N. 596
XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato MANDELLI
Norme in materia di podologia e istituzione
della laurea magistrale in podoiatria
Presentata il 10 maggio 2018
Onorevoli Colleghi! — Emergente tra le professioni sanitarie, con un ruolo ben definito nei team specialistici, con una forte cultura della prevenzione e del servizio alla collettività, il podologo si avvia ad essere un professionista indispensabile in qualunque sistema sanitario moderno. Negli USA e in Canada, nel Regno Unito, in Francia e in Spagna, nei Paesi più evoluti dell'Europa ed extraeuropei si assiste, infatti, ad un progressivo sviluppo della professione ed essa assume un rilievo sempre maggiore nelle strategie di prevenzione, cura e riabilitazione. Fino a qualche anno fa, in Italia il ruolo della podologia era considerato del tutto marginale: la cultura prevalente, infatti, tendeva a confondere il podologo con il pedicure o l'estetista, nonostante la legge ne avesse esplicitamente compreso l'attività tra le professioni sanitarie. Fortunatamente nell'ultimo decennio si è verificata una decisa inversione di tendenza, sia presso le istituzioni preposte alla sanità pubblica, sia presso la popolazione, sempre più sensibile al rilievo che i piedi possono assumere soprattutto in tema di prevenzione. Allo stato attuale, circa 9.000/10.000 pazienti al giorno ricorrono a cure podologiche.
Sarà utile tuttavia esaminare alcuni dei principali motivi che possono spiegare l'evoluzione della professione rilevata in questi ultimi anni.
L'importante ruolo riservato alla podologia negli altri Paesi più evoluti non poteva non comportare grandi benefìci anche in Italia, tenuto conto dei sempre più frequenti scambi culturali, scientifici e di ricerca, anche grazie a incontri, congressi e simili e anche sulla base dello sviluppo della comunicazione digitale.
L'introduzione della laurea, nel 2001, ha rappresentato un vero e proprio salto di qualità. Per rendersene conto è sufficiente esaminare il piano di studi, che prevede, fra gli altri, i settori scientifico-disciplinari relativi alla chirurgia, alla anestesiologia nonché alla diagnostica per immagini e alla radioterapia.
La formazione del podologo non si limita però al corso di laurea, perché da qualche anno sono disponibili importanti iniziative di aggiornamento, quali i corsi di formazione ECM (educazione continua in medicina), i convegni e l'annuale Congresso nazionale di podologia. Ciò che più caratterizza la grande evoluzione della professione sono i master in materia di diagnosi, cura, trattamento e prevenzione del piede diabetico organizzati negli ultimi anni dalla II facoltà di medicina e chirurgia dell'università «La Sapienza». I numerosi podologi che hanno frequentano questi master (nonché tutti gli altri corsi) si sono rivelati pienamente maturi sotto l'aspetto culturale e tecnico e in grado di svolgere autonomamente funzioni importanti e delicate. Si può dire che si è in presenza di una formazione universitaria ed extrauniversitaria di gran lunga più completa e professionalizzante rispetto alle competenze individuate nel regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 666, che ha individuato il profilo professionale del podologo.
Le patologie trattate sono per lo più invalidanti per l'individuo che ne è affetto. Basti pensare alle ulcere plantari o alle complicanze che sorgono a seguito di malattie di rilevanza sociale come il diabete o l'artrite reumatoide. È inoltre da porre in evidenza anche tutta la casistica dei pazienti in età pediatrica con problemi di deambulazione e di appoggio plantare, che possono essere sottoposti ai trattamenti effettuati dal podologo. Negli ultimi anni, oltre alle affezioni podologiche del piede, il podologo ha acquisito competenze sempre maggiori nell'area delle alterazioni posturali, utilizzando metodiche preventive, diagnostiche e terapeutiche.
Un segnale inequivocabile dell'evoluzione della professione è offerto dalla capacità dimostrata dal podologo nella diagnosi, prevenzione e cura del paziente diabetico affetto dalla complicanza del piede diabetico. È noto che in Italia il 25 per cento dei malati di diabete soffre della complicanza ed è anche noto che, secondo i dati del Ministero della salute, le amputazioni maggiori e minori dovute alla complicanza ammontavano nel 2005 a ben 7.082 con 141.249 giornate di degenza, pari ad una degenza media di 19,9 giornate. Ebbene, è stato ampiamente dimostrato che l'intervento del podologo, soprattutto in termini di prevenzione, comporta una drastica riduzione delle amputazioni. D'altra parte anche un autorevole studio statunitense ha stimato che con l'intervento del podoiatra si può ottenere una riduzione del 60 per cento delle amputazioni. È evidente, quindi, il ruolo fondamentale che svolge il podologo in collaborazione con il medico di base e con lo specialista diabetologo, non solo per la riduzione delle amputazioni, ma anche per l'abbattimento dei costi di ospedalizzazione.
È pertanto necessario che l'evoluzione registrata dalla professione sia accompagnata da una modifica del profilo professionale, che consenta di intervenire secondo le più attuali e collaudate linee guida di prevenzione e di cura.
Anche sotto l'aspetto della domanda si deve registrare un aumento esponenziale dovuto a motivi di carattere sociale e comportamentale. Innanzitutto, il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, e quindi il numero sempre più consistente di persone che necessita di cure podaliche specifiche (il ricorso al podologo è quasi d'obbligo nell'età più anziana per migliorare la qualità della vita). Anche i bambini e i ragazzi sono sempre più esposti alle patologie podaliche, sia per l'impegno molto frequente negli sport (calcio, basket, tennis eccetera), sia perché la moda li spinge a indossare scarpe non adeguate. È evidente, quindi, che le trasformazioni in atto nella società hanno costituito un forte impulso verso la valorizzazione della professione e, soprattutto, determinano lo sviluppo di una nuova esigenza di apprendimenti diversi, tecniche innovative di intervento e nuove integrazioni con altre professioni sanitarie.
Il salto di qualità registrato dalla professione, la sua evoluzione, la formazione sempre più di alto livello, l'ormai stabilmente acquisita capacità di offrire una diversa e più completa assistenza sanitaria nonché la forte crescita della domanda da parte dei pazienti impongono una revisione del profilo professionale che consenta di contrastare le diverse e gravi conseguenze che derivano dalle patologie podaliche.
Tale revisione appare necessaria anche perché consentirebbe di poter contare su un professionista che fornisce direttamente all'utenza una prestazione sanitaria completa, con la possibilità di accertare le patologie con l'ausilio di apparecchiature diagnostiche per immagini e contestualmente di intervenire, completando la cura con la fornitura di dispositivi medici su misura.
L'evoluzione del profilo professionale tracciato dal regolamento di cui al decreto n. 666 del 1994 favorirebbe una migliore professionalità e competitività della podologia italiana, attualmente operante non alla pari con gli altri Paesi più evoluti dell'Unione europea, dando la possibilità ai nostri professionisti di essere competitivi nel contesto lavorativo internazionale.
Negli USA è esiste la professione di podoiatria, il «medico chirurgo specialista del piede», che «visita, diagnostica, tratta, previene e salvaguarda le condizioni del piede e la struttura correlata, progetta, conduce e dirige ricerche in campo podoiatrico», titolo che si consegue dopo quattro anni di studi universitari e due anni di chirurgia.
Alla luce di quanto sopra esposto, sarebbe utile prevedere nel nostro sistema sanitario un profilo professionale simile a quello statunitense. Pertanto la presente proposta di legge definisce il profilo professionale del podologo (articolo 1) e prevede l'adozione di un decreto per istituire il corso di laurea magistrale in podoiatria, prevedendo altresì che l'accesso al corso di laurea sia programmato a livello nazionale (articolo 2).
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Profilo professionale).
1. Il podologo è l'operatore in possesso di abilitazione all'esercizio della professione che tratta direttamente, dopo esame obiettivo, le affezioni del piede, le alterazioni ipercheratosiche cutanee, le verruche, le unghie ipertrofiche, deformi e incarnite, il piede doloroso, le ulcerazioni, le piaghe, le ferite e le alterazioni posturopediche.
2. Per la cura delle affezioni podologiche il podologo può utilizzare farmaci topici e ricorrere a piccoli interventi chirurgici, in anestesia locale, nonché assistere, ai fini della prevenzione e dell'educazione sanitaria, i soggetti a rischio per fasce di età e, in stretta collaborazione con il medico, i soggetti portatori di patologie sistemiche. Il podologo predispone e applica, inoltre, ortesi finalizzate alla terapia di patologie del piede che rientrano nella sua competenza. Per le diagnosi delle affezioni di cui al presente comma il podologo si avvale di idonei strumenti e di tecniche non invasive, nonché di apparecchiature diagnostiche per immagini. Il podologo segnala al medico le sospette condizioni patologiche del paziente che richiedono un approfondimento diagnostico o terapeutico.
3. Il podologo svolge attività nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, in regime di lavoro dipendente o in qualità di libero professionista.
4. L'esercizio della professione di podologo è consentito esclusivamente ai soggetti in possesso della laurea magistrale istituita ai sensi dell'articolo 2.
Art. 2.
(Corso di laurea magistrale).
1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito il corso di laurea magistrale in podoiatria. L'accesso al corso di laurea di cui al presente comma è programmato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264.