PROGETTO DI LEGGE
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 9
XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1689
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PORCHIETTO, BARELLI, BENDINELLI, CARRARA, DELLA FRERA, FIORINI, POLIDORI, SQUERI
Disposizioni per la tutela dei marchi storici identitari italiani e agevolazioni fiscali per la promozione delle attività produttive ad essi riferite
Presentata il 20 marzo 2019
Onorevoli Colleghi! – La tutela della proprietà intellettuale appare essere tutt'altro che poco regolata: gli obblighi in materia provengono da molte fonti a partire dai trattati internazionali, passando per la normativa europea fino ad arrivare alle norme di rango nazionale. La Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, firmata il 20 marzo 1883 e modificata da ultimo il 28 settembre 1979, cui l'Italia (legge n. 676 del 1976) aderisce insieme ad altri 173 Stati contraenti, ha proprio come oggetto «i brevetti d'invenzione, i modelli d'utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale e le indicazioni di provenienza o denominazioni d'origine, nonché la repressione della concorrenza sleale». Il medesimo accordo lascia in capo agli Stati la disciplina di dettaglio in caso di cessione dell'azienda o di rami della produzione legati ai marchi, ma puntualizza che «non impone ai Paesi [aderenti] l'obbligo di considerare valido il trasferimento di qualsiasi marchio di cui l'uso da parte del cessionario sarebbe, in fatto, di natura a indurre il pubblico in errore, particolarmente per quanto concerne la provenienza, la natura o le qualità sostanziali del prodotto ai quali il marchio è applicato» e proibisce espressamente «l'utilizzazione diretta o indiretta di una indicazione falsa relativa alla provenienza del prodotto o all'identità del produttore, fabbricante o commerciante». La normativa europea si è largamente espressa, da ultimo nel 2017, sulla proprietà industriale. Già il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede – all'articolo 118 – che «Nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure per la creazione di titoli europei al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione». Da allora l'Unione europea ha provveduto alla creazione di un sistema specifico di protezione dei marchi nel proprio mercato mediante una serie di regolamenti che si sono succeduti nel tempo: il regolamento (CE) n. 40/94 e il regolamento (CE) n. 207/2009, modificato dal regolamento (UE) 2015/2424, ora abrogati, e il vigente regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017. Questo sistema specifico opera in parallelo alla protezione dei marchi ed è disponibile a livello degli Stati membri in conformità ai rispettivi sistemi nazionali di protezione. Insieme al citato regolamento (UE) 2017/1001, la direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, costituisce, dunque, il cosiddetto «pacchetto marchi», ossia l'intervento normativo voluto dal legislatore europeo non soltanto per armonizzare tra loro gli ordinamenti degli Stati membri in materia di marchi di impresa, ma anche per rendere il più possibile omogenei gli ordinamenti nazionali e quella parte di ordinamento europeo che disciplina in maniera diretta il «marchio dell'Unione europea», ossia il titolo di proprietà industriale rilasciato dall'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) che ha effetto in tutti gli Stati membri. L'ordinamento italiano, da ultimo aggiornato tramite il recepimento delle norme di armonizzazione, è stato integrato con l'introduzione di una nuova tipologia di marchio collettivo – il marchio di certificazione – che appare uno strumento utile, se in capo allo Stato, al fine di mettere in atto strategie di contrasto non soltanto della contraffazione, ma anche di operazioni meno palesi, ma altrettanto ingannevoli, di violazione delle disposizioni inerenti al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi legati al medesimo, al territorio in cui il marchio può essere usato o alla qualità dei prodotti fabbricati e dei servizi prestati.
I diritti di proprietà industriale costituiscono, per tutte le tipologie di imprese, un asset di valore inestimabile da proteggere e tutelare con rigore e attenzione. Ciò vale tanto più nel nostro Paese, dove le peculiarità del sistema produttivo, formato prevalentemente da piccole e medie imprese, nonché da innumerevoli casi di eccellenza, di alta artigianalità, di qualità e di stile unici al mondo, per i quali il know how, la creatività, il tratto distintivo e la ricerca delle materie prime migliori rappresentano i veri «assi nella manica».
La forza dei marchi «Made in Italy» è dimostrata anche dall'attenzione dedicata all'Italia dalla prestigiosa classifica BrandZ, realizzata per l'impresa multinazionale della pubblicità WPP da Kantar Millward Brown, che da dodici anni edita la Top 100 mondiale dei marchi e, dal 2018, ha riservato una parte dell'analisi specifica proprio ai marchi italiani. La prima «Top30 Most Valuable Italian Brands» ha messo in luce la forza del «brand Italia» nel suo complesso, a cui tutto il mondo riconosce il primato nella creatività, nello stile e nella ricerca estetica e ha sottolineato che i marchi italiani si distinguono in Europa per l'attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale e per la capacità di adattarsi ai nuovi mercati.
Negli ultimi anni molti marchi emblema dell'italianità sono stati acquisiti da gruppi stranieri. Si citano, per fare un esempio i casi più noti nei settori della moda, dei gioielli e dei prodotti cosmetici: Versace venduto agli americani di Michael Kors; Loro Piana, Pucci, Fendi, Bulgari e Acqua di Parma acquisiti dal gruppo francese LVMH; Gucci, Bottega Veneta, Brioni e Pomellato acquisiti dal gruppo Kering; Valentino di proprietà del fondo del Qatar Mayhoola; Krizia del gruppo cinese Marisfrolg. Anche molte aziende di dimensione media e piccola che operano in settori meno «popolari alle cronache» sono state acquisite da gruppi esteri, con l'aggravante che, in questi casi, sono stati statisticamente più frequenti i comportamenti anomali da parte dei nuovi acquirenti, spesso a danno della qualità e dell'immagine del marchio, oltre che degli standard occupazionali garantiti dagli stabilimenti produttivi presenti nel territorio italiano. Nel settore metalmeccanico ricordiamo Saeco, il marchio storico emiliano dei piccoli elettrodomestici e delle macchine da caffè, acquisito dall'impresa multinazionale Philips, le acciaierie di Piombino acquisite dal gruppo algerino Cervital, la Ercole Marelli di Sesto San Giovanni inglobata da Alstom, l'azienda Piaggio Aerospace ceduta al fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti Mubadala e le acciaierie di Terni divenute parte del gruppo tedesco Thyssen Krupp. Anche nel settore alimentare, punta di diamante del nostro tessuto produttivo, le cessioni sono state numerose e rilevanti. La società Pernigotti e le sue vicissitudini con i nuovi proprietari turchi sono solo l'ultimo dei casi di cronaca, ma in passato sono stati numerosi gli eventi analoghi: l'azienda Perugina venduta al gruppo svizzero Nestlé, il gruppo francese Lactalis ha collezionato un vero e proprio portafoglio di brand italiani (Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Vallelata e Parmalat), le tre maggiori etichette nel settore dell'olio – Bertelli, Carapelli e Sasso – fanno parte del gruppo alimentare spagnolo Deole, la società Birra Peroni, insieme al marchio Nastro Azzurro, sono stati prima ceduti al colosso sudafricano SABMiller e poi trasferiti all'azienda giapponese Asahi, il pacchetto di marchi dell'azienda Star (Pummarò, Sogni d'oro, GranRagù Star, Risochef) sono ora di proprietà spagnola, la società Mellin è stata acquisita dagli olandesi ed è poi confluita nell'industria Danone, il marchio Orzo Bimbo appartiene al ramo specializzato in nutrizione del gruppo svizzero Novartis, il marchio Plasmon è passato al colosso americano Heinz per poi essere ceduto alla Francia, l'azienda Fiorucci salumi è passata al gruppo messicano Campofrio Food Group, i brand piemontesi del caffè Hug e Splendid sono stati acquistati dall'impresa multinazionale olandese del caffè Jacobs Douwe Egberts (JDE).
La normativa vigente sui marchi, seppure molto ampia, non è riuscita fino ad oggi ad allinearsi alle peculiarità presenti nel territorio italiano e, in particolare, non è riuscita a recepire l'esistenza e, quindi, a garantire un'adeguata tutela dei marchi storici e identitari. Tale normativa, infatti, non tiene conto del peso specifico – in termini economici, occupazionali e di competitività – di un marchio storico, le cui radici sono parte della propria esclusività, identità e specializzazione. Motivi per i quali i marchi storici identitari, come definiti dalla presente proposta di legge, devono essere considerati parte integrante dell'identità, della storia e della cultura del nostro Paese e ricevere una tutela ad hoc, differente e ulteriore rispetto ai marchi standard, nella quale il fattore geografico-territoriale assuma una rilevanza non negoziabile.
Ecco perché la presente proposta di legge, nel pieno rispetto della libera iniziativa economica, promuove l'introduzione di norme legislative specifiche riguardo i marchi storici identitari, che garantiscano il rispetto del legame con il territorio dove questi sono stati prodotti anche in caso di cessione (a operatori italiani o stranieri) di parte o della totalità dell'attività produttiva.
La presente proposta di legge, che si compone di nove articoli, vuole inserire anche una specifica classificazione dei marchi storici identitari italiani, effettuata attraverso un Albo redatto a cura del Ministero dello sviluppo economico (MiSE), con la particolare consulenza dell'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) e delle regioni, oltre che promuovere parallelamente la registrazione, su iniziativa dello stesso dicastero, di un marchio di certificazione identificato come «Marchio storico – Identità italiana» da attribuire in via automatica ai marchi contenuti nel suddetto Albo, al fine di rafforzare l'elemento distintivo e la riconoscibilità di questi brand identitari.
Si prevede, inoltre, l'istituzione di un fondo denominato «Fondo speciale per la tutela dei marchi storici identitari italiani», da affidare alla gestione della Cassa depositi e prestiti Spa, nell'ambito delle attività previste dai commi 7 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
Il meccanismo di tutela introdotto dalla presente proposta di legge prevede, infatti, che in caso di cessione di parte o della totalità della proprietà, ovvero della produzione legata a marchi storici identitari italiani, lo stesso marchio sia automaticamente scorporato e trasferito – al medesimo valore economico stabilito da una perizia asseverata effettuata in sede di compravendita – per i primi sette anni alla Cassa depositi e prestiti Spa. La medesima società partecipata concederà l'uso del marchio ai nuovi proprietari degli stabilimenti con contratto di licenza a titolo gratuito, a condizione che esso rispetti i requisiti di natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi per i quali il marchio è registrato. Allo scadere del settimo anno, il marchio potrà essere riscattato al medesimo valore concordato in sede di compravendita, a patto che nel corso del settennato le strategie industriali dei nuovi proprietari non si siano discostate dai requisiti di natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato ovvero che il livello di occupazione non sia diminuito in misura superiore al 50 per cento. In questi ultimi due casi la Cassa depositi e prestiti Spa, in qualità di titolare del marchio e di licenziante, potrà esercitare la revoca del contratto di licenza con relativa decadenza del diritto di riscatto.
La presente proposta di legge, infine, prevede un pacchetto di agevolazioni ad hoc a beneficio delle imprese che detengano o scelgano di detenere marchi storici identitari italiani. In particolare, si prevede una versione dell'iperammortamento potenziata al 300 per cento per tutti gli investimenti volti a rafforzare, valorizzare e innovare il marchio a livello nazionale e internazionale: ci si riferisce alle attività volte alla valorizzazione produttiva e commerciale del marchio e dei prodotti e servizi ad esso correlati ovvero alle iniziative volte al rafforzamento del marchio, alla sua estensione a livello europeo e internazionale, nonché all'ampliamento della sua protezione mediante la registrazione dello stesso marchio in ulteriori classi di prodotti o servizi, coerentemente con l'oggetto sociale della piccola o media impresa richiedente l'agevolazione.
In secondo luogo, si propone una modifica del regime del patent box (tassazione agevolata al 50 per cento dei redditi che derivano dall'utilizzo di alcuni beni immateriali) – valida in questo caso per tutti i marchi e non soltanto per quelli storici identitari – attraverso la reintroduzione, a determinate condizioni, dei marchi funzionalmente equivalenti ai brevetti e alle opere dell'ingegno tra i beni intangibili che possono beneficiare del regime fiscale agevolato previsto dalla normativa del patent box. Tale misura avrebbe anche il merito di sanare una frattura all'interno dell'ordinamento creata in seguito a un recepimento, avvenuto nel 2015, fin troppo generoso di una raccomandazione dell'OCSE.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Princìpi generali)
1. La presente legge è finalizzata a tutelare la cultura brevettuale e a sostenere le piccole e medie imprese (PMI) attraverso misure agevolative per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale storici e identitari, quali beni di valore strategico del capitale intangibile d'impresa.
2. La presente legge prevede altresì modifiche alla normativa vigente in materia di proprietà industriale al fine di tutelare e valorizzare i marchi di eccellenza, con particolare riferimento a quelli di particolare valore storico e culturale.
3. Al fine di tutelare l'interesse nazionale, fatto salvo il rispetto della libera iniziativa economica di cui all'articolo 41 della Costituzione, in caso di cessione di parte o della totalità della produzione legata a marchi storici identitari italiani, definiti ai sensi dell'articolo 2, la proprietà del marchio si intende scorporata, in via cautelativa, allo scopo di garantire che l'utilizzazione del diritto di proprietà industriale sia conforme alla natura e alla qualità del prodotto e che sia mantenuto il legame con il territorio storico di produzione, anche per impedirne un utilizzo improprio e ingannevole.
Art. 2.
(Definizione)
1. Ai fini della presente legge è definito marchio storico identitario italiano il diritto di proprietà industriale regolarmente registrato che risponde ai seguenti requisiti:
a) marchio in corso di validità, registrato presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) o presso l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) con rivendicazione della preesistenza del marchio registrato presso l'UIBM, non estinto per mancato rinnovo o decadenza, la cui domanda di primo deposito presso l'UIBM è antecedente al 1° gennaio 1979;
b) comprovato legame storico con uno specifico territorio italiano di produzione;
c) sussistenza di un valore simbolico e di un'alta riconoscibilità del marchio anche in considerazione di una comprovata identificabilità tra il prodotto e il marchio associato;
d) proprietà del marchio nei cinque anni precedenti in capo ad una micro, piccola o media impresa, ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, ovvero a un'impresa non quotata;
e) sede legale e operativa situata in Italia;
f) regolare costituzione e iscrizione nel registro delle imprese;
g) impresa proprietaria non in stato di liquidazione o scioglimento e non sottoposta a procedure concorsuali;
h) non sussistenza di cause di divieto, di decadenza o di sospensione previste dalla vigente normativa antimafia.
Art. 3.
(Albo dei marchi storici identitari italiani)
1. È istituito presso l'UIBM l'Albo dei marchi storici identitari italiani, di seguito denominato «Albo».
2. Possono essere iscritti all'Albo i titoli di proprietà industriale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2.
3. La richiesta di iscrizione all'Albo può essere inviata, con le modalità previste dal decreto di cui al comma 6, dall'impresa proprietaria o dalla regione in cui tale impresa opera; l'iscrizione all'Albo può essere altresì disposta d'ufficio dall'UIBM.
4. L'Albo è pubblicato nel sito internet istituzionale del Ministero dello sviluppo economico.
5. Il Ministero dello sviluppo economico provvede alla ricognizione dei marchi storici italiani dormienti, il cui diritto di proprietà sia decaduto o non sia stato rinnovato, e all'iscrizione d'ufficio dei medesimi all'Albo.
6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotta un decreto al fine di disciplinare le modalità di richiesta di iscrizione all'Albo nonché di valutazione delle stesse.
Art. 4.
(Istituzione del «Marchio storico – Identità italiana»)
1. Al fine di promuovere, tutelare e valorizzare i marchi italiani di eccellenza, con specifico riferimento a quelli di particolare valore storico e culturale e con un forte legame territoriale, nei confronti dei consumatori e degli operatori commerciali nazionali ed esteri, è istituito, ai sensi dell'articolo 11-bis del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il marchio di certificazione «Marchio storico – Identità italiana», di seguito denominato «Marchio», dotato di un proprio logo figurativo che certifica la qualità, l'eccellenza e il rispetto del legame con il territorio d'origine del prodotto interessato.
2. La proprietà del Marchio è dello Stato italiano, che lo promuove in tutte le sedi nazionali e internazionali attraverso il Ministero dello sviluppo economico.
3. Il Marchio può essere apposto, secondo le modalità previste dalla presente legge, solo ai prodotti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, nonché affiancato ai marchi iscritti all'Albo.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotta un decreto al fine di disciplinare il regolamento d'uso del Marchio, nonché le modalità di utilizzo e di revoca del medesimo Marchio.
Art. 5.
(Fondo speciale per la tutela dei marchi storici identitari italiani)
1. È istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, il Fondo speciale per la tutela dei marchi storici identitari italiani, di seguito denominato «Fondo», con dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l'anno 2019.
2. Gli interventi del Fondo hanno per oggetto l'acquisizione di marchi storici identitari italiani nei casi previsti dalle disposizioni di cui all'articolo 6.
3. La gestione del Fondo è affidata, nell'ambito delle attività previste dai commi 7 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, alla società Cassa depositi e prestiti Spa, al fine della detenzione in portafoglio di marchi nonché di brevetti, modelli e disegni protetti da diritti di proprietà intellettuale ritenuti di valore strategico nazionale, nonché di alto valore storico e culturale ovvero in possesso di un know how produttivo strategico, ai sensi dell'articolo 2.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo. Lo schema di decreto è inviato, per il parere, alle competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
Art. 6.
(Modifica all'articolo 23 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)
1. All'articolo 23 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«4-ter. In caso di cessione di parte o della totalità della produzione legata a marchi storici identitari italiani, individuati ai sensi della legislazione vigente in materia, la proprietà del marchio si intende trasferita in via temporanea, per un periodo di sette anni, alla società Cassa depositi e prestiti Spa al fine di garantire che l'utilizzazione del diritto di proprietà industriale sia conforme alla natura e alla qualità del prodotto e che sia mantenuto il legame con il territorio storico di produzione, anche allo scopo di impedirne un utilizzo improprio o ingannevole ai sensi del comma 4.
4-quater. La società Cassa depositi e prestiti Spa si avvale del Fondo speciale per la tutela dei marchi storici identitari italiani al fine di acquisire la titolarità del marchio storico al prezzo stabilito tramite una perizia asseverata in sede di compravendita e provvede all'iscrizione del medesimo marchio all'Albo dei marchi storici identitari Italiani, nonché all'utilizzo del marchio di certificazione “Marchio storico – Identità italiana”.
4-quinquies. La società Cassa depositi e prestiti Spa concede in licenza esclusiva, a titolo gratuito per sette anni, l'utilizzo del marchio al nuovo proprietario dell'impianto produttivo cui il marchio è storicamente legato. La società Cassa depositi e prestiti Spa, in qualità di titolare del marchio, può far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente al modo di utilizzazione, alla natura dei prodotti e servizi o al legame storico con il territorio di produzione, ovvero qualora riduca, nei sette anni successivi all'acquisizione, la capacità occupazionale e produttiva di tali impianti in misura maggiore del 50 per cento.
4-sexies. Allo scadere del settimo anno il proprietario dell'impianto produttivo a cui il marchio è storicamente legato beneficia del diritto di prelazione per il riscatto della titolarità del marchio al medesimo prezzo stabilito dalla perizia asseverata in sede della precedente compravendita, fatti salvi i casi previsti dal comma 4-quinquies.
4-septies. La società Cassa depositi e prestiti Spa acquisisce alle medesime condizioni di cui al comma 4-ter e concede in licenza i marchi storici dormienti, al fine di promuoverne la valorizzazione e l'uso nel rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia».
Art. 7.
(Iperammortamento degli investimenti relativi a marchi storici identitari italiani)
1. Ai fini delle imposte sui redditi per le imprese titolari di marchi storici identitari italiani iscritti all'Albo e autorizzate all'utilizzo del Marchio, che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi finalizzati alla valorizzazione produttiva e commerciale del marchio, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, il costo di acquisizione è maggiorato del 200 per cento, anche al fine di favorire processi di trasformazione tecnologica e digitale applicata ai medesimi titoli di proprietà intellettuale.
2. Il regime di cui al comma 1 si applica agli investimenti inerenti ai progetti di valorizzazione di prodotti o servizi afferenti l'ambito di protezione del marchio, con specifico riferimento alle classi di appartenenza dei prodotti o servizi per le quali il marchio risulta registrato. Sono altresì ammesse le attività volte al rafforzamento del marchio, alla sua estensione a livello di Unione europea o internazionale, nonché all'ampliamento della sua protezione mediante la registrazione in ulteriori classi di prodotti e servizi, coerentemente con l'oggetto sociale dell'impresa. Sono considerate ammissibili le spese per:
a) la realizzazione di prototipi e di stampi;
b) l'acquisto di nuovi macchinari e attrezzature ad uso produttivo nonché di hardware, software e tecnologie digitali funzionali all'ammodernamento e all'efficientamento produttivo, strettamente connessi allo sviluppo del progetto di valorizzazione del marchio;
c) la consulenza tecnica finalizzata all'ammodernamento e all'efficientamento della catena produttiva, strettamente connessa allo sviluppo del progetto di valorizzazione del marchio, anche dal punto di vista energetico-ambientale;
d) la consulenza specializzata nell'approccio al mercato: progettazione della strategia commerciale, nonché di azioni di marketing e di comunicazione connesse allo sviluppo del progetto di valorizzazione del marchio;
e) la consulenza per l'attività di sorveglianza del marchio effettuata al fine di monitorare e di prevenire azioni di contraffazione;
f) la consulenza legale per la tutela da azioni di contraffazione del marchio;
g) la consulenza per la realizzazione di ricerche di anteriorità del marchio finalizzate alla sua estensione a livello di Unione europea e internazionale;
h) la consulenza per la realizzazione di ricerche di anteriorità del marchio in ulteriori classi di prodotti o servizi in coerenza con l'oggetto sociale dell'impresa.
Art. 8.
(Ampliamento del regime del patent box ai marchi funzionalmente equivalenti ai brevetti e alle opere dell'ingegno)
1. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo periodo del comma 39 è sostituito dal seguente: «I redditi dei soggetti indicati al comma 37 derivanti dall'utilizzo di opere dell'ingegno, di software protetto da copyright, da brevetti industriali, da marchi d'impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, da disegni e modelli, nonché da processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili non concorrono a formare il reddito complessivo in quanto esclusi per il 50 per cento del relativo ammontare»;
b) dopo il comma 42-ter è inserito il seguente:
«42-quater. Qualora più beni tra quelli di cui al comma 39, appartenenti a un medesimo soggetto, siano collegati da vincoli di complementarietà e utilizzati congiuntamente ai fini della realizzazione di un prodotto o di un gruppo di prodotti ovvero di un processo o di un gruppo di processi, tali beni possono costituire un solo bene immateriale ai fini delle disposizioni dei commi da 37 a 42-bis»;
c) il comma 44 è sostituito dal seguente:
«44. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni attuative dei commi da 37 a 43, anche al fine di individuare le tipologie di marchi escluse dall'ambito di applicazione del comma 39, di definire gli elementi del rapporto di cui al comma 42 nonché di favorire l'applicazione del regime previsto dai commi da 37 a 45 al settore delle ricerca».
2. Le disposizioni di cui al comma 1 entrano in vigore dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Art. 9.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, valutati in 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, si provvede:
a) entro il limite massimo di spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica. Al fine di dare attuazione alle disposizioni concernenti la razionalizzazione e la revisione delle spese per consumi intermedi per l'acquisto di beni, servizi e forniture previste dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, a decorrere dal 1° gennaio 2019 le amministrazioni pubbliche hanno l'obbligo di procedere agli acquisti di beni e di servizi esclusivamente tramite convenzioni e accordi quadro messi a disposizione dalla società Consip Spa e dalle centrali di committenza regionali, assicurando una riduzione delle relative spese per un importo non inferiore a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. Le medesime amministrazioni pubbliche possono altresì stipulare contratti di acquisto a condizione che i corrispettivi applicati siano inferiori ai corrispettivi indicati nelle convenzioni e negli accordi quadro messi a disposizione dalla società Consip Spa e dalle centrali di committenza regionali;
b) entro il limite massimo di spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mediante interventi di variazione delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti tali da assicurare un importo di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia e della salute, prevedendo un limite di reddito sopra il quale non si applica la riduzione delle spese fiscali.