Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | DL 118 - Conversione in legge del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia |
Serie: | Progetti di legge Numero: 474 |
Data: | 07/09/2021 |
Organi della Camera: | II Giustizia |
Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia
Servizio Studi
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Dossier n. 419
Servizio Studi
Dipartimento Giustizia
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Progetti di legge n. 474
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Articolo 1 (Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa)
Articolo 2 (Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa)
Articolo 3 (Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell’esperto)
Articolo 4 (Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto e delle parti)
Articolo 5 (Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento)
Articolo 6 (Misure protettive)
Articolo 7 (Procedimento relativo alle misure protettive e cautelari)
Articolo 8 (Sospensione degli obblighi di cui agli articoli 2446 e 2447 del codice civile)
Articolo 9 (Gestione dell'impresa in pendenza di trattative)
Articolo 10 (Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti)
Articolo 11 (Conclusione delle trattative)
Articolo 12 (Conservazione degli effetti)
Articolo 13 (Conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese)
Articolo 15 (Segnalazione dell’organo di controllo)
Articolo 16 (Compenso dell'esperto)
Articolo 17 (Imprese sotto soglia)
Articolo 18 (Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio)
Articolo 19 (Disciplina della liquidazione del patrimonio)
Articolo 20 (Modifiche urgenti alla legge fallimentare)
Capo II Ulteriori misure urgenti in materia di giustizia
Articolo 24 (Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria)
Articoli 27, 28 e 29 (Disposizioni transitorie e finanziarie. Entrata in vigore)
Il disegno di legge S. 2371, assegnato alle Commissioni riunite 2? e 10?, prevede la conversione in legge del decreto legge n. 118 del 2021 recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia.
Il decreto legge in conversione si compone di 29 articoli, ripartiti in tre capi:
· il capo I (articoli 1-23) reca misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale;
· il capo II (articoli 24-26) prevede ulteriori misure urgenti in materia di giustizia;
· il capo III (articoli 27-29) reca disposizioni transitorie e finali.
Sinteticamente il provvedimento:
· introduce una disciplina derogatoria, valida solo per l'anno 2021, in materia di assegnazione delle risorse del Fondo Unico Giustizia, prevedendo la riassegnazione immediate delle quote versate all'entrata del bilancio dello Stato nel 2020 agli stati di previsione del Ministero della giustizia e dell'interno (articolo 26).
Gli interventi in materia di procedure di insolvenza nel contesto europeo
Nel settore della giustizia, il Consiglio europeo, nelle sue annuali Raccomandazioni ha costantemente sollecitato l'Italia a "ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio", nonché ad "aumentare l'efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione" (cfr. Raccomandazioni del 2017-2019).
E' opportuno ricordare che la Raccomandazione n. 3 per il 2017 del Consiglio europeo, invitava l'Italia anche ad adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie. In linea con tale Raccomandazione sono stati approvati dapprima la legge n. 155/2017 (di delega per la riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell'insolvenza) e successivamente il decreto legislativo, di attuazione della suddetta legge, n. 14 del 2019, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, mai integralmente entrato in vigore (vedi amplius scheda relativa all'art. 1).
La Commissione Europea, nella Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report 2020) del 26 febbraio 2020, rileva come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alle sopra citate Raccomandazioni. In particolare:
Da ultimo, nelle Raccomandazioni specifiche all'Italia del 20 luglio 2020 il Consiglio europeo ha nuovamente invitato l'Italia ad adottare provvedimenti volti a "migliorare l'efficienza del sistema giudiziario".
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) individua nella lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali, un limite al potenziale di crescita dell'Italia.
La riforma del sistema giudiziario, incentrata sull'obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, è inserita dal PNRR tra le c.d. riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell'ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano. Per realizzare questa finalità, il Piano prevede - oltre a riforme ordinamentali, da realizzare ricorrendo allo strumento della delega legislativa - anche il potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell'intero sistema giudiziario, al quale sono destinati specifici investimenti.
Per ridurre la durata dei giudizi, il Piano si prefigge i seguenti obiettivi:
Per raggiungere tali obiettivi il Governo individua i seguenti ambiti di intervento prioritari: le riforme del processo civile; della giustizia tributaria; del processo penale e del sistema sanzionatorio penale e dell'Ordinamento giudiziario, nonché interventi di modifica al Codice dell'insolvenza.
Con specifico riguardo all'ultimo degli obiettivi richiamati, negli allegati al PNRR il Governo in particolare prevede di apportare modifiche al c.d. Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza:
In merito, il Ministro della giustizia ha istituito una Commissione, presieduta dalla professoressa Pagni, finalizzata a proporre le citate modifiche e il Piano prevede che la riforma possa essere attuata entro il quarto trimestre 2022.
La direttiva (UE) 2019/1023
La direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, è volta a contribuire al corretto funzionamento del mercato interno nonché a eliminare gli ostacoli all'esercizio delle libertà fondamentali, quali la libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento, che derivano dalle differenze tra le legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione e interdizioni.
Il testo della direttiva è composto di sei titoli: il titolo I (artt. da 1 a 3) contiene le “disposizioni generali”; il Titolo II disciplina i “quadri di ristrutturazione preventiva” (artt. da 4 a 19), nel titolo III sono contenute le regole comuni per l’esdebitazione e per le interdizioni (artt. da 20 a 24), mentre i titoli IV e V sono dedicati, rispettivamente, alle misure per aumentare l’efficienza delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (artt. da 25 a 28) e a quelle per assicurarne il monitoraggio (artt. 29 e 30); infine il titolo VI contiene le disposizioni finali, comprese quelle sul termine entro cui gli Stati devono adottare le discipline nazionali di attuazione della normativa comunitaria (artt. da 31 a 36).
L’obiettivo principale della direttiva è quello di garantire «alle imprese e agli imprenditori sani che sono in difficoltà finanziarie la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva che consentano loro di continuare a operare, agli imprenditori onesti insolventi o sovraindebitati di poter beneficiare di una seconda opportunità mediante l'esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo, e a conseguire una maggiore efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, in particolare attraverso una riduzione della loro durata» (Considerando n. 1)
Per conseguire tale risultato, la direttiva (art. 1) individua tre settori di intervento:
- quadri di ristrutturazione preventiva per il debitore che versa in difficoltà finanziarie e per il quale sussiste una probabilità di insolvenza, al fine di impedire l'insolvenza e di garantire la sostenibilità economica del debitore;
- procedure che portano all'esdebitazione dai debiti contratti dall'imprenditore insolvente;
- misure per aumentare l'efficienza delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.
Va ricordato che la direttiva, non trova applicazione – sotto il profilo soggettivo – per le imprese di assicurazione o di riassicurazione, per gli enti creditizi, per le imprese di investimento o finanziarie, nonché per gli enti pubblici.
Sempre nel quadro del Titolo I, che contiene le disposizioni generali, la direttiva (art. 3) impegna gli Stati membri a favorire l’accesso dei debitori a uno o più strumenti di allerta precoce chiari e trasparenti in grado di individuare situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza e di segnalare al debitore la necessità di agire prontamente.
Gli strumenti di allerta precoce possono includere:
- meccanismi di allerta nel momento in cui il debitore non abbia effettuato determinati tipi di pagamento;
- servizi di consulenza forniti da organizzazioni pubbliche o private;
- incentivi a norma del diritto nazionale rivolti a terzi in possesso di informazioni rilevanti sul debitore, come i contabili e le autorità fiscali e di sicurezza sociale, affinché segnalino al debitore gli andamenti negativi.
Inoltre, gli Stati membri devono introdurre norme finalizzate a consentire che sia i debitori che i rappresentanti dei lavoratori abbiano accesso a informazioni aggiornate sugli strumenti di allerta precoce disponibili, come pure sulle procedure di ristrutturazione e di esdebitazione.
È consentito agli Stati membri di introdurre una disciplina tesa a fornire sostegno ai rappresentanti dei lavoratori nella valutazione della situazione economica del debitore, allo scopo di assumere in maniera consapevole le iniziative ritenute più utili per la tutela dei crediti da lavoro dipendente.
Il Titolo II contiene disposizioni concernenti i quadri di ristrutturazione preventiva. In particolare, gli Stati membri (art. 4) devono provvedere affinché, qualora sussista una probabilità di insolvenza, il debitore abbia accesso a un quadro di ristrutturazione preventiva che gli consenta la ristrutturazione, al fine di impedire l'insolvenza e di assicurare la loro sostenibilità economica, fatte salve altre soluzioni volte a evitare l'insolvenza, così da tutelare i posti di lavoro e preservare l'attività imprenditoriale.
Gli Stati membri provvedono altresì (artt 5-7) affinché il debitore che accede alle procedure di ristrutturazione preventiva:
- mantenga il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell'impresa.
- possa beneficiare della sospensione delle azioni esecutive individuali al fine di agevolare le trattative sul piano di ristrutturazione nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva.
Norme specifiche sono dedicate:
- al contenuto del piano di ristrutturazione con particolare riferimento: all’identità del debitore; alle sue attività e passività al momento della presentazione del piano, compreso il valore delle attività; a una descrizione della situazione economica del debitore e della posizione dei lavoratori; alle parti interessate, denominate individualmente o descritte mediante categorie di debiti a norma del diritto nazionale e ai relativi crediti o interessi coperti dal piano di ristrutturazione; ai valori rispettivi dei crediti e degli interessi di ciascuna classe (art. 8);
- alle procedure di adozione del piano, prevedendosi che lo stesso sia adottato dalle parti interessate purché in ciascuna classe sia ottenuta la maggioranza dell'importo dei crediti o degli interessi. Inoltre gli Stati membri possono richiedere che in ciascuna classe sia ottenuta la maggioranza del numero di parti interessate (art.9);
- all’omologazione dello stesso (art. 10).
In particolare l'omologazione del piano di ristrutturazione da parte dell'autorità giudiziaria o amministrativa serve per garantire che la riduzione dei diritti dei creditori o delle quote dei detentori di strumenti di capitale sia proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che tali soggetti abbiano accesso a un ricorso effettivo.
L'omologazione è particolarmente necessaria quando:
- vi siano parti interessate dissenzienti;
- il piano di ristrutturazione contenga disposizioni su nuovi finanziamenti;
- il piano comporti una perdita di più del 25 % della forza lavoro.
L'omologazione di un piano che comporti una perdita di più del 25 % della forza lavoro dovrebbe essere necessaria solo se il diritto nazionale ammette che i quadri di ristrutturazione preventiva prevedano misure aventi effetti diretti sui contratti di lavoro.
Disposizioni ulteriori (artt. 17-18) concernono l’obbligo per Stati membri di provvedere affinché i nuovi finanziamenti e i finanziamenti temporanei siano adeguatamente tutelati, così come le altre operazioni connesse alla ristrutturazione.
Sono inoltre previsti obblighi (art. 19) a carico dei dirigenti qualora sussista una probabilità di insolvenza. In particolare gli stessi devono tenere conto come minimo dei seguenti elementi: gli interessi dei creditori, e dei detentori di strumenti di capitale e degli altri portatori di interessi; la necessità di prendere misure per evitare l'insolvenza; la necessità di evitare condotte che, deliberatamente o per grave negligenza, mettono in pericolo la sostenibilità economica dell'impresa.
Il Titolo III è dedicato (artt. 20-24) alle esdebitazioni e alle interdizioni. E contiene disposizioni volte a ridurre gli effetti negativi del sovraindebitamento o dell'insolvenza sugli imprenditori che sono persone fisiche, in particolare consentendo l'esdebitazione integrale dai debiti dopo un certo periodo di tempo e limitando la durata dei provvedimenti di interdizione emessi a causa del sovraindebitamento o dell'insolvenza del debitore.
In particolare gli Stati membri provvedono affinché:
- il periodo trascorso il quale l'imprenditore insolvente può essere liberato integralmente dai propri debiti non sia superiore a tre anni a decorrere al più tardi: nel caso di una procedura che comprende un piano di rimborso, dalla data della decisione adottata da un’autorità giudiziaria o amministrativa per l'omologazione del piano o dalla data d'inizio dell'attuazione del piano; oppure nel caso di qualsiasi altra procedura, dalla data della decisione adottata dall'autorità giudiziaria o amministrativa per l'apertura della procedura o dalla determinazione della massa fallimentare dell'imprenditore.
- qualora l'imprenditore insolvente ottenga l'esdebitazione, qualsiasi interdizione dall'accesso a un’attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale e dal suo esercizio per il solo motivo dell'insolvenza dell'imprenditore cessi di avere effetto, al più tardi, alla scadenza dei termini per l'esdebitazione
- alla scadenza dei termini per l'esdebitazione, l'interdizione cessi di avere effetto senza necessità di rivolgersi all'autorità giudiziaria o amministrativa.
Sono inoltre previste specifiche deroghe alle regole comuni sulle esdebitazioni, in forza delle quali gli Stati membri mantengono o introducono disposizioni che negano o limitano l'accesso all'esdebitazione o che revocano il beneficio di tale esdebitazione o che prevedono termini più lunghi per l'esdebitazione integrale dai debiti o periodi di interdizione più lunghi quando, nell'indebitarsi, durante la procedura di insolvenza o il pagamento dei debiti, l'imprenditore insolvente ha agito nei confronti dei creditori o di altri portatori di interessi in modo disonesto o in malafede ai sensi del diritto nazionale, fatte salve le norme nazionali sull'onere della prova.
Inoltre è data la possibilità agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni che negano o limitano l'accesso all'esdebitazione, revocano il beneficio dell’esdebitazione, o prevedono termini più lunghi per l'esdebitazione integrale o periodi di interdizione più lunghi in determinate circostanze ben definite e nei casi in cui tali deroghe siano debitamente giustificate.
Il Titolo IV contiene le misure comuni per aumentare l’efficienza delle procedure di ristrutturazione preventiva, di insolvenza e di esdebitazione. Al riguardo (artt. 25 e 26) si stabilisce che le normative nazionali dovranno assicurare che le autorità giudiziarie e amministrative, come pure i professionisti che si occupano delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, «ricevano una formazione adeguata e possiedano le competenze necessarie per adempiere alle loro responsabilità».
Inoltre, le procedure tese alla nomina, alla revoca e alle dimissioni dei professionisti debbano essere «chiare, trasparenti ed eque», tenendo conto delle esperienze e competenze maturate da questi ultimi, nonché delle specificità del caso; la direttiva inoltre al fine di evitare il permanere di una qualsiasi situazione di conflitto di interessi, consente sia ai debitori che ai creditori di opporsi alla scelta o alla nomina del professionista, ovvero di chiederne la sostituzione quando si verifichi una tale evenienza.
Gli Stati membri devono altresì introdurre norme tese a garantire che il lavoro dei professionisti sia adeguatamente vigilato dall’autorità giudiziaria o amministrativa, in modo da assicurarne l’efficacia e la competenza, oltre che la sua imparzialità e indipendenza; per raggiungere tale obbiettivo è prevista espressamente la possibilità di avviare azioni di responsabilità nei confronti dei professionisti che non abbiano adempiuto ai propri obblighi.
Quanto ai compensi spettanti ai professionisti, la remunerazione dovrà essere regolamentata in modo da raggiungere l’obiettivo di un espletare in modo efficiente le procedure, mentre devono essere istituite procedure adeguate per risolvere le eventuali controversie sui compensi liquidati ai professionisti. Un ulteriore mezzo individuato dalla direttiva per rendere più efficienti le procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione all’interno degli Stati europei, si fonda sulla generalizzata informatizzazione dei depositi e delle notifiche degli atti; si dispone infatti (art. 28) che gli Stati membri assicurino a tutte le parti coinvolte nelle procedure concorsuali di utilizzare i moderni strumenti telematici per depositare le domande di insinuazione al passivo, dei piani di ristrutturazione o di quelli di rimborso, nonché per presentare le contestazioni e le impugnazioni da parte dei creditori e per eseguire le notifiche di rito ai creditori.
Il Titolo V è dedicato al monitoraggio delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, con particolare riguardo alla raccolta e conservazione dei dati (art. 29).
Il Titolo VI contiene le disposizioni finali.
La direttiva è entrata in vigore il 16 luglio 2019 e gli Stati membri, avevano tempo fino al 17 luglio 2021, per adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla normativa comunitaria. In ogni caso, gli Stati membri che dovessero incontrare particolari difficoltà nell'attuazione della direttiva, avranno la possibilità di beneficiare di una proroga di massimo un anno del periodo di attuazione, comunicando alla Commissione l’esistenza di tale necessità almeno sei mesi prima della scadenza del termine.
Fanno eccezione le norme necessarie per adeguarsi a quanto previsto dall’art. 28, in tema di uso dei mezzi di comunicazione elettronici per le procedure di insinuazione al passivo, per depositare i piani di ristrutturazione e per effettuare le notifiche ai creditori, che devono essere adottate entro il 17 luglio 2024; solo per consentire le contestazioni dei piani di ristrutturazione e le impugnazioni sui provvedimenti di omologa in formato digitale, il termine per uniformare le legislazioni nazionali è spostato al 17 luglio 2026
L'articolo 1 differisce al 16 maggio 2022 (dal 1° settembre 2021) l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, ad eccezione del Titolo II, concernente le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, per il quale l'entrata in vigore è posticipata al 31 dicembre 2023.
La norma differisce l'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 14 del 2019 novellando il comma 1 del suo articolo 389 ed introduce, al medesimo articolo, il nuovo comma 1-bis, recante l'entrata in vigore del Titolo II fissata al 31 dicembre 2023.
È inoltre fatto salvo quanto previsto al comma 2 dell'articolo 389, recante l'elenco delle norme del Codice già in vigore dal 16 marzo 2019.
La relazione illustrativa al decreto-legge n. 118 in esame richiama le principali motivazioni del differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, connesse alle difficoltà create alle imprese dall’emergenza sanitaria da COVID-19. L'entrata in vigore al 1° settembre 2021 non avrebbe assicurato, secondo quanto rappresentato dalla relazione, la "necessaria gradualità nella gestione della crisi che è richiesta dalla situazione determinata dalla pandemia", con il rischio di dubbi ed incertezze nella prima applicazione della nuova disciplina.
Al contempo, prosegue la relazione, appare necessario apportare alcune modifiche alla disciplina fallimentare con il decreto-legge in esame, al fine di fornire ulteriori strumenti di tipo negoziale e stragiudiziale alla crisi d'impresa, anche in considerazione della permanenza dello stato di emergenza da COVID-19, e di anticipare alcune disposizioni dello stesso Codice, ritenute utili ad affrontare la crisi economica in atto, mediante la modifica della legge fallimentare (di cui al regio decreto n. 267 del 1942).
La medesima relazione illustrativa, inoltre, chiarisce che il termine del 16 maggio 2022 per l'entrata in vigore del Codice, tiene conto del termine di recepimento (fissato al 16 luglio 2022 dalla legge n. 53 del 2021, legge di delegazione europea 2019-2020), della direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza (UE) 2019/1023 (vedi amplius premessa), nonché di quanto previsto dall’articolo 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234[1]. Per quanto concerne i contenuti della direttiva, si veda il dossier sul disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 (sezione dedicata all'Allegato A).
Riguardo al termine del 31 dicembre 2023 per l'entrata in vigore del Titolo II del Codice, la relazione illustrativa chiarisce che il motivo di tale ulteriore rinvio è motivato dall'esigenza di "poter sperimentare l’efficienza e l’efficacia della composizione negoziata istituita con il presente decreto, rivedere i meccanismi di allerta contenuti nel Codice della crisi d’impresa e per allineare l’entrata in vigore dell’allerta esterna ai tempi di rinvio disposti con la modifica dell’articolo 15 dello stesso Codice disposta con il (...) decreto-legge n. 41/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69/2021".
Riguardo al rinvio di cui al decreto-legge n. 41 del 2021, v. infra.
Il Titolo II concerne le procedure di allerta e la composizione assistita della crisi innanzi all’OCRI (Organismo di composizione della crisi d'impresa). Esso disciplina inoltre gli obblighi di segnalazione posti a carico di taluni soggetti (organi di controllo societari ovvero l'Agenzia delle entrate, l'INPS e l'agente della riscossione, in qualità di creditori pubblici qualificati) che costituiscono gli strumenti di allerta, finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell'imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell'impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.
Si ricorda, inoltre, che l'articolo 5 del decreto-legge n. 23 del 2020 (come convertito dalla legge n. 40 del 2020) aveva precedentemente differito al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Peraltro, ai sensi del comma 2 di tale articolo 389 sono già in vigore dal 16 marzo 2019 (dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto legislativo n. 14 del 2019, avvenuta il 14 febbraio 2019):
§ le modifiche concernenti la competenza per materia e per territorio dei procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione, competenza che viene assegnata al tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese, individuato avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali (articolo 27, comma 1);
§ le modifiche alla disciplina dell'amministrazione straordinaria per quanto riguarda la competenza del tribunale per la dichiarazione di insolvenza e per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, richiamata ai sensi del citato articolo 27, comma 1 (articolo 350);
§ l’istituzione, presso il ministero della Giustizia, dell’albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel Codice (articolo 356);
§ la realizzazione, da parte del ministero dello Sviluppo economico, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, di un’area web riservata per le notificazioni relative alla domanda di accesso alle procedure (articolo 359);
§ le norme sulla certificazione dei debiti contributivi e per premi assicurativi da parte di INPS e INAIL (art. 363) e la certificazione dei debiti tributari da parte dell’Amministrazione finanziaria (art. 364);
§ la modifica in materia di spese di giustizia, sul recupero delle spese in caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (art. 366);
§ le nuove previsioni sugli assetti organizzativi dell'impresa, ovvero la modifica che investe l’articolo 2086 del codice civile sulla gestione dell’impresa (art. 375);
§ la disposizione sugli assetti organizzativi societari, modificativa degli articoli 2257, 2380-bis, 2409-novies, primo comma e 2475 del codice civile (art. 377);
§ le novità sulla responsabilità degli amministratori, modificative degli articoli 2476 e 2486 del codice civile (art. 378);
§ le previsioni sulla nomina degli organi di controllo, che modifica l’articolo 2477 del codice civile (art. 379);
§ le nuove garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire (articoli 385-388).
Si segnala, inoltre, che l'articolo 11 del decreto-legge n. 9 del 2020 ha previsto il differimento al 15 febbraio 2021 dell'entrata in vigore dei soli articoli 14 e 15 del Titolo II del Codice, relativi all’obbligo di segnalazione che grava sugli organi di controllo interno e sui revisori contabili, oltre che sui creditori pubblici qualificati (il comma 1-bis introdotto dal Senato all'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020 c.d. decreto cura Italia, ha previsto l'abrogazione del decreto-legge n. 9, facendone salvi gli effetti prodotti).
Peraltro, l'articolo 5, comma 14, del decreto-legge n. 41 del 2021 ("decreto sostegni", come convertito dalla legge n. 69 del 2021) aveva ulteriormente differito gli obblighi di segnalazione posti in capo all'Agenzia delle entrate, all'INPS e all'agente della riscossione ai fini del sistema di allerta per le crisi di impresa. Si veda, al riguardo il dossier di documentazione. Tale differimento, secondo la relazione illustrativa annessa al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 41, è stato previsto (per l'Agenzia delle entrate) "al fine di evitare un numero eccessivo di segnalazioni anche nei confronti di soggetti potenzialmente beneficiari di interventi di sostegno", stante la perdurante situazione emergenziale. Alle medesime motivazione sembrano doversi ricondurre le successive modifiche, approvate in sede di conversione di quel decreto-legge, riguardanti gli obblighi di segnalazione posti in capo all'INPS e all'agente della riscossione.
Per quanto concerne il differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, la relazione illustrativa annessa al decreto-legge n. 23 del 2020 svolgeva la seguente considerazione riguardo alle misure di allerta: "Il sistema dell’allerta, infatti, è stato concepito nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità. In una situazione in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli".
La relazione illustrativa al decreto-legge in esame, richiamando le motivazioni poste a base del differimento dell'entrata in vigore del Codice, sottolinea come tale rinvio del sistema dell’allerta abbia "inciso in maniera rilevante sul complessivo impianto delineato del Codice della crisi d’impresa privandolo di una fase sulla quale sono stati pensati e costruiti altri istituti disciplinati dallo stesso Codice, tra i quali il concordato preventivo".
L’articolo 2 introduce un nuovo istituto, la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, il cui obiettivo è di superare la situazione di squilibrio prima che si arrivi all’insolvenza. Si tratta di una procedura stragiudiziale, che interviene prima che si verifichi lo stato di insolvenza, a cui partecipa un esperto che affianca – senza sostituirlo – l’imprenditore, a garanzia dei creditori e delle altre parti interessate
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, il cui obiettivo è di superare la situazione di squilibrio prima che si arrivi all’insolvenza, costituisce una delle principali novità del decreto in esame.
Come già rilevato (si veda la scheda relativa all'art. 1) la relazione illustrativa sottolinea più volte l’impossibilità di affrontare la crisi delle aziende nel periodo successivo alla pandemia con gli istituti vigenti, riconducibili alla legge fallimentare, non pensata per coniugare la tutela dei creditori con le esigenze della produzione. In particolare, viene rimarcata l’assenza di un interesse a una emersione anticipata della crisi. Inoltre, si sottolinea che il ricorso massiccio ad istituti concorsuali potrebbe sottrarre risorse finanziarie al sistema delle imprese, pregiudicando di fatto non solo le attività imprenditoriali, ma anche gli stessi creditori, complessivamente presi in considerazione.
La composizione negoziata mira al risanamento delle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa.
L’articolo 2 delinea le modalità di funzionamento dell’istituto, che va attivato dall’imprenditore commerciale (o agricolo) in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario prima che si verifichi lo stato di crisi o di insolvenza[2], che però si deve prospetta come “probabile”.
La disciplina riguarda tutte le imprese iscritte al registro delle imprese, comprese le società agricole, senza limiti o requisiti dimensionali. Non possono accedere all’istituto le società di fatto, che non sono presenti nel registro delle imprese.
La procedura si apre – come detto – previo atto di impulso dell’imprenditore. Si segnala peraltro che - ai sensi dell’articolo 15, alla cui scheda si fa rinvio – il collegio sindacale può segnalare la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione negoziata. Ai fini della valutazione sulla sussistenza di una eventuale responsabilità dei componenti del collegio sindacale, vengono valutate la tempestività della segnalazione e la vigilanza sull’andamento delle trattative.
La richiesta iniziale va rivolta al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (di seguito: camera di commercio) ove si trova la sede legale dell’impresa.
Quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa si procede alla nomina di un esperto.
Sulla figura dell’esperto e sulle sue modalità di nomina interviene la disciplina di cui agli articoli 3 e 4, cui si fa rinvio.
L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.
All’esperto viene affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa.
Una delle caratteristiche dell’istituto di nuova introduzione deriva dal fatto che l’imprenditore, per tutta la durata del percorso, può seguire personalmente le trattative, anche con l’eventuale ausilio dei propri consulenti.
Si ricorda che dopo la modifica introdotta con il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, l’articolo 2086, secondo comma, del codice civile impone all'imprenditore “il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
L’esperto pertanto non sostituisce l’imprenditore come avverrebbe con la nomina di un commissario, ma lo assiste nel dialogo con i creditori e le altre parti interessate. Trattandosi di una figura terza ed indipendente, chiamato da un lato a verificare la funzionalità delle trattative rispetto al risanamento e dall’altro l’assenza di atti pregiudizievoli per i creditori, l’attività dell’esperto dovrebbe fornire ai creditori e alle parti interessate un maggiore affidamento sull’assenza di intenti dilatori o poco trasparenti.
Va precisato, sempre per rimarcare la differenza con gli istituti concorsuali, che l’istanza di nomina dell’esperto non apre il concorso dei creditori e non determina alcuno spossessamento del patrimonio dell’imprenditore, il quale prosegue nella gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa e può eseguire pagamenti spontanei, pur restando obbligato a garantire una gestione non pregiudizievole per i creditori.
L’articolo 3 contempla l’istituzione di una piattaforma telematica?nazionale ai fini dell’accesso alla composizione negoziata e detta le norme volte alla individuazione dell’esperto che viene incaricato di trovare uno sbocco alla situazione di squilibrio.
Per quanto riguarda la piattaforma telematica?nazionale, il comma 1 prevede che essa debba essere accessibile agli imprenditori iscritti nel?registro?delle imprese?attraverso il?sito?istituzionale?di ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.?
Il comma 2 detta la disciplina di quello che è stato definito il “test online” per l’accesso alla composizione negoziata, in cui deve essere delineato il piano di risanamento.
In particolare, sulla piattaforma?è?disponibile una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati. Agli imprenditori dovrebbe così essere permesso di comprendere, in modo semplice e rapido, la sostenibilità del debito accumulato tramite i flussi finanziari futuri, nonché la eventuale reversibilità dello squilibrio finanziario esistente.
Per la specificazione del contenuto della piattaforma, della lista di controllo particolareggiata, delle indicazioni?per la redazione del piano di risanamento e?delle modalità di esecuzione del test pratico è previsto l’intervento di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia,?da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.?
I commi 3, 4 e 5 sono dedicati all’elenco di esperti che possono intervenire nella procedura.
L’elenco ha dimensione regionale, infatti è tenuto presso la?camera?di commercio, industria, artigianato e agricoltura di ciascun capoluogo di regione?e?delle province autonome di Trento e Bolzano.
A domanda, nell’elenco possono essere inseriti:?
a) gli?iscritti?da?almeno cinque anni?all’albo?dei dottori commercialisti ed esperti contabili;?
b) gli iscritti?da almeno cinque anni all’albo?degli avvocati che?documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa;?
c) gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere?concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di?ristrutturazione?dei debiti?omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o?di?avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati.
Possono essere inoltre inseriti nell’elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere?svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da?operazioni?di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati,? accordi di ristrutturazione?dei debiti?e concordati preventivi con continuità aziendale?omologati,?nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa?di fallimento o?sentenza?di accertamento dello stato di insolvenza.?
Ai sensi del comma 4, l’iscrizione all’elenco è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista con il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di cui al comma 2. Si rileva che il comma 2 non prevede tuttavia disposizioni sulla formazione.
Il comma 5 dispone che la?domanda?di iscrizione all’elenco?debba essere presentata?alla?camera?di commercio del?capoluogo della?regione?e?delle province autonome di Trento e Bolzano?del luogo di residenza o di iscrizione all’ordine professionale del richiedente. Il comma 5 chiarisce anche la documentazione da allegare alla domanda, che deve comprovare il possesso?dei?requisiti richiesti.
Deve essere trasmesso anche un curriculum vitae, ove sono indicate le esperienze professionali acquisite nel settore e nelle tecniche di facilitazione e mediazione e il consenso?al trattamento dei dati[3]. Ciascuna camera di commercio designa il soggetto responsabile della formazione, tenuta e aggiornamento dell’elenco?e del trattamento dei dati in esso contenuti.
Il comma 6 dispone che a provvedere alla nomina dell’esperto sia una apposita commissione, che resta in carica per due anni. Ai membri non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati (comma 8).
Trattandosi di una procedura extragiudiziale, la nomina avviene pertanto rimessa ad una commissione composta da:
a) un magistrato designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la camera di commercio che ha ricevuto l’istanza di composizione negoziata;
b) un membro designato dal presidente della camera di commercio presso cui è costituita la commissione;
c) un membro designato dal Prefetto del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la camera di commercio che ha ricevuto l’istanza di composizione agevolata.
Il comma 7 affida al segretario generale della?camera?di commercio ove si trova la sede dell’impresa il compito di comunicare alla commissione appena accennata di aver ricevuto l’istanza di composizione negoziata il giorno stesso, unitamente a una nota sintetica contenente il volume d’affari, il numero dei dipendenti e il settore in cui opera l’impresa istante, per consentire alla commissione la scelta di un esperto maggiormente consapevole.
Entro i cinque giorni lavorativi successivi la commissione nomina l’esperto nel?campo della ristrutturazione tra gli iscritti nell’elenco,?secondo criteri?che assicurano la?rotazione e?la?trasparenza?e?avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente. La nomina può?avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale.?
Ai fini della nomina, il comma 8 specifica che la commissione decide a maggioranza.
A fini di trasparenza, il comma 9 prevede che gli incarichi conferiti?e?il?curriculum vitae dell’esperto nominato siano pubblicati?senza indugio?in apposita sezione del sito istituzionale della?camera?di commercio del luogo di nomina e del luogo dove è tenuto l’elenco presso il quale l’esperto è iscritto, omesso ogni riferimento all’imprenditore richiedente.??
Anche in questo caso viene richiamata la necessità del rispetto del regolamento (UE) n. 679/2016 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), per cui sarà necessario acquisire il consenso dell’interessato.
I commi 10 e 11 si occupano della copertura finanziaria.
In particolare, Per la realizzazione ed il funzionamento della piattaforma telematica nazionale viene autorizzata la spesa di euro 700.000 per l’anno 2022 e di euro 200.000 annui a decorrere dall’anno 2023, con corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente per l’anno 2021, parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 700.000 per l’anno 2022 e l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico per euro 200.000 annui a decorrere dall’anno 2023. Il Ministro dell’economia e delle finanze è conseguentemente autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L’articolo 4 disciplina in particolare i requisiti di indipendenza e terzietà dell’esperto, che opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente ed ha la facoltà di chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie, nonché di avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale.
Il comma 1 prevede che l’esperto deve?essere in possesso dei requisiti previsti?dall’articolo 2399 c.c., ossia l’articolo che elenca i requisiti di indipendenza dei sindaci delle società.
L’esperto non deve inoltre essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di?risanamento?da rapporti di natura personale o professionale.
Gli stessi requisiti sono richiesti per i soggetti con i quali l’esperto sia unito in associazione professionale, in particolare è previsto che tali soggetti non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa né aver posseduto partecipazioni in essa.?
Il comma 2 contiene alcune clausole sui doveri di correttezza dell’esperto, che – come anticipato - opera in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente. L’esperto peraltro può chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie, nonché ricorrere ad altre figure professionali, come soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale.
Il comma 3 tutela l’impresa in squilibrio, esonerando l’esperto dall’obbligo di deporre?sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né?davanti all’autorità?giudiziaria né?davanti ad altra autorità. L’esperto è anzi inibito in tal senso. Vengono richiamate a tal fine - in quanto compatibili - le disposizioni dell’articolo 200 (che disciplina il segreto professionale) e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 c.p.p., che limita la possibilità di procedere ad ispezioni e perquisizioni negli uffici dei difensori.?
Il comma 4 ribadisce anche in questo ambito una clausola generale tipica dei rapporti contrattuali, prevedendo che durante le trattative le parti si?comportano?secondo buona fede e correttezza.
Il comma 5 – per converso - impone all’imprenditore?il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori.
Il comma 6 prevede norme di comportamento per banche e intermediari finanziari, nonché i loro mandatari e i?cessionari?dei crediti. Tali soggetti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato.?
A tutela del buon esito del tentativo di risanare l’impresa, il comma in questione chiarisce che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari eventualmente concessi?all’imprenditore.??
Il comma 7 ribadisce i criteri di correttezza riportati nei commi precedenti, imponendo a tutte le parti coinvolte nelle trattative il dovere di collaborare?lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto. Le parti devono altresì rispettare l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte?o programmate?e sulle informazioni acquisite?nel corso delle trattative.?
Un corollario del criterio di correttezza comporta per le parti l’obbligo di dare riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata.??
La relazione illustrativa sottolinea con forza il rischio che il risanamento dell’impresa sia compromesso da comportamenti inerti o da una partecipazione poco sollecita alle trattative, posto che la rapidità di intervento rappresenta la principale chiave per garantire il successo del tentativo. La stessa relazione rileva che la violazione degli obblighi ricadenti sulle parti interessate può venire in rilievo nell’ambito delle eventuali azioni risarcitorie che, nel caso in cui il dissesto dell’impresa derivi da comportamenti omissivi ingiustificati o non corretti delle parti coinvolte nelle trattative, possono essere esercitate, ad esempio, dal curatore fallimentare.
Il comma 8 – anche sulla base indicazioni provenienti dalla direttiva (UE) 2019/1023[4] - si occupa del tema delle relazioni con le organizzazioni sindacali. In particolare, il comma 1 dispone che ove non siano previste procedure di informazione e consultazione in base alla legge o ai contratti?collettivi stipulati tra le organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 2, comma 1, lettera?g),?del decreto legislativo 6 febbraio 2007,?n. 25, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori), il datore di lavoro che occupa complessivamente più?di?quindici dipendenti,? se?nel corso della composizione negoziata sono assunte rilevanti determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità?di?lavoratori, anche solo per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro o le modalità?di svolgimento delle prestazioni, prima della adozione?delle misure informa con comunicazione scritta, trasmessa anche tramite posta elettronica certificata, i soggetti sindacali di cui all’articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
La norma richiamata disciplina i casi di trasferimento di azienda e prescrive che le relative comunicazioni siano rese alle rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi. Tale obbligo può essere assolto per il tramite dell'associazione sindacale alla quale gli imprenditori aderiscono o conferiscono mandato.
Questi ultimi, entro tre giorni dalla ricezione dell’informativa, possono chiedere all’imprenditore un incontro e la conseguente consultazione deve avere inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza e, salvo diverso accordo tra i partecipanti, si intende esaurita decorsi dieci giorni dal suo inizio.
La consultazione si svolge con la partecipazione dell’esperto e con vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti nel legittimo interesse dell'impresa.
In occasione della consultazione è redatto, ai soli fini della determinazione del compenso di cui all’articolo 16, comma 4, un sintetico rapporto sottoscritto dall’imprenditore e dall’esperto. L’articolo 16, alla cui scheda si rinvia, prevede un compenso all’esperto pari a 100 euro per ogni ora di presenza risultante dai rapporti di cui al presente comma.
L’articolo 5 disciplina la procedura di accesso allo strumento della composizione negoziata della situazione di crisi, disciplinando il contenuto della domanda in cui inserire le informazioni utili per la designazione del professionista più indicato. L’esperto nominato potrà accettare o rifiutare l’incarico. In caso di accettazione, dovrà convocare l’imprenditore, al fine di valutare le ipotesi di risanamento e individuare entro 180 giorni una soluzione adeguata. Al termine dell’incarico l’esperto redige una relazione finale che viene inserita nella piattaforma e comunicata all’imprenditore.
I commi 1 e 2 ribadiscono la prescrizione per cui l’istanza di nomina dell’esperto indipendente è presentata tramite la piattaforma telematica. L’istanza segue un modello contenente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell’incarico da parte dell’esperto nominato. Il contenuto del modello è definito con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia (articolo 3, comma 2).
Si valuti l’opportunità di riportare i due commi in questione all’interno dell’articolo 3, semplificando la lettura del decreto.
Entrando nel merito dell’istanza, il comma 3 prescrive il contenuto della stessa al fine di consentire alla commissione incaricata di individuare un esperto munito della professionalità e delle competenze necessarie. Si tratta di una serie di documenti che definiscono il quadro generale della situazione contabile e debitoria dell’impresa. La stessa documentazione servirà all’esperto nominato per valutare la ragionevole perseguibilità del risanamento e quindi di avviare le trattative solo se le ritiene utili rispetto alle condizioni in cui versa l’impresa.
Sarà pertanto necessario allegare all’istanza:
· i bilanci degli ultimi tre esercizi,?se non già?depositati presso l’ufficio del registro delle imprese, oppure,?per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci,?le?dichiarazioni?dei redditi e dell’IVA?degli ultimi?tre periodi di imposta, nonché?una situazione patrimoniale e finanziaria?aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell’istanza;
· una relazione chiara e sintetica sull’attività?in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che intende adottare;?
· l’elenco dei creditori,?con l’indicazione?dei?rispettivi crediti scaduti e a scadere?e dell’esistenza?di diritti reali?e?personali?di garanzia;??
· una?dichiarazione?sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza;
· il certificato unico dei debiti tributari di cui all’articolo 364, comma 1,?del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14;
· la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia?delle?entrate - Riscossione;
· il certificato dei debiti contributivi e dei premi assicurativi di cui all’articolo 363, comma 1,?del decreto legislativo n. 14/2019, oppure, se non disponibile, il documento unico di regolarità?contributiva;??
· un?estratto delle informazioni presenti?nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.
Il comma 4 prevede che l’esperto verifichi la propria indipendenza e il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell’incarico.
Entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, l’esperto comunica all’imprenditore l’accettazione e contestualmente inserisce la dichiarazione di accettazione nella piattaforma. In caso contrario ne dà comunicazione riservata al soggetto che l’ha nominato perché provveda alla sua sostituzione. Non possono essere assunti più di due incarichi contemporaneamente.
Ai sensi del comma 5, l’esperto, accettato l’incarico, convoca senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica.
Ovviamente l’esperto avrà anche accesso alla documentazione descritta nonché al test eseguito dall’imprenditore al momento dell’accesso alla procedura, come appare nella relazione illustrativa, anche se poi non specificato nel testo del decreto. Appare utile un chiarimento in proposito.
In caso positivo di prognosi positiva sul risanamento, l’esperto convoca i creditori e le altre parti interessate al risanamento per la ricerca delle possibili soluzioni o per prospettare loro le soluzioni individuate dall’imprenditore e ritenute percorribili dall’esperto stesso.
Come detto, l’esperto non si sostituisce all’imprenditore (vedi l’articolo 9 e la relativa scheda, in proposito) ma lo affianca fornendogli la professionalità e le competenze necessarie per la ricerca di una soluzione della situazione di difficoltà dell’impresa e facilitando il dialogo con tutte le parti coinvolte nel processo di risanamento dell’impresa.
Se, viceversa, l’esperto non intravede concrete prospettive di risanamento, ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.
Il comma 6 prevede il caso di contestazione sulla terzietà dell’esperto, consentendo alle parti - entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione – di presentare osservazioni sull’indipendenza dell’esperto al segretario generale della camera di commercio, il quale riferisce alla commissione perché, valutate le circostanze esposte e sentito l’esperto, se lo ritiene opportuno provveda alla sua sostituzione.
Il comma 7 considera concluso l’incarico dell’esperto se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale. L’incarico può proseguire quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente, oppure quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli 7 e 10, cui si fa rinvio.
Ai sensi del comma 8, al termine dell’incarico l’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7 (alle cui schede si rinvia), al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti.
L'articolo 6 disciplina le misure protettive che possono conseguire all'accesso dell'imprenditore alla procedura di composizione negoziata della crisi. Tali misure limitano le possibilità di azione nei confronti dell'imprenditore da parte dei creditori e precludono il pronunciamento di sentenze di fallimento o di stato di insolvenza fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.
Più nel dettaglio, per poter garantire il buon esito delle trattative, il comma 1 dell'articolo 6 riconosce all'imprenditore la possibilità di richiedere misure protettive. Tale richiesta può essere presentata con l’istanza?di nomina dell’esperto o con successiva istanza (presentata con le modalità telematiche previste dal comma 1 dell'articolo 5). L'istanza è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto. Pertanto, a partire dal giorno della pubblicazione,?i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati?con?l’imprenditore, né?possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività?d’impresa. Tuttavia, non sono inibiti i pagamenti.
Nella normativa vigente, l'adozione di misure protettive per le situazioni di crisi d'impresa sostanzialmente consiste nella prevenzione di azioni da parte dei creditori che potrebbero compromettere il buon esito dei tentativi di soluzione positiva per mezzo di trattative, ed è rimessa al giudice. Ai sensi dell'articolo 2, lettera p) del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza si definiscono «misure protettive» le misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza. Il suddetto Codice distingue le "misure protettive" dalle "misure cautelari"; queste ultime, stando alla lettera q) del medesimo articolo 2, sono i provvedimenti emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza.
Il comma 2 dell'articolo 6 obbliga l'imprenditore ad inserire nella piattaforma telematica una dichiarazione?sull’esistenza di?misure esecutive o cautelari disposte?nei suoi confronti?e un aggiornamento?della propria dichiarazione sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza.?
Il comma 3 tutela i lavoratori che abbiano diritti di credito nei confronti dell'imprenditore, ponendoli in una situazione diversa da quella degli altri creditori. Le misure protettive a beneficio dell'imprenditore in crisi, infatti, non valgono rispetto ai diritti di credito dei lavoratori.
Si tratta di una previsione che, come rileva la relazione illustrativa si pone in linea con quanto è stabilito dalla direttiva (UE) 2019/1023.
Il comma 4 privilegia la ricerca di soluzioni pilotate delle crisi di impresa, prevenendo l'eventuale sopravvenienza di sentenze dichiarative di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza. Dal giorno della pubblicazione relativa alle misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non può essere pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza.
Nella relazione tecnica si evidenzia che per effetto di queste misure ci si attende un effetto deflattivo del contenzioso, che comporta un minor aggravio nei carichi di lavoro processuali e una definizione della situazione patrimoniale dell’imprenditore con maggiore soddisfazione per il medesimo, per i creditori e per gli altri soggetti interessati al risanamento dell’azienda.
Ai sensi del comma 5 infine dopo l'adozione delle misure protettive i creditori?non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o?provocarne la risoluzione, né?possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori.?
L'articolo 7 disciplina il procedimento di carattere giudiziale, relativo alle misure protettive e cautelari.
Nel dettaglio il comma 1 prevede che quando l’imprenditore formula una richiesta di misure protettive, con?ricorso presentato lo stesso giorno al tribunale competente -vale a dire il tribunale del luogo ove ha la sede principale dell'impresa- deve chiedere anche la conferma o modifica di misure già in atto e, ove occorre, anche l’adozione dei provvedimenti cautelari?necessari per?condurre a?termine?le trattative.?Entro trenta giorni dalla pubblicazione della richiesta di misure protettive, l'imprenditore deve chiedere la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. Peraltro, l'omesso o ritardato deposito del ricorso?comporta l'inefficacia delle misure e la cancellazione dell’iscrizione dell’istanza dal registro delle imprese.
Il comma 2 individua gli atti che l'imprenditore deve presentare unitamente al ricorso. Nel dettaglio devono essere depositati insieme al ricorso:
ü i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell'IVA degli ultimi tre periodi di imposta;
ü una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso;
ü l'elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi pec, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella;
ü un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare;
ü una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l'impresa può essere risanata;
ü il nominativo dell'esperto nominato.
Il comma 3 prevede che il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso fissi, con decreto, l'udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Il decreto è notificato dal ricorrente con le modalità indicate dal tribunale che prescrive le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento. Il tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara l'inefficacia delle misure protettive senza fissare l'udienza. Gli effetti protettivi prodotti cessano inoltre nel caso in cui il giudice non provvede alla fissazione dell'udienza.
Stando alla Relazione Tecnica, i collegamenti da remoto potranno essere assicurati mediante l'utilizzo dei sistemi tecnologici e strumentali già in uso presso l'amministrazione giudiziaria, penitenziaria e minorile, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Saranno impiegate, infatti, le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nello stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno 2021, alla Missione Giustizia- U.d.V. 1.2 giustizia civile e penale - Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi-Azione "Attività di verbalizzazione atti processuali e videoconferenza nell'ambito dei procedimenti giudiziari" Capitolo 1462 p.g. 14, nonché U.d.V. 1.2 Giustizia civile e penale- Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi - Azione: “Sviluppo degli strumenti di innovazione tecnologica in materia informatica e telematica per l’erogazione dei servizi di giustizia”, nei capitoli di bilancio 1501 “Spese per la gestione ed il funzionamento del sistema informativo, nonché funzionamento e manutenzione delle attrezzature per la microfilmatura di atti” e 7203, “Spese per lo sviluppo del sistema informativo nonché per il finanziamento del progetto intersettoriale –Rete unitaria – della Pubblica Amministrazione nonché dei progetti intersettoriali e di infrastruttura informatica e telematica ad esso connessi”, p.g. 8 “Informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria”.
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Il comma 4 prevede che all'udienza il tribunale, sentite le parti e l'esperto e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nomina, se occorre, un ausiliario e procede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti e ai provvedimenti di conferma, revoca o modifica delle misure protettive. La disposizione prevede inoltre l'obbligatorio ascolto di eventuali soggetti terzi nel caso in cui le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidano su loro diritti. Il tribunale provvede con ordinanza con la quale stabilisce la durata, non inferiore a trenta e non superiore a centoventi giorni, delle misure protettive e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti.
Come precisa la relazione illustrativa il termine dei 120 giorni è analogo a quello di quattro mesi contemplato dall'articolo 6, par. 6 della direttiva UE 2019/1023.
Su richiesta dell'imprenditore e sentito l'esperto, le misure possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.
Ai sensi del comma 5, su istanza delle parti e acquisito il parere dell'esperto, è consentito al giudice di prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative. La durata complessiva delle misure non può comunque superare i duecentoquaranta giorni.
Sempre tenendo presente la finalità di favorire il buon esito delle trattative, ma anche per evitare che i benefici accordati all'imprenditore in crisi arrechino danni sproporzionati agli interessi dei creditori, il comma 6 prevede che il giudice, su?istanza?dell’imprenditore,?di uno o più?creditori o su segnalazione dell’esperto, possa altresì revocare le misure protettive?e cautelari,?o abbreviarne la durata.
In base al comma 7, a questi procedimenti si applicano le forme degli articoli 669-bis e ss. c.p.c. (che disciplinano i procedimenti cautelari). Il tribunale giudica nei casi in esame in composizione monocratica e adotta i suoi provvedimenti con ordinanze comunicate dalla cancelleria al registro delle imprese entro il giorno successivo alla loro emissione. Le ordinanze del tribunale sono reclamabili ai sensi dell'articolo 669-terdecies c.p.c (Reclamo contro i provvedimenti cautelari).
Quest'ultimo articolo del codice di rito prevede che contro l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare sia ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.
L'articolo 8 prevede la sospensione della applicazione di una serie di obblighi che gravano in capo all'imprenditore nel caso di presentazione dell'istanza di misure protettive.
Il comma unico dell'articolo 8 prevede che l'imprenditore in situazione di crisi che abbia presentato istanza di misure protettive (ex comma 1 dell'articolo 6) può dichiarare che non si applicano nei suoi confronti una serie di obblighi previsti da alcune disposizioni del codice civile. In particolare la disposizione richiama i seguenti articoli del codice civile: 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484, 2545-duodecies.
Gli articoli 2446, secondo e terzo comma e 2447 c.c., da un lato, e 2482-bis, 2482-ter c.c. dall'altro, disciplinano i casi di riduzione obbligatoria del capitale per perdite rispettivamente con riguardo alle società per azioni e in relazione alle società a responsabilità limitata. L'art. 2484 c.c. configura la riduzione rilevante del patrimonio netto al di sotto del minimo legale quale causa di scioglimento delle società di capitali (così il comma 1, n. 4). L'articolo 2545-duodecies disciplina le ipotesi di scioglimento delle società cooperative, fra le quali il decorso del termine, il conseguimento dell'oggetto sociale, la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, l'impossibilità di funzionamento per continuata inattività dell'assemblea, la perdita del capitale sociale.
Poiché la sospensione concerne non soltanto gli articoli 2446 e 2447 del codice civile, ma anche altre disposizioni del codice stesso, sarebbe opportuno modificare la rubrica dell'articolo.
L'articolo 9 disciplina la gestione dell'impresa in crisi in pendenza di trattative, con particolare riferimento ai rapporti tra l'imprenditore -che conserva la titolarità della gestione ordinaria e straordinaria- e l'esperto a lui affiancato.
La disposizione affronta la problematica della gestione di un'impresa che versa in condizioni precarie, tali da rischiare di divenire insolvente, fintanto che le trattative sono in corso. In queste situazioni l'obiettivo primario sarà la salvaguardia della?sostenibilità?economico-finanziaria?dell’attività.
Nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 9 stabilisce che, in pendenza di trattative, la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa resta nelle mani dell'imprenditore. Tuttavia quando sussiste la possibilità di insolvenza l'imprenditore deve agire in modo tale da evitare pregiudizio al recupero della "sostenibilità economico, finanziaria e patrimoniale" della sua attività.
Ai sensi del comma 2 l'imprenditore è tenuto soltanto ad informare preventivamente, in forma scritta, l'esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione o dell'esecuzione di pagamenti non coerenti?rispetto?alle?trattative o?alle?prospettive di risanamento. L'esperto, nel caso in cui ritenga che gli atti preannunciati possano arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento,?può segnalarlo per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo (comma 3). Qualora malgrado la sua segnalazione l'atto venga comunque portato a compimento, l'imprenditore, in base a quanto previsto dal comma 4 è tenuto ad informare senza indugio l'esperto il quale, nei successivi dieci giorni, deve palesare, qualora ritenga che la scelta posta in essere dall'imprenditore possa pregiudicare gli interessi dei creditori, il proprio dissenso nel registro delle imprese.
Nel percorso di composizione negoziata a ben vedere quindi l'imprenditore è solo affiancato e non sostituito dall'esperto, il quale ha solo un ruolo fiduciario e di accompagnamento alla trattativa.
Una volta iscritto il proprio dissenso l'esperto deve procedere alla segnalazione al giudice che ha emesso i provvedimenti relativi alle misure protettive o cautelari. La segnalazione comporta la possibilità per il giudice (ex comma 6 dell'articolo 7) di revocare le misure protettive?e cautelari o abbreviarne la durata (comma 5).
L'articolo 10 prevede una serie di autorizzazioni speciali che il tribunale può concedere all'imprenditore nel corso della procedura, nonché la possibilità di una rinegoziazione dei contratti.
Ai sensi comma 1, lettere a), b) dell'articolo 10 l'imprenditore in crisi, se intende contrarre determinati finanziamenti prededucibili dall'esterno o dai soci, può chiedere al tribunale di dargli un'autorizzazione apposita, previa verifica della funzionalità di queste iniziative rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori.
In linea generale, i crediti prededucibili sono i crediti che, nel corso di una procedura concorsuale, devono essere liquidati al di fuori del riparto dell’attivo, ossia fuori dal concorso. Di regola, si formano attraverso l'attività del curatore fallimentare. L'articolo 111 della legge fallimentare (R.D. 267/1942) mette il pagamento dei crediti prededucibili al primo posto nell'ordine di erogazione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo. La prededucibilità dei crediti è disciplinata dall'articolo 6 del Codice della crisi d'impresa (disposizione questa non ancora entrata in vigore).
In forza della lettera c) del comma 1 dell'articolo 10, l'imprenditore può chiedere di autorizzare la contrazione di finanziamenti prededucibili anche da parte di una o più società appartenenti ad un gruppo sottoposto alla direzione e al coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, purché sussistano i medesimi requisiti indicati nelle lettere a) e b) del comma stesso.
La lettera c) del comma 1 dell'articolo 10, nel tratteggiare la nozione di gruppo di imprese eventualmente autorizzato a contrarre i finanziamenti prededucibili, fa riferimento all'articolo 13 del decreto-legge stesso dove il concetto di gruppo di imprese e la regolazione che riguarda un gruppo di questo tipo vengono sviluppati.
La lettera d) del comma 1 dell'articolo 10, consente all'imprenditore di chiedere al tribunale l'autorizzazione a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o più suoi rami, senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, c.c., ovvero senza che il nuovo acquirente debba rispondere dei debiti relativi all'azienda ceduta risultanti dai libri contabili obbligatori. Restano fermi i diritti dei lavoratori sanciti dall'articolo 2112 c.c..
L'articolo 2112 c.c. prevede che il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Il comma 2 dell'articolo 10 del decreto-legge in conversione riconosce all'esperto la facoltà di invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia. La disposizione prevede altresì che, in mancanza di accordo, su domanda dell'imprenditore, sia il tribunale, acquisito il parere dell'esperto e tenuto conto delle ragioni dell'altro contraente, a rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale. Se accoglie la domanda il tribunale assicura l'equilibrio tra le prestazioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo. Sempre al fine di evitare l'insorgenza di possibili pregiudizi per i lavoratori, è esclusa l'applicazione di tale disciplina alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente.
Il comma 3 infine individua il tribunale competente e disciplina il procedimento applicabile alle istanze formulate dall'imprenditore per le varie autorizzazioni ovvero per la rinegoziazione dei contratti. Similmente a quanto stabilito dall'articolo 7 del decreto-legge il tribunale viene individuato in quello previsto dall'art. 9 della legge fallimentare (e quindi nel tribunale del luogo dove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa). Il tribunale decide in composizione monocratica, sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie. Al procedimento si applicano, in quanto compatibili gli articoli 737 e ss. c.c. (Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio). Il reclamo deve essere proposto - precisa la disposizione - al tribunale, che li esaminerà in forma collegiale. Del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
L'articolo 11 disciplina le diverse possibilità di definizione della procedura.
Nel dettaglio il comma 1 riguarda i casi in cui attraverso le trattative si sia individuata una soluzione idonea al superamento?della situazione di crisi. In tale ipotesi, alternativamente, le parti possono concludere:
· un contratto?con uno o più creditori; tale contratto produrrà una serie di effetti corrispondenti alle disposizioni dell'articolo 14 del decreto-legge (si tratta della riduzione degli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore e della riduzione di sanzioni tributarie vedi amplius infra), se secondo la relazione dell'esperto tale contratto è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni (lett. a);
· una convenzione di moratoria ai sensi dell'articolo?182-octies della legge fallimentare, introdotto dall'art. 20 del decreto legge in conversione (lett.b);
La Relazione Tecnica evidenzia che in questo modo si consente una definizione accelerata e stragiudiziale dell’impasse in cui versa l’imprenditore, con soddisfazione della sua posizione e di quella dei creditori senza le spese processuali di un’azione giudiziaria.
· un accordo, sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, che produce gli stessi effetti del piano di risanamento senza però la necessità dell'attestazione (lett.c). La diposizione prevede infatti che l'accordo produce gli stessi effetti di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d) della legge fallimentare, senza la necessità dell'attestazione prevista dalla medesima disposizione.
Il comma 3 dell'articolo 67 della legge fallimentare indica una serie di casi di esenzione dall'esercizio della revocatoria fallimentare. Nel dettaglio ai sensi della lett. d) sono sempre esclusi dalla revocatoria in qualsiasi momento siano compiuti gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.
Come precisa la relazione illustrativa alla attestazione del piano in realtà è equiparata in questo caso alla sottoscrizione dell'esperto.
Il comma 2 prevede una ulteriore ipotesi di conclusione della procedura: la conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti secondo la disciplina della legge fallimentare. La disposizione riconosce all'imprenditore la facoltà, all’esito delle trattative,?di domandare l’omologazione?di un accordo di ristrutturazione dei debiti,?ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies?e 182-novies?della legge fallimentare, e soggiunge che la percentuale di cui?all’articolo 182-septies,?secondo comma, lettera c),?è?ridotta al sessanta per cento?(invece che settantacinque per cento) qualora il raggiungimento dell’accordo risulti dalla relazione finale dell’esperto (per la descrizione degli articoli della legge fallimentare richiamati si rinvia alla scheda relativa all'art. 20 del decreto-legge in conversione).
?
Infine, ai sensi del comma 3, sempre all'esito delle trattative, l'imprenditore può (in alternativa alle altre precedenti soluzioni):
· predisporre un piano di risanamento (lett. a);
· proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 18 del decreto in esame (lett. b);
· accedere ad una?delle procedure disciplinate?dalla legge fallimentare, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270?(Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274), o?dal?decreto-legge?23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza) (lett.c).
L'articolo 12 disciplina i casi in cui gli atti compiuti dall'imprenditore in situazione di crisi conservano i loro effetti a conclusione delle trattative.
Nel dettaglio la disposizione prevede che alcune categorie di atti compiuti dall'imprenditore nel periodo del tentativo di composizione negoziale conservino i loro effetti anche a conclusione delle trattative, e determina in quali condizioni ciò avvenga.
Il comma 1 dell'articolo stabilisce che gli atti precedentemente autorizzati dal tribunale?(ai sensi dell’articolo 10 del decreto-legge stesso)?conservano?i loro effetti se successivamente intervengono: un?accordo di ristrutturazione?dei debiti?omologato,?o un?concordato preventivo omologato, o il fallimento, o la liquidazione coatta amministrativa, o l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Il comma 2 sottrae ad eventuali azioni revocatorie -che altrimenti potrebbero scattare ai sensi dell'articolo 67, secondo comma, della legge fallimentare- gli atti, i pagamenti?e le garanzie posti in essere?dall’imprenditore?nel periodo successivo all'accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché?siano stati coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti.
Il comma 3 dell'articolo 12 del decreto-legge, viceversa, dispone che restino soggetti ad azioni revocatorie gli atti di straordinaria amministrazione?e i pagamenti?in relazione ai quali l’esperto?ha?iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese (eventualità prevista e disciplinata dall'articolo 9, alla cui scheda si rinvia) o?se il?tribunale ha rigettato?l'apposita richiesta di autorizzazione presentata dall'imprenditore.?
Le azioni revocatorie cui l'imprenditore potrebbe andare incontro in queste due ipotesi sono quelle disciplinate dagli articoli 66 e 67 della legge fallimentare. In base all'articolo 66 (Azioni revocatorie ordinarie) il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori e l'azione, che viene proposta presso il tribunale fallimentare, può essere rivolta non solo contro il contraente immediato, ma anche contro i suoi aventi causa, nei casi in cui sia proponibile nei confronti di costoro.
L'articolo 67 della legge fallimentare dichiara revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
Ai sensi dell'articolo 67, inoltre, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, sono revocati pure i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, qualora compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. ?
Il comma 4 precisa che l'imprenditore va considerato responsabile di tutti gli atti compiuti in ciascuna delle ipotesi disciplinate?dai commi 1, 2 e 3; quindi, sia nelle ipotesi di conservazione degli effetti, sia in quelle che al contrario sono aperte ad azioni revocatorie.
Il comma 5 mette al riparo l'imprenditore che ha attivato le procedure di composizione negoziale dalle conseguenze penali previste dagli articoli 216 (Bancarotta fraudolenta), terzo comma, e 217 (Bancarotta semplice) della legge fallimentare. Tali disposizioni non si applicano infatti ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto in coerenza con l'andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell'impresa valutata dall'esperto, nonché ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale.
Il terzo comma dell'articolo 216 della legge fallimentare punisce con la reclusione da uno a cinque anni il fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
L'articolo 217 della legge fallimentare, a sua volta, sanziona con la reclusione da sei mesi l'imprenditore dichiarato fallito il quale ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica, oppure ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte, o ha tenuto comportamenti gravemente imprudenti sotto il profilo economico-finanziario, o ha aggravato il proprio dissesto con gravi colpe, oppure ancora non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. La pena variabile da sei mesi a tre anni di carcere si applica anche al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
L'articolo 13 reca una specifica disciplina per la conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese al fine di prevedere la possibilità che la composizione negoziata si svolga in forma unitaria.
Il comma 1 individua l'ambito soggettivo di applicazione della disposizione precisando che costituisce "gruppo di imprese" l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, (ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile), esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica. A tal fine si presume, salvo prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata:
ü dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci;
ü dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto.
Con riguardo ai gruppi di imprese è opportuno ricordare che con il decreto legislativo n. 6 del 2003 di riforma del diritto societario è stata introdotta per la prima volta nel codice civile una disciplina volta a regolare alcuni degli aspetti più salienti del fenomeno dei gruppi di società. Questo fenomeno, nato e diffusosi nella prassi, consiste nell'aggregazione di più società, formalmente autonome ed indipendenti, ma assoggettate ad una direzione unitaria: ossia tutte sottoposte all'influenza dominante di un unico soggetto, che, direttamente o indirettamente le controlla, e di fatto coordina e dirige la loro attività di impresa secondo un disegno unitario. L'organizzazione di gruppo per l'esercizio dell'attività d'impresa viene adottata per combinare i vantaggi dell'unità economica della grande impresa con quelli offerti dall'articolazione in più strutture organizzative formalmente distinte ed autonome: tra cui, ad esempio, la rapidità e autonomia decisionale e la delimitazione e separazione del rischio d'impresa delle singole unità operative. La descrizione di cosa si intenda per gruppo, sebbene riferita principalmente al modello c.d. gerarchico, non esclude quelle aggregazioni di società ove l'attività di direzione e coordinamento si attua senza vincoli di subordinazione tra le società, i c.d. gruppi orizzontali o paritetici. Nel codice civile a ben vedere non si rinviene una espressa definizione di gruppo, né si utilizza il termine gruppo di società, riferendosi esclusivamente all'attività che caratterizza detta organizzazione, vale a dire l'attività di direzione e coordinamento di società. Nello specifico l'articolo 2497 c.c., richiamato dall'articolo 13 del decreto legge in esame disciplina i profili di responsabilità della capogruppo affrontando il problema consistente nella tutela degli azionisti cosiddetti esterni e dei creditori delle singole società del gruppo contro i possibili abusi della capogruppo. L'articolo rileva come l'esercizio di un'attività di direzione e coordinamento rappresenti un fatto naturale e fisiologico, di per sé quindi legittimo, e che non implica, né richiede, il riconoscimento o l'attribuzione di particolari poteri. Tuttavia, prevedendo in presenza di determinate condizioni la responsabilità di chi esercita una simile attività, se da un lato ne legittima l'esercizio, dall'altro lato ne individua anche i limiti e i confini. La disposizione riconosce la possibilità di configurare la responsabilità della capogruppo indipendentemente dall'insolvenza della società soggetta a direzione. L'articolo 2497 tratteggia così i caratteri essenziali della responsabilità che può nascere dall'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento. Innanzitutto occorre individuare quali siano i soggetti che possono essere coinvolti in tale responsabilità. Sono identificati come soggetti responsabili "le società o gli enti" che esercitano l'attività di direzione e coordinamento; in tal modo viene in evidenza l'irrilevanza della struttura organizzativa assunta dalla capogruppo, che potrà essere quindi una società di capitali, una società di persone o un qualsiasi altro ente - associazione, fondazione o ente pubblico.
L'articolo 2545-septies c.c. disciplina invece il gruppo cooperativo paritetico. Tale gruppo può essere definito come il contratto tra più cooperative ad una delle quali viene attribuita la funzione di direzione e di coordinamento delle altre. Il gruppo cooperativo paritetico appare caratterizzato da una certa "omogeneità" dei partecipanti, essendo circoscritto, in via generale, alle cooperative. Inoltre, si configura come gruppo "paritetico", ossia come gruppo caratterizzato da una pari ordinazione fra i soggetti partecipanti, in quanto il rapporto di controllo non è di tipo societario ma si fonda su base contrattuale. Infatti, si applica anche al gruppo cooperativo la regola "una testa un voto", principio democratico che contraddistingue tutta la cooperazione e che impedisce il controllo societario di una cooperativa su altre cooperative aderenti. Nello specifico l'articolo 245-septies, con riguardo alla costituzione del gruppo, precisa che essa deve avvenire per contratto, il quale regola espressamente la direzione e il coordinamento delle imprese partecipanti e, in quanto tale, si configura come un contratto di "dominazione", in quanto prevede che una o più cooperative assumano la funzione di indirizzo e di coordinamento delle altre. Esso deve indicare: la durata anche se nessun limite minimo o massimo è fissato, con la conseguenza che la durata è rimessa totalmente all'autonomia delle parti; la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri. La capogruppo può dunque essere una o più di una e ha poteri direttivi; l'eventuale partecipazione di enti pubblici o privati.
Il comma 2 chiarisce che più imprese che si trovano nelle condizioni indicate in precedenza, appartenenti al medesimo gruppo e che hanno, ciascuna, la sede legale in Italia possono chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura la nomina dell’esperto indipendente.
Il comma 3 chiarisce che l'istanza è presentata alla camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato ove è iscritta la società o l’ente, con sede in Italia, che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, l'impresa, con sede nel territorio dello Stato, che presenta la maggiore esposizione debitoria, costituita dalla voce D del passivo nello stato patrimoniale prevista dall’articolo 2424 del codice civile in base all'ultimo bilancio approvato ed inserito nella piattaforma telematica.
L'art. 2497 bis c.c. prevede quattro differenti adempimenti pubblicitari: i primi due consistono nell'indicazione negli atti e nella corrispondenza della società della soggezione all'altrui direzione e coordinamento e nell'iscrizione in un'apposita sezione del registro delle imprese dei soggetti che esercitano l'attività di direzione e coordinamento e delle società che vi sono soggette (primo e secondo comma); mentre i restanti altri due sono diretti a garantire la trasparenza dei rapporti infragruppo, consistenti nell'esposizione nella nota integrativa della società diretta e coordinata di un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio della società o ente che dirige e coordina (quarto comma) e nell'indicazione, nella relazione sulla gestione della società, dei rapporti intercorsi con chi esercita l'attività di direzione coordinamento e con le società "sorelle", nonché degli effetti di tale attività sull'esercizio dell'impresa sociale e sui suoi risultati (quinto comma).
L'art. 2424 c.c. disciplina la composizione dello stato patrimoniale. La voce D del passivo richiama: obbligazioni; obbligazioni convertibili; debiti verso soci per finanziamenti; debiti verso banche; debiti verso altri finanziatori; acconti; debiti verso fornitori; debiti rappresentati da titoli di credito; debiti verso imprese controllate; debiti verso imprese collegate; debiti verso controllanti; debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti; debiti tributari; debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale; altri debiti.
Ai sensi del comma 4 l’imprenditore deve inserire nella piattaforma telematica (si veda l'art. 3 del d.l):
ü la documentazione indicata nell’art. 5, comma 3 (ovvero, fra gli altri, i bilanci degli ultimi tre esercizi, una relazione sull'attività esercitata, l'elenco dei creditori, la situazione debitoria complessiva);
ü una relazione contenente informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali;
ü l’indicazione del registro delle imprese o dei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità;
ü il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto.
Con riguardo alle misure protettive e cautelari il comma 5 precisa che esse sono adottate dal tribunale competente, rispetto alla società o all’ente che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, all'impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria.
Il comma 6 prevede che l’esperto deve assolvere i propri compiti in modo unitario per tutte le imprese che hanno presentato l’istanza, salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In questo caso l'esperto può decidere che le trattative si svolgano per singole imprese.
Ai sensi del comma 7 le imprese partecipanti al gruppo che non si trovano nelle condizioni indicate nell’articolo 2, comma 1, possono, comunque anche su invito dell’esperto, partecipare alle trattative.
Il comma 8 disciplina il caso di presentazione di più domande da parte di imprese appartenenti ad un medesimo gruppo. In tal caso se gli esperti nominati, sentiti i richiedenti e i creditori, propongono che la composizione negoziata si svolga in modo unitario o per più imprese appositamente individuate, la composizione prosegue con l’esperto designato di comune accordo fra quelli nominati. In mancanza di designazione, la composizione prosegue con l’esperto nominato a seguito dell’istanza presentata per prima.
I finanziamenti eseguiti in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo, in qualsiasi forma pattuiti dopo la presentazione dell’istanza, precisa il comma 9, sono esclusi dalla postergazione di cui agli articoli 2467 e 2497-quinquies c.c. (in materia di finanziamenti dei soci), sempre che l’imprenditore abbia informato preventivamente l’esperto, e che l’esperto, dopo avere segnalato che l’operazione può arrecare pregiudizio ai creditori, non abbia iscritto il proprio dissenso.
Da ultimo il comma 10 prevede che al termine delle trattative, le imprese del gruppo possono o stipulare in via unitaria uno dei contratti di cui all’articolo 11, comma 1, ovvero accedere separatamente alle soluzioni di cui all’articolo 11(si rinvia alla relativa scheda di lettura).
L’articolo 14 disciplina alcune misure e agevolazioni fiscali derivanti dal ricorso alla composizione negoziata da parte dell’imprenditore in crisi.
I commi da 1 a 3 consentono, rispettivamente, di ridurre alla misura legale gli interessi che maturano sui debiti fiscali dell’impresa durante la procedura di composizione negoziata; di ridurre alla misura minima le sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta, in caso di pagamento nei termini; l’abbattimento alla metà, nell’ambito dell’eventuale successiva procedura concorsuale, di tutte le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari oggetto della procedura di composizione negoziata.
Il comma 4 consente di dilazionare in un massimo di settantadue rate mensili i debiti tributari dell’imprenditore che aderisca alla composizione negoziata della crisi d’impresa, anche prima dell’iscrizione a ruolo delle somme dovute, applicando regole parzialmente diverse dall’ordinaria disciplina della dilazione dei debiti iscritti a ruolo.
Ulteriori agevolazioni fiscali sono concesse ai sensi del comma 5 con riferimento alle componenti attive e passive dell’imposta sui redditi.
Il comma 6, con una disposizione di chiusura, prevede che la successiva dichiarazione di fallimento o l’accertamento dello stato di insolvenza riespandano gli importi dovuti ordinariamente a titolo di interessi e sanzioni.
Più precisamente, i primi tre commi della disposizione in esame riprendono il disposto dell’articolo 25 del Codice della crisi d’impresa, decreto legislativo n. 14 del 2019.
L’entrata in vigore del Codice è posticipata, per effetto dell’articolo 1 del provvedimento in esame, al 16 maggio 2022; per alcune parti l’entrata in vigore è fissata al 31 dicembre 2023, in particolare le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi (parte prima, Titolo II del Codice), ivi compreso il menzionato articolo 25.
Al riguardo si rammenta, come esposto nella Premessa del presente dossier, che una delle direttrici del provvedimento in parola è la soppressione di fatto dell’OCRI (Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa) e la sua sostituzione, a partire dal 15 novembre 2021, con l’istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, che ha quale principale ente pubblico di riferimento la Camera di Commercio.
Si tratta di una iniziativa a disposizione di ogni imprenditore in crisi, al quale, su domanda da presentare su una piattaforma telematica nazionale, viene affiancato un esperto con lo scopo di risanare l’impresa che, pur trovandosi in condizioni di difficoltà finanziarie ed economiche, potrebbe avere le potenzialità per restare sul mercato.
Per l’accesso alla composizione assistita per la soluzione della crisi d’impresa non sono previsti requisiti dimensionali minimi o massimi di accesso perché viene concepita come uno strumento utilizzabile da tutte le imprese iscritte al registro delle imprese, comprese le società agricole.
L’esperto è nominato da una commissione creata presso ogni Camera di commercio, che deve attingere da un elenco appositamente costituito dove potranno essere iscritti gli interessati in possesso di appositi requisiti di formazione. L’elenco degli esperti per la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è istituito presso le Camere di commercio e sarà composto da iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o all'albo degli avvocati, alle condizioni e ai requisiti di legge.
Con gli stessi requisiti formativi possono far parte del predetto elenco anche gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro in possesso di ulteriori, specifiche esperienze (avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati). Alle medesime condizioni, possono, infine, essere inseriti nell’elenco coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza.
L’articolo 25 del Codice disciplina le misure premiali, intesi come benefici di natura patrimoniale e personale, cumulabili tra loro, che spettano all'imprenditore che abbia correttamente e tempestivamente avviato e svolto il procedimento di composizione della crisi. Tra le misure di carattere patrimoniale sono previste: la riduzione alla misura legale degli interessi che maturano sui debiti fiscali dell’impresa durante la procedura di composizione assistita della crisi e sino alla sua conclusione; la riduzione alla misura minima delle sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento nei termini; la riduzione della metà, nell’ambito dell’eventuale successiva procedura concorsuale, di tutte le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari oggetto della procedura di composizione assistita della crisi.
Il comma 1 della disposizione in esame prevede che, dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e sino alla conclusione delle composizioni negoziate (previste dall’articolo 11, commi 1 e 2 del provvedimento), gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono ridotti alla misura legale.
Si ricorda che la disciplina dei tassi di interesse in materia fiscale è frammentata e frutto di stratificazioni occorse nel tempo; la misura di detti interessi è diversa sia secondo il tributo, sia secondo la fase del procedimento di accertamento o riscossione, nonché secondo la tipologia di adempimento (spontaneo o coattivo). Per una disamina approfondita si rinvia al sito della documentazione parlamentare.
Il comma 2 dispone che le sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta nell’ipotesi di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga vengano ulteriormente ridotte alla misura minima, qualora il termine per il pagamento scada dopo la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto (di cui all’articolo 2, comma 1).
Il richiamato comma 1 dell’articolo consente all’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.
Il comma 3 stabilisce che le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di nomina dell’esperto (di cui all’articolo 2, comma 1) e oggetto della composizione negoziata siano ridotti della metà nelle seguenti ipotesi, previste dall’articolo 11, commi 2 e 3 del provvedimento in esame:
- domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, a esito delle trattative (ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies, 182-novies della legge fallimentare, di cui al regio decreto n.267 del 1942).
In estrema sintesi, l’accordo di ristrutturazione può essere richiesto dall’imprenditore in stato di crisi ed è stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. Viene accompagnato da una relazione, redatta da un professionista, sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei (articolo 182-bis). La disciplina di cui all'articolo 182-bis si applica al caso in cui gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell'omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici (articolo 182-septies); a specifiche condizioni (articolo 182-novies, procedura agevolata) la percentuale dei debitori con cui è stipulato l’accordo può essere ridotta al trenta per cento;
- predisposizione di un piano attestato di risanamento (di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto n.267 del 1942).
Si tratta di uno strumento negoziale stragiudiziale che consente all'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza di proporre un progetto, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
- domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, di cui all’articolo 18 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia);
- accesso a una delle procedure previste dalla legge fallimentare, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270, che disciplina l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n.347 sulla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza.
Il comma 4 dispone che, in caso di pubblicazione nel registro delle imprese di un contratto coi creditori (di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a)) idoneo – secondo gli esperti – ad assicurare la continuità aziendale per non meno di due anni e dell’accordo (di cui all’articolo11, comma 1, lettera c) che produce gli effetti del piano attestato di risanamento (articolo 67, terzo comma, lettera d) l. fall., già menzionato) l’Agenzia delle entrate concede, all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di:
- imposte sul reddito;
- ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta;
- imposta sul valore aggiunto;
- imposta regionale sulle attività produttive
L’importo riguarda le somme non ancora iscritte a ruolo e i relativi accessori.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni ordinarie sulla rateazione dei debiti tributari iscritti a ruolo (articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica29 settembre 1973, n. 602).
Ai sensi dell’articolo 19 summenzionato l'agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo siano di importo superiore a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In caso di comprovato peggioramento della situazione del debitore la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.
Il debitore può chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. La presentazione della richiesta di dilazione, e fino alla data dell'eventuale rigetto della stessa richiesta ovvero dell'eventuale decadenza comporta:
a) la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza;
b) l’impossibilità di iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi quelli già iscritti alla data di presentazione;
c) l’impossibilità di avviare nuove procedure esecutive.
Il pagamento della prima rata determina l'estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate, a specifiche condizioni.
Ove il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può essere ulteriormente aumentata fino a centoventi rate mensili. Ai fini della concessione di tale maggiore rateazione, si intende per comprovata e grave situazione di difficoltà quella in cui ricorrono congiuntamente specifiche condizioni:
a) accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario;
b) solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile ai sensi del presente comma.
In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive:
a) il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione;
b) l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione;
c) il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.
In caso di provvedimento amministrativo o giudiziale di sospensione totale o parziale della riscossione, emesso in relazione alle somme che costituiscono oggetto della dilazione, il debitore è autorizzato a non versare, limitatamente alle stesse, le successive rate del piano concesso. Allo scadere della sospensione, il debitore può richiedere il pagamento dilazionato del debito residuo, comprensivo degli interessi fissati dalla legge per il periodo di sospensione, nello stesso numero di rate non versate del piano originario, ovvero in altro numero, fino a un massimo di settantadue.
La sottoscrizione dell’esperto costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà.
Le norme in esame prevedono che, oltre alle ordinarie cause di decadenza dal beneficio e in deroga alla disciplina generale, l’imprenditore perda automaticamente il beneficio della rateazione anche in caso di successivo deposito di ricorso per l’ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’articolo 161 l. fall, ovvero in caso di dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza o in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza.
Con tale disposizione, chiarisce il Governo, si intende consentire la rateazione dei debiti tributari maturati in capo all’impresa prima dell’inizio dell’attività di riscossione; la necessità di attendere l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti dall’imprenditore all’Erario rappresenta infatti, nella comune esperienza delle negoziazioni che precedono i piani attestati di risanamento, il principale ostacolo alla redazione del singolo piano nel quale non è possibile prevedere la rateazione finché non si attiva l’attività di riscossione. La disposizione incrementa inoltre le possibilità per lo Stato di recuperare le somme dovute dall’impresa anticipando anche il momento del loro recupero.
Il comma 5 prevede che, dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto volto ad assicurare la continuità aziendale per non meno di due anni e dell’accordo che produce gli effetti del piano attestato di risanamento (di cui al menzionato articolo 11, comma 1, rispettivamente lettere a) e c)), o degli accordi di ristrutturazione dei debiti (di cui all’articolo 11, comma 2), si applicano le norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917) che escludono dalle sopravvenienze attive imponibili le riduzioni di debito in sede di procedure concorsuali (articolo 88, comma 4-ter) e rendono deducibili le perdite sui crediti derivanti da procedure concorsuali (articolo 101, comma 5 TUIR).
Da ultimo, il comma 6 prevede che nel caso di successiva dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti senza le riduzioni di cui ai commi 1 e 2.
L’articolo 15 reca norme procedurali per la presentazione dell’istanza di composizione negoziata.
Le norme affidano all’organo di controllo societario il compito di segnalare all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina di un esperto per l’avvio della composizione negoziata della crisi. Viene specificato inoltre il contenuto della predetta segnalazione.
In particolare, ai sensi del comma 1, spetta all’organo di controllo societario il compito di segnalare, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina di un esperto per l’avvio della composizione negoziata della crisi (di cui all’articolo 2, comma 1, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Tale segnalazione deve essere motivata e trasmessa con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione; la segnalazione contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo è tenuto a riferire in ordine alle iniziative intraprese. Le norme specificano che in pendenza delle trattative rimane fermo, in capo all’organo di controllo, il dovere di vigilanza del collegio sindacale, di cui all’articolo 2403 del codice civile.
Ai sensi del richiamato articolo 2403, il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione e in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Esercita inoltre il controllo contabile ove lo statuto delle società non tenute alla redazione del bilancio consolidato affidino allo stesso la revisione legale.
Il comma 2 prevede che la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo da parte dell’organo di controllo e la vigilanza sull’andamento delle trattative siano valutate ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità dell’organo di controllo prevista dall’articolo 2407 del codice civile.
La richiamata norma prevede che i sindaci adempiano i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; essi sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
L'articolo 16 disciplina dettagliatamente il compenso dell'esperto. Tale compenso, che può variare da un minimo di quattromila euro a un massimo di quattrocentomila euro, è determinato in percentuale sull’ammontare dell’attivo?dell’impresa?debitrice secondo scaglioni determinati.
Nel dettaglio il comma 1 dispone che il compenso spettante all'esperto sia determinato in percentuale sull’ammontare dell’attivo?dell’impresa?debitrice, secondo una serie di scaglioni, indicati in dettaglio:
ü fino a euro 100.000,00, il 5,00%;
ü da euro 100.000,01 e fino a euro 500.000,00, l'1,25%;
ü da euro 500.000,01 e fino a euro 1.000.000,00, lo 0,80%;
ü da euro 1.000.000,01 e fino a euro 2.500.000,00, lo 0,43%;
ü da euro 2.500.000,01 e fino a euro 50.000.000,00 lo 0,10%;
ü da euro 50.000.000,01 e fino a euro 400.000.000,00, lo 0,025%;
ü da euro 400.000.000,01 e fino a euro 1.300.000.000,00, lo 0,008%;
ü sulle somme eccedenti euro 1.300.000.000,01, lo 0,002%.
Sempre con riguardo al calcolo delle percentuali che spettano all'esperto il comma 8 chiarisce che tali percentuali sono calcolate sulla media dell’attivo risultante dagli ultimi tre bilanci o, in mancanza, dalle ultime tre dichiarazioni dei redditi. Se?l’attività?è iniziata da meno di tre anni,?la media è calcolata sui bilanci o, in mancanza, sulle dichiarazioni dei redditi?depositati?dal?suo?inizio.??
Il comma 2 pone una soglia minima e un tetto massimo per il compenso: il minimo è pari a quattromila euro, il massimo è pari a quattrocentomila euro.
Entro i limiti inderogabili fissati dal comma 2, il successivo comma 3 prevede maggiorazioni o diminuzioni della quota percentuale di base in relazione al numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative.
Se il numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative è compreso tra 21 e 50, il compenso è aumentato del 25%; mentre se il numero dei creditori e delle parti interessate è superiore a 50, il compenso è aumentato del 35%.
Nel caso in cui il numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative non è superiore a 5, il compenso è invece ridotto del 40%. In?caso di vendita del complesso aziendale o di?individuazione?di un acquirente da parte dell’esperto è previsto infine un aumento del compenso del 10%.
Riguardo alla variabilità delle percentuali in base al numero dei creditori e delle altre parti interessate, il comma 4 precisa che i lavoratori e le rappresentanze sindacali non sono considerati in questo computo. Tuttavia l’esperto ha diritto ad un compenso di euro 100?per ogni ora di presenza risultante dai rapporti redatti in occasione delle consultazioni con i lavoratori e i sindacati di cui all’articolo?4, comma?8.
Ulteriori incrementi percentuali del compenso spettante all'esperto sono previsti dai commi 5 e 6 dell'articolo 16. Segnatamente, ai sensi del comma 5, il compenso è aumentato del 100% in tutti i casi in cui anche successivamente alla redazione della relazione finale si concludono il contratto, la convenzione o gli accordi con i creditori, ovvero viene predisposto un piano attestato di risanamento.
In base al comma 6, l'esperto percepirà un ulteriore aumento del 10% del compenso determinato ai sensi del comma precedente se egli sottoscriverà insieme all'imprenditore e ai creditori l'accordo previsto dall'articolo 11, comma 1, lettera c) del decreto-legge.
Il comma 7 opera una deroga rispetto ai minimi fissati dal comma 2, limitando il compenso a soli euro 500 quando l’imprenditore non compare davanti all’esperto oppure quando?è?disposta l’archiviazione subito dopo il primo incontro.
Il comma 9 prende in considerazione i rimborsi delle spese necessariamente sostenute dall'esperto delle spese necessarie per l’adempimento dell’incarico. Queste spese saranno rimborsate, purché siano accompagnate dalla corrispondente documentazione. Non saranno rimborsati, invece, eventuali esborsi sostenuti dall'esperto per la remunerazione di soggetti?dei quali egli si sia avvalso.
Mentre i commi 5 e 6, come si è visto, regolano la determinazione del compenso nei casi di conclusioni positive, il comma 10 si applica alle situazioni di mancato accordo tra le parti. In quest'ultima eventualità, il compenso?all'esperto viene liquidato dalla commissione che lo aveva nominato (cfr. l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge in esame) ed è a carico dell’imprenditore. Il provvedimento di liquidazione costituisce?prova scritta?idonea a norma delle disposizioni dell’articolo?633?c.p.c. relative alle ingiunzioni di pagamento o di consegna pronunciate dal giudice competente su richiesta di chi è creditore o ha diritto alla consegna, nonché titolo per la concessione?della provvisoria esecuzione?ai sensi dell’articolo 642 c.p.c.
Ai sensi dell'articolo 642 c.p.c il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria del decreto, se il credito e? fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, e può concedere l'esecuzione provvisoria anche qualora sussista pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ovvero qualora il ricorrente abbia prodotto documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere.
Il comma 11 rende prededucibile il compenso dell'esperto, ai sensi dell'articolo 111, secondo comma, della legge fallimentare
Si ricorda che a norma del richiamato articolo 111, secondo comma, della legge fallimentare, sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, oltre che quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare stessa.
Il comma 12 dell'articolo 16 del decreto-legge in commento consente infine all'esperto di ottenere un acconto sul presumibile compenso finale, tenendo conto dei risultati ottenuti e dell’attività prestata, a condizione che siano trascorsi almeno sessanta giorni dall'accettazione dell'incarico. Tale acconto, peraltro, non potrà essere superiore ad un terzo del presumibile compenso finale.
Al riguardo, si rileva l'esigenza di chiarire a chi competa valutare i risulti ottenuti e l'attività prestata e sulla base di quali criteri di valutazione.
L'articolo 17 disciplina la procedura di composizione negoziata da parte delle imprese di minori dimensioni. La disposizione consente di richiedere l'intervento di un esperto indipendente per cercare di risolvere situazioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario anche agli imprenditori che, svolgendo di attività di valore relativamente modesto, a normativa vigente risultano non soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo.
L'articolo 17, comma 1, consente agli imprenditori commerciali e agricoli che presentano i requisiti di cui all'articolo 1, secondo comma, della legge fallimentare- e che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza, di chiedere la nomina dell'esperto indipendente per tentare di risanare l'impresa.
Ai sensi dell'articolo 1 della legge fallimentare un imprenditore non è sottoposto alla disciplina del fallimento e del concordato preventivo se: ha avuto un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento, o dall'inizio dell'attività, se essa è stata di durata inferiore; ha realizzato ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento, o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; ha un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
Il comma 2 dell'articolo 17 indica la documentazione che l'imprenditore deve presentare unitamente all'istanza. Al riguardo, il comma 2 rinvia alla documentazione indicata nell'articolo 5, comma 1, dello stesso decreto-legge in esame. La domanda da parte dell'imprenditore deve essere presentata all'organismo di composizione della crisi o al segretario generale della?camera?di commercio, industria, artigianato e agricoltura?nel cui ambito territoriale si trova la sede?legale?dell’impresa. L'esperto ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle difficili condizioni di partenza, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.
I commi 3 e 4 dell'articolo 17, che regolano l'attività dell'esperto incaricato e che prefigurano le strade a disposizione delle parti quando all'esito del lavoro fatto viene individuata una soluzione idonea al superamento della situazione iniziale, sono nel solco delle prescrizioni dettate dagli articoli precedenti. Per quanto concerne l'esperto, nel comma 3 sono espressamente richiamati i contenuti di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge (vedi supra).
Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, a norma del comma 4 dell'articolo 17 le parti possono alternativamente:
· concludere un?contratto?privo di effetti nei confronti dei terzi,?ma idoneo ad assicurare la continuità aziendale, oppure una convenzione di moratoria, anche non commerciale, avente natura derogatoria e diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito (si veda l'articolo 182-octies della legge fallimentare introdotto dal decreto-legge in esame);
· concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, senza necessità?di attestazione, idoneo a produrre gli effetti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) della legge fallimentare (tale disposizione sottrae alla revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria);
· proporre un accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell'articolo 7 della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento)
· chiedere la liquidazione dei beni, a norma dell'articolo 14-ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3.
· proporre domanda?di?concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio
Il comma 5 dell'articolo 17 del decreto-legge assegna all'esperto il compito di comunicare l'esito della negoziazione al tribunale. Quest'ultimo, a sua volta, dichiarerà la cessazione degli effetti delle?eventuali?misure protettive?e cautelari?concesse a suo tempo.
Se all'esito delle trattative non è possibile raggiungere l'accordo l'esperto deve, su richiesta dell'imprenditore svolgere i compiti di gestore della crisi di cui alla legge n. 3 del 2012 (già ricordata in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento (comma 6).
Si valuti l'opportunità di meglio puntualizzare a quali compiti si intenda far riferimento.
Il comma 7 dell'articolo 17 precisa che, in generale, anche alle imprese "minori" si applicano, nella misura in cui sono compatibili, le disposizioni degli articoli da 4 a 16 del presente decreto-legge, ad eccezione dell'articolo 11.
Il comma 8, infine, dispone che il compenso dell'esperto è liquidato dal responsabile?dell’organismo di composizione della crisi o dal segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che lo ha nominato. Ai fini della quantificazione del compenso trovano applicazione - in ragione del rinvio di cui al comma 7 - i criteri fissati dall'articolo 16.
L'articolo 18 introduce e disciplina il concordato liquidatorio cosiddetto “semplificato”, uno strumento alternativo alle attuali procedure concorsuali, al quale l'imprenditore può ricorrere nel caso in cui non sia possibile effettuare una composizione negoziata stragiudiziale della crisi dell'azienda.
Più nel dettaglio i commi 1 e 2 dell'articolo prevedono che nel caso in cui non sia possibile una composizione negoziata stragiudiziale della crisi dell'azienda l’imprenditore, entro sessanta giorni dalla relazione negativa dell’esperto, può presentare, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell'articolo 161, secondo comma, del R.D. n. 267/1942, chiedendone l'omologazione. Il ricorso è comunicato al PM e viene immediatamente pubblicato dalla cancelleria del tribunale nel registro delle imprese, per rispondere alle esigenze di pubblicità, trasparenza, di integrazione del contraddittorio e di tutela dei terzi di buona fede.
Il Tribunale valutata la ritualità della proposta, è tenuto a nominare con decreto un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c., il quale deve fare pervenire l'accettazione dell'incarico entro tre giorni dalla comunicazione. All'ausiliario - precisa la disposizione - si applica quanto previsto dagli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo n. 159 del 2011, il cosiddetto codice antimafia (comma 3).
Il comma 4-bis dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 159 prevede un sistema di incompatibilità alla nomina di amministratore giudiziario (o di suo coadiutore) derivante da legami di parentela o da rapporti amicali o di natura affettiva con magistrati addetti all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che conferisce l'incarico. In dettaglio, secondo il comma 4-bis dell'art. 35 del codice antimafia, risultano ostativi alla nomina ad amministratore giudiziario (e coadiutore dello stesso) i seguenti legami o rapporti tra il professionista e il magistrato addetto all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico: il rapporto di coniugio, di unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016 n. 76; la parentela entro il terzo grado; l’affinità entro il secondo grado; il rapporto di assidua frequentazione; tale ultima relazione è specificamente definita dal comma 4-bis come derivante: da una relazione sentimentale; da un rapporto di amicizia consolidato e connotato da "reciproca confidenza"; dal rapporto di frequentazione tra commensali abituali (già prevista per le incompatibilità da relazione indiretta).
Gli articoli 35.1 e 35.2 disciplinano rispettivamente le modalità di accertamento della sussistenza delle cause di incompatibilità e la vigilanza, da parte del presidente della Corte di appello, su tutti gli incarichi conferiti nel distretto.
Il tribunale con il medesimo decreto ordina che la proposta, unitamente al parere dell'ausiliario e alla relazione finale dell'esperto, venga comunicata a cura del debitore ai creditori, ove possibile a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa la data dell'udienza per l'omologazione. Tra il giorno della comunicazione del provvedimento e quello dell'udienza di omologazione devono decorrere non meno di trenta giorni. I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all'omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza fissata (comma 4).
Il Tribunale, ai sensi del comma 5, a seguito di un’eventuale istruttoria d’ufficio o richiesta dalle parti, verificata la regolarità del contraddittorio, del procedimento, il rispetto delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, omologa il concordato nel caso in cui la proposta così come formulata non arrechi pregiudizio ai creditori e assicuri un’utilità a ciascun creditore.
Il tribunale provvede con decreto motivato, immediatamente esecutivo, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio. Il decreto è quindi pubblicato e comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello ai sensi (comma 6).
Il decreto della corte d'appello è ricorribile per cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione (comma 7).
Ai sensi del comma 8 sono applicabili in quanto compatibili le disposizioni di cui agli artt. 173 (Revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura), 184 (Effetti del concordato per i creditori), 185 (Esecuzione del concordato), 186 (Risoluzione e annullamento del concordato) e 236 (Concordato preventivo e, accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, e convenzione di moratoria e amministrazione controllata), del R.D. n. 267 del 1942, con una novità che è quella della sostituzione della figura del commissario giudiziale con quella dell'ausiliario. Ai fini di cui all'articolo 173, primo comma, del R.D. del 1942, il decreto di cui al comma 4 dell'articolo in esame equivale all'ammissione al concordato.
Il primo comma dell'articolo 173 del R.D. n. 267 prevede che il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale a mezzo pec.
L'articolo 19 disciplina le modalità di liquidazione del patrimonio, conseguente alla presentazione della proposta di concordato semplificato per cessione dei beni.
L'articolo 19 regola le modalità di liquidazione del patrimonio dell'imprenditore in regime di concordato semplificato (si veda la scheda relativa all'articolo 18). Il tribunale, contestualmente all'emissione del decreto di omologazione del piano di liquidazione in regime di concordato semplificato proposto dall'imprenditore, nomina un liquidatore giudiziale (comma 1). Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dall'articolo 182 della legge fallimentare, recante Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.
Tale articolo fra le altre prevede che le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell'azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco siano autorizzate dal comitato dei creditori.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 19 se il piano di liquidazione comprende un’offerta da parte di un soggetto intesa al trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, anche prima dell'omologazione, il liquidatore giudiziale è tenuto a verificare se sul mercato siano praticabili soluzioni migliori. Nel caso in cui non vi siano alternative migliori il liquidatore dà esecuzione all'offerta. Per quanto concerne la vendita, trova applicazione le disposizioni di cui agli articoli da 2919 a 2929 c.c., i quali regolano gli effetti delle vendite forzate o delle assegnazioni.
Tra gli effetti previsti dagli articoli del codice civile di cui sopra, giova richiamare sinteticamente i più rilevanti. Uno di essi è che a norma dell'articolo 2919 non sono opponibili all'acquirente diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione. A norma dell'articolo 2920, se oggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall'esecuzione, non possono farle valere nei confronti dell'acquirente di buona fede. L'articolo 2922 afferma che nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa. Ai sensi dell'articolo 2929, la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione.
Il comma 3 infine precisa che se il piano di liquidazione prevede che l'offerta debba essere accettata prima della omologazione, all'offerta deve dare esecuzione l'ausiliario, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, previa autorizzazione da parte del tribunale.
L'articolo 20, comma 1, reca novelle alla legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), intervenendo principalmente sulla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Una prima serie di novelle interviene sull'omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, nonché sulla disciplina inerente ai casi di modifiche sostanziali ai piani di ristrutturazione dei debiti che si rendano necessarie, ai fini dell'omologazione dell'accordo.
Ulteriori novelle concernono il finanziamento della continuità aziendale nell'ambito delle procedure di concordato o di accordo di ristrutturazione. Esse prevedono che il tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni dei lavoratori in relazione a mensilità antecedenti al deposito del ricorso per concordato; è inoltre inserita la previsione che consente la prosecuzione dei pagamenti dei contratti di mutuo garantiti da ipoteca sui beni utilizzati per la continuità aziendale. Riguardo al concordato con continuità aziendale, inoltre, viene estesa a due anni la durata della moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, eventualmente prevista dal piano di concordato.
L'articolo in esame prevede inoltre l'inserimento nella legge fallimentare della disciplina degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, della nuova disciplina della convenzione in moratoria e degli accordi di ristrutturazione agevolati. Si tratta di istituti già disciplinati dal Codice della crisi d'impresa e di insolvenza la cui entrata in vigore è differita dall'articolo 1 del presente decreto-legge. Con l'introduzione dei medesimi istituti nella legge fallimentare ad opera del presente articolo, se ne anticipa l'entrata in vigore. A tali istituti, inoltre, viene estesa la disciplina penale recata dalla legge fallimentare.
I commi 2 e 3 recano disposizioni sui termini per l'applicabilità delle norme in esame.
Per le modifiche alla legge fallimentare si veda il testo a fronte in calce alla presente scheda.
La novella di cui al comma 1, lettera a), modifica l'art. 180, quarto comma, della legge fallimentare, di cui al R.D. n. 267 del 1942 (di seguito LF) sul giudizio di omologazione del concordato preventivo.
Il concordato fra debitore e creditori concernente l'estinzione delle obbligazioni deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori e omologata dal tribunale. Il citato comma quarto, come modificato, prevede che il tribunale omologhi il concordato preventivo anche qualora, da un lato, la mancata adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie determini il mancato raggiungimento delle relative percentuali minime, e, dall'altro - anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista designato dal debitore - la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. La novella in esame ha modificato la formulazione del quarto comma, là dove il testo previgente stabiliva l'omologazione da parte del tribunale "anche in mancanza di voto" da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.
Le lettere b) e c) modificano rispettivamente i commi quarto e ottavo dell'art. 182-bis LF, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti.
Si ricorda che, a seguito delle modifiche introdotte alla legge fallimentare dal decreto-legge n. 35 del 2005 (convertito con modificazioni dalla legge 80/2005), è stata introdotta la possibilità del debitore, nell’ambito del concordato preventivo, di concludere con i creditori un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti che gli permetta di fare fronte alla crisi dell’impresa tramite un piano concordato con i creditori rappresentanti.
L'art. 182-bis LF disciplina tali accordi di ristrutturazione delineando una procedura suddivisa in due fasi:
• una fase stragiudiziale: l'accordo, redatto in forma scritta, deve essere sottoscritto dai creditori che rappresentino almeno sessanta per cento del passivo del debitore e deve garantire l'integrale pagamento dei creditori estranei all'accordo. La veridicità dei dati aziendali deve essere attestata da un professionista. Sono dettati inoltre i termini entro i quali deve avvenire il pagamento integrale dei creditori non aderenti all'accordo: entro 120 giorni dall'omologazione in caso di crediti già scaduti a quella data; entro 120 giorni dalla scadenza in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. L'accordo deve essere quindi pubblicato nel registro delle imprese e i creditori e ogni altro interessato possono, entro 30 giorni, proporvi opposizione. Per sessanta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese sono inibite ai creditori azioni cautelati o esecutive sul patrimonio del debitore ed ogni eventuale azione in essere è sospesa. La pubblicazione comporta altresì il divieto - temporaneo - di acquisire titoli di prelazione se non concordati;
• una fase giudiziale puntualmente disciplinata dall'articolo e consistente nella richiesta di omologazione, che deve essere effettuata dal tribunale.
Il quarto comma dell'art. 182-bis in questione disciplina (in analogia con quanto previsto dall'art. 180 LF, v. supra) l'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti in caso di mancata adesione dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando tale adesione sia necessaria al raggiungimento della percentuale del sessanta per cento dei crediti (di cui al primo comma del medesimo articolo). Anche nel caso degli accordi di ristrutturazione, tale disciplina si applica quando - anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista designato dal debitore - la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria
Si segnala che le disposizioni, qui modificate dalle lettere a) e b), sull'omologazione del concordato preventivo di cui all'art. 182-bis, quarto comma, LF (al pari di quelle di analogo tenore riferite al concordato preventivo di cui all'art. 180, quarto comma, LF) sono state introdotte dall'art. 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 125 del 2020 (come convertito dalla legge n. 159 del 2020). In tal modo il decreto-legge n. 125, in considerazione delle situazioni di crisi determinate dall'emergenza COVID-19, ha anticipato, inserendole nella legge fallimentare vigente, talune disposizioni di contenuto analogo presenti nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.
La disciplina dell'omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti è contenuta nell'art. 48 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (decreto legislativo n. 14 del 2019, di cui il decreto-legge in esame differisce l'entrata in vigore al 16 maggio 2022). Tale articolo, al comma 5, disciplina in casi in cui il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria, quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali prescritte (di cui all'articolo 57, comma 1, e 60 comma 1 del medesimo decreto legislativo).
Inoltre, il medesimo art. 3 del decreto-legge n. 125 del 2020, al comma 1-ter, prevede che (dal 4 dicembre 2020, data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto) cessi l'applicazione del D.M. 4 agosto 2009 - decreto concernente le modalità di applicazione, i criteri e le condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali nell'ambito delle procedure relative agli accordi di ristrutturazione e concordati preventivi.
La lettera b) novella il quarto comma dell'art. 182-bis introduce il termine di novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento per la presentazione, ai fini dell'omologazione, della proposta di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. In caso contrario (come esplicitato dalla relazione illustrativa) si realizzerebbe, quindi, un'ipotesi di silenzio-diniego.
La lettera c) modifica l'ottavo comma dell'art. 182-bis LF. Esso prevede - anche nel testo finora vigente - che qualora dopo l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore dovrà apportare al medesimo piano di ristrutturazione le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo al professionista indipendente il rinnovo della relazione nonché il rinnovo delle manifestazioni di consenso da parte dei creditori coinvolti dall'accordo. In tali casi, il piano modificato e la relazione sono pubblicati nel registro delle imprese. Di tale pubblicazione è dato avviso ai creditori a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata - pec. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale.
Tale disposizione è stata introdotta dall'art. 37-ter del decreto-legge n. 41 del 2021 (c.d. decreto sostegni, convertito dalla legge n. 69 del 2021). Essa anticipa di fatto il contenuto dell'articolo 58, comma 2 del Codice della crisi d'impresa, con la finalità di agevolare l'imprenditore che intenda eseguire l'accordo di ristrutturazione, anche quando eventi economici sopravvenuti all'omologazione determinino la necessità di modifiche sostanziali.
La novella in esame prevede l'integrazione di tali disposizioni con una specifica disciplina relativa a modifiche rilevanti che si rendono necessarie prima dell'omologazione dell'accordo. Anche in tale caso, deve essere rinnovata l'attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso, a cura del professionista. Il debitore chiede il rinnovo delle manifestazioni di consenso ai creditori parti degli accordi. L'attestazione deve essere rinnovata anche in caso di modifiche sostanziali degli accordi.
Inoltre, la medesima novella in esame specifica che il professionista chiamato a rinnovare l'attestazione del piano a seguito di modifiche rilevanti, deve essere il soggetto indicato all’articolo 67, terzo comma, lettera d), LF.
Si tratta del professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso di taluni requisiti (previsti dall'articolo 28, lettere a) e b), LF) che deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
La lettera d) modifica il quinto comma ed aggiunge un nuovo comma (dopo il quinto comma medesimo) all'articolo 182-quinquies LF, rubricato "Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti". Per l'applicabilità di tali disposizioni vedi il comma 2, del presente articolo 20.
L'art. 182-quinquies LF, al quinto comma stabilisce che il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale può chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista indipendente attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Il sesto comma del medesimo articolo reca disposizione di analogo tenore sui pagamenti di crediti anteriori, stabilendo che il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo, prima della sua formalizzazione può chiedere al tribunale di essere autorizzato, in presenza degli stessi presupposti, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni e servizi. I pagamenti effettuati non sono soggetti all’azione revocatoria.
Integrando il quinto comma, la novella in esame prevede che il tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni, dovute per le mensilità antecedenti al deposito del ricorso, ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione.
Introducendo un comma aggiuntivo, la medesima novella estende la disciplina di cui al quinto comma, in caso di continuità aziendale, al rimborso delle rate del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa, alla scadenza convenuta. Si consente quindi la prosecuzione dei pagamenti dei contratti di mutuo garantiti da ipoteca sui beni utilizzati per la continuità aziendale, laddove capienti rispetto al credito garantito. La disposizione si applica se il debitore, alla data della presentazione della domanda di ammissione al concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il tribunale lo autorizza al pagamento del debito, per capitale ed interessi, scaduto a tale data. Il professionista (in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), LF; v. supra) attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
Le disposizioni in esame derogano a quanto stabilito dall'art. 55, secondo comma, LF, il quale prevede che i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
Riguardo ai contenuti dei primi quattro commi dell'art. 182-quinquies LF, si ricorda, per completezza di informazione, che il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili, se un professionista designato dal debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. La richiesta di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili può essere avanzata dal debitore anche prima del deposito del piano relativo alle modalità e ai tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo e della relativa documentazione prescritta dall’art. 161 LF. Si prevede che il debitore possa essere autorizzato fin dalla presentazione della domanda “prenotativa”, a contrarre limitati finanziamenti prededucibili a sostegno dell’attività aziendale, nel periodo necessario a presentare l’istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale. Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei medesimi finanziamenti.
La lettera e) riscrive integralmente l’articolo 182-septies LF. Tale articolo, come modificato, dispone in ordine agli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, in tal modo anticipando la disciplina di cui all'art. 61 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (v. infra il testo a fronte con il testo dell'art. 61 del Codice).
Per il termine temporale di applicabilità di tali disposizioni, vedi il comma 2 del presente articolo 20.
La disciplina in esame estende l'ambito di applicazione degli accordi di ristrutturazione, finora prevista per gli accordi con intermediari finanziari, anche a creditori non aderenti appartenenti a categorie omogenee diverse da quella dei creditori finanziari.
Tali accordi, che continuano comunque ad applicarsi nei casi in cui l'ammontare dei debiti sia rappresentato da banche e intermediari finanziari, possono riguardare solo creditori appartenenti alla medesima classe che abbiano, quindi, posizione giuridica ed interessi economici omogenei e comportano una espressa deroga agli articoli 1372 (efficacia del contratto) e 1411 (contratto a favore di terzi) del codice civile.
I requisiti necessari per gli accordi ad efficacia estesa sono:
§ Il raggiungimento della soglia del settantacinque per cento per i crediti riferiti ai soggetti aderenti all'accordo appartenenti alla medesima classe;
§ la necessità che tutti i creditori appartenenti alla classe siano stati debitamente e compiutamente informati e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative;
§ l’obbligo del debitore di notificare l’accordo, la domanda di omologazione ed i documenti allegati ai creditori ai quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo; questi ultimi potranno, peraltro, opporsi all’omologa dell’accordo, nel rispetto delle condizioni previste dalle norme in esame.
Rispetto alla disciplina previgente recata dalla LF, la disciplina innova il contenuto del piano e dell’accordo che deve prevedere la prosecuzione dell’attività d’impresa. Inoltre si precisa che gli effetti dell’accordo possono essere estesi ai non aderenti soltanto ove essi risultino soddisfatti in misura superiore rispetto "alle alternative concretamente praticabili" (laddove il Codice della crisi d'impresa fa riferimento solamente "alla liquidazione giudiziale").
Rimane ferma la tutela dei diritti dei creditori non appartenenti alla classe individuata nell’accordo. È prevista una tutela rafforzata per i creditori non aderenti cui vengano estesi gli effetti dell’accordo, creditori ai quali deve essere notificata la domanda di omologazione e che potranno proporre opposizione. Per essi, il termine per proporre opposizione decorre dalla data della notificazione.
Testo a fronte dell'art. 61 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza con l'art. 182-septies LF in materia di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa
Decreto legislativo n. 14 del 2019 |
Regio decreto n. 267 del 1942 |
Art. 61 (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa) |
Art. 182-septies (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa) |
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione si applicano, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, al caso in cui gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell'omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. |
La disciplina di cui all'articolo 182-bis si applica, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, al caso in cui gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell'omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. |
2. Ai fini di cui al comma 1 occorre che: |
Ai fini di cui al primo comma occorre che: |
a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti; |
a) identica; |
b) l'accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell'attività d'impresa in via diretta o indiretta ai sensi dell'articolo 84, comma 2, e che i creditori vengano soddisfatti in misura significativa o prevalente dal ricavato della continuità aziendale; |
b) l'accordo preveda la prosecuzione dell'attività d'impresa in via diretta o indiretta; |
c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; |
c) identica; |
d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell'accordo possano risultare soddisfatti in base all'accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale; |
d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell'accordo possano risultare soddisfatti in base all'accordo stesso in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili; |
e) il debitore abbia notificato l'accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo. |
e) identica. |
3. I creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo possono proporre opposizione ai sensi dell'articolo 48, comma 4. Per essi, il termine per proporre opposizione decorre dalla data della comunicazione. |
Per i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo il termine per proporre opposizione decorre dalla data della notifica di cui al secondo comma. |
4. In nessun caso, per effetto dell'accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l'accordo possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. |
Identico. |
5. Quando un'impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo, l'accordo di ristrutturazione dei debiti può individuare una o più categorie tra tali tipologie di creditori che abbiano fra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso il debitore, con il ricorso di cui all'articolo 40, può chiedere, anche se non ricorre la condizione prevista dal comma 2, lettera b), che gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. |
Quando un'impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo, l'accordo di ristrutturazione dei debiti può individuare una o più categorie tra tali tipologie di creditori che abbiano fra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso il debitore, con la domanda di cui all'articolo 182-bis, può chiedere, anche se non ricorre la condizione prevista dal secondo comma, lettera b), che gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. |
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La lettera f) introduce gli articoli 182-octies, 182-novies e 182-decies nella legge fallimentare.
Per il termine di applicabilità di tali disposizioni vedi il comma 2, del presente articolo 20.
L'articolo 182-octies disciplina la convenzione di moratoria. Tale disciplina riprende sostanzialmente quanto previsto dall'articolo 62 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (per il dettaglio, v. infra il testo a fronte con l'art. 62 del Codice). La disposizione estende l'ambito di applicazione dell'istituto della convenzione in moratoria anche a creditori diversi da banche e intermediari finanziari.
La convenzione in moratoria era contemplata dall'articolo 182-septies della legge fallimentare (nel testo precedente alle modifiche del presente decreto-legge) quale strumento di composizione della crisi di impresa che si caratterizzava per avere ad oggetto debiti verso banche e intermediari finanziari, già scaduti o ancora a scadere, di cui si prevedeva la dilazione dei termini di pagamento.
La convenzione disciplina in via provvisoria gli effetti della crisi e riguarda ogni tipo di misura che non comporti rinuncia al credito. Le disposizioni in esame individuano i seguenti requisiti necessari per l’estensione degli effetti della moratoria:
§ il raggiungimento della soglia del settantacinque per cento dei creditori aderenti appartenenti alla medesima classe,
§ la necessità che tutti i creditori appartenenti alla classe siano stati debitamente e compiutamente informati e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative,
§ i creditori non aderenti subiscano un pregiudizio "proporzionato e coerente" con le ipotesi di soluzione della crisi o dell'insolvenza in concreto perseguite (secondo la formulazione del Codice della crisi d'impresa, vi devono gli effetti della moratoria possono essere estesi ai non aderenti soltanto ove essi risultino soddisfatti in misura superiore rispetto alla liquidazione giudiziale).
Si tratta di requisiti in parte analoghi a quanto previsto dal nuovo art. 182-septies per l'estensione dell'efficacia
È prescritto il deposito di una relazione redatta da un professionista indipendente designato dal debitore. Essa riguarda anche la veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, oltre che la convenienza della convenzione.
Per quanto concerne la disciplina del procedimento: il debitore ha l’obbligo di comunicare la convenzione e la relazione del professionista ai creditori non aderenti i quali possono opporsi entro trenta giorni.
La nuova disciplina della convenzione prevede che il termine per l’opposizione non sia sottoposto alla sospensione nel periodo feriale, in quanto il termine decorre da una comunicazione del debitore e non dall’iscrizione nel registro delle imprese. Inoltre, i creditori non aderenti a cui si vuole estendere la convenzione di moratoria devono essere obbligatoriamente informati delle trattative, al fine di portali necessariamente a conoscenza dell’iniziativa dell’imprenditore.
Il tribunale decide sulle opposizioni in camera di consiglio con decreto motivato (il Codice della crisi prevede invece la sentenza) nei cui confronti è ammesso reclamo alla corte di appello, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, ai sensi dell'articolo 183 LF.
Testo a fronte dell'art. 62 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza con l'art. 182-septies LF in materia di convenzione di moratoria
Decreto legislativo n. 14 del 2019 |
Regio decreto n. 267 del 1942 |
Art. 62 (Convenzione di moratoria) |
Art. 182-octies (Convenzione di moratoria) |
1. La convenzione di moratoria conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, e i suoi creditori, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria. |
Identico. |
2. Ai fini di cui al comma 1 occorre che: |
Ai fini di cui al primo comma occorre che: |
a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti; |
a) identica; |
b) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; |
b) identica; |
c) vi siano concrete prospettive che i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, possano risultare soddisfatti all'esito della stessa in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale; |
c) i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell'insolvenza in concreto perseguite; |
d) un professionista indipendente, abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l'idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c). |
d) un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l'idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c). |
3. In nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. |
Identico. |
4. La convenzione va comunicata, insieme alla relazione del professionista indicato al comma 2, lettera d), ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale. |
La convenzione va comunicata, insieme alla relazione del professionista indicato al secondo comma ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale. |
5. Entro trenta giorni dalla comunicazione può essere proposta opposizione avanti al tribunale. 6. Il tribunale decide sulle opposizioni in camera di consiglio con sentenza. 7. Contro la sentenza che pronuncia sulle opposizioni è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 51. |
Entro trenta giorni dalla comunicazione può essere proposta opposizione avanti al tribunale. Il tribunale decide sulle opposizioni in camera di consiglio, con decreto motivato. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell'articolo 183. |
L'articolo 182-novies disciplina gli accordi di ristrutturazione agevolati.
Tali accordi possono essere conclusi dall'imprenditore con i creditori che rappresentino almeno il 30% dei crediti (la metà di quanto richiesto dalla disciplina generale di cui all'art. 182-bis). Essi possono essere conclusi solo ove il debitore:
§ rinunci alla moratoria del pagamento dei creditori estranei di cui all'art. 182-bis, primo comma, lettere a) e b) (e quindi il piano deve essere idoneo ad effettuare il pagamento dei creditori dissenzienti in modo integrale e tempestivo);
§ non abbia presentato il ricorso contenente la domanda di concordato (art. 161, sesto comma, LF);
§ non abbia richiesto la sospensione dell'avvio o della continuazione le azioni cautelari o esecutive (art. 182-bis, sesto comma, LF).
Tale disciplina, che riduce a determinate condizioni la percentuale dei creditori aderenti necessaria per la conclusione dell'accordo da parte del debitore mira a favorire l'accesso a tale procedura, corrisponde alla disciplina di cui all'articolo 60 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (v. infra il testo a fronte).
Testo a fronte dell'art. 60 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza con l'art. 182-novies LF in materia di accordi di ristrutturazione agevolati
Decreto legislativo n. 14 del 2019 |
Regio decreto n. 267 del 1942 |
Art. 60 (Accordi di ristrutturazione agevolati) |
Art. 182-novies (Accordi di ristrutturazione agevolati) |
1. La percentuale di cui al all'articolo 57, comma 1, è ridotta della metà quando il debitore: |
La percentuale di cui all'articolo 182-bis, primo comma, è ridotta della metà quando il debitore: |
a) non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi; |
a) abbia rinunciato alla moratoria di cui all'articolo 182-bis, primo comma, lettere a) e b); |
b) non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee. |
b) non abbia presentato il ricorso previsto dall'articolo 161, sesto comma, e non abbia richiesto la sospensione prevista dall'articolo 182-bis, sesto comma. |
L’articolo 182-decies LF è rubricato “Coobbligati e soci illimitatamente responsabili”; è identico all’articolo 59 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Tale disposizione, riguardo agli effetti dell’accordo, prevede che la sua efficacia sia estesa ai soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo.
La lettera g) modifica l'art. 186-bis, secondo comma, lettera c), LF, in materia di concordato preventivo con continuità aziendale. La novella in esame estende (da uno a due anni) la durata della moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, eventualmente prevista dal piano di concordato con continuità aziendale.
Ai sensi del comma 3 del presente articolo 20 tale disposizione si applica ai piani presentati successivamente al 25 agosto 2021 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge n. 118).
La lettera h) interviene sull'articolo 236 LF per estendere la disciplina penale ivi prevista (per gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, nel testo previgente) alle ipotesi di illecito riferite alla nuova disciplina dettata dall'articolo 20 in esame. Viene quindi estesa ai nuovi istituti la disciplina sanzionatoria di cui agli articoli 223, 224, 227, 232 e 233 LF.
Il riferimento è quindi:
- per l’art. 223 (pene per la bancarotta fraudolenta), alla sanzionabilità del debitore (reclusione da tre a dieci anni) delle ipotesi di distrazione, occultamento, distruzione o dissipazione (anche parziale) dei suoi beni ovvero, esposizione di passività inesistenti; falsificazione, distrazione o distruzione di libri contabili per ostacolare la ricostruzione del patrimonio;
- per l’art. 224 (pene per la bancarotta semplice), alla sanzionabilità del debitore (reclusione da sei mesi a due anni) che ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa; non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare; alla mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili;
- per l’art. 227, alla sanzionabilità dell’institore dell’imprenditore debitore per i reati di bancarotta (semplice e fraudolenta), ricorso abusivo al credito e denuncia di creditori inesistenti;
- per l’art. 232, alla sanzionabilità (reclusione da uno a cinque anni) di chiunque faccia domande di ammissione di crediti simulati o compia distrazioni di beni (senza concorso col debitore);
- per l’art. 233, alla sanzionabilità (reclusione da sei mesi a tre anni e multa non inferiore a 103 euro) del cd. mercato di voto da parte dell’intermediario finanziario che concorda col debitore, o con altri nell'interesse di quest’ultimo, vantaggi a proprio favore per dare il suo voto agli accordi in questione.
Il comma 2 dell'articolo 20 in esame stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), si applicano
§ ai ricorsi con i quali si propone domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, di cui all'articolo 161 LF;
§ ai procedimenti per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti successivamente al 25 agosto 2021 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge), nonché alle comunicazioni di convenzione di moratoria successive alla medesima data.
Per quanto concerne il comma 3, v. supra alla lettera h).
Di seguito si allega il testo a fronte delle disposizioni della legge fallimentare novellate dal presente articolo.
Testo a fronte del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel testo previgente, con le novelle introdotte dall'art. 20 del decreto-legge in esame
Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa |
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Testo previgente |
Testo modificato |
Titolo III Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione |
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Capo V Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti |
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Art. 180 (Giudizio di omologazione) |
Art. 180 (Giudizio di omologazione) |
Se il concordato è stato approvato a norma del primo comma dell'articolo 177, il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell'articolo 17 e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti. |
Identico. |
Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere. |
Identico. |
Se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. |
Identico. |
Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell'ipotesi di cui al secondo periodo del primo comma dell'articolo 177 se un creditore appartenente ad una classe dissenziente ovvero, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. |
Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell'ipotesi di cui al secondo periodo del primo comma dell'articolo 177 se un creditore appartenente ad una classe dissenziente ovvero, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. |
Il tribunale provvede con decreto motivato comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori. Il decreto è pubblicato a norma dell'articolo 17 ed è provvisoriamente esecutivo. |
Identico. |
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo. |
Identico. |
Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto. |
Identico. |
Art. 182-bis (Accordi di ristrutturazione dei debiti) |
Art. 182-bis (Accordi di ristrutturazione dei debiti) |
L'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. |
Identico. |
L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione. |
Identico. |
Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di prelazione se non concordati. Si applica l'articolo 168 secondo comma. |
Identico. |
Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. |
Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. Ai fini di cui al periodo che precede, l’eventuale adesione deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento. |
Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell'art. 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese. |
Identico. |
Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall'imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell'articolo 9 la documentazione di cui all'articolo 161, primo e secondo comma, lettere a), b), c) e d) e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L'istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l'effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione. |
Identico. |
II tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l'udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell'udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile. |
Identico. |
Qualora dopo l'omologazione si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo al professionista indicato al primo comma il rinnovo della relazione. In tal caso, il piano modificato e la relazione sono pubblicati nel registro delle imprese e della pubblicazione è dato avviso ai creditori a mezzo di lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale, nelle forme di cui al quarto comma. |
Se prima dell'omologazione intervengono modifiche sostanziali del piano, è rinnovata l'attestazione di cui al primo comma e il debitore chiede il rinnovo delle manifestazioni di consenso ai creditori parti degli accordi. L'attestazione deve essere rinnovata anche in caso di modifiche sostanziali degli accordi. Qualora dopo l'omologazione si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo al professionista indicato all’articolo 67, terzo comma, lettera d) il rinnovo dell’attestazione. In tal caso, il piano modificato e l’attestazione sono pubblicati nel registro delle imprese e della pubblicazione è dato avviso ai creditori a mezzo di lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale, nelle forme di cui al quarto comma. |
A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo. |
Identico. |
Art. 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti) |
Art. 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti) |
Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione di cui all'articolo 161, commi secondo e terzo assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, se un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. |
Identico. |
L'autorizzazione di cui al primo comma può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative. |
Identico. |
Il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, anche in assenza del piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato in via d'urgenza a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, o all'udienza di omologazione di cui all'articolo 182-bis, quarto comma, o alla scadenza del termine di cui all'articolo 182-bis, settimo comma. Il ricorso deve specificare la destinazione dei finanziamenti, che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti e che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda. Il tribunale, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, sentito il commissario giudiziale se nominato, e, se del caso, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto motivato, entro dieci giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione. La richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda. |
Identico. |
Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei medesimi finanziamenti. |
Identico. |
Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori. |
Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori. Il tribunale può autorizzare il pagamento delle retribuzioni dovute per le mensilità antecedenti al deposito del ricorso ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione. |
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Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, la disciplina di cui al quinto comma si applica, in deroga al disposto dell’articolo 55, secondo comma, al rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa, se il debitore, alla data della presentazione della domanda di ammissione al concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il tribunale lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. Il professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori. |
Il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quinto comma del presente articolo, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67. |
Identico. |
Art. 182-septies (Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria) |
Art. 182-septies (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa) |
Quando un'impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo, la disciplina di cui all'articolo 182-bis, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, è integrata dalle disposizioni contenute nei commi secondo, terzo e quarto. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. |
La disciplina di cui all’articolo 182-bis si applica, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, al caso in cui gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. |
L'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis può individuare una o più categorie tra i creditori di cui al primo comma che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei. In tal caso, con il ricorso di cui al primo comma di tale articolo, il debitore può chiedere che gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, quando tutti i creditori della categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il settantacinque per cento dei crediti della categoria. Una banca o un intermediario finanziario può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria. |
V. secondo comma e quinto comma nel testo modificato |
Ai fini di cui al precedente comma non si tiene conto delle ipoteche giudiziali iscritte dalle banche o dagli intermediari finanziari nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. |
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Il debitore, oltre agli adempimenti pubblicitari già previsti, deve notificare il ricorso e la documentazione di cui al primo comma dell'articolo 182-bis alle banche e agli intermediari finanziari ai quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo. Per costoro il termine per proporre l'opposizione di cui al quarto comma del medesimo articolo decorre dalla data della notificazione del ricorso. Il tribunale procede all'omologazione previo accertamento, avvalendosi ove occorra di un ausiliario, che le trattative si siano svolte in buona fede e che le banche e gli intermediari finanziari ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo: |
Ai fini di cui al primo comma occorre che:
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a) abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti; |
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b) abbiano ricevuto complete ed aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti, e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative; |
a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti |
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b) l’accordo preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta; |
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c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; |
c) possano risultare soddisfatti, in base all'accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. |
d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili; |
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e) il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo. |
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Per i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo il termine per proporre opposizione decorre dalla data della notifica di cui al secondo comma. |
Commi quinto e sesto: v. infra, a fronte con l'art. 182-octies. |
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In nessun caso, per effetto degli accordi e convenzioni di cui ai commi precedenti, ai creditori non aderenti possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Agli effetti del presente articolo non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. |
In nessun caso, per effetto dell’accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l’accordo possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati.
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V. supra secondo comma del testo previgente |
Quando un’impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo, l’accordo di ristrutturazione dei debiti può individuare una o più categorie tra tali tipologie di creditori che abbiano fra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso il debitore, con la domanda di cui all’articolo 182-bis, può chiedere, anche se non ricorre la condizione prevista dal secondo comma, lettera b), che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. |
La relazione dell'ausiliario è trasmessa a norma dell'articolo 161, quinto comma. |
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Art. 182-bis, commi quinto e sesto |
Art. 182-octies (Convenzione di moratoria) |
Quando fra l'impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari viene stipulata una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari e sia raggiunta la maggioranza di cui al secondo comma, la convenzione di moratoria, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se questi siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti l'omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria.
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La convenzione di moratoria conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, e i suoi creditori, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria. Ai fini di cui al primo comma occorre che: a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti; b) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; c) i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell'insolvenza in concreto perseguite; d) un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l'idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c). In nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. La convenzione va comunicata, insieme alla relazione del professionista indicato al secondo comma ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale. |
Nel caso previsto dal comma precedente, le banche e gli intermediari finanziari non aderenti alla convenzione possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata, accompagnata dalla relazione del professionista designato a norma dell'articolo 67, terzo comma, lettera d). La comunicazione deve essere effettuata, alternativamente, mediante lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Con l'opposizione, la banca o l'intermediario finanziario può chiedere che la convenzione non produca effetti nei suoi confronti. Il tribunale, con decreto motivato, decide sulle opposizioni, verificando la sussistenza delle condizioni di cui al comma quarto, terzo periodo. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell'articolo 183. |
Entro trenta giorni dalla comunicazione può essere proposta opposizione avanti al tribunale. Il tribunale decide sulle opposizioni in camera di consiglio, con decreto motivato. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell'articolo 183. |
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Art. 182-novies (Accordi di ristrutturazione agevolati) |
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Omissis |
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Art. 182-decies (Coobbligati e soci illimitatamente responsabili) |
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Omissis |
Art. 186-bis (Concordato con continuità aziendale) |
Art. 186-bis (Concordato con continuità aziendale) |
Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa. |
Identico. |
Nei casi previsti dal presente articolo: a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori; c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto. |
Nei casi previsti dal presente articolo: a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori; c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto. |
Commi terzo e seguenti (omissis) |
Identici. |
Art. 236 (Concordato preventivo e, accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, e convenzione di moratoria e amministrazione controllata) |
Art. 236 (Concordato preventivo e, accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, e convenzione di moratoria e amministrazione controllata) |
E' punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l'omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. |
Identico. |
Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano: 1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società; 2) la disposizione dell'art. 227 agli institori dell'imprenditore; 3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell'amministrazione controllata; 4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori. |
Identico. |
Nel caso di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4). |
Nel caso di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonché nel caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis quarto comma, terzo e quarto periodo, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4). |
L'articolo 21 consente all’imprenditore che abbia ottenuto – entro il 31 dicembre 2022 – accesso al concordato "in bianco" o all’accordo di ristrutturazione dei debiti di depositare, nei termini già fissati dal giudice, un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di aver predisposto un piano attestato di risanamento.
A tal fine, la norma in esame modifica il termine previsto dall'articolo 9, comma 5-bis, del decreto-legge n. 23 del 2020 (come convertito dalla legge n. 40 del 2020). Tale comma 5-bis fa riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 161, sesto comma, e 182-bis, settimo comma, della LF, concernenti, rispettivamente, il concordato e l'accordo di ristrutturazione dei debiti.
Il termine previsto, nel testo finora vigente, era fissato al 31 dicembre 2021. Tale termine è stato quindi differito di un anno.
Si ricorda che il concordato c.d. "in bianco" o "con riserva" o "con prenotazione", consente all’imprenditore di godere immediatamente degli effetti derivanti dall’apertura della procedura concordataria, sulla base di una domanda incompleta, posticipando a una fase ulteriore, i cui termini sono dettati dal giudice e sono prorogabili in presenza di giustificati motivi, la presentazione sia del piano che della proposta di concordato. Il riferimento normativo è l’art. 161, sesto comma, LF. Riguardo a tale norma, peraltro, si veda la scheda relativa all'articolo 22 del decreto-legge in esame.
Riguardo agli accordi di ristrutturazione del debito, il settimo comma dell'art. 182-bis LF stabilisce che il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissi con decreto l'udienza, entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell'udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti e verificata la documentazione, con decreto, reclamabile a norma del quinto comma del medesimo art. 182-bis, è disposto il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati; inoltre, viene assegnato il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista.
La disciplina del piano attestato di risanamento è contenuta nell’art. 67 co. 3 lett. d) della legge fallimentare, il quale prevede l’esclusione dall’azione revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore quando siano stati posti in essere in esecuzione di un piano:
§ che consenta il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa ed assicuri il riequilibrio della situazione finanziaria della stessa;
§ che sia stato validato da un professionista indipendente che abbia attestato la veridicità dei dati esposti e la relativa fattibilità.
Il piano dovrà essere pubblicato nel registro delle imprese e la documentazione relativa alla pubblicazione dovrà essere depositata in tribunale. Quest’ultimo dovrà verificare la completezza e la regolarità della procedura per dichiarare l’improcedibilità della procedura di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti.
L'articolo 22 dispone che il termine temporale - concesso dal giudice all'imprenditore in stato di crisi - per la presentazione, successiva al deposito del ricorso, dei documenti richiesti per la domanda di concordato sia applicabile anche quando sia pendente il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Il nuovo termine si applica limitatamente alla durata dello stato di emergenza determinato dalla pandemia da COVID-19.
Ai sensi dell'articolo 161, decimo comma, L.F. quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento, l'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato - unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti - riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta entro un termine successivo, disposto dal giudice. Il citato decimo comma fissa tale termine in sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
L'articolo 22 in esame prevede che il suddetto termine sia compreso fra sessanta e centoventi giorni e sia prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
Tale disposizione, come accennato, si applica fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, quindi fino al 31 dicembre 2021, termine previsto dal decreto-legge n. 19 del 2020 (come convertito dalla legge n. 35 del 2020 e come successivamente prorogato, da ultimo, dal decreto-legge n. 105 del 2021, in corso di conversione al momento della redazione della presente scheda). Viene specificato, peraltro, che la disposizione si applichi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (quindi dal 25 agosto 2021).
In tal modo, nel periodo emergenziale in corso, l'articolo 22 in esame allinea il termine previsto dal decimo comma dell'articolo 161 della legge fallimentare (per i casi in cui sia pendente la dichiarazione di fallimento) al termine previsto, in via generale, dal sesto comma del medesimo articolo 161, per la presentazione della documentazione successivamente al deposito del ricorso.
L'articolo 23, oltre a prevedere - fino al 31 dicembre 2021 - l’improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento relativi ai concordati preventivi con continuità aziendale omologati in data successiva al 1° gennaio 2019, stabilisce anche che l’istanza di nomina dell’esperto indipendente non possa essere presentata in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o ricorso per l’ammissione al concordato preventivo.
L'improcedibilità dei ricorsi di cui al comma 1 è disposta - come evidenziato nella relazione illustrativa - al fine di tenere conto della difficoltà di mantenere gli impegni assunti in virtù dell'omologazione di un concordato in data successiva al 1° gennaio 2019, a causa della crisi determinata dall'emergenza da COVID-19. La norma dispone quindi l'improcedibilità dei ricorsi fino al termine dello stato d'emergenza, prorogato al 31 dicembre 2021 dall'art. 1 del decreto-legge n. 23 luglio 2021, n. 105.
La norma, come detto, dispone quindi l'improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato preventivo ai sensi dell'articolo 186-bis della legge fallimentare (il quale disciplina il concordato con continuità aziendale) e si applica anche ai ricorsi per la dichiarazione di fallimento, al fine di evitare la dichiarazione di fallimento nonostante l'improcedibilità del ricorso per la risoluzione del concordato.
Si segnala che il richiamato articolo 186-bis della legge fallimentare è stato modificato dall'articolo 20, comma 1, lett. g), del presente decreto-legge (cfr. la relativa scheda).
Il comma 2 reca i limiti di accesso alla composizione negoziata in caso, come già detto, di pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o con ricorso per l'ammissione al concordato preventivo. Si specifica che la disposizione trova applicazione anche in caso di ricorso contenente la domanda di concordato presentato ai sensi dell'art. 161, sesto comma, della legge fallimentare.
Riguardo al contenuto di tale sesto comma, si veda la scheda relativa all'articolo 21 del presente decreto-legge.
L’articolo 24 reca disposizioni in materia di aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria.
Il comma 1, sostituendo la tabella allegata alla legge n. 71 del 1991, aumenta di 20 unità il ruolo organico della magistratura ordinaria, al fine di garantire che l’attuazione della normativa europea relativa alla Procura europea – in virtù della quale sono state attribuite a 20 magistrati le funzioni di procuratore europeo delegato - non privi di risorse di magistratura le procure della Repubblica.
Si ricorda, infatti, che con il decreto legislativo n. 9 del 2021, il Governo ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea «EPPO».
In particolare, il provvedimento ha armonizzato il diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, ha delineato le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione, individuando nel CSM l’autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo e di procuratore europeo delegato e dettando la disciplina relativa al procedimento di designazione; parallelamente, il d.lgs. ha individuato nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi.
Il provvedimento, inoltre, ha attribuito ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d'appello.
In attuazione del d.lgs. n. 9 del 2021, con uno scambio di lettere tra la Ministra della giustizia e il Procuratore Europeo è stato concluso l'accordo sul funzionamento della Procura Europea, che potrà svolgere le sue funzioni con 20 procuratori delegati distribuiti in nove uffici territoriali (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Palermo, Venezia, Torino, Bari e Catanzaro).
Un primo intervento sulla tabella recante l’organico della magistratura ordinaria è già stato effettuato dal decreto legislativo n. 9 del 2021, che ha incluso i magistrati addetti alle funzioni di procuratori europei delegati nell’elenco delle funzioni che possono essere svolte dai magistrati ordinari. In particolare, tali funzioni sono state inserite nella lettera L), relativa ai magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado.
Il decreto legislativo non ha però modificato la corrispondente dotazione organica. A ciò provvede ora il decreto-legge in commento, che aumenta appunto di 20 unità – pari al numero di procuratori europei delegati italiani, che il Governo ha concordato con la Procura europea – l’organico dei “Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado, nonché magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati”.
Il comma 2 quantifica gli oneri connessi all’attuazione dell’aumento di organico (circa 2,5 milioni di euro a regime) e individua una copertura finanziaria. Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia alle opportune variazioni di bilancio.
Ruolo organico della magistratura (tabella allegata alla legge n. 71 del 1991)
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Normativa vigente |
D.L. n. 118 del 2021 |
A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: Primo presidente della Corte di cassazione |
1 |
1 |
B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: Procuratore generale presso la Corte di cassazione |
1 |
1 |
C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità: |
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Presidente aggiunto della Corte di cassazione |
1 |
1 |
Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione |
1 |
1 |
Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche |
1 |
1 |
D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità |
65 |
65 |
E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità |
440 |
440 |
F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo |
1 |
1 |
G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti |
52 |
52 |
H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado elevate, giudicanti e requirenti |
53 |
53 |
I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado |
314 |
314 |
L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado, nonché magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati |
9.621 |
9.641 |
M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie |
200 |
200 |
N. Magistrati ordinari in tirocinio |
(nr pari a quello dei posti vacanti in organico |
(nr pari a quello dei posti vacanti in organico |
Totale |
10.751 |
10.771 |
L'articolo 25 reca misure urgenti in materia di semplificazione delle procedure di pagamento degli indennizzi per equa riparazione in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo.
L'articolo 25 si propone di velocizzare le procedure di pagamento degli indennizzi per equa riparazione in caso di violazione della ragionevole durata del processo e delle altre somme dovute sulla base di titoli giudiziali tramite la digitalizzazione. A tal fine il comma 1 dell'articolo 25 del decreto-legge in conversione introduce nell'articolo 5-sexies della legge 24 marzo 2001, n. 89, la c.d. legge Pinto, un ulteriore comma (comma 3-bis) il quale demanda a successivi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanarsi entro il 31 dicembre 2021, l'indicazione delle modalità tecniche di presentazione telematica, anche a mezzo di soggetti incaricati, ai sensi del Codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. n. 82 del 2005), dei modelli di dichiarazione di cui al comma 3 (vedi supra) attestanti la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere.
L’articolo 5-sexies disciplina le modalità di pagamento delle somme liquidate equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Si prevede in particolare che, una volta che la somma da corrispondere a titolo di equa riparazione è stata liquidata dalla Corte d’appello:
· il creditore deve presentare all’amministrazione debitrice (Ministero della giustizia, Ministero della difesa o Ministero dell’Economia e delle finanze) una dichiarazione sostituiva (artt. 46 e 47 del DPR n. 445 del 2000, sulla documentazione amministrativa) nella quale attesta il proprio credito e sceglie le modalità di riscossione (comma 1). La dichiarazione ha validità semestrale e deve essere rinnovata a richiesta dell’amministrazione (comma 2); i contenuti della dichiarazione e i documenti da allegare saranno delineati da decreti del Ministero dell’Economia e della Giustizia entro il 30 ottobre 2016 (comma 3)[5]. La trasmissione della dichiarazione completa è condizione di emissione dell’ordine di pagamento (comma 4) e, in generale, presupposto per il pagamento anche nell’ambito dell’esecuzione forzata o del pagamento compiuto dal commissario ad acta (comma 11);
· ricevuta la dichiarazione, l’amministrazione deve effettuare il pagamento entro 6 mesi (comma 5). Solo allo spirare di tale termine il creditore può proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento o procedere all’esecuzione forzata (comma 7). Se è esercitata l’azione di ottemperanza, il giudice amministrativo può nominare commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione debitrice (comma 8);
· i pagamenti sono effettuati nei limiti delle risorse disponibili sui relativi capitoli di bilancio, “fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso”, con regolarizzazione a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie (comma 6);
· l’accreditamento delle somme al creditore può essere effettuato su un conto corrente o un conto di pagamento indicato (nella dichiarazione); i pagamenti per cassa o per vaglia cambiario sono possibili solo se la somma non supera i 1.000 euro (comma 9) e in questo caso è possibile delegare un legale rappresentante alla riscossione (comma 10).
Una disposizione transitoria (comma 12) stabilisce che, nelle more dell’emanazione del D.M. sui contenuti e i modelli di dichiarazione sostitutiva, i creditori trasmettono la dichiarazione avvalendosi della modulistica presente sui siti delle amministrazioni interessate. Le dichiarazioni già presentate prima dell’entrata in vigore della riforma conservano efficacia, anche se non contengono le indicazioni previste dai commi 9 e 10.
Con riguardo alla disposizione in esame la relazione illustrativa osserva come si intenda consentire la presentazione della richiesta di pagamento delle somme liquidate da parte del difensore del creditore o di un suo delegato tramite sistemi di autenticazione pubblica su piattaforma digitale con comunicazione automatizzata dei dati richiesti dalla legge, ma anche consentire agli utenti e alle imprese di verificare autonomamente lo stato della pratica e di modificare i dati forniti necessari per il pagamento. Attraverso la digitalizzazione inoltre sarebbe possibile l'acquisizione automatizzata dei metadati relativi ai provvedimenti giurisdizionali costituenti titolo di condanna, nonché la gestione della procedura da parte della struttura amministrativa sino all'emissione dell'ordine di pagamento.
Si tratta peraltro - osserva sempre la relazione - di una proposta coerente con analoga proposta presentata dal Ministero dell'economia in materia di pagamenti di indennizzi per irragionevole durata dei processi dinanzi al giudice amministrativo, contabile e tributario e per indennizzi riguardanti l'ingiusta detenzione e l'errore giudiziario.
Si tratta di una previsione alla cui attuazione, come precisa il comma 2 dell'articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L'articolo 26 introduce una disciplina derogatoria, valida solo per l'anno 2021, in materia di assegnazione delle risorse del Fondo Unico Giustizia, prevedendo la riassegnazione immediate delle quote versate all'entrata del bilancio dello Stato nel 2020 agli stati di previsione del Ministero della giustizia e dell'interno.
La disposizione prevede, unicamente in relazione all’anno 2021, la tempestiva riassegnazione delle quote delle risorse intestate al Fondo Unico Giustizia alla data del 31 dicembre 2019, relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria del medesimo fondo, versate all’entrata del bilancio dello Stato nel corso dell’anno 2020, agli stati di previsione del Ministero della giustizia e del Ministero dell’interno, in misura pari al 49 per cento in favore di ciascuna delle due amministrazioni. Tali risorse sono destinate al finanziamento di interventi urgenti volti al superamento dell’emergenza epidemiologica, alla digitalizzazione, all’innovazione tecnologica e all’efficientamento delle strutture e delle articolazioni ministeriali.
In merito la relazione illustrativa precisa che "le somme versate nel corso dell'anno 2020 all'entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414, articoli 2 e 3, relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2019 ammontano a complessivi euro 114.126.411, 55. Considerato che resta ferma la percentuale del 2 per cento destinata all’erario, pari ad euro 2.282.528,23 e che l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 23-quinquiesdel decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137,convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176 (cosiddetto «decreto-legge ristori») comporta oneri pari ad euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2021, la somma da ripartire tra il Ministero dell'interno e il Ministero della giustizia ammonta complessivamente ad euro 110.843.883,32.La riassegnazione, nella misura stabilita dalla norma in esame, consentirà al Ministero dell’interno di disporre di una somma pari ad euro 55.421.941,66 e al Ministero della giustizia di una somma pari ad euro 48.403.941,66 (calcolata al netto della prededuzione relativa alla copertura finanziaria in materia di mediazione civile ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, pari ad euro 7.018.000 in ragione d’anno), nel corso dell’anno 2021".
Si tratta di una disciplina derogatoria rispetto a quanto previsto dall’articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, (conv. legge n. 181 del 2008).
Il Fondo Unico di Giustizia, istituito dall'art. 61, comma 23, del D.L. n. 112/2008 (convertito dalla legge n. 133/2008), è un fondo dinamico in cui confluiscono:
Equitalia Giustizia che gestisce sulla base dell'art. 2 del D.L. n. 143/2008 (convertito dalla legge n. 181/2008), il Fondo Unico Giustizia, riceve le comunicazioni di sequestro, dissequestro e confisca degli uffici giudiziari o amministrativi; i flussi informativi trasmessi dagli operatori finanziari (Banche, Poste Italiane, SGR, ecc.) e assicurativi, mediante il sistema Entratel dell’Agenzia delle Entrate. Equitalia Giustizia versa nel contempo allo Stato: le somme confiscate dall’Autorità Giudiziaria o Amministrativa (art. 6, comma 1, del DM n. 127/2009); l’utile della gestione finanziaria delle risorse liquide del FUG (art. 2 del DM 20 aprile 2012); una quota delle risorse sequestrate stabilita con decreto ministeriale, in base a criteri statistici che tengono conto delle probabilità di restituzione (cd. «anticipazione») (comma 7 dell’art. 2 del DL n. 143/2008).
Le somme versate allo Stato da Equitalia Giustizia sono destinate alla riassegnazione (art. 2 del DL n. 143/2008):
· in misura non inferiore a 1/3, al Ministero dell’interno;
· in misura non inferiore a 1/3, al Ministero della giustizia;
· all’entrata del bilancio dello Stato.
Le quote di riassegnazione sono stabilite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (comma 7 dell’art. 2 del DL n. 143/2008 e art. 7 del DM n. 127/2009). I DPCM finora emanati hanno sempre previsto la destinazione del 49% al Ministero dell’interno, del 49% al Ministero della giustizia e del 2% all’entrata del bilancio dello Stato. Alcuni versamenti residuali vengono eseguiti da Equitalia Giustizia in specifici capitoli di bilancio con differenti ripartizioni.
E' opportuno ricordare che Equitalia Giustizia «anticipa» allo Stato una percentuale delle risorse liquide sequestrate, in funzione della «rotatività» del FUG (dinamica delle entrate: sequestri e delle uscite: confische e dissequestri).
In questo modo si libera una parte delle somme sequestrate «immobilizzate» in attesa della definizione dei procedimenti penali.
Tale percentuale:
L'articolo 27 prevede che gli articoli 2 e 3, commi 6, 7, 8 e 9, e gli articoli da 4 a 19, del decreto-legge, si applichino a decorrere dal 15 novembre 2021.
L'articolo 28 reca le disposizioni finanziarie.
L'articolo 29 dispone in merito all'entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Per quanto concerne il contenuto delle suddette norme applicabili dal 15 novembre 2021, si rinvia alle relative schede. La relazione illustrativa chiarisce che la norma transitoria recata dall'articolo 27 è posta "al fine di consentire la realizzazione della piattaforma, la formazione dell’elenco e la formazione degli esperti in epoca antecedente all’applicazione della disciplina in materia di composizione negoziata, onde assicurarne l’immediata effettiva operatività".
Riguardo ai profili di carattere finanziario, l'articolo 28 stabilisce che dall'attuazione delle norme del decreto-legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ad eccezione degli articoli 3 (Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell'esperto) e 24 (Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria). Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
L'articolo 29 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 25 agosto 2021.
[1] Il quale prevede, tra l'altro, che "in relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive".
[2] La qualifica di impresa in difficoltà è valutata ai sensi:
§ dell’articolo 2, punto 18 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, cd. GBER);
§ dell’articolo 2, punto 14 del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006);
§ dell’articolo 3, punto 5 del regolamento (UE) n. 1388/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti a favore delle imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura).
Le citate disposizioni definiscono in modo analogo le condizioni rilevanti ai fini della qualificazione di un’impresa come “impresa in difficoltà. È in difficoltà un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:
a) nel caso di società a responsabilità limitata (diverse da PMI con determinate caratteristiche) qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;
b) nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società diverse da PMI con determinate caratteristiche, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;
c) qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
d) qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
e) nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:
i. il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e
ii. il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.
[3] Lo schema di decreto legislativo cita in questo senso l’articolo 6 del regolamento (UE) n. 679/2016 (Regolamento generale per la protezione dei dati personali), che rende leciti il trattamento (e la pubblicazione) di dati in caso di consenso dell’interessato.
[4] Dir. 20/06/2019, n. 2019/1023/UE - DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza)
[5]In attuazione di tale previsione è stato adottato il Decreto 28 ottobre 2016.