FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1510

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata BARTOLOZZI

Modifica all'articolo 188 del codice penale, in materia di trasmissibilità delle spese per il mantenimento del condannato

Presentata il 16 gennaio 2019

  Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge interviene sulla disciplina dell'intrasmissibilità agli eredi delle spese sostenute dallo Stato per il mantenimento dei detenuti negli istituti penitenziari, attualmente prevista dal secondo comma dell'articolo 188 del codice penale.
  In particolare, è di questi giorni la notizia che il Ministero della giustizia ha un credito di circa 2 milioni di euro nei confronti del boss mafioso Riina, condannato a ventisei ergastoli.
  Eppure, che le mafie incassino ingenti quantità di denaro è un fatto non solo noto all'opinione pubblica, ma confermato dagli esiti di un recente studio condotto nell'ambito della ricerca «Gli investimenti delle mafie», commissionato dal Viminale al centro di ricerca «Transcrime» dell'università Cattolica di Milano.
  I soldi che finiscono nelle tasche della ’ndrangheta, della camorra, di Cosa nostra e della Sacra corona unita sono solo una parte – tra il 32 per cento e il 51 per cento – dei ricavi che generano ogni anno le attività illegali, pari in media a 25,7 miliardi di euro, equivalenti a circa l'1,7 per cento del prodotto interno lordo.
  Alla luce di tali stime, nonostante la presenza nel nostro ordinamento di numerosi strumenti, dal sequestro alla confisca, tramite i quali il mafioso è privato dei beni mobili e immobili accumulati illecitamente, è – di fatto – estremamente complesso distinguere tra beni lecitamente posseduti e beni frutto di attività mafiose.
  Il citato articolo 188 del codice penale così recita: «Il condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, a norma delle leggi civili.
  L'obbligazione non si estende alla persona civilmente responsabile, e non si trasmette agli eredi del condannato».
  Sulla natura delle spese di mantenimento negli stabilimenti di pena si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 98 del 1998: muovendo dalla natura delle spese di mantenimento ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 188, secondo comma, del codice penale nella parte in cui non prevede la non trasmissibilità agli eredi dell'obbligo di rimborsare le spese del processo penale.
  Dal principio di cui all'articolo 27 della Costituzione, ovvero dal carattere personale della responsabilità penale, scaturisce – secondo la Corte – la natura personale delle obbligazioni di mantenimento negli stabilimenti di pena: proprio per questo l'articolo 188, secondo comma, dichiara la relativa obbligazione intrasmissibile agli eredi e al responsabile civile. L'inserimento di tale obbligazione tra «le conseguenze civili del reato» perde, secondo la Corte, a fronte della disciplina riservatale, la sua già sbiadita attitudine classificatoria. La necessità di un uguale trattamento tra le due obbligazioni, di rimborso delle spese di mantenimento e processuali, si giustifica, allora, per la loro uguale natura.
  Si riportano, di seguito, i passaggi fondamentali del ragionamento della Corte costituzionale:

   l'istituto della remissione del debito, che ha natura premiale, si applica sia all'obbligo di rimborso delle spese di mantenimento negli stabilimenti di pena, sia all'obbligo di rimborso delle spese processuali;

   ciò significa che il debito di mantenimento e di rimborso delle spese processuali hanno natura simile a quella della pena: si tratta, cioè, per usare le parole della Corte, di «sanzioni economiche accessorie alla pena, in qualche modo partecipi del regime giuridico e delle finalità di questa», in particolare della finalità di rieducazione che la Costituzione all'articolo 27, terzo comma, attribuisce alla pena; il carattere della personalità che la Costituzione assegna alla pena si applica inevitabilmente anche alle obbligazioni al rimborso delle spese di mantenimento e delle spese processuali: ove l'intrasmissibilità sia dichiarata esplicitamente per le spese di mantenimento, lo stesso deve, dunque, accadere per le obbligazioni di rimborso delle spese processuali.

  Fatta la superiore premessa e avuto riguardo alle dimensioni che il fenomeno ha assunto nell'arco di un ventennio ad oggi, è necessario garantire una maggiore tutela delle ragioni di Stato.
  La presente proposta di legge permetterebbe, infatti, di colpire i patrimoni accumulati dagli autori di determinati ed efferati delitti con il duplice scopo di recuperare il debito sorto con lo Stato e al contempo impedire che di tali patrimoni illeciti beneficino gli eredi.
  In tale direzione, come noto, il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, consente l'adozione di misure patrimoniali sia quando il soggetto destinatario della loro applicazione muoia nel corso del procedimento di prevenzione, sia nell'ipotesi in cui ciò avvenga prima della sua instaurazione.
  Nel primo caso, il procedimento già avviato nei confronti del proposto prosegue, alla sua morte, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa (articolo 18, comma 2); nell'altro caso, invece, la proposta di confisca (che può avere ad oggetto sia i beni pervenuti per successione ereditaria sia i beni che, al momento del decesso, erano nella disponibilità di fatto del de cuius ma fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, come recita la sentenza n. 12621 del 16 marzo 2017 delle sezioni unite della Corte di cassazione penale) può essere avanzata nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare del soggetto nei confronti del quale poteva essere disposta.
  Lo scopo così perseguito dal legislatore è individuato nell'intento di eliminare dal circuito economico, collegato ad attività e soggetti criminosi, beni dei quali non venga fornita una dimostrazione di lecita acquisizione (sentenza n. 4880 del 26 giugno 2014 delle sezioni unite della Corte di cassazione, depositata il 2 febbraio 2015, ricorrente Spinelli, rivista 262604).

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Dopo il secondo comma dell'articolo 188 del codice penale è aggiunto il seguente:

   «Nei casi di condanna per il reato di cui all'articolo 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dall'articolo 12, commi 3 e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero per il reato di cui all'articolo 416-bis o all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati con finalità di terrorismo anche internazionale, le obbligazioni di cui al primo comma si trasmettono ai successori a titolo universale o particolare del condannato, nei limiti della massa ereditaria e comunque entro il termine di cinque anni dal decesso».