELLA e CIPRINI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:», e non come stampato.
La XIII Commissione,
premesso che:
il regolamento (CE) n. 589/2008, recante norme in materia di commercializzazione delle uova, prevede all'articolo 11, come modificato dal regolamento (CE) 598/2008, la facoltà per gli Stati membri di esonerare gli operatori dagli obblighi di marchiatura stabiliti nell'allegato XIV, A, III punto 1 del regolamento 1234/2007 qualora le uova siano consegnate dal sito di produzione direttamente all'industria alimentare;
la suddetta esenzione, valevole anche per le uova provenienti da altri Stati membri e da Paesi terzi e ancorché, in tali casi, regolata da precisi obblighi di informazione a carico delle autorità competenti degli Stati interessati dalla deroga, espone al rischio che uova non marchiate vengano consegnate ai centri di imballaggio;
il suddetto rischio è tanto più concreto considerato che molte imprese dispongono, nello stesso luogo, di centro di imballaggio e di centro di sgusciatura, e benché la norma preveda che le uova siano stoccate e lavorate in linee di produzione separate da quelle destinate al confezionamento per il consumo diretto, sono frequenti i casi in cui le uova non marchiate, spesso provenienti da altri Stati membri, finiscono per essere destinate al consumo diretto generando altresì il rischio di confusione tra sistemi di allevamento diversi;
per garantire al consumatore una corretta informazione circa l'origine delle uova è opportuno che le uova prodotte in Italia siano marchiate con il codice del produttore obbligatoriamente presso l'azienda di produzione e che rechino visibile nella confezione destinata alla vendita l'indicazione del Paese di origine, con esclusione da tali previsioni degli operatori che vendono direttamente al consumatore finale nel luogo di produzione o nell'ambito della regione di produzione, in un mercato pubblico locale e nella vendita porta a porta;
al fine di disporre di un quadro normativo chiaro e uniforme in tutto il territorio unionale e di offrire al consumatore informazioni veritiere e inequivocabili circa l'origine delle uova, è opportuno disporre, per tutti gli Stati membri l'obbligo di marchiatura di tutte le uova, anche di quelle destinate alla trasformazione alimentare, presso sito di produzione,
impegna il Governo:
a modificare il decreto ministeriale 11 dicembre 2009, e in particolare gli articoli 3 e 11, comma 7, nel senso di escludere l'esenzione dagli obblighi di timbratura accordata agli operatori che effettuano consegne dal sito di produzione direttamente all'industria alimentare e di disporre l'obbligo di timbratura con il codice del produttore presso l'azienda di produzione, ferma restando l'esenzione da tale obbligo nei casi di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto in parola;
ad adottare iniziative per prevedere che le confezioni poste in vendita al consumatore finale rechino visibile l'indicazione del Paese di origine delle uova;
ad intervenire nelle competenti sedi dell'Unione europea al fine di rivedere la normativa in materia di commercializzazione delle uova introdurre l'obbligo, senza esenzioni, di timbratura presso l'azienda di produzione per tutte le uova a qualsiasi uso destinate.
(7-00064) «Cassese, Cadeddu, Cillis, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lombardo, Alberto Manca, Maglione, Del Sesto, Marzana».
La XIII Commissione,
premesso che:
la grave crisi in cui versa da tempo la pastorizia, specialmente quella sarda, richiede con urgenza azioni concrete e interventi strutturali per rilanciare un settore che rappresenta una strategica risorsa economica e sociale;
il comparto ovino nella sola Sardegna è strutturato su circa 15 mila aziende zootecniche con un indotto di oltre 40 mila addetti, aziende che, rappresentano circa 3 milioni di capi, detengono più del 40 per cento del patrimonio ovicaprino nazionale;
la Sardegna rappresenta l'area di riferimento nazionale per quanto riguarda il mercato del latte e del pecorino romano prodotto leader del comparto: nell'isola si stima una produzione complessiva di 300 mila tonnellate di latte;
il comparto offre oltre 380 mila quintali di prodotti caseari, la maggioranza dei quali indirizzati alla trasformazione di pecorino romano Dop;
il suddetto formaggio è, tra i prodotti derivanti dal latte di pecora, il più rilevante in tutta Europa in termini di volumi prodotti e valore generato;
tra le criticità più rilevanti del settore si segnalano: l'estrema volatilità del prezzo del latte, che subisce forti oscillazioni non solo in senso temporale ma anche geografico e tra diversi fornitori di una stessa azienda di trasformazione e un sistema cooperativo frammentato e sottocapitalizzato con limitate capacità di adattamento al mercato;
la mancanza di disponibilità di dati produttivi ufficiali omogenei e trasparenti, a partire dai quantitativi di latte munto, impedisce un'azione di programmazione produttiva reale e favorisce invece una opacità produttiva con conseguente deprezzamento dei prodotti oltre che scarse tracciabilità;
è pertanto indispensabile estendere al comparto del latte ovicaprino il decreto ministeriale 7 aprile 2015 in materia di dichiarazioni obbligatorie,
impegna il Governo
ad adottare iniziative per estendere al comparto ovicaprino, il decreto ministeriale 7 aprile 2015, sulle modalità di applicazione dell'articolo 151 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari.
(7-00069) «Cadeddu, Gallinella, Gagnarli, Cillis, L'Abbate, Parentela, Marzana, Del Sesto, Cimino, Maglione, Cassese, Alberto Manca, Lombardo, Pignatone».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:
come noto, con il decreto legislativo n. 177 del 19 agosto 2016, nell'ambito dell'attuazione della riforma con la quale il precedente Governo ha disciplinato la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge n. 124 del 7 agosto 2015), è stato sancito l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, con la relativa attribuzione delle funzioni, delle risorse strumentali e finanziarie e il transito del personale in organico al già menzionato Corpo;
non sono state mai fornite conferme ufficiali dell'auspicato risparmio di circa 100 milioni di euro in tre anni derivante dal provvedimento, ma più volte ribadite dal Ministro pro tempore, di contro la stima di un milione di euro di costo per l'assorbimento del Corpo è stata chiaramente sottodimensionata, considerato che: la rete informatica dell'Arma dei carabinieri necessita di restare separata da quella dell'ex Corpo forestale dello Stato e dunque ogni struttura forestale dei carabinieri deve esser dotata di ulteriori computer collegati sia alla rete Arma che alla rete dell'ex Corpo; ad ogni carabiniere, poliziotto, finanziere o vigile del fuoco transitato dal Corpo forestale dello Stato è stata assegnata la nuova uniforme ordinaria completa, l'uniforme operativa ed i dispositivi di protezione individuale; sono state fornite armi individuali alle circa 800 unità provenienti dal Corpo forestale dello Stato che prima non ne avevano in dotazione e sono stati dichiarati fuori uso automezzi di servizio idonei al servizio extra-urbano in zone impervie per l'alto chilometraggio che dovranno essere reintegrati;
a ciò si aggiunge il fatto che l'attività di spegnimento aereo che assicurava la flotta elicotteri del Corpo è stata demandata dalle regioni a soggetti privati, con costi lievitati fino a 20 volte, come per la Sicilia e, inoltre, vi è stata un'espansione dei costi di manutenzione degli aeromobili, che nella precedente organizzazione veniva parzialmente svolta dai tecnici abilitati del Corpo, mentre oggi viene svolta interamente da ditte private;
la riforma citata ha penalizzato l'efficienza e l'efficacia degli interventi, un esempio lampante è stata la gestione dei recenti incendi sul Monte Serra, nel pisano, in quanto la catena di comando che doveva essere accorciata e razionalizzata in realtà è stata allungata e replicata oltremisura: il vertice del Corpo forestale dello Stato era posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, si avvaleva di un vice capo del Corpo e di 21 dirigenti superiori a capo dei sei servizi centrali e dei comandi delle 15 regioni a statuto ordinario;
l'attuale assetto organizzativo prevede che il comandante del comando unità forestali ambientali ed agroalimentari sia alle dipendenze dello Stato Maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, si avvalga di un vice comandante e di uno staff che ha alle dipendenze quattro diverse aree: il comando biodiversità e parchi, il comando tutela forestale, il comando tutela ambiente, il comando tutela agroalimentare, con la conseguente creazione ridondante delle branche dello staff;
il Corpo forestale dello Stato, all'atto della soppressione, contava su circa 7.600 unità a fronte delle 9.360 previste dalle dotazioni organiche di legge. Al netto dei transiti nelle altre amministrazioni, sono confluite nell'Arma dei carabinieri circa 6.400 unità, che tra l'altro non sono tutte impiegate all'interno del comando unità forestali ambientali e agroalimentari in quanto si devono sottrarre le unità impiegate presso le scuole forestali e quelle impiegate presso il raggruppamento aeromobili carabinieri. Poiché la linea territoriale dell'Arma e gli altri reparti specialistici non si occupano di tutela ambientale, eccezion fatta per le poche centinaia di unità del comando tutela ambiente e del comando tutela agroalimentare è chiaro che il compito prima svolto dal Corpo forestale è rimasto appannaggio dei soli poco più di 6.000 carabinieri forestali;
i Corpi forestali delle regioni e delle province autonome sono stati esonerati dalla «riforma Madia» e dunque l'attività di tutela ambientale è diversificata tra regioni dello stesso Stato e sovrapposta rispetto a quella nazionale; sarebbe sicuramente stato più razionale accorpare a quello dello Stato i Corpi forestali regionali e le polizie provinciali per creare una grande polizia ambientale statale;
non si può non ricordare, che il provvedimento ha causato grave perdita di professionalità e competenze per la costrizione imposta ad una parte del personale di indossare divise differenti (polizia di Stato, Guardia di finanza, carabinieri, vigili del fuoco) e di spogliarsene completamente per transitare nella pubblica amministrazione –:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interpellati in merito alla riforma di cui in premessa;
se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assumere iniziative volte a ripristinare, almeno in parte, la situazione preesistente con gli obiettivi di porre fine allo spreco di danaro pubblico e tornare agli elevati standard precedenti.
(2-00136) «Battilocchio, Occhiuto, Sisto, Calabria, Milanato, Ravetto, Santelli, Silli, Sorte, Tartaglione, Maria Tripodi, Fascina, Gregorio Fontana, Perego Di Cremnago, Ripani, Vito, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Gagliardi, Mazzetti, Ruffino, D'Ettore, Cannizzaro, Labriola, Paolo Russo, Vietina».
MICELI, BAZOLI, VERINI, VAZIO, MORANI, FERRI, ANNIBALI, BORDO, LACARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, è stata decretata la sospensione, fino al 30 settembre 2018, dei processi penali pendenti, in qualunque fase e grado, davanti al tribunale di Bari e il corso della prescrizione;
nonostante la situazione di inagibilità della sede del tribunale di Bari fosse nota da tempo e il Governo precedente avesse già avviato un percorso risolutivo, il Ministro interrogato ha rifiutato la proposta avanzata di nomina di un commissario straordinario con poteri speciali per scongiurare il protrarsi dell'emergenza e ha, contestualmente, annunciato di avere individuato un immobile, di proprietà privata, idoneo ad ospitare gli uffici del tribunale;
tale immobile si è rivelato essere, a seguito di un'inchiesta giornalistica, di proprietà di una società in cui uno degli amministratori sarebbe vicino ad un esponente di un clan malavitoso;
il 14 agosto 2018 in conseguenza dell'esito negativo dei controlli amministrativi sul possesso dei requisiti e l'assenza di cause di esclusione, è stata quindi revocata l'aggiudicazione in favore della Sopraf srl, proprietaria di detto immobile;
il Ministro della giustizia, con una lettera il cui contenuto è stato reso noto a Bari durante la conferenza permanente sul Palagiustizia, ha annunciato che sarà il palazzo ex Telecom al quartiere Poggiofranco di Bari ad ospitare gli uffici giudiziari penali baresi senza nulla aggiungere sui tempi reali e certi per la ripresa dell'attività giudiziaria;
con la sua iniziativa il Ministro interrogato ha quindi contribuito, nell'emergenza, a far perdere ulteriore tempo;
la sospensione delle udienze e la inagibilità del palazzo di giustizia hanno di fatto paralizzato non solo i processi ma anche le attività di indagine e di tutela dei cittadini del distretto;
inoltre, così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2018, a decorrere dal 30 settembre 2018, ha ricominciato a decorrere la prescrizione senza che i relativi processi possano essere celebrati;
secondo gli operatori del diritto di Bari – «ci sono circa 11 mila processi pendenti» di cui solo duemila non necessitano di notifiche e la task force più volte annunciata dal Ministero della giustizia per affiancare il personale amministrativo non è mai arrivata –:
quando si procederà alla stipula del contratto di locazione per l'immobile ex Telecom ed in che modi, tempi e costi si farà fronte all'adeguamento delle strutture, all'accorpamento delle sedi con il doppio trasferimento presso via Dioguardi ed alla nomina della task force per le notificazioni e la celere ripresa dei processi pendenti.
(5-00682)
MELICCHIO, CASA, LATTANZIO, MARZANA, BELLA, CARBONARO, TESTAMENTO, TUZI, NITTI, TORTO, VILLANI, AZZOLINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) è un importante ente di ricerca che negli anni recenti è stato sottoposto a pesanti limitazioni assunzionali ed economiche dovute alle misure di «spending review» imposte dai precedenti Governi e, come evidenziato nella delibera del consiglio di amministrazione del 21 dicembre 2017, attualmente impiega 400 precari storici di cui 144 contratti a tempo determinato con i requisiti della stabilizzazione di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017, circa 200 precari con assegno di ricerca con i requisiti del comma 2 del suddetto articolo 20, oltre ad almeno 130 precari storici senza i requisiti delle norme di stabilizzazione ma nella delibera in questione con caratteristiche di precariato simile agli stabilizzandi;
con delibera del 30 gennaio 2018, l'ente ha escluso, secondo dati sindacali, circa 70 stabilizzandi in possesso dei requisiti di cui al citato comma 1 ai sensi delle circolari del Dipartimento della funzione pubblica 3/2017 e 1/2018, includendoli invece nel comma 2;
nella delibera n. 33/2018, il consiglio di amministrazione identificava 1,6 milioni di euro di finanziamento continuo e stabile negli accordi ASI e un piano assunzionale di 280 unità nel triennio anche attraverso l'utilizzo dei 4,6 milioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 aprile 2018 destinati totalmente alla stabilizzazione e 2,3 milioni di cofinanziamento (il minimo consentito), quantificando in 6,9 milioni di euro i fondi diretti alla stabilizzazione (per un totale di circa 132 assunzioni di ricercatori/tecnologi);
nella delibera del consiglio di amministrazione n. 60/2018, si determinava il piano assunzionale 2018 con una spesa totale di 10 milioni di euro per 192 assunzioni di cui solo circa 6,3 milioni di euro destinati alle stabilizzazioni (con 600 mila euro destinati obbligatoriamente ai commi 1 e 2, invece dedicati a concorsi pubblici nazionali). Nella stessa delibera a pagina 27, l'ente pur in presenza di un preciso parere dell'Avvocatura di Stato sull'interpretazione del comma 1, con cui l'Avvocatura stabilisce che destinatari della norma possono essere anche coloro che hanno svolto periodi di attività con assegno di ricerca, lo ignorava ed emanava un bando che risulta essere oggetto di ricorsi perché include in una medesima selezione i soggetti sia afferenti al comma 1, che al comma 2;
l'Inaf, grazie anche al decreto n. 568 del 2018 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che destina all'ente ulteriori 5,3 milioni e alle norme nella legge di bilancio 2018, ha un totale di 12,2 milioni di euro da destinare alle stabilizzazioni corrispondenti a circa 234 assunzioni nel 2018 –:
se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire, esercitando il potere regolatorio e di vigilanza previsto dalla legge, per pervenire a un cambiamento nel piano assunzionale approvato con la delibera n. 60 del luglio 2018, predisponendo misure assunzionali corrispondenti alle reali capacità dell'ente;
come si concili con la legge vigente la delibera del 21 dicembre 2017 e quindi se sia corretta l'applicazione del comma 1 dell'articolo 20, ivi contenuta, anche in considerazione del parere del Dipartimento della funzione pubblica;
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda avviare un'attività ispettiva volta ad accertare espletamenti il corretto espletamento delle procedure per l'emanazione dei bandi di concorso.
(5-00693)
GALLINELLA e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con la legge n. 270 del 1997 è stato istituito il piano degli interventi di interesse nazionale relativi al Giubileo del 2000, in località al di fuori del Lazio;
tali interventi, secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 3, della legge citata, dovevano riguardare esclusivamente i settori dell'accoglienza, della ricettività a basso costo o in comunità religiose e dei relativi servizi, comprese le aree accessorie di pertinenza, le soluzioni atte a favorire gli accessi e la mobilità dei disabili e delle persone non autosufficienti e l'abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali, nonché i beni culturali e di carattere religioso, in modo da assicurare la piena rispondenza alle finalità dei pellegrinaggi giubilari;
la legge ha stabilito inoltre, all'articolo 1, comma 4, che i finanziamenti per tali interventi sono stati assegnati anche in rapporto all'utilizzo, successivo al Giubileo del 2000, delle opere previste dagli interventi stessi;
anche il comune di Perugia era coinvolto in questo piano e, per tramite dell'Inail – individuato come soggetto attuatore – ha realizzato alcune strutture ricettive; furono, in particolare, acquistati uno stabile in via Pontani e quattro stabili in Via Liberati a San Sisto;
dopo il periodo del Giubileo, l'Inail ha assegnato l'edificio di Via Pontani al Sodalizio di San Martino (attualmente una residenza per anziani), mentre i quattro stabili di San Sisto furono assegnati ad una società che successivamente li trasformò in un albergo;
diverse complicazioni giudiziarie – ad esempio l'arresto nel 2002 del direttore generale dell'Inail o il fallimento dell'impresa che aveva in gestione l'albergo – hanno condotto all'attuale completo abbandono delle palazzine, con 140 appartamenti che di fatto da anni sono in decadimento;
nel 2015, il consiglio comunale di Perugia aveva avviato una discussione per valutare la possibilità di affidamento delle palazzine all'Adisu, Agenzia per il diritto allo studio universitario dell'Umbria ma, dopo diverse riunioni e dopo la nomina formale di un tavolo tecnico formato da consiglieri comunali, Inail e Adisu, il progetto venne bloccato dalla giunta del comune di Perugia che ne reclamava la competenza;
proprio nel 2015, quelle stesse palazzine sono state in parte danneggiate da un devastante incendio le cui cause non sono ancora chiare;
le condizioni in cui ormai versano gli appartamenti stanno compromettendo la vita e il benessere del quartiere perugino, già segnato da una forte crisi economica che ne rende difficile la rinascita;
il 2 luglio 2018 il comune di Perugia ha respinto un ordine del giorno che lo impegnava ad attivarsi al fine di rivendicare, come previsto dalla legge n. 270 del 1997, l'utilizzo degli immobili in questione a fini sociali, assegnando successivamente, attraverso l'Adisu, gli appartamenti di San Sisto, agli studenti che frequentano l'università di Perugia, ed in particolar modo la facoltà di medicina –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la compatibilità dell'attuale situazione degli edifici citati in parola con quanto previsto dalla legge n. 270 del 1997, in particolare in riferimento al comma 4 dell'articolo 1;
di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa la destinazione prevista per gli immobili di cui in premessa, considerato che secondo quanto stabilito dal già citato articolo 4, comma 1, della legge n. 270 del 1997, essa è un requisito per l'erogazione del finanziamento previsto dalla legge stessa.
(5-00668)