FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2409

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
POTENTI, BAZZARO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BONIARDI, CAVANDOLI, COIN, ANDREA CRIPPA, DI MURO, FERRARI, FOGLIANI, GASTALDI, GIACCONE, GIACOMETTI, IEZZI, LEGNAIOLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PRETTO, RIBOLLA, SUTTO, VALLOTTO, ZORDAN

Introduzione degli articoli 1099-bis e 1100-bis del codice della navigazione, in materia di rifiuto di obbedienza e di resistenza a una nave militare o in servizio di polizia

Presentata il 28 febbraio 2020

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  Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge si interviene sulla parte terza del codice della navigazione, recante «Disposizioni penali e disciplinari», precisamente attraverso l'inserimento di due nuove previsioni normative che vanno ad arricchire la portata del titolo II del libro I «Delle disposizioni penali».
  In particolare, si propone l'introduzione degli articoli 1099-bis e 1100-bis che sono volti a garantire la certa rilevanza penale di gravi condotte quali la disobbedienza o la resistenza alle attività di pattugliamento commesse contro una nave militare o in servizio di polizia, compiute all'interno delle acque territoriali, così superando la storica e datata definizione di «nave da guerra», di cui agli articoli 1099 e 1100 del citato codice.
  Tale proposta va anche nel senso di adeguare il codice della navigazione all'evoluzione compiuta dalla normativa internazionale rispetto alla natura e alla funzione dei natanti che non siano espressamente destinati al compimento di attività militari, circostanza sulla quale la definizione del nostro codice parrebbe ad oggi lasciare aperti dei dubbi in alcuni settori dell'opinione pubblica o, peggio, dei giudici di merito, pur del tutto erroneamente.
  Infatti, le due fattispecie della disobbedienza a nave da guerra, di cui all'articolo 1099 del codice della navigazione, e della resistenza o violenza contro nave da guerra, di cui al pedissequo articolo 1100 del medesimo codice, hanno recentemente dimostrato di potersi prestare a restrittive e non opportune interpretazioni. Ciò a dispetto delle tendenze evolutive del diritto internazionale marittimo, maggiormente attente all'attuale contesto geopolitico. Infatti, alla globalizzazione dei mercati e alla mondializzazione dell'economia lecita si accompagnano fenomeni di criminalità transnazionale di vario tipo (riciclaggio di denaro sporco, contrabbando, traffico internazionale di armi, di droga e di esseri umani), con la conseguente necessità di predisporre opportune azioni di contrasto anche al di là dei confini dei singoli Stati, con mezzi e strumentazioni di diversa natura e consistenza.
  L'articolo 200 del codice della navigazione svolge una ricognizione delle varie attività che possono essere svolte da «navi da guerra italiane» in alto mare, nel mare territoriale e nei porti esteri dove non ci sia un'autorità consolare. A tali imbarcazioni sono affidati compiti di polizia per quanto concerne le navi mercantili nazionali. A tal fine, i comandanti delle navi da guerra possono richiedere alle navi mercantili informazioni di qualsiasi genere, nonché procedere a visita delle medesime e a ispezione delle carte e dei documenti di bordo; in caso di gravi irregolarità, possono condurre le navi predette per gli opportuni provvedimenti in un porto dello Stato o nel porto estero più vicino in cui risieda un'autorità consolare. Da segnalare, nella parte finale dell'articolo 200, come nei porti ove risiede un'autorità consolare le navi da guerra italiane esercitino un servizio di polizia, a norma dei commi precedenti, su richiesta dell'autorità medesima. La portata del dettato normativo proposto assolve, quindi, all'esigenza di garantire la massima copertura giudiziaria alle conseguenze di una condotta che possa pregiudicare funzioni di vitale importanza che lo Stato si trova a esercitare per garantire la sicurezza e la legalità dei trasporti marittimi.
  Con l'approvazione della presente proposta di legge, degli stessi reati di disobbedienza e di resistenza o violenza contro nave da guerra dovranno così rispondere anche coloro i quali (il comandante della nave rispetto alla disobbedienza e quest'ultimo o un componente dell'equipaggio rispetto alla resistenza o violenza) si trovino ad affrontare gli ordini impartiti da una nave il cui equipaggio è composto da personale di polizia a ordinamento militare o da una nave appartenente a un corpo di polizia.
  È interesse del legislatore fornire un testo normativo univoco, rispettoso dell'evoluzione tecnologica e commerciale in atto e non più interpretabile rispetto all'esatta portata del concetto di nave da guerra, come d'altronde la stessa Corte di cassazione aveva in passato confermato: «Il riferimento testuale alle navi da guerra non può quindi essere interpretato in senso riduttivo ma, nel suo più ampio ed esteso significato, alla luce delle modificazioni storiche avvenute dalla data di emanazione del codice». Senza affrontare i diversi motivi per i quali, ancor più recentemente, la Corte di cassazione ha espressamente stabilito che lo specifico reato di resistenza a «nave da guerra» previsto dal codice della navigazione sarebbe comunque da escludere dal ritenuto adempimento del dovere di soccorso in mare («L'obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell'atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l'obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro»), pare invece utile soffermarsi sulla linea interpretativa della poca giurisprudenza in materia riguardo al concetto di «nave da guerra». Ciò al fine di suffragare la correttezza e la compatibilità al sistema del nuovo impianto normativo oggi proposto.
  La Corte di cassazione fu infatti chiamata a giudicare sul punto in ordine a una pronuncia della corte d'appello dell'Aquila del 13 giugno 1986, che assolveva, in parziale riforma di una sentenza del tribunale penale di Vasto, il comandante di un motopeschereccio nazionale dal reato di resistenza contro nave da guerra per insufficienza di prove e ne rideterminava la pena quanto ai reati di oltraggio a pubblico ufficiale e inosservanza dell'ordine impartitogli «dal Comandante di una motovedetta dei carabinieri e cioè da nave da guerra» di invertire la rotta e dirigersi verso il porto più vicino. L'imputato ricorreva deducendo quale unico motivo la mancanza di qualità di nave da guerra dell'imbarcazione dell'Arma dei carabinieri per consistenza e funzioni espletate. La Suprema Corte prendeva in esame il ricorso, pur gravato da estinzione dei reati per intervenuta amnistia, allo scopo di dare corretta qualificazione giuridica ai fatti contestati. Il giudice della legittimità, nell'affrontare la scarna definizione di nave da guerra, esaminava le norme di diritto interno giungendo ad affermare che si trattava di «legislazione ormai non più aggiornata, che riproduce antiche classificazioni superate dallo sviluppo tecnologico e dai compiti sempre più ampi, ai quali conseguentemente lo Stato moderno assolve». La dicotomia del passato tra marina mercantile e da guerra ha infatti subìto notevoli cambiamenti (per nave da guerra deve oggi intendersi la nave statale) e il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1973, n. 1199, ha previsto la possibilità che le navi in dotazione all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato, al Corpo della Guardia di finanza e al Corpo delle capitanerie di porto siano iscritte in ruoli speciali del naviglio militare dello Stato. I variegati e molteplici compiti dello Stato con le varie differenziazioni nelle singole attività assumono rilievo anche rispetto alla Convenzione di Ginevra sull'alto mare, che stabilisce, all'articolo 8, che le navi da guerra godono di immunità completa di giurisdizione e, all'articolo 9, che analoga immunità è da estendere alle navi destinate a un servizio governativo non commerciale. L'assimilazione tra navi da guerra e navi pubbliche non destinate ad attività commerciali appare, ormai da alcuni anni, di evidenza, pur permanendo una certa cautela a voler considerare appieno la portata delle linee interpretative testé citate, così come dimostrano gli avvenimenti di cronaca giudiziaria legati alle attività delle cosiddette organizzazioni non governative.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 1099-bis del codice della navigazione, in materia di rifiuto di obbedienza a una nave militare o in servizio di polizia)

  1. Dopo l'articolo 1099 del codice della navigazione è inserito il seguente:

   «Art. 1099-bis. – (Rifiuto di obbedienza a una nave militare o in servizio di polizia) – Il comandante della nave che non obbedisce all'ordine di una nave il cui equipaggio è composto da personale di polizia a ordinamento militare o di una nave appartenente a un corpo di polizia dello Stato, impartito nel mare territoriale, è punito ai sensi dell'articolo 1099».

Art. 2.
(Introduzione dell'articolo 1100-bis del codice della navigazione, in materia di resistenza o violenza contro una nave militare o in servizio di polizia)

  1. Dopo l'articolo 1100 del codice della navigazione è inserito il seguente:

   «Art. 1100-bis. – (Resistenza o violenza contro una nave militare o in servizio di polizia) – Il comandante di una nave, l'ufficiale o il componente dell'equipaggio che commette, nel mare territoriale, atti di resistenza o di violenza contro una nave il cui equipaggio è composto da personale di polizia a ordinamento militare o contro una nave appartenente a un corpo di polizia dello Stato è punito ai sensi dell'articolo 1100».

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