XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2304
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
BELLUCCI, MELONI, RAMPELLI, LOLLOBRIGIDA, ACQUAROLI, BALDINI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI
Modifica all'articolo 67 della Costituzione, concernente l'introduzione dell'obbligo di giuramento per i membri del Parlamento
Presentata il 16 dicembre 2019
Onorevoli Colleghi! – La Costituzione, all'articolo 54, stabilisce che «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge».
In Italia, il Capo dello Stato, i membri del Governo, i presidenti e i consiglieri regionali di alcune regioni, i magistrati e i componenti delle Forze armate e di quelle assimilate prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione e alle leggi della Repubblica italiana.
Prima di assumere le proprie funzioni, infatti, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento secondo la formula rituale indicata dall'articolo 1, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione».
Il giuramento rappresenta l'espressione del dovere di fedeltà che incombe su tutti i cittadini e, in modo particolare, su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali, come sottolineato dalla Carta costituzionale.
Nonostante ciò, per i parlamentari non è previsto alcun giuramento di fedeltà alla Costituzione della Repubblica italiana al momento dell'assunzione delle proprie funzioni. Dopo la conclusione delle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento, infatti, si procede all'assegnazione dei seggi e alla proclamazione degli eletti al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati. I nuovi parlamentari iniziano così il loro mandato e sono convocati per la prima seduta delle nuove Camere, che deve avvenire entro venti giorni dalle elezioni ed è dedicata all'elezione dei rispettivi Presidenti.
Nel corso della prima seduta delle Camere non è prevista alcuna cerimonia solenne di giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Si ritiene tuttavia che, oggi più che mai, tale formale giuramento dovrebbe essere, invece, un obbligo previsto, come monito a servire la Nazione con lealtà.
In realtà, già lo Statuto albertino del 1848 conteneva un riferimento al giuramento dei parlamentari. L'articolo 49 disponeva infatti: «I Senatori e i Deputati, prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni, prestano il giuramento di essere fedeli al Re, di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato, e di esercitare le loro funzioni col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria».
La situazione cominciò a cambiare dopo l'Unità d'Italia, quando sulla scena politica nazionale apparvero uomini che avevano sognato un'Italia repubblicana. Nel Parlamento del Regno, infatti, alcuni deputati si erano rifiutati di prestare giuramento ai Savoia oppure giuravano per poi contestare la validità dell'atto che gli veniva imposto. Nel 1882, per impedire che il fenomeno divenisse imbarazzante, l'allora Presidente del Consiglio, Agostino Depretis, presentò alle Camere un progetto di legge che prevedeva la decadenza dal mandato per i deputati che non avessero prestato giuramento entro due mesi dalla data della loro elezione. La legge fu approvata il 22 dicembre del 1882, ma qualche centinaio di deputati (repubblicani, socialisti, comunisti) aggirarono l'ostacolo giurando «con riserva mentale», ritenendo più opportuno esercitare il mandato per il quale gli elettori li avevano eletti.
Successivamente, anche i Padri costituenti si sono posti il problema del giuramento dei parlamentari; di ciò si può trovare traccia nei lavori della Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, durante la discussione sull'organizzazione costituente dello Stato, presieduta dal Presidente Terracini, del 19 settembre 1946.
All'epoca, si propose di inserire nel testo costituzionale il seguente emendamento: «Al momento di assumere l'esercizio delle loro funzioni i deputati presteranno giuramento di fedeltà alla Costituzione Repubblicana e di coscienzioso adempimento ai propri doveri».
Successivamente, l'Assemblea costituente, nelle sedute del 23 settembre e del 24 ottobre del 1947, respinse l'obbligo dei membri del Parlamento di prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione della Repubblica italiana prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni con la formula: «I deputati, per il solo fatto dell'elezione, entrano con la proclamazione immediatamente nel pieno esercizio delle loro funzioni. Tale immissione non è più subordinata alla condizione del giuramento».
Siamo arrivati, quindi, alla situazione attuale in cui prestano giuramento di fedeltà alla Costituzione ed alle leggi della Repubblica, prima di assumere le loro funzioni, solo il Capo dello Stato, i membri del Governo, i presidenti e i consiglieri regionali di alcune regioni, i magistrati e i componenti delle Forze armate e di quelle assimilate.
Appare abbastanza anomalo che i parlamentari italiani godano, secondo l'articolo 68 della Costituzione Italiana, dell'immunità parlamentare senza dover sottostare a nessun giuramento, in qualità di funzionari pubblici.
Questi aspetti si sono ripresentati nell'ultimo periodo, con forza, di fronte, ad esempio, al comportamento dell'onorevole Longo, che si è candidato al Parlamento di un'altra nazione.
Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che di fronte a questo scenario sia opportuno tornare all'idea originaria dei Padri costituenti, con l'introduzione della condicio sine qua non del giuramento anche per i parlamentari, nel momento in cui assumono la funzione della quale sono stati investiti nelle forme costituzionali.
I parlamentari, eletti a suffragio universale, sono i rappresentanti dei cittadini (articolo 67 della Costituzione) e, come tali, si ritiene debbano giurare fedeltà alla Costituzione e alla Repubblica italiana, anche per evitare che, come è avvenuto in passato, un parlamentare si possa candidare a ricoprire altri incarichi, anche al di fuori dell'Italia.
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
1. All'articolo 67 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Ogni membro del Parlamento, prima di assumere le funzioni, presta giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica con la seguente formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione che mi onoro di rappresentare”».