TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 481 di Mercoledì 7 aprile 2021
MOZIONI IN MATERIA DI INDIVIDUAZIONE DEL DEPOSITO NAZIONALE PER IL COMBUSTIBILE NUCLEARE IRRAGGIATO E I RIFIUTI RADIOATTIVI
La Camera,
premesso che:
in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;
tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da Sogin s.p.a. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, elaborate dalla Sogin s.p.a., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e delle stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;
la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin s.p.a. aggiornerà la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Carta nazionale delle aree idonee, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista un'apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;
nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali e, in particolare, dalla International atomic energy Agency (Iaea), utilizzati da Sogin s.p.a. per la redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;
sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri sul livello del mare, o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri sul livello del mare; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, di aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;
i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;
l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;
le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla Sogin s.p.a. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sul sito internet della Sogin s.p.a. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato;
nonostante la realizzazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sia stata prevista già da 10 anni e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;
«no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia nostra, Greenpeace, Wwf;
infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;
le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da COVID-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;
alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, né la scala della cartografia permette calcoli esatti;
alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;
solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee da parte della Sogin s.p.a. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da Sogin s.p.a. «www.depositonazionale.it»;
tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;
inoltre in piena pandemia sanitaria da COVID-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da Sogin s.p.a. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,
impegna il Governo:
1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;
2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee, e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;
3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee;
4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Carta nazionale delle aree idonee e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;
5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e dei soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per COVID-19;
6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;
7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Carta nazionale delle aree idonee dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;
8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-Sogin esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;
9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;
10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle chiese rupestri di Matera» o quello de «I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», o quello di Pienza Val d'Orcia e alle relative «buffer zone».
(1-00414) (Nuova formulazione) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».
(12 gennaio 2021)
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e, successivamente, dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi e individua criteri generali per stilare una lista di siti idonei, sviluppati nel dettaglio da Ispra (oggi Isin) nella guida tecnica 29, in linea con gli standard della Iaea (International Atomic Energy Agency), tra i quali individuare, tramite apposita procedura, il sito unico su cui realizzare il deposito nazionale;
i criteri sono stati formulati per individuare aree dove sia garantita l'integrità e la sicurezza nel tempo del Deposito nazionale e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione, per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. L'applicazione dei criteri d'esclusione porta all'individuazione delle «aree potenzialmente idonee» e ulteriori 13 criteri di approfondimento, per valutare le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione;
l'applicazione dei criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo dei Gis – Sistemi informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici;
l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;
ad interpretare, elaborare e applicare i criteri, individuando i siti idonei e redigendo la bozza di Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è stata chiamata Sogin Spa e le ultime revisioni della Cnapi, contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;
la redazione della Cnapi ha avuto una gestazione molto lunga, la versione conclusiva risalirebbe al 2015; pur se risultano da allora ad oggi alcuni innesti su cui sarebbe interessante individuare le procedure seguite, tuttavia è ragionevole ritenere che molti dei dati su cui si basano le valutazioni potrebbero non essere più attuali, così come molti territori, ora esclusi, potrebbero invece avere le caratteristiche opportune per avanzare le proprie candidature;
la bozza di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) elaborata da Sogin, in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, ha ricevuto il nullaosta e il 5 gennaio è stato dato il via alla pubblicazione, togliendo il segreto che incideva sul documento;
in seguito, la Sogin S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
con la pubblicazione della Cnapi, che contiene l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, si avvia la fase di consultazione dei documenti che ha una durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione, il prescritto seminario nazionale;
benché il processo di redazione della Cnapi sia stato assai lungo e i criteri tecnici siano stati stabiliti da Ispra nel 2014, la sua pubblicazione ha creato forti tensioni sociali, e aspre contestazioni da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;
non sono chiari, infatti, il processo e il metodo seguiti da Sogin, nell'individuare i siti e in che modo siano stati interpretati i criteri definiti da Ispra, ora Isin – Guida tecnica n. 29 – e quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), anche perché, nell'ambito di tale interpretazione non sembrano essere stati tenuti adeguatamente in considerazione diversi elementi, in ragione del fatto che nell'elenco compaiono siti ad alto pregio agricolo (Carmagnola), ad elevata pericolosità sismica (Alessandrino) ed aree adiacenti a siti Unesco (Pienza e Val d'Orcia);
tra i siti individuati dalla Cnapi vi sarebbe perfino quello «Patrimonio dell'umanità» Unesco dei «sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera», città capitale della cultura 2019 sul cui territorio sono stati impiegati consistenti investimenti in termini di restauro di beni culturali, di nuove infrastrutture e di riqualificazioni che rischierebbero seriamente di essere del tutto vanificati ove il sito unico andasse ad incidere su tale territorio;
inoltre, alcune province sembrerebbero, a ben guardare, presentare una fortissima concentrazione di siti idonei, quella di Alessandria, in Piemonte, ad esempio, che comprende ben 6 siti idonei e quasi tutti in fascia A1 (ben 5 su 6) o quella del viterbese, nel Lazio;
alcune altre proposte, poi, come quelle dei siti ubicati nelle due isole maggiori del Paese, Sardegna e Sicilia, sembrano contrastare chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e non è chiaro se i siti sardi e siciliani fossero già nella versione Cnapi del 2015 o siano parte delle integrazioni successive e, ancora, quali procedure fino ad oggi si siano attivate per addivenire a tali integrazioni;
in ragione del fatto che non si comprende a fondo la scelta della distanza dei siti da autostrade, ferrovie e comunicazioni principali, né quale sia la distanza «adeguata» che si è presa a parametro dai centri abitati più vicini, né essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire un esame approfondito che possa definire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, il termine di due mesi per la fase di consultazione, per di più in piena emergenza pandemica appare assolutamente inadeguato;
anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, nei prossimi quattro mesi, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;
molte regioni, province, comuni e associazioni di comuni, a partire dall'Anci, oltre ad associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace e Wwf, solo per citarne alcune, hanno espresso forti perplessità tanto sull'elenco dei siti, quanto sulle procedure seguite e da seguire per individuare il sito unico;
risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi, che come si è ricordato, proviene da un percorso istruttorio assai lungo e complesso e potrebbe pertanto darsi il caso che, pur non inseriti nell'elaborato, essi presentino le caratteristiche per avanzare le suddette candidature,
impegna il Governo:
1) a favorire, promuovere e facilitare in ogni modo il coinvolgimento delle comunità territoriali, delle popolazioni, degli enti locali e territoriali, delle regioni e delle associazioni, anche al di fuori e al di là delle prescrizioni della consultazione pubblica, in modo da addivenire ad un piano che sia compatibile con le aspirazioni e le esigenze delle comunità locali e territoriali, consentendo anche una procedura di selezione e di consultazione pubblica che sia libera dai vincoli dettati dall'emergenza pandemica;
2) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa a prorogare i tempi previsti per lo svolgimento della consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, in considerazione tanto dell'emergenza pandemica, quanto dell'effettiva necessità di rivedere normativamente il processo e la carta stessa;
3) a ritirare il nullaosta rilasciato con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, in vista e in previsione di aggiornamenti tanto normativi che della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee stessa;
4) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa ad individuare un criterio di redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e, più in generale di individuazione del sito unico, che parta dal basso, come si è fatto in altri Paesi europei, ad esempio la Spagna, attraverso le candidature delle comunità locali, in luogo di un processo che parta da un censimento di siti idonei o presunti tali, redatto in maniera centralistica, attraverso un'applicazione quantomeno discutibile di criteri non aggiornati.
(1-00417) «Fregolent, Occhionero, Anzaldi, Paita, Nobili, Del Barba, Annibali, Migliore, Ferri, Toccafondi».
(25 gennaio 2021)
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, emanato durante il Governo Berlusconi IV, ha previsto la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a., la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il medesimo decreto riconosce altresì un contributo economico al territorio che ospiterà il deposito secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione con la medesima Sogin;
il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e dalle attività industriali e sanitarie annualmente prodotti nel nostro Paese. Il deposito ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese;
il medesimo deposito nazionale e il parco tecnologico saranno realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;
il parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;
il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi. Il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale;
il deposito definitivo ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza questi materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali, in primis l'Unione europea, che nell'autunno scorso ha aperto una procedura di infrazione a carico dell'Italia per non aver ancora definito il sito entro cui conferire i rifiuti radioattivi presenti sul nostro territorio nazionale;
in base alle normative internazionali (direttiva europea 2011/70 Euratom), gli Stati membri sono obbligati a dotarsi di strutture e sistemi finalizzati alla gestione e al deposito, in condizioni di massima sicurezza, delle scorie radioattive prodotte dalle vecchie centrali nucleari nazionali e di quelle provenienti dalle attività industriali, mediche e di ricerca. Rifiuti che secondo la direttiva dell'Unione europea richiedono una gestione responsabile per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L'obiettivo della misura è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per diverse centinaia di anni;
il deposito nazionale è un'infrastruttura indispensabile per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, e la sua realizzazione consentirà così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, nonché di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;
le principali strutture in cui attualmente si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale che saranno poi conferiti al deposito nazionale sono: 4 centrali in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF – Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi – Università di Pavia, Università di Palermo); 3 centri del Servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del Servizio integrato non più attivo (Cemerad);
per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono comunque i siti nucleari in fase di smantellamento. Di tutti i rifiuti radioattivi che saranno conferiti nel deposito nazionale, circa il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
la scelta di un deposito definitivo ha una grande valenza ambientale, perché un solo deposito realizzato in un luogo idoneo con tutti gli standard di sicurezza ha il merito di superare l'attuale situazione italiana, caratterizzata da circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee. Siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;
già nel giugno 2014 l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), rendeva nota la Guida tecnica n. 29 «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», elaborati stalla base degli standard dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), mediante la quale sono stati individuati i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della Sogin s.p.a., per la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) poi validata da Isin;
la Carta delle aree potenzialmente idonee è stata per diversi anni volutamente tenuta segreta; impedendo così, perlomeno alle istituzioni locali e centrali, di poter essere messe a conoscenza, sia pure in via preliminare, dei territori individuati dalla medesima Sogin per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;
l'elenco delle aree potenzialmente idonee era pronto dal 2015, e i Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e l'attuale Governo, per oltre un anno, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire in sicurezza il deposito nazionale nucleare;
la Carta nazionale è infatti a disposizione dei Ministeri da oltre 5 anni. Come dichiarava il rappresentante del Governo pro tempore il 30 settembre 2015, in risposta ad una interrogazione (n. 5-06515) presentata alla Camera, «il 20 luglio 2015 la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pervenuta agli uffici dei Ministeri competenti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico) che si sono immediatamente messi al lavoro perché possano essere compiute al più presto le valutazioni necessarie al fine di comunicare il nulla osta alla pubblicarne della Cnapi»;
nel marzo 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, prometteva che avrebbe pubblicato a giorni il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie. Così non è stato;
il 30 dicembre 2020, così come previsto dall'articolo 27, comma 3, del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno finalmente dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;
il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;
la suddetta pubblicazione della Cnapi, ha dato di fatto l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati;
alla luce dello stato di emergenza sanitaria conseguente alla drammatica pandemia da Sars-CoV-2 in atto, i suddetti tempi di consultazione pubblica e di confronto tra i tanti portatori di interesse, previsti dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010, rischiano di risultare inadeguati ed estremamente stretti, proprio perché l'attuale stato di emergenza sanitaria sta comportando tra l'altro fortissime restrizioni della normale attività amministrativa, economica, sociale ed individuale, oltre a gravi evidenti ripercussioni sulla salute delle persone, alla tenuta dei posti di lavoro e alla crisi del sistema produttivo;
attualmente l'iter prevede un dibattito pubblico e quindi una fase successiva che vedrà la partecipazione di enti territoriali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Dopodiché saranno necessari almeno 4 anni per costruire il deposito e parco tecnologico;
in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;
le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale. La Cnapi individua 8 aree nella regione Piemonte; 24 aree complessive nelle regioni Toscana e Lazio; 17 nelle regioni Basilicata e Puglia, 14 nella regione Sardegna e 4 aree nella regione Sicilia;
vale peraltro la pena chiedersi se, riguardo alle regioni Sardegna e Sicilia, sia stato preso in debita considerazione il rischio connesso al trasferimento via nave delle scorie radioattive;
vale ricordare che attualmente il Piemonte, che conta 8 siti potenziali di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria, già oggi è la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. Se si prendesse come riferimento l'indice di radioattività dei rifiuti (che è alla base delle compensazioni economiche erogate dal Cipe per i comuni sede e confinanti con impianti di questo tipo e che rappresenta l'indicatore internazionalmente utilizzato), per il Piemonte la soluzione di un deposito unico nazionale – alla quale corrisponderebbe il completo recupero ambientale e socioeconomico delle aree che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi – rappresenterebbe finalmente un importante miglioramento della situazione esistente: da più di trent'anni, infatti, all'interno dei suoi sei depositi sono stoccati rifiuti i nucleari che arrivano al 74 per cento rispetto all'indicatore di radioattività (circa 2,3 milioni di Gigabequerel, su un totale di circa 3,1 milioni in Italia), quasi totalmente stoccati nell'area Eurex di Saluggia, in una zona esondabile per la contiguità con il letto del fiume Dora Baltea e nei pressi delle falde acquifere che alimentano i pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che eroga il servizio idrico a 107 comuni piemontesi, principalmente delle province di Asti e Alessandria, con una piccola quota di comuni della città metropolitana di Torino);
una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) sparse sul territorio nazionale in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Da qui la necessità ineludibile di realizzare il deposito nazionale per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per prorogare per lo stretto necessario, alla luce della grave pandemia in atto, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente per il dibattito pubblico e il seminario nazionale, anche valutando di prevedere che dette scadenze partano dal termine dello stato di emergenza;
2) a garantire, al netto dell'eventuale suddetta breve proroga dei termini conseguente all'emergenza sanitaria, il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando di ripetere l'atteggiamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, colpevolmente dilatorio che ha caratterizzato in questi anni i Governi che si sono succeduti e che non ha consentito l'avvio dell'iter per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;
3) a garantire che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, e comprenda tutta quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;
4) a tenere aggiornate e a informare le Commissioni parlamentari competenti sugli sviluppi dell'iter che porterà all'individuazione del sito per il deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché riguardo all'individuazione dei previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
5) a definire e quantificare le risorse e i benefici economici per gli enti e le comunità residenti nel territorio dove sarà localizzato il deposito nazionale;
6) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;
7) ad adottare iniziative per chiarire e dare una misurazione oggettiva alla definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, relativamente all'individuazione dell'ubicazione del futuro deposito nazionale e parco tecnologico;
8) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire prima della conclusione dell'iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa, in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare;
9) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione e, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l'iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;
10) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge 314 del 2003, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari;
11) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati.
(1-00418) «Prestigiacomo, Cortelazzo, Barelli, Mazzetti, Baldini, Giacometto, Della Frera, Labriola, Polidori, Ruffino, Squeri, Casino, Torromino, Ferraioli, Porchietto».
(25 gennaio 2021)
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, ha demandato alla Sogin spa la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), ossia l'individuazione delle aree con le caratteristiche che corrispondono sia ai criteri di localizzazione definiti dall'ex Ispra, oggi Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, nella guida tecnica n. 29, che ai requisiti indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency);
la guida tecnica n. 29, «per aree potenzialmente idonee» ha indicato i criteri di esclusione e le caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso indagini tecniche specifiche e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito;
la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) con tutta evidenza deve costituire un percorso condiviso, partecipato e trasparente che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;
il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha elaborato e conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la Carta nazionale, validata da Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) e dai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La sua pubblicazione, è stata autorizzata con il nulla osta ministeriale del 30 dicembre 2020, insieme a quella del progetto preliminare del deposito nazionale e parco tecnologico, attraverso la quale vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella Guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;
con la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee si è aperta ufficialmente la fase di consultazione pubblica, un primo passo per procedere alla scelta del sito, unico nazionale, idoneo per ospitare il deposito;
critiche alla definizione dei 67 siti sono state espresse dalle regioni, dai comuni, dalle province nonché da associazioni e comitati, critiche non solo riguardanti le scelte dei siti in elenco ma anche le modalità, i criteri e le procedure nella scelta dei siti;
inizialmente dal giorno della pubblicazione della stessa erano previsti dall'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, 60 giorni per poter presentare le osservazioni e, dal comma 4 del citato articolo, entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;
i termini che erano originariamente previsti sono stati portati, attraverso modifiche all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, al comma 3, da sessanta giorni a centottanta giorni e, al comma 4, da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni;
al fine di massimizzare le ricadute socio-economiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del parco tecnologico, è riconosciuto al territorio circostante il sito un contributo di natura economica. Tale contributo è destinato per il 10 per cento alla provincia o alle provincie nel cui territorio è ubicato il sito, per il 55 per cento al comune nel cui territorio è ubicato il sito e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato a tale parco;
per le persone residenti e le imprese operanti all'interno di un'area ricompresa entro i 20 chilometri dal centro dell'edificio del deposito saranno gli enti locali a dover riversare una percentuale di quanto avuto come beneficio attraverso una corrispondente riduzione del tributo comunale sui rifiuti o altre misure analoghe;
dalla lettura della Cnapi, redatta dalla Sogin, si intravedono delle incongruenze che si riferiscono al metodo utilizzato per individuare i 67 siti, con una interpretazione dei criteri definiti da Isin, tenuto conto che sono indicati siti riconosciuti come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, ma anche siti di pregio agricolo o ad alto rischio sismico;
desta perplessità, nonché dubbi di trasparenza, l'aver inserito tra i criteri di valutazione quello della distanza autostradale e ferroviaria che ha avuto come conseguenza, ad esempio, l'inserimento nella Cnapi di numerosi siti idonei in Piemonte, che conta 8 siti di cui 7 classificati A1, quindi molto buoni, e 1 classificato A2, quindi buono, due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria che conquista il «primato» con sei siti dei quali cinque in fascia A1;
Sogin non ha, inoltre, ritenuto di prendere in considerazione candidature di comuni che hanno dato la disponibilità a realizzare nel proprio territorio il sito unico, per il solo fatto che non figurano nell'elenco predisposto, mentre sarebbe auspicabile nel percorso partecipativo prendere in considerazione comuni e comunità locali che fossero disponibili ad accogliere il sito sul proprio territorio,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per garantire la piena trasparenza sia nei criteri che nelle procedure di individuazione del sito sul quale sarà realizzato il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;
2) ad adottare iniziative per chiarire e fornire una chiara indicazione su cosa si intenda per adeguata distanza dai centri abitati, al fine della individuazione trasparente dell'ubicazione del deposito nazionale e parco tecnologico;
3) ad adottare iniziative per valutare le candidature da parte di amministrazioni comunali per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico anche non presenti nella Cnapi qualora in possesso di requisiti e caratteristiche che le rendono idonee e, a tal fine, a prevedere la possibilità di integrazione e aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;
4) ad escludere dalla lista della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee le aree di alto pregio agricolo, quelle definite dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità» nonché le zone di rispetto (buffer zone), dei siti Unesco;
5) ad adottare iniziative per inserire, nei parametri di valutazione ai fini dell'individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico, l'indice di pressione ambientale calcolato a livello dei comuni nel raggio di 20 chilometri;
6) ad adottare iniziative per escludere dai criteri per l'individuazione delle aree potenzialmente idonee il criterio della distanza autostradale e ferroviaria;
7) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti commissioni parlamentari sui criteri e sulle procedure adottate per la definizione dei 67 siti inseriti nella Cnapi nonché a pubblicare sul sito della Sogin tutta la documentazione acquisita al fine di definire la lista dei 67 siti pubblicata il 5 gennaio 2021.
(1-00429) «Fornaro, Bersani, Conte, De Lorenzo, Epifani, Fassina, Palazzotto, Pastorino, Stumpo».
(10 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 ha stabilito la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree, potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a.;
il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane dismesse e dalle attività industriali e sanitarie prodotti nel nostro Paese;
il deposito nazionale e il parco tecnologico dovranno essere realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 destinati al deposito e 40 al parco;
con decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica) del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;
la Cnapi comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;
la procedura per l'individuazione dell'area dove sarà realizzato il deposito nazionale prevede un dibattito pubblico e successivamente un seminario nazionale al quale parteciperanno gli enti territoriali, associazioni di categoria, sindacali, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefìci economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;
in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di una nuova Cnapi. Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnapi, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnapi, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;
a tal proposito, si ricorda che l'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, stabiliva in 60 giorni il tempo massimo per poter presentare le osservazioni, mentre il comma 4 stabiliva che entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;
questi termini sono stati prorogati, attraverso modifiche apportate all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, passando da sessanta giorni a centottanta giorni per presentare le osservazioni e da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni per il promuovere il seminario nazionale;
lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice, ma è urgente trovare una soluzione, visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia;
fin dal 2015 è stato più volte denunciato, dalle associazioni ambientaliste il ritardo da parte dei Ministeri competenti nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora, per individuare l'area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che l'Italia continua a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle centrali ormai spente grazie al referendum che vide la vittoria del fronte contrario al nucleare nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell'Unione, su cui è urgente trovare un accordo;
già nel 1999 con il dossier «L'eredità radioattiva» di Legambiente era stato evidenziato come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Per questo nel passato l'associazione ambientalista ha più volte ricordato come il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree. Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025) sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall'industria e dai centri di ricerca;
tutti ricordano quello che successe nel 2003 quando l'allora commissario della Sogin e il Governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari, fu ritirato. Si tratta di un'esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della Cnapi è solo il primo passo. È infatti evidente che i troppi ritardi e la poca chiarezza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato;
è oramai urgente e necessario avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella Cnapi;
emerge, inoltre, un aspetto che andrebbe corretto, che è quello di aver affidato alla Sogin, che appare non adatta, lo svolgimento di questa consultazione pubblica;
oltre alla realizzazione della Cnapi sarebbe importante realizzare una mappatura dettagliata dei territori, anche in forma digitale, colpiti dagli ecoreati, quali ad esempio il traffico illecito di rifiuti e gli incendi dolosi che, a dispetto di qualsiasi criterio di tutela della sicurezza, dell'ambiente e della salute, continuano ad essere in mano alle ecomafie;
la consultazione pubblica si dovrebbe svolgere tenendo presente questi princìpi:
a) chiarezza: gli obiettivi della consultazione, così come l'oggetto, i destinatari, i ruoli e i metodi devono essere definiti chiaramente prima dell'avvio della consultazione; al fine di favorire una partecipazione la più informata possibile, il processo di consultazione, deve essere corredato da informazioni pertinenti, complete e facili da comprendere anche per chi non possiede le competenze tecniche;
b) imparzialità: la consultazione pubblica deve essere progettata e realizzata garantendo l'imparzialità del processo in modo tale da perseguire l'interesse generale;
c) inclusione: l'amministrazione pubblica deve garantire che la partecipazione al processo di consultazione sia il più possibile accessibile, inclusiva e aperta, assicurando uguale possibilità di partecipare a tutte le persone interessate;
d) tempestività: la consultazione, in quanto parte di un processo decisionale più ampio, deve dare ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale; pertanto deve essere condotta nelle fasi in cui i differenti punti di vista siano ancora in discussione e sussistano le condizioni per cui diversi approcci alla materia in oggetto possano essere presi in considerazione;
per tutto questo la consultazione pubblica deve garantire la completezza e facilità di comprensione anche a chi non possiede le competenze tecniche, posto che le informazioni messe a disposizione del pubblico in via telematica consistono in elaborati di progetto e disegni tecnici altamente specialistici (oltre 230 documenti per il deposito nazionale e più di 100 per la Cnapi) e che, qualora si desiderasse prendere visione di documenti più dettagliati, questi sono disponibili solo in cinque località distanti centinaia di chilometri dai comuni interessati come è il caso di quelli della Sardegna, Sicilia, Basilicata e Puglia, peraltro in costanza di divieto di spostamenti interregionali per l'emergenza Covid-19;
sembra difficile che possa essere rispettato il principio dell'imparzialità, quando a gestire la consultazione pubblica è la stessa società che ha redatto il progetto preliminare del deposito, essendo già investita della sua realizzazione e gestione, nonché della somministrazione dei benefìci economici previsti per le comunità che ospiteranno il deposito;
oggi, dopo aver perso sei preziosi anni che si sarebbero potuti impiegare per informare la popolazione, viene chiesto di esprimere le osservazioni su una mole di documenti impressionante in poco tempo e per di più in presenza di una ridotta agibilità sociale dovuta alle misure anti Covid-19,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per garantire sia la piena partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, compresi le associazioni ambientaliste, gli enti parchi nazionali e regionali presenti nei territori interessati, le associazioni di cittadini presenti nei territori interessati nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, prevedendo che possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato, sia la trasparenza attraverso nuovi criteri e nuove procedure di individuazione del sito sul quale saranno realizzati il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;
2) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti Commissioni parlamentari nonché a pubblicare sul sito della Sogin e dei Ministeri competenti tutta la documentazione acquisita, compresi gli esiti della consultazione pubblica e del dibattito pubblico.
(1-00440) «Muroni, Fioramonti, Fusacchia, Cecconi, Lombardo, Schullian».
(24 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
dal lontano 1987, anno in cui a seguito del referendum fu stabilita la chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale, ma in realtà sin dalla realizzazione degli impianti, il nostro Paese si porta dietro l'annosa questione dell'individuazione di un sito idoneo alla sistemazione definitiva delle scorie nucleari almeno in riferimento ai rifiuti a molto bassa e bassa radioattività;
l'abbandono dell'esperienza legata alla produzione di energia elettrica da energia nucleare non ha infatti risolto in re ipsa il problema dello stoccaggio del materiale radioattivo precedentemente trattato negli impianti;
a tale pesante eredità, con cui tuttora da anni sono chiamate a fare i conti le comunità territoriali interessate dalla presenza delle ex centrali e degli altri impianti, devono essere aggiunte la fisiologica produzione di materiale radioattivo proveniente da attività mediche, industriali e di ricerca, sebbene queste ultime all'evidenza presentino minori criticità di impatto ambientale e sulla salute dei cittadini in relazione ai minori tempi di decadimento della loro radioattività, al netto di taluni materiali provenienti dalla ricerca, nonché quello proveniente dalla bonifica dei siti oggetto di contaminazioni accidentali;
si prospetta dunque non solo l'opportunità, bensì la necessità, di affrontare congiuntamente problemi risalenti quanto futuri;
il procedimento per l'individuazione del sito unico per il deposito dei rifiuti radioattivi, nonché per la localizzazione del parco tecnologico muove i passi da lontano, almeno per quel che riguarda l'individuazione di un sito di smaltimento superficiale per i rifiuti;
risale al 2014 la guida tecnica n. 29 emanata dall'Ispra, recante «criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», sottoposta ad un processo di revisione internazionale da parte della IAEA, nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;
nel 2015, la So.g.i.n. S.p.a. (Società gestione impianti nucleari) quale soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, ha trasmesso all'Ispra (oggi Isin) la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari incluso in un parco tecnologico;
come noto, l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) è stato istituito nel 2014, quale Autorità nazionale di regolazione tecnica in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, indipendente ai sensi delle direttive 2009/71/Euratom e 2011/70/Euratom, assumendo le competenze della soppressa Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare, istituita nel 2009 e mai divenuta operativa (competenze medio tempore trasferite a Ispra). Lo stesso Isin è divenuto pienamente operativo solo nel gennaio 2019;
la proposta di Cnapi è stata più volte aggiornata dalla So.g.i.n. s.p.a. e l'Isin ha validato i risultati cartografici e verificato la coerenza degli stessi con i criteri di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni;
nel frattempo, in attuazione degli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno congiuntamente avviato la procedura per la predisposizione di un programma nazionale contenente una panoramica programmatica della politica italiana di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, nell'ambito della quale è stata svolta, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche la procedura di valutazione ambientale strategica (Vas), con la relativa consultazione pubblica e transfrontaliera, e che nell'ambito di tale programma è stato dato un ruolo centrale alla realizzazione del su citato deposito nazionale;
come noto, nel 2019, è stato approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
le ultime proposte di Cnapi (rev.08 e rev.09), complete dei risultati di ulteriori aggiornamenti, sono state presentate dalla So.g.i.n. S.p.a. nel mese di gennaio 2020 e sono state entrambe validate dall'Isin, con nota del 5 marzo 2020;
espletati gli adempimenti previsti all'articolo 27, comma 1-bis, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, connessi alla validazione dei risultati cartografici e alla verifica della coerenza degli stessi con i criteri predisposti dall'Aiea e dall'Agenzia per la sicurezza nucleare, la Sogin ha ricevuto il 30 dicembre 2020 da parte del Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il nulla osta alla pubblicazione sul proprio sito internet della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del parco tecnologico e del progetto preliminare proposto;
a tale riguardo, va evidenziato che tale provvedimento di nulla osta, che ha interessato i due dicasteri sopra menzionati, è stato opportunamente assunto congiuntamente, pur in costanza di diversi profili di competenza, ed ha consentito la pubblicazione della documentazione tecnica fino ad allora secretata da parte di Sogin s.p.a. e resa accessibile, ai fini dell'avvio della consultazione pubblica, solo dopo essere stata opportunamente verificata;
il 5 gennaio 2021 è – come noto – avvenuta la pubblicazione della menzionata Cnapi dando così il via alla fase di consultazione pubblica nel pieno rispetto del procedimento disciplinato dal predetto decreto basato sul coinvolgimento di amministrazioni locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca e cittadini al fine di garantire non solo la massima condivisione delle informazioni e delle decisioni ma anche di giungere a una soluzione concordata con il territorio;
si tratta di un passaggio fondamentale non solo verso la sistemazione definitiva di rifiuti radioattivi italiani di media e bassa attività e ad oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, ma anche di un atto di trasparenza circa le scelte e il coinvolgimento delle comunità locali per scongiurare l'instaurarsi di un clima di contrapposizione e mobilitazione popolare che coinvolse tutto il sud in più di un'occasione: nel 2003, allorché in Basilicata la cittadinanza si oppose alla volontà del Governo di centrodestra di collocare a Scanzano jonico un deposito di profondità dei rifiuti nucleari delle centrali italiane in via di smantellamento e nel 2011 allorché in Sardegna il 97 per cento dei cittadini espresse, nel corso di un referendum regionale consultivo, il proprio «no» all'installazione di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive, portando i governi dell'epoca a cedere e rinviare il problema;
l'importanza di coinvolgere le comunità locali nella fase iniziale del processo decisionale è tanto più rilevante nei territori ad alta vocazione agricola e turistica, interessati negli ultimi anni dalla realizzazione di impianti e infrastrutture che hanno registrato un forte dissenso da parte dei cittadini e delle stesse amministrazioni locali, e nei quali sono state individuate numerose aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale, come il caso della provincia di Viterbo, con 22 siti potenzialmente idonei su 67 totali. Un territorio, quello dell'alta Tuscia, che presenta note criticità dal punto di vista geologico e un delicato equilibrio idrogeologico, e interessato nel 1971 da un terremoto (di magnitudo prossima a 5.0) le cui origini e caratteristiche sismologiche devono essere ancora chiarite;
è bene ricordare che il lavoro congiunto portato avanti dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla Cnapi testimonia non solo la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi, ma si pone, altresì, come obiettivo la risoluzione di una procedura di infrazione europea a carico dell'Italia;
infatti, 30 ottobre 2020, è stata aperta dall'Unione europea nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/2266 (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «mancata osservanza da parte dell'Italia di alcune disposizioni della direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio con riferimento al programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi»;
la predetta procedura 2020/2266 del 30 ottobre 2020 fa seguito alla procedura n. 2018/2021 aperta sulla medesima direttiva (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «non corretta trasposizione della direttiva 2011/70/EURATOM che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi»;
appare dunque necessario affrontare la questione del deposito nazionale per porre fine ai problemi legati alla produzione dei rifiuti radioattivi prodotti attualmente dalla sanità e dall'industria e per risolvere definitivamente la situazione precaria dei 19 siti temporanei di stoccaggio attualmente presenti sul territorio, oltre che per allineare la normativa nazionale alle disposizioni europee pena la conferma del procedimento di infrazione che comporterebbe ingenti multe da pagare oltre alle ingenti somme, già in carico agli utenti, per lo stoccaggio temporaneo in altri Paesi europei delle scorie radioattive ad alta intensità;
va ricordato che i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari attualmente in fase di smantellamento hanno una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all'ambiente. Tali depositi, sottoposti a periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto, stanno esaurendo le loro capacità ricettive e non possono più garantire l'isolamento dei rifiuti radioattivi dall'ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell'uomo e per l'ambiente;
peraltro, l'accelerazione dei costi di decommissioning è – come noto – in grado di contenere i costi della gestione dei rifiuti nucleari;
a tale riguardo si considerino le situazioni legate ai siti Saluggia (Vercelli) e le criticità connesse al sito di Itrec di Rotondella in provincia di Matera e al sito ex Cemerad di Statte (TA), ove a causa della carenza di risorse economiche non è stato possibile proseguire il servizio di vigilanza armata e stipulare l'atto integrativo tra il Commissario Straordinario e la So.g.i.n. S.p.a. per procedere alla rimozione dei fusti rimanenti e alla bonifica dell'area;
nella Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, viene sottolineata l'importanza di garantire idonei strumenti di partecipazione del pubblico nella fase iniziale del procedimento, quando la partecipazione può avere un'influenza effettiva nel processo decisionale;
in sede di conversione del decreto-legge cosiddetto Milleproroghe (decreto-legge n. 183 del 2020) sono state introdotte modifiche alla disciplina della consultazione pubblica di cui al citato articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010 al fine di differire il termine per la formulazione di osservazioni sulla proposta di Carta nazionale da parte delle regioni, degli enti locali e dei soggetti portatori di interessi qualificati, nonché il termine entro il quale la Sogin spa promuove il Seminario nazionale. È rimasto, tuttavia, invariato l'ulteriore termine di trenta giorni per presentare osservazioni all'esito del Seminario, nel corso del quale sono approfonditi tutti gli aspetti tecnici relativi al Parco tecnologico e gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente,
impegna il Governo:
1) ad assicurare che tutte le fasi procedimentali in cui si articola la scelta dei siti idonei e l'individuazione del sito ove ubicare il Parco tecnologico siano caratterizzate dalla massima ed effettiva concertazione e condivisione con i territori e le comunità locali interessate, nel rispetto dei principi di trasparenza, leale collaborazione e cooperazione istituzionale;
2) a prevedere la puntuale informazione del Parlamento sull'attività svolta nelle diverse fasi in cui si articola la procedura di individuazione del deposito nazionale, con particolare riferimento all'aggiornamento e successiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee, alle intese raggiunte con le regioni interessate e gli enti locali coinvolti, nonché alla corretta esecuzione delle fasi di chiusura e post chiusura dell'impianto nel rispetto delle prescrizioni emesse nel «periodo di controllo istituzionale», presentando a tal fine una relazione annuale alle Camere;
3) a provvedere alla pubblicazione sui siti istituzionali dei Ministeri coinvolti, della Sogin s.p.a., dell'Isin e sul sito dedicato depositonazionale.it di ogni documentazione ed informazione utile in merito al procedimento, dando particolare evidenza alle tempistiche relative agli strumenti di partecipazione e alle fasi decisionali, nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché gli enti locali e le regioni individuate nella Cnapi rendano disponibili sui propri siti istituzionali, in una parte chiaramente identificabile della sezione «Amministrazione trasparente», il collegamento ipertestuale ai predetti siti, assicurando la qualità delle informazioni secondo i criteri indicati dal decreto legislativo n. 33 del 2013;
4) a garantire che la consultazione pubblica e lo svolgimento del Seminario nazionale avvengano con modalità che consentano la massima accessibilità e partecipazione ai lavori, assumendo, altresì, iniziative, anche normative, per disporre l'ampliamento dei termini per presentare osservazioni all'esito del Seminario nazionale;
5) ad adottare iniziative per prevedere che la consultazione pubblica sia estesa a tutti i soggetti, portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, a prescindere dalla necessità di dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, come previsto per le consultazioni nei procedimenti di Via/Vas;
6) ad adottare iniziative per prevedere che al Seminario pubblico possano partecipare anche i comuni non direttamente interessati ma comunque limitrofi rispetto alle aree individuate come potenzialmente idonee, che ne facciano richiesta, nonché le associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, così come i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati e i soggetti portatori di interessi pubblici o privati che abbiano presentato richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
7) in un'ottica di trasparenza e leale collaborazione istituzionale, ad adottare iniziative per dare adeguata pubblicità ai criteri oggettivi e univoci in ordine alla quantificazione e alle modalità di assegnazione delle compensazioni economiche ed ambientali agli enti locali interessati, prevedendo che i relativi contributi economici siano prioritariamente finalizzati ad interventi di riqualificazione dei contesti urbani ed ambientali;
8) ad assicurare che i criteri di esclusione e approfondimento siano puntualmente esaminati e verificati in modo da garantire la massima sicurezza del sito che risulterà idoneo;
9) ad adottare iniziative per ampliare ulteriormente i parametri di sicurezza finalizzati alla localizzazione, costruzione e gestione del deposito e, a tal fine:
a) ad avvalersi delle strutture universitarie competenti per i territori implicati e ad adottare i più moderni metodi e strumenti di conoscenza multidisciplinari del territorio, per le successive fasi esplorative contemplate nei criteri di approfondimento, riguardanti i siti che saranno scelti per la Cnai;
b) a prevedere uno ietogramma di progetto quanto più cautelativo possibile, con piogge di progetto notevolmente incrementate in modo da resistere ad eventi meteoclimatici molto estremi, non ancora storicamente noti o statisticamente prevedibili;
c) ad adottare strutture antisismiche per il deposito molto più cautelative di quelle previste dalle più rigorose norme vigenti per impianti nucleari;
10) a prevedere l'istituzione di un apposito osservatorio finalizzato a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni tecniche a cui sarà soggetto il deposito nazionale indicate in fase di istruttoria;
11) ad adottare iniziative per prevedere che, contestualmente all'istanza per il rilascio dell'autorizzazione unica, sia presentata anche l'istanza finalizzata all'avvio della valutazione di impatto sanitario (Vis) predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministero della salute del 27 marzo 2019;
12) ad adottare iniziative per assicurare sufficienti risorse affinché l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) sia messo nelle condizioni di svolgere al meglio i propri compiti istituzionali, tecnici e di vigilanza connessi al deposito nazionale, affinché non sia pregiudicata la capacità operativa e di vigilanza del suddetto ente, anche in prospettiva dei lavori dei prossimi anni, provvedendo, altresì, ad aggiornare la normativa di riferimento, e in particolare il decreto legislativo n. 31 del 2010, al fine di tener conto delle modifiche intervenute nella individuazione dell'Isin quale Autorità competente, subentrata all'Agenzia per la sicurezza nucleare;
13) ad assumere iniziative affinché contestualmente alla localizzazione e alla realizzazione del deposito unico sia affrontato il tema delle «sorgenti orfane» rinvenute in diversi luoghi e contenute in diverse tipologie di rifiuti, anche abbandonati, che sono potenzialmente in grado di arrecare gravi danni alla salute di lavoratori e comunità residenti;
14) ad adottare senza ritardo i decreti attuativi in applicazione della normativa vigente, con specifico riferimento al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, garantendo il necessario coordinamento dei soggetti chiamati ad assumere i provvedimenti;
15) ad adottare quanto prima, in attesa dell'individuazione del deposito unico, idonee iniziative per garantire sotto il profilo tecnico e finanziario la messa in sicurezza e la gestione dei siti che presentano criticità nel territorio nazionale, verificando altresì la necessità di stanziare ulteriori fondi da destinare al commissario straordinario per l'attuazione degli interventi nel deposito ex Cemerad di cui in premessa, affinché si proceda alla rimozione dei fusti rimanenti mediante la sottoscrizione dell'atto integrativo con So.g.i.n. s.p.a.
(1-00441) «Vianello, Cillis, Davide Crippa, Maraia, Sut, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Licatini, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Vignaroli, Zolezzi, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu».
(24 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
attualmente i rifiuti radioattivi presenti in Italia sono stoccati in una ventina di siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;
sono diversi i centri che producono e detengono rifiuti radioattivi. Molti di questi, come gli ospedali, ne trattengono la maggior parte fino al loro completo decadimento, per poi smaltirli come rifiuti convenzionali o speciali. La restante parte viene conferita agli operatori del servizio integrato – il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali – che provvedono a gestirli nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al deposito nazionale;
oltre ai depositi del servizio integrato, sono presenti in Italia altre strutture di stoccaggio (all'interno di installazioni nucleari in smantellamento o di impianti di ricerca nucleare) che detengono rifiuti radioattivi da conferire al deposito nazionale: 4 centrali nucleari in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca Ccr Ispra-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (CCR Ispra, Enea Casaccia, deposito Avogadro, LivaNova Cesnef (Centro energia e studi nucleari Enrico Fermi, Università di Pavia, Università Palermo); 3 centri del servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del servizio integrato non più attivo (Camerad);
i rifiuti radioattivi non possono però essere smaltiti nei depositi già presenti presso gli impianti nucleari italiani in dismissione, poiché i siti che ospitano i depositi temporanei non sono geologicamente adatti alla sistemazione definitiva dei rifiuti. Inoltre, le strutture di deposito presenti nelle installazioni nucleari italiane, attualmente in fase di smantellamento, sono progettate per gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi per un periodo che non copre l'intero tempo di decadimento della radioattività in essi contenuta;
per la sistemazione definitiva è invece necessario un deposito dotato di barriere multiple, in grado di assicurare l'isolamento della radioattività per almeno 300 anni;
il deposito nazionale è un'infrastruttura ambientale di superficie destinata alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall'esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca; sarà costituito dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico, idoneo alla loro sistemazione definitiva;
insieme al deposito nazionale sarà realizzato il parco tecnologico: un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile;
l'infrastruttura, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard della Iaea (International Atomic Energy Agency dell'Onu), comprensiva delle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti a molto bassa e bassa attività, lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività, le strutture ausiliarie e il parco tecnologico, sarà costruita all'interno di un'area che occuperà complessivamente circa 150 ettari, di cui 40 dedicati al parco tecnologico;
nel deposito nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 95.000 metri cubi di rifiuti radioattivi. Di questi, circa 78.000 metri cubi sono rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell'arco di 300 anni; di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall'esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell'industria. Sul totale di circa 78.000 metri cubi, circa 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti circa 45.000 metri cubi verranno prodotti in futuro. Inoltre, nel deposito nazionale sarà compreso anche il complesso stoccaggio Alta attività (Csa), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 m3 di rifiuti a media e alta attività;
l'investimento complessivo di circa 900 milioni di euro per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica. La parte di investimento relativa ai rifiuti medicali, industriali e di ricerca, sarà anticipata e poi restituita all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) attraverso i ricavi generati dall'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico. Per i rifiuti derivanti dalla produzione di energia elettrica, invece, è previsto che il costo sia direttamente sostenuto dall'utente elettrico, come avviene per lo smantellamento delle installazioni nucleari. Anche i costi di esercizio del deposito nazionale, per la quota parte relativa alla sistemazione dei rifiuti derivanti dalle installazioni nucleari, saranno finanziati mediante la componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica, mentre per la gestione degli altri rifiuti il finanziamento avverrà attraverso una tariffa di conferimento, che i produttori privati corrisponderanno all'esercente del deposito per lo smaltimento dei loro rifiuti. Per quanto riguarda il parco tecnologico, a seconda delle attività, si prevedono due diversi modelli di finanziamento: per i progetti di ricerca e sviluppo legati alle attività di decommissioning e alla gestione dei rifiuti radioattivi si attingerà direttamente a una minima quota della componente A2RIM della bolletta elettrica, mentre per l'attivazione degli altri progetti si ipotizzano diverse fonti di finanziamento, sia pubbliche sia private;
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, norma l'iter di localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico che permetteranno di dare sistemazione definitiva ai rifiuti radioattivi italiani;
la Sogin la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, che ai sensi degli articoli 25, 26 e 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, è il soggetto responsabile della localizzazione, realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico, ha pubblicato sul sito internet depositonazionale.it il 5 gennaio 2021, la Carta nazionale aree potenzialmente idonee (Cnapi), l'ordine di idoneità delle aree identificate sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali, il progetto preliminare e la relativa documentazione, avviando così la fase di consultazione pubblica;
la proposta di Cnapi, è stata predisposta dalla Sogin a partire dal giugno 2014 e trasmessa all'organismo di vigilanza e controllo il 2 gennaio 2015, sulla base dei criteri definiti dall'Ispra nella guida tecnica n. 29, pubblicata il 4 giugno 2014;
le aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale sono infatti il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti nella guida tecnica n. 29 e ai requisiti indicati nelle linee-guida della Iaea (International Atomic Energy Agency);
tali caratteristiche favorevoli si determinano sulla base di: 15 criteri di esclusione (CE), per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza a tutela dell'uomo e dell'ambiente; 13 criteri di approfondimento (CA), per valutare in dettaglio le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Questi criteri verranno poi utilizzati anche per la pianificazione delle indagini tecniche di caratterizzazione nelle aree oggetto d'intesa;
i criteri elaborati rappresentano un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione per arrivare, con un livello di dettaglio progressivo, all'individuazione delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale, che garantiscano l'integrità e la sicurezza nel tempo del deposito nazionale;
la Cnapi identifica 67 aree potenzialmente idonee dislocate in 7 regioni: 22 nel Lazio, 14 in Basilicata e in Sardegna, 8 in Piemonte, 4 in Sicilia, 3 in Puglia e 2 in Toscana; le aree sono pubblicate secondo un ordine di idoneità determinato sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali emerse nell'applicazione dei diversi criteri;
la Cnapi è stata sottoposta a classifica di segretezza a livello «riservato» nel dicembre del 2014 sulla base della normativa di riferimento e, in particolare, dell'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del Segreto di Stato e delle informazioni classificate», abrogato e sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2015, n. 5, e successive modificazioni e integrazioni, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva», finalizzata ad impedire che l'eventuale divulgazione non autorizzata di informazioni potesse causare danno alla sicurezza della Repubblica;
con la pubblicazione della Cnapi, di cui è stato anche dato contestualmente avviso su cinque quotidiani a diffusione nazionale è stata quindi avviata la procedura di consultazione pubblica, prevista dalla legge;
si rammenta che la Cnap è una Carta che identifica le aree «potenzialmente» idonee, rimandando ad un iter condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;
il decreto legislativo n. 31 del 2010, come modificato dall'articolo 12-bis del decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» n. 183 del 2020 prevede, allo stato, una fase di consultazione pubblica della durata di 180 giorni, decorrente dalla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del parco tecnologico annesso al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, durante la quale tutti i soggetti portatori di interessi qualificati – partendo dal singolo cittadino fino alle Associazioni organizzate e alle Istituzioni sia nazionali, che regionali e locali – hanno la possibilità di formulare osservazioni e proposte tecniche;
tutte le attività inerenti alla Consultazione pubblica sono svolte in conformità alle norme del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, nonché della direttiva n. 2 del 2017 della Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione recante le linee guida per la consultazione pubblica in Italia;
entro 240 giorni dalla medesima pubblicazione, Sogin promuove il seminario nazionale al quale sono invitati a partecipare tutti i portatori di interesse qualificati indicati dal decreto legislativo n. 31 del 2010, per approfondire gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, alla rispondenza delle aree individuate ai requisiti della Guida Tecnica n. 29 emessa dall'ente di controllo, agli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente e i possibili benefici economici e di sviluppo territoriali connessi alla realizzazione dell'opera;
nei 30 giorni successivi al seminario verranno raccolte le ulteriori osservazioni trasmesse formalmente a Sogin e al Ministero dello sviluppo economico. Nei successivi 60 giorni, Sogin redige la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) e la trasmette al Ministero dello sviluppo economico. Una volta pubblicata la Cnai, le regioni e gli enti locali, nei cui territori ricadono le aree idonee, potranno esprimere manifestazioni di interesse, volontarie e non vincolanti, per proseguire l'iter di localizzazione. La procedura prevista prevede, infatti, passaggi di confronto territoriale, con l'eventuale avvio di trattative bilaterali e garantendo il massimo livello di coinvolgimento istituzionale per giungere a una soluzione condivisa;
per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura di dibattito pubblico che, per legge, è basata su un processo di coinvolgimento dei territori con l'obiettivo di arrivare a una soluzione condivisa con le comunità locali attraverso un processo incentrato sui principi dell'informazione, della trasparenza e del coinvolgimento;
diversamente da quanto accade all'estero non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi derivanti dai vari settori di produzione. Il deposito nazionale consentirà quindi all'Italia di allinearsi ai Paesi europei che dispongono di depositi analoghi, o che li stanno costruendo, come richiesto dalla normativa comunitaria. La sua disponibilità permetterà, infatti, di sistemare definitivamente i rifiuti prodotti dalle installazioni nucleari e di chiudere così il ciclo nucleare italiano, con la restituzione dei siti privi di ogni vincolo radiologico alle comunità locali per altri usi;
l'infrastruttura consentirà, inoltre, la sistemazione in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti, compresi quelli che quotidianamente si continuano a produrre nei settori dell'industria, della medicina e della ricerca, attualmente stoccati in depositi temporanei distribuiti in decine di siti a livello nazionale;
il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un'unica struttura darà perciò luogo a una loro gestione in sicurezza più razionale, efficiente ed economica e consentirà la conclusione del decommissioning degli impianti nucleari, rilasciando i siti privi da vincoli di natura radiologica;
la disponibilità del deposito nazionale permetterà, inoltre, in base ai contratti vigenti con gli operatori francese Orano e inglese Nda, il rientro dei residui da riprocessamento del combustibile nucleare esaurito inviato in Francia e Regno Unito. Tali residui saranno conferiti temporaneamente all'area per l'interim storage dei rifiuti a media e alta attività del deposito nazionale, denominata Csa, Complesso stoccaggio alta attività, evitandone i cospicui costi di stoccaggio all'estero;
il 17 maggio 2018 l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia dell'Unione europea per la mancata adozione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi ed il 30 ottobre 2020 ha ricevuto una lettera di costituzione in mora per non aver adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi conforme ai requisiti della direttiva per la gestione dei combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
la pubblicazione della Cnapi, ed il conseguente avvio della consultazione pubblica, è frutto di un lavoro congiunto dei due Ministeri competenti, supportato dagli enti tecnici, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo su un tema delicato come quello della gestione dei rifiuti radioattivi, rimandato per troppi anni,
impegna il Governo:
1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;
2) ad adottare iniziative per far sì che, nella fase della definizione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), i rigorosi requisiti delle linee guida siano integrati da ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese;
3) a favorire, per quanto di competenza, il coinvolgimento sulla questione dei competenti organi parlamentari, prima e dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee;
4) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del parco tecnologico.
(1-00442) «Pezzopane, Benamati, Braga, Buratti, Gavino Manca, Morassut, Morgoni, Nardi, Pellicani, Rotta, Soverini, Zardini».
(26 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
a seguito del nullaosta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 30 dicembre 2020, la Società gestioni impianti nucleari spa (Sogin), società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31;
ai sensi della citata disposizione di legge, il deposito è destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitari e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari in un Parco tecnologico;
la proposta di carta è stata stilata in base ai criteri emanati dall'Ispra (oggi Isin) nella Guida tecnica n. 29 del 4 giugno 2014, recante «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», Guida tecnica sottoposta a un processo di revisione internazionale da parte della Iaea nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;
nella Cnapi vengono individuati 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, raggruppati in quattro insiemi con ordine di idoneità decrescente (A1, A2, R e C), individuati, in base all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, considerando aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica;
in base a questi criteri, sono state individuale 8 zone potenzialmente idonee in Piemonte, 2 in Toscana. 22 nel Lazio, 12 in Basilicata, 1 in Puglia, 4 in Basilicata-Puglia, 14 in Sardegna. 4 in Sicilia. Su 67 aree, 12 sono in classe A1 (Aree continentali, molto buone). 15 in classe A2 (Aree continentali, buone), 15 in classe B (aree insulari), 29 in classe C (Aree in zona sismica 2);
la pubblicazione della proposta di Cnapi ha generato nei territori e tra le comunità interessate sentimenti di forte preoccupazione e di generale allarme — reazioni in molti casi sfociate in dure manifestazioni di protesta — per le conseguenze che potrebbero derivare dalla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, anche in considerazione del fatto che le attività di informazione e coinvolgimento delle popolazioni sono state del tutto insufficienti, se non assenti;
nell'arco dei dieci anni che sono stati necessari per giungere alla pubblicazione della proposta di Cnapi, le attività di comunicazione pubblica e istituzionale sono state un esempio negativo di tutto quello che non si dovrebbe fare quando si devono sensibilizzare territori in merito a progetti destinati a modificare le dinamiche delle comunità interessate, soprattutto quando si trattano temi come i rifiuti nucleari che necessitano, viceversa, di un'ampia e chiara informazione tra i cittadini;
quello adottato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato un approccio sconsiderato, fatto di ritardi, rinvii, molti silenzi, indiscrezioni e mezze verità, che ha contribuito a produrre un clima di generale sospetto e preoccupazione attorno al progetto, accentuando naturali contrarietà e resistenze sino a determinare un «effetto Nimby» che risulta difficile da controllare;
in questo contesto, amministratori locali e cittadini hanno scoperto, da un giorno all'altro, dal sito della Sogin, che il loro territorio era stato ricompreso nella Cnapi;
con la pubblicazione della proposta di Cnapi, si apre una nuova fase che prevede, in base all'articolo 27, commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, un coinvolgimento maggiore dei soggetti interessati: fase nella quale sarebbe auspicabile recuperare il tempo perso e i ritardi nelle attività di informazione, comunicazione e coinvolgimento;
le citate disposizioni prevedono che nei centottanta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche alla Sogin ed entro i duecentoquaranta giorni dalla pubblicazione la Sogin promuove un Seminario nazionale a cui possono partecipare, oltre ai Ministeri e all'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, le province ed i comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Cnapi nonché le associazioni di categoria, i sindacati, gli enti di ricerca, le università;
a seguito della pubblicazione della proposta di Cnapi, sono state sollevate molteplici perplessità in merito al fatto che i criteri siano stati definiti nel 2014 e che la stessa proposta di carta sia stata completata nel 2015 (seppure successivamente sia stata in minima parte integrata), quindi, molto tempo prima della pubblicazione del 30 dicembre 2020. Nel frattempo, potrebbero essere mutate le condizioni oggettive che nel 2015 avevano portato all'inclusione di alcuni siti e all'esclusione di altri. Sarebbe pertanto opportuno verificare se i territori ricompresi nella carta siano ancora da considerarsi potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, e se altri, precedentemente esclusi, possano essere oggi compresi;
tra i criteri di esclusione delle aree potenzialmente idonee figura quello delle «aree che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati», senza tuttavia specificare cosa si debba intendere per adeguatezza della distanza;
perplessità sono state sollevate anche in merito all'inclusione della categoria B (aree insulari), che interessa 14 siti in Sardegna e 1 in Sicilia, in considerazione del fatto che il trasporto via mare, l'unico fattibile, incontrerebbe numerosi ostacoli, come l'adeguamento delle infrastrutture portuali e delle navi e la copertura assicurativa per i rischi ambientali;
in Piemonte, diverse aree individuate tra le otto potenzialmente idonee ad ospitare il deposito risultano adiacenti a zone in cui si coltivano e si producono prodotti certificati da marchi di qualità (di origine controllata, protetta, di origine controllata e garantita), nonché prodotti agroalimentari tradizionali, di denominazione comunale o certificati dal comitato scientifico di slow-food,
impegna il Governo:
1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;
2) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Cnai (Carta nazionale delle aree idonee) alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del Parco tecnologico;
3) ad adottare iniziative volte a integrare i rigorosi requisiti delle linee guida con ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese, effettuando uno studio particolare dei carichi ambientali già esistenti sui territori;
4) ad adottare iniziative per esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;
5) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di riesaminare la posizione dei siti ricompresi nella proposta di Carta, al fine di verificare la sussistenza della validità dei criteri alla luce di possibili mutazioni del contesto locale, visto anche il tempo trascorso dalla definizione di una prima proposta di Carta;
6) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di escludere dalla carta le aree insulari, considerata l'impraticabilità del trasporto via mare, per gli alti rischi ambientali e gli alti costi di adeguamento delle infrastrutture di trasporto;
7) a promuovere l'esclusione delle aree prossime a quelle di produzione di prodotti certificati da marchi di qualità (di origine d.o.c. o altra origine denominata) nonché prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), di denominazione comunale (DeCO) o certificati dal comitato scientifico di slow-food;
8) a garantire il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando lo stoccaggio in siti provvisori inidonei a tale scopo;
9) a monitorare che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, compresa quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;
10) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;
11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, al fine di includere anche i comuni contermini per i quali dovrà essere comunicata la carta dei rischi derivanti dagli impianti di stoccaggio provvisorio;
12) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle compensazioni ai territori interessati, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via).
(1-00450) «Vallascas, Costanzo, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Giuliodori, Maniero, Paxia, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano».
(30 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
come già stabilito dal decreto legislativo n. 31 del 2010, la Sogin s.p.a., quale soggetto responsabile della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, nel 2015 ha trasmesso all'ex Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), oggi Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari, incluso in un parco tecnologico;
la stessa società Sogin s.p.a., con il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico (Mise) e del Ministero dell'ambiente e della tutela de territorio e del mare (Mattm), ha dunque pubblicato il 5 gennaio 2021 sul sito www.depositonazionale.it la suddetta carta nazionale Cnapi, che fornisce in definitiva una mappa completa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi come descritto in premessa. L'avvenuta pubblicazione, ha avviato il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2);
ai territori che ospiteranno il sito di stoccaggio, verrà riconosciuto un ristoro in termini economici: per il 10 per cento spetterà alla provincia nel cui territorio il sito verrà ubicato, per il 55 per cento al comune nel cui territorio il sito verrà ubicato e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato al parco tecnologico;
come riportato dalla guida tecnica n. 29 dell'ex Ispra, che definisce i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, «le caratteristiche del sito nel quale viene localizzato un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, unitamente a quelle del condizionamento dei rifiuti e delle strutture ingegneristiche dell'installazione, devono garantire il confinamento e l'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera, al fine di assicurare nel tempo la protezione della popolazione, dell'ambiente e dei beni». A ciò si aggiunge la raccomandazione che «il processo di localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale, di seguito denominato “deposito”, avviene, anche con riferimento alle raccomandazioni emanate dagli organismi internazionali, attraverso fasi successive di indagini e valutazioni»;
secondo le medesime linee della guida tecnica n. 29, durante la prima fase vengono individuate le aree «potenzialmente idonee», con eventuale ordine di idoneità. Il tutto è definito anche attraverso «criteri di esclusione» che sono stati fissati al fine di escludere le aree del territorio nazionale che non rispondano ai requisiti riportati nella guida tecnica. Vengono tenute in considerazione, tra le altre caratteristiche, anche valutazioni che riguardano:
a) la stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica dell'area al fine di garantire la sicurezza e la funzionalità delle strutture ingegneristiche da realizzare secondo barriere artificiali multiple;
b) il confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno, atte a contrastare il possibile trasferimento di radionuclidi nella biosfera;
c) la compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi, non derogabili, di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale;
d) l'isolamento del deposito da infrastrutture antropiche ed attività umane, tenendo conto dell'impatto reciproco derivante dalla presenza del deposito e dalle attività di trasporto dei rifiuti;
e) l'isolamento del deposito da risorse naturali del sottosuolo;
f) la protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme;
ai «criteri di esclusione» si affiancano i «criteri di approfondimento», definiti per consentire la valutazione delle aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Pertanto, ad esempio, come si evince dalla guida tecnica «la loro applicazione può condurre all'esclusione di ulteriori porzioni di territorio all'interno delle aree potenzialmente idonee e ad individuare siti di interesse»;
come riportato nella carta nazionale Cnapi pubblicata nel mese di gennaio 2021, sono stati individuati 67 potenziali siti che potrebbero dunque ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi del nostro Paese: essi risultano dislocati nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree). 12 aree sono state classificate in classe A1 (zona a massima priorità), 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C;
trascorso il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021 n. 2) della durata di 180 giorni, si avvierà (nell'arco di duecentoquaranta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi), un seminario nazionale che vede l'espletamento di azioni di confronto coordinate con regioni, amministrazioni locali, poli universitari, associazioni di settore, enti di ricerca e tutti quegli organi che possano dare un supporto significativo;
proprio quest'ultimo risulta essere un passaggio quanto mai necessario e fondamentale, che contribuirà a definire non solo le scelte dei siti più idonei ad ospitare i rifiuti nucleari stoccati nei relativi depositi, ma a garantire azioni di massima trasparenza delle informazioni che dovranno essere trasmesse a tutti i soggetti interessati dai provvedimenti di cui in narrativa, compresi i cittadini delle aree indicate nella carta nazionale Cnapi;
stando alle osservazioni e alle indicazioni che saranno fornite durante l'attuale iter di consultazione, la Sogin s.p.a. dovrà elaborare una nuova proposta di carta nazionale Cnapi. Pertanto, sarà poi compito del Ministero dello sviluppo economico approvare, sentito il parere dell'Isin, la versione definitiva della carta che individuerà i siti di stoccaggio;
è evidente come qualsiasi amministrazione locale possa essere interessata ad evitare che i siti del deposito nazionale ricadano nei territori di propria competenza, poiché tali azioni, se non efficacemente valutate prima ancora di essere messe in atto, potrebbero seriamente pregiudicare le economie locali soprattutto di quelle aree che basano la loro produttività interna sulla qualità dell'ambiente e delle acque, delle produzioni agroalimentari, delle esportazioni del settore agroalimentare e della tutela del settore turistico-ricettivo;
l'annuncio della pubblicazione della carta nazionale Cnapi del mese di gennaio 2021, ha suscitato indignazione da parte di molti sindaci d'Italia, oltre che di presidenti di regione, i quali si dicono pronti a contrastare con ogni mezzo a loro disposizione, eventuali scelte che saranno assunte nei prossimi mesi e, a maggior ragione, se le stesse saranno assunte in maniera poco o per nulla condivisa,
impegna il Governo:
1) a mettere in atto ogni iniziativa utile e necessaria a garantire la massima collaborazione tra tutti gli enti istituzionali impegnati nel processo di valutazione e definizione dei possibili siti di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, al fine di garantire la totale trasparenza e tempestività della trasmissione delle informazioni necessarie, colmando di fatti possibili asimmetrie informative tra tutti gli attori in campo;
2) ad analizzare in maniera approfondita l'individuazione delle possibili aree di deposito, al fine di valutare tutte le problematiche esposte in premessa e giungere, in tempi ben definiti, a soluzioni che siano condivise e che tengano in conto gli interessi e delle principali vocazioni territoriali dell'intero Paese;
3) a garantire, nell'ambito dell'iter di approvazione definitiva della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare siti di stoccaggio, la massima tutela di quei territori considerati «Patrimonio dell'umanità» dall'Unesco e, ove possibile, a valutarne l'esclusione dalla carta nazionale Cnapi;
4) a favorire il massimo coinvolgimento dei competenti organi parlamentari, per quanto di competenza, sia in vista della pubblicazione definitiva della carta nazionale delle aree idonee, sia successivamente al completamento del processo descritto in premessa;
5) a sostenere la promozione di adeguate campagne informative, che possano garantire la massima conoscenza ai soggetti istituzionali interessati, incluse le amministrazioni locali, e soprattutto ai cittadini, delle decisioni assunte e di eventuali conseguenze che le stesse potrebbero avere in fase di progettazione e realizzazione del deposito dei rifiuti e del relativo parco tecnologico;
6) a valutare ogni rischio connesso al trasferimento delle scorie radioattive, sia via terra che soprattutto via mare, mettendo in campo ogni iniziativa necessaria volta a tutelare l'ecosistema, con maggiore attenzione verso quelle aree ad alto rischio ed impatto ambientale, tenuto conto che il trasporto via mare richiederebbe la costruzione di depositi imbarco e sbarco delle scorie nei porti di partenza e arrivo, di un naviglio dedicato, e che si tratterebbe di viaggiare sulle stesse rotte dedicate al turismo;
7) a valutare l'opportunità di escludere la localizzazione dei siti in territori la cui economia è legata alla valorizzazione di zone di alto pregio ambientale e paesaggistico e si basa prevalentemente sull'allevamento, attività strettamente legata alle caratteristiche e alla qualità del suolo e delle acque;
8) a escludere i territori già gravati dalla percentuale più alta di servitù militari dello Stato italiano e altresì quelle regioni che ospitano i poligoni di tiro più grandi ed importanti a livello europeo;
9 a valutare l'esclusione di quei territori che non hanno già a disposizione porti industriali dedicati alla ricezione e allo stoccaggio di materiale radioattivo.
(1-00451) (Nuova formulazione) «Lapia, Berardini, Rizzone, Cardinale, Tondo, Ermellino, De Girolamo, Piera Aiello, Acunzo, Menga».
(31 marzo 2021)
MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA E ULTERIORI MISURE IN CAMPO EDUCATIVO ED ECONOMICO A FAVORE DEI MINORI
La Camera,
premesso che:
il Governo, dall'inizio della pandemia, è impegnato nella definizione di misure destinate a contenere la diffusione del virus, aggiornate in relazione all'andamento della curva epidemiologica e con l'implicazione – necessaria per la sicurezza e la salute pubblica – di forti limitazioni alle attività di cittadini e imprese. D'altro canto, tali misure sono state supportate dalla definizione di altrettante politiche – principalmente di natura economica – a sostegno della popolazione. Questo sforzo orientato a definire la realizzazione di forme di supporto alle più diverse categorie sociali, lavorative ed economiche, nel suo tentativo di raccogliere una quanto più ampia possibile porzione di cittadine e cittadini, ha però lasciato spesso in secondo piano una componente importante: i bambini, le bambine e gli adolescenti;
la forzata chiusura delle scuole a partire dal 5 marzo 2020 e l'implementazione delle più varie forme di didattica a distanza hanno reso necessaria ed urgente la definizione da parte del Governo di proposte legate all'edilizia scolastica per il miglioramento e l'ampliamento degli spazi educativi, come pure al miglioramento dell'accesso ai device e alle infrastrutture digitali. Tali fondamentali misure non sono state però associate alla considerazione di tutta una serie di aspetti fondamentali della vita dei più piccoli: l'emotività, la socialità, il gioco, la scoperta, la crescita in una comunità educante, l'educazione in senso più ampio, oltre la formazione scolastica. Fino all'inizio della pandemia, il percorso educativo scolastico non prevedeva l'utilizzo della didattica a distanza, portando dunque ad una sua prima applicazione «improvvisata», che a causa dell'emergenza pandemica non ha permesso lo svolgimento di adeguati test, analisi e conseguenti correttivi. A distanza di molti mesi, il sistema della didattica a distanza continua a presentare numerose disfunzionalità che rischiano di alimentare, nel breve termine, l'abbandono scolastico e la crescita delle disuguaglianze, non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli in famiglie numerose, senza adeguati spazi casalinghi o senza un opportuno sostegno dei genitori o ancora semplicemente vittime del digital divide;
il Censis, nella sua indagine «La scuola e i suoi esclusi – Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», ha riportato che «il 74,8 per cento dei dirigenti scolastici ha verificato come l'utilizzo emergenziale di modalità di didattica a distanza abbia ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, a seconda del livello di disponibilità di strumenti e di supporti informatici, ma anche più in generale in base al livello di cultura tecnologica delle famiglie italiane. Particolarmente toccate dalle conseguenza del gap tecnologico sembrano essere le scuole del primo ciclo, che alle difficoltà comuni aggiungono anche la più giovane età degli studenti che, per quanto nativi digitali, a parità di condizione socio-economico e culturale hanno meno disponibilità di dispositivi adatti alla didattica e sono sicuramente ancora lontani da un utilizzo diverso da quello soprattutto ludico degli stessi»;
l'Unesco evidenzia che la pandemia ha provocato il più grande sconvolgimento dei sistemi educativi della storia, colpendo nel mondo quasi 1,6 miliardi di bambini in età scolare. Le stime attuali indicano che 24 milioni di bambini molto probabilmente non torneranno più in classe;
nella «Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini di Genova e guidata dal neurologo Lino Nobili, che dirige il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'istituto, con il supporto del Ministero della salute – si porta in evidenza che le restrizioni imposte dalle misure governative hanno determinato nei bambini e negli adolescenti (età 6-18 anni) disturbi di «componente somatica» (come disturbi d'ansia) e disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa), con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Per i più grandi, invece, è stata inoltre riscontrata un'aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell'umore. Tali esempi portano ad evidenziare che l'assenza di proposte legate al benessere anche psicologico, pedagogico ed emotivo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi è diventata nei mesi via via più ingombrante, assumendo le dimensioni di vuoto normativo di notevole impatto, senza previsioni in risposta ai bisogni e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
nel rapporto «Proteggiamo i bambini» Save the children evidenzia che in Italia si registravano già prima della pandemia percentuali di deprivazione economica e materiale dei minori tra le più alte d'Europa. L'aumento della disoccupazione, registrato dall'Istat già a giugno 2020 come pari all'8,3 per cento e stimato dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà materiale tra i bambini e gli adolescenti. Il risultato potrebbe essere quello di un aumento di diversi punti percentuali del tasso di povertà assoluta tra i minorenni: si stima che 1 milione di bambini in più possano scivolare nella povertà assoluta, ritrovandosi in una condizione priva dell'indispensabile per condurre una vita dignitosa;
il Governo è tuttora impegnato nello sforzo di definizione di nuove misure emergenziali che avranno innegabilmente un impatto sul futuro della società e del Paese e, contemporaneamente, sulla progettazione per l'utilizzo delle risorse europee provenienti da Next generation Eu e la definizione dell'imminente legge di bilancio per il 2021. In tale contesto il Parlamento sta contribuendo in maniera rilevante nel porre l'accento sugli aspetti che risultano più dirimenti per l'infanzia e l'adolescenza e, dunque, nell'orientare il Governo: ne è dimostrazione il fatto che il Presidente Conte abbia evidenziato che la decisione di tenere le scuole in presenza – almeno per il primo ciclo d'istruzione – sia stata sostenuta dal fortissimo appello proveniente proprio dal Parlamento;
dunque, questo «domani» che si intende costruire e a cui si guarda incessantemente ha innegabilmente un profilo ben definito: le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi sono i protagonisti principali del futuro, messo però a rischio dalla pandemia;
la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;
se la sostenibilità rappresenta una delle linee guida nell'utilizzo delle risorse europee di Next generation Eu, è fondamentale tenere bene a mente che nella sua accezione originale, quella del rapporto Brundtland del 1987, lo sviluppo sostenibile attiene alla fondamentale presa di coscienza che tutto ciò che viene fatto nel presente avrà impatto nel futuro, sulle nostre figlie e sui nostri figli. Tale considerazione implica, dunque, la necessità di porre, tra i cardini guida delle scelte politiche, gli interessi ed i bisogni dell'infanzia e dell'adolescenza;
il Governo è chiamato a pianificare una visione strategica composta di politiche che siano in grado di garantire che i miglioramenti applicati al benessere delle bambine e dei bambini siano duraturi e generalizzati. Significa, dunque, progettare e implementare accuratamente delle politiche che pongano delle solide basi per l'infanzia e l'adolescenza e, di conseguenza, per la società nella sua interezza partendo dalle sue fondamenta. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dell'Agenda globale 2030, rappresentano una guida eccellente per orientare le politiche pubbliche e intensificare e accelerare i miglioramenti del benessere dei più piccoli nella comunità e nel sistema Paese. In tale quadro ci si riferisce, in particolare, ad un sistema di azioni interdipendenti per:
a) ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando così che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano;
b) migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti;
c) implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che sostengano la work-life balance;
il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso a settembre 2020 lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», all'interno del quale si specifica innanzitutto che «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;
si distinguono tre tipologie principali di effetti che il COVID-19 ha prodotto sulle bambine e sui bambini: 1) gli effetti sulla salute fisica, che saranno a breve e lungo termine. A breve termine, i sistemi sanitari ridotti allo stremo potrebbero annullare le priorità dedicate alle immunizzazioni programmate o alle terapie per le patologie croniche. A lungo termine, i crescenti livelli di povertà potrebbero alterare le condizioni di alimentazione, abitative e di vita, andando a influire sulla salute dei bambini; 2) gli effetti sul benessere mentale, per cui le crisi emotive già manifeste nei bambini probabilmente si intensificheranno. L'isolamento, il lutto e le continue tensioni nelle relazioni familiari causate dall'incertezza economica possono danneggiare il benessere mentale di molti bambini, provocando ansia, insicurezza e paura del futuro; 3) gli effetti sull'istruzione, in quanto nella maggior parte dei Paesi i bambini hanno perso mesi di istruzione e contatto sociale. Come evidenziato dalle crisi precedenti, molti bambini non riusciranno mai a recuperare questa perdita di apprendimento, che sortirà effetti a lungo termine sulla loro vita e sulle società in cui vivono. Secondo un recente studio condotto dalla Banca mondiale (Simulating the potential impacts of the COVID-19 school closures on schooling and learning outcomes) la perdita di diversi mesi, se non addirittura un anno di scuola a causa del COVID- 19, può tradursi per gli studenti e le studentesse in future perdite di reddito che variano da 355 a 1.408 dollari l'anno;
a tutte queste considerazioni si aggiunge il tema delle disuguaglianze sociali, già presenti con forza nel nostro Paese, ma profondamente acuite dalla pandemia in termini economici, culturali, sociali, educativi per i più piccoli. La riduzione dei servizi scolastici rischia di minare la salute psicofisica, l'apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili;
la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza è profondamente cambiata nel corso delle ultime decadi, come viene riportato nel documento «Senza confini» del Centro salute del bambino, soprattutto in relazione a gran parte dei Paesi a reddito medio o elevato – tra i quali si colloca l'Italia;
i problemi di salute si sono in gran parte trasferiti dalle acuzie alle patologie croniche e rare e ai problemi di neurosviluppo e di salute mentale. Le problematiche sociali e quelle educative sono sempre più evidenti e intrecciate con quelle di salute. Le diseguaglianze sociali, territoriali e tra generazioni si sono aggravate, aspetto – quest'ultimo – che caratterizza l'Italia in modo particolarmente drammatico. Su tutto incombono le minacce derivanti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, come testimoniato con assoluta evidenza anche nel quadro della pandemia da COVID-19; inoltre, determinano un impatto rilevante anche i cambiamenti nei comportamenti riproduttivi che, in combinazione con la progressiva restrizione delle coorti in età fertile, determinano un trend di denatalità molto accentuato;
i bambini con genitori in condizioni socio-economiche più compromesse dall'età di 4 anni accumulano un significativo svantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più favorevoli;
allarmano i dati per cui quasi 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi e meno di un bambino su 4 può frequentare un nido, dato che diventa inferiore ad uno su 10 nel Mezzogiorno;
ancora prima che il COVID-19 le rendesse ulteriormente evidenti, erano già emerse molte inadeguatezze infrastrutturali, di risorse umane e di contenuti pedagogici e didattici della scuola, baluardo fondamentale delle pari opportunità educative, della formazione del capitale umano e della mobilità sociale e riferimento fondamentale per la vita di bambini e ragazzi e delle loro stesse comunità di appartenenza. Tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una frequente mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro del disegno di crescita del Paese, ne hanno intaccato qualità, performance e prestigio anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;
chi si occupa della salute di bambini e ragazzi non può non identificare nella crisi delle istituzioni educative un fattore di acutizzazione di diversi fattori di rischio, che vanno oltre la perdita di opportunità di apprendimento e di socializzazione e investono la salute mentale nel suo senso più lato;
nel quadro della definizione delle misure emergenziali, la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza è stata affrontata innanzitutto guardando alla scuola: tanta attenzione è stata dedicata all'edilizia, agli spazi, alle norme sanitarie, alle infrastrutture digitali, ma sono state spesso tralasciate le dinamiche emotive, empatiche, pedagogiche, sociali e di crescita più intime, che fanno parte del benessere psicologico e della crescita sana dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi e sono parte integrante di tutto il percorso educativo e di formazione;
inoltre, appare chiaro che il focus per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza rappresenta un terreno estremamente vasto, che non può fermarsi al tema della didattica o alla definizione di politiche «residuali»;
è necessaria una svolta verso un approccio strategico «bambinocentrico», capace di porre l'infanzia al centro di una visione integrata della tutela dei bambini, che implica il prendere atto dei nessi e degli scambi tra ciò che produce benessere per i più piccoli e le condizioni di contesto sociale, economico, culturale, educativo, in modo da coordinare adeguatamente le politiche pubbliche. Per essere efficaci ed efficienti, gli interventi devono dunque riconoscere il modo in cui le azioni politiche a un dato livello andranno a influire su di un altro. Normalmente si valuta l'impatto economico delle leggi e delle politiche: a questo punto sarebbe però anche necessario prendere in considerazione la possibilità di integrare sistematicamente una valutazione relativa all'impatto di leggi e politiche sul benessere dei bambini. Un child mainstreaming;
un esempio pratico di un approccio capace di porre il superiore interesse dei bambini lo si trova concretamente nel caso della Nuova Zelanda, dove nel 2019 la Premier Jacinta Adern – recentemente eletta per il suo secondo mandato – ha promosso la stesura di una legge di bilancio basata sul benessere umano ed emotivo, inserendo come obiettivo primario la lotta alla povertà infantile. Già a partire dal 2018 era stata promossa dal Governo del Paese la creazione di un gruppo specifico di lavoro sul benessere dell'infanzia e sulla povertà infantile, con l'obiettivo di rendere effettive le azioni previste nel Child poverty reduction's Act. All'indomani della sua rielezione, la Premier neozelandese ha riconfermato nuovamente la sua profonda attenzione alla lotta alla povertà infantile. Il focus centrale sul principale benessere dell'infanzia si consolida anche nell'esempio di tutti quei Paesi europei che oggi – nel quadro delle rispettive misure di lockdown – hanno deciso di lasciare le scuole aperte, prevedendo tutte le necessarie misure di sicurezza;
la seconda ondata di contagi, che si sta attualmente affrontando, pone nuovamente di fronte all'emergenza il tema di una pianificazione e di una strategia che possano adeguatamente preservare una forma di «normalità» per i più piccoli, a partire proprio dalla salvaguardia della didattica in presenza. Senza dubbio questa rappresenta una priorità, proprio perché è impensabile privare nuovamente le bambine e i bambini della socialità, della crescita e dell'apprendimento attraverso un confronto diretto con i propri coetanei e docenti: tutti elementi che hanno pesato enormemente sul benessere psicologico dei più piccoli durante i primi mesi di lockdown. Certamente è fondamentale lavorare su politiche in risposta alla situazione emergenziale, ma risulta quanto mai fondamentale progettare su quello che è un orizzonte futuro di medio-lungo termine: se l'obiettivo del presente è quello di superare gli effetti immediati della pandemia, risulta essenziale la previsione di misure progettuali che siano in grado di supportare un «rimbalzo in avanti», come lo definisce Enrico Giovannini – portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile e già presidente dell'Istat – nella lungimiranza di prevedere e anticipare le sfide future per l'infanzia, per l'adolescenza e per il Paese;
a tale priorità si associa il chiaro bisogno di avere a disposizione i dati disaggregati relativi ai contagi per le fasce 0-6, 7-10 e 11-18, permettendo così di sostanziare in maniera scientifica le scelte politiche inerenti alle decisioni sull'apertura o chiusura delle scuole. Inoltre, i dati così composti permetterebbero senza dubbio una più attenta pianificazione da parte degli ospedali pediatrici, perché siano in grado di attrezzarsi – in previsione dell'ondata di influenza stagionale – per la gestione dei contagiati da COVID-19 e per garantire le adeguate cure ai pazienti più piccoli;
è prioritario perseguire il contrasto alla povertà materiale, attraverso misure che possano portare ristoro e supporto alle famiglie in difficoltà. Accanto a quelle misure già poste in cantiere – con riferimento specifico all'assegno unico ed al Family act – è auspicabile la previsione di una revisione dei criteri di assegnazione del reddito di cittadinanza per cui deve essere inserito un criterio di «premialità» direttamente connesso al numero di minori presenti nelle famiglie beneficiarie e in aggiunta prevedere forme di doti educative per ogni figlio minorenne presente nel nucleo familiare. Tali misure di sostegno economico impattano, da un lato, sulla sfera emotiva dei più piccoli, poiché, come già anticipato, una maggiore garanzia economica per le famiglie significa un clima più sereno tra le mura domestiche e dunque ricadute sul benessere dei figli; d'altro canto, il contrasto della povertà economica ha implicazioni dirette anche sul fronte della povertà educativa, permettendo un più semplice accesso a prodotti, beni e servizi culturali;
è del tutto evidente che non tutte le bambine e i bambini possono contare su famiglie solide e risulta imprescindibile dedicare puntuale attenzione a tutti quelli che presentano maggiori fragilità: bisogna avere particolare cura delle disabilità, con indirizzi specifici per la didattica digitale e con la possibilità di avere educatori a domicilio ed un adeguato supporto ai genitori; è importante monitorare e salvaguardare le condizioni dei minori vittima di violenza domestica, poiché a causa della quarantena forzata tali situazioni possono facilmente degenerare; bisogna includere, inoltre, misure che guardino alle condizioni degli adolescenti nelle carceri minorili, di tutti i minorenni stranieri che hanno bisogno di cura ed assistenza, dei figli che subiscono l'allontanamento dal genitore malato di COVID-19, nonché dei cosiddetti bambini e adolescenti perduti che fuoriescono da qualsiasi possibilità di controllo e supporto perché sprovvisti di un qualsiasi apparecchio digitale per il contatto con la scuola e la collettività e soggetti ad un elevatissimo rischio di dispersione scolastica;
la comunità ed il territorio rappresentano un presidio irrinunciabile per la concreta attuazione delle previsioni sinora elencate: la prossimità diventa un elemento importante laddove sia necessario monitorare e comprendere esattamente i bisogni di determinate realtà, ancora di più nel caso in cui ci si riferisca ai contesti periferici. È dunque necessario contemplare un approccio quanto più possibile legato al territorio. In questo contesto si deve riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come protagonisti della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente anche gli attori istituzionali e di prossimità. Inoltre, sono fondamentali la sinergia ed un maggiore supporto agli enti locali: bisogna stanziare maggiori risorse a loro favore, perché proprio i comuni e le regioni sono tra i primi presidi istituzionali a rendere possibile l'attivazione di servizi per l'infanzia e l'adolescenza;
in una visione di azione politica integrata, occorre lavorare per azioni di sistema che garantiscano una reale integrazione socio-educativa-sanitaria, che dia priorità di accesso e di presa in carico alle situazioni di fragilità e vulnerabilità. È importante allora dedicare ampio spazio alla dimensione psicologica e pedagogica e valorizzare le figure di educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;
il quadro di misure e di indirizzi sinora elencati deve rappresentare il contenuto di quello che si è definito come un approccio integrato «bambinocentrico», che deve essere trasformato in politiche ed azioni organiche e sistemiche capaci di rispondere in maniera coordinata ai bisogni e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in previsione della programmazione e dell'utilizzo delle risorse nazionali ed europee;
il Governo ha accolto l'ordine del giorno in assemblea 9/02790-bis-AR/127 volto alla realizzazione di un piano straordinario dedicato all'infanzia ed all'adolescenza in risposta alla crisi da COVID-19, che abbia come obiettivo la protezione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dagli effetti sociali, educativi e psicologici negativi provocati dalla pandemia, soprattutto con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni ed alla genitorialità, in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1.000 giorni di vita elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, attraverso la promozione di un approccio integrato nella definizione delle misure destinate ad infanzia e adolescenza, che coinvolga contemporaneamente tutti i Ministeri competenti sulla tutela dei diritti e dei bisogni dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze, oltre al Parlamento;
2) a fornire dati disaggregati sul piano epidemiologico relativi alle diverse fasce di età associate ad ogni livello educativo e quindi 0-6 anni, 7-10 anni e 11-18 anni, al fine di supportare scientificamente le misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza in questa fase emergenziale, posto che tali dati rappresentano uno strumento propedeutico per il bilanciamento del diritto alla salute e per il diritto all'istruzione, poiché permettono la definizione di decisioni ragionate e consapevoli relative alla ripresa in sicurezza della didattica in presenza, al tracciamento, alla programmazione dei trasporti e all'utilizzo ed organizzazione degli spazi dedicati alle attività educative;
3) in relazione al contrasto alla povertà educativa, ad adottare iniziative per investire nella misura europea della child guarantee, per cui l'Italia rientra tra i Paesi capofila per la sperimentazione a partire dal 2021;
4) con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni e alla genitorialità, ad adottare iniziative per indirizzare maggiori investimenti al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia (act early), in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita») elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni; ad adottare iniziative per estendere i servizi educativi per bambini di età compresa tra 0-3 anni insieme ad interventi dedicati a promuovere la genitorialità responsiva con servizi che siano basati su esperienze e modelli già sperimentati e da attuarsi nell'ambito dei piani educativi 0-6 anni previsti dal decreto legislativo n. 65 del 2017; a promuovere, in collaborazione con i servizi educativi, l'inserimento di contenuti relativi allo sviluppo del bambino e alla genitorialità nell'ambito dei percorsi nascita;
5) ad adottare iniziative per finanziare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere almeno il 33 per cento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e a promuovere la gratuità del servizio, secondo quanto già previsto per le scuole dell'infanzia;
6) in risposta alla crescita del tasso di povertà economica infantile, ad adottare iniziative per prevedere che per il reddito di cittadinanza sia ampliato il target di riferimento della misura per dare continuità di sostegno alle famiglie oggi raggiunte attraverso il reddito di emergenza e coordinare questo intervento con quello dell'assegno unico, rivolto esclusivamente alle famiglie con figli; a dare attuazione alle disposizioni per rendere operativo lo strumento dell'assegno unico;
7) a riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come co-protagonisti responsabili della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente gli attori istituzionali; a sostenere una semplificazione dei processi di riconversione delle progettualità bloccate dalla diffusione della pandemia, al fine di indirizzare il potenziale del terzo settore verso servizi destinati all'educazione e all'infanzia in fase emergenziale, anche nell'eventualità di pensare ad un utilizzo degli spazi di luoghi culturali oggi chiusi, come musei, cinema e teatri per fini educativi;
8) nel quadro della valorizzazione dei patti educativi territoriali e del ruolo della comunità educante, a promuovere iniziative educative come i nuclei educativi di prossimità caratterizzate da una forma di home visiting, nonché azioni che si svolgono in prossimità del luogo di residenza e vita dei minori interessati principalmente in condizione di maggiore difficoltà familiare; nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica, a promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, dove riunire piccoli gruppi di bambini e ragazzi seguiti da un educatore, per seguire insieme la didattica a distanza, preservando così almeno una parte di socialità; a promuovere e finanziare la realizzazione di piani territoriali integrati di contrasto alla povertà educativa minorile nelle zone a più alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne individuate sulla base dei parametri e degli indicatori definiti da Istat in base al comma 230 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti a recuperare spazi pubblici abbandonati da destinare ad attività educative e culturali gratuite per bambini e adolescenti;
9) ad adottare iniziative per sostenere la diffusione di interventi a favore della tutela della sfera emotiva e psicologica, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale – coerentemente con i livelli essenziali – a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;
10) a investire sul capitale umano delle giovani generazioni e a sostenere il loro diritto allo studio e ad una educazione di qualità fin dai primi anni di vita, utilizzando il 15 per cento del totale degli investimenti programmati nel quadro del Recovery fund, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;
11) ad adottare iniziative per contrastare il rischio di un arretramento e di una diminuzione nell'offerta educativa – in termini di livelli di copertura e di tempo trascorso nella scuola primaria e secondaria – agendo sull'aumento dei servizi dedicati alla prima infanzia e delle attività extrascolastiche ed incrementando le ore di tempo pieno, mantenendo alto lo standard della qualità dell'insegnamento;
12) a promuovere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze in questo periodo di crisi, sostenendo le reti associative di giovani attive, anche in rete, e realizzando momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali.
(1-00405) (Nuova formulazione) «Lattanzio, Siani, Muroni, Nitti, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Quartapelle Procopio, Lorenzin, Serracchiani, Viscomi, Schirò, Rizzo Nervo, Fioramonti, Fusacchia, Ciampi, Vizzini, Pezzopane, Ruocco, Casa, Gribaudo, Villani».
(25 novembre 2020)
MOZIONI SUL RUOLO DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE NELL'AMBITO DEL PROCESSO DI VENDITA DELLA SOCIETÀ BORSA ITALIANA
La Camera,
premesso che:
Borsa Italiana S.p.A. è la società che si occupa della gestione del mercato azionario italiano e comprende anche Mts, lo strategico Mercato telematico dei titoli di Stato, rappresentando così un importantissimo asset per il nostro Paese;
si evidenzia, inoltre, che Borsa Italiana S.p.A. gestisce anche una rete di dati sensibili relativi a titoli di Stato, nonché delle imprese quotate e delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Elite di Borsa Italiana S.p.A., per un valore complessivo di 3,5 miliardi di euro;
il 23 giugno 2007, con un'offerta di 1,6 miliardi di euro, è avvenuta l'acquisizione di Borsa Italiana S.p.A. da parte di London Stock Exchange Plc (la Borsa di Londra), andando a creare il London Stock Exchange Group, società holding che detiene la totalità delle partecipazioni azionarie di Borsa Italiana S.p.A. e di London Stock Exchange;
a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea è mutato il contesto geopolitico di riferimento, dal momento che l'hub finanziario londinese non è più realtà comunitaria con riflessi anche dal punto di vista economico-finanziario;
pertanto, con riferimento agli sviluppi sul futuro di Borsa Italiana S.p.A., occorre considerare che l'acquisizione operata dal London Stock Exchange Group del gruppo di diffusione di dati finanziari Refinitiv, il ramo d'azienda che si occupava di finanza e risk business all'interno di Thomson Reuters Corporation, multinazionale canadese operativa nel settore dei mass media e dell'informazione, ha determinato incertezze rispetto al destino del mercato azionario italiano, data l'evidente probabilità che il core business del London Stock Exchange si sarebbe spostato da quello della gestione dei mercati borsistici a quello dei dati;
risulta, dunque, necessaria un'azione tempestiva con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana S.p.A. considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);
occorre premettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa italiana sono state avanzate da SIX Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana S.p.A., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Elite;
il 9 ottobre 2020 è divenuta ufficiale la notizia della conclusione dell'accordo tra il consorzio franco-olandese con sede a Parigi Euronext, il cui principale azionista è la Cassa depositi e prestiti francese e che già possiede la Borsa di Parigi, e London Stock Exchange, per l'acquisto della Borsa italiana per circa 4,3 miliardi di euro, un prezzo molto più alto di quanto ipotizzato inizialmente – circa 3/3.5 miliardi di euro – e che quindi aumenterebbe il rischio che l'acquirente, per giustificare il prezzo pagato ai suoi azionisti (si ricorda che il capitale di Euronext, società quotata, è in mano per oltre il 50 per cento a grandi fondi di investimento anglosassoni), decida di attuare una politica di taglio dei costi ancora più aggressiva e tipicamente a svantaggio del mercato non domestico; il progetto prevede l'ingresso in Euronext di CDP Equity e Intesa San Paolo con un successivo aumento di capitale con un impegno per la sola Cassa depositi e prestiti di quasi un miliardo di euro;
come riportato da un quotidiano «se la cessione della Borsa italiana fosse avvenuta tramite un'asta competitiva, con la partecipazione della borsa svizzera e di quella tedesca, la valutazione sarebbe salita a 5 miliardi. Dovremmo quindi concludere, sempre ammesso che ci fossero dubbi, che la scelta di vendere a Euronext e non ad altri è tutta politica. D'altronde come potremmo anche solo immaginare che una decisione di questo tipo, per quanto subita dalle valutazioni di London Stock Exchange, possa avvenire senza un accordo del Governo italiano o in modo ostile»;
in merito vale la pena rilevare come il comportamento del Ministero dell'economia e delle finanze nell'applicare i poteri di indirizzo previsti dalla legge sia apparso non del tutto in linea con i principi di trasparenza dell'analisi di integrità funzionale dei mercati, economicità dei servizi per intermediari e risparmiatori e di reale possibilità di sviluppo e di attrazione di investimenti nelle strutture italiane nell'ambito dei mercati finanziari europei, soprattutto per un'apparente propensione pregiudiziale in favore dell'offerta francese, emersa sin dalle prime fasi della trattativa, e maturata in assenza di qualsiasi approfondimento dei contenuti delle altre offerte in via di elaborazione;
inoltre, occorre rilevare come rispetto alla vendita di una società ritenuta strategica per l'interesse nazionale quale, appunto, Borsa italiana, il Governo non abbia ritenuto in alcun modo di informare il Parlamento;
la vendita di Borsa italiana a Euronext, nonostante la presenza di altre offerte e in gran silenzio, infatti, non solo conferma l'interesse della Francia verso tali asset finanziari, ma, anzi, suscita preoccupazione in merito alla loro permanenza in mano italiana;
a questo proposito uno dei temi da attenzionare è certamente la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto alla quale «Il Sole 24 Ore» ha ipotizzato un'opera di moral suasion dello Stato per indirizzare Monte dei Paschi di Siena, che rimane la quinta banca italiana per dimensioni, nonostante le problematiche degli ultimi anni, verso Unicredit, ma ora sembra emergere anche un crescente interesse della finanza francese per l'acquisto di Monte dei Paschi di Siena;
in particolare, secondo un autorevole quotidiano, già nel mese di giugno 2020 un Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei gruppi di Bnp Paribas e Credit Agricole per discutere della questione Monte Paschi;
quello dei servizi bancari e assicurativi è il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia e la presenza delle due big è notevole: Bnp Paribas controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c'è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d'inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia;
Bnp-Paribas e CreditAgricole sono anche tra i principali attori italiani del credito al consumo, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato, e hanno una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico del quale detengono Bnp Paribas 143,2 miliardi di euro, e Credit Agricole 97,2 miliardi di euro;
in questo quadro, acquisire il controllo di Monte Paschi di Siena consentirebbe grande spazio alla finanza francese, ad esempio anche attraverso un rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di Mps, all'interno del quale l'asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale per la creazione di un terzo polo bancario;
di nazionalità francese è anche l'amministratore delegato di Unicredit, istituto per il quale è appena stato cooptato nel consiglio di amministrazione e designato come futuro presidente un ex Ministro dell'economia e delle finanze del partito Democratico, decisione avvenuta mentre all'interno dell'azienda è in corso il dibattito sull'ipotesi della separazione dei rami italiano ed europeo di Unicredit, prevedendo per il secondo la quotazione alla borsa di Francoforte;
il fatto che detto ex Ministro sia stato eletto a Siena e abbia seguito da Ministro la «ricapitalizzazione precauzionale» di Monte Paschi, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra preannunciare un futuro avvicinamento di Unicredit verso Mps, una notizia che se unita a quella della creazione della subholding non quotata, dove far confluire gli asset italiani che sono soggetti alla volatilità dello spread, tornata a circolare proprio recentemente, desta non poca preoccupazione;
anche Mediobanca S.p.A., terzo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, già oggi controllata per il 14 per cento del capitale da investitori istituzionali di origine francese, rappresenta oggi una «preda» ambita, perché dà accesso al controllo di Generali, e perché, rispetto alla quotazione massima del 10 novembre 2019, anche a causa dell'emergenza Covid-19, vale oggi poco più della metà;
per l'intero sistema assicurativo e finanziario italiano l'indipendenza e la presenza in Italia di un soggetto di primo piano a livello internazionale come Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con 500 miliardi di euro di attività investite di cui circa 60 in titoli del tesoro italiani, appare fondamentale;
la grande finanza francese ha già detto di essere interessata al patrimonio economico italiano e l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha risposto adeguatamente in difesa degli interessi nazionali, nonostante il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto decreto liquidità, abbia fornito al Governo tutti gli strumenti necessari per un concreto intervento a difesa della sicurezza dei nostri asset strategici;
il decreto-legge ha, infatti, modificato la disciplina dei poteri speciali del Governo, la cosiddetta golden power, estendendola all'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui al regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea;
l'articolo 8 della bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle nuove disposizioni disciplina l'esercizio dei poteri speciali per i «beni e rapporti nel settore finanziario», quali, appunto, credito, finanza, assicurazioni, piattaforme e infrastrutture operative come Borsa spa, ma anche i software, i servizi di pagamento, e la gestione di investimenti;
il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito apprezzabili ma «insufficienti» le nuove norme previste dal «decreto liquidità» sul golden power, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese o anche tedesco nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso;
alla fine di dicembre 2019 circa il 33 per cento del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e, come riportato nel report Foreign investors in italian government debt di Unicredit, il «primo paese investitore è la Francia al 21 per cento», i cui istituti di credito detengono una quota di 285,5 miliardi di euro di debito pubblico italiano;
proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque, ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e attuare un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali;
come inoltre sollevato dall'Associazione Intermediari Mercati Finanziari (ASSOSIM) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano «Il Sole 24 Ore», in data 26 settembre 2020, tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa Italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle PMI»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i Pir alternativi e gli Eltif;
sul sistema bancario italiano grava ulteriormente il rischio segnalato da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, nel corso di un'audizione innanzi alla Commissione parlamentare sul sistema bancario, in cui ha messo in luce i rischi delle nuove normative europee sui crediti deteriorati per il nostro sistema bancario;
il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'EBA – European Banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introduce soglie più restrittive ed accentua la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;
le nuove regole europee sul credito si risolveranno in un ulteriore aggravio della condizione patrimoniale di cittadini e imprese, già duramente colpiti dalla pandemia e, in ultima analisi, incideranno in maniera molto negativa sulla stabilità dell'intero sistema economico nazionale;
in tale quadro occorre da un lato proteggere gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria del Paese alla crescita delle nostre imprese. Dall'altro, bisogna costruire un mosaico organico di riforme, avviato con l'istituzione dei Piani individuali di risparmio (Pir) ordinari, proseguiti con i Pir alternativi, con patrimonio destinato e che va completato attraverso l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private. Un fondo sovrano, gestito da Cassa depositi e prestiti con il coinvolgimento delle società di gestione del risparmio italiane e delle altre istituzioni finanziarie, in cui oltre al risparmio privato, alle risorse pubbliche e alla garanzia offerta dagli immobili pubblici e dal patrimonio artistico e culturale del Paese, possano confluire anche parte delle risorse che l'Unione europea metterà a disposizione dell'Italia con il Recovery Fund, configurandosi come un investimento paziente di lungo termine;
quanto precede, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, rappresenterebbe il vero salto di qualità perché con la piena operatività del suddetto fondo, formato da risorse pubbliche, private e anche da una parte dei fondi del Recovery Fund, sarebbe possibile sostenere la patrimonializzazione delle imprese, per consentire loro di essere più resilienti alle sfide e conquistare i mercati internazionali;
è in corso da tempo sui mercati una ridenominazione dei target di investimento per cui le aziende hanno bisogni di tempo e di investitori di lungo termine pazienti ed attivi per intercettare il nuovo ciclo economico e ciò comporta che la forma di finanziamento della crescita più adatta alle piccole e medie imprese, le nostre in particolare, sia quella equity e non debito; l'interazione dei private markets con i public markets sarà sempre più forte. In questo scenario Borsa Italiana Spa può diventare lo strumento per veicolare alle imprese risorse private alternative al debito pubblico e la nuova cinghia di trasmissione delle risorse finanziarie per il Paese;
nell'ambito di tale contesto, la mancanza di ricerche indipendenti sulle piccole e medie imprese quotate è stato indicato dagli investitori istituzionali tra i primi correttivi necessari per migliorare il mercato «Alternative Investment Market» (Aim); dopo l'introduzione dei Pir da parte del Governo, che ha posto le basi per migliorare il mercato sul fronte della liquidità, è necessario lo sviluppo di una ricerca indipendente sulle aziende di piccola dimensione, per offrire informazioni qualitative e quantitative che migliorino la conoscenza del business model da parte degli investitori, generino una maggiore liquidità dei titoli più sottili e migliorino la formazione dei prezzi; gli obiettivi del coverage sono legati all'esigenza di generare maggiore liquidità dei titoli e migliorare la formazione dei prezzi o strumento di valutazione dei titoli quotati, per i fondi Pir specializzati sulle small-cap;
il credito di imposta sul 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti per la quotazione in borsa delle piccole e medie imprese ha agevolato l'accesso delle imprese al mercato dei capitali, attraverso lo stanziamento di 80 milioni di euro per le ammissioni del triennio 2018-2020, prevedendo un importo massimo di 500.000 euro ad azienda, destinato a piccole e medie imprese italiane secondo la definizione dell'Unione europea, che si quotano sui mercati regolamentati e non regolamentati in Italia e in Europa;
alla luce di quanto precede appare quanto mai necessario aumentare la capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana, come dimostra il confronto con le altre borse estere dove, a fronte di una capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana di 630 miliardi di euro, la Borsa francese supera i 2.500 miliardi di euro, la Borsa tedesca i 2.100 miliardi di euro e quella spagnola i 710 miliardi di euro. La leva fiscale è stata decisiva per far decollare le borse negli altri Paesi, a dimostrazione che in un momento di incertezza come questo, con tassi pari a zero e pressoché negativi, solo il vantaggio fiscale può far muovere i risparmi indirizzandoli, attraverso la borsa, verso le imprese; per questo i firmatari del presente atto di indirizzo ribadiscono con forza il proprio «no» alla patrimoniale, e l'importanza, invece, di utilizzare la leva fiscale per incentivare i risparmi ad andare nell'economia reale,
impegna il Governo:
1) alla luce della vicenda della vendita di Borsa Italiana e delle criticità rappresentate in premessa, ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a garantire la stabilità finanziaria dell'Italia e dei nostri titoli pubblici, evitando attacchi speculativi, e la sicurezza degli asset strategici, anche attraverso il corretto e tempestivo utilizzo delle norme sulla golden power;
2) a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana S.p.A., nonché l'autonomia della medesima, affinché sia possibile attuare i seguenti impegni:
a) previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, che possa essere di maggior beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso rispetto ad ipotesi e sinergie che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente;
b) garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;
c) attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, nonché sviluppando un programma come Elite e, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali, evitando che i servizi del detto programma possano sovrapporsi a quelli già forniti dagli intermediari finanziari;
d) rafforzamento del Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetto «price equity» – fondamentali per un'efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi;
e) garantire che in questa fase di transizione ci sia un presidio delle funzioni anche a livello operativo garantendo la partecipazione degli intermediari locali ai diversi tavoli di discussione che si terranno nei prossimi mesi;
f) valutazione dei progetti di crescita e degli investimenti per le società del gruppo;
g) individuazione di come potranno crescere e svilupparsi le funzioni di business di Borsa Italiana, posto che ad oggi si parla solo delle funzioni di staff, il finance e la gestione del data center, funzioni che non rappresentano elementi chiave per la crescita di Borsa Italiana e lo sviluppo dell'indotto;
h) evitare che i tagli e razionalizzazioni vadano a danneggiare l'Italia;
i) garantire agli azionisti una non uscita da Euronext, stante le indiscrezioni a mezzo stampa secondo cui le fondazioni valuterebbero un progressivo disimpegno, nei prossimi anni, di Cassa depositi e prestiti dai nuovi investimenti attualmente in corso, onde evitare quanto avvenuto nel 2011 con gli investitori italiani che uscirono da Lseg;
3) considerato che il quadro sopra descritto, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, fa emergere un approccio assai discutibile dal punto di vista della trasparenza e della tutela degli asset finanziari e creditizi nazionali, che non sembra favorire gli interessi di risparmiatori ed imprese, ad adottare con urgenza iniziative, per quanto di competenza, nelle opportune sedi europee, al fine di dare al più presto soluzione alla questione delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati, che rappresenta un dramma sociale e produttivo, consentendo a cittadini e imprese il riscatto del proprio debito, anche al fine di scongiurare che finiscano preda degli usurai, sostenendo altresì, per quanto di competenza, il flusso creditizio dalle banche alle imprese, particolarmente importante in un periodo di crisi economica come quello attuale scaturito dalla pandemia da SARS-Cov-2;
4) a riferire in Parlamento le ragioni della scelta di schierare Cassa depositi e prestiti in prima battuta e relativamente a un'offerta senza conoscere le proposte di Six e Deutsche Börse, considerato che Cassa depositi e prestiti investirà nell'operazione quasi un miliardo di euro e che con un impegno del genere è fondamentale conoscere le logiche che hanno portato alla scelta di Euronext;
5) a presentare in Parlamento il piano di investimenti di Euronext per l'Italia, dettagliando quali richieste ha fatto il Governo e in che modo, per citare le parole del Presidente del Consiglio dei ministri Conte, grazie all'operazione Milano potrà diventare la capitale finanziaria del continente europeo;
6) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per tutelare gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria di Borsa Italia S.p.A. alla patrimonializzazione delle imprese, per l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private, emanando con la massima sollecitudine il decreto attuativo del comma 18-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto «Rilancio») che costituisce la base normativa di riferimento per l'evoluzione del patrimonio destinato in un fondo finalizzato a sostenere la crescita economica del Paese, in conformità agli atti di indirizzo approvati dal Parlamento sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund grazie al potenziamento di nuove forme di incentivazione fiscale del risparmio, in analogia con quanto già previsto per i Piani individuali di risparmio (Pir) per favorire la patrimonializzazione delle aziende, abbattere il debito pubblico, ridurre la pressione fiscale, promuovere l'occupazione, tutelare i beni culturali, proteggere e diffondere il made in Italy e, infine, evitare l'imposta patrimoniale;
7) a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, finalizzata a valorizzare l'assetto strategico di Borsa Italiana S.p.A., favorendo la crescita delle imprese italiane attraverso la creazione di un vero e proprio campione europeo nel mercato dei capitali che, di riflesso, rafforzi il ruolo dell'Italia a livello europeo e internazionale rendendola più forte e attrattiva anche dal punto di vista degli investimenti esteri sul piano economico e reputazionale con il trasferimento a Milano della capitale finanziaria del continente europeo;
8) nell'ottica di incentivare il ricorso al capitale equity, ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata alla proroga permanente del cosiddetto «Bonus Quotazione» introdotto dalla legge n. 205 del 2017, prevedendone l'estensione a tutte le imprese che accedono al mercato dei capitali e non solo alle società che presentino i requisiti di piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, nonché alle società oggetto della Business Combination per le operazioni condotte dalle Special Purpose Acquisition Company (Spac);
9) ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a promuovere e diffondere la cultura del mercato dei capitali al fine di permettere una canalizzazione efficace della liquidità dei fondi, anche Pir, con importanti riflessi sul rilancio del nostro Paese e sulla crescita economica, oltre che sulla qualità della struttura finanziaria delle imprese italiane.
(1-00382) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Giacomoni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi, Occhiuto, Porchietto, Pella, D'Ettore, Polidori, Baldini, Torromino, Della Frera, Versace, Saccani Jotti, Pittalis, Nevi, Mazzetti, Orsini, Pettarin, Giacometto, Maria Tripodi, Marin, Cannatelli, Palmieri, Rotondi, Tartaglione, Bagnasco, Labriola, Zangrillo, Vietina, Musella, Dall'Osso».
(22 settembre 2020)
La Camera,
premesso che:
in data 9 ottobre 2020, su proposta dell'amministratore delegato, il consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti ha dato il via libera a Cdp Equity (Cdpe, società interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti) per l'ingresso nell'azionariato di Euronext – la società mercato che raggruppa i listini di 6 Paesi europei – e per l'acquisizione da parte di quest'ultima di Borsa Italiana;
in tal modo Cdp Equity, che acquisisce il 7,3 per cento del capitale azionario di Euronext, al pari della Caisse des dépóts et consignations, omologo di Cassa depositi e prestiti in Francia, insieme a Intesa Sanpaolo, che verrebbe a detenere una quota intorno all'1,3 per cento, entra a far parte dell'attuale gruppo, divenendo uno dei primi azionisti della società che gestirà – oltre a Borsa Italiana – altre 6 borse valori in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, con oltre 1.800 società quotate, per un totale di 4.400 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato; con questa operazione, l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante in Euronext, con circa un terzo dei ricavi della nuova società e degli occupati complessivi; Cassa depositi e prestiti entrerebbe inoltre a far parte del patto dei reference shareholders, cui aderirebbe circa il 25 per cento del capitale di Euronext;
Borsa Italiana è un'infrastruttura finanziaria essenziale per il Paese, strategica per lo sviluppo del mercato dei capitali e fondamentale per la crescita delle imprese; rappresenta il principale punto di riferimento per la raccolta di capitale azionario e obbligazionario da parte delle imprese italiane, con 370 società quotate e una capitalizzazione complessiva superiore al 30 per cento del prodotto interno lordo nazionale e con un'ampia presenza di piccole e medie imprese; Borsa Italiana ha altresì l'importante compito di promuovere le aziende quotate e di diffondere l'educazione finanziaria, anche in partnership con intermediari ed altre istituzioni;
Borsa Italiana è cresciuta e si è sviluppata in questi dieci anni grazie al lavoro dei dipendenti che ha portato quasi a triplicarne il valore e a un management che ha creato le condizioni per questo successo;
il gruppo Borsa Italiana comprende anche il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), una delle principali piattaforme per la negoziazione dei titoli di Stato europei, la cui gestione è essenziale per la tutela di dati sensibili per l'interesse nazionale;
secondo agenzie di stampa, l'Italia, attraverso il gruppo Cassa depositi e prestiti, sarebbe intervenuta al fine di tutelare l'interesse nazionale di un'infrastruttura finanziaria strategica, sia per quanto riguarda Borsa Italiana nella sua interezza, sia per quanto riguarda Mts per il ruolo della società nel mercato dei titoli di Stato, tra cui quelli italiani;
l'integrazione di Borsa Italiana all'interno di un unico aggregato paneuropeo aumenta la liquidità del mercato dei capitali italiano, la visibilità degli emittenti italiani e, in generale, rafforza il ruolo dell'Italia nel mercato dei capitali europeo;
l'Italia potrà avere un ruolo di primo piano sia a livello operativo che di governance;
proprio per quanto concerne l'Mts, l'integrazione nel sistema Euronext potrà rappresentare obiettivi di crescita e sviluppo condivisi dalle parti. In particolare Mts potrà sviluppare ulteriormente la propria strategia Fixed income trading, consolidando così la propria porzione di leadership nel contesto paneuropeo e valorizzando, in sinergia, le competenze e le potenzialità in esso presenti;
la Cassa di compensazione e garanzia, l'organismo che fornisce i servizi di controparte centrale in Italia nell'ambito degli strumenti finanziari e che assicura la solvibilità delle parti coinvolte e l'integrità del mercato, dovrebbe quindi ulteriormente rafforzarsi, assumendo il ruolo di clearing house di tutto il gruppo Euronext;
Monte Titoli, che svolge tutte le operazioni di deposito e gestione accentrata di strumenti finanziari, diventerà il più grande central securities depository del gruppo Euronext, assumendo un ruolo centrale all'interno del gruppo nella prestazione dei servizi di deposito e gestione accentrata dei titoli;
con questa operazione il sistema italiano di servizi per l'intermediazione finanziaria è valorizzato e conta su nuove opportunità di sviluppo: data center e competenze di eccellenza avranno base in Italia;
Borsa Italiana si avvale di Sia s.p.a., società hi-tech europea leader nei servizi tecnologici e nelle infrastrutture di pagamento, controllata da Cassa depositi e prestiti tramite la controllata Cdp Equity, come partner tecnologico di riferimento per i servizi relativi al trading e post-trading per il Mercato telematico dei titoli di Stato e Monte Titoli;
di recente, Sia s.p.a. e Nexi s.p.a., più importante società fintech italiana per i pagamenti digitali, hanno annunciato di aver sottoscritto un memorandum of understanding avente a oggetto l'integrazione dei due gruppi da realizzarsi tramite la fusione per incorporazione di Sia in Nexi, per la creazione di una società leader nei pagamenti digitali in Europa, definendo pertanto un'operazione che è sinergica rispetto a quella in oggetto del presente atto di indirizzo;
è necessario lavorare al fine di far diventare Borsa Italiana e le sue controllate punti di riferimento importanti nel sistema Euronext, nel quale l'Italia rappresenterà il mercato più rilevante, assumendo un ruolo di riferimento a livello continentale;
l'operazione potrà suggellare una partnership forte con altri importanti investitori europei, tra cui Caisse des dépòts;
grazie all'operazione in corso su Euronext, Cassa depositi e prestiti amplierà la gamma di prodotti e servizi per il finanziamento delle aziende, passando dai finanziamenti e dagli interventi in equity anche alla possibilità di offrire i servizi di quotazione attraverso Borsa Italiana;
Borsa Italiana darà il contributo più rilevante al nuovo gruppo allargato. L'Italia diventerà una sede operativa di rilievo per l'entità combinata, con competenze strategiche nel gruppo allargato in termini di operatività, tecnologia, business e funzioni di supporto;
l'attività di vigilanza regolamentare su Borsa Italiana resterà invariata, consentendo a Consob e Banca d'Italia di continuare a vigilare direttamente su Borsa Italiana e le sue controllate regolamentate, compresa l'attività di compensazione della Cassa di compensazione e garanzia, la cui attività sarà ampliata in un contesto paneuropeo. Consob parteciperà all'indirizzo regolatorio, alla supervisione e alla vigilanza del gruppo risultante dall'operazione nella sua interezza;
economisti di vaglia hanno più volte sottolineato l'importanza di costituire, progressivamente, un'infrastruttura finanziaria che unisca quanti più mercati mobiliari nazionali. In questo contesto, Borsa Italiana assumerà un ruolo di primo piano nel sistema dei centri finanziari europei sia a livello operativo che di governance;
la società Borsa Italiana, a livello di gruppo, nel 2019 ha realizzato 464 milioni di euro di ricavi e 2,6 milioni di euro di margine operativo lordo (ebitda);
London Stock Exchange ha accettato di vendere l'intera partecipazione in Borsa Italiana al consorzio paneuropeo di cui fanno parte anche Cassa depositi e prestiti e Intesa Sanpaolo per un valore patrimoniale di 4,325 miliardi di euro, più un importo aggiuntivo che riflette la generazione di cassa fino al perfezionamento del deal, valore che denota la rilevanza raggiunta dalla società;
l'operazione deve avere l'obiettivo di aprire buone prospettive per le imprese italiane che intendano quotarsi: la prevalenza, nel tessuto produttivo italiano, di aziende di dimensioni medie e piccole si avvantaggia della presenza italiana nell'azionariato di Euronext, che avrà voce in capitolo nell'organizzazione dei listini e nei requisiti di ingresso;
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), nel rapporto Capital markets review of Italy, pubblicato a gennaio 2020, ha sottolineato che, negli ultimi dieci anni, meno di quattro aziende all'anno si sono quotate a Piazza Affari, numero troppo ridotto per un'economia importante come quella italiana. Alla fine del 2018, il valore totale delle azioni italiane quotate era pari a solo il 31 per cento del prodotto interno lordo, valore di gran lunga inferiore a quello registrato in Francia (88 per cento) e in Germania (46 per cento): un dato più che rilevante se si tiene conto dell'eccessiva dipendenza delle aziende italiane dal credito bancario,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa utile, nell'ambito delle proprie competenze e della partecipazione azionaria in Cassa depositi e prestiti, a sua volta azionista del gruppo Euronext, al fine di:
a) assegnare all'Italia, nel nuovo assetto societario, un ruolo di primo piano anche attraverso accordi parasociali, sia a livello operativo che di governance, rafforzando la presenza italiana in Euronext, in particolar modo creando le condizioni per un miglioramento delle attività di negoziazione, clearing e settlement, e tenendo in considerazione anche il più elevato valore della contribuzione di Borsa italiana all'interno del gruppo sia in termini di fatturato, che di utili;
b) vigilare affinché le piattaforme di Monte Titoli e Cassa di compensazione e garanzia mantengano la loro identità nazionale e il loro ruolo, anche a garanzia dei processi di collocamento del debito pubblico nazionale e di stabilità del mercato interbancario nazionale, con la prospettiva di concentrare in Italia le divisioni «finance» e «data center» del gruppo e, considerato che l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante della nuova Euronext, e valutare di adottare iniziative per un eventuale successivo trasferimento della sede di Euronext a Milano;
c) adottare iniziative di competenza affinché Euronext supporti un piano di investimenti e di innovazione tecnologica che rafforzi le filiere finanziarie italiane in ambito europeo e si faccia promotrice di un ampio confronto con tutti gli operatori del settore, al fine di apportare miglioramenti e innovazione in merito al funzionamento del mercato dei capitali in Italia, proseguendo il percorso di semplificazione normativa e fiscale dei processi e di contenimento complessivo dei costi sostenuti dagli emittenti, dagli intermediari e dagli investitori e permettendo in questo modo alle piccole e medie imprese di accedere con maggiore facilità al mercato dei capitali, valorizzando i segmenti innovativi e rendendo Borsa italiana un mercato di capitali competitivo rispetto alle altre piazze finanziarie.
(1-00409) «Zanichelli, Fragomeli, Mor, Pastorino, Currò, Topo, Ungaro, Fassina, Martinciglio, Quartapelle Procopio, Maniero, Cancelleri, Giuliodori».
(22 dicembre 2020)
La Camera,
premesso che:
Borsa Italiana s.p.a. è la società che si occupa della gestione del mercato azionario italiano e comprende anche Mts, lo strategico mercato dei titoli di Stato, rappresentando così un importantissimo asset per il nostro Paese;
si evidenzia, inoltre, che Borsa Italiana s.p.a. gestisce anche una rete di dati sensibili relativi a titoli di Stato, nonché delle imprese quotate e delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Élite di Borsa italiana Spa, per un valore complessivo di 3,5 miliardi di euro;
il 23 giugno 2007, con un'offerta di 1,6 miliardi è avvenuta l'acquisizione di Borsa Italiana s.p.a. da parte di London Stock Exchange Pic (la Borsa di Londra), andando a creare il London Stock Exchange Group, società holding che detiene la totalità delle partecipazioni azionarie di Borsa Italiana s.p.a. e di London Stock Exchange;
a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, è mutato il contesto geopolitico di riferimento, dal momento che l'hub finanziario londinese non è più realtà comunitaria con riflessi anche dal punto di vista economico-finanziario;
pertanto, con riferimento agli sviluppi sul futuro di Borsa Italiana s.p.a., occorre considerare che l'acquisizione operata dal London Stock Exchange Group del gruppo di diffusione di dati finanziari Refinitiv, il ramo d'azienda che si occupava di finanza e risk business all'interno di Thomson Reuters Corporation, multinazionale canadese operativa nel settore dei mass media e dell'informazione, ha determinato incertezze rispetto al destino del mercato azionario italiano, data l'evidente probabilità che il core business del London Stock Exchange si sarebbe spostato da quello della gestione dei mercati borsistici a quello dei dati;
la Lega, già in precedenza, ha più volte sollecitato il Governo ad agire tempestivamente con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana s.p.a., considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);
occorre premettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa italiana sono state avanzate da Six Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext in partnership con Cdp Equity e Intesa San Paolo e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana s.p.a., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Élite;
nel mese di ottobre 2020 si è verificata la cessione al gruppo Euronext in partnership con Cdp Equity e Intesa San Paolo per un valore complessivo di 4,32 miliardi di euro;
tuttavia, proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque, ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e di attuazione di un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali;
come sollevato da Assosim (Associazione intermediari mercati finanziari) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano Il Sole 24 Ore, in data 26 settembre 2020, tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle PMI»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i piani individuali di risparmio (Pir) alternativi e gli European long term investments funds (Eltif),
impegna il Governo:
1) a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa italiana s.p.a., nonché l'autonomia della medesima, affinché sia possibile attuare i seguenti impegni:
a) previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, che possa essere di maggior beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso rispetto a ipotesi che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente;
b) garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;
c) attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, sviluppando la piattaforma Élite, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali, evitando che i servizi di Élite possano sovrapporsi a quelli già forniti dagli intermediari finanziari;
d) rafforzamento del Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetti «price equity» – fondamentali per un'efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi.
(1-00443) «Centemero, Molinari, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino».
(26 marzo 2021)
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE, DELLA FORMAZIONE E DELL'EMANCIPAZIONE GIOVANILE
La Camera,
premesso che:
in data 15 settembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). A tale prima fase seguirà quella della elaborazione, presentazione e adozione definitiva del Pnrr;
il periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus si è presto trasformato in emergenza economica e ha inciso pesantemente sulla situazione del mercato del lavoro;
nonostante il blocco dei licenziamenti in atto, tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali concordano nel sostenere che, nonostante la ripresa delle attività, l'Italia stia per essere colpita da un periodo di grave recessione economica;
la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni;
una recente analisi ha rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come «non essenziali» durante il blocco delle attività, quali in particolare il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati, già prima della crisi, in settori, individuati dallo stesso report, come i più colpiti dall'impatto dell'emergenza da Covid-19;
l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa degli effetti della crisi finanziaria del 2008, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti «Neet» («not in Education, Employment or Training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del fenomeno dei cosiddetti «cervelli in fuga», spesso giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero;
secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, nel nostro Paese, sono oltre 2.116.000 i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rappresentando il 23,4 per cento del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio; secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento del 8 per cento sul 2018;
la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria, causata anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio- economici più fragili e in condizioni di povertà tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari, successiva alla crisi economica innescata dal Covid-19;
sempre i dati Eurostat 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei. Questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia si è sopra la media dei 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro;
una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza seguita alla diffusione della pandemia su scala mondiale, ma che negli anni è stata oggetto di particolare attenzione. L'introduzione del Jobs Act, durante il Governo Renzi, attraverso due provvedimenti, rispettivamente varati a marzo e dicembre del 2014 e attuati sin dai primi mesi del 2015, è stato forse il provvedimento in materia economica più significativo degli ultimi anni. L'introduzione della decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati. Nel periodo 2014 – 2018 il totale degli occupati ha registrato un aumento di 936 mila occupati totali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito nello stesso periodo del 10,5 per cento (dati Istat). L'introduzione del «bonus Cultura», i 500 euro per i giovani che hanno compiuto 18 anni, ha rappresentato un grande investimento sui giovani. L'apposita App è infatti ancora oggi utilizzabile non solo per l'acquisto di libri ma anche per cinema o teatro, per visitare una mostra o un museo;
lo strumento «Resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, potenziato dalla manovra di bilancio del 2018, ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzato elevando dapprima l'età dei soggetti che possono presentare un progetto di impresa da 35 a 46 anni e successivamente aprendo ai liberi professionisti. Dal 24 aprile 2016 al 17 novembre 2016 sono stati sottoscritti 8 patti per lo sviluppo attraverso lo strumento del Masterplan per il Mezzogiorno in 8 regioni del Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Puglia, Sicilia) per un totale di 11,5 miliardi di euro; 7 patti con le città metropolitane (Bari, Reggio Calabria, Messina Palermo, Napoli, Catania, Cagliari) per un totale di 1,83 miliardi di euro. Gli investimenti ammontano dunque a 13,4 miliardi di euro (come da delibera del Cipe 26/2016), a cui si aggiungono le risorse serventi da diverse programmazioni e recuperate per ulteriori 25 miliardi di euro;
in tale contesto è utile ricordare che il Family Act, A.C. 2561, recante Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie nella formazione universitaria dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario, oltre a prevedere detrazioni fiscali per le spese impiegate per acquistare libri e per i costi di locazione di abitazione per gli studenti universitari; una situazione quest'ultima che trova già ampia applicazione in ambito europeo sulla quale il nostro Paese registra un ritardo;
oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie, ed in particolare le giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;
in questo senso il Governo si è impegnato in un processo di riforma generale, che ha per obiettivo il contrasto della denatalità che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte delle istituzioni, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il Family Act (A.C. 2561) rappresenta dunque una risposta di carattere strutturale che oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;
un capitolo importante riguarda il processo di integrazione delle nuove generazioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi di origine straniera, spesso nati e cresciuti nel nostro paese. Una presenza importante, che deve costituire un elemento di ricchezza e di arricchimento della nostra società, ma che è ancora vittima di discriminazione e casi di vero e proprio razzismo. A tal fine è fondamentale inserire già a partire dalla scuola primaria, approfittando dell'insegnamento dell'educazione civica recentemente inserito nei curricola scolastici come materia obbligatoria, specifici programmi mirati all'educazione di una generazione che faccia del multiculturalismo un valore fondante del futuro delle nuove generazioni;
in questo contesto il citato Family Act valorizza la funzione dell'«educazione non formale», vale a dire tutta una gamma di possibilità di apprendimento informale ed occasionale che da sempre hanno contribuito alla formazione di una società multiculturale, fondamentale per la formazione di una nuova leva di giovani generazioni;
la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;
la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:
a) rafforzare le garanzie per i giovani;
b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;
c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;
d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;
è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, la formazione e l'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio;
in tale contesto sarebbe estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola e mondo del lavoro al fine di aumentare le possibilità di una maggiore professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico. Risulta fondamentale inoltre riconoscere la centralità e rivalutare i percorsi di alternanza scuola-lavoro come introdotti dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta Buona Scuola. Serve una profonda revisione e un potenziamento dei programmi di istruzione tecnica con particolare riferimento a quella di carattere professionale come strumento di accesso al mercato del lavoro ed alle professioni; potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di meglio aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni; accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti; promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree dei titoli di studio conseguiti all'estero, così come facilitare il rientro di laureati italiani nel nostro paese o l'arrivo di ricercatori e accademici internazionali;
in questo quadro risulta indispensabile rafforzare i percorsi di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, rafforzandone anche la qualità e riformando i trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, sia razionalizzando quelli esistenti che creando un nuovo sistema teso a legare il sostegno al reddito, in caso di rimodulazioni dell'orario di lavoro o di utilizzo di ammortizzatori sociali, a percorsi formativi, che consentano di migliorare le proprie chances occupazionali;
in questo contesto il reddito di cittadinanza ha effettivamente mostrato una serie di criticità in quanto politica attiva del mercato del lavoro. I dati dell'Anpal mettono in evidenza che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro. Sono criticità che dovranno essere al più presto affrontate: la mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese;
accanto alla salvaguardia della qualità dell'impiego, del reddito e della stabilità occupazionale dei lavoratori – subordinati, autonomi e dell'economia collaborativa (della cosiddetta sharing economy e gig economy) è necessario promuovere forme di contrattazione decentrata in un sistema di relazioni industriali multilivello;
parallelamente alla riduzione del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale, è importante favorire processi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;
tutte le misure fin qui elencate dovranno essere accompagnate ad un necessario e importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato, che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia;
la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e sarà compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano «AttivaGiovani» rivolto ai giovani Neet che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. I giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il costo del lavoro sarebbe interamente a carico dello Stato. Le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;
tuttavia, la crisi rappresenta anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next Generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. La strategia italiana per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, dalla ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico;
particolare rilevanza deve essere riservata alle lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Il disegno di legge 2561 all'articolo 5 prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nei primi due anni di avvio dell'impresa. La norma stabilisce, infatti, ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile anche nelle regioni del Mezzogiorno;
quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next Generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza,
impegna il Governo:
1) a definire una strategia specifica per promuovere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile;
2) ad adottare iniziative per introdurre un piano «AttivaGiovani» che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione per giovani Neet, ovvero di cittadini disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, presso le imprese;
3) ad adottare iniziative per potenziare, anche nell'ambito di una riforma più organica della famiglia, quale quella intrapresa con il cosiddetto Family Act, richiamato in premessa, le misure a favore dei giovani;
4) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani» per renderlo più efficace;
5) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante semplificando i numerosi oneri burocratici vigenti in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;
6) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e contrastare il fenomeno dei tirocini extra-curriculari non retribuiti;
7) ad adottare iniziative per incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori ed effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, «vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;
8) ad assumere iniziative per introdurre «Credito Giovani», uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, avvio di una azienda o acquisto prima casa;
9) ad adottare iniziative per predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e in questo senso, per introdurre misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;
10) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, rafforzando ed incentivando l'imprenditoria femminile;
11) a presentare un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda l'imprenditorialità sociale, con particolare riguardo, tra l'altro, all'istruzione e alla formazione all'imprenditorialità, e a servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.
(1-00392) «Ungaro, Boschi, D'Alessandro, Toccafondi, De Filippo, Marattin, Fregolent, Occhionero».
(21 ottobre 2020)
La Camera,
premesso che:
la pandemia da Covid-19 ha prodotto, e con il suo perdurare continua a produrre, un impatto fortemente negativo sull'intera economia mondiale. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente stimato che il danno prodotto all'economia europea è quantificabile in circa tremila miliardi di euro in termini di prodotto interno lordo, che nel 2021, nonostante un rimbalzo del 4,7 per cento, si attesterà ad un livello pari al 6,3 per cento inferiore rispetto alle stime effettuate prima dell'esplosione della pandemia;
nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2020 il Governo prevede un crollo del prodotto interno lordo del 9 per cento per l'anno in corso nell'ipotesi più ottimistica, quella cioè che non prende in considerazione un nuovo ricorso ad un lockdown generalizzato, con un rimbalzo del 5,1 per cento per il 2021 ed un ritorno ai livelli ante Covid stimato solo nel 2023;
previsioni molto negative lo stesso Documento attribuisce all'occupazione con un calo, nell'anno in corso, del 9,5 per cento per quanto riguarda l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro, e un tasso di disoccupazione che si attesterebbe al 9,5, con un peggioramento stimato per l'anno 2021, in cui il tasso di disoccupazione salirebbe al 10,7 per cento, mentre il recupero previsto per l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro rimarrebbe inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto all'anno 2019;
i dati in termini reali dei mesi del 2020 hanno registrato risultati altrettanto negativi in termini di posti di lavoro persi, di disoccupazione e di tasso di inattività. Ad agosto 2020 erano quattrocentoventicinquemila i posti di lavoro in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre da febbraio 2020 ad agosto l'occupazione ha registrato una contrazione di trecentosessantamila unità in meno;
all'interno di questo scenario risulta in sofferenza soprattutto l'occupazione giovanile, che ad agosto 2020 ha registrato un livello di disoccupazione del 32,1 per cento, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente;
la condizione dell'occupazione giovanile è stata ulteriormente influenzata in senso negativo dalla rilevante riduzione di posti di lavoro a tempo determinato e di natura stagionale che si è registrata nel corso dell'anno 2020 a causa degli effetti della pandemia;
la forte sofferenza riscontrata dall'occupazione a tempo determinato è riconosciuta dallo stesso Governo, sempre nella Nadef quando ascrive proprio alla perdita di questi posti di lavoro il ruolo maggiore prodotto sui livelli dell'occupazione e della disoccupazione per l'anno in corso;
a fronte di questa presa d'atto non si riscontra un intervento altrettanto deciso tra i provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi in corso;
l'irrigidimento apportato alla normativa in materia di lavoro a tempo determinato dal decreto-legge n. 87 del 2018, comunemente noto come decreto «dignità» si è rivelato un boomerang nella condizione di crisi e di forte incertezza prodotta dalla diffusione della pandemia da Covid-19. I soggetti che il decreto «dignità» voleva tutelare dal fenomeno del così detto precariato, ed in particolare i giovani lavoratori, sono divenuti le principali ed in gran parte uniche vittime della crisi anche a causa di quell'intervento normativo. Mentre i lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono stati difesi dal blocco dei licenziamenti previsto per legge, i lavoratori a termine hanno visto arrivare a scadenza i propri contratti senza la trasformazione di questi in contratti a tempo indeterminato;
su questo fronte, che interessa tanta parte del lavoro giovanile, il Governo, pur consapevole della criticità, si è limitato ad adottare provvedimenti di portata limitata e non sufficienti a risolvere adeguatamente il problema, come ad esempio un'ampia deroga di natura transitoria valida per l'intero anno 2021, alla normativa in materia di contratto a termine risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 87 del 2018;
se è evidente e oggettivo che la pandemia da Covid-19 sta producendo un impatto fortemente negativo sul mondo del lavoro, sarebbe un grave errore non considerare che l'occupazione giovanile ha rappresentato una criticità anche nei periodi precedenti quando, seppur in maniera modesta e non sufficiente, i dati dell'occupazione nel suo complesso segnavano dati positivi;
nel terzo trimestre 2019 ad esempio, quando il Covid-19 non aveva ancora dispiegato i suoi effetti neppure in Cina, la disoccupazione giovanile nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni si attestava al 17,8 per cento, un livello doppio rispetto al dato nazionale, che schizzava al 25,7 per cento se si considera esclusivamente la fascia 15-24 anni;
allo stesso tempo un rapporto del World Economic Forum pubblicato ad inizio 2020 e riferito al 2019, attestava la presenza in Italia di oltre due milioni di così detti «Neet», cioè giovani compresi nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni che non studiano e non cercano lavoro;
le politiche adottate dai Governi dall'inizio della legislatura in questo non hanno ottenuto i risultati attesi;
il reddito di cittadinanza dopo diciotto mesi di funzionamento ha svolto una funzione esclusivamente dal punto di vista dell'assistenza e della lotta alla povertà, si è invece dimostrato carente sul fronte dell'avviamento al lavoro per tutti i suoi beneficiari ed in particolare per i giovani lavoratori. A fine luglio 2020 su una platea di circa 1,23 milioni di percettori maggiorenni del reddito di cittadinanza i patti per il lavoro sottoscritti sono stati soltanto 318.221, mentre la maggioranza dei percettori del beneficio, circa il 57,8 per cento del totale avevano appena ricevuto la convocazione presso i centri per l'impiego. Le offerte di lavoro e le opportunità formative proposte dai così detti navigator ai beneficiari del reddito di cittadinanza sono state, inevitabilmente, ancora inferiori, pari a 220.048;
in una fase come quella attuale di grande difficoltà sarebbe necessario dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019, in merito alla partecipazione, dei beneficiari del reddito di cittadinanza a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti. Nel dare attuazione a tale disposizione si è registrato prima un ritardo nell'adozione del decreto ministeriale, entrato in vigore solo il 20 gennaio di quest'anno, successivamente si sono riscontrate difficoltà da parte degli enti locali nell'impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza in attività di pubblica utilità anche per carenza di progetti da parte degli enti locali, come si è verificato ad esempio a Roma e Torino;
anche il provvedimento definito «quota 100» che nelle intenzioni del Governo avrebbe dovuto produrre maggiore occupazione non ha minimamente rispettato le attese sotto tale profilo;
se si vuole concretamente affrontare il nodo dell'occupazione giovanile al fine di invertirne la tendenza negativa di lungo periodo, è indispensabile avere le capacità e il coraggio di individuare le poche opportunità che la crisi prodotta dalla pandemia ha messo a disposizione. In questo senso le risorse del così detto Recovery fund costituiscono un'occasione, forse irripetibile per investire in iniziative e progetti che sarebbero stati di difficile realizzazione nelle fasi precedenti la pandemia e che saranno probabilmente impossibili nelle fasi successive. Parte delle risorse che si renderanno disponibili dovranno essere utilizzate, da un lato, per costituire fondi a sostegno della giovane imprenditorialità e, in parte, per dare vita, con il coinvolgimento delle regioni, ad un grande piano in grado di facilitare le assunzioni di giovani lavoratori sia nel settore privato che in quello pubblico, con un'impostazione simile a quella della legge n. 285 del 1997, aggiornata alle condizioni attuali;
l'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro appare inadeguato alla funzione di ricollocazione dei lavoratori in generale, ma risulta estremamente carente in particolare per i lavoratori delle fasce più giovani, poiché, oltre all'assenza di adeguate risorse e di un'organizzazione razionale ed efficiente, prescinde completamente dall'aspetto della formazione continua ed in particolare sul fronte delle nuove competenze in campo tecnologico;
appare assolutamente indispensabile interconnettere in maniera attiva ed efficiente il settore delle politiche attive, con gli istituti di formazione, con la scuola, in particolare a livello di istituti tecnici superiori, e le aziende private, al fine di garantire un'offerta formativa composta dall'armonizzazione e l'integrazione dello studio scolastico, della formazione professionale teorica e dello svolgimento dell'attività lavorativa sotto forma di periodi di stage retribuiti;
è necessario investire nel campo della formazione in due direzioni. La prima riguarda progetti volti ad affiancare all'istruzione universitaria una formazione tecnica superiore fondata sul paradigma integrativo tra teoria e pratica, tra cultura generale e specifica (professionale), tra competenze trasversali e specialistiche, tra formazione umana e formazione professionale, tra studio, imprese e territorio;
la seconda si riferisce all'apprendistato formativo riconosciuto come la forma di apprendimento più strategica per sostenere la declinazione e la diffusione del paradigma formativo integrativo e non separativo appena menzionato,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per investire risorse in politiche strutturali di lungo periodo volte ad incentivare l'assunzione di giovani lavoratori attraverso una riduzione del costo del lavoro per i nuovi assunti;
2) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di specifici percorsi di formazione professionale, anche in collaborazione con istituti universitari, al fine di consentire l'acquisizione di competenze specifiche nel settore delle nuove tecnologie digitali per i giovani al di sotto dei trenta anni, incentivando e semplificando il ricorso all'apprendistato professionalizzante;
3) ad adottare iniziative per la realizzazione di ecosistemi territoriali in grado ai realizzare una maggiore interconnessione tra il settore formativo della scuola e quello delle aziende, rafforzando in particolare l'esperienza degli istituti tecnici superiori e valutando la modifica dell'attuale rapporto tra le ore di formazione scolastica e quelle di formazione lavorativa, con un aumento di queste ultime come avviene in altri Paesi europei, quali la Germania;
4) ad adottare iniziative per aumentare i fondi previsti per il programma «Garanzia Giovani», rafforzando ed efficientando in particolare le attività di formazione professionale e garantendone il miglior utilizzo attraverso la promozione di misure finalizzate ad esiti occupazionali;
5) a destinare parte delle risorse che si renderanno disponibili nell'ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza a politiche di sostegno all'imprenditoria giovanile sia nel settore delle attività innovative e tecnologiche, sia nei settori di attività più tradizionali;
6) ad individuare, in collaborazione con regioni e comuni, opportune forme di coinvolgimento dei giovani lavoratori in progetti di pubblica utilità, anche nell'ambito dei percorsi formativi previsti dai servizi per le politiche attive del lavoro;
7) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo per i percettori del reddito di cittadinanza, «Naspi» e «Discol», di età inferiore ai trenta anni, di accettare proposte di stage formativi avanzate dalle aziende per il tramite del sistema di navigator e dei centri per l'impiego;
8) a prevedere, nell'ambito dell'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro, specifici interventi mirati a rendere più efficace la ricollocazione al lavoro dei giovani in cerca di occupazione, efficientando e implementando l'attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché ad implementare le risorse umane con adeguati profili di competenza e prevedendo le forme più opportune di coinvolgimento delle agenzie per il lavoro private;
9) ad adottare iniziative per prevedere una deroga per tutto l'anno 2021 alla normativa in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di facilitare il ricorso a questa forma di contratto per i giovani lavoratori di età inferiore ai trenta anni.
(1-00396) «Zangrillo, Polverini, Cannatelli, Musella, Occhiuto».
(28 ottobre 2020)
La Camera,
premesso che:
dall'esame dei dati Istat del secondo trimestre del 2020 si evince che, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, gli occupati in Italia sono diminuiti di 841.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Hanno perso il lavoro soprattutto i giovani. Tant'è che il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è del 39,1 per cento;
tale diminuzione non colpisce solo la fascia tra i 15 e i 34 anni: anche per i 35-49enni il tasso di occupazione cala di 1,6 punti e quello di «inattività» mostra un incremento di 3,3 punti;
l'Italia si ritrova ad essere fanalino di coda di tutta l'Europa, seconda solo alla Grecia: nella rilevazione di luglio 2020, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,1 per cento e la percentuale di giovani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet, è del 22,2 per cento nel 2019;
una parte di questi dati è certamente inficiata dall'incidenza del lavoro sommerso, che per quella fascia d'età, è spesso unico appiglio per iniziare a lavorare; inoltre, essendo molto diffusa in Italia – soprattutto nel Mezzogiorno – l'impresa familiare, molto spesso i giovani iniziano a lavorare proprio all'interno di queste aziende di famiglia e vengono regolarizzati solo in un secondo momento;
l'introduzione delle norme a modifica del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto «decreto dignità», decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha diminuito il periodo massimo di durata del contratto determinato, reintrodotto la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementato il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, invece di favorire la stabilizzazione con la conversione in contratto a tempo indeterminato, e ha indotto i datori di lavoro a non disporre rinnovi;
difatti, il Governo è stato costretto ad introdurre delle deroghe alla predetta disciplina per ridurne l'impatto negativo durante l'emergenza, prendendo così atto delle gravi criticità che la caratterizzano e che hanno aggravato la stipula del contratto di lavoro subordinato a termine, che, si ricorda, presenta tutte quelle garanzie e tutele per il lavoratore di quello a tempo indeterminato;
ed ancora, non di meno, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha di fatto palesato tutte le sue criticità, non solo come misura assistenziale visto che non arriva a chi è veramente in stato di povertà, ma, altresì, come politica attiva del mercato del lavoro. Sul punto, i dati dell'Anpal riferiscono che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro;
la situazione è molto seria e i giovani risultano essere l'anello debole della nostra economia, ma nei numerosi decreti varati dal Governo a sostegno del rilancio economico durante questo periodo di pandemia, non è stata prevista nessuna iniziativa specifica per i giovani;
far ricadere, poi, sulle famiglie il compito di occuparsi dei giovani non è di certo una politica lungimirante: secondo i dati Eurostat 2019, infatti, i giovani italiani sono quelli che abbandonano i genitori più tardi. In Italia si è sopra la media dei 30 anni, in Europa i loro coetanei lo fanno a 25/26 anni;
invertire questa tendenza significa occuparsi delle generazioni future, perché la precarietà lavorativa dei giovani non può non ripercuotersi sul loro percorso di vita, sulle loro possibilità di crearsi una famiglia, di mettere al mondo dei figli (per incrementare il tasso di natalità, ormai sempre più basso nel nostro Paese, bisogna partire proprio dalla stabilità dei giovani); ma significa anche occuparsi degli anziani che sul lavoro e il benessere dei giovani basano le loro certezze di una vecchiaia serena;
anche la Commissione europea è intervenuta sull'argomento, inviando il 1° luglio 2020 una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», invitando gli Stati membri ad occuparsi del problema;
è indispensabile che ai giovani vengano offerti dei percorsi speciali di inserimento nel mercato del lavoro: rimodulare ad esempio percorsi formativi, tirocini, affinché diventino vere occasioni per aumentare le proprie possibilità occupazionali;
è importante anche cercare soluzioni volte ad evitare la fuga di cervelli all'estero. Nel 2019, Confindustria ha stimato che il fenomeno ha interessato circa 300.000 italiani ogni anno con una perdita di capitale umano pari a 14 miliardi di euro ogni anno;
riorganizzare e rendere più omogenei e facilmente utilizzabili dalle imprese tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi già varati dai precedenti governi e introdurne di nuovi è, inoltre, il presupposto da cui partire per rendere operativa una ripresa che non darebbe benefici solo ai giovani, ma a tutto il sistema economia;
è necessaria anche una riforma seria e organica dei centri per l'impiego; dai dati si evince, infatti, che solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro tramite questi strumenti di politica attiva;
fra i 5,2 milioni di autonomi che si contano in Italia ci sono anche molti giovani. Millenials, ma anche trentenni, che hanno dovuto aprire una partita iva per riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro e che ora si trovano ad affrontare una crisi economica che per loro sarà ancora più ardua da superare: occuparsi di loro è un dovere morale per qualsiasi Governo che voglia sostenere la propria crescita;
Fratelli d'Italia si batte, inoltre, da anni, per promuovere il diritto dei giovani italiani ad accedere in condizioni paritarie ai diversi ambiti della comunità nazionale. Gli interventi legislativi e amministrativi realizzati nel corso dei decenni hanno dato vita a un sistema che penalizza fortemente le nuove generazioni rispetto alla possibilità di partecipare in modo attivo alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione: la proposta di legge di Fratelli d'Italia (AC. 295), ad esempio, va verso la correzione di queste distorsioni del sistema e l'avanzamento di tali diritti;
nuovi sbocchi lavorativi per le nuove generazioni potrebbero essere trovati anche investendo nella green economy, come, tra l'altro, previsto nel Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea e nel Next Generation EU; utile e di rilevanza per il sostegno dell'occupazione giovanile è anche il settore della digitalizzazione,
impegna il Governo:
1) a studiare strategie di lungo periodo e riforme strutturali atte a garantire un più alto livello di occupazione giovanile e di tenore di vita delle giovani generazioni, rimettendo in piena efficienza quell'«ascensore sociale» che rappresenta non solo una fondamentale condizione di giustizia per i giovani, ma anche una condizione essenziale di crescita e di sviluppo per tutti i cittadini;
2) ad adottare iniziative volte a riformare i percorsi formativi (scuola, università, ricerca) in modo da consentire un inserimento più agevole nel mondo del lavoro da parte dei giovani disoccupati e inoccupati (i cosiddetti «Neet»);
3) ad adottare iniziative volte a riformare le regole e le modalità di fruizione relative a tirocini ed apprendistati, in particolare con riguardo ai giovani, affinché diventino veri strumenti di inclusione e collocazione (e non, come spesso avviene, forme di sfruttamento e precariato legalizzato);
4) ad adottare iniziative volte ad introdurre delle garanzie per giovani professionisti e ricercatori al fine di far fronte alla sempre più frequente fuga di cervelli all'estero;
5) ad adottare iniziative per un piano di riforma dei centri per l'impiego al fine di promuovere efficacemente l'occupazione giovanile in primo luogo con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti da questi enti, nell'ambito dei quali il personale deve avere le competenze necessarie per favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, garantendo standard minimi di prestazioni, nonché il raggiungimento di obiettivi, prevedendo altresì un'idonea attività di monitoraggio che offra le informazioni necessarie a misurare l'efficienza e la qualità degli interventi erogati;
6) ad adottare iniziative volte a prevedere, nell'attività di placement dei giovani in cerca di occupazione, un aumento delle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche coinvolgendo le agenzie per il lavoro del settore privato;
7) ad adottare iniziative normative per derogare alla disciplina del cosiddetto «Decreto dignità» rispetto al contratto di lavoro a tempo determinato, fino a dicembre 2021, per intervenire successivamente, in modo strutturale, per riparare definitivamente le criticità di tale normativa, che non incentiva la conversione in contratto a tempo indeterminato, danneggiando in particolar modo i giovani;
8) ad adottare iniziative per introdurre, – con nuove disposizioni contenute nel Recovery Plan, nel disegno di legge di bilancio, e in altre eventuali norme ad hoc, – tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi possibili atti ad invogliare le imprese ad assumere la popolazione giovanile del nostro Paese;
9) ad adottare iniziative per sostenere con adeguate misure il lavoro dei giovani con partita iva attraverso sgravi e benefici che possano andare a compensare la precarietà del loro lavoro e la forte crisi cui stanno facendo fronte.
(1-00398) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».
(2 novembre 2020)
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALLA RIAPERTURA IN SICUREZZA DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI DI OGNI ORDINE E GRADO
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese, com'è noto, è stato tra i primi ad essere colpito dalla pandemia dovuta alla diffusione dell'infezione da SARS-COV-2; tra le misure immediatamente adottate, nell'urgenza del momento e in assenza di evidenze scientifiche, vi è stata la sospensione di tutte le attività didattiche in presenza;
la sospensione delle attività didattiche in presenza e il conseguente avvio della didattica a distanza hanno causato notevoli danni agli studenti e alle studentesse. La reale portata delle conseguenze, su un piano psicologico, sociale, formativo ed educativo, non è ancora valutabile, ma già si teme che possano difficilmente essere colmate. La letteratura scientifica sul tema è univoca e ha già rivolto un accorato appello alle istituzioni affinché si velocizzi la riapertura in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado, soprattutto per contenere massimamente gli effetti negativi del perdurare della mancanza di socialità;
la sospensione delle attività didattiche in presenza ha colpito maggiormente chi si trovava già in una condizione di povertà educativa, nonché le fasce meno abbienti, impossibilitate ad accedere a dispositivi elettronici e di connessione digitale. Secondo recenti dati Istat, l'8 per cento degli studenti e studentesse non hanno libero accesso alla didattica digitale integrata, percentuale che aumenta al 23 per cento tra gli studenti e le studentesse che riportano condizioni di disabilità;
dunque, è sempre più fondato il rischio che la pandemia e le conseguenti chiusure pregiudichino il diritto allo studio, sancito dall'articolo 34 della Costituzione, accentuino le differenze socio-culturali tra i ragazzi, aumentino la dispersione scolastica e i disagi che ne conseguono a discapito dei singoli e dell'intera collettività;
un'«Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova – ha evidenziato come le restrizioni imposte dalle misure governative abbiano determinato e determinino nei bambini e negli adolescenti disturbi di «componente somatica», come disturbi d'ansia e disturbi del sonno, difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni a distanza, con una significativa alterazione del ritmo del sonno;
l'assenza di socialità provocata dalla sospensione della didattica in presenza sta determinando conseguenze gravi anche in termini di disagio psichico negli adolescenti e nei bambini. Particolarmente allarmanti sono proprio i dati diffusi dall'Ospedale pediatrico Meyer che evidenziano che i casi di anoressia e di ideazione suicidiaria, nella fascia di età 12-18, nei mesi gennaio-febbraio 2021 siano quadruplicati rispetto ai mesi gennaio-febbraio 2020;
il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso a settembre 2020 lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», nel quale si legge: «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;
a subire le conseguenze della chiusura delle scuole e del ricorso alla didattica a distanza sono, oltre agli studenti e alle studentesse, i lavoratori genitori, ivi compresi quelli appartenenti alle categorie professionali oggi considerate essenziali, quali, ad esempio, le categorie del settore sanitario;
tale condizione sta, inoltre, pregiudicando prevalentemente l'occupazione femminile, in quanto la donna è spesso il soggetto che si trova in condizioni lavorative di maggiore precarietà, con retribuzioni economiche inferiori e con la preminente funzione di cura di genitori anziani e figli piccoli e, quindi, più facilmente indotta a rimanere a casa con i figli;
la malattia generata dal contagio del Coronavirus può manifestarsi anche nei bambini e adolescenti, in particolare in quelli con un'età inferiore ai 12 anni, ma con sintomi meno gravi rispetto a quelli manifestati dagli adulti. Numerosi studi, infatti, indicano come caratteristica intrinseca di questa tipologia di virus quella di una minore capacità di trasmissione dello stesso tra bambini, adolescenti e giovani, e da questi ultimi agli adulti, ragion per cui la scuola e i contesti formativi frequentati prevalentemente da giovani possono considerarsi tra i luoghi e gli spazi sociali più sicuri, nel rispetto continuo delle regole e dei protocolli sanitari previsti proprio dal Comitato tecnico scientifico;
nell'ambito di uno studio promosso dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù, dalla Società italiana di pediatra e dalla Società italiana di ortofonologia, fra ottobre e dicembre 2020 si è svolta un'indagine specifica che ha coinvolto due plessi scolastici per un totale di 1.262 soggetti, 1.094 studenti, 141 insegnanti e 27 addetti del personale: più del 96 per cento del totale. Gli screening si sono svolti a inizio settembre 2020 e poi sono proseguiti a cadenza mensile. Nel primo round sono stati testati 1.099 campioni e solo un soggetto è risultato positivo, nel secondo, a fronte di 1.075, solo 7 sono risultati positivi e nel terzo, su 1.257 test, solo 3 studenti sono risultati positivi. In totale, quindi, 11 persone; durante la cosiddetta seconda ondata della pandemia da COVID-19, la maggioranza degli Stati europei ha deciso di mantenere aperti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, considerandoli luoghi sicuri. Si è disposta la chiusura degli stessi solo nell'ambito di un lockdown generalizzato e totale;
secondo dati riportati dall'Unesco, Paesi come Francia, Spagna, Austria, Svizzera, Belgio hanno deciso di mantenere le scuole aperte, sempre nel rispetto dei protocolli sanitari indicati dai diversi Stati, come l'utilizzo obbligatorio delle mascherine per alunni, docenti e per l'intero personale scolastico, il rispetto del distanziamento, aerazione, sanificazione e monitoraggio continuo attraverso l'utilizzo periodico di test per COVID-19 all'interno delle strutture scolastiche e formative; altri Paesi, come Germania e Regno Unito, hanno riaperto gli istituti scolastici gradualmente dopo periodi di lockdown totale, anche a causa della maggiore presenza delle diverse varianti del Coronavirus;
particolare attenzione merita la scelta del Governo francese di applicare un terzo lockdown generale mantenendo aperte le scuole. Alla base di tale decisione vi è l'utilizzo costante dei test salivari che vengono eseguiti negli istituti scolastici. Il tasso di infezioni rivela che in media è soltanto lo 0,5 per cento degli allievi che si contagia a scuola, circa 500 su 100 mila;
inoltre, secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità diffusi il 30 dicembre 2020, solo il 2 per cento dei focolai avrebbe origine all'interno del contesto scolastico. Infatti i tre luoghi a maggior rischio di contagio da Coronavirus risultano le abitazioni private, gli ambiti sanitari e quelli professionali-lavorativi;
la chiusura delle scuole non risulta essere una misura di contrasto che possa incidere in modo significativo sul controllo della pandemia in corso. Il Centro europeo per il controllo delle malattie non ritiene che l'apertura delle scuole abbia influito significativamente sulla maggiore diffusione del virus che ha condotto alla cosiddetta seconda ondata;
in particolare, un accreditato studio scientifico indica che l'indice Rt in Italia non ha riportato variazioni con la riapertura o chiusura delle scuole e che gli insegnanti non sono a maggior rischio di contagio rispetto ad altre professioni;
secondo l'Istituto superiore di sanità, in Italia, si è stimato che la cosiddetta variante inglese del virus Sars-Cov-2 ha una trasmissibilità superiore del 37 per cento rispetto ai ceppi non varianti. I bambini, in particolare i più piccoli, sembrano essere meno suscettibili all'infezione da Sars-Cov-2 rispetto ai bambini più grandi e agli adulti, il che sembra verificarsi anche per la cosiddetta variante inglese, che manifesta un aumento cospicuo della trasmissibilità in tutte le fasce di età. Al momento non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino un aumento di sintomatologie, ricoveri o decessi dovuti alla circolazione della variante inglese, né che la stessa sia resistente ai vaccini tuttora in uso nel nostro Paese;
nonostante la diffusione delle nuove varianti, la cosiddetta terza ondata del contagio non evidenzia una maggiore velocità di diffusione del virus rispetto alla seconda ondata, ma esattamente il contrario. Anche la portata del contagio è nettamente inferiore: il valore del picco d'incidenza – positivi su 7 giorni per 100 mila abitanti – della seconda ondata è stato di 412, mentre il valore di picco attuale è di 266, raggiunto il 17 marzo 2021;
secondo una recentissima e imponente ricerca italiana condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici, tra cui Sara Gandini dello Istituto europeo di oncologia di Milano, sulla base dei relativi dati raccolti si può affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle eventuali possibilità di contagio del virus. Lo studio è stato realizzato attraverso un'analisi incrociata dei dati del Ministero dell'istruzione con quelli delle Agenzie di tutela della salute e della Protezione civile su un campione di più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. Il tasso di positività tra i ragazzi risulta inferiore all'1 per cento dei tamponi effettuati, percentuale che non influenza minimamente la curva pandemica. I giovani contagiano il 50 per cento in meno rispetto agli adulti, anche nel caso di variante inglese. I focolai da Sars-CoV-2 all'interno delle aule scolastiche sono molto rari e la frequenza nella trasmissione da studente a docente è statisticamente poco rilevante,
impegna il Governo:
1) a intraprendere ogni possibile iniziativa finalizzata alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado per riprendere l'indispensabile attività didattica in presenza;
2) a definire, con il maggior livello di dettaglio possibile, le condizioni e gli indici che devono sussistere affinché debba procedersi alla temporanea chiusura di istituzioni scolastiche o singole classi;
3) a considerare prioritaria la riapertura delle scuole anche rispetto ad altre attività essenziali, anche in considerazione del minore rischio di contagio e dell'importanza educativa dell'istituzione scolastica per l'intera comunità;
4) ad adoperarsi, in tutte le sedi, al fine di garantire la massima uniformità sul territorio nazionale delle decisioni relative all'apertura delle istituzioni scolastiche, ammettendo esclusivamente casi di chiusura adeguatamente motivati, di stretta necessità e promuovendo meccanismi di composizione degli interessi che, in un'ottica di leale collaborazione, assicurino il massimo sostegno e l'effettiva attuazione delle scelte nazionali nei contesti regionali;
5) ad adottare iniziative urgenti a tutela della sfera emotiva, psicologica e pedagogica, anche attraverso l'utilizzo di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi all'interno degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, a sostegno dell'intera comunità scolastica, studenti e studentesse, famiglie e personale scolastico;
6) ad adottare protocolli di prevenzione, protezione e controllo più frequenti, più rapidi e più rigidi affinché si possano riaprire in sicurezza le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;
7) a favorire campagne di adeguata informazione vaccinale, al fine di diffondere maggiore consapevolezza e sicurezza sanitaria tra docenti, studenti e famiglie, per tornare quanto prima ad un'attività sicura e costante e a una vita equilibrata, sia da un punto di vista socio-psico-pedagogico che didattico-educativo.
(1-00449) «Bella, Carbonaro, Casa, Cimino, Del Sesto, Iorio, Mariani, Melicchio, Spadafora, Tuzi, Vacca, Valente, Villani».
(29 marzo 2021)
La Camera,
premesso che:
l'Italia è stata tra i primi ad essere colpita dalla pandemia dovuta alla diffusione dell'infezione da Sars-CoV-2 che ha determinato, tra le misure immediatamente approvate nell'ottica emergenziale che il momento ha richiesto di assumere e in assenza di evidenze scientifiche, la sospensione delle attività didattiche in presenza e l'adozione, in ottica emergenziale, della didattica a distanza;
ad oggi l'Italia risulta essere il Paese europeo che ha tenuto le scuole chiuse per più tempo, e anche rispetto al resto del mondo, ha un tasso di chiusura al di sopra della media, nonostante queste misure non abbiano determinato una capacità di contenere il contagio maggiore che in altri Paesi;
la sospensione delle attività didattiche in presenza e il conseguente avvio della didattica a distanza hanno causato notevoli danni agli studenti e alle studentesse. La reale portata delle conseguenze, su un piano psicologico, sociale, formativo ed educativo, non è ancora valutabile, ma già si teme che possano difficilmente essere colmate. La letteratura scientifica sul tema è univoca e ha già rivolto un accorato appello alle istituzioni affinché si velocizzi la riapertura in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado, soprattutto per contenere massimamente gli effetti negativi del perdurare della mancanza di socialità;
la sospensione della didattica svolta in presenza, sostituita con la didattica a distanza, ha colpito soprattutto quei minori appartenenti a gruppi di popolazione già più vulnerabili dal punto di vista economico, sociale, culturale, e più emarginati;
coloro che si trovavano già in una condizione di disagio economico e sociale e di povertà educativa, si sono trovati nell'impossibilità di accedere a dispositivi elettronici e di connessione digitale;
è fondamentale considerare che dal punto di vista dei risultati scolastici, in Italia la mobilità in termini di istruzione è molto contenuta nella parte bassa della distribuzione, in quanto lo status economico della famiglia di provenienza incide fortemente sui risultati scolastici evidenziando una forte rigidità dei meccanismi di mobilità sociale;
secondo il Rapporto annuale del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Gruppo Crc) Italia, almeno il 10 per cento degli studenti non ha svolto la didattica a distanza, percentuale che aumenta al 23 per cento tra gli studenti e le studentesse che riportano condizioni di disabilità, e il 20 per cento l'ha svolta saltuariamente, perché non ha potuto usufruire pienamente della didattica a distanze o della didattica digitale integrata;
è ormai acclarato che la pandemia e le conseguenti chiusure stanno pregiudicando il diritto allo studio, sancito dall'articolo 34 della Costituzione, accentuando le differenze socio-culturali tra i ragazzi, aumentando la dispersione scolastica e i disagi che ne conseguono a discapito sia dei singoli che dell'intera collettività;
in Italia il tasso di abbandono scolastico precoce presenta valori ancora troppo alti e, per quanto negli ultimi anni sia stato parzialmente recuperato, oggi appare molto forte il rischio di peggiorare nuovamente la situazione come conseguenza della pandemia;
i dati dimostrano che la generazione degli adolescenti di oggi vedrà ricadere le conseguenze della perdita di apprendimento, derivante dalla chiusura delle scuole e dall'adozione della didattica a distanza, sulla qualità della vita per il futuro, a cominciare dal loro livello medio di retribuzione nel corso della vita che si stima sarà inferiore per una percentuale dall'1,6 al 3,3 per cento. Tali ripercussioni saranno ancora più gravi se i soggetti si trovano in condizioni di maggiore debolezza e più rilevante svantaggio economico e sociale;
sebbene non sia stata ancora effettuata alcuna misura delle conseguenze della perdita degli apprendimenti, da più parti si richiama il rischio che l'accumulo di learning loss sia ormai difficilmente colmabile: secondo uno studio Ocse per ogni terzo di anno di insegnamento efficace perso si assiste ad una riduzione del prodotto interno lordo dell'1,5-2 per cento per la durata della vita lavorativa degli studenti di oggi di 6-18 anni;
oltre ai disagi causati dall'adozione della didattica a distanza, le scuole si sono dovute confrontare anche con le difficoltà connesse ai ritardi nelle procedure delle assegnazioni e al cambiamento dei docenti con conseguenze importanti sulla continuità didattica in una fase in cui il docente è stato spesso visto solo dietro lo schermo; la mancata continuità didattica appare particolarmente rilevante per quanto riguarda le cattedre del sostegno;
sono ormai necessari interventi sostanziali che permettano lo svolgimento della didattica in presenza e in sicurezza per gli operatori della scuola e per studentesse e studenti con un approccio multidisciplinare alla risoluzione dei problemi, e progettualità in merito a innovazioni di natura organizzativa, culturale e didattica;
un'«Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova – ha evidenziato come le restrizioni imposte dalle misure governative abbiano determinato e determinino nei bambini e negli adolescenti disturbi di «componente somatica» come disturbi d'ansia e disturbi del sonno, difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni a distanza, con una significativa alterazione del ritmo del sonno;
da più parti, psichiatri, neuropsichiatri, psicologi, esperti dell'età evolutiva, stanno sottolineando come l'assenza di socialità provocata dalla sospensione della didattica in presenza stia determinando conseguenze gravi anche in termini di disagio psichico negli adolescenti e nei bambini. Secondo quanto dichiarato dal responsabile di neuropsichiatria dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma sono in rilevante crescita i disturbi mentali, in particolare i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo; nella stessa direzione vanno i dati diffusi dall'Ospedale pediatrico Meyer che evidenziano che i casi di anoressia e di autolesionismo, nella fascia di età 12-18, sono nei mesi di gennaio-febbraio 2021 quadruplicati rispetto ai mesi gennaio-febbraio 2020;
la Società italiana di neuropsicofarmacologia ha richiamato l'attenzione sull'aumento delle sindromi depressive derivanti dalla pandemia e sugli effetti sulla salute dei cittadini, con effetti distruttivi di natura economica, sociale, emotiva e culturale, delle misure adottate per contrastare il contagio al punto che si parla di sindemia per il potere moltiplicatore che la pandemia sta diffondendo anche su altri settori e su altre patologie;
secondo lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei paesi ricchi» condotto dal Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef, e reso pubblico a settembre 2020, «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;
le conseguenze della chiusura delle scuole e del ricorso alla didattica a distanza ricadono, oltre che sulle studentesse e sugli studenti, anche sui genitori-lavoratori, ivi compresi quelli appartenenti alle categorie professionali oggi considerate essenziali quali ad esempio le categorie del settore sanitario;
l'adozione della didattica a distanza si riflette fortemente, inoltre, sulle condizioni di lavoro delle madri lavoratrici con conseguenze sull'occupazione femminile, in quanto la donna è nella maggior parte dei casi il soggetto che si trova in condizioni lavorative di maggiore precarietà, con retribuzioni economiche inferiori e con la preminente funzione di cura di genitori anziani e figli piccoli e quindi più facilmente indotta a rimanere a casa con i figli;
la malattia generata dal contagio del Coronavirus può manifestarsi anche nei bambini e negli adolescenti, in particolare in quelli con un'età inferiore ai 12 anni, ma con sintomi meno gravi rispetto a quelli manifestati dagli adulti. Numerosi studi, infatti, indicano come caratteristica intrinseca di questa tipologia di virus, quella di una minore capacità di trasmissione dello stesso tra bambini, adolescenti e giovani, e da questi ultimi agli adulti, ragion per cui la scuola e i contesti formativi frequentati prevalentemente da giovani possono considerarsi tra i luoghi e gli spazi sociali più sicuri, nel rispetto continuo delle regole e dei protocolli sanitari previsti proprio dal Comitato tecnico scientifico;
secondo dati riportati dall'Unesco Paesi come Francia, Spagna, Austria, Svizzera, Belgio hanno deciso di mantenere le scuole aperte, sempre nel rispetto dei protocolli sanitari indicati dai diversi Stati, come l'utilizzo obbligatorio delle mascherine per alunni, docenti e per l'intero personale scolastico, il rispetto del distanziamento, aerazione, sanificazione e monitoraggio continuo attraverso l'utilizzo periodico di test per COVID-19 all'interno delle strutture scolastiche e formative; altri Paesi, come Germania e Regno Unito, hanno riaperto gli istituti scolastici gradualmente dopo periodi di lockdown totale, anche a causa della maggiore presenza delle diverse varianti del Coronavirus;
particolare attenzione merita la scelta del Governo francese di applicare un terzo lockdown generale mantenendo aperte le scuole. Alla base di tale decisione vi è l'utilizzo costante dei test salivari che vengono eseguiti negli istituti scolastici. Il tasso di infezioni rivela che in media è soltanto lo 0,5 per cento degli allievi che si contagia a scuola, circa 500 su 100 mila;
inoltre, secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità (Iss) diffusi il 30 dicembre 2020, solo il 2 per cento dei focolai avrebbe origine all'interno del contesto scolastico. Infatti, i tre luoghi a maggior rischio di contagio da Coronavirus risultano le abitazioni private, gli ambiti sanitari e quelli professionali-lavorativi;
l'European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) sottolinea come la scuola ricopra un ruolo fondamentale per la società e in particolar modo per la vita dei bambini: la chiusura delle scuole non risulta essere una misura di contrasto che possa incidere in modo significativo sul controllo della pandemia in corso e dovrebbe, inoltre, rappresentare l'ultima risorsa cui attingere nella strategia di contrasto e controllo della pandemia. Secondo gli studi e le analisi dell'Ecdc se fossero state adottate le misure adeguate al contenimento del contagio, le scuole avrebbero rappresentato luoghi a rischio come qualsiasi altro luogo pubblico, in quanto l'incidenza della trasmissibilità di COVID-19 nelle scuole sembra essere strettamente connessa ai livelli di trasmissione presenti nella comunità e non il contrario; l'apertura delle scuole non sembra, quindi, aver influito significativamente sulla maggiore diffusione del virus che ha condotto alle cosiddette seconda e terza ondata;
in particolare, un accreditato studio scientifico indica che l'indice RT in Italia non ha riportato variazioni con la riapertura o chiusura delle scuole e che gli insegnanti non sono a maggior rischio di contagio rispetto ad altre professioni;
secondo l'Istituto superiore di sanità (Iss), in Italia, si è stimato che la cosiddetta variante inglese del virus Sars-Cov-2 ha una trasmissibilità superiore del 37 per cento rispetto ai ceppi non varianti. I bambini, in particolare i più piccoli, sembrano essere meno suscettibili all'infezione da Sars-Cov-2 rispetto ai bambini più grandi e agli adulti, il che sembra verificarsi anche per la cosiddetta variante inglese, che manifesta un aumento cospicuo della trasmissibilità in tutte le fasce di età. Al momento non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino un aumento di sintomatologie, ricoveri o decessi dovuti alla circolazione della variante inglese, né che la stessa sia resistente ai vaccini tuttora in uso nel nostro Paese;
nonostante la diffusione delle nuove varianti, la cosiddetta terza ondata del contagio, non evidenzia una maggiore velocità di diffusione del virus rispetto alla seconda ondata, ma esattamente il contrario. Anche la portata del contagio è nettamente inferiore: il valore del picco d'incidenza – positivi su 7 giorni per 100 mila abitanti – della seconda ondata è stato di 412, mentre il valore di picco attuale è di 266, raggiunto il 17 marzo 2021;
secondo una recentissima e imponente ricerca italiana condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici, tra cui Sara Gandini dello Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, sulla base dei relativi dati raccolti si può affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle eventuali possibilità di contagio del virus. Lo studio è stato realizzato attraverso un'analisi incrociata dei dati del Ministero dell'istruzione con quelli delle Agenzie di tutela della salute e della Protezione civile su un campione di più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti. Il tasso di positività tra i ragazzi risulta inferiore all'1 per cento dei tamponi effettuati, percentuale che non influenza minimamente la curva pandemica. I giovani contagiano il 50 per cento in meno rispetto agli adulti, anche nel caso di variante inglese. I focolai da Sars-CoV-2 all'interno delle aule scolastiche sono molto rari e la frequenza nella trasmissione da studente a docente è statisticamente poco rilevante;
la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza indica, all'articolo 3, la necessità che tutte le decisioni relative a bambini e adolescenti devono considerare preminente l'interesse di detti soggetti e, all'articolo 28, prevede che gli Stati devono promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono,
impegna il Governo:
1) a intraprendere ogni possibile iniziativa finalizzata alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado per riprendere l'indispensabile attività didattica in presenza;
2) a definire, con il maggior livello di dettaglio possibile, le condizioni e gli indici che devono sussistere affinché debba procedersi alla temporanea chiusura di istituzioni scolastiche o singole classi;
3) a considerare prioritaria la riapertura delle scuole anche rispetto ad altre attività essenziali, anche in considerazione del minore rischio di contagio e dell'importanza educativa dell'istituzione scolastica per l'intera comunità;
4) ad adottare tutte le iniziative necessarie a garantire la continuità didattica, anche al fine di limitare i danni che il cambiamento del docente può determinare per le studentesse e gli studenti, già provati dal prolungamento dell'attività scolastica a distanza;
5) ad adoperarsi, in tutte le sedi, al fine di garantire la massima uniformità sul territorio nazionale delle decisioni relative all'apertura delle istituzioni scolastiche, ammettendo esclusivamente casi di chiusura adeguatamente motivati, di stretta necessità e promuovendo meccanismi di composizione degli interessi che, in un'ottica di leale collaborazione, assicurino il massimo sostegno e l'effettiva attuazione delle scelte nazionali nei contesti regionali;
6) ad adottare iniziative urgenti a tutela della sfera emotiva, psicologica e pedagogica, anche attraverso l'utilizzo di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi, a implementare presidi educativi e sociali di prossimità mediante l'istituzione negli istituti scolastici di ogni ordine e grado di sportelli di ascolto psicologico a sostegno dei bambini, degli studenti, dei lavoratori e delle famiglie nell'ambito del patto educativo scuola-genitori, che svolgano attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza con l'ausilio di personale specializzato e di guida verso eventuali servizi territoriali, a sostegno dell'intera comunità scolastica, studenti e studentesse, famiglie e personale scolastico;
7) ad adottare protocolli di prevenzione, protezione e controllo più frequenti, più rapidi e più rigidi affinché si possano riaprire in sicurezza le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, anche prevedendo l'attivazione presso le Asl di servizi mirati di prevenzione e controllo dell'infezione da Sars-Cov-2 nelle scuole e nei servizi educativi;
8) ad avviare, al fine di valutare con la massima trasparenza l'impatto della didattica a distanza e della didattica digitale sul livello degli apprendimenti degli studenti e sul benessere psico-fisico dei bambini e dei ragazzi, il monitoraggio qualitativo e quantitativo delle misure messe in atto dalle scuole per l'insegnamento mediante l'utilizzo di strumenti digitali in conseguenza delle misure di contenimento adottate per l'emergenza da Sars-Cov-2 da affidare all'Invalsi e all'Indire;
9) ad adottare, per l'anno 2021, iniziative per sviluppare il format di una scholé estiva con interventi volti a sviluppare azioni di welfare in coordinamento con i comuni e con il privato sociale, prevedendone l'apertura nei mesi estivi affinché accolga i bambini e i ragazzi interessati per l'intera giornata, assicurando tutti i presidi sanitari necessari per offrire alle famiglie e agli studenti, se lo vogliono e ne hanno bisogno, l'opportunità di un servizio qualificato sul piano educativo e didattico;
10) ad adottare iniziative per organizzare laboratori di approfondimento, recupero e sviluppo degli apprendimenti (Larsa) per permettere ai bambini e ai ragazzi di recuperare le eventuali lacune negli apprendimenti accumulate nel periodo di chiusura delle scuole;
11) a prevedere specifiche iniziative per le scuole dei piccoli e piccolissimi comuni e per le scuole delle aree interne e montane, che spesso organizzano le attività didattiche con le pluriclassi, con evidenti complessità di gestione della didattica mista;
12) a favorire campagne di adeguata informazione vaccinale, al fine di diffondere maggiore consapevolezza e sicurezza sanitaria tra docenti, studenti e famiglie, per tornare quanto prima ad un'attività sicura e costante e una vita equilibrata, sia da un punto di vista socio-psico-pedagogico che didattico-educativo.
(1-00453) «Aprea, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti, Spena, Vietina, Valentini».
(1° aprile 2021)
La Camera,
premesso che:
l'Italia è risultata in conseguenza della pandemia uno dei primi Paesi in Europa a chiudere le scuole con l'iniziale sospensione immediata di tutte le attività didattiche in presenza e risulta, ad oggi, il Paese europeo che ha tenuto le scuole chiuse per più tempo;
le conseguenze più profonde, sugli apprendimenti degli studenti, sul loro benessere psico-fisico e sulla loro alimentazione non sono ancora chiare, anche in mancanza di monitoraggi, e hanno certamente amplificato le disuguaglianze, aggravando la situazione di povertà educativa di tanti minori;
è apprezzabile la decisione del Governo di tenere aperte le scuole fino al primo anno della secondaria di primo grado in tutta Italia, a condizione che questa decisione non venga nei fatti rimessa in discussione dalle regioni, se non nei casi di assoluta necessità e urgenza previsti dalle nuove disposizioni; è necessario assicurare il massimo ritorno in presenza possibile anche per gli studenti di tutte le altre classi di ogni ordine e grado;
è necessario mettere le scuole nelle condizioni di poter continuare e integrare la loro offerta educativa, garantendo a studenti e alunni tutta l'attenzione e il sostegno necessari nei prossimi mesi, occasioni di apprendimento e di recupero di socialità nel corso dell'estate, e un regolare avvio del prossimo anno scolastico,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per garantire una riapertura in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado e per riprendere l'indispensabile attività didattica in presenza, anche prevedendo il ricorso sistematico a test rapidi attraverso protocolli e assistenza per i dirigenti scolastici e il personale scolastico, e fornendo innanzitutto le necessarie informazioni circa il contagio via aerosol negli ambienti chiusi, adottando linee guida per le scuole relative alla purificazione dell'aria e alla ventilazione e destinando le risorse necessarie per dotare tutti gli istituti scolastici di dispositivi adeguati ad attuare continui ricambi d'aria: nel breve periodo rilevatori CO2, purificatori e sanificatori d'aria, nel medio periodo, meccanismi di ventilazione e raffrescamento dell'aria all'interno delle scuole e adeguati spazi verdi all'esterno, nel quadro di un generale piano di ammodernamento e di politiche di efficientamento energetico delle strutture scolastiche;
2) a dare priorità, nel piano vaccinale, dopo gli anziani e le persone più fragili, a tutti gli studenti della fascia 16-25 anni;
3) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a raccogliere, attraverso le Asl, in maniera puntuale e regolare, e a rendere pubblici e aperti, i dati epidemiologici relativi alle scuole, per poter consentire ai ricercatori di analizzare e studiare al meglio l'evoluzione epidemiologica e ai decisori pubblici di prendere le decisioni più adeguate per coniugare sicurezza sanitaria e tutela del diritto all'istruzione;
4) ad adottare iniziative per garantire la ripresa di lezioni in presenza per tutti gli alunni e studenti figli di medici e altri operatori del settore sanitario, di docenti e del personale scolastico, come pure di tutti coloro che lavorano in filiere e servizi essenziali, come generi alimentari e di prima necessità o forze dell'ordine;
5) ad adottare iniziative urgenti a tutela della sfera emotiva e psicologica di studenti e docenti, anche attraverso la revisione dei protocolli in essere e l'utilizzo di ulteriori figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi all'interno degli istituti scolastici di ogni ordine e grado;
6) a svolgere una ricognizione capillare dell'impatto della chiusura delle mense scolastiche sulla povertà alimentare degli studenti, e ad adottare iniziative per prevedere nuovi investimenti e interventi volti a promuovere l'educazione alimentare e il cibo di qualità a scuola per bambini e ragazzi;
7) ad effettuare un monitoraggio capillare delle assenze degli studenti dalla scuola, e ad adottare iniziative di competenza per individuare, anche in collaborazione con gli enti locali e il terzo settore, gli studenti e i loro genitori, comprendendo le cause dell'allontanamento e intervenendo con urgenza a sostegno dei ragazzi con un piano di rientro personalizzato, condiviso con la scuola, da attuare rapidamente;
8) a garantire il reale e capillare svolgimento delle prove Invalsi in tutte le regioni, sfruttando ogni flessibilità necessaria anche grazie alla somministrazione computer-based, per disporre di dati attendibili per ogni scuola sulla qualità degli apprendimenti;
9) a intraprendere, dopo una ricognizione capillare scuola per scuola, in raccordo con regioni, province e comuni, così come con operatori pubblici e privati, ogni iniziativa utile per assicurare connessione veloce a tutti gli studenti e i docenti non oltre il 1° settembre 2021 e a dotare tutte le scuole di connettività in fibra ottica, così da trasformarle in centri educativi diffusi e agili per i giovani cittadini di tutto il Paese;
10) ad adottare iniziative per siglare protocolli dettagliati e stringenti con gli operatori che forniscono piattaforme per la didattica digitale, valutando anche le specificità dei diversi cicli scolastici, per permettere un'adeguata tutela dei dati dei minori e dei docenti;
11) a varare un piano di formazione obbligatoria e certificata per tutti i docenti, compresi i docenti con contratti a tempo determinato, sull'uso degli strumenti digitali e sulle nuove metodologie di insegnamento, sulla base di una ricognizione puntuale, scuola per scuola, della formazione già ricevuta, della didattica effettuata e dei fabbisogni, grazie anche all'individuazione di docenti che possano fungere, in ogni istituzione scolastica, da referenti;
12) a ripensare il meccanismo della parcellizzazione dei bandi e delle risorse assegnate a pioggia per la formazione dei docenti, e a rivedere i criteri per gli enti erogatori, fissando standard qualitativi in linea con le migliori prassi internazionali e aumentando così il reale impatto che la stessa formazione può avere;
13) ad accelerare la digitalizzazione del Ministero dell'istruzione, ricorrendo alla tecnologia blockchain per raccogliere e certificare i dati raccolti nelle banche dati, a partire da quelle relative ai docenti;
14) a varare un piano di «sburocratizzazione» delle scuole, compreso un procurement facilitato, oberate da mille piccoli adempimenti che assorbono il lavoro del personale scolastico, distraendolo dalla missione educativa, puntando ad una progressiva ma definitiva abolizione dell'uso della carta in tutte le pratiche scolastiche e ad intervenire per potenziare le segreterie amministrative delle scuole, anzitutto dal punto di vista della copertura stabile dei posti vacanti di direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga);
15) a prevedere la messa in ruolo di docenti già specializzati sul sostegno in tempo utile per l'avvio del prossimo anno scolastico, affinché gli alunni e gli studenti interessati possano contare sulla piena continuità e professionalità dei loro docenti;
16) in vista del regolare avvio del prossimo anno scolastico, a confermare tutti i supplenti annuali sui posti assegnati quest'anno, a condizione che siano ancora vacanti e che gli interessati abbiano il titolo di studio previsto per coprire il posto o, in alternativa, a prevedere un concorso con prove in itinere e finali, riservato per titoli e servizio e limitatamente ai posti realmente vacanti e disponibili e fino a copertura degli stessi, costruendo un percorso che preveda nel corso dell'anno scolastico formazione obbligatoria on the job e valutazione rispetto alla formazione ricevuta, e immissione definitiva in ruolo soggetta al superamento di verifiche alla fine dell'anno scolastico effettuate con il meccanismo degli assessment center, con prove di varia natura – comprese lezioni simulate, risoluzione di casi pratici, e prove finalizzate a valutare le competenze trasversali – svolte individualmente o in team con altri candidati, e valutate da commissioni composte da più professionalità, reclutate tra docenti universitari, esperti di pedagogia, psicologi;
17) a costituire un gruppo di lavoro per arrivare entro 90 giorni a definire nuove modalità concorsuali e proposte relative agli esoneri e ai ridottissimi compensi per i commissari, da applicare ai prossimi concorsi;
18) ad adottare iniziative di competenza volte ad incentivare e facilitare, in vista della prossima estate, patti educativi di comunità con il sostegno del terzo settore, del privato sociale e dell'ecosistema imprenditoriale, che aiutino alunni e studenti con il recupero di socialità e occasioni di apprendimento sotto forma di esperienza, grazie anche alla possibilità di usare parchi, parchi archeologici, campi sportivi, cortili delle scuole e altri spazi pubblici consoni per organizzare campi estivi, avvalendosi anche dell'offerta culturale e didattica già esistente presso musei e centri culturali, assistendo nel percorso di messa a disposizione di tali spazi e chiarendo le competenze in materia di sicurezza attraverso protocolli tra il Ministero dell'istruzione e la Conferenza Stato-regioni;
19) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere approcci alternativi alla didattica online per l'insegnamento dell'educazione civica ambientale, tramite la previsione dello svolgimento di lezioni presso orti botanici, riserve e oasi naturali, al fine di approfondire l'insegnamento mediante l'esperienza diretta con il territorio, e garantire al tempo stesso attività all'aperto nel rispetto delle misure cautelative, tali da concedere occasioni di ricreazione e socialità agli studenti, a porre inoltre l'educazione alla sostenibilità al centro dei lavori della riunione dei Ministri dell'istruzione dei Paesi del G20 che si terrà il 22-23 giugno a Catania;
20) ad elaborare un censimento del patrimonio edilizio scolastico esistente ormai dismesso e abbandonato da cui trarre una mappatura completa dei plessi inutilizzati, prevedendone il recupero, la rigenerazione e il riutilizzo.
(1-00454) «Fusacchia, Fioramonti, Muroni, Cecconi, Lombardo, Schullian».
(6 aprile 2021)
La Camera,
premesso che:
la scuola è dall'inizio di questa pandemia al centro del dibattito politico. In particolar modo, la sospensione della didattica in presenza per lunghi periodi ha fatto capire quanto la scuola in presenza sia indispensabile per la crescita culturale e umana dei bambini e dei ragazzi;
purtroppo, i Governi succedutisi in questa fase sono stati incapaci di proporre interventi rapidi e risolutivi e sono mancati messaggi forti e chiari a genitori, studenti e docenti sul futuro dell'anno scolastico;
le scuole sono state di nuovo chiuse, creando disagi e le legittime proteste di studenti, genitori e docenti in tutta Italia;
a differenza dell'Italia, in Europa si riscontra che sono state mantenute le scuole aperte: un esempio su tutti quello della Francia che ha deciso di tenere aperte le scuole anche in pieno lockdown;
da un recente studio, apparso sul Corriere della Sera, che incrocia le cifre del Ministero dell'istruzione, di aziende sanitarie e della Protezione civile, emerge che il tasso di positività tra i ragazzi è inferiore all'1 per cento dei tamponi; inoltre, la ricerca condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici sui dati di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti, fino a coprire un campione iniziale pari al 97 per cento delle scuole italiane, mostra che stare in classe non determina la salita della curva della pandemia. Nello specifico, si evidenzia che in Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo che negli altri Paesi europei, non c'è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza;
pertanto, le conclusioni dell'analisi sono che «Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio»;
i numeri mostrano con tutta evidenza che l'impennata dell'epidemia, osservata tra ottobre e novembre 2020, non può essere imputata all'apertura delle scuole, ad esempio la loro chiusura totale o parziale, in Lombardia e Campania, non ha influito minimamente sugli indici Kd e Rt.;
i focolai da Sars-CoV-2 che avvengono in classe sono sotto il 7 per cento e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante;
da autorevoli studi si evince poi che il contagio tra bambini e adolescenti provoca sintomi meno gravi rispetto agli adulti, oltre ad avere una minore capacità di trasmissione;
da questa indagine quindi non risulterebbero delle evidenze scientifiche in merito ai vantaggi della chiusura delle scuole per contenere il contagio;
pertanto, si ritiene che le scuole debbano essere riaperte al più presto, con tutte le necessarie precauzioni: si è di fronte ad una vera e propria emergenza educativa ed ogni giorno che gli studenti passano lontano da scuola è un giorno che contribuisce ad aggravare la loro condizione sia da un punto di vista didattico, che psicologico;
sconcerta l'assenza di investimenti nella sicurezza delle scuole, quando si è scelto di dare la priorità all'acquisto dei banchi a rotelle, per lo più rimasti inutilizzati;
per contro, sarebbe invece opportuno oltre che urgente:
reperire nuovi spazi, allestire in emergenza anche tecnostrutture, raccordarsi con gli enti locali; stringere patti educativi con le scuole paritarie per coinvolgere istituti che fanno parte del sistema pubblico dell'istruzione; potenziare il sistema di tracciamento attraverso un più forte raccordo con il territorio; avere la possibilità di utilizzare i tamponi rapidi per individuare celermente eventuali positivi riducendo in questo modo i tempi di quarantena, installare sistemi di aerazione, come già è avvenuto nelle Marche, concludere celermente la vaccinazione al personale scolastico; prevedere l'istituzione di un'infermeria al servizio di plessi di istituti vicini tra loro;
la necessità di tornare ad effettuare scuola in presenza dipende dal fatto che ormai è acclarato che la didattica a distanza (Dad) è uno strumento utile nelle emergenze, ma non può essere in alcun modo sostitutivo della didattica in presenza. Inoltre, è davvero problematico per i genitori che lavorano dover seguire i bambini nelle lezioni da remoto; alcuni sono essi stessi insegnanti e, mentre devono fare lezione ai loro alunni, hanno anche il compito di seguire i loro figli; a subire le maggiori conseguenze sono le donne costrette in molti casi a dover abbandonare il loro posto di lavoro;
la Dad genera disuguaglianza sociale: aumenta le differenze tra chi ha disponibilità economiche e chi no, tra chi ha genitori in grado di seguire la preparazione dei figli e chi no, tra chi ha collegamenti di rete efficaci e chi no, tra chi ha disponibilità di computer per ogni figlio e chi no. Inoltre, dopo quasi un anno di Dad, sono emersi anche problemi di salute per gli studenti dovuti alla loro lontananza dalla scuola, si tratta di disturbi alimentari e anche di episodi di autolesionismo, questi episodi sono aumentati del 30 per cento; in ogni caso esiste tra bambini e ragazzi uno stato depressivo sempre più diffuso;
è emerso che non è la scuola il luogo dove ci si contagia ma che il maggior pericolo di contagio è sui mezzi pubblici di trasporto e nei luoghi fuori dalla scuola, dove i giovani si assembrano spesso senza mascherina;
è importante per i motivi che si sono fino a qui elencati che le scuole riaprano in sicurezza,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative volte a riaprire le scuole di ogni ordine e grado in sicurezza, ristabilendo la didattica in presenza;
2) ad adottare iniziative di competenza volte ad incentivare i Patti educativi con le scuole pubbliche paritarie, in modo che gli enti locali competenti possano reperire spazi aggiuntivi laddove se ne ravveda la necessità;
3) ad individuare nuovi spazi in modo da ridurre il numero di alunni per classe, scongiurando la costituzione di «classi pollaio», se necessario provvedendo ad installare tecnostrutture;
4) ad adottare iniziative di competenza per attivare sistemi di aerazione, sul modello Marche, con fondi di intervento da destinare alle singole istituzioni scolastiche;
5) ad adottare iniziative di competenza volte ad istituire un presidio medico e/o un'infermeria nelle scuole che possa essere utilizzata anche da istituti scolastici vicini e che preveda anche la presenza della figura dello psicologo;
6) a potenziare il sistema di tracciamento in ambito scolastico, attraverso un maggior raccordo con il territorio;
7) ad attivare protocolli di prevenzione e controllo che prevedono tra l'altro l'utilizzo di tamponi veloci in modo da ridurre i tempi della quarantena;
8) ad adottare iniziative di competenza volte a completare la vaccinazione del personale scolastico;
9) a garantire, per quanto di competenza, che venga assicurata il più possibile l'uniformità delle decisioni prese sul territorio nazionale, nel rispetto delle competenze regionali in materia.
(1-00455) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».
(6 aprile 2021)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
TOCCALINI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
sono oramai statisticamente registrati i risvolti socio-psicologici che l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le misure di contenimento ad essa correlate, quali lockdown e didattica a distanza, hanno avuto su giovani ed adolescenti;
la frustrazione da pandemia, la dispersione scolastica, l'impossibilità di praticare sport, l'iperconnessione e l'oggettiva impossibilità di poter socializzare in presenza, infatti, stanno portando le giovani generazioni ad una deriva difficilmente risolvibile con la fine della pandemia;
un primo segnale è stato l'escalation di risse tra ragazzini; basti ricordare le recenti maxi risse con centinaia di adolescenti al Pincio di Roma, alle spalle di Rialto a Venezia, a Gallarate nel varesotto, a Modena: ragazzini di buona famiglia, spesso poco più che bambini, che sfogano insoddisfazione e apatia in piazza, dopo essersi dato appuntamento via web e dopo aver parteggiato – probabilmente – ad una prima lite tra due o più persone tramite chat Whatsapp, Instagram, TikTok e altre;
un altro fenomeno altrettanto preoccupante è l'aumento del consumo di droga ed alcool: il mancato controllo della scuola sui comportamenti ha spinto i già tossicomani ad aumentarne l'uso, mentre l'isolamento e la privazione dei contatti sociali ha indotto molti altri giovani a cercare soddisfazione negli stupefacenti;
tra gli adolescenti si sono diffuse soprattutto le droghe sintetiche come gli acidi, che si possono ordinare facilmente grazie a social e internet;
anche le modalità di spaccio sono cambiate: una rete capillare di telefonate, WhatsApp, social network e dark web che termina con la consegna a domicilio –:
se ed in che termini il Ministro interrogato intenda porre rimedio a quello che appare agli interroganti un approccio oggettivamente errato del Governo precedentemente in carica alla «gestione» degli adolescenti nel periodo emergenziale da COVID-19 e quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare i fenomeni di cui in premessa.
(3-02163)
(6 aprile 2021)
UNGARO, MARCO DI MAIO, FREGOLENT, D'ALESSANDRO, LIBRANDI, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro per le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza presentata dal Governo non esiste una missione dedicata specificatamente ai giovani, in contrasto con le linee guida emanate dalla Commissione europea; mantenere le misure per i giovani nel Piano nazionale di ripresa e resilienza come una priorità trasversale potrebbe complicare il monitoraggio, la valutazione e la quantificazione dei progetti e, quindi, pregiudicare l'allocazione effettiva dei fondi;
secondo gli ultimi dati Istat riferiti al quarto trimestre del 2020, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia 15-24 anni, si attesta al 31 per cento – nel giugno 2020 si attestava al 24,7 per cento – mentre i neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni sono 2.066.000, ovvero il 23 per cento del totale dei giovani della stessa età, donne per oltre la metà dei casi. Secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il Paese con il più alto numero di neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media dell'Unione europea del 16,4 per cento;
la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e pertanto è compito del Governo farvi fronte, valutando l'attuazione di un piano straordinario di attivazione rivolto ai giovani inattivi che preveda il pieno finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. Un esempio virtuoso è dato dal Kickstart scheme nel Regno Unito che prevede per i giovani neet, o comunque giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, la possibilità di svolgere un periodo di lavoro e formazione, presso le imprese, con contestuale erogazione di un ristoro economico. I giovani lavoratori sono selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze, mentre il compenso per l'attività prestata sarebbe interamente a carico dello Stato;
attualmente il programma «Garanzia giovani» copre al massimo il 60 per cento del costo del lavoro dei giovani beneficiari e prevede il coinvolgimento di diversi attori e soggetti a bando di gara, una frammentazione che ostacola la celerità necessaria per fare fronte all'emergenza giovanile descritta nella premessa –:
se il Ministro interrogato non intenda mettere in campo assieme alle regioni un piano nazionale di emergenza per l'attivazione di giovani inattivi, mediante il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese completamente a carico dello Stato attraverso procedure semplici e dirette analoghe a quelle intraprese da altri Paesi europei.
(3-02164)
(6 aprile 2021)
LOMBARDO, MURONI, FUSACCHIA, CECCONI e FIORAMONTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
in seguito alla verifica amministrativo-contabile svolta dal Ministero dell'economia e delle finanze nei confronti di Agea dal 28 gennaio al 27 febbraio 2020 sono emerse molteplici rettifiche finanziarie che la Commissione europea ha applicato all'Italia nel periodo 2012-2019, relativamente alla gestione del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il cui totale ammonta nel periodo considerato a 1.127.741.059,35 euro;
le motivazioni più frequenti delle rettifiche sono: controlli inadeguati o insufficienti, inosservanza dei termini dei pagamenti, controlli in loco tardivi o carenti, carenze ricorrenti nei controlli amministrativi, contabili e fisici, negligenza nel procedimento di recupero;
in otto casi l'Agea ha proposto ricorso, negli altri l'Avvocatura generale dello Stato ha sconsigliato la proposizione del ricorso. Sette ricorsi sono stati respinti dalla Corte di giustizia;
le conseguenze finanziarie negative per il bilancio dello Stato derivano principalmente da rettifiche finanziarie applicate dalla Commissione europea, poiché le rettifiche sono sempre a carico del bilancio;
l'entità delle risorse finanziarie coinvolte dalle rettifiche e dai mancati recuperi che sono a carico del bilancio è tale da meritare ogni possibile sforzo per ridurre l'incidenza di tali fenomeni. Da rimarcare che, mentre la competenza sui recuperi è in carico alle singole organizzazioni di produttori (regionali), le conseguenze finanziarie restano a carico del bilancio statale, senza alcun aggravio per le singole organizzazioni di produttori;
lo stesso dicasi per alcune rettifiche. La maggior parte di queste risultano essere forfettarie piuttosto che puntuali. Le rettifiche forfettarie vengono applicate generalmente nel caso di carenze dei sistemi di gestione e controllo, che non rendono possibile, se non con uno sforzo sproporzionato, l'individuazione puntuale degli importi. Quindi, anche le carenze nel sistema di gestione dei pagamenti, di recupero o nei controlli di ciascuna organizzazione di produttori, in conseguenza delle quali vengono applicate rettifiche finanziarie, hanno l'effetto di incidere negativamente sul bilancio statale, senza alcuna conseguenza per le singole organizzazioni di produttori;
non può non rilevarsi che, oltre al potenziale effetto deresponsabilizzante per le organizzazioni di produttori di un tale sistema, si dovrebbe operare su un duplice fronte: innanzitutto ridurre al minimo le rettifiche derivanti dalle carenze del sistema dei controlli, che sono la maggior parte delle rettifiche applicate, dall'altro cercare di rendere effettivi gli strumenti per un sistema che, all'interno dei rapporti tra Stato e regioni, ripartisca le conseguenze finanziarie delle rettifiche e dei mancati recuperi corrispondentemente alle responsabilità dei vari soggetti interessati –:
quali iniziative di tipo organizzativo e regolatorio intenda adottare affinché non si ripeta quanto in premessa.
(3-02165)
(6 aprile 2021)
INCERTI, AVOSSA, CENNI, CRITELLI, CAPPELLANI, FRAILIS, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
da tempo si discute dell'applicazione sul territorio europeo del cosiddetto Nutriscore: un sistema, mutuato dalla Francia, che fornisce informazioni su un prodotto alimentare relativamente alle sue proprietà nutrizionali;
il sistema si basa sulle tabelle nutrizionali della Food standards Agency e, a parere dei suoi ideatori, permette al consumatore di valutare e confrontare tra loro prodotti simili grazie ad una scala di colori (dal verde al rosso) e di voti (dalla A alla E) in base alla presenza percentuale negli alimenti di 4 macroingredienti: grassi, grassi saturi, zuccheri e sali di sodio;
l'algoritmo Nutriscore viene criticato da diversi Governi, gruppi industriali, dall'associazione degli agricoltori europei e da numerosi nutrizionisti perché semplifica le informazioni nutrizionali, confondendo i consumatori, anziché orientarli nella scelta dei prodotti. Secondo questa etichettatura alcuni prodotti agroalimentari nazionali sarebbero da semaforo rosso, ovvero non salutari perché contengono sale, zuccheri e grassi in percentuale superiore a quella stabilita dalle tabelle di riferimento;
il nostro Paese si è battuto a Bruxelles per promuovere un sistema normativo basato solo su rigorosi pareri scientifici, per garantire ai consumatori le informazioni più dettagliate e di facile comprensione sugli alimenti. Tutto questo senza che venga mai pregiudicata la competitività del sistema agricolo europeo o siano danneggiate le filiere di qualità;
occorre continuare a sostenere questa posizione in Europa, lavorando a stretto contatto col mondo della scienza e della ricerca per raggiungere un largo consenso sulla proposta del «sistema a batteria» italiano;
il 12 febbraio 2021 le autorità competenti di 7 Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera) hanno annunciato l'avvio di un meccanismo di coordinamento internazionale, per facilitare il ricorso all'etichettatura nutrizionale Nutriscore, avvalendosi di una cabina di regia e di un comitato scientifico;
il 22 marzo 2020 il Ministro interrogato, durante un incontro a Bruxelles con il Commissario europeo all'agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha ribadito la netta contrarietà del nostro Paese al tema del Nutriscore –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, sentite le diverse realtà italiane rappresentative del settore agroalimentare, intraprendere, nell'ambito del dibattito sull'armonizzazione del sistema di etichettatura degli alimenti a livello europeo, tutte le iniziative di competenza atte a scongiurare in maniera definitiva le ingiuste discriminazioni a danno di prodotti d'eccellenza del made in Italy agroalimentare che il sistema del Nutriscore opererebbe.
(3-02166)
(6 aprile 2021)
PASTORINO e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
la rete autostradale ligure, in gran parte costituita da gallerie e viadotti antecedenti alle disposizioni che regolamentano i moderni standard e per decenni priva di manutenzione, fornisce all'utenza limitate capacità prestazionali e di sicurezza;
nonostante ciò, i lavori di messa in sicurezza e ammodernamento procedono con lentezza determinando una disastrosa situazione della viabilità, non solo interna ma anche sulla A26 da e verso il Piemonte, con quotidiane code e pericolosissimi restringimenti e scambi di carreggiata, che non di rado sono causa di incidenti. Vi è grande incertezza sul procedere degli interventi e i cantieri altamente impattanti sono ormai integrati nel sistema stradale e autostradale ligure;
ci sono anche specifiche situazioni che chiedono urgente risoluzione. Le 29 famiglie residenti sotto il viadotto Bisagno dell'A12 domandano da anni di essere trasferite, temendo per la loro incolumità a causa dello stato di degrado del viadotto sovrastante. Il montaggio dei ponteggi per il restauro della superficie dell'intero viadotto, annunciato nel 2019, si è limitato ai ponteggi sui primi tre piloni, che, però, perdono pezzi, che vanno ad aggiungersi alla caduta di detriti e calcinacci dei piloni sottostanti. Il culmine si è toccato con la caduta dall'altezza di circa 75 metri di pesanti passerelle di ferro sull'abitato sottostante;
inoltre, si attendono ancora i lavori per la messa in sicurezza della frana di Gnocchetto, sulla ex 456 del Turchino, che dopo l'alluvione del 2019 da oltre 17 mesi tiene in scacco la Valle Stura, bloccandone la via ordinaria verso il Piemonte e vessando gli abitanti della valle, impossibilitati a spostarsi in sicurezza se non con l'A26, dunque a pedaggio tra Masone e Ovada;
infine, permane la situazione di disagio in Valle Scrivia dovuta al crollo sulla strada statale 35 «dei Giovi», i cui lavori di ripristino del tratto franato non sono ancora terminati e gli abitanti, impossibilitati nella viabilità ordinaria, sono costretti a usare l'A7 dove, nonostante le richieste di esenzione avanzate dalle comunità locali e dalla stessa regione Liguria, si continua a pagare il pedaggio nel tratto Ronco Scrivia-Busalla –:
quale sia lo stato di avanzamento dei lavori relativi alla viabilità ligure, con specifico riferimento al nodo autostradale e all'interconnessione con il Piemonte, nonché alle sopra esposte situazioni di disagio del viadotto Bisagno e delle Valli Stura e Scrivia, e se per queste ultime siano previste temporanee esenzioni dei pedaggi relativi alle tratte Masone-Ovada e Ronco Scrivia-Busalla.
(3-02167)
(6 aprile 2021)
LUCIANO CANTONE, SCAGLIUSI, BARBUTO, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, SERRITELLA e TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
il 9 ottobre 2020 è stato firmato il decreto di costituzione della newco per il trasporto aereo, Italia trasporto aereo spa (Ita): con 3 miliardi di euro di risorse pubbliche per il piano industriale, Ita ambisce a porre le basi per il rilancio settore aereo italiano al fine di costituire un vettore di qualità capace di competere sul mercato internazionale;
se ai 3 miliardi di euro menzionati si aggiungono 1,3 miliardi di euro che il Governo ha speso, a vario titolo, al fine di garantire la continuità del servizio alla compagnia di bandiera, il totale delle somme impegnate è pari a 4,3 miliardi di euro;
il fallimento di Alitalia è oggi reso più drammatico dal dialogo aperto tra i Ministri Franco, Giorgetti e Giovannini, con la Commissaria dell'Unione europea alla concorrenza, Vestager;
secondo i dati che Alitalia ha predisposto per Enac e per il Ministero dello sviluppo economico, nel 2020 i ricavi si sono ridotti dai 3.141 milioni di euro del 2019 a 829 milioni di euro. La perdita netta calcolata da Alitalia è –484 milioni di euro (ma salirebbe a –756 milioni di euro senza ristori COVID), rispetto ai –619 milioni di euro del 2019. Le grandi compagnie europee hanno chiuso i bilanci 2020 con perdite che vanno dai –6,7 miliardi di euro del gruppo Lufthansa ai –6,9 miliardi di euro di Iag, ai –7,08 miliardi di euro di Air France-Klm. Ma fino al 2019 tutte le altre facevano profitti, mentre Alitalia era già in profonda crisi;
il mandato del Governo deve porsi l'obiettivo di negoziare con l'Unione europea un piano per la newco Ita di modo che la stessa esprima davvero un rilancio della compagnia di bandiera Alitalia, godendo di una dimensione che non la renda incapace di reggere sul mercato;
se il contrasto maggiore con l'Unione europea concerne il dimezzamento degli slot che Alitalia ha a Linate, mentre annunciano nuovi voli da Linate le concorrenti EasyJet e la ultra low cost spagnola Volotea, il piano per Ita deve necessariamente essere affinato per raggiungere l'obiettivo, in quanto, ad oggi, la newco prevede una mini-compagnia con solo 45 aerei (solo 4 per il lungo raggio) e meno di 4 mila dipendenti, senza attività di manutenzione e handling –:
quali iniziative di competenza intenda adottare, anche nella trattativa in sede europea, al fine di salvaguardare il settore trasporti, la mobilità dei cittadini e una leva essenziale per l'economia del nostro Paese.
(3-02168)
(6 aprile 2021)
LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DE TOMA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
è di poche ore fa la notizia che sulle linee di trasporto pubblico a Roma, Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone, Varese e Grosseto sono state trovate tracce di virus sulle superfici di bus e treni;
nei giorni scorsi, infatti, i carabinieri dei Nas, di concerto con il Ministero della salute, hanno attivato una campagna di controlli per rilevare quanto le misure di contenimento del virus sui mezzi pubblici nazionali siano efficaci; su 756 tamponi di superficie effettuati su mezzi di trasporto e stazioni, sono stati rilevati 32 casi di positività sul materiale genetico prelevato;
le analisi hanno determinato che è esistito un «transito e il contatto di individui infetti a bordo del mezzo, determinando la permanenza di una traccia virale», osserva il Nas, anche se questa non è «indice di effettiva capacità di virulenza o vitalità» del virus;
non ci sono evidenze scientifiche in merito al fatto che ci si possa o no contagiare sui mezzi pubblici e alcuni esponenti del Comitato tecnico-scientifico, a fine 2020, si erano pronunciati, dicendo che non ci sono focolai riconducibili a questo tipo di spostamenti;
è ovvio però che se i mezzi pubblici sono affollati e nessuno vigila sugli obblighi di legge per il contenimento dei contagi – e purtroppo questo è un dato di fatto che si rileva ogni giorno, soprattutto negli orari di punta – le probabilità di contagio aumentino a dismisura, rendendoli insicuri per tutti;
a Roma, i passeggeri hanno redatto delle liste delle linee più affollate fin dal capolinea, con il risultato che non si viaggia al 50 per cento o al 75 per cento della capienza, ma molto oltre i limiti consentiti;
si parla, inoltre, delle scuole come possibili focolai, ma in realtà il problema non è la permanenza dentro l'edificio in sé, quanto il mezzo di trasporto affollato utilizzato dagli studenti per recarvisi;
si rivela inoltre che, invece di potenziare i trasporti, si continua a procedere nella chiusura delle aziende, arrecando ingenti danni alla già debole economia italiana;
aumentare le corse, vigilare sul rispetto degli obblighi di distanziamento e tenuta dei dispositivi di protezione individuale, coinvolgere più possibile con accordi e convenzioni ad hoc le società private – affinché possano effettuare le stesse tratte dei mezzi pubblici – diminuirebbe di certo il rischio di contagio –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire, attraverso un'efficace programmazione del sistema dei trasporti pubblici, il rispetto delle misure anti-COVID previste.
(3-02169)
(6 aprile 2021)
PRESTIGIACOMO, OCCHIUTO, VALENTINI, SIRACUSANO, BARTOLOZZI, CANNIZZARO, TORROMINO e MARIA TRIPODI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
lo sviluppo delle infrastrutture è fondamentale per la crescita e la competitività del Paese. Come ricorda anche la proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, trasmessa dal Governo il 15 gennaio 2021, in Italia degli ultimi dieci anni vi è stato un disinvestimento complessivo nella spesa infrastrutturale, con il conseguente aumento del divario di dotazione infrastrutturale tra l'Italia e gli altri grandi Paesi europei, nonché tra il Nord e il Sud del nostro Paese;
in questo ambito il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenterebbe un tassello significativo non solo per il Mezzogiorno, ma per l'intero Paese;
si ricorda che per la realizzazione del Ponte sullo Stretto esiste già un progetto definitivo, cantierabile, in grado di mobilitare un quantitativo enorme di risorse e di creare migliaia di posti di lavoro; oltre ad avere un impatto positivo dal punto di vista eco-sostenibile: verrebbero, infatti, ridotte dell'80 per cento le emissioni di anidride carbonica di navi traghetto e aerei, offrendo come modalità primaria di trasporto l'alta velocità ferroviaria, che non sarebbe realizzabile senza il necessario collegamento tra le due sponde dello Stretto;
anche in riferimento alla tempistica stringente richiesta dal Recovery plan, per il quale le somme devono essere spese entro il 2026, se c'è una reale ed effettiva volontà, non è affatto preclusa la realizzazione del Ponte sullo Stretto;
la Conferenza delle regioni, nell'approvare all'unanimità il 7 ottobre 2020 il documento sul Recovery fund, ha espressamente indicato tra le opere strategiche prioritarie il Ponte sullo Stretto di Messina;
il Ministro del precedente Governo, Paola De Micheli, aveva istituito a settembre 2020 una commissione ministeriale con il compito di esaminare le proposte progettuali volte al rafforzamento dei collegamenti tra la Calabria e la Sicilia. La commissione avrebbe dovuto terminare i suoi lavori entro il 30 ottobre 2020;
ad oggi la commissione non ha reso note le conclusioni dei suoi lavori;
la stessa relazione della V Commissione sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvata a seguito della votazione della risoluzione di maggioranza il 31 marzo 2021, riporta il parere della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni che ha chiesto espressamente che lo studio della commissione ministeriale «sia trasmesso subito al Parlamento ai fini dell'approvazione del parere» –:
se vi sia la reale volontà del Governo di procedere alla realizzazione del Ponte quale unico possibile collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia, in quanto, rispetto all'ipotesi del tunnel scartata tecnicamente a suo tempo, progetto definitivo e cantierabile e in grado di beneficiare di quota delle risorse del Recovery fund.
(3-02170)
(6 aprile 2021)