FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 834

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SPERANZA, CONTE

Modifiche al codice penale concernenti l'abolizione della pena dell'ergastolo

Presentata il 2 luglio 2018

  Onorevoli Colleghi! — Più di un secolo fa, il 18 marzo 1904, intervenendo alla Camera dei deputati un grande uomo politico sottolineò aspetti della situazione carceraria e del sistema delle pene in modo chiaro e appassionato. «Le carceri italiane – disse in Aula Filippo Turati – rappresentano l'esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si sia mai avuta: noi ci gonfiamo le gote a parlare di emendare i colpevoli, e le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti, o scuole di perfezionamento dei malfattori; noi crediamo di aver abolito la tortura, e i nostri reclusori sono essi stessi un sistema di tortura la più raffinata; noi ci vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale comune, e la pena che ammanniscono goccia a goccia le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice».
  Sono parole che sembrano pensate per l'oggi, e che comunque conservano una straordinaria attualità. Il carcere non ha, non può avere, una funzione solo punitiva. Deve averne anche una riabilitativa. E il diritto alla vita è il primo, intangibile, dei diritti dell'uomo.
  Nel caso della pena di morte è chiaro che lo Stato priva della vita un cittadino, un essere umano, e questo in un Paese civile come è e vuole essere il nostro è inaccettabile. Ma anche nel caso dell'ergastolo lo Stato finisce, a ben vedere, per appropriarsi della vita di una persona e in questo vi è una sproporzione della pena nei confronti del reato, una irrimediabilità, che è difficile da comprendere, soprattutto pensando alla responsabilità delle istituzioni a che le pene inflitte siano sempre giuste e tendenti ad emendare il colpevole di un crimine.
  Nel pieno rispetto delle vittime dei reati, la presente proposta di legge prevede dunque l'abolizione della reclusione perpetua.
  Della legittimità dell'ergastolo nel nostro ordinamento si è discusso, peraltro, sin da quando l'Assemblea costituente scrisse quel terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione che impone la finalità rieducativa della pena e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità. Se questo nodo non fu sciolto già a quel tempo e in quella sede, è perché si ritenne che ad affrontare e risolvere la questione avrebbe dovuto essere il legislatore ordinario, nell'ambito di una complessiva revisione del sistema delle pene.
  Insieme alla considerazione che l'identificazione della vita di un soggetto con un'esistenza priva per sempre di libertà è quanto di più psicologicamente crudele e disumano si possa immaginare, la domanda che occorre porsi è, dunque, come possa tendere alla rieducazione una pena senza fine. O meglio: una pena la cui fine coincida necessariamente con la morte del condannato. Perché questa è la realtà dell'ergastolo, questo è il significato ultimo delle parole «fine pena: mai».
  L'ergastolo, in particolare quello «ostativo», è stato giustamente definito una pena di morte «lenta», «al rallentatore». E la pena di morte ripugna all'Italia e agli italiani. In uno Stato di diritto l'ergastolo è da considerare alla stregua di un corpo estraneo. E in Italia si pone in insanabile contraddizione con la Carta costituzionale, perché fa della pena solo una punizione se non addirittura una vendetta, perché sancisce un allontanamento definitivo dalla società senza possibilità alcuna di ravvedimento e di recupero alla vita, alla dignità, a quella indispensabile dimensione sociale che caratterizza l'essere umano.
  Non è un caso che la Grande camera della Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza n. 3896 del 9 luglio 2013, abbia affermato, per la prima volta, il principio per cui l'ergastolo senza la possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l'impossibilità della scarcerazione è un trattamento degradante nei confronti del prigioniero, con conseguente violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Non è un caso nemmeno che nello stesso mese di luglio 2013 Papa Francesco, nel motu proprio sulla riforma della giustizia penale vaticana, abbia abolito definitivamente il carcere a vita.
  E non sorprende che un grande statista e un fine giurista come Aldo Moro si rivolgesse ai suoi studenti, due anni prima di essere sottratto dai suoi carnefici alla vita e alla politica, dicendo: «Per quanto riguarda di come debba essere la pena, un giudizio negativo, in linea di principio, deve essere dato non soltanto per la pena capitale che istantaneamente, puntualmente, elimina dal consorzio sociale la figura del reo, ma anche nei confronti della pena perpetua: l'ergastolo, che privo com'è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento ed al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumano non meno di quanto lo sia la pena di morte (...). Ci si può, anzi, domandare se, in termini di crudeltà, non sia più crudele una pena che conserva in vita privando questa vita di tanta parte del suo contenuto, che non una pena che tronca, sia pure crudelmente, disumanamente, la vita del soggetto e lo libera, perlomeno, con sacrificio della vita, di quella sofferenza quotidiana, di quella mancanza di rassegnazione o di quella rassegnazione che è uguale ad abbrutimento, che è la caratteristica della pena perpetua. Quando si dice pena perpetua si dice una cosa estremamente pesante, estremamente grave, umanamente non accettabile. Quindi ci deve essere un'adeguatezza, ci deve essere una proporzione della pena nei confronti del reato».
  Quanto poi alla questione del presunto «risarcimento» delle vittime attraverso la pena dell'ergastolo, sono in straordinaria sintonia con le parole di Aldo Moro quelle di sua figlia Agnese, quando sottolinea: «E facile dire a chi ha perso qualcuno perché un altro essere umano gli ha tolto la vita: “Ti faremo giustizia; manderemo il responsabile in prigione per molti anni o per sempre, e tu sarai ripagato”. È una menzogna. Le perdite subite non si risanano, e nessuna punizione può ripagare di un affetto che non c'è più. Può invece aiutare – tanto – vedere che chi ha fatto del male ha capito quello che ha combinato, ne è realmente dispiaciuto, vorrebbe con tutte le sue forze non averlo fatto; che riprende a vivere in maniera diversa, cerca di essere utile alla società, porta il rimorso suo e anche il dolore delle proprie vittime. È quanto di più vicino alla giustizia si possa chiedere. Ed è la saggia via proposta dalla nostra Costituzione».
  È per tutto questo, ricordando che affrontare le questioni inerenti alla giustizia, al sistema carcerario e a quello delle pene significa porsi di fronte al tema più ampio della società in cui viviamo e ancor più di quella in cui vorremmo vivere, che la presente proposta di legge prevede l'abolizione dell'ergastolo, sostituendo ad esso la reclusione per un periodo di trent'anni, la pena massima temporanea prevista dal sistema vigente.
  Alla base del progetto della nostra democrazia repubblicana c'è la persona, ci sono le persone, con la loro dignità e la loro unicità. Esistono tutte le condizioni, oggi, per tenere fede a questo principio e per far compiere al nostro Paese un importante passo di civiltà.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. L'articolo 17 del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 17. – (Pene principali, altre pene e sanzioni sostitutive). – Le pene principali stabilite per i delitti sono la reclusione e la multa.
   Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono l'arresto e l'ammenda.
   La legge prevede i casi e le condizioni per l'applicazione di altre pene e di sanzioni sostitutive delle pene principali e ne determina la specie».

Art. 2.

  1. L'articolo 18 del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 18. – (Denominazione e classificazione delle pene principali). – Sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale la legge comprende la reclusione e l'arresto.
   Sotto la denominazione di pene pecuniarie la legge comprende la multa e l'ammenda».

Art. 3.

  1. L'articolo 22 del codice penale è abrogato.

Art. 4.

  1. La pena dell'ergastolo irrogata prima della data di entrata in vigore della presente legge è sostituita con la pena della reclusione per un periodo di trenta anni.

Art. 5.

  1. Fatto salvo quanto previsto dalla presente legge, nel codice penale e nel codice di procedura penale, nonché nelle altre disposizioni dei codici, delle leggi e dei regolamenti vigenti, il riferimento alla pena dell'ergastolo è da intendersi sostituito con il riferimento alla pena della reclusione per un periodo di trenta anni.

Art. 6.

  1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.