XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1584
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MENGA, RIZZO, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, ASCARI, BOLOGNA, CATALDI, CORNELI, COSTANZO, D'ARRANDO, SABRINA DE CARLO, DE GIROLAMO, DEIANA, DEL MONACO, GALANTINO, GALIZIA, GIANNONE, GIULIODORI, GRIMALDI, IANARO, IOVINO, MAMMÌ, MARIANI, MELICCHIO, NAPPI, NESCI, OLGIATI, PARENTELA, PENNA, RIZZONE, ROMANIELLO, SCERRA, SERRITELLA, ELISA TRIPODI, TUZI, VILLANI, LEDA VOLPI
Modifiche all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di diritto di scelta della sede di lavoro per i lavoratori che assistono familiari affetti da disabilità
Presentata il 7 febbraio 2019
Onorevoli Colleghi! – Coniugare le esigenze familiari con quelle lavorative è un'impresa difficile per tutti, ma lo è ancora di più per i lavoratori che assistono familiari disabili e per gli stessi lavoratori disabili. In queste difficoltà giocano un ruolo fondamentale la sede di lavoro, la scelta della sede di lavoro, la richiesta di trasferimento e il rifiuto al trasferimento. Di tale aspetto si occupa l'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Un ulteriore danno alla serenità familiare è anche provocato dalla difficoltà riscontrata da parte del lavoratore, assegnato o trasferito a seguito di richiesta presentata per l'ottenimento dei benefìci previsti dall'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, di mantenere la sede di lavoro assegnata a tale titolo anche qualora vengano meno le condizioni legittimanti la sua allocazione.
I commi 5 e 6 dell'articolo 33 della legge n. 104 del 1992 prevedono che il familiare lavoratore e il lavoratore disabile hanno diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Questa disposizione, proprio a causa di quel «ove possibile», si configura come un interesse legittimo, ma non come un diritto soggettivo insindacabile. Lo stesso Consiglio di Stato nelle proprie pronunce (ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze n. 1828 del 28 marzo 2012, n. 4218 del 21 agosto 2013, e n. 4671 del 9 ottobre 2017) stabilisce che tale disposizione «non cristallizza in capo al dipendente un diritto soggettivo perfetto al trasferimento, tale da prevalere sempre e comunque sulle contrapposte esigenze organizzative dell'Amministrazione, al contrario, si è in presenza di un mero interesse pretensivo, pur se, per così dire, particolarmente “rafforzato”». Di fatto, quindi, il datore di lavoro può opporre rifiuto motivandolo con ragioni di organizzazione dell'attività lavorativa. Questa al momento è la tendenza interpretativa prevalente anche in sede giurisprudenziale. Eppure, il trasferimento ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 è disposto a vantaggio e nell'interesse esclusivo del disabile e non del richiedente né del datore di lavoro. Inoltre, l'interpretazione ormai consolidata è che l'agevolazione riguardi le persone con disabilità con connotazione di gravità, beneficiarie di tutte le agevolazioni previste dall'articolo 33 della legge n. 104 del 1992. Quest'annotazione è necessaria in quanto il comma 5 non indica esplicitamente la gravità della disabilità. I commi 5 e 6 prevedono, altresì, che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile non possano essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede. Diversamente da quanto previsto per la scelta della sede, il rifiuto al trasferimento si configura come un vero e proprio diritto soggettivo. Si tratta, infatti, di una disposizione che rafforza ed estende quanto già stabilito dal codice civile all'articolo 2103 che prevede, fra l'altro, che il lavoratore non possa essere trasferito da un'unità produttiva a un'altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Il comma 5 dell'articolo 33 aggiunge a questa condizione, oltre alle ragioni illustrate, anche il consenso da parte dell'interessato. In caso di violazione si può ricorrere al giudice con ampie probabilità che l'impresa soccomba in giudizio. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3411/2012, ha definitivamente affermato l'applicabilità della legge n. 104 del 1992 così come modificata dal cosiddetto «collegato lavoro», cioè la legge n. 183 del 2010, anche ai militari e alle Forze dell'ordine.
Con la presente proposta di legge si intende meglio specificare, all'articolo 1, che grava sul datore di lavoro pubblico o privato l'obbligo giuridico di motivare per scritto l'eventuale diniego alla richiesta di assegnazione o trasferimento avanzata dal lavoratore.
L'articolo 2 sancisce l'applicazione della disciplina generale, normativa e contrattuale, in materia di trasferimenti al fine di salvaguardare la posizione del lavoratore assegnato o trasferito al venir meno delle condizioni di cui al comma 3 dell'articolo 33 della legge n. 104 del 1992 legittimanti l'assegnazione o il trasferimento.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di motivazione del diniego di assegnazione o trasferimento alla sede di lavoro più vicina)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora il datore di lavoro pubblico o privato non ritenga possibile l'assegnazione o il trasferimento del lavoratore alla sede di lavoro più vicina a seguito della richiesta da questo presentata ai sensi del primo periodo, deve motivarne per scritto il rigetto; in mancanza di ciò, il rigetto si presume ingiustificato»;
b) al comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applica la disposizione del secondo periodo del comma 5».
Art. 2.
(Modifiche all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di mantenimento della sede di lavoro assegnata)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come da ultimo modificato dall'articolo 1 della presente legge, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Qualora vengano meno le condizioni indicate al comma 3, il lavoratore assegnato o trasferito a seguito di richiesta presentata ai sensi del comma 5 mantiene la sede di lavoro assegnata a tale titolo. Per eventuali trasferimenti successivi si applica la disciplina prevista in via generale dagli atti normativi o contrattuali che regolano il rapporto di lavoro o di servizio»;
b) al comma 7, le parole: «commi 1, 2, 3, 4 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1, 2, 3, 4, 5 e 5-bis».
2. Alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 981 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, le parole: «comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 5 e 5-bis».