XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1166
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
TOCCAFONDI, LORENZIN, COLUCCI, TABACCI, LUPI,
SOVERINI, TONDO
Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione nella scuola primaria e secondaria
Presentata il 17 settembre 2018
Onorevoli Colleghi! — La storia dell'educazione civica nella scuola della Repubblica ha il suo prologo nell'Assemblea costituente del 1947, dove fu votato all'unanimità, «con vivi prolungati applausi», un ordine del giorno presentato da Aldo Moro, in cui si chiedeva: «che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico nella scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sicuro retaggio del popolo italiano».
A distanza di oltre dieci anni dall'Assemblea costituente, lo stesso Aldo Moro, divenuto Ministro della pubblica istruzione, poté introdurre l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole secondarie, istituito e regolato con il decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 1958, n. 585.
L'insegnamento della storia veniva così ridenominato «Storia ed educazione civica»; tuttavia, il voto era unico per le due materie, sicché i contenuti dell'educazione civica, pur previsti entro un contenitore curricolare «forte» come la storia, scivolarono lentamente nella marginalità, tanto da assumere quasi il carattere di appendice facoltativa, ininfluente sul profitto degli studenti. I nuovi programmi della scuola elementare (1985) e quelli della scuola media (1962 e 1979) diedero nuovo smalto al contenuto e al metodo dell'educazione civica, ma non riuscirono a riscattarla dalla marginalità.
Nel 1996, in base ad un voto unanime del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e a due mozioni parlamentari, l'allora Ministro della pubblica istruzione Giancarlo Lombardi affidò ad una commissione il compito di ripensare il decreto Moro, alla luce di vari eventi sociali, dei documenti degli organismi sovranazionali, dall'UNESCO al Consiglio d'Europa all'Organizzazione mondiale della sanità, per rinforzare l'educazione civica, anche sul piano curricolare, dando particolare rilievo alla nostra Costituzione.
Ne uscirono la direttiva n. 58 dell'8 febbraio 1996, che presentava l'ampio documento «Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale», e uno schema di decreto, contenente un «curricolo continuo di educazione civica e cultura costituzionale»: questo testo era stato discusso, emendato e approvato all'unanimità dal CNPI. Il decreto che sanciva questo nuovo curricolo non venne però mai alla luce a causa della fine del Governo Dini (1996).
La materia è stata successivamente ripresa dalla legge di delega n. 53 del 2003, d'iniziativa del Ministro dell'istruzione Letizia Moratti, che, all'articolo 2, comma 1, lettera f), prevede l'obiettivo di «educare ai princìpi fondamentali della convivenza civile». Le conseguenti indicazioni nazionali relative al primo ciclo (allegato B al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59) articolavano la convivenza civile in sei «educazioni»: alla cittadinanza, alla sicurezza stradale, all'ambiente, alla salute, all'alimentazione, all'affettività e sessualità. Le prime tre sono basate sulla realtà ambientale e sulle leggi, le seconde tre sono relative agli aspetti esistenziali vissuti dai ragazzi.
La difficoltà di articolare in termini operativi un curricolo così complesso rese problematica questa parte delle indicazioni, sospesa fra trasversalità e disciplinarità. Nonostante l'impegno di molti, la proposta non ebbe fortuna.
Neanche il successivo Ministro Giuseppe Fioroni ebbe maggior fortuna: lasciò cadere le sei educazioni, sebbene qualcuno facesse notare con preoccupazione che si compivano passi indietro rispetto al decreto Moro, togliendo anche un minimo spazio curricolare all'educazione civica e in particolare allo studio della Costituzione.
Cercò di reagire l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, ricordando Aldo Moro, chiese che «la Carta costituzionale e le sue disposizioni vengano sistematicamente insegnate, studiate e analizzate nelle scuole italiane, per offrire ai giovani un quadro di riferimento indispensabile a costruire il loro futuro di cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri».
Occorre perciò il coraggio di ripensare la Carta che fonda e orienta la convivenza civile, non come appendice facoltativa o come rituale richiamo ai «sacri princìpi», dati per noti e rispettabili, anche se di fatto sono per lo più ignoti e poco rispettati, ma come criterio guida per legiferare, per amministrare, per educare: e anche come materia da insegnare, sia pure in termini non specialistici.
A cinquant'anni dal decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 1958, n. 585, controfirmato da Aldo Moro, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 1° agosto 2008, su proposta del Ministro Mariastella Gelmini, riproposto con alcune varianti come decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, e approvato con ulteriori lievi varianti dal Parlamento con la legge 30 ottobre 2008, n. 169, ha inteso riprendere e qualificare il disegno originario, lanciando una campagna di formazione degli insegnanti e una sperimentazione nazionale della materia «Cittadinanza e Costituzione».
Sono trascorsi sessanta anni da quando il Presidente Moro aveva intuito la necessità di una dimensione educativa che formi i giovani cittadini ai princìpi che consentono lo sviluppo civile della società italiana. Nella scuola si assiste da anni a un progressivo indebolirsi del senso di responsabilità e del rispetto reciproco, che rende sempre più difficile il lavoro degli insegnanti e più faticoso l'apprendimento degli studenti, soprattutto di quelli più fragili. Imparare a essere cittadini è un obiettivo raggiungibile, il cui perseguimento non è più rinviabile.
Il valore della memoria; l'affermazione dei concetti di pace, fratellanza e libertà nella costruzione della coscienza del bambino-cittadino; il riconoscimento del valore del ricordo delle conquiste e dei sacrifici di chi ci ha preceduto: tutto ciò muove dalla conoscenza delle nostre radici e della nostra identità, Di ciò che siamo stati, siamo e saremo. Non possiamo permetterci di affidare un mattone così importante della coesione sociale alla spontaneità, sempre più spesso estemporanea, dell'educazione familiare o dei percorsi individuali di educazione non formale.
È necessario apprendere fin dalla scuola dell'infanzia la dimensione della cittadinanza, con i suoi diritti e i suoi doveri, che affianca lo sviluppo individuale e consente la piena realizzazione di sé. Essa, infatti, secondo quanto è già disposto negli ordinamenti scolastici e contenuto in questa proposta di legge, dovrebbe articolarsi nella conoscenza della Costituzione, dei princìpi giuridici fondamentali, tra i quali in modo preminente il principio di eguaglianza nelle sue espressioni più cogenti, quali il contrasto delle disparità fondate sul sesso, sull'origine etnica, sulla diversità di religione nonché il principio di legalità. Ad essa dovrebbero aggiungersi l'approfondimento delle conoscenze sui rudimenti dei sistemi di governo, sul funzionamento delle istituzioni, nonché sulle regole e sulle istituzioni europee, e la conoscenza degli elementi fondamentali del diritto, in particolare del diritto del lavoro. Non potrà, poi, mancare un segmento importante da dedicare all'educazione ambientale e a quella nuova forma di educazione civica che è l'educazione digitale. I cittadini tutti, ma in special modo i più giovani, frequentano, vivono e condividono con altri cittadini spazi virtuali di espressione di sé che impongono l'apprendimento di nuove possibilità e nuove regole. Nella basilare educazione all'ambiente, intesa anche come rispetto di sé, degli altri e della comunità in cui si vive, potranno altresì comprendersi l'educazione ad un sano stile di vita con l'educazione alimentare e la lotta allo spreco, l'attenzione al consumo dei beni fondamentali come acqua, terra, aria; l'educazione alla felicità e al rispetto degli altri.
L'ordinamento attuale, in vigore dal 2008, non garantisce infatti lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza e Costituzione, poiché esse sono affidate in modo generico a tutti i docenti, in particolare a quelli delle aree storico-geografica, filosofica e giuridica. Crediamo pertanto che debba essere affidato ad una commissione ad hoc, da istituire presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella quale possa essere rappresentato anche il punto di vista degli enti locali, il compito di determinare i contenuti dell'insegnamento, di articolarne la collocazione negli orari scolastici esistenti e di individuare le più adatte modalità di valutazione dell'apprendimento.
È tratto irrinunciabile della presente proposta, infatti, la presenza di una valutazione che trasmetta chiaramente agli studenti e alle loro famiglie il senso e l'importanza dell'essere cittadini competenti e consapevoli della loro appartenenza alla comunità.
In tale prospettiva, l'adattamento alla vita sociale e la preparazione al mercato del lavoro costituiscono certo obiettivi formativi rilevanti ma non esauriscono le possibilità della scuola. Vivere in una società significa sviluppare insieme l'appartenenza e la distanza critica, saper partecipare dall'interno, ma all'occorrenza anche dall'esterno, ai momenti significativi di elaborazione della cultura, della politica, del lavoro. Ciò comporta in particolare la capacità di cercare e di dare un senso alla vita e di elaborare dialetticamente i costrutti dell'identità personale e della solidarietà, della libertà e della responsabilità, della competizione e della cooperazione. La scuola non è estranea a questa problematica.
La crisi della cultura contemporanea, dovuta in gran parte alla delusione seguita alle speranze illuministiche e romantiche, non meno che a quelle scientifiche, tecnologiche, democratiche e sociali del nostro secolo, sembra condannarci all'impotenza collettiva, di fronte alla complessità e all'ampiezza dei problemi del nostro tempo. Si è parlato in proposito di un «divario umano» frutto del ritardo evolutivo della nostra specie. Esso consiste nel fatto che, sul piano intellettuale, morale, religioso, affettivo e operativo, non si vive per lo più all'altezza delle conoscenze e dei mezzi tecnici di cui si dispone. Ciò non è da intendersi come cieca fatalità: i limiti e gli ostacoli che impediscono lo sviluppo sono soprattutto interni all'uomo, ossia di tipo cognitivo, psicologico, culturale e morale: dunque sono aggredibili anche per via educativa.
La cultura, l'educazione e l'arte aiutano a capire, a interpretare, a trasfigurare, a progettare, non a mistificare e a rimuovere la realtà. La mediazione culturale svolta dalla scuola implica distanziamento critico, non evasione, occultamento o indifferenza.
Quando mancano criteri orientativi condivisi e motivazioni forti alla progettazione del futuro, si constata la caduta del senso e della voglia di vivere o, all'opposto, il propagarsi di una smania di vivere priva di ragioni e di limiti, e perciò caratterizzata da edonismo, violenza, cinismo, disinteresse per la vita degli altri, per l'educazione e per la sorte delle istituzioni e dei posteri, in una parola per il futuro.
Questo rattrappimento della progettualità e della speranza, della fiducia e della gioia di vivere e di costruire porta molti a sentirsi estranei alla ricerca culturale, scientifica e tecnologica e alla vita delle istituzioni e delle norme la cui faticosa elaborazione costituisce la sostanza dell'impegno politico.
L'azione educativa non è in proposito onnipotente, né del tutto libera da sospetti, per gli equivoci, la retorica, le manipolazioni che talora porta con sé: ma non è neppure impotente e incapace di analisi, di proposta, di liberazione, di mobilitazione delle intelligenze.
Ciò vale in particolare per la scuola. I cataloghi di bisogni, valori e diritti che norme e documenti internazionali propongono come condizioni per la vita umana e come guide e criteri per l'azione educativa, anche della scuola, sono riconducibili all'educazione alla democrazia e ai diritti umani, in particolare alla libertà, alla giustizia, al lavoro, alla legalità, alla pace, allo sviluppo, alla salute, alla solidarietà, alla sicurezza, alla sessualità, al senso, alla scienza, allo studio, all'identità, all'interculturalità, all'ambiente, all'alimentazione, alla famiglia, alla nazione, all'Europa, al mondo.
Di qui l'impegno degli organismi sovranazionali, nazionali, regionali, comunali e dello stesso Ministero della pubblica istruzione a rilanciare e approfondire senza sosta questi temi, a promuovere gruppi di ricerca, a suggerire approcci interdisciplinari per produrre, con le alfabetizzazioni funzionali e con le varie forme di educazione, un sapere critico, dotato di valenze etico-estetico-scientifico-socio-civico-economico-politiche, capace di consentire alle nuove generazioni di affrontare con adeguata preparazione le sfide già iniziate del terzo millennio.
Se i problemi, i bisogni, i valori e i diritti che abbiamo citato e che comprendono i valori dell'educazione civica (termine accreditato sul piano internazionale, che indica anche un frequentato campo di ricerca e d'innovazione) sono trasversali a tutte le discipline e a tutte le attività della scuola, in quanto partecipe di un compito che non può non essere dell'intera società, non meno vero che essi trovano una formulazione e un livello di realtà istituzionale dotato di particolare intensità concettuale e di efficacia operativa nella Costituzione italiana.
Di qui la necessità di assicurarne lo studio, con la dignità di una materia autonoma dalla storia, ancorché ad essa strettamente collegata, così come dev'essere collegata all'economia e al diritto. Per sottolineare il valore strategico che può assumere, nella nuova paidéia, un'educazione civica non solo diffusa nel curricolo, ma concentrata anche in un'autonoma disciplina impegnata a far emergere dalla Costituzione la grande ricchezza valoriale, propositiva, normativa, che definisce un comune patrimonio di garanzie e d'impegno per il futuro, si è ritenuto di qualificare questa disciplina come educazione civica e cultura costituzionale, adottando perciò la denominazione di «Educazione alla cittadinanza e alla Costituzione».
Si è parlato in proposito, in diverse sedi, di «patriottismo costituzionale»: la Costituzione si va in effetti rivelando come un prezioso patrimonio etico-civile comune, come una miniera di risorse, accumulate in un periodo ricchissimo di sofferenza, di chiaroveggenza e di concordia nazionale: patrimonio che risulta particolarmente attuale in un periodo d'incertezza e di bisogno di orientamento come quello che stiamo vivendo.
Fa parte della cultura contemporanea l'immagine dell'uomo nomade, senza dimora, spaesato e apolide, più che affezionato alla sua terra o cittadino del mondo.
La scuola risente tra l'altro anche di questa concezione: perciò, invece che luogo in cui sperimentano la gioia del cercare e del comunicare, essa diventa talvolta un luogo povero di significati, in cui non si riesce a fare la provvista di idee e di esperienze necessaria per alimentare l'impegno di tutta la vita; cosicché l'andare a scuola, l'insegnarvi e il mandarvi i figli non è per tutti esperienza di crescita e di costruzione di quella comunità, cui pure si riferisce la norma vigente.
In questo panorama composito, in cui sorgono nello stesso mondo giovanile nuove domande e nuove risposte di senso, di legalità e di solidarietà, la Costituzione è una specie di «giacimento» etico, politico, culturale e anche religioso per lo più sconosciuto, che possiede la singolare caratteristica di fondare in una visione unitaria i diritti umani e l'identità nazionale, l'articolazione autonomistica e l'apertura sovranazionale, la scuola come istituzione e il suo compito di ricerca, d'insegnamento, di garanzia e di promozione della persona. In questo senso la Costituzione assume il ruolo di indicatore di marcia anche per la scuola e di messaggio di speranza che le generazioni anziane consegnano ai giovani che si affacciano sulla scena del mondo.
Rispetto a ciò, l'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione rappresenta un processo che svolge una fondamentale funzione di umanizzazione, ossia di aiuto alla crescita personale, alla conservazione e alla rigenerazione del patrimonio culturale spirituale e civile e allo sviluppo economico, destinato a salvaguardare e sviluppare un bene indispensabile, addirittura costitutivo, per l'esistenza della società civile.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione).
1. A decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, nei curricoli e nei piani di studio del primo e del secondo ciclo di istruzione è introdotto l'insegnamento dell’«Educazione alla cittadinanza e alla Costituzione» come disciplina autonoma con propria valutazione.
2. L'insegnamento previsto dal comma 1 ha lo scopo di sviluppare negli studenti il senso della cittadinanza, mediante la conoscenza della Costituzione della Repubblica nei suoi aspetti giuridici, storici, culturali e morali e nella sua qualità di enunziato fondamentale dei valori comuni della vita civile collettiva della nazione.
3. L'insegnamento previsto dal comma 1 è impartito, per due ore settimanali, nell'ambito dell'orario scolastico complessivo, mediante rimodulazione della quota oraria attribuita all'insegnamento delle discipline storiche, filosofiche e giuridiche. Esso costituisce parte integrante dei programmi scolastici ed è obbligatorio per tutti gli studenti.
4. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito Il Consiglio superiore della pubblica istruzione, le indicazioni nazionali per il primo e il secondo ciclo di istruzione sono integrate in relazione all'insegnamento previsto dal comma 1, sulla base delle proposte formulate dalla commissione di cui all'articolo 2.
Art. 2.
(Commissione per la determinazione degli obiettivi di apprendimento).
1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è costituita una commissione incaricata di proporre, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli obiettivi specifici di apprendimento relativi all'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione per i diversi cicli di istruzione e le modalità di collocazione dello stesso insegnamento nei rispettivi curricoli e piani di studio, tenendo conto dei quadri orari e del numero delle materie previsti per ciascun tipo di scuola.
2. Gli obiettivi specifici di apprendimento comprendono lo svolgimento dei seguenti argomenti con progressività determinata in base al livello del corso scolastico:
a) studio della Costituzione italiana e dei suoi princìpi ispiratori;
b) elementi di educazione civica;
c) princìpi e valori fondamentali della società democratica, tra cui i diritti e i doveri, la libertà e i suoi limiti, il senso civico e la giustizia;
d) diritti umani;
e) princìpi di solidarietà sociale;
f) istituzioni della Repubblica italiana e dell'Unione europea;
g) integrazione europea e cooperazione internazionale;
h) educazione digitale;
i) educazione ambientale;
l) educazione stradale;
m) educazione alla legalità;
n) elementi fondamentali di diritto pubblico e privato e di diritto del lavoro.
Art. 3.
(Docenti abilitati all'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione).
1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle disposizioni della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, sono stabiliti le competenze minime richieste per l'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione nella scuola primaria, le modalità per il loro accertamento e i criteri per lo svolgimento delle attività di aggiornamento dei docenti abilitati a tale fine.
2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le classi di concorso che conferiscono l'abilitazione all'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione nelle scuole secondarie, con particolare riferimento alle classi di concorso esistenti per l'insegnamento dell'italiano, della storia, della filosofia, del diritto e dell'economia.
Art. 4.
1. Sono abrogati:
a) l'articolo 1 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169;
b) il comma 9 dell'articolo 4 e i commi 6 e 9 dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89;
c) la lettera e) del comma 1 dell'articolo 5 e il sesto capoverso del numero 2 dell'allegato A del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87;
d) la lettera e) del comma 1 dell'articolo 5 e il quinto capoverso del numero 2 dell'allegato A del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88;
e) il comma 7 dell'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 879.
Art. 5.
(Norma finanziaria).
1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni della presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.