XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 730
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MONTARULI, ROTELLI, FERRO, CIABURRO, BUCALO, VARCHI, LUCASELLI, TRANCASSINI, LUCA DE CARLO, BELLUCCI, ZUCCONI
Norme per la tutela della famiglia nei casi di separazione dei coniugi e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
Presentata il 14 giugno 2018
Onorevoli Colleghi! — Nel 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato, per la prima volta, l'Italia per non avere predisposto un sistema giuridico e amministrativo adeguato a tutelare il diritto inviolabile del genitore, nel caso in esame un padre separato, di esercitare il naturale rapporto familiare con il figlio. La Corte ha emesso la sentenza di condanna in quanto l'ordinamento italiano «non assicura i diritti dei padri separati», facendo riferimento sia alla disparità di trattamento per quanto riguarda l'affidamento dei figli e la possibilità dei padri di passare del tempo con loro, sia all'aspetto economico (sentenza 29 gennaio 2013 Lombardo c/ Italia).
L'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come chiarito poi dalla Corte nella sentenza 15 settembre 2016, ha lo scopo di «premunire l'individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri», garantendo il rispetto della vita familiare, inclusiva altresì del rispetto delle relazioni reciproche tra individui, tra cui le relazioni tra genitore non convivente e figli. Da tale articolo derivano, quindi, obblighi positivi tesi a garantire il rispetto effettivo della vita privata o familiare e, specificatamente, tali obblighi positivi non si limitano a controllare che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l'insieme delle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato. In particolare, per essere adeguate «le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui».
Sotto l'aspetto prettamente economico, i dati relativi a «separazioni e divorzi in Italia» pubblicati dall'ISTAT mostrano come nella quasi totalità dei casi (94,1 per cento) sia il padre a versare gli assegni di mantenimento: gli assegni di mantenimento solo per i figli vengono corrisposti nel 33,9 per cento delle separazioni, gli assegni al coniuge con quelli ai figli sono il 10,5 per cento, mentre raddoppiano (21,3 per cento) nelle separazioni con figli minori e l'assegno solo per il coniuge è del 10,1 per cento.
Inoltre, la sentenza della Corte di cassazione n. 261 del 2010 che ha stabilito che anche il figlio che abbia raggiunto la maggiore età e che sia laureato abbia diritto ad ottenere l'assegno di mantenimento finché non trovi un'occupazione adeguata alla sua condizione sociale, ma solo a patto che si attivi per trovare lavoro nei «limiti temporali in cui le aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate», ha posto le premesse per un ulteriore aggravio economico a danno dei genitori separati. Un'inchiesta di qualche anno fa ha rivelato che quasi il 20 per cento dei padri separati versa un assegno di mantenimento per i figli non più minorenni e il 6 per cento addirittura versa un assegno di mantenimento per figli di età superiore a trent'anni.
All'obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento, per la maggior parte dei padri, si somma la perdita della casa di abitazione: dai dati si evince, infatti, che in caso di divorzio «la casa segue i figli», nel senso che la casa di proprietà condivisa nella quasi totalità dei casi viene assegnata alla madre, con il padre sfrattato da un giorno all'altro. È per questo motivo che si sentono storie di padri che vivono in auto o in motel di infima categoria per riuscire a rientrare nelle spese con il solo stipendio perché, nonostante il fatto che la madre non vanti alcun titolo di proprietà sull'immobile, il giudice non potrà espropriare il bene per darlo all'altro coniuge. Dai dati dell'ISTAT si evince che nel 60 per cento delle separazioni la casa è stata assegnata alla moglie, un dato in aumento laddove si considerino i casi di madri con almeno un figlio minorenne.
In questo quadro risultano allarmanti anche i dati della Caritas italiana sulla povertà, che dimostrano come, dopo la rottura dei rapporti coniugali, siano numerosi i padri che chiedono aiuto dichiarando di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità. Come conseguenza della separazione non aumenta solo il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio ma anche la crescita di disturbi psicosomatici e, soprattutto, la separazione incide negativamente nel rapporto tra padri e figli. Gli elementi che rendono particolarmente insoddisfatti i padri nel rapporto con i figli sono: la frequenza di incontro, gli spazi di vita e i luoghi di incontro, il tempo da dedicare alla relazione e la possibilità di partecipare a momenti importanti quali compleanni, ricorrenze e feste.
Le difficoltà economiche incontrate a seguito della separazione dipendono, in larga parte, dalla grave situazione sul fronte dell'occupazione e, come detto, dalle criticità relative alla sistemazione abitativa, per quanto attiene alla difficoltà di sostenere le spese sia per l'alloggio di per sé, sia per il grado di affaticamento rispetto agli oneri di spesa fissi, quali mutuo, affitto, pagamento delle utenze di luce e gas.
Nella prassi giurisprudenziale instauratasi negli ultimi decenni il depauperamento della parte obbligata al versamento dell'assegno di mantenimento è stato, purtroppo, aggravato dall'applicazione del parametro del tenore di vita, il cui mantenimento tale assegno doveva, appunto, garantire. Questo ha determinato sovente un aumento dell'importo dovuto che non teneva conto delle mutate condizioni oggettive del soggetto chiamato a corrisponderlo, prima tra tutte la quasi sistematica perdita della casa di abitazione, oltre a condannare di fatto la medesima parte al mantenimento a vita.
Nel maggio 2017, tuttavia, con la sentenza n. 11504, la Corte di cassazione ha ribaltato tale interpretazione, di fatto archiviando il concetto di «tenore di vita» e stabilendo che il nuovo parametro che dovrà essere valutato dai giudici per ottenere un assegno divorzile dovrà basarsi «sulla valutazione dell'indipendenza o dell'autosufficienza economica dell'ex coniuge» che avanza richiesta dell'assegno.
In base alle indicazioni della Corte il matrimonio cessa di essere una sistemazione a vita e un'assicurazione previdenziale, poiché sposarsi, come scritto nella sentenza, è un «atto di libertà e auto responsabilità» e se il matrimonio non funziona e si torna ad essere single non è dovuta alcuna «rendita di posizione». Ciò anche in considerazione del fatto che la previsione di un obbligo di versare un assegno «può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia» e tale statuizione costituisce palese violazione del diritto a rifarsi una vita riconosciuto dalla Corte di Strasburgo e dalla Carta fondante dell'Unione europea. Nel caso che stava esaminando, relativo proprio alla richiesta di un assegno divorzile, già negato dalla corte d'appello, la Corte di cassazione ha statuito che a far perdere il diritto all'assegno alla ex moglie non era solo il fatto che si presumeva che ella avesse redditi adeguati, bensì la circostanza che i tempi ormai sono mutati e appare necessario «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come “sistemazione definitiva”». Di conseguenza «si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell'ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale».
Seppure la pronuncia della Corte rappresenti un passo fondamentale nella direzione di una valutazione più scrupolosa dei requisiti del coniuge che richiederà un assegno divorzile al fine di valutare l'esistenza del presupposto dell'autosufficienza (nei requisiti dovranno trovare spazio anche la disponibilità di una casa e la capacità lavorativa, attuale o potenziale, del richiedente), essa non esclude differenti applicazioni del principio emerso dalla decisione nei vari tribunali italiani i quali, pur dovendo prendere in considerazione l'orientamento della Suprema corte, mantengono comunque autonomia decisionale in materia.
La presente proposta di legge intende, invece, ancorare nel nostro sistema giuridico tali princìpi, al fine di escludere applicazioni difformi e tutelare quei coniugi che versano in condizione di difficoltà economica in seguito alla separazione o al divorzio, nonché al fine di aiutare tutti quei padri separati che si vedono negare i propri diritti di genitore.
L'articolo 1 è volto a ribadire l'importanza del ruolo di entrambi i genitori nella crescita dei figli; l'articolo 2 intende garantire la realizzazione di interventi di sostegno in favore dei padri separati, sotto il duplice aspetto dell'autonomia materiale e psicologica, e l'articolo 3 affida, in tale ambito, competenze specifiche ai centri di assistenza e mediazione familiare.
L'articolo 4 reca modifiche al codice civile con riferimento ai criteri per la corresponsione sia dell'assegno di mantenimento in favore dell'ex coniuge, sia dell'assegno di mantenimento per il figlio. Rispetto al primo caso dispone che ai fini della determinazione dell'entità il giudice debba tenere conto della capacità lavorativa del beneficiario e dell'assegnazione della casa familiare. Rispetto all'assegno per il figlio, invece, prevede che si tenga conto anche delle attività propedeutiche alla crescita e alla formazione del figlio svolte in costanza di convivenza con entrambi i genitori e il supporto alla crescita, formazione e cura del figlio garantito dal genitore che maggiormente ha contribuito al benessere della famiglia con il proprio lavoro. Inoltre, fissa il principio in base al quale tale assegno debba tener conto dell'esigenza del genitore obbligato e non convivente di mantenere un'esistenza dignitosa e di continuare a coltivare al di fuori della casa familiare il rapporto con il figlio.
Infine, l'articolo 5 modifica la legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio, prevedendo che l'assegno di mantenimento in favore dell'ex coniuge sia corrisposto solo laddove questi versi in uno stato di bisogno a lui non imputabile e che abbia un limite di durata, nell'arco della quale il coniuge obbligato può chiedere in qualunque momento la verifica della sussistenza dei requisiti.
L'articolo 6 reca modifiche al codice penale, inserendo l'articolo 574-quater volto a disciplinare il delitto di impedimento doloso alla cura filiale, la cui elaborazione è il frutto di documentati e approfonditi studi svolti dall'Associazione di aderenti nazionali per la tutela dei minori — Adiantum e da Officina familiae, ente culturale impegnato nella tutela dei minori.
L'articolo 7, infine, interviene sul testo unico delle imposte sui redditi disponendo l'esclusione dalla determinazione della base imponibile dell'assegno versato per il mantenimento del coniuge e degli alimenti.
L'approvazione della presente proposta di legge consentirebbe di offrire un sostegno immediato a centinaia di padri in difficoltà, dando valore di legge a princìpi di equità e giustizia sociale, con ciò tutelando la crescita e la formazione di tanti bambini e ragazzi che hanno bisogno di entrambi i genitori.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Princìpi)
1. La Repubblica riconosce l'importanza del ruolo di entrambi i genitori nelle diverse fasi della crescita psico-fisica dei figli e promuove tutte le azioni necessarie a tutelare il rapporto dei figli con entrambi i genitori anche in caso di separazione personale dei coniugi.
Art. 2.
(Finalità)
1. La Repubblica garantisce ai genitori separati, non conviventi con i figli, l'attivazione di interventi di sostegno al fine di tutelarne l'autonomia materiale e psicologica, in particolare assicurando loro un'esistenza dignitosa, presupposto necessario per l'esercizio del ruolo genitoriale.
Art. 3.
(Servizi di mediazione familiare
e centri di assistenza)
1. Per le finalità di cui all'articolo 2, i servizi di mediazione familiare e i centri di assistenza presenti sul territorio nazionale forniscono supporto alle coppie in crisi, nonché assistenza ai genitori separati o divorziati, che si trovino anche in situazioni di difficoltà economica, garantendo:
a) percorsi professionali di sostegno delle coppie in crisi, finalizzati al superamento della condizione di conflitto e al recupero dell'autonomia, in vista della ridefinizione delle relazioni e della riorganizzazione dei rapporti;
b) strutture di alloggio nelle quali ospitare i genitori separati che a causa della separazione non dispongono più di un'abitazione e che si trovano in situazione di grave disagio economico;
c) interventi di supporto al reinserimento lavorativo e all'accesso al credito.
Art. 4.
(Modifiche al codice civile)
1. All'articolo 156, secondo comma, del codice civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché alla sua capacità lavorativa e all'assegnazione della casa familiare».
2. All'articolo 337-ter del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il figlio minore ha diritto di mantenere rapporti paritetici e continuativi con ciascun genitore, di ricevere da ciascun genitore cura, educazione e istruzione, con paritetica assunzione di impegni e di responsabilità, e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, ai quali è data facoltà di chiedere al giudice, con idoneo e separato procedimento, di disciplinare il diritto del minore al rapporto con essi»;
b) al quarto comma:
1) il numero 2) è sostituito dal seguente:
«2) le attività propedeutiche alla crescita e alla formazione del figlio svolte in costanza di convivenza con entrambi i genitori;»;
2) dopo il numero 5) è aggiunto il seguente:
«5-bis) il supporto alla crescita, formazione e cura del figlio garantito dal genitore che maggiormente ha contribuito al benessere della famiglia con il proprio lavoro»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«L'assegno di cui al quinto comma deve tener conto dell'esigenza del genitore obbligato e non convivente di mantenere un'esistenza dignitosa e di continuare a coltivare al di fuori della casa familiare il rapporto con il figlio».
3. All'articolo 337-sexies del codice civile i primi due periodi sono sostituiti dai seguenti: «Il giudice dispone in ordine alla casa familiare tenendo conto dell'interesse dei figli, dei rapporti patrimoniali tra i genitori e del diritto di ciascun genitore ad un'abitazione dignitosa nella quale poter ospitare i figli nel pieno rispetto delle loro esigenze. Laddove le condizioni economiche dei genitori e le necessità dei figli lo richiedano il giudice può disporre la vendita della casa familiare».
Art. 5.
(Modifica alla legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio)
1. Il comma 6 dell'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, è sostituito dal seguente:
«6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio il tribunale può disporre l'obbligo per un coniuge di somministrare a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo versa in stato di bisogno a lui non imputabile. L'obbligo deve avere un limite temporale e il coniuge obbligato può chiedere in ogni momento la verifica della sussistenza dei requisiti».
Art. 6.
(Introduzione dell'articolo 574-ter del codice penale)
1. Dopo l'articolo 574-ter del codice penale è aggiunto il seguente:
«574-quater. – (Impedimento doloso alla cura filiale). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con dolo o colpa grave, impedisce, interrompe od ostacola l'esercizio del diritto dei minori a ricevere cura e attenzione dai propri genitori e dai parenti più prossimi, è punito con la reclusione da due a quattro anni e con una multa non inferiore a euro diecimila.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso da uno dei genitori a danno dell'altro, la pena è della reclusione da quattro a otto anni.
Se il minore viene trasferito arbitrariamente in altro Stato, oppure se il fatto è commesso in danno di un minore diversamente abile, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la pena è della reclusione da sei a dodici anni.
Il delitto è punito a querela della persona offesa, e il termine per la proposizione della querela è di dodici mesi. Si procede d'ufficio se il fatto è commesso in conformità ai commi secondo e terzo, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».
Art. 7.
(Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986)
1. All'articolo 3, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
«b-bis) gli assegni periodici destinati al mantenimento del coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, e gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433 e seguenti del codice civile».