Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale
Riferimenti: SCH.DEC N.151/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 151
Data: 11/02/2020
Organi della Camera: II Giustizia


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale

11 febbraio 2020
Atti del Governo


Indice

La direttiva europea da attuare e la norma di delega|Lo schema di decreto legislativo|Relazioni e pareri allegati|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Compatibilità con la normativa dell'Unione europea|


Lo schema di decreto legislativo in esame è volto ad armonizzare la disciplina penale italiana alla direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, in tema di lotta contro la frode che leda gli interessi finanziari dell'Unione (cosiddetta "direttiva PIF" - direttiva per la protezione interessi finanziari). In particolare lo schema:

La direttiva europea da attuare e la norma di delega

La direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, nota come "direttiva PIF", reca norme per la lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. Essa è quindi volta a completare il quadro delle misure poste a tutela degli interessi finanziari dell'Unione in diritto amministrativo e in diritto civile con quelle di diritto penale, "evitando al contempo incongruenze sia all'interno di ciascuna di tali branche del diritto che tra di esse" (v. Considerando n. 3).

Più specificamente, scopo della direttiva è quello di impegnare gli Stati membri a indicare con chiarezza ed esplicitamente quali fattispecie di reato dei rispettivi ordinamenti devono essere considerate lesive degli interessi finanziari dell'UE, facendo conseguire a tale catalogazione misure sanzionatorie efficaci e proporzionate. 

Procedimento per l'attuazione della delegaLo schema di decreto è adottato ai sensi dell'art. 3 della legge 4 ottobre 2019, n. 117 (recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018), che, oltre a rinviare ai principi e criteri fissati in via generale per tutte le direttive dall'art. 1 della legge, detta alcuni principi e criteri direttivi specifici in relazione alla citata direttiva (UE) 2017/1371.

L'art. 1 della legge n. 117 del 2019 rinvia all'articolo 31 della legge n. 234 del 2012 per definire il procedimento per l'esercizio della delega ed individuare il relativo termine, fissato al 2 maggio 2020 in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 3 del medesimo art. 31.

Secondo quanto previsto dal comma 3, gli schemi di decreto legislativo, approvati dal Consiglio dei Ministri, sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, fermo restando che, decorsi 40 giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del suddetto parere.

Poiché il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 6 luglio 2019 (in data antecedente all'entrata in vigore - il 2 novembre 2019 - della legge di delegazione europea che ne dispone l'attuazione), ai sensi del comma 1 il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione (entro il 2 febbraio 2020) ma, per effetto dello "scorrimento dei termini" necessario a consentire l'espressione del parere parlamentare, disposto dal comma 3, il termine per l'esercizio della delega è prorogato di tre mesi.

Il Governo ha presentato lo schema di decreto alle Camere il 30 gennaio 2020; ricorre quindi la circostanza indicata al comma 3, in base alla quale se il termine fissato per l'espressione del parere parlamentare scade nei 30 giorni che precedono il termine per l'esercizio della delega o successivamente (come nel caso in esame), il termine per la delega è prorogato di tre mesi. L'applicazione della clausola di scorrimento intende permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l'eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Principi e criteri per l'esercizio della delegaI criteri specifici per l'esercizio della delega, elencati all'art. 3, nelle lettere da a) a i) del comma 1, sono i seguenti:

  • individuazione delle fattispecie incriminatrici già previste nell'ordinamento interno che possano essere ritenute lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea, e corrispondano quindi alla definizione di reati secondo quanto previsto dalla direttiva (lettera a);
  • sostituzione, nelle norme nazionali vigenti, dei riferimenti alle «Comunità europee» con quelli all'«Unione europea» (lettera b);
  • abrogazione delle norme interne che risultino incompatibili con quelle della direttiva e in particolare di quelle che stabiliscono la non punibilità a titolo di concorso o di tentativo dei delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea (lettera c);
  • modifica dell'articolo 322-bis del codice penale, al fine di estendere la fattispecie di corruzione ivi prevista anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all'Unione europea quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione (lettera d);
  • integrazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), includendovi anche i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea (lettera e);
  • previsione della punibilità con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli (lettera f);
  • previsione di un'aggravante qualora un reato che lede gli interessi finanziari dell'Unione europea sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale (lettera g);
  • previsione che, in caso di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea commessi da persone giuridiche siano eventualmente applicate, oltre alle sanzioni amministrative, anche le sanzioni pecuniarie penali o non penali di cui all'art. 9 della direttiva (lettera h);
  • adeguamento delle norme nazionali in materia di giurisdizione penale per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea (lettera i).

I decreti attuativi, adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (art. 3, commi 2 e 3).

Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, non è stata introdotta una specifica norma di ricognizione delle fattispecie di reato lesive degli interessi dell'UE, come sarebbe richiesto dall'art. 3, comma 1, lettera a), della legge di delega, perché si sarebbe mal conciliata con la struttura del testo del decreto, che reca novelle alla normativa vigente, ed inoltre avrebbe comportato la delimitazione delle competenze della Procura europea (European Public Prosecutor's Office - EPPO), ponendosi quindi come norma di diritto processuale, laddove le altre norme sono di diritto penale sostanziale.
Si ricorda che a norma dell'art. 22 del regolamento istitutivo della Procura europea (Reg. (UE) 2017/1939 del consiglio del 12 ottobre 2017), questa "è competente per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di cui alla direttiva (UE) 2017/1371, quale attuata dal diritto nazionale, indipendentemente dall'eventualità che la stessa condotta criminosa possa essere qualificata come un altro tipo di reato ai sensi del diritto nazionale."
E' stata comunque effettuata, nella medesima relazione, una ricognizione dei reati considerati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione e che comprende:
- i delitti, consumati o tentati, da cui consegue l'appropriazione o la distrazione indebita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell'Unione o dai bilanci da questa gestiti o gestiti per suo conto (tra i quali rientrano anche i delitti di contrabbando);
- i delitti, consumati o tentati, riguardanti l'imposta sul valore aggiunto, da cui consegua la diminuzione delle risorse del bilancio dell'Unione o dai bilanci da questa gestiti o gestiti per suo conto, quando il reato sia commesso in sistemi fraudolenti transfrontalieri e il danno sia superiore a dieci milioni di euro;
- i reati contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio da cui consegua una lesione degli interessi finanziari dell'Unione;
- i delitti, consumati o tentati, di riciclaggio e autoriciclaggio, favoreggiamento reale, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, nelle ipotesi in cui le condotte risultino lesive degli interessi finanziari dell'Unione.
Per quanto riguarda i delitti di associazione per delinquere di cui all'art. 3, comma 1, lettera g), della legge di delega, la presenza di norme di portata generale nell'ordinamento interno (artt. 61-bis, 416 e 416-bis c.p.), applicabili anche alle fattispecie di delitto che ledano gli interessi finanziari dell'Unione, ha indotto a ritenere che non fosse necessario uno specifico intervento.
Allo stesso modo, per ciò che concerne l'adeguamento delle norme nazionali in materia di giurisdizione penale, di cui all'art. 3, comma 1, lettera i), della legge di delega, il sistema attualmente vigente, secondo la valutazione del legislatore delegato, risulta essere già conforme alla direttiva per quanto disposto in via generale dall'articolo 6 del codice penale, secondo cui "il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione", e dall'art. 9, terzo comma, del codice penale per il caso di delitto commessi all'estero da cittadino italiano che abbia cagionato danno alle Comunità europee (riferimento ora sostituito con quello all'unione europea ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), della legge di delega.

Lo schema di decreto legislativo

L'A.G. 151 si compone di 9 articoli, volti allo scopo di uniformare l'ordinamento interno a quanto disposto dalla direttiva (UE) 2017/1371 in tema di contrasto alle frodi lesive degli interessi dell'Unione. L'intervento normativo è svolto secondo la tecnica di novellazione delle norme in vigore.

Modifiche al codice penaleL'articolo 1 reca una serie di modifiche al codice penale.

Si rammenta, al riguardo, che l'articolo 7 della Direttiva impone agli Stati membri, nei riguardi delle persone fisiche, di assicurare che i reati c.d. PIF siano puniti con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Inoltre si prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché tali reati siano punibili con una pena massima che preveda la reclusione. La Direttiva specifica (art. 7, par. 3 che qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli i medesimi reati debbano essere puniti con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione. Il medesimo articolo 7 della Direttiva detta i criteri in base ai quali valutare i danni o vantaggi considerevoli. In particolare specifica che si presume considerevole il danno o il vantaggio di valore superiore a i 100 000 EUR per tutti i reati c.d. PIF, ad eccezione dei danni o vantaggi derivanti da reati in materia di IVA, che si presumono sempre considerevoli.
In particolare gli articoli 3 e 4 (titolo II) della Direttiva sono dedicati all'elencazione dei reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione. E' in primo luogo definita (art. 3, par. 2 della Direttiva) la nozione di frode lesiva degli interessi finanziari. Essa si articola in quattro punti che riguardano: la materia delle spese sostenute dall'Unione e non relative agli appalti; la materia delle spese sostenute dall'Unione e relative agli appalti; la materia delle entrate dell'Unione, diverse dalle risorse proprie provenienti dall'IVA; la materia delle entrate derivanti dalle risorse IVA. Le diverse forme di frode si possono realizzare secondo specifiche modalità. La prima tipologia di condotta fraudolenta si sostanzia nell'utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui segua il conseguimento di un indebito beneficio per l'agente, con danno del bilancio UE. Il secondo modello, invece, coincide con la mancata comunicazione di informazioni, a fronte di un preciso obbligo in tal senso, da cui derivino le medesime conseguenze. Il terzo tipo di condotta fraudolenta, invece, si rinviene nella distrazione di somme o benefici (ovvero il conseguimento a finalità incompatibili con quelle originarie). Per la sola IVA si prevede tuttavia, accanto alle predette condotte fraudolente, altresì la "presentazione di dichiarazioni esatte (…) per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell'IVA".

In ottemperanza a quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera f) della legge di delega e dalla Direttiva, sono individuate (lettere a-c del comma 1)) le fattispecie di reato per le quali viene stabilito un aumento della pena edittale massima fino a quattro anni di reclusione, quando il fatto commesso lede gli interessi finanziari dell'Unione europea ed il danno ovvero il profitto conseguenti al reato sono superiori ad euro 100.000.

Si tratta, in particolare di:

  • peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316 c.p.);
L'articolo 316 prevede che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
  • indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (316-ter );
L'art. 316-ter c.p.. punisce chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.
  • induzione indebita a dare o promettere utilità (319-quater); lo schema incide non sulla pena prevista a carico del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, che induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità , ma su quella prevista per chi dà o promette denaro o altra utilità (reclusione fino a tre anni).
L'art. 319-quater. c.p. punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi. In tali casi, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.

In ottemperanza a quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera d), della legge di delega, la lettera d), modifica l'articolo 322-bis del codice penale al fine di estendere la punizione dei fatti di corruzione passiva, come definita dalla Direttiva, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Paesi terzi rispetto agli Stati membri dell'Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali, quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione

Si ricorda che l'art. 4, par. 2, della Direttiva alla lettera a) specifica che  per «corruzione passiva» si intende l'azione del funzionario pubblico che, direttamente o tramite un intermediario, solleciti o riceva vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetti la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste in un modo che leda o possa ledere gli interessi finanziari dell'Unione.

Infine (lettera e), l'Unione europea viene equiparata allo Stato italiano quale parte lesa nel delitto di truffa aggravata (art. 640, secondo comma, numero 1), ai fini sia della pena che della procedibilità d'ufficio.

L'art. 640 c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032, chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La disposizione in commento incide su una delle fattispecie aggravate (art. 640,  comma, n.1), in base alla quale a pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico. Il terzo comma dell'art. 640 specifica che nelle ipotesi aggravate il delitto è procedibile d'ufficio.

 

L'articolo 2 integra la Modifiche alla disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiuntodisciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74).

In particolare, lo schema di decreto interviene sull'articolo 6 del citato D.lgs. n. 74 del 2004, per introdurre – con l'aggiunta del comma 1-bis – una deroga alla non punibilità del tentativo qualora i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art 2 del medesimo decreto legislativo), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) e dichiarazione infedele (art. 4) siano compiuti anche nel territorio di un altro Stato facente parte dell'Unione, al fine di evadere l'IVA per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Rispetto a quanto previsto nella legge di delega (comma 1, lettera c) dell'art. 3), che prescrive al Governo un intervento abrogativo delle norme interne che stabiliscono la non punibilità a titolo di concorso o di tentativo dei delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, il legislatore delegato ha ritenuto di dare attuazione esclusivamente alla norma che imponeva la punibilità a titolo di tentativo e non quella a titolo di concorso nei reati.

Al riguardo si segnala che la Relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto legislativo, specifica che l'intervento sul concorso è "da ritenersi non necessario".Per quanto attiene al concorso (di persone nel reato), tale istituto è disciplinato dall'art. 110 c.p. che testualmente recita: "quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita". Si ricorda altresì che in campo fiscale, e quindi anche in materia di violazioni relative all'IVA, l'articolo 9 del decreto legislativo n. 74/2000 in deroga all'articolo 110 del codice penale, prevede la non punibilità a titolo di concorso per l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato di "Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti"; si prevede inoltre la non punibilità a titolo di concorso nel reato di "Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti". Secondo quanto riportato nella Relazione " L'esclusione del concorso di persone nel reato è stato, infatti, introdotto dal legislatore nazionale al fine di evitare che un medesimo soggetto sia chiamato a rispondere due volte per il medesimo fatto: una volta per aver emesso le fatture relative ad operazioni inesistenti ed un'altra volta per aver concorso, con l'emissione medesima, nel reato commesso con la dichiarazione fiscale dall'utilizzatore delle fatture medesime. Poiché la direttiva riguarda esclusivamente i delitti di dichiarazione, va osservato che la limitazione all'operatività della regola generale del concorso di persone riguarda esclusivamente colui che è punito, peraltro con medesime sanzioni penali, ad un differente titolo: ne consegue che non ne deriva alcun vuoto di tutela per gli interessi finanziari dell'Unione, proprio in quanto l'ordinamento italiano punisce già l'emissione delle fatture per operazioni inesistenti quale autonomo titolo di reato".
Per quanto riguarda il tentativo, si ricorda che la norma generale prevista nell'ordinamento interno è l'art 56 c.p. che prevede che risponde di delitto tentato chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica. Il colpevole di delitto tentato è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l'ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Tuttavia in materia fiscale e di violazioni relative all'IVA  l'art. 6 del citato D. lgs.n. 74 del 2000, esclude la configurabilità del tentativo limitatamente alle fattispecie di "Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti"; Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e "Dichiarazione infedele".

Gli articoli 3 e 4 intervengono Modifiche in materia di legislazione doganalein materia di legislazione doganale (decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43), relativamente ai delitti di contrabbando, in quanto gli stessi comportano lesione degli interessi finanziari dell'Unione. 

Come è noto i dazi doganali rappresentano una risorsa propria dell'UE e confluiscono nel bilancio unitario, ad esclusione di una percentuale del 25% che viene trattenuta dallo Stato di entrata delle merci a copertura delle spese di riscossione.

In particolare, l'articolo 3, apporta le seguenti modifiche all'articolo 295 della legge doganale, il quale reca la disciplina delle circostanze aggravanti del contrabbando:

  • al comma 1, lettera a), si introduce una circostanza aggravante specifica per fare in modo che i reati di contrabbando previsti nel Titolo VII, Capo I, del medesimo d.P.R n. 43 del 1973 (artt. 282 e ss.) siano puniti, oltre che con la multa prevista per le singole fattispecie, anche con la reclusione da tre a cinque anni quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti è superiore a centomila euro, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera f), della legge di delega;

  • al comma 1, lettera b), si sostituisce l'ultimo comma per fare in modo che i reati sopracitati siano puniti, oltre che con la multa prevista per le singole fattispecie, anche con la reclusione fino a tre anni quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti è di valore compreso tra i cinquantamila e i centomila euro.

Conseguenza delle modifiche al Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (DPR 43/1973) è anche la modifica effettuata dall'articolo 4 dello schema che introduce, in materia di diritti doganali, un'eccezione alla depenalizzazione compiuta dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, per i reati puniti con la sola pena pecuniaria, in virtù del fatto che i reati di contrabbando, per le ragioni sopra esposte, sono direttamente lesivi degli interessi finanziari dell'UE.

L'articolo 5 interviene in materia di Responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridicheresponsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, apportando numerose modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

La legge di delega (art. 3, comma 1,  lettera e)) prescrive al Governo di integrare la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea e che non risultino già compresi nelle disposizioni del citato decreto legislativo. Al riguardo si ricorda che l'articolo 6 della Direttiva detta specifiche disposizioni circa la responsabilità delle persone giuridiche in relazione ai reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione, commessi a proprio vantaggio da qualsiasi soggetto, a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, e che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica. L'articolo 9 della direttiva, inoltre, sempre per le persone giuridiche in tale ambito, prescrive l'adozione di misure necessarie affinché la persona giuridica riconosciuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possono comprendere anche altre sanzioni quali» quelle indicate esemplificativamente nello stesso articolo. La definizione di «persona giuridica» è contenuta all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva e per essa si intende qualsiasi entità che abbia personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. La materia è regolata, nell'ordinamento interno, dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica. 

In primo luogo, con la lettera a), si interviene sull'articolo 24 del citato decreto legislativo, il quale prevede la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote a carico dell'ente, in relazione alla commissione di una serie di reati ai danni dello Stato o di altro ente pubblico. Le modifiche attengono:

  • all'integrazione del catalogo di reati con il reato di frode nelle pubbliche forniture (356 c.p.) e con il reato di appropriazione indebita o distrazione di fondi comunitari, commesso da  chi "mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per sé o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale" (articolo 2 della Legge 898/1986 in materia di aiuti comunitari al settore agricolo);
L'articolo 24 (Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico) stabilisce, tra l'altro la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, per gli enti in caso dei delitti di cui agli articoli 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 640, comma 2, n. 1 (Truffa a danno dello Stato o altro ente pubblico), 640-bis (Truffa aggravata per per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e 640-ter (Frode informatica). Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità o è derivato un danno di particolare gravità; si applica la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
  • all'inserimento dell'Unione europea tra i soggetti ai danni dei quali è compiuto il reato che dà origine alla responsabilità dell'ente.

 

La lettera b), interviene invece sull'articolo 25 del decreto n. 231, includendo nell'elenco dei delitti in relazione ai quali si applica all'ente (a beneficio del quale le condotte illecite sono perpetrate), la sanzione pecuniaria fino a duecento quote:

- il  peculato (art. 314, comma 1, c.p.), che punisce con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi "il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria";

- il peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316 c.p.) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni "il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità.

- l'abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) che punisce il pubblico ufficiale, che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto 

La disposizione che amplia il novero dei reati presupposto di responsabilità amministrativa degli enti, inserendovi i reati di peculato, peculato per profitto dell'errore altrui e abuso d'ufficio (non specificando che deve trattarsi di fattispecie lesive degli interessi finanziari dell'Unione) andrebbe valutata alla luce della disposizione di delega che si limita a prescrivere al Governo di integrare la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti con riguardo ai soli reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea.

In relazione all'inserimento dei reati di peculato e di abuso d'ufficio tra i reati presupposto di responsabilità amministrativa degli enti, va ricordato che la disciplina di cui al D.lgs. 231 del 2001 si applica:

  • agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica e non si applica allo Stato e agli enti pubblici;
  • la responsabilità della persona giuridica sorge per connessione con la realizzazione di un reato, compreso tra quelli espressamente indicati dal legislatore, da parte di una persona fisica che sia legata all'ente da un rapporto funzionale;
  • il criterio di collegamento fra l'illecito e l'ente collettivo consiste nella circostanza che il reato sia stato realizzato nell'interesse od a vantaggio dell'ente.

Con riguardo ai reati di peculato, si osserva che gli stessi presuppongono che l'autore del reato sia un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio che abbia, per ragione di ufficio o servizio, il possesso o disponibilità della cosa o denaro e se ne appropri. Non appare chiaro come possa configurarsi, in tali casi la circostanza che il reato sia realizzato nell'interesse dell'ente stesso, cui l'autore è legato da rapporto funzionale e dunque come possa a tali ipotesi applicarsi la disciplina del D.lgs. n. 231 del 2001

La lettera c) introduce all'articolo 25-quinquiesdecies del decreto n. 231, - tramite il nuovo comma 1-bis -  i delitti di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebita compensazione (come già previsti dal D.lgs. 74/2000 sui reati tributari) commessi anche in parte nel territorio di un altro Stato membro dell'Unione europea allo scopo di evadere l'Iva, tra quelli in relazione ai quali è prevista la responsablità amministrativa degli enti. Le sanzioni scattano se l'ammontare dell'evasione non è inferiore a 10 milioni di euro. Nello specifico, l'ente che evade l'imposta sul valore aggiunto è soggetto alle seguenti sanzioni pecuniarie: in caso di delitto di dichiarazione infedele (come da art. 4 del D.lgs. 74/2000) è prevista una sanzione fino a 300 quote;  in caso di delitto di omessa dichiarazione (come da art. 5 del D.lgs. 74/2000) è prevista una sanzione fino a 400 quote;  in caso di delitto di indebita compensazione (come da art. 10-quater del D.lgs. 74/2000) è prevista una sanzione fino a 400 quote.

Si ricorda che l'articolo 25- quinquiesdecies è stato introdotto nel D.lgs. n. 231 del 2001 dal D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157 e integra con i reati tributari il catalogo dei reati che, in base al decreto legislativo n. 231/2001, costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

Infine la lettera d) aggiunge un nuovo articolo al decreto n. 231 (art. 25-sexiesdecies) che prevede, in relazione alla commissione dei reati di contrabbando di cui al d.P.R. n. 43 del 1973, la responsablità amministrativa degli enti e quindi l'applicazione di sanzioni pecuniarie e di sanzioni interdittive . Le sanzioni pecuniarie sono differenziate a seconda che i diritti di confine dovuti eccedano o meno i centomila euro, soglia oltre la quale la lesione degli interessi finanziari dell'Unione è ritenuta considerevole; nel primo caso la sanzione applicabile è fino a quattrocento quote, nel secondo fino a duecento. Per quanto riguarda invece le sanzioni interdittive, si opera un rinvio all'art. 9, comma 2, lettere c), d) ed e) che prevedono, rispettivamente, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi ed il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

L'articolo 6 modifica la Sanzioni per il reato appropriazione indebita o distrazione di fondi comunitaridisciplina del reato di cui all'articolo 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898, che punisce chi "mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per sé o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale", attualmente punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, aumentando la pena massima a quattro anni quando il danno o il profitto sono superiori a 100.000 euro, secondo quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera f), della legge di delega.

 

Ulteriori disposizioniL'articolo 7 prevede, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera b), della legge di delega, che i riferimenti alle Comunità europee contenuti nelle norme penali che disciplinano i reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione europea siano da intendersi come relativi all'Unione europea.

L'articolo 8 dispone l'invio annuale alla Commissione europea, da parte del Ministero della giustizia, di una relazione contenente i dati statistici relativi ai reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea. Più in dettaglio, la relazione deve contenere:

  • il numero dei procedimenti iscritti, delle sentenze di proscioglimento o condanna emesse e dei provvedimenti di archiviazione che hanno riguardato tali reati;
  • l'importo delle somme confiscate;
  • il valore stimato dei beni confiscati;
  • il danno stimato procurato al bilancio dell'Unione europea o ad altri bilanci di istituzioni o organismi dell'Unione istituiti in virtù dei trattati o a bilanci da questi gestiti e controllati.

L'articolo 9 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.


Relazioni e pareri allegati

L'A.G. n. 151 è accompagnato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dalla tabella di concordanza, dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi di impatto della regolamentazione.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, lo Stato ha legislazione esclusiva sui rapporti dello Stato con l'Unione europea, su giurisdizione e norme processuali e su ordinamento civile e penale.


Compatibilità con la normativa dell'Unione europea


Procedure di contenzioso

Con lettera di costituzione del 18 settembre 2019, la Commissione europea ha contestato all'Italia il mancato recepimento della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale.

Il 20 novembre 2019, il Governo ha risposto alla Commissione europea segnalando l'inserimento della direttiva tra gli atti normativi europei oggetto di recepimento mediante la legge 4 ottobre 2019, n. 117 (legge di delegazione europea 2018).


Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea

L'11 ottobre 2019 la Commissione europea ha presentato la trentesima relazione annuale sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea e sulla lotta contro la frode (COM(2019)444). Sono, inoltre, all'esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di modifica del regolamento (UE, Euratom)  n.883/2013 (COM(2018)338) relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), determinata soprattutto dalla necessità di adeguare il funzionamento di tale organismo a quello della futura Procura europea, nonché una proposta di regolamento (COM(2018)324) volta a tutelare il bilancio dell'UE in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri.

In base a tale ultima proposta l'UE può sospendere, ridurre o limitare l'accesso ai finanziamenti UE ove siano riscontrate carenze generalizzate  del principio dello Stato di diritto , che incidano o rischino di incidere sul principio di  sana  gestione finanziaria o sulla  protezione degli interessi  finanziari dell'Unione.

Si ricorda, infine, che il 14 ottobre 2019, Consiglio dell'UE ha approvato la nomina di Laura Codruţa Kövesi a primo procuratore capo europeo. La nomina è stata successivamente confermata dal Parlamento europeo.

La Procura europea (EPPO) sarà un organismo indipendente dell'Unione incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione (ad esempio la frode, la corruzione e le frodi IVA transfrontaliere che superano i 10 milioni di euro). A tale proposito, l'EPPO svolgerà indagini, eserciterà l'azione penale ed esplicherà le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri. Attualmente gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata istitutiva della Procura europea (EPPO) sono 22: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia e Spagna. L'EPPO dovrebbe diventare operativa nel novembre 2020. Avrà sede a Lussemburgo.