Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Modifiche al codice penale in materia di istigazione alla violenza, all'autolesionismo e al suicidio
Riferimenti: AC N.3409/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 588
Data: 12/07/2022
Organi della Camera: II Giustizia


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Modifiche al codice penale in materia di istigazione alla violenza, all'autolesionismo e al suicidio

12 luglio 2022
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La proposta di legge in esame, approvata dal Senato nella seduta del 14 dicembre 2021, prevede l'introduzione nel codice penale di un nuovo reato, rubricato "Istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori" (art. 414-ter), ed apporta alcune ulteriori modifiche al codice penale, conseguenti alla suddetta introduzione. 

Il provvedimento, che si compone di 5 articoli, introduce inoltre un'aggravante al delitto di istigazione al suicidio (art. 580) se il fatto è commesso mediante strumenti informatici o telematici; dispone alcuni obblighi in capo ai titolari del trattamento e ai gestori di piattaforme digitali, prevedendo infine la punibilità delle suddette fattispecie anche se commesse all'estero da cittadini italiani o stranieri (art. 7).

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LArt. 1: reato di istigazione alla violenza o all'autolesionismo (414-ter c.p.)'articolo 1 introduce nel codice penale il nuovo articolo 414-ter, che reca il reato di istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori. Fatta salva la possibilità che il fatto costituisca un più grave reato, il nuovo reato comprende due distinte fattispecie:

  • l'istigazione alla commissione di atti di violenza o di autolesionismo in danno di minori, come indicato nella rubrica dell'articolo, 
  • l'apologia di tali atti.

Si tratta di condotte che possono essere commesse direttamente ovvero attraverso l'utilizzo di strumenti informatici, telematici o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione.

Entrambe le fattispecie soggiacciono alla medesime pene, ovvero:

  • reclusione da 1 a 5 anni;
  • reclusione da 5 a 12 anni nel caso in cui l'atto di violenza o di autolesionismo da parte di minorenni si verifichi.

Ai sensi del secondo comma dell'art. 414-ter, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni anche chi, pur non essendo l'autore dell'istigazione o dell'apologia, la diffonde in maniera intenzionale o ne agevola in qualunque modo la diffusione.

Si valuti l'opportunità di chiarire l'ambito di applicazione della disposizione, precisando cosa si intenda per "atti di violenza". Si rileva inoltre che la rubrica dell'art. 414-ter (istigazione alla violenza (...) in danno di minori) non sembra corrispondere esattamente con la fattispecie descritta nell'articolo ("commissione di atti di violenza (...) da parte di minorenni"). 

In mancanza di una definizione precisa degli "atti di violenza", si valuti peraltro l'opportunità di coordinare la nuova disposizione con quanto previsto dall'articolo 580 c.p. con riguardo all'ipotesi del tentativo di suicidio da cui derivi una lesione grave o gravissima (v. infra).

Il nuovo reato di cui all'art. 414- ter, secondo quanto riportato nella relazione della 2ª Commissione all'Assemblea del Senato, "si pone in rapporto di specialità rispetto al reato di istigazione a delinquere previsto dall'art. 414 del codice penale", del quale peraltro ricalca sostanzialmente la struttura (anche l'art. 414 c.p. punisce le due diverse ipotesi di istigazione e di apologia) e la pena (reclusione da 1 a 5 anni). I due reati si differenziano invece per quanto riguarda la commissione del fatto attraverso l' uso di strumenti informatici o telematici, che rappresenta un elemento costitutivo del nuovo reato di cui all'art. 414- ter, mentre costituisce un'autonoma circostanza aggravante, che comporta un aumento di pena non quantificato, nel caso del reato di istigazione a delinquere di cui all'art. 414 (l'aumento è invece fino a due terzi della pena se il fatto commesso attraverso strumenti informatici o telematici riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità, per i quali la pena di base è già aumentata della metà).
Il reato di cui all'art. 414 è stato oggetto in passato di una pronuncia della Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di precisare che la norma de qua non comprime la libertà di manifestazione del pensiero, essendo preposta soltanto alla repressione di quelle attività che si rivelano concretamente idonee a provocare la commissione dei delitti (sent. n. 65 del 1970). Sulla stessa linea, la giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione qualifica il reato ex art. 414 come reato di pericolo concreto e non presunto che richiede per la sua configurazione un comportamento ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio " ex ante", a provocare la commissione di delitti (Cass. pen. Sez. V Sent., 12/09/2019, n. 48247; sulla qualificazione come reato di pericolo concreto e non presunto v. anche Cass. pen. Sez. I, 05/06/2001, n. 26907). Tale impostazione è stata recentemente ribadita anche con riguardo al delitto di cui all'art. 414- bis (Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia), che la stessa Corte afferma integrare un'ipotesi speciale di istigazione a delinquere e pertanto la materialità della condotta non può essere diversa per le due fattispecie (Cass. pen. Sez. III, 04/05/2021, n. 23943).
Relativamente alla condotta dell'apologia diretta alla commissione di atti di autolesionismo si valuti l'opportunità di coordinarne il quadro sanzionatorio con quanto stabilito dagli articoli 414 e 414-bis del codice penale in relazione alle condotte di apologia punite in ciascuna delle due disposizioni.  

LArt. 2: aggravante al reato di istigazione al suicidio (terzo comma art. 580 c.p.)'articolo 2 aggiunge un ulteriore comma (il terzo) all'articolo 580 del codice penale, il quale introduce una circostanza aggravante al delitto di istigazione al suicidio quando questa è commessa mediante strumenti informatici o telematici. Le pene sono in tal caso aumentate da un terzo alla metà.

L'art. 580 c.p. punisce la condotta di chiunque determini altri al suicidio, ne rafforzi il proposito di suicidio o ne agevoli in qualsiasi modo l'esecuzione. Le pene previste sono le seguenti:

  • se il suicidio avviene, reclusione da cinque a dodici anni;
  • se il suicidio non avviene, e sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima, la reclusione da uno a cinque anni.

Quanto alle circostanze del reato è opportuno rilevare che:

  • se la persona che è stata istigata è maggiore degli anni 14 ma minore degli anni 18, oppure si trova in stato di infermità mentale o in condizioni di deficienza psichica, il reato è aggravato, con pena aumentata fino a un terzo;
  • se la persona istigata è minore degli anni 14 o è incapace di intendere e di volere, si ricade nell'ipotesi di omicidio volontario (art. 575 c.p.).

Con specifico riguardo ai casi di contrasto alle forme di istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori, in particolare in relazione al fenomeno della c.d. Blue Whale Challenge, è intervenuta la Corte di Cassazione (Cass. pen. Sez. V, 23/11/2017, n. 57503), la quale ha sottolineato come il fenomeno possa configurare il reato di istigazione al suicidio «a condizione che la stessa (istigazione) venga accolta e il suicidio si verifichi o quantomeno il suicida, fallendo nel suo intento, si procuri una lesione grave o gravissima. L'ambito di tipicità disegnato del legislatore esclude, dunque, non solo la rilevanza penale dell'istigazione in quanto tale - contrariamente a quanto previsto in altre fattispecie, come ad esempio quelle previste dagli artt. 266, 302, 414, 414-bis o 415 c.p. - ma altresì dell'istigazione accolta cui non consegue la realizzazione di alcun tentativo di suicidio ed addirittura di quella seguita dall'esecuzione da parte della vittima del proposito suicida da cui derivino, però, solo delle lesioni lievi o lievissime. La soglia di rilevanza penale individuata dalla legge in corrispondenza della consumazione dell'evento meno grave impone quindi di escludere la punibilità del tentativo, dato che, per l'appunto, non è punibile neppure il più grave fatto dell'istigazione seguita da suicidio mancato da cui deriva una lesione lieve o lievissima".

In una diversa pronuncia, la Cassazione ha inoltre precisato che l'istigazione al suicidio costituisce reato commesso con violenza morale contro la persona, giacché l'istigazione rappresenta una forma subdola di coartazione della volontà, idonea a sopraffare - o comunque a condizionare - l'istinto di conservazione della persona (Cass. pen. Sez. V Sent., 17/09/2018, n. 48360).

Più recentemente, il Tribunale di Milano, Ufficio indagini preliminari, con decreto (di archiviazione) del G.I.P. del 21 marzo 2021, ha ritenuto non configurabile il reato di istigazione al suicidio nel caso della pubblicazione in internet di video finalizzati a mettere in guardia sulla pericolosità di talune video-sfide (cd. challenge), in quanto ha escluso che in tale condotta "possa individuarsi riprova dell'elemento soggettivo consistente nel dolo, anche solo generico, di far sorgere, rafforzare o agevolare il proposito suicidario nella indistinta platea degli utenti della rete internet, potenziali destinatari del video".

L'Art. 3: obblighi dei gestori di piattaforme digitaliarticolo 3 istituisce degli obblighi per i titolari del trattamento dei dati o per i gestori di piattaforme digitali, prevedendo la possibilità che venga loro presentata un'istanza per ottenere l'oscuramento, la rimozione o il blocco delle immagini, dei video o delle registrazioni audio, e per l'adozione di idonee misure tecniche volte a impedire l'identificazione diretta dell'offeso, facendo tuttavia salve le esigenze di conservazione dei dati a fini probatori.

Ai sensi del comma 1, tale istanza può essere inoltrata:

  • dal minore ultraquattordicenne, offeso da taluna delle condotte di istigazione o apologia previste dall'articolo 414-ter, poste in essere mediante strumenti informatici o telematici, o di istigazione al suicidio di cui all'art. 580, terzo comma, del codice penale;
  • dal genitore del minore offeso;
  • dal tutore o curatore del minore offeso.

Ai sensi del comma 2, il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale:

  • entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell'istanza di cui al comma 1, devono comunicare di avere assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto;
  • entro le quarantotto ore successive devono aver provveduto all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto.

In caso contrario, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale, l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvederà ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (UE) 2016/679 e degli articoli 143 e 144 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

L'art. 58 del regolamento (UE) 2016/679 (c.d. GDPR - General data protection regulation) disciplina i poteri di indagine, correttivi ed autorizzativi delle autorità di controllo incaricate di sorvegliare l'applicazione del medesimo regolamento. In base a tali poteri, il Garante per la protezione dei dati personali può agire a tutela dei diritti protetti dal regolamento; in particolare, gli articoli 143 e 144 del d.lgs. 196/2003 regolano, rispettivamente, la decisione del reclamo proposto al Garante e l'adozione di provvedimenti a seguito di segnalazione (ovvero anche d'ufficio).
La disposizione in commento, sotto alcuni profili, ricalca sostanzialmente quanto già previsto con riguardo alle condotte di cyberbullismo dall'articolo 2 della legge n. 71 del 2017, anche se quest'ultima disposizione fa riferimento ai titolari del trattamento e ai gestori del sito internet o del social media. E' opportuno ricordare che secondo l'art. 4. par. 1, n. 7 GDPR "titolare del trattamento ( data controller) è "la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali".

LArt. 4: punibilità delle condotte commesse all'estero'articolo 4 inserisce i delitti introdotti dagli articoli 1 (istigazione alla violenza o all'autolesionismo ai danni di minorenni) e 2 (istigazione, eccitazione o aiuto al suicidio mediante strumenti informatici o telematici) della proposta di legge in esame tra quelli per i quali l'art. 7 del codice penale consente la punizione secondo la legge italiana anche per le condotte commesse all'estero, tanto da cittadini italiani, quanto da cittadini stranieri, tra gli altri, per ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana (art. 7, n. 5 c.p.). 

Si noti che l'articolo 7 del codice penale non reca espressa menzione di singoli reati, quanto piuttosto di tipologie di reati individuati in via generale. Il n. 5, invece, contiene una norma di chiusura.

Il regime della punibilità incondizionata per i reati riconducibili  al n. 5 generalmente si fonda o sul principio di universalità (è l'ipotesi dei c.d. delicta juris gentium: genocidio, discriminazione razziale, dirottamento aereo, traffico di stupefacenti, ecc.), ovvero sul principio di difesa (ad es. aggiotaggio ex art. 501 c.p.) ovvero ancora su ragioni di opportunità (è il caso ad esempio dell'art. 22 Trattato tra l'Italia e la Santa Sede, in virtù del quale lo Stato italiano, su richiesta della Santa Sede, provvederà a punire nel proprio territorio i delitti commessi nella Città del Vaticano). 
L'art. 7, n. 5 fa inoltre riferimento ai reati puniti secondo la legge penale italiana quando sono commessi all'estero ed individuati mediante rinvio alle convenzioni internazionali.
Per la Corte di Cassazione, in tema di giurisdizione su reati commessi all'estero, in assenza di un fondamento normativo, anche di diritto internazionale, idoneo a derogare al principio di territorialità, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano su reati commessi dallo straniero in danno di straniero e interamente consumati nel territorio di uno Stato estero, seppure connessi con reati commessi in Italia (Cass. pen. Sez. V Sent., 12/09/2019, n. 48250). 

L'Art. 5: entrata in vigorearticolo 5 stabilisce infine l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, eliminando il periodo di vacatio legis.