Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori |
Riferimenti: | AC N.2102/XVIII AC N.2264/XVIII AC N.2796/XVIII AC N.2897/XVIII AC N.2937/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 190/1 |
Data: | 05/05/2021 |
Organi della Camera: | II Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVIII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori AA.C. 2102, 2264, 2796, 2897, 2937 |
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n. 190/1 |
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5 maggio 2021 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento giustizia ( 066760-9148 / – * st_giustizia@camera.it |
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File: gi0097a |
INDICE
Schede di lettura
§ Introduzione 3
Quadro normativo 4
§ La normativa internazionale ed europea 4
§ La normativa nazionale. 5
Contenuto delle proposte di legge 11
§ A.C. 2102, Bazoli e altri 11
§ A.C. 2264, Locatelli e altri 12
§ A.C. 2796, Bellucci e altri 14
§ A.C. 2897, Ascari e altri 15
§ A.C. 1937, Giannone e altri 17
§ Quadro sinottico dei temi trattati dalle proposte di legge 21
Il 17 settembre 2019 la Commissione Giustizia ha avviato l’esame della proposta di legge AC 2047 (Ascari), recante modifiche al codice civile e alla legge n. 184 del 1983 in materia di affidamento dei minori (v. Dossier del Servizio Studi n. 190).
Successivamente, nella seduta del 21 gennaio 2020 è stata abbinata la proposta di legge C. 2102 (Bazoli) e, nella seduta dell’8 aprile 2021 sono state abbinate le proposte C. 2264 (Locatelli) e C. 2897 (Ascari). La proposta di legge C. 2047, dalla quale aveva preso avvio l’iter, è stata invece ritirata (12 aprile 2021).
Da ultimo sono state abbinate anche le proposte C. 2796 (Bellucci) e C. 2937 (Giannone).
Tutte le proposte, pur divergendo parzialmente quanto all’oggetto, presentano profili comuni con riguardo alla volontà di intervenire sulla disciplina codicistica relativa ai presupposti e ai procedimenti da seguire per la dichiarazione di decadenza e per la limitazione della responsabilità genitoriale, e sulla disciplina dell’affidamento dei minori di cui alla legge n. 184 del 1983.
In merito, si segnala che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha svolto, nel corso della XVII legislatura, un'indagine conoscitiva sui minori "fuori famiglia". Per gli profili relativi ai numeri e alle caratteristiche delle strutture di accoglienza presenti nel nostro Paese, al numero di minori che vi transitano, nonché per elementi di conoscenza concernenti il sistema dei controlli, dei finanziamenti delle comunità familiari, si rinvia dunque al Documento conclusivo dell'indagine. Sempre in XVII legislatura, inoltre, una indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido è stata svolta dalla Commissione Giustizia della Camera, che ha approvato il 7 marzo 2017 un Documento conclusivo.
Di seguito si dà sommariamente conto della normativa vigente, contenuta tanto nel codice civile quanto nella legge speciale, e si descrive sinteticamente il contenuto delle diverse proposte all’esame della Commissione. Infine, si presenta una tabella che mira a segnalare, per ciascun profilo della disciplina vigente oggetto di riforma, le pertinenti disposizioni delle diverse proposte di legge.
La Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge n. 176 del 1991, prevede all'articolo 20 che ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse ha diritto a una protezione e ad aiuti speciali dello Stato, in conformità con la propria legislazione nazionale. Il medesimo articolo 20, in materia di misure di protezione sostitutiva del minore prevede che, nell'effettuare una selezione tra le stesse - affidamento familiare, adozione o collocamento in istituti - si tenga debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.
L'articolo 9 della stessa Convenzione, invece, stabilisce la protezione dell'unità familiare, statuendo che gli Stati parti “vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo”. In tutti questi casi “tutte le parti interessate devono avere la possibilità di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni”. Si prevede inoltre che “gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo”.
A livello europeo, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), all’articolo 8 sancisce il diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza e che non possa esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che essa sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, tale disposizione imporrebbe allo Stato italiano e a tutti gli Stati membri sia un'obbligazione negativa, quella cioè di non ingerirsi nell'ambito della vita privata di ciascuna famiglia, sia un obbligo positivo di adottare misure atte a garantirne il rispetto effettivo, come misure di sostegno alle famiglie, che possono essere di natura economica ma anche diversa, come ad esempio un supporto nell'ambito delle criticità genitoriali.
Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, all’articolo 7 sancisce il diritto di ogni individuo al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni. L'articolo 24 della medesima Carta, riconoscendo il diritto dei bambini “alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere”, stabilisce altresì che essi possano esprimere liberamente la propria opinione e che questa venga presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. Si prevede inoltre il principio secondo cui «in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».
Come è noto la Costituzione italiana prevede, all'articolo 29, che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia” mentre, all'articolo 30, stabilisce il diritto-dovere dei genitori “a mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, prevedendo nel contempo che, nei casi di incapacità dei genitori, la legge provveda a che siano assolti i loro compiti. Può dunque affermarsi che tra i diritti costituzionalmente garantiti, da un lato, vi è quello del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia, ma anche lo speculare diritto del genitore a poter crescere i propri figli.
Il codice civile nel Libro I, Capo I, reca disposizioni in materia di responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio, prevedendo una serie di norme atte a tutelare i minori da comportamenti dei genitori considerati pregiudizievoli nei confronti dei figli (art. 330 e ss. c.c.), idonei a determinare nei casi più gravi la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l'allontanamento dalla casa familiare.
In particolare, l'art. 330 c.c., prevede che possa essere pronunciata la decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti di quel genitore che violi o trascuri i propri doveri, ovvero abusi dei poteri inerenti la responsabilità stessa, arrecando grave pregiudizio nei confronti del figlio.
Ove il comportamento del genitore non sia tale da giustificare la pronuncia della decadenza della responsabilità, ma sia in ogni caso pregiudizievole per il figlio, potranno essere adottati i più opportuni provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c. Infatti, quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale prevista dall'art. 330 c.c., ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
In tali casi trovano applicazione una serie di disposizioni atte a garantire il minore contro gli abusi familiari che possono sostanziarsi in veri e propri ordini di protezione impartiti dall'autorità giudiziaria, ai sensi degli articoli 342 e seguenti. Si prevede altresì che nei casi in cui entrambi i genitori siano morti o per altre cause non possano esercitare la responsabilità genitoriale, si apra la procedura di tutela del minore presso il tribunale del circondario dove è la sede principale dei suoi interessi con la nomina di un tutore, che può essere scelto, in determinati casi, anche tra gli ascendenti o tra gli altri parenti prossimi o affini (artt. 343 e ss. c.c.) La tutela del minore, che non abbia nel luogo del proprio domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio del tutore, può essere deferita dal giudice tutelare anche ad un ente di assistenza nel comune dove il minore è domiciliato, la cui amministrazione delega uno dei propri membri ad esercitarne le funzioni, ai sensi dell'articolo 354 c.c.
Il Libro I, Capo II, Titolo XI, del codice civile, reca inoltre una serie di norme in materia di affiliazione ed affidamento, stabilendo in linea generale, all'articolo 400, il principio che l'assistenza dei minori sia regolata oltre che dalle leggi speciali, anche dalle disposizioni ivi contenute. In particolare si prevede che le disposizioni del Titolo XI si applichino anche ai minori che sono figli di genitori non conosciuti, ovvero di genitori che si trovino nell'impossibilità di provvedere al loro mantenimento, nonché ai minori ricoverati in istituti di pubblica assistenza o assistiti presso gli stessi per il mantenimento, l'educazione o la rieducazione, o che si trovino in stato di abbandono materiale o morale (art. 401 c.c.). Si prevede inoltre che l'istituto di pubblica assistenza eserciti i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito ai sensi degli articoli 343 e seguenti, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della responsabilità genitoriale o della tutela sia impedito (si ricorda che la legge n. 184 del 1983 ha previsto la chiusura degli istituti a partire dal 31 dicembre 2006, disponendo il collocamento dei minori presso le comunità di tipo familiare).
Resta salva comunque in tali casi la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza, ovvero di nominare un tutore, a norma dell'articolo 354. Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della responsabilità genitoriale si prevede che l'istituto di assistenza possa chiedere al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio (art. 402 c.c.).
Infine, l'art. 403 c.c. (Intervento della pubblica autorità a favore dei minori) si applica quando - a fronte di una grave difficoltà per il minore, che ne richiede l'allontanamento da un pericolo imminente - non sia già intervenuta l'autorità giudiziaria in applicazione degli articoli 330 (Decadenza dalla responsabilità genitoriale) o 333 (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli) del codice civile. Se dunque l'autorità giudiziaria non è ancora intervenuta e della situazione di pericolo in cui versa il minore si accorge chiunque altro, qualsiasi pubblica autorità può immediatamente intervenire per allontanare il minore dal pericolo. In altri termini, la norma assicura la protezione dei minori anche quando un tempestivo provvedimento del giudice non sia possibile: trovando applicazione solo nelle ipotesi di urgente necessità, si conciliano le esigenze di non lasciare privi di protezione i minori che ne abbiano bisogno, con il principio secondo cui il compito di provvedervi spetti, di regola, ad un organo giudiziario.
La norma trova applicazione in tre possibili situazioni relative al minore:
Altro presupposto, seppur implicito, è l'urgente necessità di provvedere: il collocamento costituisce un provvedimento provvisorio, destinato ad avere effetto soltanto finché la competente autorità emetta quello definitivo.
La pubblica autorità alla quale fa riferimento l'art. 403 finisce, oggi, sostanzialmente per coincidere con i servizi sociali locali, ma non è escluso che possano provvedere anche altri, come ad esempio le autorità di pubblica sicurezza.
Qualunque sia l'autorità che provvede, dovrà evidentemente poi rivolgersi comunque ai servizi sociali (un tempo agli organi di protezione dell'infanzia, cui fa ancora riferimento il testo della disposizione) per ottenere l'indicazione di persone o istituti idonei ad accogliere il minore e, di regola, incaricarli dell'esecuzione del provvedimento: su tali provvedimenti, e sulle condizioni del minore collocato, autorità e servizi sociali hanno l'obbligo di riferire al più presto al Tribunale per i minorenni. Venuto così a conoscenza del provvedimento provvisorio, il Tribunale per i minorenni provvederà in modo definitivo pronunciando ai sensi degli articoli 330, 333 e 336 del codice civile, ovvero degli articoli 4 (procedimento di affidamento familiare) e 10 (procedimento per dichiarare lo stato di abbandono del minore), della legge sulle adozioni, sempre che - cessata la situazione di pericolo - il minore non debba essere semplicemente ricondotto dai genitori.
Per quanto riguarda la legislazione speciale, si ricorda che la legge 4 maggio 1983, n. 184, legge-quadro in materia di adozione, delinea un ampio sistema di misure di tutela dell'interesse primario del minore a crescere e ad essere educato nel proprio nucleo familiare. Peraltro, tale normativa è stata significativamente riformata dalla legge n. 149 del 2001, che ha modificato anche il titolo stesso della legge da: “Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori”, in “Del diritto del minore a una famiglia”. Non a caso tale principio ispiratore della disciplina dell'adozione, è contenuto nella disposizione di apertura della legge (articolo 1, comma 1), che sancisce solennemente tale diritto «naturale», diritto che può «affievolirsi» soltanto in presenza di specifiche condizioni.
La sottrazione del minore alla famiglia, dopo l'attivazione delle misure di tutela temporanee previste dalla legge è, in tal senso, considerata soluzione «limite» che sancisce l'insuperabilità delle difficoltà della famiglia di origine ad assicurare al minore un ambiente familiare idoneo.
La normativa richiamata, come riformata nel 2001, stabilisce innanzitutto che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'àmbito della propria famiglia e - innovando rispetto alla precedente disciplina - prevede espressamente (articolo 1, comma 2) che: “le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”. Proprio al fine di evitare la soluzione limite dell'allontanamento, ma anche per prevenire l'abbandono e consentire al minore di essere educato nell'àmbito della propria famiglia, sono previsti interventi di sostegno verso i nuclei familiari a rischio da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili.
In tal senso è prevista la promozione di iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare, attraverso l'organizzazione di corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali, nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori.
Nel caso limite in cui la famiglia non sia in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli istituti dell'affidamento e dell'adozione.
L'istituto dell'affidamento del minore (artt. 2-5 della legge n. 184/1983) trova il suo presupposto nella temporanea situazione di inidoneità del nucleo familiare d'origine, nonostante gli interventi di sostegno ed aiuto previsti dall'articolo 1 della legge, ad assicurare al minore mantenimento, educazione, istruzione e necessarie relazioni affettive.
Il carattere della temporaneità è uno degli elementi che distingue l'istituto dell'affidamento dagli altri strumenti di sostituzione stabile del nucleo familiare originario; nel caso in cui la famiglia si trovi in una situazione di difficoltà permanente, infatti, deve essere dichiarato lo stato di adottabilità ai sensi dell'articolo 8. In ogni caso, dovrà configurarsi una situazione di abbandono del minore, inteso come privazione di cure genitoriali adeguate o di assistenza morale e materiale: stato di abbandono che è transitorio nelle ipotesi di affidamento ai sensi dell'articolo 2 mentre appare stabile, duraturo ed irreversibile in quelle di cui all'articolo 8.
L'affido ha, in ogni caso, una funzione esclusivamente assistenziale, di intervento integrativo temporaneo del rapporto familiare ed il suo presupposto giuridico coinciderebbe in sostanza con la forza maggiore: la sua finalità è quella di assistere la famiglia che si trovi momentaneamente nell'impossibilità di provvedere alla cura dei figli minori, nell'intento di favorire al più presto il reinserimento del minore temporaneamente ospite dell'affidatario.
L'articolo 2 della legge prevede due distinti tipi di affidamento:
- l’affidamento familiare (comma 1), che si realizza con l'affidamento del minore ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola in grado di assistere materialmente ed affettivamente il bambino;
- l’affidamento presso una comunità di tipo familiare (casa-famiglia) o (prima della loro soppressione) un istituto di assistenza (comma 2), al quale si ricorre nei casi in cui non sia possibile un conveniente affidamento familiare. In tale ipotesi, al fine di agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori o parenti e favorirne successivamente il reinserimento nella famiglia di origine, la preferenza è accordata agli istituti ubicati nella regione di residenza del minore.
Il favor del legislatore per l’affidamento familiare è confermato dalla previsione di misure di sostegno a favore delle famiglie affidatarie (art. 80 della legge n. 184 del 1983): oltre a prevedere l'erogazione temporanea in favore dell'affidatario degli assegni familiari e delle prestazioni previdenziali, la legge demanda infatti alle regioni il compito di determinare le condizioni e le modalità di sostegno per le famiglie, persone o comunità familiari che hanno minori in affidamento.
Con riferimento ai poteri e agli obblighi dell'affidatario, va preliminarmente osservato che la potestà affidataria consiste in sostanza in una funzione espletata, ora in assenza ora in concorso con la potestà genitoriale, al fine di garantire il mantenimento, l'educazione e l'istruzione del minore affidato. L'affidatario provvede alla cura del minore tenendo conto delle indicazioni dei genitori o del tutore e osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante. Proprio in considerazione della temporaneità e strumentalità dell'istituto, fondamento comune di tutte le ipotesi di affidamento, sia in famiglia, sia in comunità, sia in istituto, è l'obbligo di agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia d'origine. Nel caso di accoglienza presso una comunità o un istituto, l'articolo 3 della legge prevede che essi esercitino sul minore poteri tutelari fino alla nomina di un tutore; se i genitori riprendono ad esercitare la potestà, i rappresentanti delle comunità e degli istituti possono chiedere al giudice tutelare di fissarne eventuali limiti o condizioni.
Ai sensi dell'articolo 4, l'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale e può avvenire:
- previo assenso dei genitori esercenti la potestà ovvero del tutore, sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni o, in considerazione delle sue capacità di comprensione, anche di età inferiore (il provvedimento è reso esecutivo con decreto dal giudice tutelare);
- senza l'assenso dei genitori; in tal caso, provvede il tribunale per i minorenni. In tale ipotesi trova applicazione l'articolo 330 c.c. (per effetto del quale il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio).
Nel provvedimento di affidamento devono essere indicate specificamente le motivazioni del provvedimento stesso, anche al fine di consentire il necessario controllo del giudice tutelare, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario; deve inoltre essere indicata la presumibile durata dell'affidamento, che dopo la riforma del 2001 non può comunque superare i due anni salvo proroga giustificata, rapportabile in relazione agli interventi volti al recupero della famiglia di origine.
Il servizio sociale locale deve esercitare la vigilanza sull'affidamento, con l'obbligo di tenere costantemente informata l'autorità che ha emesso il provvedimento (giudice tutelare, nel caso dell'affido familiare; tribunale per i minorenni negli altri casi) su ogni evento di rilievo essendo, inoltre, tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza e sulla situazione della famiglia in difficoltà; inoltre, il servizio sociale dovrà svolgere funzione di sostegno educativi e psicologico, agevolare i rapporti del minore con la famiglia di origine ed il suo rientro nel nucleo famigliare originario. Al servizio sociale che lo ha disposto compete, peraltro, ordinare con apposito provvedimento la cessazione dell'affidamento quando siano venuti meno i presupposti che lo hanno legittimato, ovvero quando sia cessata la difficoltà temporanea della famiglia d'origine o quando la sua prosecuzione rechi pregiudizio al minore.
La cessazione dell'affidamento può inoltre essere disposta in base ad autonoma valutazione dell'autorità giudiziaria circa l'opportunità della sua prosecuzione. In questa ipotesi, così come nel caso di decorso della durata prevista per l'affidamento, il giudice tutelare può richiedere, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore. L'ultimo comma dell'articolo 4 precisa al riguardo che il tribunale per i minorenni provvede o su richiesta del giudice tutelare, nell'ipotesi in cui sia trascorso il periodo di durata dell'affidamento, o d'ufficio, nel caso in cui il tribunale stesso sia intervento in difetto di assenso dei genitori o del tutore o in applicazione del citato articolo 330 cc.
Si ricorda, infine, che la legge n. 173 del 2015 è intervenuta sulla disciplina di adozione e affidamento allo scopo di garantire il diritto alla continuità affettiva dei minori. A tal fine ha riconosciuto alla famiglia affidataria una corsia preferenziale nell'adozione.
Le 5 proposte di legge all’esame della Commissione sono accomunate dall’obiettivo di riformare gli istituti dell’affidamento dei minori, che perseguono talvolta attraverso una delega al Governo e altre con disposizioni di modifica della disciplina vigente immediatamente applicative.
L’AC 2102 è volto a delegare il Governo a riformare la disciplina concernente l'affidamento dei minori, tramite l’adozione di uno o più decreti legislativi, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame.
A tal fine la proposta, composta da un solo articolo, individua una serie di princìpi e criteri direttivi cui il governo dovrà attenersi nell’attuazione della delega.
Con riguardo all'affidamento familiare il Governo dovrà procedere alla riforma introducendo disposizioni volte a prevedere: la presentazione presso il tribunale per i minorenni delle domande delle coppie e delle persone singole che si rendono disponibili all'affidamento; l'istituzione di un albo delle persone disponibili all'affidamento; l'inserimento della cura affettiva del minore tra gli obblighi degli affidatari; l'introduzione di un sistema integrato di raccolta di dati (lett.a )).
Inoltre il Governo è delegato ad adottare misure volte a prevedere:
• la permanenza dei minori presso i genitori in caso di difficoltà della famiglia o di crisi del rapporto tra i genitori stessi, salvo che ciò sia di sicuro pregiudizio per il minore e l’affidamento dei minori ai servizi sociali solo in casi di urgenza e in via strettamente provvisoria, prevedendo contestualmente misure di sostegno di tipo economico e sociale da applicare alle famiglie (lett. b e c));
• l’attribuzione in via esclusiva all'autorità giudiziaria del potere di decisione sulle questioni di maggior interesse dei figli, insorte tra i genitori nei casi di divorzio ovvero di separazione legale o di fatto e, nei medesimi casi, l’attribuzione in via esclusiva ai genitori o a uno solo di essi del potere di decisione sulle questioni di ordinaria amministrazione relative ai figli (lett. c e d);
• un sistema per l'accreditamento, da parte dell'autorità governativa, delle organizzazioni di volontariato dotate dei necessari requisiti di professionalità in materia di affidamento familiare e un sistema per l'accreditamento delle case famiglia da parte del tribunale per i minorenni; sistemi di controllo sulle famiglie affidatarie, sulle case famiglia e sulle comunità di accoglienza dei minori (lett. f, h e i);
• una rete informatica nazionale nella quale inserire le domande di affidamento familiare, le domande di adozione e le dichiarazioni dello stato di adottabilità (lett. g);
• la determinazione dei requisiti professionali degli operatori dei servizi sociali impiegati nelle attività di assistenza dei minori e della famiglia e nei procedimenti di affidamento (lett. l).
La proposta di legge A.C. 2264 contiene norme di immediata applicazione, volte alla modifica della legge n. 184 del 1983 in materia di affidamento minorile, del codice civile e del codice penale, nonché l’introduzione di nuove disposizioni concernenti l’istituzione di un registro degli affidamenti, e di un Osservatorio, con finalità di controllo e di promozione. Ulteriori disposizioni concernono il regime di incompatibilità dei magistrati onorari minorili.
In primo luogo la proposta (articolo 1) incide sulla legge n. 184 del 1983, apportando alcune modifiche concernenti:
• i criteri di scelta dei soggetti affidatari in caso di impossibilità di permanenza del minore presso la famiglia d'origine;
• l'affidamento d'urgenza, introducendo l’obbligo di previa acquisizione del parere vincolante del pubblico ministero e di conferma dello stesso con decisione motivata;
• la necessità che i compiti riconosciuti ai servizi sociali siano svolti in concreto da soggetti adeguatamente formati e con comprovata competenza.
• l'affidamento familiare cosiddetto «consensuale» (disposto dal servizio sociale previo consenso dei genitori), introducendo l’obbligo che, nell'interesse del minore, siano specificati i compiti della struttura o dell'affidatario e quelli che spettano ai genitori nonché la garanzia del rispetto di un criterio di rotazione e di equa distribuzione nell'assegnazione agli avvocati degli incarichi di curatore speciale;
• l'ascolto e la valutazione del minore ai fini dell'eventuale affidamento familiare, introducendo l’obbligo che essi siano effettuati in conformità a determinati criteri e princìpi, individuati in base alle Linee guida per l'esame del minore approvate con la Carta di Noto IV del 14 ottobre 2017.;
• l’istituzione, presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, del Registro nazionale delle comunità di tipo familiare, degli istituti di assistenza pubblici e privati e delle famiglie affidatarie.
In secondo luogo la proposta (articolo 2) apporta modifiche al codice civile. In particolare si incide sull’art. 343 c.c. in tema di apertura della tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore, e sull'articolo 354 c.c. in materia di «esclusione dall'ufficio di tutore», prevedendo l’impossibilità per i legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati nonché per coloro che prestano, anche gratuitamente, la propria attività in favore delle comunità e degli istituti, di esercitare la carica di tutore anche quando i minori non abbiano nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore.
La proposta di legge interviene inoltre (articolo 3) sul codice penale, introducendo specifiche aggravanti nel caso di maltrattamenti ai danni di minori in affidamento familiare o collocati in comunità di tipo familiare e prevedendo nuove fattispecie di reato volte a punire:
• con la reclusione da due a sei anni nonché con l'interdizione temporanea dalla professione, l'operatore dei servizi sociali che, nell'ambito di procedimenti per l'affidamento o l'adozione di minori, dia pareri mendaci o affermi fatti non conformi al vero (nuovo art. 373-bis.c.p.);
• con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a 516 euro, l'operatore dei servizi sociali che, nell'ambito di procedimenti per l'affidamento o l'adozione di minori, violi i suoi doveri professionali, disponendo l'affidamento del minore nel caso in cui i genitori o il genitore esercente la responsabilità genitoriale versino in condizioni di indigenza, ovvero ne dispone l'affidamento esclusivamente per interessi personali o patrimoniali propri o per favorire terzi (nuovo art. 380 bis c.p.) .
Ulteriori disposizioni della proposta C. 2264 sono volte a:
• istituire uno specifico registro degli affidamenti, nonché un Osservatorio, chiamato a svolgere un ruolo di controllo e di promozione in materia di comunità di tipo familiare e di famiglie affidatarie, demandando a tale organo l'elaborazione di un tariffario nazionale dei costi per il mantenimento dei minori e per il funzionamento delle strutture di accoglienza (articolo 4);
• intervenire in materia di giustizia minorile, modificando la composizione dei tribunali per i minorenni, attraverso un ridimensionamento del peso della componente non togata, e intervenendo sulle incompatibilità dei magistrati onorari minorili (articolo 5);
• demandare ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione delle modalità per estendere la disciplina in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili anche ai soggetti che esercitano le funzioni di garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza (articolo 6).
La proposta di legge A.C. 2796 contiene sia deleghe al governo sia disposizioni immediatamente applicative in materia di protezione dei minori e di diritto del minore ad una famiglia, nonché in materia di condizione dei minori fuori della famiglia.
Con riguardo alle disposizioni di delega, al Governo è demandato il compito, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge di:
• definire e disciplinare giuridicamente dello stato dei minori fuori della famiglia come nuova categoria di vittime sociali; prevedere interventi di sostegno e di aiuto a favore delle famiglie indigenti, per scongiurare il ricorso all'affidamento; istituire una banca di dati centralizzata con informazioni e dati uniformi sui minori collocati fuori della famiglia; istituire la figura dell'operatore dell'accoglienza familiare temporanea, con competenze educative e con esperienza di lavoro nell'ambito del disagio minorile e familiare (articolo 1);
• istituire sezioni specializzate per la famiglia e per i minori in tutti i tribunali e le corti di appello (articolo 5).
Con riguardo alle disposizioni immediatamente applicative, un primo gruppo (articoli da 2 a 4) contiene modifiche al codice civile. In particolare la proposta:
• modifica l'articolo 336 c.c. per prevedere la nomina del difensore d'ufficio del minore, attualmente prescritta solo nei procedimenti di adottabilità, per l'assunzione di ogni provvedimento concernente i minori ex articoli 330 e seguenti c.c. Contestualmente è istituita la figura del difensore d'ufficio del minore, individuata in un avvocato iscritto nell'elenco nazionale previsto dall'articolo 29 delle norme di attuazione c.p.c,, in possesso di una formazione specifica nel diritto minorile (articolo 2);
• modifica il già citato art. 336 c.c. e l’art. 336-bis c.c. in materia di età di ascolto del minore, anticipandola dagli attuali 12 agli 8 anni e consentendo l’ascolto dei minori di anni 8 ove capaci di discernimento, in presenza di uno psicologo infantile (articolo 3);
• interviene sull’art. 403 c.c. sulla disciplina dell’intervento della pubblica autorità a favore dei minori, circoscrivendo l’applicazione dell’istituto ai casi di stato di evidente abbandono del minore e di esposizione a sistematica violenza o a un grave pericolo; sono introdotte altresì disposizioni concernenti il necessario ascolto del minore e, in caso di allontanamento del minore dalla sua famiglia di origine, il suo possibile collocamento presso parenti entro il quarto grado ai fini della tutela del suo interesse; infine si prevede che l'autorità che adotta il provvedimento di allontanamento debba darne notizia al magistrato competente il quale, verificata la fondatezza delle ragioni dell'intervento della pubblica autorità, promuove tempestivamente i provvedimenti più opportuni, applicando le disposizioni sulle misure a tutela dei minori previste dallo stesso codice civile (articolo 4).
La proposta inoltre (articolo 6) modifica la legge n. 184 del 1983, con riguardo:
• alla durata massima dell’affidamento (art. 4, comma 4 della legge n. 184) che viene ridotta a 12 mesi (dagli attuali 24); sono introdotti inoltre dei limiti alla possibilità di proroga che potrà essere disposta una sola volta, e per non più di 12 mesi, qualora la sospensione dell'affidamento rechi grave pregiudizio al minore;
• all’impossibilità che il tutore provvisorio nominato nel corso del procedimento sia lo stesso responsabile del servizio sociale che ha elaborato la relazione di allontanamento.
Ulteriori disposizioni concernono:
• l’obbligo di presentazione annuale (e non più triennale) al Parlamento. della Relazione governativa sull’attuazione della legge sull'adozione e sull'affidamento dei minori (articolo 7);
• il riconoscimento delle associazioni di tutela dei diritti dei minori fuori della famiglia a carattere nazionale e di quelle operanti in almeno cinque regioni (individuate sulla base delle loro finalità programmatiche, della continuità della loro azione e della relativa rilevanza esterna) che possono intervenire nei giudizi in materia di affidamento e di adozione dei minori. (articolo 8).
La proposta di legge A.C. 2897, composta di un solo articolo, delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della proposta legge in esame, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina relativa ai procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184.
A tal fine detta una serie di principi e criteri direttivi, in base ai quali il Governo dovrà:
• modificare l'articolo 403 del codice civile: ridefinendo i presupposti del provvedimento di collocamento del minore con riferimento a situazioni indifferibili e gravemente pregiudizievoli per l'incolumità psico-fisica del minore; prevedendo un procedimento di convalida del provvedimento adottato dalla pubblica autorità, da svolgere innanzi all'autorità giudiziaria entro un termine breve; stabilendo che all'esito del procedimento di convalida l'autorità giudiziaria adotti provvedimenti a tutela del minore (lett. a));
• escludere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale possano essere adottati esclusivamente sulla base di valutazioni in ordine all'idoneità genitoriale (lett. b));
• modificare la disciplina dell'affidamento del minore di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, stabilendo:
• istituire una banca di dati nazionale dei minori destinatari di provvedimenti di affidamento, degli aspiranti affidatari, degli affidatari, nonché delle case-famiglia e delle comunità di tipo familiare e degli enti destinati ad accogliere i minori, previo coordinamento con le banche di dati già esistenti (lett. d));
• riordinare la disciplina sulla rappresentanza e sulla difesa tecnica del minore, prevedendo i casi in cui è obbligatoria la nomina del curatore speciale del minore e del suo difensore (lett. e));
• introdurre disposizioni volte a individuare particolari modalità di esecuzione dei provvedimenti di affidamento, allontanamento e collocamento dei minori, anche prevedendo la necessaria collaborazione di specifiche figure professionali (lett. f));
• prevedere che, in sede di ascolto del minore nell'ambito dei procedimenti che lo riguardano, le ragioni dell'eventuale rifiuto di frequentare uno dei genitori siano adeguatamente approfondite (lett. g));
• inserire cause di incompatibilità all’assunzione dell'incarico di consulente tecnico d'ufficio nonché allo svolgimento delle funzioni di assistente sociale nei procedimenti che riguardano l'affidamento dei minori; prevedere modifiche della disciplina del tribunale dei minorenni (regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404) volte ad adeguare le ipotesi di incompatibilità ivi previste per i giudici onorari a quelle di nuova introduzione (lett. h);
• introdurre: il divieto di affidamento dei minori a persone che sono parenti o affini entro il quarto grado del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento; il divieto di collocamento dei minori presso strutture o comunità pubbliche o private nelle quali rivestono cariche rappresentative o prestano a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono, persone che sono parenti o affini entro il quarto grado, convivente, parte dell'unione civile o coniuge del giudice che ha disposto il collocamento, del consulente tecnico d'ufficio o di coloro che hanno svolto le funzioni di assistente sociale nel medesimo procedimento (lett. i));.
• istituire una figura di volontario che accompagni il minore e la famiglia in difficoltà in percorsi personalizzati di sostegno alla genitorialità (lett. l);;
• prevedere per gli assistenti sociali un obbligo di tirocinio post-laurea con indirizzi specifici di durata annuale (lett. m);
• introdurre l'obbligo per le case-famiglia di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore e per le comunità di tipo familiare di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore ogni cinque minori ospitati; prevedere l'obbligo di sottoporre le strutture di accoglienza di minori a controlli periodici e non preannunciati; ridefinire le modalità di finanziamento, di gestione e di rendicontazione delle erogazioni a favore delle strutture private che accolgono minori (lett. n, o e p));
La proposta di legge A.C. 2937 introduce disposizioni, immediatamente applicative in materia di responsabilità genitoriale, affidamento dei minori e ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano.
Un primo gruppo di modifiche (articolo 1) concerne il codice civile. In particolare, la proposta:
• modifica l’art. 330 c.c concernente la decadenza dalla responsabilità genitoriale; rispetto alla disciplina vigente sono apportate alcune integrazioni volte a circoscrivere l’ambito di applicazione dell’istituto, specificando che la decadenza può essere pronunziata dal giudice solo quando il genitore procuri un pregiudizio grave o un concreto e attuale pericolo per la vita, l'incolumità, la salute fisica o la libertà personale del figlio, che risulti da atti specifici, comprovati e documentati; si prevede specificamente che la decadenza non può essere motivata esclusivamente da verifiche che presentino devianze dalla scienza medica ufficiale o basate sull'alienazione parentale. Le novelle concernono inoltre: i criteri di scelta in merito alla collocazione del minore nei casi in cui debba essere previsto l’allontanamento del minore stesso; la durata della collocazione del minore, da rapportare al tempo necessario a escludere o rimuovere il pregiudizio o il pericolo cagionati, e le modalità e la frequenza delle visite dei genitori e dei familiari; la necessità che il provvedimento di allontanamento del minore sia eseguito da personale specializzato senza causare grave turbamento fisico e psicologico al minore;
• incide sull’art. 332 c.c., in merito alla reintegrazione nella responsabilità genitoriale, prevedendo che la stessa possa essere disposta dal giudice alla scadenza dei provvedimenti di decadenza dalla responsabilità qualora sia escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio. Rispetto alla disciplina vigente si specifica che la reintegrazione è disposta su ricorso proposto dal genitore destinatario della pronuncia di decadenza o dal pubblico ministero, qualora siano cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata e che il ricorso è proponibile in ogni tempo allegando prova di fatti sopravvenuti;
• modifica l’ art. 333 c.c. relativo alla condotta del genitore pregiudizievole ai figli, specificando, rispetto alla disciplina vigente che tale condotta deve essere inequivocabilmente pregiudizievole al figlio, per fatti specifici e debitamente documentati, e che il giudice possa adottare i provvedimenti convenienti o l’allontanamento, valutando preliminarmente la collocazione del minore presso un parente entro il quarto grado ovvero presso un'altra persona conosciuta dal minore stesso, che accetti di assumerne la temporanea cura e custodia;
• modifica l’articolo 336 c.c. concernente il procedimento per l’adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale o allontanamento del minore. Rispetto alla disciplina vigente, si specifica che il provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità genitoriale può essere adottato solo se risulta la prova delle circostanze formatasi nel contraddittorio delle parti; inoltre è anticipata dagli attuali 12 ai 10 anni l’età dalla quale il minore può essere ascoltato; si specifica che l'audizione del minore è sempre effettuata con registrazione audiovisiva ed è disposta la nullità del provvedimento nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, e questi non sia stato sentito;
• modifica l’art. 336 bis dettando una nuova disciplina procedimentale per l’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano;
• modifica l’art. 337 quater c.c., incidendo sulla disciplina della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio, con specifico riguardo all’affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso. Al riguardo la novella è volta a specificare che l'affidamento è sempre esclusivo qualora uno dei genitori sia stato condannato con sentenza definitiva per alcuni specifici gravi reati; inoltre si prevede che il giudice, nel caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ai suoi genitori, disponga l'affidamento presso i parenti entro il quarto grado e, ove non sia possibile, procede all'affidamento familiare in un nucleo familiare esterno; la norma prevede inoltre che la durata complessiva massima dell'affidamento familiare non possa essere superiore a diciotto mesi,
• abroga l’articolo 403 c.c. che disciplina i provvedimenti della pubblica autorità a favore dei minori da collocare in luogo sicuro in quanto moralmente o materialmente abbandonato (vedi sopra, quadro normativo).
Ulteriori modifiche (articolo 2) concernono la legge 4 maggio 1983, n. 184. In particolare si incide:
• sulla durata dell'affidamento (art. 4, comma 4 della legge n. 184) rinviando per la sua disciplina a quanto previsto dalla stessa proposta in esame in merito alla durata dell’allontanamento del minore dalla casa familiare (art. 330 c.c. come modificato dalla proposta in esame), prevedendosi comunque che i provvedimenti provvisori, prorogabili non più di tre volte, non possano avere una durata complessiva superiore a 18 mesi;
• detta una nuova disciplina (sostituendo il comma 4 dell’art. 10 della legge n. 184) delle misure di sostegno da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali nei confronti delle persone fisiche e gli enti che, anche mediante la gestione di comunità di tipo familiare o di altri istituti di assistenza, accolgono minori collocati fuori dell'ambito familiare; in particolare è stabilito il diritto di tali soggetti di ricevere un rimborso delle spese sostenute in favore dei minori ospitati a fronte di una fedele documentazione delle spese; si prevede, in ogni struttura o comunità, la presenza di un ispettore speciale, scelto da un elenco di soggetti appositamente redatto ogni tre anni dal Ministero della giustizia; si introduce inoltre una disciplina dettagliata dei poteri, dei compiti e delle incompatibilità della figura dell’ispettore.
Infine la proposta (articolo 3) apporta una modifica alla legge n. 54 del 2006, recante “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, affermando la competenza del giudice ordinario sui relativi procedimenti.
oggetto |
A.C. 2102 |
A.C. 2264 |
A.C. 2796 |
A.C. 2897 |
A.C. 2937 |
Modifiche alla disciplina dell’affidamento dei minori (legge n. 184 del 1983) |
Art. 1, co. 1, lett. a) – Delega al Governo |
Art. 1 - Modifiche agli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge n. 184/1983 |
Art. 6, co. 1, lett. a) – Modifica all’art. 4 della legge n. 184/1983 |
Art. 1, co. 1, lett. c) – Delega al Governo |
Art. 2, co. 1, lett. a) – Modifica all’art. 4 della legge n. 184/1983 |
- con particolare riferimento alla durata dell’affidamento |
|
Art. 1, co. 1, lett. d) – nuovo comma 5 dell’art. 4 della legge n. 184/1983 |
Art. 6, co. 1, lett. a) – modifica il comma 4 dell’art. 4 della legge 184/1983 |
Art. 1, co. 1, lett. c), n. 3) – Delega al Governo |
Art. 2, co. 1, lett. a) - modifica il comma 4 dell’art. 4 della legge n. 184/1983 |
Previsione di nuove figure professionali e requisiti professionali degli operatori |
Art. 1, lett. l) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 1, lett. b), n. 5 – nuovo comma 5-bis dell’art. 2 della legge n. 184/1983 |
Art. 1, co. 1, lett. d) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 1, lett. f), lett. l) e lett. m) – Delega al Governo |
|
Previsione di banche dati specialistiche |
Art. 1, co. 1, lett. a), n. 4; lett. g) – Delega al Governo |
|
Art. 1, co. 1, lett. c) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 1, lett. d) – Delega al Governo |
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Garanzie di indipendenza degli operatori |
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Art. 2, co. 1, lett. c) – Modifica all’art. 354 c.c. (Esclusione dall'ufficio di tutore) Art. 5 - Disposizioni in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili Art. 6 - Disposizioni volte ad assicurare l'autonomia e l'indipendenza dei garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza |
Art. 6, co. 1, lett. b) – Modifica all’art. 10, co. 3, legge n. 184/1983 sulla nomina del tutore |
Art. 1, co. 1, lett. h) e lett. i) – Delega al Governo |
|
Caratteristiche delle case-famiglia e delle comunità di tipo familiare e loro accreditamento |
Art. 1, co. 1, lett. f) e lett. h) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 1, lett. f) – nuovo art. 5-bis della legge n. 184/1983 |
Art. 8 - Riconoscimento delle associazioni di tutela dei diritti dei minori fuori della famiglia |
Art. 1, co. 1, lett. n) – Delega al Governo |
|
Previsione di controlli e obblighi di relazione |
Art. 1, co. 1, lett. i) – Delega al Governo |
Art. 4 - Istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle comunità di tipo familiare |
Art. 7 – Obbligo di relazione al Parlamento |
Art. 1, co. 1, lett. o) e lett. p) – Delega al Governo |
Art. 2, co. 1, lett. b) - Modifiche all’art. 5, co. 4 della legge n. 184/1983 |
Modifiche alla disciplina della rappresentanza e della difesa tecnica del minore |
|
Art. 1, co. 1, lett. c) – modifiche all’art. 3 della legge n. 184/1983 |
Art. 2 - Istituzione del difensore d'ufficio del minore |
Art. 1, co. 1, lett. e) – Delega al Governo |
|
Modifiche ai presupposti e ai procedimenti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale (artt. 330-336 c.c.) |
Art. 1, co. 1, lett. b) e lett. c) – Delega al Governo |
Art. 2, co. 1, lett. a) – Modifica all’art. 336 del codice civile |
Art. 1, co. 1, lett. b) Delega al Governo Art. 2, co. 3 – Modifica all’art. 336 del codice civile, in tema di difensore del minore |
Art. 1, co. 1, lett. b) – Delega al Governo |
Art. 1 - Modifiche agli articoli 330, 332, 333 e 336 del codice civile |
Modifiche alla disciplina dell’ascolto del minore (art. 336-bis c.c. e, più in generale, nei procedimenti che riguardano l’affidamento del minore) |
|
Art. 1, co. 1, lett. e) – Nuovo art. 4-bis della legge n. 184/1983 |
Art. 3 - Disposizioni in materia di età di ascolto del minore |
Art. 1, co. 1, lett. c), nn. 6 e 7; lett. g) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 5 – Sostituzione dell’art. 336-bis del codice civile (Ascolto del minore) Art. 1, co. 8 – Abrogazione dell’art. 38-bis disp. att. c.c. |
Modifiche alla disciplina dell’esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti del matrimonio ovvero rispetto a figli nati fuori del matrimonio (artt. 337-bis e ss. c.c.) |
Art. 1, co. 1, lett. d) e lett. e) – Delega al Governo |
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Art. 1, co. 6 – Modifiche all’art. 337-quater del codice civile |
Modifiche all’art. 403 del codice civile c.c. in tema di intervento della pubblica autorità a favore dei minori |
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Art. 4 - Modifica dell'articolo 403 del codice civile |
Art. 1, co. 1, lett. a) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 7 – Abrogazione dell’art. 403 c.c.
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Modifiche all’istituto della tutela dei minori (art. 343 e ss. c.c.) |
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Art. 2, co. 1, lett. b) e lett. c) |
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Interventi sull’ordinamento giudiziario |
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Art. 5 - Delega al Governo per l'istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali e le corti di appello |
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Art. 3 - Modifica all'articolo 4 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 |
Altre misure di tutela dei minori |
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Art. 3 - Modifiche al codice penale |
Art. 1, co. 1, lett. a) – Delega al Governo |
Art. 1, co. 1, lett. q) – Delega al Governo |
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