FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1193

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LOLLOBRIGIDA, MELONI, OSNATO, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Disposizioni per agevolare il recupero dei crediti in sofferenza e favorire e accelerare il ritorno in bonis del debitore ceduto

Presentata il 25 settembre 2018

  Onorevoli Colleghi! — Il sistema sociale e produttivo italiano è gravato da una pesante zavorra finanziaria e bancaria da cui non riesce a liberarsi, che ne compromette le possibilità di ripresa. Oltre un milione e duecentomila soggetti, famiglie, professionisti e imprese, hanno debiti ormai deteriorati, spesso tartassati da chi intende riscuoterli, talvolta con strumenti e pratiche che potremmo definire di «stalking bancario», la cui cronaca, purtroppo, è zeppa di episodi drammatici.
  Di contro vi sono soggetti finanziari, spesso stranieri, che ne hanno approfittato, con margini di profitto che potremmo definire da usura, di gran lunga superiori a quelli che si possono realizzare in altri mercati europei.
  I soggetti in campo sono tre, con ben diversi rapporti di forza: le banche, che sono costrette a cedere i crediti deteriorati a prezzi estremamente bassi pur di rientrare nei limiti determinati dalla Banca centrale europea (BCE); i soggetti debitori, spesso costretti a cedere o a cessare la propria attività gravata da debiti non rimborsabili, ancorché la stessa potrebbe essere salvata e riportata in attivo; i soggetti finanziari, che lucrano su questa duplice debolezza con margini di guadagno francamente inaccettabili. Su tutto, un sistema produttivo e sociale che non riesce a liberarsi del passato, per riprendere a produrre e a sperare.
  Di questo si occupa la presente proposta di legge, con l'obiettivo di liberare dalla schiavitù del debito chi ha già pagato il prezzo più alto della crisi finanziaria ed economica, appunto oltre un milione di soggetti, famiglie e imprese: una parte significativa della realtà nazionale!
  La nostra proposta è semplice e di immediata realizzazione e intende attuare un principio di equità tra le parti in campo, garantendo un giusto ma limitato guadagno a chi ha in mano il debito di famiglie e imprese e, nel contempo, realizzando una sorta di «sanatoria» dei crediti deteriorati: un vero e proprio riscatto che consenta a famiglie e imprese di liberarsi dall'incubo della schiavitù del debito e ricominciare a vivere e produrre.
  La proposta di legge riguarda appunto i cosiddetti «NPL», acronimo che esprime la locuzione inglese «non performing loans» (prestito non redditizio), traducibile come credito deteriorato, con il quale si indicano i crediti la cui riscossione è diventata incerta da parte delle banche.
  Come è noto, il deterioramento della qualità del credito delle banche è una delle principali cause di fragilità del sistema finanziario, che porta generalmente alle crisi bancarie, il cui costo viene pagato poi di fatto da tutti i cittadini per le conseguenze nefaste sul sistema produttivo, e non solo da azionisti e da risparmiatori.
  Una banca infatti, può essere considerata solida se solidi sono i suoi crediti e, sebbene gli NPL possano essere considerati un elemento fisiologico di una banca, è necessario che siano ridotti al minimo, perché, se superano un certo livello, la banca subirà delle conseguenze che influenzeranno la sua redditività e il suo patrimonio di vigilanza, che è la quantità di capitale che ogni banca deve detenere per soddisfare i requisiti di vigilanza prudenziale previsti dalla normativa di Basilea 2.
  La diretta conseguenza sarà una minor disponibilità di capitale da poter impiegare per la concessione di ulteriori prestiti, fenomeno che ha particolarmente colpito il sistema sociale e produttivo italiano in questi dieci anni di crisi.
  Le banche italiane sono infatti storicamente strettamente legate all'andamento delle imprese italiane, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni. A dimostrazione di ciò è evidente come il crollo delle piccole e medie imprese (PMI) abbia coinciso con un aumento delle esposizioni deteriorate delle banche, proprio perché le imprese italiane sono in stato di insolvenza o non riescono a onorare i debiti a causa delle avverse difficoltà economiche e, di riflesso, questo colpisce le famiglie italiane, anch'esse in difficoltà nel pagare mutui e prestiti bancari. Tale fenomeno, tra l'altro, ha aggravato la crisi del settore edilizio, da sempre volano dell'economia nazionale.
  Agli effetti della crisi economica e alle cattive pratiche gestionali di alcune banche si sono sommati quelli legati alla lentezza delle procedure di recupero dei crediti. In Italia i tempi per chiudere un fallimento sono doppi rispetto alla media degli altri principali Paesi europei, le procedure di recupero dei crediti procedono a rilento e, di conseguenza, le esposizioni non performing sono mantenute in bilancio dalle banche italiane molto più a lungo rispetto agli altri Paesi europei (in media circa sei anni).
  Le autorità italiane, per arginare il problema, negli ultimi anni hanno approvato alcune modifiche legislative in grado di accelerare i tempi di recupero dei crediti: a partire dalla prima riforma della legge fallimentare, nell'agosto 2015 e, a seguire, il cosiddetto decreto salva-banche del 22 novembre 2015, n. 183 (che ha azzerato i diritti di azionisti e obbligazionisti delle quattro banche: Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio di Chieti Spa) che ha introdotto ulteriori misure volte al contenimento dei tempi del recupero dei crediti.
  Il decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, ha istituito e regolato la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS) finalizzata ad agevolare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza dai bilanci delle banche. Per ogni banca che ne potrà usufruire, attraverso la GACS, verrà creata una bad bank che cederà i crediti deteriorati ivi confluiti; con la cartolarizzazione, una banca trasforma i propri stock di crediti in altri titoli negoziabili sul mercato.
  In base alle nuove linee guida sui crediti deteriorati da parte della BCE, a partire dal 2018, inoltre le banche devono liberarsi degli NPL in tempi molto più rapidi rispetto al passato e non potranno utilizzare margini di discrezionalità sulla loro valutazione (cosa che ha consentito finora di ammorbidire il peso di tali sofferenze sui bilanci).
  Le cessioni di portafogli di crediti deteriorati sono state effettuate dalle banche nel recente periodo, con prezzi molto vantaggiosi per gli acquirenti cessionari, grazie anche al momento di drammatica urgenza in cui sono avvenute. D'altra parte, nel medesimo periodo e in vista delle cessioni, le banche cedenti non avevano accettato o non negoziavano la chiusura transattiva delle posizioni con i debitori.
  Il profitto delle società cessionarie è notevole soprattutto in Italia rispetto alla media europea; esse acquistano dalle banche gli NPL a prezzi vantaggiosissimi, realizzando notevoli margini di guadagno, tanto che le stesse banche italiane hanno costituito, a loro volta, società proprie cui cedere i loro stessi crediti deteriorati, fenomeno che evidenzia quali opportunità di mercato vi siano, in cui i forti prevalgono sui deboli.
  Tutto ciò, infatti, ricade sulle spalle dei debitori ceduti, che devono rispondere ai soggetti cessionari diventati creditori dei loro debiti, i quali non operano in una prospettiva bancaria, ma di legittimo massimo profitto di realizzo dei crediti rispetto al loro prezzo di acquisto.
  Ciò ha determinato una certa aggressività nei recuperi dei crediti che rischia di compromettere il già fragile tessuto delle imprese italiane, ma anche delle famiglie e dei liberi professionisti, come emerge ogni giorno anche dalla cronaca.
  Con la presente proposta di legge si vuole consentire ai soggetti debitori in sofferenza, ma che hanno ancora la possibilità di rimettersi in gioco, di estinguere il proprio debito a un prezzo ragionevole, facendo al contempo conseguire al creditore cessionario un giusto profitto.
  Dai recenti dati forniti dalla Banca d'Italia si evince che i debitori in sofferenza sono per la maggior parte famiglie e piccoli imprenditori, quindi le misure previste dalla nostra proposta si rivolgono ad una platea di circa un milione di destinatari, cui si offre l'opportunità di tornare in bonis, con ciò contribuendo al rilancio dei consumi e degli investimenti e con le conseguenti ricadute sul sistema economico-produttivo nazionale, riaprendo al contempo il loro accesso al credito.
  Naturalmente devono ricorrere determinati presupposti: i crediti ceduti devono essere frutto delle crisi economiche e bancarie degli ultimi anni (per cui devono essere classificati come deteriorati tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2018); non devono essere inferiori a 25.000 euro e superiori a 25 milioni e potranno essere estinti mediante il pagamento di un importo pari al prezzo di acquisto della posizione debitoria da parte della società cessionaria, maggiorato di una data percentuale. A tal fine, si prevedono stringenti obblighi informativi da parte della banca (soggetto cedente) e della società cessionaria.
  L'estinzione del debito, così come definito dalla presente proposta di legge, comporterà l'automatica cancellazione della posizione debitoria in sofferenza dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia, riammettendo così pienamente il debitore al circuito del credito bancario. Ciò consentirà appunto di liberare dalla schiavitù del debito oltre un milione di soggetti, con evidenti conseguenze positive sul tessuto sociale e produttivo del Paese e su famiglie e imprese, chiudendo una triste pagina della crisi finanziaria e bancaria che ha colpito spesso proprio i più deboli.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e ambito di applicazione)

  1. La presente legge reca disposizioni volte ad agevolare il recupero dei crediti in sofferenza e a favorire e accelerare il ritorno in bonis del debitore ceduto, al fine di contribuire allo sviluppo e alla competitività del sistema economico produttivo nazionale, anche attraverso misure che favoriscano l'accesso al credito per le famiglie, i liberi professionisti e le piccole e medie imprese (PMI), nel rispetto della normativa europea in materia.
  2. Le disposizioni della presente legge si applicano alla cessione di crediti qualificati come deteriorati in base alle disposizioni dell'autorità competente e ceduti a terzi, di seguito denominati «società cessionarie», da banche e intermediari finanziari iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di seguito denominati «soggetti cedenti», quando:

   a) il credito ceduto sia classificato come deteriorato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2018, ai sensi della circolare della Banca d'Italia n. 272 del 30 luglio 2008, e successivi aggiornamenti;

   b) il titolare della posizione debitoria ceduta, di seguito denominato «debitore», sia una persona fisica ovvero un'impresa rientrante nella categoria delle microimprese e delle PMI, ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003;

   c) il credito di cui alla lettera a) sia ceduto dal soggetto cedente alla società cessionaria, nell'ambito di una cessione di portafoglio ovvero di operazioni di cartolarizzazione, sia in sede volontaria che nel corso di procedure di risoluzione o concorsuali, entro il 31 dicembre 2019.

Art. 2.
(Diritto di opzione del debitore)

  1. Al ricorrere dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 2, il debitore ha il diritto di estinguere una o più delle proprie posizioni debitorie di valore non inferiore, singolarmente, a euro 25.000 e, complessivamente, a euro 25.000.000, in essere presso una singola società cessionaria, mediante pagamento, a saldo di quanto dovuto, di un importo pari al prezzo di acquisto del credito ceduto da parte della società cessionaria, aumentato del 20 per cento.
  2. Ai fini di cui al comma 1:

   a) il valore delle posizioni debitorie è determinato dall'ammontare complessivo lordo e nominale di ciascun credito ceduto, quale risultante dalle scritture contabili della società cessionaria all'atto dell'acquisto del credito, ovvero dall'ultimo saldo comunicato al debitore dalla stessa società;

   b) il prezzo di acquisto del credito ceduto da parte della società cessionaria è calcolato in base al rapporto percentuale tra il valore nominale lordo del credito e il prezzo di acquisto dei crediti tra i quali rientra la posizione debitoria di cui si chiede l'estinzione.

Art. 3.
(Esercizio del diritto di opzione)

  1. Affinché il debitore possa esercitare il diritto di opzione ai sensi dell'articolo 2, il soggetto cedente e la società cessionaria sono tenuti a comunicare tempestivamente in forma scritta al debitore l'avvenuta cessione della sua posizione debitoria, entro dieci giorni dalla stessa. La comunicazione deve contenere l'indicazione del prezzo di acquisto, determinato ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera b), e un'idonea documentazione atta a comprovare la completezza e la veridicità di quanto dichiarato.
  2. L'esercizio del diritto di opzione deve essere comunicato in forma scritta dal debitore alla società cessionaria, o ai suoi successivi aventi causa, entro trenta giorni dalla data della comunicazione di cui al comma 1. La comunicazione deve contenere l'impegno irrevocabile ad effettuare il pagamento in conformità a quanto disposto dall'articolo 2 entro il termine massimo di novanta giorni, salvo diverso accordo tra le parti, nonché l'indicazione dell'indirizzo cui inviare le successive comunicazioni.

Art. 4.
(Norme transitorie)

  1. Per le cessioni di crediti già effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge:

   a) la comunicazione di cui all'articolo 3, comma 1, deve essere fatta entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e l'esercizio del diritto di opzione di cui al citato articolo 3, comma 2, deve essere comunicato dal debitore nei successivi trenta giorni;

   b) qualora la società cessionaria abbia già notificato al debitore un atto introduttivo del giudizio o un atto stragiudiziale, il diritto di opzione può essere esercitato dal debitore entro trenta giorni dalla data della notifica;

   c) qualora il termine di cui alla lettera b) sia scaduto ovvero il procedimento giudiziario o la procedura stragiudiziale sia già in corso, la percentuale di cui all'articolo 2, comma 1, è fissata nella misura del 40 per cento, salvo diverso accordo tra le parti.

Art. 5.
(Cancellazione dall'archivio della Centrale dei rischi della Banca d'Italia)

  1. L'avvenuto pagamento del debito ai sensi della presente legge comporta, oltre all'estinzione del debito, l'automatica cancellazione della posizione debitoria in sofferenza dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia.