ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO

Seduta n. 420 di lunedì 2 novembre 2020

INDICE


ATTI DI INDIRIZZO:

Mozione:
  Lollobrigida  1-00398  15755

ATTI DI CONTROLLO:

Presidenza del Consiglio dei ministri.

Interrogazioni a risposta orale:
  Dall'Osso  3-01852  15757
  Ferro  3-01858  15758

Interrogazione a risposta scritta:
  D'Orso  4-07357  15759

Affari esteri e cooperazione internazionale.

Interrogazioni a risposta orale:
  Siragusa  3-01855  15760
  Rizzetto  3-01856  15760

Ambiente e tutela del territorio e del mare.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Siani  5-04918  15761

Beni e attività culturali e turismo.

Interrogazione a risposta scritta:
  Legnaioli  4-07358  15762

Giustizia.

Interrogazione a risposta orale:
  Grippa  3-01857  15763

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Giachetti  5-04920  15763
  Giachetti  5-04922  15764

Interrogazione a risposta scritta:
  Delmastro Delle Vedove  4-07353  15765

Infrastrutture e trasporti.

Interrogazioni a risposta scritta:
  Covolo  4-07352  15766
  Rospi  4-07356  15767

Interno.

Interrogazioni a risposta scritta:
  Zoffili  4-07354  15768
  Tonelli  4-07355  15768
  Locatelli  4-07359  15769

Lavoro e politiche sociali.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Lupi  5-04919  15770

Politiche giovanili e sport.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Cattoi Vanessa  5-04921  15771

Sviluppo economico.

Interrogazione a risposta orale:
  Silvestroni  3-01859  15771

Università e ricerca.

Interrogazioni a risposta orale:
  Suriano  3-01853  15772
  Suriano  3-01854  15773

Apposizione di una firma ad una mozione  15774

Apposizione di firme ad interrogazioni  15774

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento)  15774

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo  15774

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

   La Camera,

   premesso che:

    dall'esame dei dati Istat del secondo trimestre del 2020 si evince che, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, gli occupati in Italia sono diminuiti di 841.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Hanno perso il lavoro soprattutto i giovani. Tant'è che il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è del 39,1 per cento;

    tale diminuzione non colpisce solo la fascia tra i 15 e i 34 anni: anche per i 35-49enni il tasso di occupazione cala di 1,6 punti e quello di «inattività» mostra un incremento di 3,3 punti;

    l'Italia si ritrova ad essere fanalino di coda di tutta l'Europa, seconda solo alla Grecia: nella rilevazione di luglio 2020, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,1 per cento e la percentuale di giovani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet, è del 22,2 per cento nel 2019;

    una parte di questi dati è certamente inficiata dall'incidenza del lavoro sommerso, che per quella fascia d'età, è spesso unico appiglio per iniziare a lavorare; inoltre, essendo molto diffusa in Italia – soprattutto nel Mezzogiorno – l'impresa familiare, molto spesso i giovani iniziano a lavorare proprio all'interno di queste aziende di famiglia e vengono regolarizzati solo in un secondo momento;

    l'introduzione delle norme a modifica del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto «decreto dignità», decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha diminuito il periodo massimo di durata del contratto determinato, reintrodotto la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementato il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, invece di favorire la stabilizzazione con la conversione in contratto a tempo indeterminato, e ha indotto i datori di lavoro a non disporre rinnovi;

    difatti, il Governo è stato costretto ad introdurre delle deroghe alla predetta disciplina per ridurne l'impatto negativo durante l'emergenza, prendendo così atto delle gravi criticità che la caratterizzano e che hanno aggravato la stipula del contratto di lavoro subordinato a termine, che, si ricorda, presenta tutte quelle garanzie e tutele per il lavoratore di quello a tempo indeterminato;

    ed ancora, non di meno, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha di fatto palesato tutte le sue criticità, non solo come misura assistenziale visto che non arriva a chi è veramente in stato di povertà, ma, altresì, come politica attiva del mercato del lavoro. Sul punto, i dati dell'Anpal riferiscono che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro;

    la situazione è molto seria e i giovani risultano essere l'anello debole della nostra economia, ma nei numerosi decreti varati dal Governo a sostegno del rilancio economico durante questo periodo di pandemia, non è stata prevista nessuna iniziativa specifica per i giovani;

    far ricadere, poi, sulle famiglie il compito di occuparsi dei giovani non è di certo una politica lungimirante: secondo i dati Eurostat 2019, infatti, i giovani italiani sono quelli che abbandonano i genitori più tardi. In Italia si è sopra la media dei 30 anni, in Europa i loro coetanei lo fanno a 25/26 anni;

    invertire questa tendenza significa occuparsi delle generazioni future, perché la precarietà lavorativa dei giovani non può non ripercuotersi sul loro percorso di vita, sulle loro possibilità di crearsi una famiglia, di mettere al mondo dei figli (per incrementare il tasso di natalità, ormai sempre più basso nel nostro Paese, bisogna partire proprio dalla stabilità dei giovani); ma significa anche occuparsi degli anziani che sul lavoro e il benessere dei giovani basano le loro certezze di una vecchiaia serena;

    anche la Commissione europea è intervenuta sull'argomento, inviando il 1° luglio 2020 una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», invitando gli Stati membri ad occuparsi del problema;

    è indispensabile che ai giovani vengano offerti dei percorsi speciali di inserimento nel mercato del lavoro: rimodulare ad esempio percorsi formativi, tirocini, affinché diventino vere occasioni per aumentare le proprie possibilità occupazionali;

    è importante anche cercare soluzioni volte ad evitare la fuga di cervelli all'estero. Nel 2019, Confindustria ha stimato che il fenomeno ha interessato circa 300.000 italiani ogni anno con una perdita di capitale umano pari a 14 miliardi di euro ogni anno;

    riorganizzare e rendere più omogenei e facilmente utilizzabili dalle imprese tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi già varati dai precedenti governi e introdurne di nuovi è, inoltre, il presupposto da cui partire per rendere operativa una ripresa che non darebbe benefici solo ai giovani, ma a tutto il sistema economia;

    è necessaria anche una riforma seria e organica dei centri per l'impiego; dai dati si evince, infatti, che solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro tramite questi strumenti di politica attiva;

    fra i 5,2 milioni di autonomi che si contano in Italia ci sono anche molti giovani. Millenials, ma anche trentenni, che hanno dovuto aprire una partita iva per riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro e che ora si trovano ad affrontare una crisi economica che per loro sarà ancora più ardua da superare: occuparsi di loro è un dovere morale per qualsiasi Governo che voglia sostenere la propria crescita;

    Fratelli d'Italia si batte, inoltre, da anni, per promuovere il diritto dei giovani italiani ad accedere in condizioni paritarie ai diversi ambiti della comunità nazionale. Gli interventi legislativi e amministrativi realizzati nel corso dei decenni hanno dato vita a un sistema che penalizza fortemente le nuove generazioni rispetto alla possibilità di partecipare in modo attivo alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione: la proposta di legge di Fratelli d'Italia (AC. 295), ad esempio, va verso la correzione di queste distorsioni del sistema e l'avanzamento di tali diritti;

    nuovi sbocchi lavorativi per le nuove generazioni potrebbero essere trovati anche investendo nella green economy, come, tra l'altro, previsto nel Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea e nel Next Generation EU; utile e di rilevanza per il sostegno dell'occupazione giovanile è anche il settore della digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) a studiare strategie di lungo periodo e riforme strutturali atte a garantire un più alto livello di occupazione giovanile e di tenore di vita delle giovani generazioni, rimettendo in piena efficienza quell'«ascensore sociale» che rappresenta non solo una fondamentale condizione di giustizia per i giovani, ma anche una condizione essenziale di crescita e di sviluppo per tutti i cittadini;

2) ad adottare iniziative volte a riformare i percorsi formativi (scuola, università, ricerca) in modo da consentire un inserimento più agevole nel mondo del lavoro da parte dei giovani disoccupati e inoccupati (i cosiddetti «Neet»);

3) ad adottare iniziative volte a riformare le regole e le modalità di fruizione relative a tirocini ed apprendistati, in particolare con riguardo ai giovani, affinché diventino veri strumenti di inclusione e collocazione (e non, come spesso avviene, forme di sfruttamento e precariato legalizzato);

4) ad adottare iniziative volte ad introdurre delle garanzie per giovani professionisti e ricercatori al fine di far fronte alla sempre più frequente fuga di cervelli all'estero;

5) ad adottare iniziative per un piano di riforma dei centri per l'impiego al fine di promuovere efficacemente l'occupazione giovanile in primo luogo con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti da questi enti, nell'ambito dei quali il personale deve avere le competenze necessarie per favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, garantendo standard minimi di prestazioni, nonché il raggiungimento di obiettivi, prevedendo altresì un'idonea attività di monitoraggio che offra le informazioni necessarie a misurare l'efficienza e la qualità degli interventi erogati;

6) ad adottare iniziative volte a prevedere, nell'attività di placement dei giovani in cerca di occupazione, un aumento delle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche coinvolgendo le agenzie per il lavoro del settore privato;

7) ad adottare iniziative normative per derogare alla disciplina del cosiddetto «Decreto dignità» rispetto al contratto di lavoro a tempo determinato, fino a dicembre 2021, per intervenire successivamente, in modo strutturale, per riparare definitivamente le criticità di tale normativa, che non incentiva la conversione in contratto a tempo indeterminato, danneggiando in particolar modo i giovani;

8) ad adottare iniziative per introdurre, – con nuove disposizioni contenute nel Recovery Plan, nel disegno di legge di bilancio, e in altre eventuali norme ad hoc, – tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi possibili atti ad invogliare le imprese ad assumere la popolazione giovanile del nostro Paese;

9) ad adottare iniziative per sostenere con adeguate misure il lavoro dei giovani con partita iva attraverso sgravi e benefici che possano andare a compensare la precarietà del loro lavoro e la forte crisi cui stanno facendo fronte.
(1-00398) «
Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:

   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero della difesa – direzione generale per il personale militare – n. 31/1D, pubblicato in data 20 dicembre 2018 sul Giornale ufficiale della difesa ed avente ad oggetto la indizione di «concorsi interni straordinari, per titoli ed esami, per il reclutamento di Marescialli delle Forze Armate», è stato bandito il «concorso interno straordinario per titoli ed esami per il reclutamento di marescialli dell'Aeronautica militare», e stabilito che si ammette alla partecipazione al concorso de quo esclusivamente «il personale, arruolato ai sensi della Legge 24 dicembre 1986, n. 958 e successive modificazioni e transitato in servizio permanente nei primi due concorsi utili per l'immissione nel ruolo Sergenti dell'Esercito, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare, nonché nei primi tre concorsi utili per l'immissione in ruolo dei Volontari in s.p dell'Esercito, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare, rispettivamente ai sensi dell'articolo 35, comma 2 e dell'articolo 36 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196»;

   a parere dell'interrogante appaiono sussistere le condizioni per evitare uno spreco di denaro pubblico e una pesante ricaduta negativa sull'immagine delle forze armate a fronte del fatto che risulta all'interrogante siano stati depositati molteplici ricorsi al Tar del Lazio per l'annullamento del precitato concorso e degli analoghi concorsi riguardanti il personale dell'Esercito e della Marina Militare;

   si ritiene, peraltro, che sussistano giusti motivi per rinviare le fasi successive all'avvenuto svolgimento della prova concorsuale fino a quando non vi sia una pronuncia definitiva del Tribunale amministrativo invocata dai molteplici ricorrenti –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative tese a rinviare la nomina al grado di maresciallo dei vincitori di concorso, considerato che, come rappresentato in premessa, si è in attesa di una pronuncia definitiva della magistratura e vi è la concreta possibilità che i bandi concorsuali vengano annullati;

   in alternativa, se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per consentire a tutto il personale militare in servizio, arruolato ai sensi della legge n. 958 del 1986, identiche progressioni di carriera già oggetto di molteplici contenziosi giudiziari in atto.
(3-01852)

   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 2 novembre 2020 cesserà di avere efficacia il discusso decreto «Calabria», nato per realizzare un regime speciale e straordinario di gestione commissariale della sanità regionale, comprese tutte le aziende sanitarie e ospedaliere;

   è ormai sotto gli occhi di tutti la scarsa efficacia del decreto, che si è, di fatto, rivelato un «cappio al collo» per un sistema sanitario già fragile, con la conseguenza inevitabile ed evidente di una drastica riduzione dei livelli di assistenza su tutto il territorio regionale e un aggravamento della voragine del debito sanitario;

   durante l'emergenza Covid risultano essere state immesse 500 nuove unità di personale nel sistema sanitario regionale; un dato tuttavia ben al di sotto della media nazionale e del reale fabbisogno, a causa delle maglie troppo strette del commissariamento che stanno soffocando servizi e ospedali;

   uno strumento emergenziale che avrebbe dovuto consentire di migliorare il sistema sanitario calabrese lo ha reso, invece, ancora più impreparato e vulnerabile agli effetti della grave emergenza che ci si trova ad affrontare;

   il commissariamento totale e prolungato, peraltro, mal si concilia con l'obiettivo di realizzare un sistema efficiente e capace di rispondere ai bisogni di cura dei cittadini che si sono manifestati, in maniera evidente, durante la pandemia;

   la stessa Corte costituzionale, a seguito del ricorso da parte della regione Calabria, ha di fatto sottolineato come la temporaneità degli interventi previsti fosse elemento imprescindibile della costituzionalità del decreto;

   il risultato di dieci anni di commissariamento, in cui si registrano sprechi e non si riescono a garantire i livelli essenziali di assistenza, è un inasprimento della tassazione per i cittadini e un drammatico allungamento delle liste d'attesa e dell'emigrazione sanitaria –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di consentire un ordinato rientro alla normalità della sanità calabrese, anziché perseverare sulla strada del commissariamento che si è rivelata già disastrosa per la Calabria e ha dimostrato, tra l'altro, di non saper rispondere alla necessità di rendere operative le Unità speciali di continuità assistenziale, di potenziare i laboratori di diagnostica, di rafforzare i reparti Covid e le strutture di terapia intensiva.
(3-01858)

Interrogazione a risposta scritta:

   D'ORSO, ALAIMO, CANCELLERI, CASA, GIARRIZZO, SODANO, MARTINCIGLIO e PAPIRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni 28 e 29 ottobre 2020 il Giornale di Sicilia, storica testata diffusa nella regione Sicilia, non è stato nelle edicole per uno sciopero proclamato dal comitato di redazione;

   in una nota del comitato di redazione si legge così: «Da settimane siamo impegnati in un duro braccio di ferro con l'azienda che ha chiesto un incremento della riduzione dell'orario di lavoro portando gli esuberi di personale a 17 su un organico di 34. Una decisione terribile, un atto di macelleria sociale, non giustificabile nemmeno in questo momento di crisi che comunque tocca tutte le altre aziende editoriali. Ma solo la Ses, controllata dalla fondazione Bonino Pulejo, che ha acquistato il pacchetto di maggioranza del quotidiano palermitano tre anni fa, chiede sacrifici così imponenti e inaccettabili alla redazione. Rifiutando ogni altra soluzione che pure esiste: piani di prepensionamento, esodi incentivati, trasferimento alla redazione del sito internet inspiegabilmente ancora affidato a un service esterno, in controtendenza con tutti gli altri giornali italiani e siciliani»;

   è fallita, infatti, la consultazione sindacale in sede nazionale, vista la proposta della parte datoriale di decurtazione dello stipendio del 41 per cento, alla quale si accompagna il licenziamento di 17 giornalisti, ossia 17 padri e madri di famiglia che, ogni giorno, contribuiscono con i loro sacrifici e la loro professionalità a elaborare un quotidiano con una storia lunga e gloriosa;

   il Giornale di Sicilia proprio quest'anno ha tagliato il traguardo dei 160 anni, ma rischia di essere irrimediabilmente compromesso, dopo essere già stato impoverito negli ultimi anni dai tagli che hanno colpito i poligrafici;

   il comitato di redazione nonostante ciò – auspicando un intervento da parte del governo regionale e di quello nazionale – ribadisce che continuerà a fare sentire le proprie ragioni ovunque sia necessario, rimanendo sempre disponibile a riprendere il dialogo, purché su basi che non compromettano la sopravvivenza del giornale e delle famiglie dei dipendenti;

   appare francamente irragionevole la politica aziendale portata avanti dalla Ses, controllata dalla fondazione Bonino Pulejo, che ha acquistato il pacchetto di maggioranza del quotidiano palermitano appena tre anni fa, che rifiuta di mettere in campo un ventaglio di soluzioni possibili (piani di prepensionamento, esodi incentivati, trasferimento alla redazione del sito internet inspiegabilmente ancora affidato a un service esterno), preferendo piuttosto attuare un piano espulsivo in controtendenza non solo rispetto a tutti gli altri giornali italiani e siciliani, ma anche rispetto alle scelte del Governo che sta lavorando ad un ambizioso piano di rilancio del settore dell'editoria ed ha preannunciato che risorse del Recovery Fund verranno utilizzate anche per sostenere gli editori e tutelare i lavoratori di questo fondamentale comparto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare (anche attraverso la convocazione di un tavolo con le parti aziendali e sindacali interessate) per addivenire al più presto ad una soluzione che possa salvaguardare i livelli occupazionali del Giornale di Sicilia.
(4-07357)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta orale:

   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto italiano statale comprensivo di Barcellona – ormai storico ente nazionale, operante nella città catalana da decenni – rischia di non poter proseguire oltre la sua attività a causa di un contenzioso riguardante l'affitto dei locali ove lo stesso trova la sua sede; lo stallo è tale da mettere a rischio la partenza del prossimo anno scolastico;

   l'istituto svolge le sue lezioni presso due edifici, entrambi di proprietà dell'associazione Casa degli italiani, la quale ha stipulato contratti d'affitto con il consolato italiano cittadino: il plesso di carrer Setantí 10-12 (distretto di Sarrià-Sant Gervasi) dove hanno sede, dal 1958, la scuola dell'infanzia e la scuola primaria Maria Montessori, oltre che la scuola secondaria di primo grado Edoardo Amaldi; il palazzo di pasaje Méndez Vigo 8, nel centrale quartiere di Eixample, dove è presente dal 1928 il liceo scientifico, insieme ad alcuni uffici. Nel complesso, i due edifici ospitano tra i 750 e gli 800 studenti;

   il 19 maggio 2020 l'associazione Casa degli italiani ha comunicato al consolato italiano di Barcellona l'intenzione di recuperare i due edifici, adducendo come ragione il fatto che il contratto di affitto tra le due parti, scaduto già nel giugno del 2018, ancora non fosse stato rinnovato. La console, Gaia Danese, ha in merito dichiarato come il mancato rinnovo fosse da imputarsi alla mancanza di licenze comunali aggiornate che permettessero di utilizzare gli edifici per attività scolastiche. Il presidente dell'associazione, Mirko Scalletti, ha a sua volta sostenuto che tali autorizzazioni avrebbero dovuto essere gestite dalla scuola, come inquilino degli edifici (El Pais, 22 maggio 2020);

   la sede di Eixample era stata chiusa già lo scorso gennaio a causa delle, summenzionate, mancanti licenze di sicurezza; il presidente della scuola, Carlo Prandini, con una circolare comunicava la decisione del consolato italiano a Barcellona di chiudere «temporaneamente» la struttura che ospita il liceo per la mancanza della «licenza d'uso e del piano di attività del plesso», due permessi edilizi che «garantiscono l'esistenza dei requisiti di sicurezza necessari per la conduzione dell'attività scolastica» (Il Sole 24 Ore, 4 gennaio 2020). Il liceo ha poi riaperto, con autorizzazioni temporanee; almeno fino alla successiva, nuova chiusura, scattata stavolta a causa del lockdown generale imposto dall'emergenza sanitaria da coronavirus. L'autorizzazione alla riapertura era giunta in seguito all'ispezione del consiglio comunale, il quale aveva contestualmente notificato il fatto che lo spazio avrebbe comunque dovuto essere adattato alle nuove normative;

   è d'uopo inoltre annotare come le licenze citate mancassero da decenni; come accennato, solo quattro mesi fa è stata rilevata la mancanza di questa documentazione. Oggi, tra consolato locale e Casa degli italiani è in corso una diatriba sulle responsabilità di tale omissione. In ogni caso, ad ora, quel plesso non è più utilizzabile; il consolato dovrà quindi trovare, salvo novità, una nuova sistemazione per gli alunni del liceo;

   per quel che riguarda invece i 4 mila metri quadrati della sede di Sarrià, la contrattazione è di sola natura pecuniaria, vertente intorno alla somma dovuta per il contratto d'affitto –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative abbiano intenzione di intraprendere, al fine di assicurare la piena operatività dell'istituto italiano statale comprensivo di Barcellona.
(3-01855)

   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   si apprende della pesante limitazione al turismo nautico che vuole imporre la Slovenia, prevedendo il transito nelle proprie acque solo alle imbarcazioni immatricolate;

   tale decisione di Lubiana impedirebbe il transito a migliaia di natanti, al di sotto dei dieci metri, se non provvisti di targa;

   è evidente che un provvedimento del genere determina un danno al turismo nautico italiano, in particolare, del vicino Friuli Venezia Giulia che è tra le regioni leader sul territorio nazionale nel settore;

   a quanto è dato sapere, al momento, per le imbarcazioni sprovviste di targa, le autorità slovene hanno previsto solo il riaccompagnamento in Italia, mentre dal 15 luglio 2020 si applicheranno anche le multe a chi viola le nuove disposizioni;

   ebbene, dall'inizio dell'emergenza sanitaria da COVID-19, come l'interrogante ha già segnalato con precedenti atti di sindacato ispettivo, la Slovenia ha posto in essere provvedimenti che hanno fortemente danneggiato l'Italia, a partire dalla chiusura dei confini che hanno ostacolato anche le attività lavorative e commerciali dei nostri connazionali. Pertanto, questa forte limitazione al traffico marittimo rappresenta un ulteriore atto avverso nei confronti dell'Italia, che, oltre alle ovvie ripercussioni che avrà sul turismo italiano, mette a rischio ancora una volta la possibilità di ragionevoli relazioni tra Italia e Slovenia;

   a parere dell'interrogante, tale situazione è anche il frutto dell'incapacità che ha avuto questo Governo, ad oggi, di adottare valide iniziative per tutelare il territorio nazionale dai provvedimenti discriminatori che negli ultimi mesi hanno portato avanti non solo la Slovenia, ma anche altri Paesi di confine –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato affinché venga individuata una tempestiva soluzione che salvaguardi l'Italia, rispetto agli inevitabili danni al turismo nautico che determinerà la decisione della Slovenia di limitare il traffico nautico, come esposto in premessa;

   se e quali iniziative intenda avviare per ripristinare una ragionevole convivenza tra l'Italia e i territori di confine, allo scopo di escludere che la nostra nazione sia ancora destinataria di provvedimenti discriminatori come quelli esposti in premessa.
(3-01856)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

   SIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Consorzio Castalia, che da ormai oltre venti anni si occupa della salvaguardia ambientale delle coste italiane, svolge attualmente un servizio per conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare mediante oltre 40 navi dislocate lungo tutte le coste del territorio nazionale;

   Labromare, socio del Consorzio Castalia, attraverso navi idonee allo svolgimento del servizio antinquinamento, presidia attualmente 4 postazioni: due in Sardegna, ad Arbatax e Porto Torres, e due nell'arcipelago toscano, a Porto Santo Stefano e Piombino – Isola d'Elba;

   per quanto attiene al presidio presente nella provincia di Grosseto, il servizio viene svolto dall'unità navale «Jerzy», costruita nel 1988, attualmente dislocata nel porto di Porto Santo Stefano (Gr);

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha recentemente emanato il bando di gara per l'affidamento del «Servizio di intervento rapido per la riduzione, contenimento e recupero di idrocarburi» con scadenza per la presentazione delle offerte fissata il 15 luglio 2020;

   come descritto nel capitolato tecnico, la dislocazione sul territorio delle postazioni prevede 22 unità costiere che – su richiesta dello stesso Ministero – potranno anche essere variate nel corso dell'esecuzione del contratto per esigenze di carattere strategico/operativo connesse a situazioni di emergenza;

   per quanto riguarda la Toscana, tra i futuri presidi rimarrebbe in essere soltanto quello di Piombino, con la conseguenza di veder superato l'attuale presidio presente nella provincia di Grosseto, attualmente dislocato a Porto Santo Stefano;

   il bando in questione, che prevede anche attività di pattugliamento a tutela delle aree marine e delle foci dei principali fiumi, oltreché attività di intervento per sinistri, appare fortemente penalizzante per un'area marina di particolare pregio quale quella insistente sulle coste della provincia di Grosseto, in cui si inserisce sia parte dell'arcipelago toscano che il Parco regionale della Maremma e che verrebbe pertanto privata di un presidio diretto;

   si rileva il recente decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di aggiudicazione definitiva della gara per l'affidamento del predetto servizio a Castalia Consorzio Stabile S.C.p.a. –:

   se ritenga urgente e necessario, per quanto di competenza, attivarsi nei confronti di Castalia al fine di conoscere le intenzioni circa il mantenimento del presidio di Porto Santo Stefano, particolarmente rilevante per la tutela di un'area marina di estremo pregio che coinvolge sia parte dell'arcipelago toscano che lo specchio acqueo antistante il Parco regionale della Maremma.
(5-04918)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

   LEGNAIOLI, BELOTTI e GIACCONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   le attività legate al mondo dello spettacolo rappresentano un patrimonio fondamentale sia per la cultura italiana sia per l'economia nazionale;

   la situazione dei teatri, tuttavia, a fronte delle ultime disposizioni governative legate al Coronavirus, sembra essere sempre più ad un punto di non ritorno, giacché questa ulteriore chiusura ha drammaticamente messo questo settore nella totale incapacità di progettare un futuro produttivo;

   tante produzioni professionali, soprattutto le piccole, le compagnie teatrali che non operano con il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) hanno investito nella costruzione di spettacoli invernali (scenografie, prove, manifesti) e ad oggi non sanno come programmare il loro futuro;

   in Toscana, così come in altre regioni, la situazione è drammatica per tutto il comparto, e la situazione è difficile anche per le scuole di danza, tanto che organi di stampa locali riportano notizie di questi giorni di proteste ed iniziative;

   nel corso di questi mesi alcuni teatri hanno organizzato spettacoli con le nuove tecnologie laddove con apposite app di videoconferenza e un semplice uso di videocamere web, è possibile creare un teatro virtuale dove il pubblico (comodamente da casa) vede, sente, interagisce con gli altri spettatori –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per sostenere il comparto del mondo dello spettacolo e delle scuole di danza, ovvero se non ritenga di dover adottare iniziative per destinare nuove risorse per consentire l'implementazione di nuove tecnologie e consentire una prosecuzione alle attività in grado di operare con tali mezzi.
(4-07358)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

   GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che è in atto una energica protesta nella città Vasto per il progetto di trasferire nella Casa lavoro di Torre Sinello i detenuti di tutta la regione Abruzzo che devono affrontare la quarantena COVID-19 nell'ambito delle disposizioni per il contenimento del Coronavirus;

   il personale della Casa lavoro di Vasto ha un deficit di organico del 30 per cento ed è già in affanno da tempo, anche perché chi viene recluso nella Casa lavoro è stato dichiarato socialmente pericoloso. Un altro problema risulterebbe essere l'accompagnamento dei detenuti in tribunale. L'organico del nucleo traduzioni sarebbe composto da 6 unità, un numero non idoneo a coprire tutte le attività necessarie;

   andrebbe garantita la sicurezza dell'intero personale dell'amministrazione dell'istituto, degli agenti di polizia e dei detenuti nonché il corretto espletamento del servizio delle traduzioni dei detenuti e degli internati;

   è conseguentemente necessario adottare le opportune misure con lo scopo di sollevare gli addetti dal carico di lavoro da cui sono già impegnati nella gestione quotidiana in un contesto di situazioni rischiose e di emergenza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi risultano veritieri e di quali aggiornamenti disponga in merito;

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire, nei limiti delle dotazioni organiche, e per tutto il periodo della sussistenza della sezione COVID-19 presso l'istituto vastese, l'implementazione di agenti di polizia penitenziaria e di personale sanitario, nonché ulteriori forniture di dispositivi di protezione individuale e l'applicazione di ogni prescrizione suggerita per contrastare il contagio.
(3-01857)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 7 dicembre 2019, sul sito www.leiene.it è apparsa una notizia riguardante una delle tante iniziative di disobbedienza civile sulla cannabis portate avanti dall'esponente del Partito Radicale e già deputata nella XVI legislatura, Rita Bernardini;

   Rita Bernardini – si legge – trovata in possesso di 32 piante di marijuana sul balcone di casa sua, non sarebbe stata arrestata su indicazione del procuratore di Roma Michele Prestipino. L'obiettivo sarebbe stato quello di evitare la risonanza mediatica che quell'arresto avrebbe potuto comportare, essendo la Bernardini da anni impegnata in battaglie per la legalizzazione della cannabis;

   a sostenere questa tesi è un carabiniere del Nucleo radiomobile della compagnia Roma Cassia, Enrico Sebastiani, che quest'estate eseguì in un primo momento l'arresto della ex parlamentare. Il militare avrebbe anche presentato un esposto alla procura di Perugia. In sintesi, questa sarebbe la sua versione dei fatti: i carabinieri in un primo momento avrebbero arrestato Rita Bernardini per aver violato il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti. Una volta giunta in caserma, però, le cose cambiano: il superiore di Sebastiani, che era tra i militari coinvolti nell'arresto, gli avrebbe ordinato di rilasciare la donna. Sempre secondo la ricostruzione del carabiniere Enrico Sebastiani, l'indicazione di rilasciare Rita Bernardini a piede libero sarebbe arrivata direttamente dal procuratore della Repubblica in persona. La paura del procuratore sarebbe stata la seguente: un arresto di quel tipo avrebbe provocato una grande risonanza mediatica, e dunque meglio evitare;

   c'è un problema però: l'arresto di Bernardini, quando arriva l'intervento del procuratore Prestipino, sarebbe stato già «eseguito e comunicato» all'ex deputata. Si sarebbe però deciso di procedere in violazione delle regole, costringendo i militari ad accompagnare la donna al suo domicilio. Il militare Sebastiani avrebbe protestato per questa decisione, ricevendo il mese successivo un procedimento disciplinare laddove, invece, ad avviso dell'interrogante, il medesimo avrebbe dovuto ricevere un encomio. L'accusa sarebbe quella di essersi intromesso inappropriatamente nell'accordo preso dal procuratore con il suo superiore;

   leiene.it riportano anche la reazione di Rita Bernardini sulla vicenda: «Sia chiaro, io sono dalla parte del carabiniere che ha protestato per il mio mancato arresto e sono contro la Procura di Roma che, violando la legge, da anni vanifica le mie disobbedienze civili per la legalizzazione della cannabis, in particolare, per il diritto effettivo di cura». L'ex parlamentare radicale sperava infatti in un arresto, come aveva spiegato il suo avvocato, Giuseppe Rossodivita, che è stato contattato da Le Iene telefonicamente, «in modo che la questione possa essere portata, attraverso il processo, al centro di un dibattito pubblico»;

   «noi de Le Iene – è scritto nell'articolo – vi abbiamo raccontato la vicenda del mancato arresto di Rita Bernardini. "Sono stata denunciata a piede libero per la coltivazione di sostanze stupefacenti, 32 piante alte tra un metro e un metro e venti", aveva dichiarato l'ex parlamentare, portata in caserma. "Esprimo tutto il mio disappunto per la decisione della Procura di Roma di non procedere al mio arresto, come accade a tutti i cittadini che vengono sorpresi a coltivare marijuana. Così si usano due pesi e due misure e la legge finisce per non essere uguale per tutti"»;

   l'ex deputato Tancredi Turco, il 1° aprile 2015, presentò l'interrogazione a risposta scritta n. 4-08661 che in premessa riportava il lungo elenco delle disobbedienze civili su hashish e mariujana condotte negli ultimi 20 anni da Rita Bernardini –:

   se siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se sussistano i presupposti di fatto e di diritto per un'iniziativa ispettiva presso la procura di Roma che non ha proceduto all'arresto dell'on. Bernardini.
(5-04920)

   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati del Ministero della giustizia al 29 febbraio 2020 in Italia i detenuti erano 61.230, a fronte di una capienza regolamentare delle carceri pari a 50.931 posti, di cui effettivamente disponibili circa 47.000;

   l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, prevede che, fino al 30 giugno 2020, «la pena detentiva è eseguita, su istanza, presso l'abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, ove non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena», salvo che riguardi alcune specifiche tipologie di detenuti, e che, «salvo si tratti di condannati minorenni o di condannati la cui pena da eseguire non è a superiore a sei mesi, è applicata la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari»;

   poiché nel medesimo decreto si prevede altresì che «con provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia (...) è individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, che possono essere utilizzati per l'esecuzione della pena con le modalità stabilite dal presente articolo, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti», risulta evidente che la detenzione domiciliare sia subordinata alla effettiva disponibilità del braccialetto elettronico;

   negli ultimi anni l'utilizzo di tali dispositivi ha subito un forte incremento, determinando una scarsa disponibilità degli apparecchi da parte dell'Amministrazione;

   numerosi detenuti sono impossibilitati a lasciare le strutture detentive, a causa della mancata esecuzione delle ordinanze di concessione di misure alternative alla detenzione per l'indisponibilità dei nuovi braccialetti;

   l'Amministrazione, nel dicembre 2016, avviava una procedura ad evidenza pubblica per la fornitura di braccialetti elettronici conclusasi nell'agosto del 2018 con l'aggiudicazione definitiva dell'appalto a Rti Fastweb: il servizio prevede, per un periodo minimo di 27 mesi, la fornitura di 1000-1200 braccialetti mensili per l'intera durata triennale fino al 31 dicembre del 2021;

   l'erogazione del servizio sarebbe dovuta partire da ottobre 2018, previa nomina da parte del Ministero dell'interno di una commissione di collaudo, ma tale organo è stato nominato dal Ministero solo a fine novembre 2018 e ad oggi, dal sito della Polizia di Stato, risulta che la procedura di collaudo sia ancora aperta; infatti, è stato pubblicato esclusivamente il decreto di approvazione del verbale di collaudo positivo relativo alla fase 1 e non risulta invece il «piano di collaudo della fase 2» che rappresenta la base di tutte le attività di verifica di conformità della fornitura e che deve essere sottoposto a valutazione e approvazione da parte dall'Amministrazione;

   secondo quanto riportato da un articolo de «Il Dubbio» pubblicato il 18 marzo 2020, dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge «Cura Italia» emerge che al momento e fino al 15 maggio siano disponibili solo 2600 braccialetti, sebbene il contratto con Fastweb (che decorre dal 31 dicembre 2018) preveda la fornitura di 1000-1200 braccialetti mensili per un totale di 15 mila braccialetti che, invece, in teoria avrebbero dovuto essere già disponibili alla data odierna;

   il braccialetto elettronico rappresenta uno strumento indispensabile per ridurre il sovraffollamento carcerario, alla luce dei recenti gravissimi episodi accaduti negli istituti carcerari –:

   se il Governo sia a conoscenza delle ragioni per le quali la procedura di collaudo risulti essere in così estremo ritardo;

   se il Governo sia in grado di fornire chiarimenti e indicazioni precise su modalità e tempi con cui i nuovi braccialetti elettronici saranno messi a disposizione, così da consentire l'esecuzione delle misure di detenzione domiciliare già disposte e di quelle altresì previste con l'entrata in vigore del decreto.
(5-04922)

Interrogazione a risposta scritta:

   DELMASTRO DELLE VEDOVE e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in un'intervista sul «il Dubbio» del 31 ottobre 2020, l'avvocato Stefano Bertollini, componente del Consiglio nazionale forense, ha denunciato una grande incongruenza nelle scelte politiche del Ministero della giustizia;

   il Ministero ha avviato, in questo mese, la sperimentazione del processo civile telematico in Cassazione, dove sono pendenti circa 80 mila fascicoli, ma dalla conversione al digitale resta per ora del tutto escluso il giudice di pace, dove i fascicoli pendenti sono invece oltre un milione e mezzo;

   «È paradossale che il giudice di pace sia stato escluso da qualsiasi sperimentazione», prosegue il consigliere Bertollini. Con lo scoppio della pandemia vengono fissati rinvii a un anno di distanza; «Pur sapendo da almeno sei mesi – osserva il consigliere del Cnf – che il Covid avrebbe avuto una seconda fase in autunno, per il giudice di pace non è stato fatto nulla. Ed è molto grave»;

   l'esclusione dei giudici di pace è avvenuta nonostante sia in svolgimento un progetto da quasi 8 milioni di euro denominato «Estensione del Processo Civile Telematico ai Giudici di Pace» con il quale, si legge, il Ministero della giustizia intenderebbe ampliare il ricorso alla digitalizzazione dei processi per velocizzare i tempi della giustizia e migliorare l'efficienza complessiva del sistema estendendo il Processo civile telematico (Pct) anche al settore dei giudici di pace;

   il progetto ha l'obiettivo di consolidare il processo di integrazione dei sistemi informativi utilizzati dalla giurisdizione civile ed estendere l'uso delle notifiche e delle comunicazioni di cancelleria in via telematica agli uffici dei giudici di pace;

   attualmente, il sistema informativo dei giudici di pace non prevede un'interoperabilità con i sistemi del Ministero della giustizia e con quelli di altre pubbliche amministrazioni, né risulta integrato nell'infrastruttura del Pct o con i sistemi informativi dei tribunali e della Cassazione. Dunque, lo scarso livello di digitalizzazione nei sistemi di trasmissione ostacola un'efficace interrelazione tra tutti gli attori coinvolti nel processo;

   alle carenze informatiche si aggiungono quelle relative al personale. Attualmente, sono oltre cinquemila i magistrati onorari, più della metà dei togati, a cui, negli ultimi anni, sono state affidate funzioni sempre più ampie e impegnative, facendo di fatto crescere una componente magistratuale precaria e senza le tutele dei lavoratori subordinati, contrariamente a quanto sancito dalla Corte di giustizia europea, che gestisce la gran parte del contenzioso;

   la ripresa delle udienze era avvenuta in maniera molto lenta. Le udienze, con la presenza fisica degli avvocati e dei giudici onorari, si svolgevano per un numero ridotto di cause, divise per orario. Il distanziamento non è sempre realizzabile, come segnalato da più parti, con conseguente affollamento di aule e corridoi. Con l'aggravarsi della curva dei contagi un nuovo stop è ormai sempre più probabile;

   «Il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede deve acquisire un elemento incontestabile: davanti al giudice di pace vanno tutti i cittadini e tutti gli avvocati. Non è giusto penalizzarli», aggiunge il consigliere Bertollini –:

   quali siano le ragioni dell'esclusione dei giudici di pace dalla sperimentazione e quali iniziative intenda adottare il Governo per velocizzare e informatizzare il processo presso il giudice di pace anche in vista di nuove misure anti contagio e del rischio di un nuovo blocco delle udienze.
(4-07353)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

   COVOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   gli uffici delle Motorizzazioni civili di tutta Italia soffrono da tempo una gravissima mancanza di personale, che non consente più l'espletamento in tempi rapidi dei compiti istituzionali cui gli uffici sono preposti, quali – ad esempio – rilascio e rinnovo patenti, revisioni e collaudi di veicoli. In particolare, la disponibilità di servizi non è sufficiente a coprire le richieste che provengono dal territorio, nonché da autoscuole, studi di consulenza, autotrasportatori, costruttori e installatori veicoli; su tale, situazione di disagio – già ampiamente e ripetutamente significata al Ministro interrogato in numerosi atti parlamentari – si è innestato il fermo delle attività a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19;

   dall'inizio del 2018 alla fine del 2019 in molti uffici delle Motorizzazioni civili sparsi sul territorio nazionale i tempi medi di attesa sono passati da 2 a 4/5 mesi per gli esami di guida, e fino a 6 mesi per l'emissione del duplicato della patente, senza considerare che – in taluni uffici – i tempi di attesa per l'effettuazione della revisione di un veicolo pesante o del collaudo di un impianto a Gpl arrivano anche ad un anno. Con la sospensione delle attività dovuta al COVID-19 tali tempi di attesa sono ulteriormente aumentati, oltre le più ragionevoli aspettative;

   i ritardi accumulatisi nell'evasione delle pratiche presso gli uffici delle Motorizzazioni civili si riflettono su tutti gli utenti professionali, i quali sono stati già pesantemente colpiti dalla sospensione delle attività dovuta al COVID-19, e che hanno pertanto necessità di lavorare il numero più elevato possibile di pratiche per compensare i mancati introiti patiti nel periodo di chiusura forzata e per superare il concreto pericolo di licenziamento del personale impiegato;

   le autoscuole e gli studi di consulenza automobilistica sono inoltre aggravati dalle nuove procedure prescritte dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 98, per il rilascio del documento unico di circolazione (Duc), divenute obbligatorie dal 1° giugno 2020;

   numerose segnalazioni giunte all'interrogante evidenziano come da tali disagi non siano immuni gli uffici della Motorizzazione civile di Vicenza, nei quali si accede ormai soltanto su prenotazione cinque giorni a settimana con 10 addetti in presenza (su 20 in organico), che riescono ad evadere circa 5 pratiche al giorno, con conseguenti disagi per cittadini ed operatori –:

   quali iniziative di competenza intenda attivare, con la massima sollecitudine, per porre fine ai disagi che interessano i cittadini vicentini che intendono usufruire dei servizi della Motorizzazione civile, la cui erogazione è eccessivamente lenta o tardiva.
(4-07352)

   ROSPI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il collegamento mediano «Murgia - Pollino», inserito nel Piano nazionale per il Sud e approvato con delibera Cipe n. 62 del 2011, risulta essere uno degli interventi più importanti da realizzare per la rete viaria lucana;

   il collegamento mediano «Murgia - Pollino» prevede la realizzazione di un itinerario che, attraverso la strada statale 653 «Sinnica», colleghi l'asse autostradale della A3 Salerno-Reggio Calabria, con Matera e poi fino a Gioia del Colle (Bari), in modo da innestarsi sull'autostrada A14, al fine di potenziare il corridoio trasversale tra l'autostrada A3 in prossimità dello svincolo di Lauria sud e l'autostrada A14, in prossimità dello svincolo di Gioia del Colle;

   l'opera si compone di diversi interventi tra cui: la tratta Matera - Ferrandina - Pisticci, stralcio By-Pass di Matera, già finanziato per un importo di circa 69,5 milioni di euro con appaltabilità aggiornata al 2023;

   la tratta Basentana - strada statale Sinnica (Pisticci-Tursi), inizialmente finanziata per un importo di circa 53,5 milioni di euro (ed in seguito definanziata per un valore 48,15 milioni di euro) e la tratta Gioia del Colle - Matera, dal valore di 129 milioni di euro e finanziata per la sola progettazione per un valore di 1 milione di euro;

   l'intervento rappresenta una delle opere strategiche per la Basilicata, per i comuni interessati e per la città di Matera; infatti, attraverso la realizzazione di queste opere saranno potenziati i collegamenti tra le province di Matera e Potenza e i collegamenti con la Puglia;

   l'arteria risulta fondamentale al fine di risparmiare i tempi di percorrenza tra le due autostrade, rendendo più efficienti i collegamenti intermodali con altri nodi strategici quali porti, aeroporti e ferrovie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche esposte, soprattutto in relazione al definanziamento del tratto stradale Basentana - strada statale Sinnica (Pisticci-Tursi), inizialmente finanziato per un importo di circa 53,5 milioni di euro ed in seguito definanziato per un valore 48,15 milioni di euro;

   se preveda il finanziamento totale della tratta Gioia del Colle - Matera, dal valore di 129 milioni di euro e finanziata per la sola progettazione per un valore di 1 milione di euro;

   se ritenga ancora il collegamento mediano «Murgia - Pollino» un'opera strategica per la regione e per l'intero Sud Italia e se intenda adottare iniziative per destinare una parte delle risorse derivanti dal Recovery Fund al completamento dell'infrastruttura;

   quale sia lo stato dell'arte e le tempistiche in merito alla realizzazione del collegamento mediano «Murgia - Pollino» alla luce del definanziamento di 48 milioni di euro della tratta Basentana - Sinnica e dei ritardi nel finanziamento della tratta Gioia del Colle - Matera.
(4-07356)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

   ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sulle coste del Sulcis, a Sant'Anna Arresi, tra la sera del 31 ottobre e la mattina del 1° novembre 2020 sono arrivati con due differenti sbarchi altri 25 immigrati clandestini, tutti maschi e adulti, di dichiarata nazionalità algerina;

   secondo quanto riportato dalla stampa, il primo arrivo è stato segnalato da Frontex intorno alle 20 al largo di Capo Teulada: gli immigrati sono stati accompagnati al porto di Sant'Antioco dove sono stati fatti scendere dall'imbarcazione e poi affidati ai carabinieri della compagnia di Carbonia;

   successivamente, nella notte, altri 12 immigrati sono sbarcati sulla spiaggia di Porto Pino e intorno alle 5 di mattina sono stati visti mentre camminavano in strada, poco distanti dall'arenile, da un automobilista di passaggio che ha immediatamente allertato le forze dell'ordine;

   giunti sul posto, i carabinieri di Carbonia hanno fermato e trattenuto sul posto gli immigrati in attesa del pullman della ditta convenzionata, mandato dalla sala operativa della questura di Cagliari, per il loro trasferimento al Centro di prima accoglienza di Monastir per le operazioni di identificazione e i controlli sanitari previsti nel protocollo anti Covid-19;

   in seguito e per tutto il giorno, gli arrivi illegali sulla costa del Sud della Sardegna si sono susseguiti ad un ritmo vertiginoso fino a raggiungere un totale di 49 immigrati intercettati dai carabinieri, tutti uomini adulti, non solo algerini ma anche di diverse altre nazionalità, che sono stati poi trasferiti nel centro di Monastir, aggravandone ancor di più i già noti problemi di congestionamento e sicurezza ed ormai completamente fuori controllo;

   questa gravissima situazione era già stata denunciata nei mesi scorsi dall'interrogante con diversi atti di sindacato ispettivo, ancora oggi senza risposta, e parimenti ignorate risultano le segnalazioni della stessa regione Sardegna sia per quanto riguarda le sommosse e i disordini all'interno del centro di Monastir, sia sulla necessità di contrastare il fenomeno degli sbarchi, fantasma e non, che hanno contribuito a compromettere la stagione turistica appena lasciata alle spalle;

   alla luce del terribile attentato di Nizza perpetrato da un clandestino sbarcato in Italia, la necessità di arrestare i flussi migratori illegali e difendere i confini è diventata sempre più evidente anche come misura di prevenzione del terrorismo fondamentalista;

   non meno grave risultano poi l'aumento del carico di lavoro e l'aggravio economico sul sistema sanitario sardo, perché ogni immigrato che giunge illegalmente sull'isola deve essere obbligatoriamente sottoposto ai controlli previsti per il contrasto al Covid-19 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato abbia assunto relativamente a quanto esposto in premessa, in particolare con riguardo alla gravissima situazione all'interno del centro di accoglienza di Monastir, ed infine se, alla luce delle considerazioni sopra esposte, non ritenga opportuno attivare immediate e specifiche misure per fermare i flussi migratori illegali verso la Sardegna.
(4-07354)

   TONELLI e FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che, in occasione di una conferenza tra i rappresentati delle segreterie provinciali dei sindacati di polizia Sap e Siulp e ventidue sindaci del comprensorio dei sindaci del Veneto orientale, sono emerse gravissime carenze di organico degli uffici di polizia di zona, tali da non essere assolutamente sufficienti per un territorio così vasto;

   in particolare, secondo i dati resi noti durante la riunione, l'ufficio della polizia stradale di Portogruaro sarebbe rimasto con un organico di soli due agenti, peraltro in procinto di essere trasferiti, e sarebbe quindi prossimo alla chiusura, nonostante il 27 novembre 2018 l'allora sindaco di Portogruaro avesse ricevuto rassicurazioni che il distaccamento sarebbe rimasto aperto e potenziato;

   altrettanto preoccupante sarebbe la situazione degli altri uffici della zona di Portogruaro: la polizia ferroviaria avrebbe in organico solo 7 agenti e il pomeriggio la sede è chiusa; il commissariato ne ha 30, di cui ben 5 prossimi alla quiescenza, mentre il commissariato di Jesolo avrebbe solo 38 operatori di polizia a fronte dei 52 previsti;

   dopo un tavolo di confronto con il questore della provincia è emerso poi che il commissariato di Portogruaro riuscirebbe ad assicurare solo due turni di volante, mentre il commissariato di Jesolo soltanto tre turni pur essendo utenza 113;

   in questo particolare momento di difficoltà, in cui crisi e immigrazione clandestina contribuiscono ad aumentare il numero dei reati e delle situazioni a rischio, le forze dell'ordine e i loro presidi, già ridotti ai minimi termini a causa dei continui tagli al comparto sicurezza, andrebbero invece sostenuti e potenziati, non indeboliti o soppressi;

   privare il territorio di importanti presidi che garantiscono la tutela della sicurezza e il contrasto alla criminalità di fatto andrà a penalizzare ulteriormente i cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga più opportuno, per le considerazioni sopra svolte, potenziare gli uffici di polizia presenti sul territorio di Portogruaro e della città metropolitana di Venezia che si trovano attualmente in gravissimo deficit di personale, al fine di aumentare sensibilmente le capacità delle forze dell'ordine nel campo della prevenzione e del contrasto alla criminalità nella medesima zona.
(4-07355)

   LOCATELLI, MOLTENI, ZOFFILI, CLAUDIO BORGHI e FERRARI. — Al Ministro dell'interno, Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 30 ottobre 2020 una pattuglia della squadra volante della polizia di Stato ha soccorso presso il parcheggio Ippocastano di Como una donna vittima di violenza sessuale, mentre era aggredita da un uomo successivamente risultato un trentunenne di nazionalità nigeriana;

   le circostanze dell'aggressione sono particolarmente odiose, dal momento che la donna aveva notato l'uomo all'esterno di un supermercato e per senso di umanità gli aveva appena regalato un panino appositamente acquistato, venendo inseguita e quindi violentata;

   l'uomo responsabile della violenza, colto in flagranza di reato, è stato identificato nei locali della questura di Como come senza fissa dimora, sprovvisto di documenti, ex richiedente asilo con permesso di soggiorno scaduto nel 2016, con precedenti di polizia e giudiziari per percosse e violazione della normativa in materia di immigrazione, irregolarmente soggiornante nel nostro territorio nazionale ed inottemperante a ben quattro ordini di espulsione;

   il fatto segue altri dolorosi episodi di cronaca che hanno avuto come protagonisti altri immigrati irregolari, come il brutale assassinio di don Roberto Malgesini, ucciso a coltellate nei pressi della chiesa di San Rocco da un tunisino destinatario di un altro provvedimento di espulsione non eseguito e l'aggressione di cui era rimasta in precedenza vittima una guardia notturna che presidiava un supermercato nei giardini che si affacciano sul lago di Como;

   la circostanza dimostra quanto sia inopportuno e imprudente realizzare strutture di accoglienza per gli immigrati irregolari come quella che si pensa di ricavare all'interno dei locali dell'ex caserma dei carabinieri di via Borgovico a Como e quanto, di contro, sia invece necessario potenziare il dispositivo di presidio del territorio, incrementando gli organici delle forze dell'ordine presenti e quelli disponibili anche nel quadro dell'operazione «Strade sicure» –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza della cittadinanza a Como città e nella sua provincia, interessate da una grave recrudescenza dei crimini imputabili ad immigrati irregolari spesso destinatari di provvedimenti di espulsione;

   in particolare, se e quando il Governo intenda rafforzare il dispositivo di presidio del territorio comasco, potenziando gli organici delle forze di polizia e delle forze armate impiegati a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, garantendo inoltre presidi fissi in luoghi sensibili e a rischio, quali, ad esempio, i giardini a lago e altre zone della città di Como e di tutta la provincia.
(4-07359)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

   LUPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia si sta accanendo sulle famiglie più fragili e fra queste, in modo particolare, su quelle degli oltre ottocentomila disabili iscritti nelle liste di disoccupazione ai quali gli uffici per il collocamento mirato, istituiti dalla legge n. 68 del 1999, non riescono a procurare alcun inserimento lavorativo;

   lo stato di abbandono che, da alcuni anni, ha colpito questo settore del nostro welfare è comprovato dai dati statistici che vedono ormai il tasso di occupazione dei disabili italiani (30,1 per cento) fra i più bassi d'Europa (media nell'Unione europea, 50 per cento);

   il Parlamento non dispone più neanche dei dati ufficiali per poter valutare l'efficacia dell'attività di questa componente (non marginale) del nostro sistema di welfare ed eventualmente migliorarla. Infatti, nella sezione relativa ai «Documenti parlamentari: i DOC» n. CLXXVII, sul sito della Camera dei deputati, («Relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili») non sono presenti documenti: un atto ministeriale dovuto, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 68 del 1999, che rimane lettera morta, al punto che gli ultimi dati di cui dispone il Parlamento, peraltro lacunosi, risalgono al 2015;

   in questo quadro scoraggiante, fra i pochi istituti previsti dalla legge n. 68 del 1999 che oggi funzionano vi è certamente il Fondo, istituito dall'articolo 13, comma 4, della legge n. 68 del 1999 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso il quale l'Inps corrisponde incentivi ai datori di lavoro che effettuano assunzioni di lavoratori con disabilità;

   particolarmente significativa la previsione normativa che dispone un incentivo alle imprese pari al 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, della durata di 60 mesi, per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento: questa categoria di disabili, insieme a quella delle persone affette da malattia rara, vanno a formare oggi l'area di disabilità maggiormente penalizzata sul terreno dell'inclusione lavorativa, come peraltro segnalato di recente dall'ordine del giorno in Assemblea 9/02500-AR 105 (Germanà, Lupi e altri), votato alla Camera l'8 luglio 2020 e accolto dal Governo;

   il suddetto Fondo è stato alimentato, da ultimo dal decreto interministeriale del 3 luglio 2019, per 19.195.353 euro;

   solo la certezza da parte delle imprese di ricevere i contributi previsti può assicurare l'efficacia dell'istituto ma tale certezza viene a mancare laddove il Fondo non riesca a soddisfare le domande regolarmente presentate –:

   quale sia lo stato di capienza del Fondo di cui in premessa, quante siano state, per l'anno 2019, le domande pervenute all'Inps dalle imprese e quante di queste siano state evase, quali siano gli andamenti per l'anno in corso e in che data si preveda di emanare il decreto interministeriale per l'anno 2020 al fine di garantire che la capienza del Fondo sia tale da assicurare che tutte le imprese che adempiono ai requisiti richiesti dalla legge possano ricevere l'incentivo su cui hanno fatto affidamento.
(5-04919)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta in Commissione:

   VANESSA CATTOI, BINELLI, LOSS, SUTTO, BELOTTI, COLMELLERE, DE ANGELIS, PATELLI, RACCHELLA e TOCCALINI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la prima interpretazione del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 aveva lasciato aperto, per gli sport di contatto a livello dilettantistico, lo spiraglio degli allenamenti: sospesi tutti i campionati, giovanili compresi, ma sarebbe stato possibile continuare con le sedute di allenamento, da svolgere in forma individuale e nel rispetto del distanziamento;

   e proprio in quest'ottica diverse società calcistiche e non si stavano riorganizzando;

   tuttavia, una circolare diffusa martedì 28 ottobre 2020, dal Ministero dell'interno, sembra aver chiuso anche questa possibilità;

   la circolare dispone quanto segue «Inoltre, sempre per tali attività sportive (gli sport di contatto) vengono sospese non solo le gare e le competizioni ludico-amatoriali, confermando quanto già disponeva il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ma altresì tutte le altre attività connesse, praticate a livello dilettantistico di base, le scuole e l'attività formative di avviamento; sicché sono ricomprese nella generale sospensione anche le attività di allenamento svolte in forma individuale»;

   disposizione, quest'ultima, che smentisce quanto riportato dal Ministero per le politiche giovanili e dello sport il quale sostiene che gli allenamenti in forma individuale sono consentiti anche per gli sport di contatto;

   tale situazione crea sconcerto e soprattutto confusione tra gli addetti ai lavori;

   gli sport di contatto in Italia contano molti tesserati sia a livello dilettantistico, sia a livello giovanile –:

   se il Governo intenda procedere attraverso un intervento chiarificatore sull'applicazione delle limitazioni inserite nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 con riferimento all'individuazione delle discipline sportive di contatto.
(5-04921)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

   SILVESTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la stazione Termini ha assunto negli anni il ruolo di nodo ferroviario principale, con i suoi oltre 500.000 viaggiatori/visitatori annui e si sviluppa in rapporto con la stazione Tiburtina per quanto riguarda l'alta velocità;

   con la proposta della giunta all'Assemblea capitolina, decisione n. 135 del 9 ottobre 2020, verrà portata all'approvazione la deliberazione avente oggetto: «Approvazione del progetto di riqualificazione del Fabbricato Viaggiatori della Stazione Ferroviaria di Roma Termini, in deroga allo Strumento Urbanistico Generale, ai sensi dell'articolo 14 del D.P.R. n. 380/2001»;

   a seguito del permesso di costruire la società Grandi Stazioni Retail spa, eseguirà il progetto che interessa l'intero fabbricato viaggiatori composto da un piano terra, un piano interrato ed un piano mezzanino e prevede la modifica delle superfici utili delle diverse strutture che, nell'ambito dei «Servizi ai viaggiatori», insistono presso la stazione Termini;

   da notizie a mezzo stampa Grandi Stazioni Retail ha iniziato una nuova attività di intese commerciali che ha creato di fatto le prime chiusure all'interno della stazione Termini, che nello specifico hanno interessato i dipendenti di Chef Express società del gruppo Cremonini con i primi 78 dipendenti, posizionamento full time, in mobilità e gli interi 183 occupati del gruppo potenzialmente esposti a perdita di lavoro nei prossimi mesi; nell'immediato sono in procinto di essere chiuse altre attività commerciali, tra le quali Mister Panino, Bar centrale, Pizzeria Rosso Sapore, Ristorante Gusto;

   nelle more delle attività propedeutiche all'eventuale approvazione del progetto di riqualificazione del Fabbricato viaggiatori della stazione ferroviaria di Roma Termini, si evince che le diversificazioni progettuali stanno creando notevole nocumento all'occupazione con la paventata perdita di centinaia di posti di lavoro senza avere contezza sull'eventuale ricollocazione, considerato che le attività citate sono già costrette a convivere con le perdite di esercizio che in questo periodo, a causa della pandemia da Covid-19, si aggira tra il 50 e il 90 per cento –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare i lavoratori nei settori produttivi legati al trasporto e alla mobilità soprattutto all'interno delle grandi stazioni, fortemente penalizzate dalle restrizioni e limitazioni dovute alla pandemia.
(3-01859)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:

   SURIANO e PENNA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio di dieci docenti coinvolti nell'inchiesta «Università bandita». I capi di imputazione sono appunto l'associazione a delinquere, la turbata libertà di scelta del contraente, l'abuso d'ufficio, l'induzione indebita a promettere o dare utilità, la corruzione per atti contrari ai propri doveri e il falso ideologico e materiale;

   nell'inchiesta sono coinvolte personalità di spicco dell'ateneo catanese, come i due ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro (accusati di essere a capo della presunta associazione a delinquere e definiti dalla stessa procura, relativamente, «capo» e «promotore», dell'associazione), un prorettore e ben sette direttori di dipartimento;

   secondo la procura, i reati contestati sarebbero stati commessi per «garantire la nomina come docenti, ricercatori, dottorandi e personale amministrativo, di soggetti preventivamente individuati dagli stessi associati», perfino in assenza dei requisiti;

   accanto al filone principale dell'inchiesta, esiste anche un secondo filone per il quale ad inizio agosto 2020 sono stati notificati ben 54 avvisi di chiusura delle indagini preliminari. Tra gli indagati, oltre a diversi docenti del capoluogo etneo, spiccano i nomi di docenti di altre facoltà italiane, dell'ex procuratore di Catania Vincenzo D'Agata e di sua figlia docente universitaria, dell'ex sindaco di Catania Enzo Bianco e dell'ex assessore comunale, nonché professore universitario, Orazio Licandro;

   secondo la testata onlineLiveUniCT, l'università degli studi di Catania è stata teatro in queste settimane di presunte irregolarità nello svolgimento dei test di ammissione alla facoltà di medicina. Almeno due testimonianze raccontano di plichi arrivati già aperti e di gravi ritardi nell'inizio della prova e di un presidente di commissione che pare si sia rifiutato di far mettere a verbale tali irregolarità, come gli stessi studenti chiedevano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti relativi alle prove di ammissione alla facoltà di medicina;

   come il Ministero dell'università e della ricerca stia monitorando la ripresa dell'anno accademico dell'università etnea e quali siano le iniziative messe in campo, per quanto di competenza, per tutelare e aumentare il prestigio dell'ateneo;

   se intenda adottare iniziative normative per assicurare il pieno rispetto dei principi di trasparenza e meritocrazia sia nelle pratiche ordinarie che nelle procedure concorsuali nelle università italiane, anche alla luce delle indagini di cui in premessa e al fine di prevenire casi simili ed evitare nuovi contraccolpi per una città come Catania già martoriata da numerose inchieste.
(3-01853)

   SURIANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2019 l'ateneo di Catania è stato protagonista dell'inchiesta «Università bandita» ed in seguito agli scandali sono seguite le dimissioni del lettore Francesco Basile;

   il 26 agosto 2019 sono avvenute le nuove elezioni per eleggere il nuovo rettore dell'Università di Catania per il sessennio 2019-25 ed a settembre è stato nominato nuovo rettore il professore Francesco Priolo;

   in data 19 dicembre 2019 il Senato accademico dell'Università degli studi di Catania ha approvato la designazione fatta dal rettore Francesco Priolo per la copertura della carica di direttore generale;

   la scelta avvenuta tra 38 candidature presentate, è ricaduta sul professore ordinario Giovanni La Via;

   l'approvazione è avvenuta con l'astensione delle rappresentanze studentesche;

   in data 20 dicembre 2019 il Consiglio di amministrazione dell'Università di Catania ha nominato professore Giovanni La Via quale direttore generale;

   Giovanni La Via, dal luglio 2006 a maggio 2009 ha ricoperto l'incarico di assessore regionale per l'agricoltura e per le foreste, nel 2009 prima e nel 2014 poi, è stato eletto al Parlamento europeo;

   dal 2018 è esponente di Forza Italia che però non lo ha ricandidato alle ultime elezioni europee del 2019;

   l'articolo 53, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 prevede che «Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni», come nel caso del professore Giovanni La Via;

   l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 prevede «....la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di levata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali...»; quindi, Giovanni La Via, professore ordinario prima e dal 2006 impegnato in politica non sembra all'interrogante avere né qualifica professionale, né esperienza neanche minima in ambito di funzioni dirigenziali –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere, anche tramite verifiche da parte dell'ispettorato della funzione pubblica, visto che la nomina oltre ad essere inopportuna appare in contrasto con le leggi richiamate in premessa.
(3-01854)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Trizzino e altri n. 1-00397, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rizzo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ficara e Grippa n. 5-03774, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Buompane.

  L'interrogazione a risposta scritta Morrone e altri n. 4-07312, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Furgiuele.

  L'interrogazione a risposta scritta Gusmeroli e altri n. 4-07346, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morelli.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Giachetti n. 4-04317 dell'11 dicembre 2019 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04920;

   interrogazione a risposta scritta Giachetti n. 4-04994 del 25 marzo 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04922.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Dall'Osso n. 4-02739 del 15 aprile 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-01852;

   interrogazione a risposta in Commissione Suriano n. 5-03370 del 13 gennaio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01854;

   interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-04076 del 4 giugno 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01855;

   interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-04204 del 23 giugno 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01856;

   interrogazione a risposta in Commissione Grippa e Barbuto n. 5-04248 del 25 giugno 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01857;

   interrogazione a risposta in Commissione Suriano e Penna n. 5-04645 del 23 settembre 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-01853.


Appendice: ATTI MODIFICATI

   La Camera,

   premesso che:

    dall'inizio della pandemia da COVID-19 ad oggi si sono registrati 36.616 decessi in Italia e 1.113.750 nel mondo; a questi numeri andrebbero aggiunti anche i decessi per altre patologie correlati al COVID-19, quale conseguenza diretta della complessità emergenziale determinatasi;

    secondo gli indicatori demografici Istat, nel 2019 sono morte in Italia 647.000 persone, ossia l'1,07 per cento circa della popolazione residente che al 1° gennaio 2019 si stimava essere pari a 60.391.000. Nei primi 5 mesi del 2020 si stimano 36.445 decessi in eccesso rispetto allo stesso periodo del 2015-2019;

    con dura brutalità è emerso che buona parte di queste morti avviene in solitudine e nel contesto di una disattenzione colpevole nei confronti della complessità dei sintomi e delle problematiche sociali, psicologiche e spirituali che compaiono nelle ultime fasi e soprattutto nelle ultime ore di vita; toccare, ascoltare, parlare, guardare, prendersi cura sono quegli atti mancati nei rapporti con la persona morente e di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili;

    si è sostenuto che i sistemi ospedalieri durante l'emergenza pandemica da COVID-19 non sono stati in grado di gestire numeri così elevati di pazienti con problematiche cliniche talmente gravi e che la medicina territoriale non è stata pronta ad affrontare la complessità assistenziale di tutti coloro che non sono riusciti a trovare spazio all'interno degli ospedali e delle rianimazioni;

    sono numerose le segnalazioni che pervengono dalla nostra comunità circa l'impossibilità per i familiari di comunicare con i pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie, sia nei dipartimenti dell'emergenza-urgenza e nei pronto soccorso sia nei reparti di degenza, soprattutto con quei pazienti che per condizioni patologiche e di fragilità non sono in condizioni di poter utilizzare gli apparecchi di telefonia mobile;

    sono altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà, per i familiari, di avere informazioni scadenzate o quotidiane sullo stato di salute dei pazienti ricoverati;

    uno degli aspetti più dolorosi che caratterizza questa pandemia è l'isolamento umano di tutte le persone più fragili, sia con patologia COVID-19 sia con altre patologie; l'interruzione traumatica dei contatti umani e familiari, per le persone più fragili, è stata ed è lacerante dal punto di vista affettivo e psicologico, fino ad essere essa stessa causa di aggravamento della patologia e, non di rado, di exitus per i pazienti più fragili;

    la solitudine per i pazienti più fragili e anziani causa disorientamento cognitivo e sofferenza psicologica percepita con vissuti di inutilità e di abbandono e genera depressione, inappetenza e altri disturbi dell'umore che possono aggravare le patologie esistenti;

    nel fine vita la solitudine è un dolore insostenibile e l'assenza dei familiari rende ancora più traumatico il distacco per tutti i soggetti coinvolti, il paziente e i familiari;

    tali considerazioni preliminari sono alla base anche del documento «Le Cure palliative durante una pandemia» elaborato, nel mese di ottobre 2020, dalla Società italiana di cure palliative (Sicp) e dalla Federazione italiana cure palliative (Fedcp); il documento fornisce un utile strumento di lavoro per elaborare politiche sanitarie finalizzate a dare risposte adeguate ai bisogni di cure palliative ed alle necessità assistenziali di chi affronta l'ultimo tratto della propria vita nel contesto dell'emergenza pandemica;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» si pone l'obiettivo di analizzare brevemente il ruolo svolto dalle cure palliative, fornendo alcuni spunti di riflessione derivati dalle esperienze italiana e internazionale acquisite nei mesi della cosiddetta «fase 1» della pandemia e, al contempo, delineare alcune linee di indirizzo finalizzate ad una integrazione delle cure palliative nel più ampio piano pandemico nazionale;

    gli autori del citato documento, già nel 2017, denunciavano «la carenza di una presenza organica delle cure palliative nei piani e nelle strategie di soccorso nei confronti delle crisi umanitarie», com'è ad esempio una pandemia, che complicano in modo sostanziale alcuni elementi che identificano e definiscono i bisogni di cure palliative della popolazione colpita, a partire dalla individuazione dei pazienti vulnerabili e a rischio di morte, tra i quali sono incluse le «persone che prima della pandemia erano altamente dipendenti da trattamenti intensivi (e.g.: ventilazione, dialisi), a persone affette da patologie croniche la cui salute si deteriora a causa delle restrizioni e delle misure di isolamento (riduzione degli accessi ospedalieri o ambulatoriali per visite ed esami di controllo) ma soprattutto anche a persone precedentemente sane le quali a causa dell'infezione vengono sottoposte a trattamenti di supporto vitale ma necessitano di un adeguato controllo sintomatologico o, ancora, a pazienti non suscettibili di tali trattamenti o che non possono accedervi per scarsità di risorse o loro stesso rifiuto»;

    è condivisibile l'assunto – riportato sempre nel documento – che «la risposta dinamica a un evento catastrofico come una pandemia dovrebbe, dunque, essere non solo orientata a “massimizzare il numero di vite salvate” ma anche a “minimizzare la sofferenza di coloro che potrebbero non sopravvivere” e l'esperienza italiana della Fase 1 del COVID-19 ha dimostrato che “nonostante le difficoltà, laddove la Rete di Cure Palliative era sufficientemente organizzata prima dell'inizio della pandemia, il sistema di cure palliative ha retto alla pressione delle nuove sfide emergenziali”»;

    «nella fase emergenziale le équipe specialistiche di cure palliative – si legge nel documento – sono, infatti, state coinvolte con diverse modalità (...) la pandemia, d'altra parte, ha inevitabilmente modificato il lavoro delle Reti di Cure Palliative, le attività di assistenza domiciliare sono state spesso caratterizzate da visite brevi, talora sostituite da contatti telefonici, barriere indotte dalla necessità di utilizzo dei DPI, distanziamento sociale, ridimensionamento del concorso dei volontari. Allo stesso modo le attività di ricovero presso gli Hospice hanno dovuto subire processi di triage complessi, divieto o drastiche limitazioni all'ingresso dei congiunti, ricoveri molto brevi per terminalità avanzata spesso lontani dagli usuali standard di cura»;

    anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha rappresentato che: «nelle epidemie causate da infezioni potenzialmente letali, come in altre emergenze e crisi umanitarie, la sofferenza delle vittime e gli sforzi per alleviarla spesso vengono trascurati nella fretta di salvare vite»;

    sempre l'Oms definisce le cure palliative come «un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un'identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale»;

    secondo quanto si evince dal documento citato, le misure di isolamento e le limitazioni per i visitatori «portano ad un forte senso di separazione da parte dei pazienti che si avvicinano alla fine della vita e delle loro famiglie. Questo aspetto è stato sottolineato anche nel corso dell'epidemia da SARS-CoV-1 del 2003; da allora, i progressi tecnologici hanno reso maggiormente diffuse le forme di comunicazione a distanza come le videochiamate, che dovrebbero essere adottate per alleviare il senso di isolamento. È stato suggerito che le strutture sanitarie dovrebbero dotarsi di smartphone, tablet o laptop e connessioni Internet da mettere a disposizione dei pazienti. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero non essere in grado di utilizzare le videochiamate a causa delle loro condizioni cliniche: gli operatori sanitari, sociali e gli assistenti spirituali dovrebbero, quindi, organizzarsi per fornire un supporto al fine di favorire, comunque, la comunicazione, tra i pazienti e i loro familiari (talora essi stessi in isolamento obbligatorio). Allo stesso modo, viene suggerito che venga consentita la possibilità di visita da parte dei membri della famiglia con l'uso dei DPI necessari, laddove il contesto di cura lo permetta»;

    l'11 agosto 2020 il Ministero della salute ha emanato la circolare «Elementi di preparazione e risposta a COVID-19 nella stagione autunno-invernale», predisposta dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Coordinamento delle regioni e province autonome, che descrive le principali azioni attuate dal sistema sanitario nazionale in risposta alla pandemia. La circolare riporta alcuni elementi di criticità affrontate nelle prime fasi della crisi da considerare in un'ottica di preparedness ma – come evidenziano gli autori del documento citato – le cure palliative sono genericamente citate una sola volta nell'ambito della Sezione 3 Area territoriale, che prevede: «Incremento delle azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020»;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» reca dunque importanti indicazioni concrete per implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete e il ruolo operativo dei dipartimenti di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems;

    l'articolo 8 della legge n. 38 del 2010 statuisce che l'esistenza di specifici percorsi formativi universitari in materia di cure palliative rappresenti la condizione necessaria affinché il sistema delle cure palliative sia perfettamente funzionale ed il fabbisogno nazionale di medici esperti in cure palliative e il relativo ricambio generazionale siano adeguatamente garantiti;

    il diffondersi del COVID-19 ha evidenziato, in maniera più marcata, la carenza di personale sanitario con competenze specialistiche per gestire la sofferenza dei pazienti, in maniera appropriata in tutti i setting assistenziali, nonché la necessità di fornire risposte adeguate ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani, affetti da patologie cronico-degenerative in fase avanzata o terminale, in condizioni cliniche di estrema fragilità e di grave sofferenza, oltre che fornire una risposta alla complessità assistenziale dei bambini affetti da malattie inguaribili;

    è giusto che siano specialisti in cure palliative ad accompagnare con la necessaria competenza e formazione universitaria la fine della vita di ogni persona e questo va fatto all'interno di un percorso di cura che comprende numerosi attori. Il medico di medicina generale rimane punto di riferimento insostituibile e con esso la figura dell'infermiere che rappresenta il cardine intorno a cui si sviluppa l'assistenza. Psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, volontari ed assistenti spirituali compongono l'équipe assistenziale ed ognuno con le proprie competenze e specifiche formazioni curriculari;

    con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «decreto rilancio», a decorrere dall'anno accademico 2021/2022, si istituisce la scuola di specialità in «medicina e cure palliative» per i laureati in medicina e chirurgia e si introduce «il corso di cure palliative pediatriche nell'ambito dei corsi obbligatori della Scuola di specializzazione in Pediatria»;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, come successivamente prorogato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale, al comma 6, dell'articolo 1, lettere aa) e bb), prevede che:

     è fatto divieto agli accompagnatori dei pazienti di permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (Dea/Ps), salve specifiche diverse indicazioni del personale sanitario preposto;

     l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione;

    anche i recenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 e del 24 ottobre 2020 hanno reiterato le suddette misure;

    tali decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati prevedono, inoltre, ulteriori disposizioni specifiche per la disabilità, specificando che le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono svolte secondo piani territoriali, adottati dalle regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori;

    il 24 agosto 2020 l'istituto superiore di sanità, ha aggiornato le «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali», indicazioni elaborate dal gruppo di lavoro dell'Istituto superiore di sanità prevenzione e controllo delle infezioni ed aggiornate con lo scopo principale di riprendere in sicurezza le attività a regime delle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali e creare le condizioni per rivedere in sicurezza parenti e amici;

    «Il benessere degli anziani e delle persone fragili, di coloro che vivono lontani dai nuclei familiari per motivi di non autosufficienza, è intimamente collegato anche alla loro sfera emotiva – spiega Paolo D'Ancona, ricercatore dell'Iss e coordinatore del gruppo di lavoro multidisciplinare che ha realizzato il rapporto –. La possibilità di poter incontrare i propri cari e di alimentare la loro vita relazionale non è ininfluente sul loro stato di salute, e perciò, oggi che la situazione epidemiologica lo permette, dopo gli sforzi fatti per frenare i contagi, è necessario imboccare una strada che riporti gradualmente alla normalità»;

    in considerazione dell'elevato fabbisogno assistenziale dell'anziano fragile, il citato rapporto dell'Iss fornisce quindi delle indicazioni per permettere alle strutture residenziali e socio-assistenziali di fornire il servizio di assistenza, riducendo il rischio di COVID-19 negli ospiti e negli operatori;

    il rapporto dell'Iss pur riferendosi principalmente ai soggetti fragili ricoverati nelle strutture residenziali sociosanitarie, è sussumibile anche per i medesimi soggetti fragili ricoverati nelle strutture ospedaliere la cui permanenza, non di rado, può prolungarsi anche per periodi di tempo non brevi;

    sulla base delle disposizioni presenti nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati, nell'ambito delle strutture sanitarie ospedaliere, le direzioni generali dispongono diversamente in riferimento a ciascuna struttura e risulta che, ad esempio, anche in una medesima regione, alcune strutture sanitarie abbiano disposto il divieto di accesso generalizzato da parte dei famigliari/visitatori sia nelle strutture di pronto soccorso sia nei reparti di degenza dei pazienti dei famigliari, mentre in altre viene consentito l'accesso di un visitatore per ciascun paziente, nel rispetto di diversificati protocolli di sicurezza, come ad esempio la diversificazione degli orari di accesso;

    è auspicabile, invece, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, assicurare ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare, così come appare auspicabile ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che siano inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragile e anziani, che oltre alla sicurezza sanitaria tenga conto anche della loro dignità;

    tutte le strutture sanitarie, nell'ambito di ciascun dipartimento, dovrebbero adottare un protocollo uniforme sull'intero territorio nazionale, recante misure volte a:

     a) mantenere le comunicazioni con operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno di reparto di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

     b) definire un protocollo per le visite con regole prestabilite che possa essere consultato dai familiari che richiedano le visite e assicurarsi che sia correttamente recepito e applicato;

     c) prevedere, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, strumenti alternativi alla visita in presenza, come ad esempio videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    il protocollo citato dovrebbe contenere misure efficaci per sensibilizzare e formare adeguatamente i visitatori/famigliari nella prevenzione e nel controllo dei casi di COVID-19 e per la predisposizione di tutte le procedure ottimali per una visita in sicurezza dei pazienti da parte dei famigliari/visitatori;

    diverse strutture sanitarie, a seguito della pandemia, hanno coraggiosamente adottato sistemi di comunicazione avanzati per garantire stabilmente le comunicazioni tra staff medici, pazienti e familiari; a riguardo anche il Garante per la protezione dei dati personali, proprio in considerazione della normativa d'urgenza adottata per il COVID-19, è intervenuto affermando che le strutture sanitarie che intendono avvalersi di strumenti (App), volti a fornire servizi diversi dalla telemedicina o comunque non strettamente necessari alla cura (App divulgative; App per la raccolta di informazioni sullo stato di salute della popolazione di un dato territorio), che comportino il trattamento di dati personali, possono essere utilizzabili, in linea generale, previo consenso libero, specifico, esplicito e informato dell'interessato;

    la risoluzione di maggioranza sulla Nota di aggiornamento del Def 2020, approvata alla Camera il 14 ottobre 2020, all'8° capoverso del dispositivo impegna il Governo a «potenziare il sistema sanitario nazionale, incluse la domiciliarità e la medicina territoriale ivi comprese le cure palliative, rafforzando la governance dei distretti sanitari e promuovendo una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso nuovi modelli organizzativi integrati»,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza finalizzate:

   a) nell'ambito della predisposizione di tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive ed a mitigare il loro impatto durante l'emergenza di sanità pubblica, a tener conto delle indicazioni del documento «Le cure palliative durante una pandemia», citato in premessa, volte ad implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete ed i percorsi assistenziali di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems, ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che devono essere inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e che devono essere finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragili ed anziani e che, oltre alla sicurezza sanitaria, devono tenere conto anche della dignità dei malati;

   b) ad adeguare le dotazioni organiche delle unità di cure palliative al fine di rispondere ai bisogni dei malati COVID-19 e non COVID-19, in attuazione di quanto previsto nell'ambito del documento ministeriale dell'11 agosto 2020, citato in premessa, con riferimento alla Sezione 3 area territoriale, circa il rafforzamento dei servizi di assistenza domiciliare per i soggetti con bisogni di cure palliative, assicurando che i piani di intervento, a livello regionale e locale, prevedano l'integrazione delle cure palliative specialistiche nei contesti ospedalieri e territoriale, per i malati COVID-19 e per l'utenza ordinaria;

   c) ad assicurare la disponibilità per le équipe di cure palliative di strumentazioni tecnologiche, cliniche e di telecomunicazione adeguate alla gestione delle situazioni cliniche e relazionali determinate dalla pandemia da COVID-19 e l'expertise necessario per utilizzarle;

   d) a programmare interventi di formazione in cure palliative rivolti al personale sanitario che opera in ambito ospedaliero, della residenzialità extraospedaliera e territoriale, al fine di assicurare tempestivi interventi palliativi di «base» e l'integrazione con il livello specialistico della rete di cure palliative per i malati COVID-19;

   e) ad attivarsi per l'identificazione, in base alle specificità locali e alla gravità della epidemia, di aree dedicate di ricovero per pazienti affetti da COVID-19 in fase di fine vita (da patologia COVID-19 o da patologie pregresse) nettamente distinte dalle aree di degenza COVID-19 free, anche attraverso la riconversione di reparti ospedalieri (o extraospedalieri) o attraverso la riconversione di hospice, al fine di rispondere ai bisogni di cure palliative anche per i pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, non affetti da COVID-19 e non assistibili a domicilio;

   f) a consolidare lo sviluppo delle unità di cure palliative domiciliari (Ucp dom), attraverso la loro progressiva estensione alla presa in carica di malati in condizioni di cronicità complesse e avanzate;

   g) a garantire un servizio di cure palliative (ambulatoriali e di consulenza) per ogni ospedale di base, un hospice ospedaliero per ogni presidio ospedaliero di primo livello o Irccs, garantendo nell'azienda sanitaria Territoriale standard di rapporto tra posti letto hospice e residenti;

   h) a implementare il coordinamento delle reti locali di cure palliative, attraverso il loro finanziamento, al fine di garantire attivazione e operatività delle reti locali di cure palliative, così come previsto dall'Accordo della Conferenza Stato-regioni del 27 luglio 2020;

   i) a prevedere il contributo di professionisti esperti con competenze in cure palliative nelle unità di crisi e nei diversi organismi di programmazione e gestione, dell'emergenza sanitaria a livello nazionale, regionale e locale, anche con lo scopo di adottare un set di indicatori in grado di misurare, in particolare, la disponibilità di risorse tecnologiche e di presìdi (stuff) per gli operatori delle cure palliative e l'implementazione delle attività assistenziali e formative (staff), in relazione ai livelli di gravità dell'epidemia e di diffusione del virus;

   l) ad adottare un protocollo uniforme sul territorio nazionale che, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera correlata al COVID-19, assicuri:

    aa) il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno dell'unità operativa di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

    bb) lo svolgimento delle visite da parte dei familiari, secondo regole prestabilite consultabili dai familiari ovvero, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, come ad esempio videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    cc) individuazione, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, di ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare;

   m) ad assicurare, all'interno della rete ospedaliera e territoriale, la disponibilità di personale dedicato all'assistenza psicologica, sociale e spirituale con preparazione idonea a gestire le esigenze psicosociali e spirituali dei pazienti COVID-19 e delle loro famiglie.
(1-00397) «
Trizzino, Bella, Mammì, Nappi, Lapia, Villani, Misiti, Nesci, Ianaro, Martinciglio, Saitta, Perantoni, Grimaldi, Papiro, Davide Aiello, Suriano, Giarrizzo, Alaimo, Manzo, Lombardo, Brescia, Sarli, Lorefice, Colletti, Maurizio Cattoi, Ehm, Licatini, Sodano, Faro, D'Uva, Leda Volpi, Cancelleri, Galizia, Tripiedi, Melicchio, Cubeddu, Iorio, Ficara, Roberto Rossini, Menga, Chiazzese, Pignatone, Grillo, Cabras, Casa, Zolezzi, Penna, Cataldi, Torto, Aresta, Flati, Spadoni, Costanzo, D'Orso, Ascari, Paxia, Gallo, Emiliozzi, Macina, Adelizzi, Varrica, Rizzo».

   FICARA, GRIPPA, BUOMPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   la legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014), ai commi 240, 241, 242 e 245 dell'articolo 1, disciplina i criteri di cofinanziamento dei programmi europei per il periodo 2014-2020 e il relativo monitoraggio, nonché i criteri di finanziamento degli interventi complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali;

   con delibera del Cipe n.10/2015, concernente la definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di programmazione 2014-2020, sono stati definiti il sistema di gestione e di controllo per l'attuazione del programma con la descrizione della struttura organizzativa, la definizione delle responsabilità e altri elementi di riferimento che completano il quadro attuativo;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato che «il Programma di azione e coesione (PAC) 2014-20 configurandosi come mero rafforzamento finanziario delle risorse assegnate nell'ambito PON Infrastrutture e reti 2014-20 non è assoggettabile ad ulteriore procedura di Valutazione ambientale strategica (VAS) tenendo conto che la distribuzione per tipologia di interventi e la concentrazione territoriale del rafforzamento finanziario non alterano in alcun modo la strategia complessiva del Programma stesso»;

   con delibera del Cipe n. 58/2016 è stato approvato il Programma di azione e coesione complementare al Pon Infrastrutture e Reti 2014-2020 (Pac 2014-2020) del valore complessivo di 670,448 milioni di euro;

   il Programma interviene nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, finalizzato a garantire uno sviluppo competitivo dei territori delle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno ed è articolato in 6 assi tematici (A,B,C,D,E,F);

   gli obiettivi di miglioramento della sostenibilità ambientale delle aree portuali, dell'accessibilità turistica e dell'efficienza logistica integrata che il programma persegue realizzerebbero ricadute economiche importanti sul territorio;

   il documento di attuazione allegato alla delibera prevede che tutte le attività siano realizzate nel periodo 2017-2023;

   ad oggi non risulta ancora pubblicato l'avviso di manifestazione di interesse per nessuno degli assi tematici e non è chiaro se siano intervenute criticità che abbiano portato a un così grave ritardo –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative urgenti intenda porre in essere al fine di velocizzare Yiter del procedimento volto ad individuare le modalità di selezione degli interventi da finanziare nell'ambito del Programma di azione e coesione (Pac), considerata l'importanza degli obiettivi di sviluppo dei territori interessati che il programma persegue.
(5-03774)

   MORRONE, TOCCALINI, BAZZARO, TOMASI, BISA, TATEO, PAOLINI, POTENTI, DI MURO, TURRI, MARCHETTI, FURGIUELE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la crescita esponenziale dei contagi preoccupa molto per lo svolgimento delle prossime prove per l'abilitazione all'esercizio della professione forense che dovrebbero svolgersi il 15, 16 e 17 dicembre 2020. Infatti, circa 25 mila aspiranti legali dovranno cimentarsi con gli esami scritti;

   le prove sono state regolate da un decreto ministeriale del 14 settembre 2020 (Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 2020), quando la situazione pandemica, pur in risalita, era ben diversa da quella attuale. Già allora, per garantire la sicurezza, si era previsto che le «misure disciplinanti l'accesso e la permanenza alle sedi concorsuali» sarebbero stata regolate da un successivo decreto ministeriale da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale del 27 novembre 2020, in modo da poter tenere conto dell'evolversi della situazione sanitaria;

   le prove scritte vengono svolte nel corso di tre giorni consecutivi e prevedono la presenza di migliaia di ragazzi in banchi ravvicinati tra loro, per sette ore al giorno, producendo inevitabili assembramenti nei padiglioni con rischio crescita dei contagi;

   per l'Upa (Associazione praticanti avvocati) si è di fronte «ad una bomba a orologeria». «Chi si prenderà la responsabilità di almeno 4.500 candidati previsti solo nella corte d'appello di Napoli?»;

   nell'ipotesi di eventuali rinvii delle prove, i candidati hanno il diritto di essere avvisati per tempo, e, soprattutto assicurati su come si procederà per evitare e scongiurare gli assembramenti prima e durante le prove –:

   preso atto della situazione pandemica, se e quali siano le modalità alternative con le quali espletare l'esame di abilitazione alla professione di avvocato 2020/2021;

   se si paventi la possibilità di eventuali rinvii delle prove, e come si pensi di procedere con la correzione degli scritti considerati i ritardi subiti per la correzione degli elaborati dello scorso anno.
(4-07312)

   GUSMEROLI, CESTARI, GAVA, CAVANDOLI, COVOLO, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, PANIZZUT, SUTTO, TIRAMANI, BITONCI, CANTALAMESSA, GERARDI, GUIDESI, ANDREUZZA, BAZZARO, COLLA, DARA, FIORINI, PIASTRA, SALTAMARTINI, CENTEMERO, BINELLI, TARANTINO, MORELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, ha previsto, tra l'altro, anche la chiusura delle palestre ed il fermo delle attività sportive, fatte salve le attività motorie e di sport svolte all'aperto ed in forma individuale;

   per i titolari di attività con codice Ateco 85.51.00 si è verificato, oltre al danno, anche la beffa: in quanto gestiscono corsi sportivi e ricreativi sono infatti soggetti alla chiusura di cui al predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ma poiché in qualità di insegnanti sono inquadrati in altro settore sono rimasti esclusi dalle misure contemplate nel cosiddetto «Decreto ristori»;

   la loro vicenda è alquanto contraddittoria: secondo anche quanto chiarito a mezzo faq sul sito del Ministro per le politiche giovanili e lo sport (faq 19) gli studi di personal training one to one potranno continuare solo quelle attività che possano fungere da presidio sanitario obbligatorio (fisioterapia o riabilitazione) o erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza, come disciplinato dall'articolo 1, comma 9, lettera f) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, oppure i personal training svolti all'aperto, mantenendo le distanze di sicurezza; quanto alle attività di yoga e pilates (faq 21), come ogni altra attività motoria, possono essere svolte esclusivamente in centri o circoli sportivi all'aperto;

   ne consegue per queste tipologie di attività one to one svolte al chiuso il paradosso per cui la chiusura o meno della propria attività non dipende già dal rispetto dei protocolli di sicurezza e dall'adozione delle prescritte misure di distanziamento sociale e di prevenzione da contagio da Covid-19, bensì esclusivamente dal fatto se il cliente benefici, di allenamento terapeutico o soltanto sportivo;

   a tale controsenso, che finisce per l'appunto con il colpire irrazionalmente un intero settore economico, deve aggiungersi, anche l'assurdità di estromettere i suddetti operatori, per categoria, dal diritto al ristoro –:

   se e quali tempestive iniziative il Governo intenda adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa e, nello specifico, alla possibilità di riconoscere anche alle attività rientranti nel codice Ateco 85.51.00 il diritto al ristoro per le chiusure imposte dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020;

   se e quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare nei confronti di tutte le attività il cui codice Ateco le esclude dal decreto-legge «ristori» ma che sono comunque riconducibili a fattispecie settoriali obbligate a chiudere.
(4-07346)