XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 536
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata MURONI
Modifiche al codice penale, alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di delitti riguardanti le specie di fauna e flora protette
Presentata il 18 aprile 2018
Onorevoli Colleghi! — Il bracconaggio e il commercio illegale di specie animali protette rappresentano fenomeni ancora tristemente molto diffusi nel nostro Paese; ogni anno sono migliaia gli animali uccisi a causa di tali barbare pratiche, tra cui si contano non soltanto gli uccelli migratori e i piccoli uccelli, ma anche orsi, lupi, cervi, camosci, aquile e altri rapaci.
L'approvazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l'ambiente, ha indubbiamente rappresentato un punto di svolta fondamentale per la tutela e la protezione degli ecosistemi in Italia. Proprio per completare quest'opera bisogna introdurre nel nostro ordinamento alcune norme di significativa importanza per contrastare il bracconaggio e le illegalità ai danni della fauna e della flora, in primis qualora concernano specie protette.
Legambiente, elaborando i dati forniti dall'Arma dei carabinieri, dalla Polizia di Stato, dal Corpo della Guardia di finanza e dalle procure, aveva censito in Italia nel periodo 2009-2015: 20 infrazioni contro la fauna selvatica, 16,5 persone denunciate e circa 7 sequestri effettuati. Questo per 2.555 giorni. Numeri altrettanto inquietanti risultavano essere quelli relativi al bracconaggio, che aveva visto ogni giorno, nei quattro anni dal 2012 al 2015, l'avvio di 2,5 procedimenti contro noti, l'apertura di un procedimento contro ignoti e 3,2 persone indagate.
Inoltre secondo le stime dell'ISPRA e degli esperti del settore, ogni anno in Italia muoiono per cause antropiche tra i 250 e i 300 lupi, di cui circa la metà proprio per bracconaggio, uccisi da armi da fuoco, avvelenati, colpiti da tagliole o lacci. Se i rapaci sembrano essere le prede preferite dai bracconieri delle regioni del sud, i piccoli uccelli vengono spesso catturati dalle reti poste illegalmente nei boschi del nord Italia, ma anche i caprioli, i cervi e tutti gli ungulati sono vittime ambite dai cacciatori di frodo.
Appare evidente, dunque, come la normativa volta a contrastare tali fenomeni non sia attualmente sufficiente a perseguire lo scopo; si tratta infatti di reati molto gravi che colpiscono specie tutelate a livello internazionale ed europeo (si ricordano, in tal senso, le direttive 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992 (cosiddetta direttiva Habitat), e 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009 (cosiddetta direttiva Uccelli): una materia per la quale risulta necessario e urgente un intervento di adeguamento della tutela legislativa, oggi ancora ricadente nella sfera dei reati cosiddetti minori.
Alla luce di questi scenari oramai è urgente l'introduzione nel codice penale dei delitti contro la flora e la fauna selvatica protette come avvenuto per i delitti contro l'ambiente. A tal proposito si segnala in tal senso come la Commissione per l'ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo abbia approvato, nel 2016, il Piano di azione contro il traffico di specie selvatiche, sollecitando le istituzioni europee a dare seguito alle indicazioni ivi presenti; in particolare, al punto 15 del Piano viene sottolineata la necessità di introdurre «consistent and dissuasive criminal penalties» per combattere i crimini contro la fauna selvatica.
Nel marzo 2017 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ha approvato il Piano d'azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici che all'azione 2.1.1 prevede per l'appunto l'adeguamento del quadro normativo nazionale e in particolare un inasprimento delle sanzioni penali con la prospettiva, fra le altre, di tramutare in delitti le fattispecie più gravi. In tal senso questa proposta raccoglie tale indicazione sia inserendo un delitto specifico nel codice penale, sia intervenendo esclusivamente sul regime sanzionatorio previsto dall'articolo 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma).
La presente proposta di legge, ampiamente condivisa dalle associazioni ambientaliste e animaliste, è volta dunque a dare avvio a tale, necessaria, riflessione sui reati contro le specie di flora e fauna particolarmente protette, attraverso l'introduzione di un nuovo articolo nel titolo VI-bis del libro secondo del codice penale («dei delitti contro l'ambiente»), che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 15.000 a 150.000 euro coloro che, a qualunque titolo, prelevino in natura, catturino, ricevano o acquistino, offrano in vendita o vendano uno o più esemplari di specie animali particolarmente protette, nonché ne cagionino la morte o la distruzione, o ancora importino, esportino, facciano transitare o trasportino nel territorio nazionale, cedano, ricevano, utilizzino, espongano o detengano singoli esemplari di specie di flora o fauna protetta, nonché coloro che utilizzino tali specie per la produzione o il confezionamento di oggetti, prodotti derivati anche destinati all'alimentazione, pelli, pellicce, capi di abbigliamento o articoli costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, da parti dei medesimi, o esemplari di fauna sottoposti a procedimento tassidermico e di imbalsamazione. L'articolo si riferisce alle specie presenti nell'allegato I della direttiva Uccelli, le specie prioritarie elencate nell'allegato II della direttiva Habitat e le specie elencate gli allegati A, B e C del regolamento CITES nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
All'articolo 2 si introducono in merito tre modifiche all'articolo 30 della legge n. 157 del 1992.
Con l'articolo 3 si cerca di mettere ordine in un ambito delicato che oggi presenta numerosi profili di criticità introducendo alcuni princìpi, requisiti e criteri specifici uniformi su tutto il territorio nazionale in materia di centri di recupero per la fauna selvatica.
Con l'articolo 4 si istituiscono i centri di recupero per la fauna selvatica e in particolare si delega il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, ad adottare un decreto volto a definire un elenco di requisiti e criteri obbligatori, uniformi su tutto il territorio nazionale, per l'istituzione di centri di recupero per la fauna selvatica.
Con l'articolo 5 si stabilisce che le entrate derivanti dalle sanzioni penali relative agli illeciti sono destinate al finanziamento dei centri di recupero e alla gestione del sequestro e della confisca degli animali vittime di illecito.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Introduzione nel codice penale dei delitti riguardanti le specie di fauna e flora protette).
1. Dopo l'articolo 452-sexies del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 452-sexies.1. — (Delitti riguardanti le specie di flora e fauna protette). – Chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, prelievi in natura, catturi, riceva o acquisti, offra in vendita o venda uno o più esemplari di specie animali protette, ne cagioni la morte o la distruzione, importi, esporti, riesporti sotto qualsiasi regime doganale, faccia transitare, trasporti nel territorio nazionale, ovvero ceda, riceva, utilizzi, esponga o detenga uno o più esemplari di specie di fauna protette, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000, fatto salvo quanto previsto dal quinto comma. Se il fatto è commesso su più di tre esemplari, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Chiunque commetta i fatti previsti dal primo comma su specie vegetali protette è punito con la pena ivi prevista, ridotta da un terzo alla metà.
Alle pene di cui ai commi primo e secondo soggiace altresì chiunque, a qualunque titolo, utilizzi esemplari appartenenti a specie di flora o fauna protette per la produzione o il confezionamento di oggetti, prodotti derivati anche destinati all'alimentazione, pelli, pellicce, capi di abbigliamento o articoli costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dai medesimi, esemplari di fauna sottoposti a procedimento tassidermico e di imbalsamazione, nonché chiunque importi, esporti, riesporti, trasporti, venda, offra in vendita, ceda, acquisti, utilizzi o detenga derivati da specie di flora e fauna protette.
Ai fini dell'applicazione dei commi primo, secondo e terzo, per specie protette si intendono quelle elencate nell'allegato I della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009; le specie, indicate come prioritarie, elencate nell'allegato II della direttiva 92/43/CE del Consiglio, del 21 maggio 1992; le specie elencate gli allegati A, B e C del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Qualora i fatti di cui ai commi primo, secondo e terzo coinvolgano le specie elencate negli allegati B e C del regolamento (CE) n. 338/97, la sanzione pecuniaria è aumentata con l'applicazione di un'ammenda da euro 20.000 a euro 200.000.
Se i fatti di cui ai commi primo, secondo e terzo sono commessi per colpa, la pena prevista è diminuita da un terzo a due terzi.
Qualora i fatti siano commessi al fine di produrre un profitto per sé o per altri, le pene di cui ai commi primo, secondo e terzo sono aumentate da un terzo alla metà.
Le pene di cui ai commi primo, secondo e terzo, diminuite della metà, si applicano altresì a chiunque metta a disposizione mezzi, strutture o beni per organizzare o facilitare le attività illecite di cui ai medesimi commi.
Le pene previste dai commi primo e secondo si applicano altresì a chiunque, mediante il rilascio o la liberazione nell'ambiente di animali ricoverati in strutture di allevamento, bioparchi, centri di ricerca, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, cagioni una compromissione o un deterioramento durevoli della biodiversità.
Nel caso di commissione delle attività illecite di cui ai commi primo e secondo è sempre ordinata la confisca degli animali coinvolti. È altresì disposto il divieto temporaneo, da tre mesi a tre anni, della detenzione di tali esemplari e, in caso di sentenza di condanna o di applicazione della pena o del decreto penale, la sospensione, da tre mesi a tre anni, dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli esemplari medesimi. In caso di recidiva sono disposti il divieto permanente di detenzione di esemplari e l'interdizione dall'esercizio delle attività illecite; in caso di sentenza di condanna o di esecuzione della pena è disposta altresì l'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia. I costi per la custodia giudiziaria degli esemplari vivi in sequestro e per la confisca conseguente ai reati di cui al primo comma sono posti a carico dell'autore del reato.
Nel caso di violazione delle disposizioni del terzo comma sono sempre ordinate la confisca e la distruzione del materiale. È altresì disposto il divieto temporaneo, da tre mesi a tre anni, della detenzione degli esemplari coinvolti nonché, in caso di sentenza di condanna o di esecuzione della pena, la sospensione, da tre mesi a tre anni, dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli esemplari medesimi. In caso di recidiva sono disposti il divieto permanente di detenzione degli esemplari e l'interdizione dall'esercizio delle citate attività. In caso di sentenza di condanna o di esecuzione della pena è inoltre disposta l'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia. I costi per la custodia giudiziaria, la confisca e la conseguente distruzione dei prodotti di cui al terzo comma sono posti a carico del destinatario dei provvedimenti di cui al presente comma».
2. Le lettere a), d) e f) del comma 1 dell'articolo 1 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, e le lettere a), d) e f) del comma 1 dell'articolo 2 della medesima legge sono abrogate.
Art. 2.
(Modifiche all'articolo 30 della legge n. 157 del 1992).
1. All'articolo 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le lettere d), e), f), g), h), i) e l) del comma 1 sono sostituite dalle seguenti:
«d) la reclusione da sei mesi a diciotto mesi e la multa da euro 5.000 a euro 15.000 per chi esercita la caccia nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività sportive;
e) la reclusione da uno a tre anni e la multa da euro 10.000 a euro 100.000 per chi esercita l'uccellagione, per chi utilizza esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari, per chi fa impiego di civette; sono fatti salvi l'utilizzo di reti e trappole da parte dei soggetti e per gli usi di cui all'articolo 4;
f) l'arresto fino a dodici mesi e l'ammenda fino a euro 10.000 per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio;
g) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a euro 6.000 per ciascun capo, per chi abbatte, cattura o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia vietato l'abbattimento;
h) l'arresto fino a quattro mesi e l'ammenda fino a euro 4.000 per ciascun capo, per chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica altresì la misura della confisca dei richiami;
i) l'arresto fino a tre mesi e l'ammenda fino a euro 3.000 per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti o da aeromobili;
l) la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 5.000 a euro 50.000 per ciascun capo, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, per chi pone in commercio o detiene o trasporta a tal fine esemplari di fauna selvatica, vivi o morti nonché parti o prodotti di essi»;
b) al primo periodo del comma 3, dopo le parole: «codice penale» sono aggiunte le seguenti: «se il fatto è commesso da titolare di licenza di fucile ad uso di caccia»;
c) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
«4-bis. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applica l'articolo 131-bis del codice penale».
Art. 3.
(Traffico e commercio illeciti di esemplari o parti di essi di flora e fauna protette, nonché dei prodotti derivati).
1. Dopo l'articolo 25-undecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:
«Art. 25-undecies.1. – (Traffico illecito di esemplari o parti di essi di flora e fauna protette, nonché dei prodotti derivati). — 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dall'articolo 452-sexies.1 del codice penale si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
2. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, del presente decreto, per una durata non superiore a tre anni».
Art. 4.
(Istituzione di centri di recupero per la fauna selvatica).
1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, adotta un decreto volto a definire un elenco di requisiti e criteri obbligatori, uniformi su tutto il territorio nazionale, per l'istituzione di centri di recupero per la fauna selvatica. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria normativa regionale al citato decreto entro sessanta giorni dalla data della sua adozione.
2. Il decreto di cui al comma 1 si applica ai centri di recupero per animali selvatici, ai centri di recupero per animali selvatici esotici, ai centri di recupero per animali marini e ai santuari per il recupero degli animali domestici non a scopo di lucro e prevede protocolli univoci per la gestione dei differenti gruppi di animali.
3. Il decreto di cui al comma 1 stabilisce:
a) i requisiti minimi standard relativi all'organizzazione, al funzionamento e alle risorse strumentali e umane relativi ai centri di cui al comma 1, nonché in merito ai livelli di competenza professionale necessari per operare nei medesimi;
b) il divieto di equiparazione delle attività aventi scopo di lucro alle attività dei centri;
c) la garanzia dell'assegnazione degli animali oggetto di confische e di sequestri giudiziari a destinazioni coerenti con le esigenze etologiche degli stessi, prevedendo in tal senso opportune modalità di affidamento definitivo e di adozione non vincolate al termine dei procedimenti giudiziari in cui risultino coinvolti;
d) la definizione di criteri per il rilascio da parte dei servizi sanitari regionali di autorizzazioni sanitarie semplificate in materia di accoglienza di animali domestici e selvatici di semplice gestione, che consentano l'affidamento definitivo, anche ai sensi della lettera c), degli animali oggetto di confische o sequestri giudiziari a cittadini che offrano la propria disponibilità;
e) il divieto di attribuzione della custodia giudiziaria degli animali di cui alla lettera c) a soggetti sottoposti a indagini o imputati nei procedimenti che hanno dato luogo al sequestro giudiziario o a procedimenti comunque connessi con il maltrattamento di animali.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie).
1. Le entrate derivanti dalle sanzioni penali relative agli illeciti di cui alla presente legge sono destinate al finanziamento dei centri di recupero di cui all'articolo 4 e alla gestione del sequestro e della confisca degli animali vittime di illecito.