XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 856
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata DIENI
Modifiche all'articolo 99 e abrogazione degli articoli 108 e 110 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di durata degli incarichi di segretario comunale e provinciale, di nomina del direttore generale e di conferimento di incarichi dirigenziali a contratto presso gli enti locali
Presentata il 3 luglio 2018
Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge mira a eliminare dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), da un lato, l'istituto dello spoils system e, dall'altro, quello dell'accesso al pubblico impiego per chiamata, con riferimento alla nomina dei segretari comunali e provinciali, al direttore generale e agli incarichi a contratto.
La proposta di legge si articola in tre interventi, uno abrogativo dello spoils system per i segretari comunali e provinciali (articolo 1), uno abrogativo dell'accesso per chiamata all'incarico di funzione dirigenziale di direttore generale (articolo 2) e uno abrogativo dell'accesso per chiamata agli incarichi a contratto (articolo 3).
Il primo intervento riguarda l'articolo 99 del TUEL: si modifica il comma 2, prevedendo che il segretario comunale o provinciale dura in carica per un periodo di cinque anni, e si abroga il comma 3, che recita: «3. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato».
Il secondo intervento consiste nell'abrogazione dell'articolo 108 del TUEL che recita: «Art. 108. – (Direttore generale). – 1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario».
Il terzo intervento consiste nell'abrogazione dell'articolo 110 del TUEL che recita: «Art. 110. – (Incarichi a contratto). – 1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
5. Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell'incarico di cui all'articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità».
L'illustrazione dei motivi della proposta di legge presuppone che siano richiamati, in via preliminare, da un lato, gli elementi strutturali essenziali e la funzione, partitamente, dell'istituto dello spoils system e di quello dell'accesso al pubblico impiego per chiamata e, dall'altro, gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale su ciascuno di tali istituti.
Lo spoils system, secondo la Corte costituzionale, è «un rapporto fondato sull’intuitus personae tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve ed è responsabile verso il primo dell'efficienza dell'amministrazione» (sentenza n. 233 del 2006); tale rapporto è informato alla «scelta di fondo di commisurare la durata delle nomine e degli incarichi dirigenziali a quella degli organi di indirizzo politico» (sentenza n. 233 del 2006), ricollegando «al rinnovo dell'organo politico l'automatica decadenza di titolari di uffici amministrativi» (sentenza n. 34 del 2010). Lo spoils system si distingue in ex lege e volontario, a seconda che determini la decadenza delle nomine e degli incarichi dirigenziali: automaticamente, alla scadenza di un dato termine dall'entrata in vigore della legge che lo istituisce (spoils system una tantum) o dal rinnovo degli organi di indirizzo politico (spoils system a regime) (sentenza n. 103 del 2007); ovvero con l'adozione di un provvedimento espresso, entro tale termine (sentenza n. 104 del 2007). La ratio dell'istituto è «rafforzare la coesione tra l'organo politico (...) e gli organi di vertice dell'apparato burocratico (...), per consentire il buon andamento dell'attività di direzione dell'ente (articolo 97 della Costituzione)» (sentenza n. 233 del 2006).
La giurisprudenza costituzionale sullo spoils system prende le mosse dalla citata sentenza n. 233 del 16 giugno 2006, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato che l'istituto è legittimo: se le nomine o gli incarichi dirigenziali sono di livello generale (apicali), cioè riguardanti i titolari di organi di vertice della pubblica amministrazione, e caratterizzati intuitus personae (fiduciari), cioè conferiti a soggetti individuati esclusivamente o prevalentemente in base al «criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina» e se «opera per il futuro e, quindi, dopo la sua entrata in vigore, chi fosse nominato (...) non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla continuazione dell'incarico». La successiva giurisprudenza costituzionale, nel confermare tali princìpi, ne ha precisato la portata. In particolare, con le citate sentenze nn. 103 e 104 del 23 marzo 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato, rispettivamente, che lo spoils system legittimo «può essere conseguenza soltanto di una accertata responsabilità dirigenziale in presenza di determinati presupposti e all'esito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato» e che lo spoils system è illegittimo: se «non soddisfa l'esigenza di preservare un rapporto [istituzionale] diretto [e immediato] fra organo politico [e organo amministrativo]»; e se «[l'organo amministrativo] viene fatto cessare dal rapporto (di ufficio e di lavoro) con [l'organo politico] per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi».
L'accesso al pubblico impiego per chiamata è il sistema di reclutamento – e non di progressione di carriera (la promozione) – del pubblico funzionario tra persone bene individuate, cioè di cui siano preventivamente accertati, con mezzi positivi, obiettivi e idonei, tutti i requisiti occorrenti, intellettuali, morali, fisici, nel quale la designazione del più capace avviene mediante una libera scelta, da parte di organi tecnici o politici – senza vincoli formali di concorso e senza votazione del corpo elettivo (elezione).
L'accesso al pubblico impiego per chiamata costituisce una deroga al principio del concorso per il pubblico impiego. Il principio del concorso per il pubblico impiego e il principio secondo il quale «inquadramento o reinquadramento di pubblici dipendenti (...) si fonda su una valutazione congrua e razionale [dell'interessato], diretta a far ragionevolmente ritenere che egli sia in possesso dei requisiti necessari per il detto [inquadramento o] reinquadramento» (sentenza n. 21 del 1989), «[condotta per mezzo] di procedure selettive o di verifiche attitudinali, in quanto ineludibili momenti di controllo, funzionali al rendimento della pubblica amministrazione» (sentenza n. 1 del 1996) e «indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei vari concorrenti» (sentenza n. 1 del 1999).
La «regola del concorso pubblico ed aperto [è prescritta], sia al fine di garantire il perseguimento del buon andamento nell'azione amministrativa sin dalla selezione del suo ruolo, sia allo scopo di garantire a chiunque la possibilità di partecipare all'esercizio delle funzioni pubbliche (ex multis sentenza n. 293 del 2009)» (sentenza n. 99 del 2012). Il «concorso pubblico [ha] un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenze n. 150 del 2010, n. 293 del 2009, n. 205 del 2004)» (sentenza n. 52 del 2011). Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorsi e non si possono conseguire promozioni se non, mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione e al fine di riconoscere che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e di promuovere il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articoli 3, 51 e 97 della Costituzione).
La giurisprudenza costituzionale più direttamente e immediatamente riferibile all'accesso al pubblico impiego per chiamata è quella espressamente concernente il principio del concorso per il pubblico impiego. Secondo tale giurisprudenza costituzionale, «non può negarsi al legislatore un'ampia discrezionalità nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di pubblico impiego e per la progressione in carriera, il limite a questa discrezionalità è dato essenzialmente dall'articolo 97, primo comma, della Costituzione, dal quale discende la necessità che le norme siano tali da garantire il buon andamento della PA; il che, per quanto attiene al momento della costituzione del rapporto d'impiego, consiste nel far sì che nella PA siano immessi soggetti i quali dimostrino convenientemente la loro generica attitudine a svolgere le funzioni che vengono affidate a chi deve agire per la PA e, per quanto attiene alla progressione, consiste nel valutare congruamente e razionalmente l'attività pregressa del dipendente, sì da tirarne utili elementi per ritenere che egli possa bene svolgere anche le funzioni superiori» (sentenza n. 81 del 1983). Ai sensi dell'articolo 97, quarto comma, della Costituzione il sistema preferibile – o, se si vuole, normale – per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche è la regola del concorso pubblico, che «non esclude forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti, purché rispondano a criteri di ragionevolezza (...) e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non contraddire i princìpi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione» (sentenze n. 187 del 1990, n. 478 del 1995, n. 81 del 2006) (principio dell'accesso al pubblico impiego per concorso). Il «passaggio a una fascia funzionale superiore, in quanto comporta l'accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso. A tale regola la legge può derogare, ma sempre col limite della razionalità» (sentenza n. 161 del 1990) (principio della promozione nel pubblico impiego per concorso). «Il concorso pubblico – quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, sulla base del criterio del merito – costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni» Esso è rappresentato «da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente e obiettivamente definiti» ed «è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell'azione amministrativa» (sentenze n. 363 del 2006 e n. 293 del 2009).
«Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico», «nell'esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (articolo 97, primo comma, della Costituzione) e il diritto di tutti i cittadini ad accedere ai pubblici uffici (articolo 51 della Costituzione) e il cui vaglio di costituzionalità passa attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore» (sentenze n. 81 del 2006 e n. 213 del 2010). «In particolare, è indispensabile che le eccezioni al principio del pubblico concorso siano numericamente contenute in percentuali limitate, rispetto alla globalità delle assunzioni poste in essere dall'amministrazione; che l'assunzione corrisponda a una specifica necessità funzionale dell'amministrazione stessa» e «che la legge stabilisca preventivamente le condizioni per l'esercizio del potere di assunzione» (sentenze n. 225 del 2010 e n. 167 del 2013).
La proposta di legge muove, anzitutto, dalla volontà di riequilibrare, nel rapporto tra politica e amministrazione, gli elementi della capacità e della fiducia, il primo dei quali risulta oltremodo sacrificato al secondo, in modo da ristabilire il primato del merito tecnico sulla specifica appartenenza politica, invertendo l'ormai decennale tendenza al clientelismo e al campanilismo e affermando la cultura dell'impegno e della valutazione, ma – al tempo stesso – muove dalla consapevolezza della necessità di affiancare alla pura meritocrazia, intesa come selezione in funzione delle conoscenze professionali, quello che taluno ha chiamato merito sociale, ove ad essere presa in considerazione è la situazione personale del candidato (carichi familiari, condizioni di salute, reddito), con fondamento sul principio di solidarietà (articolo 2 della Costituzione) (merit system). La presente proposta di legge, inoltre, tende a consolidare e a sviluppare al massimo grado le garanzie costituzionali del giusto procedimento, cioè i seguenti princìpi costituzionali: il principio democratico; il principio solidaristico (articolo 2); il principio di legalità (articoli 23 e 97, secondo comma); il principio di buon andamento (articolo 97, secondo comma); il principio di imparzialità (articoli 3, 51, 97, secondo comma, e 98); il principio del pubblico concorso (articolo 97, quarto comma); il principio di continuità dell'azione amministrativa: «il rispetto del canone dell'efficacia e dell'efficienza [va misurato] alla luce dei risultati che il dirigente deve perseguire, nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico, avendo a disposizione un periodo di tempo adeguato, modulato in ragione della peculiarità della singola posizione dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa è inserita»; il principio del contraddittorio: «[deve] comunque [essere] garantita la presenza di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti», il principio di motivazione: «all'esito del [procedimento] dovrà essere adottato un atto motivato che (...) consenta (...) un controllo giurisdizionale. Ciò anche al fine di garantire (...) scelte trasparenti e verificabili»; il principio di separazione tra la politica e amministrazione: occorre salvaguardare la «distinzione funzionale dei compiti tra organi politici e burocratici e cioè tra l'azione di governo – che è normalmente legata alle impostazioni di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza – e l'azione dell'amministrazione, la quale, nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, è vincolata, invece, ad agire senza distinzioni di parti politiche e dunque al “servizio esclusivo della Nazione” (articolo 98 della Costituzione), al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall'ordinamento» (sentenze n. 103 del 2007 e n. 161 del 2008).
La proposta di legge, dunque, è ispirata all'idea, da una parte, che «la scelta delle persone più idonee all'esercizio della funzione pubblica deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici (...) dei vari concorrenti», così «da garantire scelte finali fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati» (sentenza n. 453 del 1990) (indipendenza strutturale della pubblica amministrazione), e, dall'altra, che (riprendendo quanto affermato dal relatore nella Seconda sottocommissione dell'Assemblea costituente sul testo che diverrà l'articolo 97 della Costituzione) «una costituzione democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere a garantire una certa indipendenza ai funzionari dello Stato, per avere un'amministrazione obiettiva della cosa pubblica e non un'amministrazione dei partiti» (sentenza n. 104 del 2007) (indipendenza funzionale della pubblica amministrazione).
Il segretario, a cui viene esplicitamente affidata la direzione dei controlli interni, opera oggi in condizione di assoluta precarietà, dato che il suo incarico scade alla scadenza del mandato del sindaco. Incongruenza oggi ancora più evidente, considerate le nuove funzioni che la legge n. 69 del 2019, in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, attribuisce al segretario, affidandogli, nella sua qualità di dirigente generale dell'ente locale, il compito e il ruolo di responsabile del piano anticorruzione nell'ente locale. È, assolutamente necessario rivedere il sistema della nomina del segretario, nel senso di eliminare l'attuale spoils system, per salvaguardare la sua imparzialità e il corretto svolgimento del suo delicato ruolo. Per questo è indispensabile in primo luogo eliminare la scadenza automatica dell'incarico del segretario nell'ente alla scadenza del mandato del sindaco, che oggi rimette alla mera discrezionalità politica la prosecuzione dell'operato del segretario nell'ente.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche all'articolo 99 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di nomina dei segretari comunali e provinciali).
1. All'articolo 99 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole: «la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario» sono sostituite dalle seguenti: «il segretario dura in carica per un periodo di cinque anni»;
b) il comma 3 è abrogato.
Art. 2.
(Abrogazione dell'articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di direttore generale).
1. L'articolo 108 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è abrogato.
Art. 3.
(Abrogazione dell'articolo 110 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incarichi a contratto).
1. L'articolo 110 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è abrogato.