FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2449

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
DORI, GIULIANO, D'ORSO, MASSIMO ENRICO BARONI, ASCARI, BRUNO, CECCANTI, PERANTONI, EMANUELA ROSSINI

Disposizioni in materia di giustizia riparativa
e mediazione penale minorile

Presentata il 26 marzo 2020

  Onorevoli Colleghi! – La giustizia riparativa è un modello di giustizia contraddistinto dal prendersi cura delle conseguenze negative prodotte da un fatto penalmente rilevante, dal promuovere la rigenerazione dei legami sociali e dal favorire un ruolo attivo della vittima, dell'autore del fatto, dei loro familiari e della comunità lesa, nella ricerca di possibili soluzioni per ricomporre la frattura sociale prodotta. Si tratta di un paradigma che prova a «superare la logica del castigo, muovendo da una lettura relazionale del fenomeno criminoso, inteso primariamente come un conflitto che provoca la rottura di aspettative sociali simbolicamente condivise. Il reato non dovrebbe più essere considerato soltanto un illecito commesso contro la società, o un comportamento che incrina l'ordine costituito, e che richiede una pena da espiare, bensì come una condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, che può provocare alle vittime privazioni, sofferenze, dolore e persino la morte e che richiede, da parte del reo, principalmente l'attivazione di forme di riparazione del danno provocato».
  Da queste parole, frutto dell'insegnamento del criminologo professor Adolfo Ceretti, tra i massimi studiosi della materia, si comprende la più importante intuizione della giustizia riparativa: il fatto penalmente rilevante non è solo la violazione di una norma giuridica, ma è una violazione della persona e delle relazioni. Il principale obiettivo è quindi la riparazione dell'offesa arrecata alla vittima, ai familiari e alla comunità. La riparazione si differenzia in modo netto dal risarcimento: quest'ultimo compensa il danno materiale e quello morale alla vittima; la riparazione invece restituisce alla vittima fiducia, autostima, senso di sicurezza, legami sociali.
  La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di recepire nell'ambito del procedimento penale minorile il modello della giustizia riparativa e con esso uno dei suoi principali strumenti operativi: la mediazione penale. A tale scopo occorre introdurre nel nostro ordinamento giuridico una normativa di settore adeguata e compiuta. In particolare, si vuole introdurre la possibilità di ricorrere alla mediazione penale nel procedimento minorile, disciplinando la materia con una normativa che possa assicurare uniformità a pratiche e percorsi che oggi – muovendosi a livello di esperimento negli spazi lasciati liberi dalle norme esistenti – sono invece rimessi alle sensibilità dei singoli operatori e alle possibilità dei diversi territori. Si tratta di accogliere un diverso modo di pensare la giustizia, che consenta allo Stato di dare al fatto illecito una risposta diversa dalla mera sanzione.
  Nel nostro ordinamento giuridico non esiste ancora una normativa ad hoc per la materia, nonostante l'approccio alla giustizia riparativa nell'ambito penale minorile sia stato già sperimentato mediante l'adozione di prassi e protocolli d'intesa. Del pari, la nostra esperienza legislativa non presenta alcuna definizione né di giustizia riparativa né di mediazione penale, rappresentando, tale carenza, una delle principali criticità.
  Alcune possibili definizioni di giustizia riparativa sono, invece, contenute in fonti sovranazionali.
  Nei «Basic principles on the use of ristorative justice programs in criminal matters», elaborati dalle Nazioni Unite il 24 luglio 2002, la giustizia riparativa è definita come «qualunque procedimento in cui la vittima e il reo e, laddove appropriato, ogni altro soggetto o comunità lesi da un reato, partecipano attivamente insieme alla risoluzione delle questioni emerse dall'illecito, generalmente con l'aiuto di un facilitatore».
  Nella raccomandazione R (2010)1 sulle regole del Consiglio d'Europa in materia di probation, adottata dal Comitato dei Ministri il 20 gennaio 2010 nel corso della 1075ª riunione dei delegati dei Ministri, la giustizia riparativa viene descritta nel seguente modo: «Giustizia riparativa: comprende approcci e programmi basati su diversi postulati: a) la risposta portata al reato deve permettere di riparare, per quanto possibile, il danno provocato alla vittima; b) occorre portare gli autori di reato a comprendere che gli atti da loro commessi non sono accettabili e che hanno reali conseguenze per la vittima e per la società; c) gli autori di reato possono e devono assumersi la responsabilità delle loro azioni; d) le vittime devono avere la possibilità di esprimere i loro bisogni e di essere associate alle riflessioni che mirano a determinare come l'autore di reato deve riparare, al meglio, il danno che ha causato; e) la comunità è tenuta a contribuire a tale processo».
  La direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, descrive la giustizia riparativa come «qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale» (articolo 2, paragrafo 1, lettera d)).
  Più recentemente, la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 3 ottobre 2018 CM/Rec(2018)8 contiene la seguente definizione di giustizia riparativa: «Ogni processo che consente alle persone che subiscono pregiudizio, se vi acconsentono liberamente, di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dall'illecito, attraverso l'aiuto di un soggetto terzo formato ed imparziale».
  Nell'ordinamento italiano le norme che prevedono espressamente il ricorso a programmi di giustizia riparativa sono: 1) la sospensione del procedimento con messa alla prova (articolo 168-bis del codice penale, articolo 464-bis del codice di procedura penale, articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988); 2) il rinvio dell'udienza per i reati perseguibili a querela (articolo 29, comma 4, del decreto legislativo n. 274 del 2000); 3) l'affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 della legge n. 354 del 1975); 4) l'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità per i condannati minorenni (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 121 del 2018).
  Altre norme invece prevedono la rilevanza di condotte riparatorie e consentono il ricorso a programmi di giustizia riparativa: 1) il proscioglimento per irrilevanza del fatto (articolo 131-bis del codice penale); 2) l'estinzione del reato per remissione di querela (articolo 152 del codice penale); 3) l'estinzione del reato in seguito alla sospensione condizionale della pena (articolo del codice penale); 4) l'estinzione del reato per condotte riparatorie (articolo 162-ter del codice penale); 5) la liberazione condizionale (articolo 176 del codice penale); 6) l'oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative (articolo 162-bis del codice penale); 7) il tentativo di conciliazione per i reati perseguibili a querela (articolo 555, comma 3, del codice di procedura penale); 8) il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto (articolo 27, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988); 9) l'esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto (articolo 34, comma 1, del decreto legislativo n. 274 del 2000); 10) la semilibertà (articoli 48 e 50 della legge n. 354 del 1975).
  La giustizia riparativa si realizza attraverso un ampio catalogo di programmi e metodi, che condividono comunque tre elementi comuni: a) che l'offesa arrecata venga riconosciuta; b) che la giustizia venga ristabilita; c) che si affronti la questione delle future intenzioni delle parti.
  Le metodologie più utilizzate sono: il dialogo ripartivo (restorative circles e responsive circles); la mediazione penale (victim offender mediation); la mediazione allargata ai gruppi parentali (family group conferencing); i conference groups; i victim empathy groups; i victim impact panels.
  In ambito europeo, il modello maggiormente compiuto di giustizia riparativa è rappresentato dalla mediazione penale, della cui nozione si occupa specificamente la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa n. R(99)19 adottata il 15 settembre 1999, che definisce la mediazione penale come «qualsivoglia processo dove la vittima e l'autore di reato sono messi in condizione, se vi acconsentono liberamente, di partecipare alla soluzione delle questioni derivanti da un reato attraverso l'aiuto di un terzo indipendente».
  La decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, definisce la mediazione penale come «la ricerca, prima o durante il procedimento penale, di una soluzione negoziata tra la vittima e l'autore del reato, con la mediazione di una persona competente».
  In Italia la mediazione penale trova spazio soprattutto in ambito minorile. La possibilità di fare ricorso alla mediazione penale minorile non è però – come detto – espressamente prevista da una norma giuridica.
  Solo di recente il legislatore, con l'articolo 1 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, ha sancito che l'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato.
  Nelle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, di seguito «disposizioni sul processo minorile», non vi è alcun esplicito richiamo all'istituto della mediazione né ad altri programmi di giustizia riparativa e ciò sebbene la finalità delle norme processuali dedicate alle specifiche esigenze del minorenne siano quelle rieducative e di reinserimento del giovane, quindi coincidenti con quelle sottese alla mediazione penale minorile. Nel silenzio della legge, la sperimentazione delle attività di giustizia riparativa e di mediazione penale minorile è stata, di fatto, affidata alla discrezionalità dell'autorità giudiziaria nell'ambito dei poteri ad essa conferiti dalle disposizioni sul processo minorile. Ad esempio, l'articolo 28, comma 2, delle stesse disposizioni prevede la possibilità del giudice di indicare, nel provvedimento sospensivo del processo con cui si dispone la messa alla prova, prescrizioni «dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato». In questa sede l'attività di mediazione si propone, da una parte, di aiutare il minorenne a sviluppare un atteggiamento autoriflessivo e responsabilizzante sul proprio comportamento deviante e, da un'altra, di favorire un ruolo più attivo della vittima, chiamata a prendere la parola in prima persona sugli effetti distruttivi che il reato ha provocato e a ricercare con l'autore del gesto una significativa forma di riparazione.
  La mediazione offre, infatti, alle vittime minorenni e alle loro famiglie uno spazio inedito di accoglienza e di ascolto. La mediazione accoglie le narrazioni delle vittime in un contesto orientato a una lettura relazionale del fatto penalmente rilevante, per ricucire in modo positivo il legame sociale. Inoltre, l'articolo 9 delle disposizioni sul processo minorile permette al giudice e al pubblico ministero, nell'ambito dei poteri che consentono di assumere tutte le informazioni idonee a far luce sulla personalità del minorenne, di predisporre misure adeguate alla prioritaria finalità educativa. In questo caso, all'autorità giudiziaria è consentito rivolgersi all'ufficio per la mediazione già nella fase delle indagini preliminari. Infine, l'articolo 27 delle stesse disposizioni consente al pubblico ministero di chiedere al giudice il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, purché risultino la tenuità del fatto medesimo, l'occasionalità del comportamento e il pericolo di un pregiudizio delle esigenze educative del minorenne. In quest'ottica, il giudizio sulla tenuità del fatto comporta un'attenta analisi sia delle caratteristiche oggettive del fatto, sia di quelle soggettive ai sensi dell'articolo 133 del codice penale. Un'importanza fondamentale rivestono, infatti, le modalità della condotta, che potrebbero portare a ridimensionare la gravità del reato, da valutare tenendo conto non dei soli parametri utilizzati in rapporto alla devianza degli adulti, ma considerando anche la particolare situazione del minorenne come soggetto in età evolutiva. A sua volta, il giudizio sull'occasionalità del comportamento implica la necessità di reperire il maggior numero di informazioni circa le modalità comportamentali assunte dal giovane precedentemente alla commissione del fatto penalmente rilevante.
  Il fine della presente proposta di legge è disciplinare in ambito minorile la giustizia riparativa attraverso il metodo della mediazione penale, affinché sia resa effettiva e unitaria in tutto il territorio nazionale. Affermare un nuovo modello di giustizia risponde all'attuale necessità di un cambiamento di approccio nell'affrontare la devianza giovanile, resasi tanto più palese e urgente se si considera l'incremento degli episodi di violenza ad opera di adolescenti e di baby gang. È di questo parere anche l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, secondo la quale occorre favorire lo sviluppo della cultura della mediazione e, in generale, di ogni istituto atto a prevenire o risolvere con accordi i conflitti che coinvolgono i minorenni. Come spesso ricordato dall'Autorità, è necessario introdurre una normativa ad hoc per dare concreta e compiuta attuazione ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza sanciti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, e per contribuire a costruire una cultura inclusiva basata sul principio di non discriminazione. Obiettivi, questi ultimi, che corrispondono alle «Regole minime sull'amministrazione della giustizia dei minori» (cosiddette «Regole di Pechino»), adottate dall'Organizzazione delle Nazioni Unite il 29 novembre 1985, e ad altre fonti internazionali. L'idea di fondo è consentire al minorenne autore di un fatto illecito di prendere consapevolezza della propria condotta offensiva in modo da porvi rimedio. In virtù di ciò, la rapida fuoriuscita del minorenne dal circuito penale è tra i più importanti obiettivi a cui la giustizia minorile deve tendere. Infatti, se si considera che il comportamento criminale posto in essere in età giovanile può derivare dalla manifestazione di un disagio temporaneo e che la personalità dei minorenni, se supportata con opportuni interventi, può emanciparsi dalla condotta criminale, la mediazione penale rappresenta certamente uno degli strumenti più efficaci.
  Nella società attuale, recepire il modello della giustizia riparativa in ambito penale minorile e con esso la pratica della mediazione penale ha un profondo valore sociale, perché significa offrire al minorenne l'opportunità di attivarsi responsabilmente trovando una soluzione al disagio sociale che le azioni commesse esprimono. In quest'ottica la mediazione penale minorile si pone al servizio non solo dei singoli individui, ma dell'intera comunità, perché, attraverso il confronto e il dialogo, si favorisce il passaggio dalla violenza al ripristino della legalità.
  Per questo motivo, la carenza di una specifica normativa rappresenta un vuoto normativo, anche rispetto ad altri ordinamenti, europei ed extraeuropei, già dotati di una legislazione ad hoc.
  La presente proposta di legge si compone di otto articoli recanti disposizioni di carattere generale, le modalità di avvio e di accesso ai servizi di giustizia riparativa e mediazione penale minorile, le garanzie per lo svolgimento dei programmi di giustizia riparativa, la descrizione dei requisiti e delle attività afferenti alla figura professionale del mediatore, nonché gli effetti del programma di mediazione sul processo penale e sull'esecuzione della pena.
  L'articolo 1 contiene le definizioni giuridiche di «giustizia riparativa», «programma di mediazione penale minorile», «vittima», «familiare» e «parti». Lo scopo è quello di circoscrivere il significato dei termini giuridici adottati nel testo delineandone i caratteri essenziali. Risolvere il problema definitorio è, infatti, fondamentale per far comprendere chiaramente il contenuto delle formule letterali e per definire il loro campo di applicazione, limitando così i dubbi che possono derivare dall'interpretazione.
  L'articolo 2 individua le regole concernenti l'istituzione e l'organizzazione dei centri per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile, prevedendo, in particolare, che: in ogni distretto di corte di appello è costituito, con decreto del Ministro della giustizia, almeno un centro; i centri abilitati a svolgere i programmi di mediazione penale minorile sono iscritti in un apposito registro, istituito e tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia; i criteri e le modalità di iscrizione nel registro e di verifica periodica della sussistenza dei requisiti sono stabiliti da un regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia. Il regolamento ministeriale deve anche valorizzare, nell'individuazione dei criteri di iscrizione, l'esperienza dei centri di giustizia riparativa già operanti da tempo nel territorio nazionale, al fine di non disperdere le preziose competenze acquisite, continuando quindi ad essere un punto di riferimento fondamentale, ad esempio, per gli enti locali e le autorità giudiziarie.
  L'articolo 3 disciplina la fase di avvio della mediazione penale minorile. Secondo l'iter delineato, i promotori in grado di segnalare al centro competente per territorio le situazioni per le quali si ravvisi l'opportunità di avviare il programma di mediazione penale minorile sono il tribunale per i minorenni e la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, anche su richiesta dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni, dell'indagato, dell'imputato, della vittima e dei loro familiari anche per il tramite del difensore.
  L'articolo 4 precisa i compiti del centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile, al quale sono affidate le seguenti attività: esame delle richieste di accesso al programma di mediazione penale minorile, verificando la sussistenza delle condizioni di attivazione; svolgimento di uno o più colloqui preliminari con le parti coinvolte per acquisire il consenso alla partecipazione al programma di mediazione penale minorile e per fornire le informazioni necessarie sull'attività del centro; ascolto della vittima, dell'autore del fatto penalmente rilevante e dei loro familiari; proposta, sussistendone le condizioni, di uno o più percorsi di giustizia riparativa ritenuti adeguati, con accompagnamento delle parti coinvolte nelle diverse fasi e assistenza, ove richiesto, ai fini della riparazione concordata; comunicazione all'autorità giudiziaria e all'ufficio di servizio sociale per i minorenni dell'esito sintetico del programma, anche indicando i casi in cui il programma si è concluso con un impegno riparatorio del minorenne, che può avere un contenuto simbolico o materiale.
  L'articolo 5 stabilisce le modalità di avvio e di accesso al programma di mediazione penale minorile, ponendo l'attenzione, innanzitutto, sulla necessità che le parti coinvolte manifestino la loro adesione prestando un consenso volontario, libero e informato. Gli incontri devono essere consensuali, affinché ogni azione, materiale o simbolica, rappresenti il frutto dell'incontro interpersonale. In ragione di ciò, è del pari fondamentale che chiunque acceda ai programmi di giustizia riparativa sia informato sulle modalità con le quali vengono attivati, sulle finalità degli stessi e sul monitoraggio dei relativi esiti. Per questo motivo è anche previsto che il consenso sia prestato in forma scritta e possa essere revocato in qualsiasi momento nella medesima forma scritta. Il programma può essere avviato, senza alcuna preclusione legata alla fattispecie di reato, in tutte le fasi del procedimento penale e nella fase dell'esecuzione penale ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121. Il pubblico ministero può avviare il programma di mediazione penale minorile durante le indagini preliminari. Il giudice, quando avvia il programma, dispone con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a sei mesi, salvo che sia già disposta la sospensione del processo con messa alla prova. In caso di esito negativo del programma, la sospensione è revocata. Durante la sospensione, l'autorità giudiziaria deve essere informata circa lo stato del programma di mediazione penale minorile. La collocazione della mediazione anche nella fase delle indagini preliminari consente al minorenne di prendere coscienza immediatamente delle conseguenze derivanti dal reato commesso, al fine di promuovere un processo di responsabilizzazione nei confronti della vittima. Ai fini dell'avvio dei programmi di giustizia riparativa è previsto che l'autorità giudiziaria trasmetta al centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile competente le informazioni e gli atti necessari, acquisiti anche tramite la polizia giudiziaria, compresi i dati personali del soggetto sottoposto al procedimento e della vittima, nonché degli esercenti la responsabilità genitoriale.
  L'articolo 6 prevede le garanzie di accesso e di svolgimento del programma di mediazione penale minorile, con particolare riguardo alle caratteristiche professionali di cui il mediatore deve risultare in possesso ai fini dello svolgimento di tutti gli adempimenti e compiti propri del ruolo rivestito. Il mediatore è un soggetto terzo, imparziale e indipendente, che deve adempiere responsabilmente a tutti i doveri nascenti dall'avvio del programma, garantendo la correttezza di tutte le attività che scaturiscono dall'incontro congiunto delle parti. In tale ottica, si fa espresso riferimento all'attività informativa, prescrivendo obbligatoriamente che i soggetti che partecipano al programma debbano essere preliminarmente informati dal mediatore circa il significato, lo svolgimento e il potenziale esito del programma, comprese le modalità dell'accordo di riparazione conseguenti all'accordo raggiunto. L'articolo 6 definisce l'iter del programma di mediazione penale minorile nel quale deve essere pienamente garantita la dignità di tutte le parti. Nel corso del programma, è prevista la facoltà per le parti coinvolte di farsi assistere da un difensore e supportare da un mediatore linguistico-culturale. I mediatori sono obbligati a mantenere il segreto su confidenze o dichiarazioni fornite dal minorenne o apprese dai familiari o dalla vittima con riferimento al fatto illecito per cui si procede, altrimenti verrebbe meno il diritto alla riservatezza e all'ascolto protetto, che è il presupposto fondamentale dell'attività del mediatore.
  L'articolo 7 stabilisce che i requisiti e la formazione del mediatore sono individuati con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'istruzione. Con il medesimo decreto sono individuate anche le modalità di accesso ai percorsi formativi e di aggiornamento professionale dei mediatori.
  L'articolo 8 determina, infine, quali sono gli effetti del programma di mediazione penale minorile sull'iter giudiziario in cui esso è inserito. In particolare, è previsto che l'autorità giudiziaria tenga conto delle modalità con le quali si è svolto e si è concluso il programma di mediazione penale minorile ai fini delle decisioni giudiziarie, della valutazione dell'evoluzione della personalità del minorenne e del suo programma di reinserimento sociale. L'esito negativo del programma di mediazione penale minorile non può, invece, avere effetti ai fini delle decisioni giudiziarie e non può precludere l'accesso del minorenne alle misure alternative o ai benefìci penitenziari.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizioni)

  1. Ai fini della presente legge, si intende per:

   a) «giustizia riparativa»: qualunque procedimento che consente alla vittima e all'autore del fatto penalmente rilevante di partecipare insieme, attivamente e consensualmente, alla risoluzione delle questioni generate dal fatto;

   b) «programma di mediazione penale minorile»: procedimento di giustizia riparativa che coinvolge la vittima, il soggetto che, anche se maggiorenne, ha commesso da minorenne il fatto penalmente rilevante e, se opportuno, i loro familiari e la comunità lesa, con l'ausilio di un mediatore terzo, imparziale e indipendente;

   c) «vittima»: la persona fisica che ha subìto un danno, patrimoniale o non patrimoniale, causato dal fatto illecito o il familiare della persona la cui morte è stata causata direttamente dal fatto illecito e che ha subìto un danno in conseguenza della morte di tale persona;

   d) «familiare»: il coniuge, il convivente, i parenti fino al secondo grado e le persone a carico della vittima e dell'autore del fatto penalmente rilevante;

   e) «parti»: la vittima, l'autore del fatto penalmente rilevante, i loro familiari e la comunità lesa.

Art. 2.
(Centri per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile)

  1. In ogni distretto di corte di appello è istituito, con decreto del Ministro della giustizia, almeno un centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile.
  2. I centri per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile abilitati a svolgere i programmi di mediazione penale minorile sono iscritti in un apposito registro, istituito e tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia.
  3. I criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2 e di verifica periodica della sussistenza dei requisiti sono stabiliti da un regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia.

Art. 3.
(Avvio del percorso di mediazione penale minorile)

  1. Il tribunale per i minorenni e la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, anche su richiesta dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni, dell'indagato, dell'imputato, della vittima e dei loro familiari anche per il tramite del difensore, avviano il percorso di mediazione penale minorile mediante segnalazione al centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile competente per territorio.

Art. 4.
(Attività del centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile)

  1. Il centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile svolge le seguenti attività:

   a) esamina le richieste di accesso al programma di mediazione penale minorile, verificando la sussistenza delle condizioni di attivazione;

   b) svolge uno o più colloqui preliminari con le parti coinvolte, per acquisire il consenso alla partecipazione al programma di mediazione penale minorile e per fornire le informazioni necessarie sull'attività del centro;

   c) garantisce un ambiente sicuro ed accogliente e un'attività di ascolto a favore delle parti coinvolte;

   d) propone, sussistendone le condizioni, uno o più percorsi di giustizia riparativa ritenuti adeguati e accompagna le parti coinvolte nelle diverse fasi;

   e) garantisce l'assistenza, ove richiesto, ai fini della riparazione concordata tra le parti coinvolte;

   f) comunica all'autorità giudiziaria e all'ufficio di servizio sociale per i minorenni un documento sintetico sull'esito del programma di mediazione penale minorile, con l'indicazione dei casi in cui il programma si è concluso con un impegno riparatorio del minorenne, che può avere un contenuto simbolico o materiale

Art. 5.
(Modalità di avvio e di accesso al programma di mediazione penale minorile)

  1. Il programma di mediazione penale minorile può essere avviato, per qualsiasi fattispecie di reato, in tutte le fasi del procedimento penale e nella fase dell'esecuzione penale ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121.
  2. Il pubblico ministero può avviare il programma di mediazione penale minorile durante le indagini preliminari.
  3. Il giudice, quando avvia il programma di mediazione penale minorile, dispone con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a sei mesi, salvo che sia già disposta la sospensione del processo con messa alla prova ai sensi dell'articolo 28 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448. Durante la sospensione del processo l'autorità giudiziaria deve essere informata circa lo stato del programma di mediazione penale minorile. In caso di esito negativo del programma la sospensione è revocata.
  4. Ai fini dell'avvio del programma di mediazione penale minorile, l'autorità giudiziaria trasmette al centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale minorile competente per territorio le informazioni e gli atti necessari, acquisiti anche tramite la polizia giudiziaria, compresi i dati personali del soggetto sottoposto al procedimento e della vittima, nonché degli esercenti la responsabilità genitoriale.
  5. Per accedere al programma di mediazione penale minorile è necessario prestare il consenso, che deve essere volontario, libero e informato. Il consenso, acquisito dal mediatore designato, deve essere espresso in forma scritta, anche dall'esercente la responsabilità genitoriale ed è sempre revocabile.

Art. 6.
(Garanzie del programma di mediazione penale minorile)

  1. L'accesso e lo svolgimento del programma di mediazione penale minorile e di altri percorsi di giustizia riparativa sono gratuiti.
  2. Il mediatore è chiamato a svolgere la sua attività professionale, con terzietà e imparzialità rispetto agli interessi delle parti coinvolte nel programma di mediazione penale minorile e in altri percorsi di giustizia riparativa.
  3. Il mediatore deve garantire il pieno rispetto della dignità delle parti coinvolte.
  4. Il mediatore non può deporre sul contenuto di quanto appreso nell'ambito del programma di mediazione penale minorile o nel corso delle attività svolte in ordine al reato per cui si procede o per il quale è intervenuta la condanna.
  5. I mediatori e tutto il personale coinvolto nel programma di mediazione penale minorile e in altri percorsi di giustizia riparativa che vengono a conoscenza degli atti processuali acquisiti e del contenuto delle attività svolte sono tenuti al dovere di riservatezza.
  6. È facoltà delle parti coinvolte nel programma di mediazione penale minorile richiedere l'assistenza di un difensore e il supporto di un mediatore linguistico-culturale
  7. Le parti coinvolte nel programma di mediazione penale minorile devono essere preliminarmente informate dal mediatore in merito al significato, allo svolgimento e ai possibili esiti del programma.
  8. Il documento sintetico sull'esito del programma di mediazione minorile, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), non deve rivelare i contenuti delle discussioni tra le parti, né esprimere alcun giudizio sul comportamento delle parti stesse.
  9. L'adempimento di attività o impegni nascenti dal programma di mediazione penale minorile e dall'eventuale accordo di riparazione deve essere libero e volontario.
  10. L'adesione al programma di mediazione penale minorile o a un altro percorso di giustizia riparativa non può essere valutata quale ammissione di colpevolezza.
  11. Le dichiarazioni rese dalle parti che hanno partecipato al programma di mediazione penale minorile o ad altri percorsi di giustizia riparativa non possono essere utilizzate in relazione al reato per cui si procede o per il quale è intervenuta la condanna.
  12. Il mediatore può interrompere il programma di mediazione penale minorile quando risulta necessario assicurare la sicurezza di una o più delle parti.

Art. 7.
(Requisiti e formazione del mediatore)

  1. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'istruzione, sono individuati i requisiti e i criteri per l'esercizio dell'attività professionale di mediatore ai sensi dell'articolo 6. Con lo stesso decreto sono, altresì, individuate le modalità di accesso a percorsi formativi e di aggiornamento professionale dei mediatori.

Art. 8.
(Effetti sul procedimento penale e sull'esecuzione della pena)

  1. L'autorità giudiziaria tiene conto delle modalità con le quali si è svolto e si è concluso il programma di mediazione penale minorile ai fini delle decisioni giudiziarie, della valutazione dell'evoluzione della personalità del minorenne e del suo programma di reinserimento sociale.
  2. L'esito negativo del programma di mediazione penale minorile non ha effetti ai fini delle decisioni giudiziarie e non preclude l'accesso alle misure alternative o ai benefìci penitenziari.