Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato |
Titolo: | DL 130/2020: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza |
Riferimenti: | AC N.2727/XVIII |
Serie: | Verifica delle Quantificazioni Numero: |
Data: | 03/11/2020 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
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Camera dei deputati
XVIII LEGISLATURA
Verifica delle quantificazioni |
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A.C. 2727
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Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e di contrasto all'utilizzo distorto del web
(Conversione in legge del DL n. 130/2020) |
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N. 265 – 3 novembre 2020 |
La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato. La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione). L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.
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SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione
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VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLO 1, comma 1, lett. a), b), e), f), g), h) e i)
Disposizioni in materia di permesso di soggiorno
ARTICOLO 1, comma 1, lett. c)-d) e comma 2
Divieto di transito e sosta delle navi mercantili nel mare territoriale
Procedure per il riconoscimento della protezione internazionale
ARTICOLO 3, comma 1, comma 2, lett. b), n. 2 e comma 4, lett. a)
Trattenimento degli stranieri e loro diritti
Iscrizione anagrafica dello straniero richiedente protezione internazionale
ARTICOLO 3, comma 2, lett. b), n. 1 e comma 3
Trattenimento del richiedente protezione internazionale presso i CPR
ARTICOLO 3, comma 4, lett. b), e comma 5
Trattenimento degli stranieri e garanti per la privazione della libertà personale
Accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale
Termini per la conclusione di procedimenti in materia di cittadinanza
Supporto a percorsi di integrazione
Disposizioni in materia penale
Contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere
Contrasto al traffico di stupefacenti via internet
Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale
Clausola di invarianza e procedure finanziarie
Informazioni sul provvedimento
A.C. |
2727 |
Titolo: |
Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale |
Iniziativa: |
governativa |
Iter al Senato |
no |
Relazione tecnica (RT): |
presente |
Relatori per la Commissione di merito: |
Baldino Miceli |
Gruppi |
M5S PD |
Commissione competente: |
I (Affari costituzionali) |
Il disegno di legge dispone la conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
Il provvedimento reca all’articolo 14 una clausola di invarianza finanziaria ed è corredato di relazione tecnica.
Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relaziona tecnica nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLO 1, comma 1, lett. a), b), e), f), g), h) e i)
Disposizioni in materia di permesso di soggiorno
La norma reca specifiche modifiche al D.lgs. n. 286/1998 (testo unico immigrazione) in materia di permesso di soggiorno. In particolare, si dispone:
· l’integrazione dell’art. 5, comma 6, del testo unico prevedendo che in caso di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno venga, inoltre, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano [comma 1, lettera a)].
Si evidenzia che il testo originario dell’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 286/1998 - introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), del DL n. 113/2018 (c.d. decreto-legge sicurezza) - prevede che il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possano essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti;
· l’inserimento del comma 1-bis all’art. 6 del testo unico, prevedendo la convertibilità, in permessi di soggiorno per motivi di lavoro[1], ove ne ricorrano i requisiti, di speciali permessi di soggiorno individuati dalla medesima disposizione [comma, lettera b)].
In base al nuovo comma 1-bis possono essere convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro i seguenti permessi speciali: per protezione speciale (la convertibilità è esclusa qualora ricorrano le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale per gravi condotte criminose, pericolosità per la sicurezza dello Stato o l'ordine e la sicurezza pubblica). [Cfr. infra; comma 1, lettera e), n. 2]; per calamità (fattispecie disciplinata dall'art. 20-bis del testo unico come modificato dal comma 1, lett. f) (Cfr. infra); per residenza elettiva (trattasi di permesso di soggiorno rilasciato allo straniero titolare di una pensione percepita in Italia o che comunque dimostri di potersi mantenere in modo autosufficiente senza svolgere alcuna attività lavorativa); per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide; per attività sportiva; per lavoro di tipo artistico; per motivi religiosi; per assistenza minori. I summenzionati permessi di soggiorno speciali presentano una durata diversamente modulata;
· la sostituzione del comma 1.1 dell’art. 19 del testo unico - disciplinante il divieto di espulsione e di respingimento - con un nuovo testo, al fine di estendere l'ambito di applicazione di tale divieto. La disposizione introdotta, in particolare, prevede che non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che questa rischi di essere sottoposta non solo a tortura, come già indicato nel testo previgente della norma, ma anche a trattamenti inumani o degradanti. Viene, inoltre, introdotto il divieto di respingimento o espulsione qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che ciò non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica [comma 1, lettera e), n. 1].
La norma, ai fini della valutazione della suddetta violazione prevede che si tenga conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine;
· l’introduzione del comma 1.2 all’art. 19 del testo unico, che dispone che allo straniero per il quale vale il divieto di espulsione - di cui ai commi 1 e 1.1. del medesimo articolo 19 - al quale non sia accordata la protezione internazionale o che abbia presentato domanda di permesso di soggiorno, venga rilasciato un permesso di soggiorno per protezione speciale. Tale permesso di soggiorno, in base a quanto disposto al comma 1, lett. b) - diversamente da quanto espressamente previsto nella disciplina previgente[2] -, può essere convertito, ove ne ricorrano i requisiti, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro [comma 1, lettera e), n. 2];
· la novella dell’art. 20-bis, del testo unico disciplinante il permesso di soggiorno per calamità. Rispetto al testo previgente le modifiche apportate alla disposizione prevedono che tale permesso speciale possa essere rinnovabile senza il limite “di un periodo ulteriore di sei mesi” e che lo stesso, analogamente a quanto disposto al comma 1, lett. b), possa essere convertito, ove ne ricorrano i requisiti, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro [comma 1, lettera f)];
· la modifica della disciplina – di cui all’art. 27-ter, comma 9-bis, del testo unico - concernente il permesso per motivi di lavoro del ricercatore che abbia ultimato l'attività di ricerca ed abbia un permesso di soggiorno per ricerca giunto a scadenza. Rispetto alla disciplina previgente, che prevede che il summenzionato ricercatore possa richiedere un permesso di soggiorno di durata non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attività di ricerca completata, viene eliminata la condizione del possesso dei requisiti reddituali individuati dall’art. 29, comma 3, lett. b), nonché l’obbligo, per lo stesso, di assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità, mediante stipula di apposita polizza assicurativa valida sul territorio nazionale ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico[3] [comma 1, lettera g)].
L’art. 29, comma 3, lett. b), del testo unico, ai fini del ricongiungimento familiare, prevede la dimostrazione della disponibilità, tra l’altro, da parte dell’interessato, del possesso di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente;
· la modifica dell’art. 32, comma 1-bis, del testo unico, che a legislazione previgente prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di studio o di accesso al lavoro in favore di minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del medesimo testo unico. La disposta novella prevede che il mancato rilascio del suddetto parere non possa legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Viene, inoltre, disposta l'applicazione a tale procedimento dell’istituto del silenzio assenso[4] [comma 1, lettera h)].
La norma, in tale modo, ripristina i due ultimi periodi del comma 1-bis dell’art. 32 del testo unico che erano stati abrogati dall’art. 1, comma 1, lett. n-bis), del DL n. 113/2018;
· la sostituzione dell’art. 36, comma 3, del testo unico con un nuovo testo. La nuova norma, oltre a confermare quanto previsto dalla previgente disciplina in materia di durata e rinnovabilità del permesso di soggiorno per cure mediche, dispone che tale permesso di soggiorno consente lo svolgimento di un’attività lavorativa [comma 1, lettera i)].
La relazione tecnica evidenzia le finalità del provvedimento ed afferma che la ratio degli interventi adottati è prevalentemente ordinamentale, andando ad incidere sulla qualificazione e sulle procedure relative a diritti umani fondamentali.
La relazione tecnica precisa, altresì, che ai fini dell'analisi tecnico-finanziaria, occorre considerare che l'intervento normativo risponde, da un lato, all’esigenza di dar seguito alle osservazioni formulate dalla Presidenza della Repubblica in sede di emanazione del DL n. 113/2018 (c.d. decreto sicurezza) e di promulgazione della legge n. 77/2019, che ha convertito il DL n. 53/20019 (c.d. decreto sicurezza-bis), in connessione con il pieno adeguamento alle norme di diritto internazionale rilevante e, dall'altro, all'esigenza di adottare opportuni interventi emendativi ritenuti indifferibili a seguito della prima esperienza attuativa del complesso normativo sopra indicato. Secondo tale linea direttrice, è posta particolare attenzione alla coerenza tra le disposizioni legislative interne in materia di procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e le norme della direttiva procedure (rifusione) (Direttiva 2013/32/UE).
Con specifico riguardo alle sopra illustrate disposizioni dell’articolo 1, la relazione tecnica ne ribadisce il contenuto ed afferma che queste hanno contenuto meramente ordinamentale e sono senza oneri a carico della finanza pubblica.
La relazione illustrativa, in merito al comma 1, lettera e), n. 1) (divieto di espulsione e permesso di soggiorno per protezione speciale) precisa che la modifica assicura la piena applicazione dell'articolo 3 della CEDU che fa divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, recependo la consolidata giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo sui rapporti tra le migrazioni e la predetta norma convenzionale. Con riferimento al divieto di respingimento e di espulsione nei casi in cui il rimpatrio determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare, si fa riferimento, anche in tal caso, alle norme della CEDU, segnatamente all'articolo 8, in relazione al quale la Corte Europea dei diritti umani ha sviluppato una rilevante giurisprudenza proprio con riguardo al limite che il diritto alla vita privata e familiare comporta sulla facoltà degli Stati di adottare ed eseguire provvedimenti di rimpatrio.
Con specifico riguardo al comma 1, lett. g), che disciplina le condizioni di convertibilità del permesso di soggiorno per ricerca scientifica in motivi di lavoro, la relazione precisa che l'espunzione dall’art. 27-ter, comma 9-bis, del testo unico della condizione relativa al possesso di un’assicurazione sanitaria ovvero dell’iscrizione al servizio sanitario nazionale per il ricercatore, disposta con la formulazione della novella, fa sì che si applicheranno le regole generali in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri regolarmente soggiornanti di cui all'art. 34 citato del testo unico, che distinguono i casi in cui si applica l'obbligo di iscrizione di cui al Servizio sanitario nazionale da quelli in cui è consentita l'iscrizione volontaria al suddetto Servizio da quelli infine in cui occorre procedere alla stipula di una polizza assicurativa.
In merito ai profili di quantificazione, pur prendendo atto di quanto riferito dalla relazione tecnica circa la natura ordinamentale delle disposizioni in esame, ai fini della verifica della neutralità finanziaria delle stesse, affermata dall’articolo 14, andrebbero forniti ulteriori dati ed elementi di valutazione volti ad escludere effetti finanziari onerosi anche di natura indiretta. Ciò con specifico riguardo:
· al divieto di respingimento o espulsione dello straniero introdotto dal comma 1, lettera e), n. 1, nel caso in cui l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione della vita privata e familiare dell’interessato. Andrebbe infatti confermato che alle attività di valutazione degli elementi integrativi della suddetta violazione si possa far fronte nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Ciò in considerazione degli specifici criteri che la norma impone di valutare (natura ed effettività dei vincoli familiari dell'interessato, suo effettivo inserimento sociale in Italia, durata del soggiorno nel territorio nazionale ed esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine);
· alla modifica della disciplina del permesso per motivi di lavoro del ricercatore che abbia ultimato l'attività di ricerca ed abbia un permesso di soggiorno per ricerca scaduto [comma 1, lettera g)] con l’eliminazione, tra le condizioni previste per il rilascio del summenzionato permesso di soggiorno, del possesso di un reddito minimo indicato dalla previgente normativa, nonché dell’obbligo di stipula di apposita polizza assicurativa sanitaria ovvero di iscrizione al servizio sanitario nazionale per se e i propri familiari a carico. Appare opportuno acquisire chiarimenti in proposito considerato che il summenzionato criterio reddituale rileva, altresì, ai fini del ricongiungimento familiare e che, pertanto, la sua soppressione potrebbe determinare un’accelerazione delle relative dinamiche con riguardo specifico alla fattispecie in riferimento. In merito, inoltre, alla soppressione dell’obbligo di assicurazione sanitaria come configurato nei termini sopra evidenziati, andrebbero acquisiti dal Governo elementi di valutazione a conferma della neutralità finanziaria della disposizione, alla luce di quanto a riguardo riferito dalla relazione illustrativa, ma non menzionato dalla RT.
La relazione illustrativa evidenzia infatti che il venir meno del suddetto obbligo comporterà, comunque, l’applicazione della disciplina generale prevista dal testo unico immigrazione (articolo 34) in materia di assistenza sanitaria per gli stranieri regolarmente soggiornanti, che distingue le ipotesi in cui è previsto l'obbligo di iscrizione al SSN da quelle in cui è consentita l'iscrizione volontaria allo stesso, da quelle infine in cui occorre procedere alla stipula di una polizza assicurativa.
Non si formulano osservazioni con riguardo al comma 1, lettera b), che introduce la possibilità di convertire i permessi di soggiorno speciali individuati dalla medesima disposizione in permessi di soggiorno per motivi di lavoro; ciò in considerazione del fatto che la stessa norma prevede che tale conversione sia effettuabile “ove ne ricorrano i requisiti”.
ARTICOLO 1, comma 1, lett. c)-d) e comma 2
Divieto di transito e sosta delle navi mercantili nel mare territoriale
Normativa previgente. L’art. 11, comma 1-ter, del D.lgs. n. 286/1998 (testo unico sull’immigrazione), introdotto dall’art. 1, comma 1, del DL n. 53/2019 (decreto legge c.d. sicurezza-bis) prevede che il Ministro dell'interno, nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia, possa limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale - con l’eccezione del naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale - per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzino, in materia di violazione delle leggi sull’immigrazione, le condizioni previste dalla Convenzione delle NU sul diritto del Mare di Montego Bay del 1982 [articolo 19, par. 2, lettera g)].
I commi da 6-bis a 6-quater dell’art. 12 del D.lgs. n. 286/1998, introdotti dall’art. 2, comma 1, del DL n. 53/2019, prevedono che, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale e i divieti e le limitazioni eventualmente disposti ai sensi del summenzionato articolo 11, comma 1-ter. In caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, al comandante della nave si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000. La responsabilità solidale nel campo delle sanzioni amministrative[5], si estende all'armatore della nave. È sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare. A seguito di provvedimento definitivo di confisca, sono imputabili all'armatore e al proprietario della nave gli oneri di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro cautelare. All'irrogazione delle sanzioni provvede il prefetto territorialmente competente (comma 6-bis). Le navi sequestrate ai sensi del comma 6-bis possono essere affidate in custodia agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto o alla Marina militare ovvero ad altre amministrazioni dello Stato che ne facciano richiesta per l'impiego in attività istituzionali. Gli oneri relativi alla gestione dei beni sono posti a carico dell'amministrazione che ne ha l'uso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 6-ter). Quando il provvedimento che dispone la confisca diviene inoppugnabile, la nave è acquisita al patrimonio dello Stato e, a richiesta, assegnata all'amministrazione che ne ha avuto l'uso ai sensi del comma 6-ter. La nave per la quale non sia stata presentata istanza di affidamento o che non sia richiesta in assegnazione è, a richiesta, assegnata a pubbliche amministrazioni per fini istituzionali ovvero venduta, anche per parti separate. Gli oneri relativi alla gestione delle navi sono posti a carico delle amministrazioni assegnatarie. Le navi non utilmente impiegabili e rimaste invendute nei due anni dal primo tentativo di vendita sono destinate alla distruzione.
L’art. 2, comma 2, del DL n. 53/2019, valuta gli oneri derivanti dal comma 1 del medesimo decreto in euro 650.000 per il 2019 e in euro 1.300.000 annui a decorrere dal 2020. La relazione tecnica relativa al DL n. 53/2019 riferisce tali oneri alle spese di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro e confisca da parte dei prefetti ai sensi della summenzionata disposizione.
La norma prevede che, quando ricorrano motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero si concretizzino le condizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare[6] (UNCLOS) di Montego Bay del 1982, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, il Ministro dell'interno[7] possa limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati. Nei casi di inosservanza del divieto o del limite di navigazione posto si applica l’art. 1102 del codice della navigazione - che prevede la reclusione fino a due anni per il comandante che contravviene al divieto - e la multa da euro 10.000 ad euro 50.000 (comma 2).
In ragione di quanto previsto dal comma 2, vengono abrogati l'art. 11, comma 1-ter (comma 1, lettera c) e l'art. 12, commi 6-bis, 6-ter e 6-quater [comma 1, lettera d)] del testo unico, recanti disposizioni in materia di divieto di transito o sosta di navi mercantili nel mare territoriale nonché la connessa disciplina sanzionatoria in base alla quale, in particolare, in caso di violazione dei suddetti divieti è sempre prevista la confisca della nave utilizzata è l’immediato sequestro cautelare della stessa.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto dell’articolo 1, comma 2 e precisa che si tratta di una norma di carattere ordinamentale che non introduce nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con riguardo all’articolo 1, comma 1, lett. c) e d) la relazione tecnica si limita a riferire che questi dispongono l'abrogazione dell'art. 11, comma 1-ter e dell'art. 12, commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, del D.lgs. n. 286/1998, in materia di limitazione e divieto del transito o della sosta delle navi mercantili nel mare territoriale.
In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni considerato quanto riferito dalla relazione tecnica circa la natura ordinamentale della norma (comma 2) e l’assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si rileva, altresì, che alle disposizioni abrogate dalla norma in esame [comma 1, lett. c) e d)] sono associati effetti di maggior onere (valutati in euro 1.300.000 annui a decorrere dal 2020) connessi alle spese di custodia delle imbarcazioni sottoposte, in base alla previgente disciplina, a sequestro e confisca in caso di violazione del divieto di navigazione nel mare territoriale.
Procedure per il riconoscimento della protezione internazionale
Le norme modificano il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
In particolare, sono modificate le norme che disciplinano la procedura di esame prioritario [comma 1, lettera a)][8] e di esame accelerato [comma 1, lettera b)][9] delle domande di riconoscimento della protezione internazionale (nel seguito: “domande”).
Si segnala tra l’altro che se la domanda è presentata da un richiedente per il quale è stato disposto il trattenimento nei “punti di crisi” (comunemente noti come hotspot) ovvero nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR, già CIE), la procedura, che a legislazione previgente era prioritaria, viene ora qualificata come accelerata.
Un’ulteriore modifica concerne la disciplina delle domande reiterate in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento[10]. La disciplina previgente prevedeva che la domanda fosse considerata sempre inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento di allontanamento. Il testo proposto stabilisce, invece, che la domanda è comunque esaminata, entro tre giorni, dalla commissione territoriale competente per verificare se sono stato addotti nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine e, in caso contrario ne dichiara l’inammissibilità [comma 1, lettera d)].
Sono apportate alcune modifiche alla disciplina concernente il permesso di soggiorno per protezione sociale rilasciato, a determinate condizioni, a coloro cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale; la durata di tale permesso è portata da uno a due anni [comma 1, lettera e)].
Infine si novella la disciplina delle controversie in materia di decisioni di riconoscimento della protezione internazionale[11] ampliando le ipotesi di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato [comma 1, lettera f)].
La relazione tecnica afferma che tutte le disposizioni hanno carattere ordinamentale.
In merito ai profili di quantificazione, per quanto riguarda le modifiche ai procedimenti delle domande di asilo, non si formulano osservazioni tenuto conto che le stesse intervengono nel quadro di procedure alle quali non sono stati ascritti specifici effetti finanziari (artt. 28, 28-bis e 28-ter del d. lgs. n. 25/2008). Anche il d. lgs. n. 142/2015, che ha disciplinato le procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, introducendo, fra l’altro, la procedura di esame accelerato, è assistito da una generale clausola di invarianza; analogamente, agli articoli 7-bis e 9 del DL n. 113/2018 non sono stati ascritti effetti nelle parti in cui sono intervenuti sulle medesime procedure, disciplinando, fra l’altro, la domanda manifestamente infondata, la domanda reiterata e accelerando le tempistiche.
Andrebbe peraltro confermata la sostenibilità delle procedure indicate, anche con le modifiche introdotte dalle norme in esame, nel quadro delle risorse già esistenti.
Non si formulano osservazioni circa le restanti disposizioni, di carattere ordinamentale e procedurale o, in alcuni casi (per es. comma 4 dell’articolo 28-bis citato), comunque riproduttive della normativa previgente.
ARTICOLO 3, comma 1, comma 2, lett. b), n. 2 e comma 4, lett. a)
Trattenimento degli stranieri e loro diritti
La norma reca specifiche novelle al D. lgs. n. 286/1998 (testo unico immigrazione) In particolare viene previsto che:
· ai fini del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), previsto dall’art. 10-ter, comma 3, del testo unico in caso di rifiuto reiterato di sottoporsi alle operazioni di rilevamento foto-dattiloscopico e segnaletico, lo straniero sia tempestivamente informato dei diritti e delle facoltà derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento in una lingua a lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola [comma 1, lett. a)].
Si evidenzia che il testo vigente dell’art. 2, comma 6, del D.lgs. n. 286/1998 prevede che, ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato;
· nei confronti dello straniero destinatario di provvedimento di espulsione amministrativa trattenuto in strutture e locali idonei, diversi dai CPR, ai sensi dell’art. 13, comma 5-bis, del testo unico, si applichi l’art. 14, comma 2, del testo unico come modificato dal comma 3, lett. a). Tale disposizione prevede che lo straniero in attesa di espulsione è trattenuto nel CPR - presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi - con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità. Allo stesso è assicurata, in ogni caso, la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno [comma 1, lett. b), e comma 4, lett. a)].
L’art. 14, comma 2, del D.lgs. 286/1998, nel testo previgente, prevede che lo straniero in attesa di espulsione è trattenuto nei CPR con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità, assicurando, allo stesso, in ogni caso, la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno;
· il trattenimento dello straniero di cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione o il respingimento alla frontiera è disposto con priorità per coloro che siano considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per specifici reati individuati dalla norma, nonché per coloro che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi [comma 1, lett. c), n. 2];
· il termine massimo di trattenimento dello straniero nei CPR, fissato in 180 giorni dalla previgente disciplina (art. 14, comma 5, quinto periodo, del testo unico) è ridotto a 90 giorni prorogabile di altri 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri [comma 1, lett. c), n. 3), lett. a)].
In tal modo viene ripristinata la durata massima antecedente al DL n. 113/2018 (c.d. decreto sicurezza) che aveva elevato (articolo 2, comma 1, lett. a)) tale durata a 180 giorni, rispetto ai 90 giorni stabiliti dalla legge n. 161/2014. Si evidenzia che alla summenzionata disposizione del decreto sicurezza non sono ascritti effetti finanziari scontati sui saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica con riguardo alla medesima norma, nel confermarne la neutralità finanziaria, evidenziava che il prolungamento da 90 a 180 giorni del periodo massimo di trattenimento dello straniero sarebbe avvenuto nell'ambito dei posti già disponibili a legislazione vigente, con invarianza dei costi di gestione, già parametrati sulla base del numero di posti disponibili e non sul periodo di permanenza. Pertanto, la norma, individuando un periodo di trattenimento più elevato (180 giorni), non appariva suscettibile di determinare un ampliamento della platea di stranieri destinatari della misura restrittiva;
· il termine massimo di trattenimento dello straniero presso le strutture carcerarie - superato il quale lo stesso può essere trattenuto presso il CPR per un periodo massimo di 30 giorni - fissato in 180 giorni dalla previgente disciplina (art. 14, comma 5, sesto periodo, del testo unico) è ridotto a 90 giorni. Il summenzionato termine massimo di 30 giorni di permanenza nei CPR può essere, inoltre, prorogato di altri 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri [comma 1, lett. c), n. 3), lett. b)].
Anche in tal caso, viene ripristinata la durata massima antecedente al DL n. 113/2018 (c.d. decreto sicurezza) che aveva elevato (articolo 2, comma 1, lett. b)) tale durata a 180 giorni, rispetto ai 90 giorni stabiliti dalla legge n. 161/2014;
· il termine massimo di trattenimento nei CPR dello straniero richiedente protezione internazionale per il quale sia in corso di verifica l’identità o la cittadinanza, fissato in 180 giorni dalla previgente disciplina (art. 6, comma 3-bis, del D.lgs. n. 142/2015), è ridotto a 90 giorni prorogabili per altri 30 qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri [comma 2, lett. b), n. 2].
Si evidenzia che il comma 3-bis dell’art. 6 del D.lgs. n. 142/2015 è stato introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. a), del DL n. 113/2018. Alla disposizione non sono ascritti effetti finanziari scontati sui saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica relativa al DL n. 13/2018 afferma la neutralità finanziaria dell’art. 3 del medesimo decreto.
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni dell’articolo 3, comma 1, ed afferma che queste, che stabiliscono norme di maggiore garanzia per le persone sottoposte a trattenimento nei CPR, hanno contenuto meramente ordinamentale e sono prive di oneri nuovi o aggiuntivi per la finanza pubblica. Con specifico riferimento all’articolo 3, comma 1, lett. b), la relazione tecnica precisa che la disposizione esplicita principi consolidati ed attività già svolte a legislazione vigente. Con riguardo all’articolo 3, comma 2, lett. b), n. 2, che disciplina il trattenimento del richiedente protezione internazionale nei CPR, la relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
In merito all’articolo 3, comma 4, lettera a), che esplicita la necessità che nei centri per il rimpatrio siano assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, la relazione tecnica afferma che si tratta di un principio già contemplato dall’ordinamento, la norma, quindi è senza riflessi sulla finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che la norma riduce il termine massimo di trattenimento dello straniero nei Centri per rimpatri (CPR) dai 180 giorni previsti dalla previgente disciplina a 90 giorni; termine prorogabile di altri 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri [comma 1, lett. c), n. 3), lett. a)]. Analoga riduzione è prevista per lo straniero il quale sia detenuto in strutture carcerarie [comma 1, lett. c), n. 3), lett. b)]. La medesima previsione circa la durata massima del trattenimento nei CPR è posta altresì per il trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di verifica della sua identità e nazionalità [comma 2, lett. b), n. 2]. Al riguardo non si formulano osservazioni considerato quanto riferito dalla relazione tecnica e tenuto conto che con i summenzionati interventi normativi vengono ripristinate le durate massime antecedenti al DL n. 113/2018 (c.d. decreto sicurezza).
Sul punto si rammenta che alle relative disposizioni del decreto sicurezza che aveva elevato da 90 a 180 giorni la durata massima della permanenza nei CPR o nelle strutture carcerarie o aveva previsto ex novo tale termine massimo con riguardo ai trattenimenti nei CPR dei richiedenti protezione internazionale sottoposti a verifica di identità o cittadinanza non sono stati ascritti effetti finanziari ai fini dei saldi di finanza pubblica.
Non si formulano osservazioni con riguardo alle modalità di trattenimento dello straniero in procinto di essere allontanato dal territorio nazionale e in merito al riconoscimento al medesimo di alcune facoltà [comma 1, lett. a), comma 1, lett. b) e comma 4, lett. a)]; ciò in considerazione del fatto che tali disposizioni sembrano finalizzate a specificare, come evidenziato anche dalla relazione tecnica, quanto già previsto al riguardo dalla vigente normativa.
Iscrizione anagrafica dello straniero richiedente protezione internazionale
La norma dispone l’introduzione dell’art. 5-bis nel D.lgs. n. 142/2015. La disposizione introdotta prevede l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale al quale sia stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta asilo o la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale [comma 2, lett. a) cpv. Art. 5-bis, comma 1]. Per i richiedenti ospitati nei centri di prima accoglienza e nelle strutture per misure straordinarie di accoglienza[12] l'iscrizione anagrafica è effettuata a titolo di “convivenza anagrafica”[13]. È fatto obbligo al responsabile della convivenza anagrafica di dare comunicazione delle relative variazioni al competente ufficio di anagrafe entro venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti [comma 2, lett. a) cpv. Art. 5-bis, comma 2]. La comunicazione, da parte del responsabile della convivenza anagrafica, della revoca delle misure di accoglienza o dell'allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale costituisce motivo di cancellazione anagrafica con effetto immediato [comma 2, lett. a) cpv. Art. 5-bis, comma 3].
Si evidenzia che l’art. 13, comma 1, lett. c), del DL n. 113/2018 (c.d. decreto sicurezza) ha disposto l’abrogazione dell'articolo 5-bis del D.lgs. n. 142/2015, che disciplinava l’scrizione anagrafica dello straniero richiedente protezione internazionale in termini complessivamente analoghi a quelli previsti dall’art. 5-bis, commi da 1 a 3, introdotto dalla norma in esame. L’art. 13, comma 1, lett. a), n. 2) del medesimo decreto sicurezza prevedeva, inoltre, l’introduzione del comma 1-bis all’art. 4 del summenzionato decreto legislativo nel quale veniva espressamente disposto che il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non desse titolo all'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente[14].
Si evidenzia che alle norme del summenzionato articolo 13 del DL n. 113/2018 non sono stati ascritti effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.
Ai richiedenti protezione internazionale che hanno ottenuto l'iscrizione anagrafica è rilasciata, sulla base delle norme vigenti, una carta d'identità, di validità limitata al territorio nazionale e della durata di tre anni [comma 2, lett. a) cpv. Art. 5-bis, comma 4].
La relazione tecnica con riguardo all’articolo 3, comma 2, lett. a), afferma che questa norma regolamenta il diritto all'iscrizione anagrafica per i richiedenti protezione internazionale cui sia stato rilasciato il permesso di soggiorno o la ricevuta della richiesta, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 186/2020 che ha annullato l'art. 13 del DL n. 113/2018 che aveva abrogato le norme previgenti in materia.
Per i suddetti stranieri, è previsto, tra l'altro, il rilascio di una carta d'identità di validità limitata al territorio nazionale e della durata di tre anni. Gli oneri per il rilascio della carta d'identità sono a carico del richiedente, come stabilito ai sensi dell'art. 7-viciester, del DL n. 7/2005. L'importo in questione è stato determinato con decreto del Ministro dell'economia del 25 maggio 2016, in euro 13,76, oltre IVA e oltre diritti fissi e di segreteria, ove previsti. Si determina, pertanto, un costo complessivo, comprensivo di IVA, di euro 16,79, a cui vanno aggiunti i diritti fissi e di segreteria, se previsti dal Comune di riferimento. Detto dato va moltiplicato per la media attesa dei richiedenti asilo che, prendendo a parametro i dati sull'accoglienza del 2019, risulta essere pari a 83.226. Se si ipotizza che il 50% di essi, vale a dire 41.613 richiedenti, farà istanza per ottenere la carta d'identità, si può stimare un introito annuo pari a 698.682,27.
In merito ai profili di quantificazione si evidenzia che il comma 2, lett. a), cpv. Art. 5-bis, commi da 1 a 3, reintroduce la disciplina relativa all’iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale cui sia stato rilasciato il permesso di soggiorno o la ricevuta della richiesta (disciplina abrogata dall'art. 13 del DL n. 113/2018, poi dichiarato incostituzionale, cfr. Sent. C. Cost. n. 186/2020). Al riguardo non si formulano osservazioni considerato quanto riferito dalla relazione tecnica circa la natura ordinamentale di tali norme. Si rileva, altresì, che alla summenzionata abrogazione, ad opera dell’articolo 13 citato, non erano stati ascritti effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.
Con riguardo al comma 2, lett. a), cpv. Art. 5-bis, comma 4, che prevede il rilascio di una carta d'identità ai richiedenti protezione internazionale che hanno ottenuto l'iscrizione anagrafica, non si formulano osservazioni, considerato che, come evidenziato anche dalla relazione tecnica, i relativi oneri sono a carico del richiedente, ai sensi dell'art. 7-viciester, del DL n. 7/2005.
ARTICOLO 3, comma 2, lett. b), n. 1 e comma 3
Trattenimento del richiedente protezione internazionale presso i CPR
La norma reca specifiche modifiche all’art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 142/2015 che disciplina il trattenimento del richiedente protezione internazionale presso i centri di permanenza per i rimpatri[15] (CPR). In particolare viene previsto che il trattenimento operi anche:
· qualora ricorrano le condizioni (pericolosità del soggetto o commissione di reati gravi) rilevanti ai fini del diniego dello status di rifugiato e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria previste, rispettivamente dall'art. 12, comma 1, lettere b) e c) e dall’art. 16 del D.lgs. n. 251/2007 [comma 2, lett. b), n. 1.1];
· in caso di presentazione reiterata della domanda di protezione internazionale in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento; ipotesi disciplinata dall'art. 29-bis del D.lgs. n. 25/2008, come sostituito dall'articolo 2, comma 1, lett. d), del provvedimento in esame (Cfr. Supra) [comma 2, lett. b), n. 1.2].
L’art. 29-bis del D.lgs. n. 25/2008 (articolo inserito dall'art. 9, comma 1, lett. d), DL n. 113/2008) nel testo previgente prevede che la domanda di protezione internazionale reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento che comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale dell’interessato, è considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento stesso. In tale caso non si procede all'esame della domanda.
Si evidenzia che la relazione tecnica relativa al DL n. 113/2018, con riguardo alla summenzionata disposizione afferma che questa non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il nuovo testo della suddetta disposizione, introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. d), del provvedimento in esame prevede comunque un esame preliminare della domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento da parte della Commissione territoriale competente;
· nelle ipotesi di condanne, anche non definitive, per reati (afferenti l’ordine e la sicurezza pubblica) rilevanti ai fini delle cause di diniego dello status di rifugiato e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria, di cui rispettivamente all'art. 12, comma 1, lett. c), e all'art. 16, comma 1, lett. d-bis), del D.lgs. n. 251/2007 [comma 2, lett. b), n. 1.3].
Viene, inoltre previsto che le disposizioni di cui al comma 2, lettera b), n. l) si applicano nel limite dei posti disponibili dei CPR o delle strutture diverse e idonee nella disponibilità dell'Autorità di pubblica sicurezza, di cui all'art. 13, comma 5-bis, del D.lgs. n. 286/1998 (comma 3).
La reazione tecnica, con riguardo all’articolo 3, comma 2, lettera b), n. 1, ne ribadisce il contenuto ed afferma che si tratta di disposizioni di carattere meramente ordinamentale che troveranno applicazione nell'ambito del numero dei posti disponibili degli appositi centri di permanenza per il rimpatrio, come previsto sub comma 3, e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con riguardo ai costi di gestione dei CPR la relazione tecnica evidenzia che questi gravano sul capitolo 2351 pg 10 “Spese per la gestione dei centri di permanenza per i rimpatri” della Tabella 8, missione 27, Programma 2, azione 2, CDR 4. Del suddetto capitolo vengono indicate le relative disponibilità (riportate nelle tabelle a seguire) alla data del 5 agosto 2020.
(euro)
Dati di Bilancio Capitolo 2351 piano gestionale 10 |
|||
Situazione di competenza anno 2020 |
|||
Legge di Bilancio 2020 |
18.220.090,00 |
Totale stanziamenti definitivi |
18.220.090,00 |
Variazioni provvisorie |
0,00 |
Variazioni definitive |
0,00 |
Impegni |
|||
Provvisorio |
0,00 |
Definitivo |
13.206.983,61 |
Disponibilità di competenza al 30/09/2020 |
5.013.106,39 |
||
Situazione di cassa anno 2020 |
|||
Legge di Bilancio 2020 |
18.220.090,00 |
Totale stanziamenti definitivi |
18.220.090,00 |
Variazioni provvisorie |
0,00 |
Variazioni definitive |
0,00 |
Lista accantonamenti |
|||
Totale accantonamenti |
|
4.779.710,13 |
|
Titoli emessi |
|||
O/A definitivi in C/C |
3.604.332,61 |
O/A definitivi in C/R |
1.868.770,45 |
Disponibilità di cassa al 30/09/2020 |
|
7.967.276,81 |
(euro)
Dati di Bilancio Capitolo 2351 piano gestionale 10 |
|
Anno 2021 |
Anno 2022 |
Competenza |
Competenza |
18.220.090,00 |
18.220.090,00 |
Cassa |
Cassa |
18.220.090,00 |
18.220.090,00 |
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che le norme disciplinano nuove ipotesi di trattenimento di richiedenti protezione internazionale presso i CPR [comma 2, lett. b), n. 1], tra le quali, in particolare, quella riferita alla presentazione reiterata della domanda di protezione internazionale in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento. In proposito, pur prendendo atto di quanto affermato dalla relazione tecnica che riferisce che siffatte disposizioni troveranno applicazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nell'ambito del numero dei posti disponibili nei CPR e nelle strutture agli stessi equiparati, come espressamente previsto dal comma 3, si rileva l’opportunità di acquisire ulteriori dati ed elementi di valutazione, al fine di verificare la predetta assunzione di neutralità finanziaria delle disposizioni. Ciò con riguardo sia alla congruità ed all’effettiva disponibilità delle risorse di bilancio indicate (anche in relazione ad eventuali impegni già assunti o ad ulteriori interventi da realizzare a valere sulle stesse) sia alla capacità complessiva di accoglienza dei CPR e delle strutture equiparate in relazione al numero atteso di nuovi trattenuti e ai relativi tempi di permanenza.
ARTICOLO 3, comma 4, lett. b), e comma 5
Trattenimento degli stranieri e garanti per la privazione della libertà personale
Normativa previgente. L’art. 7, comma 5, del DL n. 146/2013, tra le competenze attribuite al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, prevede che questo possa verificare il rispetto degli adempimenti connessi ai diritti delle persone trattenute presso i centri di permanenza per i rimpatri (CPR) previsti dall'art. 14 del testo unico immigrazione, nonché presso i locali delle strutture di primo soccorso e accoglienza (cd. hotspots) di cui all’art. 10-ter del medesimo testo unico, accedendo senza restrizione alcuna in qualunque locale [lettera e)]. Tra le competenze generali del Garante viene altresì, previsto che questo possa formulare specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, se accerta violazioni alle norme dell'ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti da detenuti e internati[16]. L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni [lettera f)].
La norma prevede che:
· lo straniero in condizioni di trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri (CPR) possa rivolgere istanze o reclami (orali o scritti) al Garante nazionale ed ai garanti regionali e locali, dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale[17] [comma 4, lett. b)];
· il Garante nazionale possa formulare specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, qualora accerti la fondatezza delle istanze e dei reclami formulati da soggetti trattenuti nei CPR o nelle strutture di primo soccorso e accoglienza[18] (cd. hotspots). L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni (comma 5).
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni e con riguardo all’articolo 3, comma 4, lettera b), precisa che si tratta di una norma di carattere ordinamentale.
In merito all’articolo 3, comma 5, afferma che si tratta di norma di carattere meramente ordinamentale che dettaglia le modalità di esercizio di funzioni già attribuite al Garante il quale, ai sensi dell'art. 7, comma 5, lett. e), del DL n. 146/2013, deve verificare il rispetto dei diritti delle persone trattenute.
In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni considerato quanto riferito dalla relazione tecnica circa la natura ordinamentale delle disposizioni. Si rileva, in particolare, che il comma 5 appare finalizzato ad estendere, con riguardo ai trattenimenti nei CPR e nelle strutture di primo soccorso e accoglienza (hotspots), quanto già previsto in termini generali a normativa vigente in merito alla potestà del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale di formulare raccomandazioni alle amministrazioni in caso di accertamento di violazioni normative segnalate da parte di detenuti ed internati. La disposizione appare, pertanto, come segnalato dalla relazione tecnica, finalizzata a dettagliare le modalità di esercizio di una funzione (la verifica del rispetto degli adempimenti connessi ai diritti delle persone trattenute nei CPR e negli hotspots) già attribuita al Garante a normativa vigente [art. 7, comma 5, lettera e), del DL n. 146/2013].
Accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale
Le norme modificano le disposizioni vigenti in materia di accoglienza dei migranti sul territorio e definiscono un nuovo impianto complessivo di accoglienza denominato “Sistema di accoglienza e integrazione” (SAI).
Si ricorda che il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano è disciplinato dal decreto legislativo n. 142/2015, adottato in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE. Successivamente, alcune integrazioni e modifiche sono state apportate dapprima dal D.L. 13/2017, poi dalla L. n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati e dal D.Lgs. n. 220/2017. Nell’attuale legislatura, il D.L. 113/2018 (c.d. decreto immigrazione e accoglienza) ha introdotto ulteriori modifiche, riformando in parte l'impianto complessivo del sistema.
In particolare, si segnalano le seguenti novità del sistema di accoglienza delineato dalle norme in esame rispetto alla disciplina vigente.
Modifiche al decreto legislativo n. 142/2015 (decreto accoglienza)
· Resta confermata la procedura di soccorso e di identificazione (ai sensi dell’articolo 10-ter del decreto legislativo n. 286/1998) dei cittadini stranieri irregolari che si svolge attraverso i cosiddetti hotspot collocati nei luoghi dello sbarco dove effettuare la registrazione e l'identificazione tramite rilievi dattilografici delle persone sbarcate (comma 1, lettera a)).
· Sono specificate le funzioni svolte dalle strutture di accoglienza, prevedendo che le funzioni di prima assistenza sono assicurate nei centri governativi e nelle strutture temporanee di cui agli articoli 9 e 11 del decreto accoglienza (comma 1, lettera a)).
Si ricorda che le strutture di cui agli articoli 9 e 11 del decreto 142/2015 disciplinano le misure di prima accoglienza svolte nei centri governativi: Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e i Centri di accoglienza (CDA) e Centri di accoglienza straordinaria (CAS). Tali centri hanno la funzione di consentire l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni negli hotspot), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità che comportino speciali misure di assistenza.
Si ricorda inoltre che nel testo vigente, la funzione di soccorso e prima assistenza, nonché le operazioni di identificazione dei migranti, sono svolte nei centri di prima accoglienza (CPA) o Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) allestiti all'epoca dell'emergenza sbarchi in Puglia nel 1995 ai sensi del D.L. 30 ottobre 1995, n. 451, conv. da L. n. 563/1995 (cd. legge Puglia).
· I richiedenti protezione internazionale, che erano stati esclusi dalla rete territoriale di accoglienza integrata in base al D.L. 113 del 2018, possono accedere alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), come ridenominato dall’articolo in esame, nei limiti dei posti disponibili. Si prevede inoltre che una volta espletate le operazioni da svolgere nei centri di prima accoglienza, il richiedente la protezione internazionale è trasferito, nei limiti dei posti disponibili, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione. Si introduce inoltre un criterio di priorità nel trasferimento presso le strutture comunali per i richiedenti che rientrino in una delle categorie di vulnerabilità previste dall’art. 17 del decreto accoglienza (comma 1, lettere a) capoverso n. 3 e b) n. 2).
Si ricorda che a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 113/2018, i richiedenti protezione internazionale, a meno che non ricorrano le condizioni che ne rendano necessario il trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR), possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri di prima accoglienza, facente capo alle Prefetture, mentre non possono più accedere al sistema dei Comuni.
· Si introducono nuovi criteri per l’istituzione dei centri governativi di prima accoglienza, per i quali si devono tenere in considerazione le esigenze di contenimento della capienza massima, ai fini di una migliore gestione dei centri medesimi (comma 1, lettera b), n. 1).
· Con riferimento alle condizioni dell’accoglienza, la norma pone l’obbligo di assicurare nei centri adeguati standard igienico-sanitari ed abitativi, secondo criteri e modalità che devono essere stabiliti con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza unificata. Inoltre, si dispone che siano erogati anche con modalità di organizzazione su base territoriale, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, anche l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e servizi di orientamento legale e al territorio (comma 1, lettera c)).
Oltre a stabilire con fonte primaria le categorie di servizi garantiti dai centri governativi di cui agli articoli 9 e 11, sono previsti alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato in vigore e, segnatamente: la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, nonché l’assistenza psicologica che si aggiunge a quella sociale.
· È ripristinata la possibilità di avviare i richiedenti la protezione internazionale ad attività di utilità sociale (comma 1, lettera e)).
Si ricorda che tale possibilità (articolo 22-bis del D. Lgs. 142 del 2015) era stata introdotta dal D.L. n. 13 del 2017 e successivamente era stata eliminata dal D.L. n. 113 del 2018 (art. 12, co. 2, lett. m)), che l’ha ammessa esclusivamente per i titolari di protezione internazionale.
La norma reca, con riferimento alle modifiche al decreto accoglienza, una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale le attività sopra previste (di cui al comma 1, lettere b) num. 1 e lett. c)), sono svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 2).
Le norme modificano inoltre l’articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416/1989 contente le disposizioni relative al sistema di accoglienza territoriale dei migranti, in origine SPRAR (Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), dal 2018 ridenominato SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), che viene ora definito come Sistema di accoglienza e integrazione – SAI. Si tratta in particolare delle seguenti novità.
· Ampliamento della platea dei potenziali beneficiari delle prestazioni del sistema di accoglienza, che oltre ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, ricomprende anche, “nell’ambito dei medesimi servizi, nei limiti dei posti disponibili” (comma 3, lett. b)) le seguenti categorie di soggetti:
- i richiedenti la protezione internazionale (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva), esclusi a norma del D.L. 113 del 2018;
- i titolari dei seguenti permessi di soggiorno, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati: permesso di soggiorno “per protezione speciale”, “per cure mediche”, “per protezione sociale”, “per vittime di violenza domestica”, “per calamità”, “per vittime di particolare sfruttamento lavorativo”, “per atti di particolare valore civile” e permesso di soggiorno “per casi speciali”.
Si ricorda che nella formulazione previgente dell’articolo 1-sexies, i titolari dei permessi di soggiorno elencati al punto precedente, ad eccezione del permesso di soggiorno per protezione speciale, potevano essere accolti nel SIPROIMI, a condizione che tali soggetti non accedessero “a sistemi di protezione specificamente dedicati”, come ancora previsto. Non era invece ricompresa la categoria relativa ai soggetti con permesso di soggiorno per protezione speciale;
- gli stranieri affidati ai servizi sociali al compimento della maggiore età ex art. 13, co. 2, della legge n. 47/2017 (c.d. prosieguo amministrativo).
Si ricorda che la citata disposizione prevede l’affidamento ai servizi sociali, anche oltre il compimento dei 18 anni e fino all'età massima di 21 anni, per effetto di un decreto adottato dal Tribunale per i minorenni, dei neo maggiorenni che necessitano di un supporto prolungato finalizzato al buon esito del percorso di inserimento sociale intrapreso.
· Diversa articolazione del sistema di accoglienza in due tipologie di servizi prestati nell’ambito dei progetti degli enti locali finalizzati all’accoglienza (comma 3, lett. c)):
1) servizi di primo livello, cui accedono i richiedenti protezione internazionale, tra i quali si comprendono: prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Si tratta degli stessi servizi che devono essere assicurati nei centri governativi di prima accoglienza, come ridefiniti dal decreto in esame;
2) servizi di secondo livello, cui accedono tutte le altre categorie di beneficiari del sistema, che già accedono ai servizi previsti al primo livello: si tratta di servizi aggiuntivi, finalizzati all’integrazione che, comprendono, l’orientamento al lavoro e la formazione professionale.
La relazione tecnica con riferimento al comma 1, afferma che le disposizioni hanno carattere ordinamentale e non comportano oneri nuovi o aggiuntivi a carico della finanza pubblica ad eccezione delle disposizioni di cui alla lettera b), n. 2) e alla lettera c) che hanno effetti finanziari relativi, nello specifico, ai servizi aggiuntivi nei centri governativi di cui agli artt. 9 e 11 del decreto legislativo n. 142/2015 ed al minore periodo di accoglienza dei richiedenti protezione negli stessi centri.
In particolare le norme di cui all'art. 4, comma l, lettera b), n. 2) e lettera c) generano maggiori oneri relativi ai servizi aggiuntivi che dovranno essere resi a favore dei richiedenti asilo (corsi di lingua italiana, orientamento al territorio e assistenza psicologica), per un totale annuo di euro 86.879.621,4 e risparmi derivanti dal minor periodo di permanenza dei richiedenti nei centri governativi di accoglienza, per un totale di euro 74.066.895,76, con un saldo netto di euro 12. 812.725,64.
La quantificazione si basa sul procedimento di seguito riportato.
1. Servizi aggiuntivi nei centri governativi di cui agli articoli 9 e 11, D.L.vo 14212015.
Il testo del decreto-legge prevede che nei centri governativi di accoglienza siano erogati, oltre ai servizi già in essere, la somministrazione di corsi di lingua italiana, i servizi di orientamento al territorio e l'assistenza psicologica che si aggiunge all'assistenza sociale già assicurata nei medesimi centri.
L'analisi dei costi del SIPROIMI, ove i servizi in questione già vengono erogati, induce a ritenere che essi valgano il 7% del costo pro-die pro-capite complessivo del suddetto Sistema, con esclusione dei costi relativi ai minori non accompagnati. Quindi il costo dei servizi in questione può essere cosi definito:
COSTO CORSI LINGUA ITALIANO, ORIENTAMENTO AL TERRITORIO E ASSISTENZA PSICOLOGICA= Costo pro-die pro-capite SIPROIMI x7/100 = euro 40,80 x 7/100 = euro 2,86.
Pertanto, tutti i servizi aggiuntivi previsti dalla norma che si commenta (corsi di lingua, orientamento al territorio e assistenza psicologica) rispetto a quelli attualmente erogati (accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale) rientrano nel costo aggiuntivo sopra determinato (euro 2,86 pro-die pro-capite). Detto dato deve ora essere moltiplicato per la media attesa degli ospiti giornalieri nei centri governativi di accoglienza che, prendendo a parametro i dati del 2019, risulta essere pari a 83.226.
Pertanto, il costo complessivo dei servizi aggiuntivi previsti dalla norma in esame sono così determinati: COSTO SERVIZI AGGIUNTIVI SU BASE ANNUA = costo servizi aggiuntivi pro-capite pro-die x media attesa ospiti al giorno x 365 giorni =euro 2,86 x 83.226 x 365 = euro 86.879.621,4.
2. Riduzione dei costi per l'applicazione della norma sui richiedenti nel SAI
Il decreto-legge prevede che il richiedente protezione, dopo aver svolto le operazioni di identificazione, di avvio della domanda di protezione e di accertamento delle condizioni di salute, sia avviato, nei limiti dei posti disponibili, alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI):
Ciò comporterà che, per quell'aliquota di richiedenti che potrà essere trasferita al nuovo Sistema, la permanenza nei centri governativi, ordinari o di emergenza, sarà ridotta. Tale riduzione di tempi determinerà una riduzione dei costi complessivi dei centri governativi, calcolati su base pro-capite pro-die. Peraltro, non vi sarà un aggravio di spesa per il Sistema di accoglienza ed integrazione in quanto i richiedenti asilo saranno accolti nelle strutture in questione solo nel limite dei posti disponibili e quindi a risorse finanziarie invariate.
Per potere stimare l'incidenza di tale risparmio, occorre tenere conto dei seguenti elementi:
1. tempi medi di permanenza dei richiedenti nei centri governativi nel biennio 2018/2019, pari a 316 giorni, sulla base di quanto registrato dalle prefetture sul Sistema informatico di Gestione dell'accoglienza (SGA), relativamente al periodo gennaio 2018-31 dicembre 2018.
2. tempi medi per l'espletamento delle operazioni preliminari al trasferimento alle strutture del SAI (identificazione, verbalizzazione domanda, verifica situazioni di vulnerabilità), che risultano essere di 30 giorni;
3. media dei posti finanziati e non utilizzati nel SIPROIMI (cui succede il SAI) nel biennio 2018/2019, pari a 8.761;
4. costo pro-capite pro-die di un ospite nei centri governativi, pari a euro 26,70, cui vanno aggiunti euro 2,86 quale costo dei servizi aggiuntivi così come sopra determinati, per un totale di euro 29,56.
Nell'elaborazione non si tiene conto dei dati 2020 su cui incidono le norme eccezionali varate per fronteggiare l'epidemia da COVID-19.
In relazione a quanto sopra, il risparmio si può stimare secondo la formula seguente:
RISPARMIO COSTI CENTRI GOVERNATIVI PER INVIO RICHIEDENTI IN SAI=posti disponibili in SIPROIMI x (tempi di permanenza richiedenti in centri governativi - tempi di espletamento operazioni preliminari al trasferimento) x costo pro-capite pro-die= 8.761 x (316-30) x euro 29,56= 8.761 x 286 x euro 29,56 = euro 74.066.895,76.
Le disposizioni in esame producono gli effetti sul capitolo 2351, pg 2, "Spese per l'attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei centri, spese per studi e progetti finalizzati all'ottimizzazione ed omogeneizzazione delle spese di gestione", di cui di seguito si illustrano i dati di competenza e cassa, che dimostra sufficiente capienza.
Fonte: RT
La RT precisa che se si ipotizza di accogliere nelle strutture di prima accoglienza 83.226 ospiti, secondo i dati sopra riportati, ad un costo di euro 29,56 al giorno (calcolato tenendo conto dei servizi aggiuntivi determinati dalle norme in commento) per 365 giorni, avremo una spesa complessiva di euro 897.958.604,4. Da tale importo occorre detrarre il risparmio generato dal trasferimento nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), sopra determinato in euro 74.066.895,76, per un costo complessivo finale stimato in euro 823.891.708,64, inferiore agli stanziamenti previsti per gli anni 2021 e 2022.
Nessun effetto si riverbera sul capitolo 2352 "Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo ed interventi connessi ivi compresi quelli attuati nelle materie in adesione a programmi e progetti dell'Unione europea anche in regime di cofinanziamento" in quanto l'accoglienza nel Sistema di accoglienza e integrazione, che sostituisce il SIPROIMI, avviene nei limiti dei posti disponibili, in relazione ai progetti attivati dagli enti locali e ammessi a finanziamento dal Ministero dell'interno.
Con riferimento al comma 3 (ridefinizione del sistema di accoglienza e integrazione – SAI), la RT afferma che le novità recate dalla norma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto l'accoglienza nel SAI, che sostituisce il SIPROIMI, avviene nei limiti dei posti disponibili, in relazione ai progetti attivati dagli enti locali e ammessi a finanziamento dal Ministero dell'interno.
Con particolare riguardo alla diversa articolazione del sistema di accoglienza (comma 3, lettera c)) la RT precisa che la distinzione di servizi deriva anche dalle osservazioni della Corte dei conti (Deliberazione 7 marzo 2018) secondo le quali si dovrebbe evitare di riconoscere un "diritto di permanenza indistinto" a tutti coloro che sbarcano in relazione al quale anche migranti senza titolo possono essere di fatto inseriti anche nei percorsi di formazione professionale, con oneri finanziari gravosi a carico del bilancio dello Stato. I servizi di primo livello e quelli di secondo livello da assicurare nella rete del SAI sono tutti previsti dal DM 18 novembre 2019 sulle modalità di accesso degli enti locali al finanziamento del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e rientrano nei progetti già approvati e in corso di attuazione. La disposizione non è quindi suscettibile, secondo la RT, di produrre oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
A tal fine la RT espone una tabella riepilogativa delle risorse occorrenti iscritte al capitolo 2352 "Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo ed interventi connessi ivi compresi quelli attuati nelle materie in adesione a programmi e progetti dell'Unione europea anche in regime di cofinanziamento", della Tabella 8, missione 27, Programma 2, azione 2, CDR 4, che al 4 giugno 2020, presenta la seguente disponibilità:
Fonte: RT
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che le norme riformano il Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI, in precedenza SPRAR), con la definizione del nuovo “Sistema di accoglienza e integrazione” (SAI). Le modifiche comportano un ampliamento delle categorie dei potenziali beneficiari delle prestazioni del medesimo sistema ed una ridefinizione dei servizi che si articolano in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale,
il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione.
Tanto premesso, si osserva che il comma 2 dispone che le previsioni di cui al comma 1, lettera b), n. 1 (criterio del contenimento della capienza massima dei centri governativi di prima accoglienza) e al comma 1, lett. c) (adeguamento degli standard igienico sanitari ed abitativi nonché servizi di assistenza ed accoglienza ed ulteriori servizi nei medesimi centri), dovranno essere attuate con le risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
A tal proposito, si evidenzia che la RT non ricollega alle predette norme esigenze di rideterminazione delle strutture; ciò pur a fronte dei criteri sopra indicati relativi alla capienza e agli standard abitativi. In proposito sarebbero opportuni elementi di valutazione a sostegno di tale assunzione di invarianza finanziaria.
Inoltre, tenuto conto che l’accesso dei soggetti al SAI è subordinato dalle disposizioni al rispetto del limite dei posti disponibili, la RT non indica oneri riferiti ad ampliamenti della rete dei centri territoriali. Inoltre l’art. 14, comma 2, del decreto in esame prevede che, nell’ambito dello stesso SAI, l’eventuale rideterminazione del numero dei posti a disposizione sia disposta d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze relativamente alla verifica della necessaria sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente; ciò nel rispetto della clausola generale di invarianza finanziaria di cui all’art. 14, comma 1.
Non si formulano pertanto osservazioni sotto questo profilo.
Con riferimento alle strutture governative (centri ordinari e straordinari di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo 142/2015), secondo la RT le norme non modificano l’impatto finanziario sui costi di gestione dei centri. Sono invece ridefinite, per tali strutture, le condizioni di erogazione di taluni servizi (con particolare riguardo all’assistenza sociale e psicologica, alla mediazione linguistico-culturale, con la somministrazione di corsi di lingua italiana e ai servizi di orientamento legale e al territorio) (comma 1, lettera c)).
Pertanto la RT, con riguardo al comma 1, lettera b), n. 2), e alla lettera c), afferma che le disposizioni generano contestualmente: maggiori oneri relativi ai servizi aggiuntivi che dovranno essere resi a favore dei richiedenti asilo (corsi di lingua italiana, orientamento al territorio e assistenza psicologica), per un totale annuo di euro 86.879.621,4 e risparmi derivanti dal minor periodo di permanenza dei richiedenti nei centri governativi di accoglienza, per un totale di euro 74.066.895,76, con un saldo netto di maggiore spesa pari a euro 12.812.725,64. Tale maggiore spesa, in base ai dati forniti dalla relazione tecnica, trova capienza nella disponibilità del relativo capitolo di bilancio.
In proposito, per quanto attiene alla quantificazione dei risparmi, derivanti dalla minore permanenza nei centri per il trasferimento di soggetti al SAI, si prende atto dei parametri forniti dalla RT, in base ai quali la quantificazione risulta verificabile. Andrebbe peraltro chiarito se, nella valutazione dei tempi medi di occupazione e permanenza nelle strutture, in base ai quali è calcolato l’effetto di risparmio, si sia tenuto conto della condizione prevista per il trasferimento dei soggetti nel SAI: tale trasferimento è infatti subordinato alla disponibilità dei relativi posti (art. 4, comma 3) e, in caso di ampliamento dei medesimi, alla sussistenza delle relative disponibilità finanziarie (ai sensi dell’art. 14, comma 2).
Si osserva infine, sia con riguardo ai risparmi stimati e ai corrispondenti oneri, sia con riferimento alla capienza dell’attuale dotazione di bilancio, che le stime e le indicazioni della RT non sembrano includere anche la considerazione di un orizzonte di carattere pluriennale; ciò pur a fronte di previsioni normative a carattere permanente. In ordine alla prudenzialità di tale impostazione, appare opportuno acquisire la valutazione del Governo.
Termini per la conclusione di procedimenti in materia di cittadinanza
Le norme stabiliscono in massimo trentasei mesi (in luogo di quarantotto) il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per c.d. naturalizzazione. A tal fine sono introdotte alcune modifiche alla legge n. 91 del 1992 in materia di cittadinanza.
La relazione tecnica afferma che la riduzione del termine massimo dei procedimenti per il riconoscimento della cittadinanza italiana sarà attuata con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, considerato che i tempi di trattazione delle istanze di cittadinanza sono in costante riduzione, attese le misure di semplificazione organizzativa già adottate.
In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni tenuto conto di quanto affermato dalla relazione tecnica e considerato che prima dell’introduzione del termine, ora sostituito, di 48 mesi (ad opera del D.L. 113/2018, art. 14, cui peraltro non erano stati ascritti effetti), il precedente termine era di 24 mesi.
Supporto a percorsi di integrazione
Le norme prevedono che per i beneficiari di misure di accoglienza nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) siano avviati ulteriori percorsi di integrazione, a cura delle amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nei rispettivi bilanci.
Sono individuate alcune priorità programmatiche (formazione linguistica, orientamento nell’inserimento lavorativo e informazione sui diritti e doveri individuali) nell’ambito del Piano nazionale di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale da adottare per il biennio 2020/2021, ai sensi dell’art. 29, comma 3, del D. Lgs. n. 251/2007.
Si ricorda che l’articolo 29, comma 3, del D.Lgs. 251/2007, come integrato dal D.Lgs. n. 18 del 2014, prevede che nell’attuazione delle misure e dei servizi destinati all’accoglienza dei beneficiari di protezione internazionale si tenga conto anche delle esigenze di integrazione degli stessi e che sia adottato un Piano nazionale degli interventi e delle misure volte a favorire l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. La predisposizione del Piano ogni due anni, salva la necessità di un termine più breve, è demandata al Tavolo di coordinamento nazionale per l’accoglienza istituito presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo, pianificazione e programmazione in materia di accoglienza.
Il sostegno finanziario agli interventi previsti dal Piano proviene prevalentemente dai fondi europei[19]. In particolare, la programmazione comunitaria dei fondi 2014-2020 prevede diversi strumenti finanziari che possono supportare il processo di integrazione, quali il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI), il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo per lo Sviluppo Regionale (FESR).
In occasione dell’incontro del Tavolo Integrazione, tenutosi presso il Ministero dell’Interno il 12 febbraio 2020, il Ministro dell’interno ha comunicato l’esigenza di procedere all’aggiornamento del Piano Nazionale di Integrazione per i Titolari di Protezione Internazionale, adottato il 26 settembre 2017. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 23 aprile 2020 ha approvato un documento ai fini dell’aggiornamento del Piano.
La relazione tecnica afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che la norma vincola gli ulteriori percorsi di integrazione al limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, come ribadito dalla relazione tecnica, e individua determinate priorità nel quadro del “Piano nazionale d’integrazione dei titolari di protezione”, già previsto a legislazione vigente.
Disposizioni in materia penale
Le norme:
· introducono il comma 7-bis all'articolo 14 del D.lgs. n. 286/1998 (testo unico immigrazione) disponendo che, in caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per i rimpatri o nelle strutture di primo soccorso e accoglienza, per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto[20], quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza[21] colui il quale, anche sulla base di documentazione video?fotografica risulta l'autore del fatto. In questi casi è quindi consentito l'arresto entro le quarantotto ore dal fatto. Viene altresì introdotto il nuovo comma 7-ter, in base al quale, per i delitti indicati nel comma 7-bis si procede sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (articolo 6);
· modificano l’articolo 131-bis del codice penale prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali nell'esercizio delle proprie funzioni. L'esclusione viene invece, altresì, estesa ai casi di oltraggio a magistrato in udienza[22] (articolo 7);
· modificano l’articolo 391-bis del codice penale che punisce con la reclusione chiunque agevoli il detenuto, sottoposto a regime detentivo ex art. 41-bis della legge n. 354/1975, nelle comunicazioni in elusione alle prescrizioni all’uopo imposte. In particolare viene rafforzato il relativo quadro sanzionatorio (articolo 8).
Viene altresì previsto che la medesima pena si applica anche al detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'art. 41-bis il quale comunica con altri in elusione delle relative prescrizioni;
· intervengono sulla pena pecuniaria prevista dal primo comma dell'art. 588 c.p. in caso di partecipazione ad una rissa, elevando la relativa multa da 309 a 2000 euro [articolo 10, comma 1, lett. a)]. Viene, altresì, modificato il regime sanzionatorio previsto dal secondo comma del medesimo summenzionato articolo del codice penale, prevedendo un inasprimento della pena (reclusione da sei mesi a sei anni anziché da tre mesi a cinque anni) nell'ipotesi in cui, nel corso di una rissa, taluno resti ucciso o riporti lesioni personali per il solo fatto della partecipazione alla stessa [articolo 10, comma 1, lett. b)].
La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme, evidenziandone il carattere ordinamentale, senza oneri per la finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni considerata la natura ordinamentale delle norme.
Contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere
La norma introduce l’art. 391-ter c.p. La disposizione introdotta prevede una nuova figura di reato, mediante la quale viene sanzionata l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili, comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché, più in generale, ogni condotta attraverso la quale è procurato a un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni (comma 1).
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che si tratta di una norma di carattere meramente ordinamentale che non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni considerata la natura ordinamentale della norma.
Contrasto al traffico di stupefacenti via internet
Le norme prevedono che l’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione[23] formi ed aggiorni un elenco dei siti web che, sulla base di elementi oggettivi, si ritiene che siano utilizzati per l’effettuazione sulla rete internet di uno o più reati in materia di stupefacenti, commessi mediante l’impiego di mezzi informatici o di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico (comma 1).
I siti inseriti nell’elenco sono notificati ai provider che sono tenuti, entro sette giorni, ad inibire l’accesso ai siti web segnalati attraverso l'utilizzo degli strumenti di filtraggio già operanti con riguardo al contrasto ai reati di pedopornografia e pedofilia (comma 2). In caso di violazione di tale obbligo è irrogata una sanzione (comma 3) i cui proventi sono destinati al Ministero dell'interno e al Ministero dello sviluppo economico per essere destinati al finanziamento delle spese connesse all'acquisizione dei beni e servizi necessari all'attuazione delle disposizioni sopra descritte (comma 4).
La relazione tecnica evidenzia che le norme mirano a replicare - nel campo della lotta ai reati in materia di stupefacenti e, pertanto, con gli opportuni adeguamenti - il meccanismo di oscuramento dei siti web già attivo per il contrasto della pedopornografia on line, disciplinato dagli articoli 14-bis e seguenti della legge 3 agosto 1998, n. 269.
Pertanto, l'elenco dei siti web utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti sarà ospitato da un’infrastruttura informatica già esistente e sufficientemente capiente (senza necessità di implementazioni suscettibili di determinare nuovi oneri).
Inoltre, risulta già operativo il canale di comunicazione con i provider chiamati ad adempiere al connesso obbligo di filtraggio.
Da ciò deriva, secondo la relazione tecnica, che l'attuazione della disposizione è assicurata con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e che, di conseguenza, non implica nuovi o maggiori aggravi per la finanza pubblica.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare dal momento che gli adempimenti che sono posti a carico dell’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione al fine di contrastare il traffico di stupefacenti via internet sono del tutto analoghi a quelli già svolti per il contrasto della pedopornografia e che l’attuazione delle disposizioni, secondo quanto chiarito dalla relazione tecnica, sarà disposta avvalendosi delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale
La norma modifica l’articolo 7 del DL n. 146/2013 prevedendo in particolare che:
· il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale opera quale meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell’articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti[24] ed esercita i poteri, gode delle garanzie e adempie gli obblighi di cui agli articoli 4 e da 17 a 23 del medesimo Protocollo (comma 1, lett. b)).
Trattasi, in particolare del potere di visita in tutti i luoghi in cui delle persone sono o possono essere private della libertà (articolo 4) della disciplina dei meccanismi nazionali di prevenzione della tortura (artt. 17-23). Si rammenta che il summenzionato Protocollo opzionale è stato ratificato dall’Italia con la legge n. 195/2012. L’articolo 3, comma 3, di tale legge reca una clausola di neutralità finanziaria che prevede che il meccanismo nazionale di prevenzione, di cui agli articoli 17 e seguenti del Protocollo, venga costituito e mantenuto senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente;
· il Garante nazionale possa delegare i garanti territoriali per lo svolgimento di specifici compiti di sua attribuzione[25] quando ricorrano particolari circostanze. La delega ha una durata massima di sei mesi (comma 1, lett. c)).
Viene, altresì, disposta la proroga, per un periodo di due anni oltre la scadenza naturale del Garante nazionale in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 2).
La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma ed afferma che le disposizioni in esame sono di natura prettamente procedurale e non comportano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato potendo essere realizzate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, iscritte nel bilancio del Ministero della Giustizia, Programma: Amministrazione penitenziaria, CdR Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Azione “Accoglienza, trattamento penitenziario e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie”, sull'apposito capitolo 1753 “Spese di funzionamento del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute, ivi compresi i compensi ai componenti” che reca uno stanziamento a legislazione vigente di euro 400.000 per ciascuno degli anni del triennio 2020-2022.
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che la norma (comma 1, lett. a)) individua il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale quale meccanismo nazionale di prevenzione della tortura previsto dal Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura che è stato ratificato dall’Italia con la legge n. 195/2012. Al riguardo, pur prendendo atto di quanto evidenziato dalla RT circa le risorse disponibili in bilancio, andrebbero acquisiti ulteriori elementi di valutazione a conferma dell’effettiva possibilità che le nuove funzioni del Garante in tale materia possano essere espletate in condizioni di neutralità finanziaria e, pertanto, nell’ambito delle anzidette risorse.
A tale riguardo si rammenta che la summenzionata legge, all’articolo 3, comma 3, reca una clausola di neutralità finanziaria che prevede che il meccanismo nazionale di prevenzione della tortura venga costituito e mantenuto senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Con riferimento alla possibilità per il Garante nazionale di delegare ai garanti territoriali l’esercizio di specifici compiti di sua attribuzione (comma 1, lett. b)) appare opportuno acquisire una valutazione del Governo volta a verificare che l’esercizio delle funzioni delegate possa effettivamente essere svolto in condizioni di neutralità finanziaria e che, pertanto, la delega di funzioni non si configuri quale presupposto per future necessità di finanziamenti per farvi fronte.
Nulla da osservare, infine, con riferimento alla disposta proroga di due anni delle funzioni del Garante nazionale (comma 2).
Clausola di invarianza e procedure finanziarie
Le norme stabiliscono che:
· all'attuazione delle disposizioni del presente decreto si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 1);
· nell’ambito del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI) di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416/1989, l’eventuale rideterminazione del numero dei posti a disposizione è disposta d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze relativamente alla conseguente verifica della necessaria sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente, nel rispetto delle previsioni di cui al comma 1 dell’articolo in esame (comma 2);
· l’invarianza della spesa è assicurata, ove necessario, anche mediante variazioni compensative tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’interno, nell’ambito del pertinente Programma relativo alle spese per la gestione dei flussi migratori di cui all’U.d.V. 5.1, da adottare con le ordinarie procedure contabili previste a legislazione vigente (comma 3).
La relazione tecnica non commenta specificamente il comma 1 e ribadisce il contenuto delle restanti disposizioni, precisando che il comma 2 ha la finalità di garantire l’invarianza della spesa.
In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che il comma 1 reca una generale clausola di invarianza finanziaria, mentre il comma 2 stabilisce, ai fini di eventuali rideterminazioni dei posti nel SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), un requisito procedurale (l’intesa con il MEF) che concorre a garantire l’osservanza della previsione di neutralità.
Riguardo al comma 1, si rinvia alle considerazioni svolte nelle schede riferite ai singoli articoli del provvedimento. In merito al comma 2, si rinvia invece alle specifiche considerazioni riguardanti l’articolo 4.
Infine, il comma 3 prevede la possibilità di variazioni di bilancio (limitatamente a un programma dello stato di previsione del Ministero dell’interno) disponendo espressamente che tali variazioni siano di carattere compensativo e che esse siano adottate con le ordinarie procedure contabili previste a legislazione vigente.
Si rammenta che le variazioni di bilancio nell’ambito del medesimo programma sono disciplinate principalmente dal comma 4 dell’articolo 33 della legge di contabilità e finanza pubblica, il quale prevede presìdi sostanziali e procedurali per garantirne la neutralità.
Andrebbe peraltro acquisita conferma che le variazioni in questione assumano carattere compensativo anche in relazione agli effetti sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che l’articolo 14, comma 1, reca una clausola di invarianza finanziaria riferita al complesso delle disposizioni introdotte dal decreto-legge in esame, stabilendo che dall’attuazione del medesimo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono alle attività ivi previste con l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il successivo comma 2 prevede inoltre che, nell’ambito del Sistema di accoglienza e di integrazione di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989, l’eventuale rideterminazione del numero dei posti a disposizione potrà essere disposta previa l’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, volta ad accertare la necessaria sussistenza delle disponibilità finanziarie a legislazione vigente, nel rispetto della citata clausola di invarianza di cui al comma 1.
Ad ulteriore presidio della neutralità finanziaria del provvedimento, il comma 3 stabilisce infine che l’invarianza della spesa sia assicurata, ove necessario, anche mediante variazioni compensative - da adottare secondo le ordinarie procedure contabili previste a legislazione vigente - tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’interno, nell’ambito del programma 5.1 denominato “Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose”.
In tale quadro, si rammenta che l’articolo 33, comma 4, della legge di contabilità n. 196 del 2009 dispone che, con decreto del Ministro competente, da comunicare alla Corte dei conti, e per motivate esigenze, possono essere rimodulate in termini di competenza e di cassa, previa verifica del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le dotazioni finanziarie nell'ambito di ciascun programma del proprio stato di previsione, con esclusione dei fattori legislativi e comunque nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dagli oneri inderogabili, fermo restando il divieto di utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti.
In proposito si rileva che, in base alla vigente legge di bilancio, sul predetto programma 5.1 dello stato di previsione del Ministero dell’interno risultano allocate risorse rispettivamente pari - per ciascuno degli anni del triennio 2020-2022 - ad euro 1.937.738.718, ad euro 1.805.180.821 e ad euro 1.822.979.412, di cui una quota largamente preponderante è costituita dalle spese di adeguamento al fabbisogno, le quali, come detto, possono costituire oggetto di rimodulazione tramite variazioni compensative tra capitoli di bilancio[26].
Tutto ciò considerato, da un punto di vista meramente formale dovrebbe essere valutata l’opportunità di integrare la formulazione del comma 3 dell’articolo 14 al fine di precisare che le variazioni compensative sono disposte in termini di competenza e di cassa e sono adottate ai sensi dell’articolo 33, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
[1] Si evidenzia che la disciplina del permesso di soggiorno per motivi di lavoro recata dal testo unico prevede una tipologia di permesso differenziata, a seconda si tratti di: lavoro subordinato (validità massima di un anno, se a tempo determinato; di due anni, se a tempo indeterminato, secondo l’art. 5, comma 3-bis); lavoro subordinato stagionale (fino ad un massimo di nove mesi in un periodo di dodici mesi; in caso di impieghi stagionali ripetitivi, è ammessa una pluriannualità a titolo stagionale, secondo l'art 5, comma 3-ter); lavoro autonomo (lavoro di carattere industriale, professionale, artigianale o commerciale, o per costituire una società di capitali o di persone o per accedere a cariche societarie; sono richiesti i requisiti richiesti ai cittadini italiani per l'esercizio dello stesso tipo di attività; il relativo permesso di soggiorno non può avere validità superiore a due anni, ai sensi dell'art. 5, comma 3-quater); lavoro in casi particolari, enumerati dall'articolo 27; permesso di soggiorno per lavoratori altamente qualificati articolo 27-quater, permesso di soggiorno per trasferimenti intra-societari artt. 27-quinquies e sexies.
[2] In base all’art. 32, comma 3, del D.lgs. n. 25/2008.
[3] Ai sensi dell’art. 34, comma 3, del testo unico
[4] Mediante rinvio all'art. 20, commi 1, 2 e 3 della legge n. 241/1990.
[5] Di cui all'art. 6, della legge n. 689/1981.
[6] La norma rinvia, in particolare, all’articolo 19, par. 2, lettera g) della summenzionata Convenzione UNCLOS che considera come pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero il passaggio di una nave straniera se, nel mare territoriale, la nave è impegnata, tra le altre, in un’attività di carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero.
[7] Di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.
[8] Articolo 28 del decreto legislativo n. 25/2008.
[9] Articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25/2008.
[10] Articolo 29-bis del decreto legislativo n. 25/2008.
[11] Articolo 35-bis del decreto legislativo n. 25/2008.
[12] Di cui, rispettivamente, agli artt. 9 e 11 del D.lgs. n. 142/2015.
[13] Ai sensi dell'art. 5, del DPR n. 223/1989. Tale disposizione prevede che, agli effetti anagrafici, per convivenza s'intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune (comma 1). Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sé stanti (comma 2). Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica (comma 3).
[14] Si rammenta che l’insieme delle disposizioni dell’art. 13, del DL n. 113/2018 sono state dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 186/2020.
[15] Di cui all’art. 14, del D.lgs. n. 286/1998.
[16] Ai sensi dell'art.35 della legge n. 354/1975.
[17] A tal fine viene novellato l’art. 14, del testo unico immigrazione, introducendo il nuovo comma 2-bis.
[18] A tal fine viene novellato l’art. 7, comma 5, del DL n. 146/2013, introducendo la nuova lettera f)-bis.
[19] Fonte: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/piano_nazionale_integrazione.pdf
[20] Ai sensi degli articoli 380 e 381 c.p.p.
[21] Ai sensi dell’art. 382 c.p.p.
[22] Ipotesi di cui all’articolo 343 c.p.
[23] Di cui all’articolo 14, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 269
[24] Adottato il 18 dicembre 2002 con Risoluzione A/RES/57/199 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificato con legge n. 195/2012.
[25] Con esclusione della relazione sulla sua attività da trasmetter annualmente ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia.
[26] In particolare, gli importi relativi alle spese di adeguamento al fabbisogno iscritti nel programma di spesa 5.1 dello stato di previsione del Ministero dell’interno ammontano a 1.598.147.550 euro per l’anno 2020, a 1.479.376.050 euro per l’anno 2021 e a 1.497.901.597 euro per l’anno 2022.