Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Riunione interparlamentare della Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo "La crisi del debito nei paesi in via di sviluppo" - Bruxelles, 14 giugno 2022 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 98 |
Data: | 13/06/2022 |
Organi della Camera: | III Affari esteri |
XVIII LEGISLATURA
Servizio Studi
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Dossier europei n. 181
Ufficio rapporti con l’Unione europea
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Dossier n. 98
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Ordine del giorno
La crisi del debito nei paesi in via di sviluppo
L'Unione europea e la politica di sviluppo
L'Agenda 2030 e il finanziamento dello sviluppo sostenibile
Le iniziative del FMI e del G20
Rapporto delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo sostenibile
La risoluzione del Parlamento europeo
Il 14 giugno 2022 si terrà, in formato ibrido a Bruxelles, un incontro interparlamentare sul tema “La crisi del debito nei paesi in via di sviluppo " organizzato dalla Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo (DEVE).
Obiettivo dell'incontro è quello di creare uno spazio di confronto con gli esperti e con le parti interessate coinvolte. Il programma prevede presentazioni e scambi di opinioni incentrati sui problemi e le soluzioni in relazione ai debiti dei paesi in via di sviluppo, nonché un caso di studio sullo Zambia.
L'incontro sarà articolato nelle seguenti sessioni di lavoro: 1) Debiti dei paesi in via di sviluppo: una bomba a orologeria? 2) Cosa dovrebbe essere fatto?
Parteciperanno, per il Senato della Repubblica, la senatrice Stefania Craxi e il senatore Toni Chike Iwobik, ripettivamente Presidente e membro della della 3a Commissione (Affari esteri, emigrazione) e per la Camera, l’on. Lia Quartapelle Procopio, membro della III Commissione (Affari esteri e comunitari).
Il presente dossier, dopo un cenno alla politica di sviluppo dell'UE e all'Agenda 2030 delle Nazioni unite, dà conto di alcune analisi sul tema del finanziamento dello sviluppo sostenibile e sul debito dei paesi in via di sviluppo, illustrando le iniziative poste in essere a livello internazionale dal FMI e dal G20 anche alla luce delle conseguenze della crisi pandemica. Infine, illustra la risoluzione sulla sostenibilità del debito approvata dal Parlamento europeo nel 2018.
La Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo (DEVE)
La Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo ha competenza nei seguenti settori:
1. la promozione, l'attuazione e il monitoraggio della politica di sviluppo e cooperazione dell'Unione, in particolare:
a) il dialogo politico con i paesi in via di sviluppo, a livello bilaterale e nelle pertinenti organizzazioni internazionali e sedi interparlamentari;
b) aiuti e accordi di cooperazione con i paesi in via di sviluppo, in particolare la sorveglianza dell'efficacia del finanziamento degli aiuti e la valutazione dei risultati, anche in relazione all'eliminazione della povertà;
c) il monitoraggio del rapporto tra le politiche degli Stati membri e quelle attuate a livello dell'Unione;
d) promozione dei valori democratici, del buon governo e dei diritti umani nei paesi in via di sviluppo;
e) l'attuazione, il monitoraggio e il progresso della coerenza delle politiche per quanto riguarda la politica di sviluppo;
2. tutta la legislazione, la programmazione e il controllo delle azioni svolte nell'ambito dello strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI), del Fondo europeo di sviluppo (FES) – in stretta cooperazione con i parlamenti nazionali – e dello strumento per gli aiuti umanitari, nonché tutte le questioni relative all'aiuto umanitario nei paesi in via di sviluppo e alla politica che ne è alla base;
3. le questioni relative all'accordo di partenariato ACP-UE e le relazioni con gli organismi competenti;
4. questioni relative ai paesi e territori d'oltremare (PTOM);
5. la partecipazione del Parlamento alle missioni di osservazione elettorale, se del caso in cooperazione con altre commissioni e delegazioni competenti.
La Commissione coordina i lavori delle delegazioni interparlamentari e delle delegazioni ad hoc di sua competenza.
L'UE rappresenta, con i suoi Stati membri, il principale donatore di aiuti del mondo, con un contributo pari a 66,8 miliardi di EUR a favore dell'aiuto pubblico allo sviluppo nel 2020. La cooperazione allo sviluppo è una competenza concorrente dell'UE: l'Unione può condurre una politica comune di sviluppo, purché non impedisca agli Stati membri di esercitare le loro competenze in materia. Il livello di cooperazione è tale che le agenzie di sviluppo degli Stati membri spesso attuano i programmi finanziati dall'UE. L' impegno dell'UE è raggruppato in cinque settori: (1) commercio e finanza; (2) affrontare i cambiamenti climatici; (3) garantire la sicurezza alimentare globale; (4) trasformare la migrazione in uno strumento per lo sviluppo; 5) rafforzare i legami e le sinergie tra sicurezza e sviluppo nel contesto di un programma globale di costruzione della pace.
L'Unione europea ha partecipato attivamente all'elaborazione dell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile del 2015 e nella Comunicazione Commissione del 2016, dal titolo "Il futuro sostenibile dell'Europa: prossime tappe – L'azione europea a favore della sostenibilità", integra gli obiettivi di sviluppo sostenibile nel quadro strategico europeo e nelle priorità dell'UE. Inoltre ha confermato l'obiettivo di destinare lo 0,7 % del suo reddito nazionale lordo (RNL) agli aiuti allo sviluppo, e con una componente per i paesi meno sviluppati pari allo 0,15-0,20 % dell'RNL (si veda infra, l'obiettivo 17.2 dell'Agenda 2030). Nel 2020 l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'UE complessivo (proveniente dall'UE e dagli Stati membri dell'UE) era pari allo 0,50 % del RNL dell'Unione.
Attualmente, il principale strumento finanziario per l'azione esterna dell'UE è l'NDICI-Europa globale, con una dotazione complessiva di 79,5 miliardi di euro (a prezzi correnti) per il periodo 2021-2027.
L'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, adottata nel settembre 2015, include, tra i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) gli obiettivi n. 1 sulla fine di ogni povertà nel mondo, n. 10 sulla riduzione delle disuguaglianze e l'impegno a non lasciare indietro nessuno (Leave no one behind - LNOB) e n. 17 sul rafforzamento dei mezzi di attuazione e il rinnovamento del partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.
Ciascuno degli obiettivi presenta poi una serie di sottoobiettivi. In particolare, l'obiettivo 17.5 prevede la promozione degli investimenti per i paesi meno sviluppati.
È importante sottolineare l'impegno delle economie sviluppate nell'ambito dell'obiettivo SDG 17.2 a destinare lo 0.7 per cento del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS/RNL) ai paesi in via di sviluppo e destinare dallo 0.15 al 0.20 per cento del APS/RNL ai paesi meno sviluppati; i fornitori mondiali di aiuto pubblico allo sviluppo sono invitati a fornire almeno il 0.20 per cento del APS/RNL ai paesi meno sviluppati.
La cornice finanziaria dell'Agenda 2030 è il programma d'azione di Addis Abeba, un documento che, sottoscritto nel luglio 2015 dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel corso della Terza Conferenza Internazionale per i finanziamenti allo sviluppo (vd Risoluzione 69/313), individua più di cento misure concrete per fare fronte alle sfide economiche, sociali ed ambientali del mondo. Il programma d’azione di Addis Abeba ha istituito un nuovo modello di sviluppo sostenibile, che mette al centro la buona governance e pone l’accento sulle responsabilità di tutti, il carattere prioritario dell'azione a livello interno, compresa la mobilitazione delle risorse, l’importanza di politiche favorevoli, il ruolo del settore privato e l'impegno per la coerenza delle politiche. Nel testo, in particolare, si evidenzia la necessità di una mobilitazione delle risorse domestiche, impegnando i Paesi a predisporre misure per allargare la base delle entrate, per migliorare l’imposizione fiscale e per contrastare l’evasione fiscale e i flussi finanziari illeciti.
Tuttavia, le risorse domestiche da sole non sono sufficienti a finanziare lo sviluppo. Anche la comunità internazionale ha un ruolo importante da svolgere. Le fonti di finanziamento esterno includono il commercio internazionale, gli investimenti esteri diretti e altri flussi privati ??(da imprese e individui), la cooperazione finanziaria e tecnica internazionale e il debito estero.
Il debito estero
Il debito è una componente chiave del finanziamento a lungo termine per lo sviluppo sostenibile e la trasformazione strutturale, come affermato da uno studio condotto dall'UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo. Lo studio "Debito estero dei paesi in via di sviluppo: dalle crescenti preoccupazioni per la sostenibilità alla potenziale crisi ai tempi del COVID-19" (in lingua inglese) analizza nel dettaglio il tema del debito in questi paesi, concentrandosi innanzitutto sui criteri per valutare la sostenibilità del debito a lungo termine, per poi evidenziare le sfide poste dall'indebitamento esterno anche alla luce delle conseguenze della crisi pandemica.
Per quanto concerne i criteri, quello più importante ai fini della sostenibilità a lungo termine del debito è che esso serva allo scopo di aumentare significativamente gli investimenti produttivi. Se questa condizione è soddisfatta, è probabile che gli aumenti del reddito interno e dei proventi da esportazione possano coprire il servizio del debito in essere. Un secondo criterio chiave riguarda le condizioni contrattuali di (ri)finanziamento del debito. Più le condizionalità di prestito sono allineate con l'obiettivo di mobilitare il finanziamento del debito per la trasformazione strutturale nei paesi in via di sviluppo, maggiori sono le possibilità che il debito possa essere servito prontamente.
L'indebitamento esterno, prosegue lo studio, pone sfide importanti per i paesi in via di sviluppo, in particolare in un contesto di sistemi di tassi di cambio fluttuanti, conti di capitale aperti e rapida integrazione nei mercati finanziari internazionali. La posizione storica dei paesi in via di sviluppo come debitori in valuta estera è stata una fonte ricorrente di vulnerabilità agli shock esterni, ad esempio durante un crollo dei prezzi delle materie prime. Questo perché la sostenibilità del debito estero richiede in ultima analisi la generazione di sufficienti proventi da esportazione (o altre forme di reddito). Allo stesso tempo, è probabile che la volatilità dei tassi di cambio influenzi il valore del debito all'esterno e quello dei proventi da esportazione in direzioni opposte. Pertanto, un deprezzamento della valuta locale rispetto alle valute forti può comportare un aumento dei proventi da esportazione (a condizione che il calo del prezzo in dollari delle esportazioni locali sia compensato da un aumento commisurato dei volumi delle esportazioni) ma implicherà automaticamente un aumento del valore in valuta locale delle obbligazioni di debito denominate in valuta estera.
In un contesto di flussi di finanza pubblica internazionali insufficienti[1] e di accesso limitato alle risorse agevolate, le economie in via di sviluppo hanno sempre più raccolto finanziamenti per lo sviluppo a condizioni commerciali nei mercati finanziari internazionali. Hanno anche aperto i loro mercati finanziari nazionali a investitori non residenti e hanno permesso ai loro cittadini e alle loro imprese di prendere in prestito e investire all'estero. Mentre un maggiore accesso ai mercati finanziari internazionali può aiutare i paesi con scarsità di capitale a raccogliere rapidamente fondi tanto necessari, li espone anche a profili di rischio più elevati dei contratti di debito, vale a dire scadenze più brevi e costi di finanziamento più volatili, nonché a improvvise inversioni degli afflussi di capitali privati. In combinazione con altri shock esogeni, come disastri naturali, pandemie o episodi di instabilità politica, gli oneri del debito estero ritenuti sostenibili dai creditori internazionali possono rapidamente diventare insostenibili.
Sulla scia della pandemia di COVID-19, le scorte di debito estero dei paesi in via di sviluppo hanno raggiunto i 10,6 trilioni di dollari, il livello più alto mai registrato, più del doppio del valore di 4,4 trilioni di dollari registrato nel 2009 e più di quattro volte il livello degli Stati Uniti pari a 2,3 trilioni di dollari nel 2000. Data la crescita lenta dalla crisi finanziaria mondiale del 2007-2008, ciò si è tradotto in un rinnovato aumento del rapporto medio debito estero/PIL dal 23% nel 2008 (il punto più basso degli ultimi 20 anni) al 31% nel 2020. Inoltre, il 2020 ha visto l'aumento annuale più elevato dalla crisi finanziaria, probabilmente a causa della crisi del COVID-19.
La pandemia, continua ancora lo studio, si è tradotta in uno shock che ha messo in luce il rapido deterioramento della sostenibilità del debito in molti paesi in via di sviluppo, minacciando di trasformare quella che era già una situazione critica prima della pandemia in una serie di default sovrani. Mentre i paesi sviluppati stanno mettendo insieme massicci pacchetti di stabilizzazione per appiattire sia la curva della pandemia che quella della crisi economica e finanziaria, questo non avviene nelle economie in via di sviluppo, almeno non alla scala richiesta. Da un lato, i paesi in via di sviluppo non possono mettere in lock-down facilmente le loro economie in gran parte informali in modo efficace senza che un numero maggiore di persone venga colpito dalla fame piuttosto che dalla malattia. Dall'altro, devono far fronte a sostanziali limitazioni al loro spazio di bilancio per mettere a punto pacchetti di salvataggio paragonabili a quelli attualmente in corso nelle economie sviluppate. Per pagare le importazioni e per far fronte agli obblighi di debito estero, la stragrande maggioranza dei paesi in via di sviluppo dipende fortemente dall'accesso alle valute forti, principalmente attraverso le esportazioni di merci e servizi, come cibo, petrolio e turismo, o le rimesse, oppure da ulteriori prestiti agevolati e di mercato. Le loro banche centrali non possono agire come prestatori di ultima istanza per i loro governi nella misura in cui possono farlo le banche centrali nelle economie sviluppate senza rischiare un ampio deprezzamento delle loro valute locali e dei suoi effetti in termini di forti aumenti di valore del debito denominato in valuta estera. Questo ha il potenziale per scatenare pressioni inflazionistiche distruttive. Ma, prosegue lo studio, con i volumi del commercio internazionale in forte contrazione, i prezzi delle materie prime di base in caduta libera, il turismo praticamente fermo, le rimesse che si stanno esaurendo e i deflussi di capitali privati ??dai paesi in via di sviluppo che hanno raggiunto livelli senza precedenti nella storia recente, molte economie in via di sviluppo sono sempre più tagliate fuori dalle convenzionali fonti di reddito quando ne hanno bisogno di più.
Pertanto, conclude lo studio, è in questo contesto che le vulnerabilità del debito e le difficoltà già esistenti nei paesi in via di sviluppo richiedono un'azione decisa per evitare che i vincoli di liquidità si trasformino in crisi di insolvenza diffuse. Una riduzione del debito ben congegnata, attraverso una combinazione di sospensioni temporanee con la ridefinizione e la ristrutturazione del debito sovrano, sarà quindi essenziale non solo per far fronte alle pressioni di liquidità immediate, ma anche per ripristinare la sostenibilità del debito estero a lungo termine in molti paesi in via di sviluppo, non da ultimo in vista del raggiungimento dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile in una fase post-COVID-19.
Secondo le stime del Fondo monetario internazionale più del 60% dei Paesi a basso reddito si trova attualmente in una condizione di forte tensione, se non di vera e propria crisi del debito.
Tali paesi sono indeboliti dall'aumento della povertà e da una ripresa economica più lenta rispetto alle economie industrializzate anche a causa della crisi pandemica, che ha contribuito ad ampliare i loro deficit di bilancio e dalla guerra in Ucraina. Più della metà degli stati poveri sono ora in sovra indebitamento o a rischio di sovra indebitamento, rispetto al 30% nel 2015. Il recente innalzamento dei tassi di interesse da parte della Federal Researve statunitense rischia inoltre di aumentare in modo significativo l'onere del servizio del debito per i paesi del sud del mondo. I default erano stati finora evitati grazie al sostegno finanziario della comunità internazionale.
Il Fondo monetario internazionale (FMI) ha fornito 170 miliardi di dollari (150 miliardi di euro) in aiuti a 90 paesi dall'inizio della crisi sanitaria nel marzo 2020. Un altro strumento monetario messo in campo dal FMI è stato l'aumento dei Diritti Speciali di Prelievo[2] (DPS) deciso nell'estate del 2021, che ha permesso ai paesi in sofferenza di recuperare ulteriori risorse.
Lo scorso 23 agosto, il FMI ha erogato agli Stati membri 650 miliardi di dollari in Diritti Speciali di Prelievo (DSP), al fine di consentire una risposta più efficiente alla crisi pandemica soprattutto nelle economie deboli. Si tratta della più grande erogazione di DPS ad oggi. Come si evince dalla Figura n.1, ai paesi in via di sviluppo sono stati erogati 156,8 miliardi di dollari, pari al 24% del totale. La Figura n. 2 mostra la situazione pre e post distribuzione relativa ad alcuni paesi, che hanno visto le proprie riserve valutarie crescere tra il 30% ed il 100%. Ad esempio il governo dello Zimbabwe grazie al conferimento di 962 milioni di dollari in DSP ha visto il rapporto tra riserve di DSP e riserve valutarie totali passare dal 5,56% (barre rosse) al 91,73% (barre blu). In Zambia questo rapporto è passato dal 14,97% al 51,14% (con un aumento del 36,18% delle proprie riserve valutarie).
Figura n. 1 - Distribuzione dei DSP da parte del FMI. Erogazione del 23 agosto 2021.
Fonte: FMI
Figura n. 2 - Rapporto tra riserve di DSP e riserve valutarie totali . Situazione prima e dopo la distribuzione del 23/08/2021 da parte del FMI. In %
Fonte: FMI
L'Unione europea, nell'ambito del pacchetto di investimenti da 150 miliardi di euro "Global Gateway Africa - Europa", presentato nel febbraio 2022, prevede una sostanziale ridistribuzione di parte dei DSP dell'UE a favore dell'Africa e di altri paesi vulnerabili. I DSP saranno trasferiti principalmente dagli Stati membri dell'UE su base volontaria sotto forma di prestiti attraverso due fondi fiduciari dell'FMI: il Fondo fiduciario per la riduzione della povertà e la crescita e il nuovo Fondo fiduciario per la resilienza e la sostenibilità. Risorse condizionate al raggiungimento di alcuni obiettivi prioritari (infrastrutture, transizione ecologica, digitale), fra i quali anche il completamento della campagna vaccinale.
Nell'aprile 2020 il G20 ha adottato l'iniziativa di sospensione del debito estero (ISSD) che ha permesso a circa 50 paesi di deciso di sospendere il rimborso di circa 13 miliardi di dollari di prestiti. Si è trattato tuttavia di una rete di sicurezza temporanea, scaduta alla fine del 2021, proprio mentre la ripresa economica COVID-19 aveva iniziato a esaurirsi.
Successivamente il G20 ha stabilito un Quadro comune per il trattamento del debito oltre all'ISSD. Finora, solo tre paesi hanno presentato domanda e i progressi nella ristrutturazione dei loro debiti sono stati lenti. Questo manda il segnale sbagliato ad altri Paesi con debito insostenibile, molti dei quali si sono astenuti dal chiedere interventi proprio a causa della lentezza dei progressi: temono che l'applicazione del Quadro Comune impedirebbe loro l'accesso al capitale privato senza ripristinare il flusso di credito.
Il Quadro comune può tuttavia essere migliorato in tempo per fornire un sollievo significativo ai paesi che ne hanno bisogno. La Banca Mondiale e il FMI hanno offerto una tabella di marcia, al fine di fornire un coordinamento più efficiente:
· In primo luogo, stabilire una tempistica chiara per ciò che dovrebbe accadere durante il processo: il comitato dei creditori, ad esempio, dovrebbe essere formato entro sei settimane.
· In secondo luogo, sospendere, per tutta la durata delle negoziazioni, i pagamenti del servizio del debito ai creditori ufficiali per tutti i richiedenti del Quadro comune.
· In terzo luogo, valutare i parametri dei processi di comparabilità del trattamento e chiarire le regole per la sua attuazione.
· In quarto luogo, ampliare i requisiti di ammissibilità del Quadro comune, che attualmente sono limitati a 73 dei paesi più poveri. Dovrebbero essere ampliati per coprire anche altri paesi a reddito medio-basso altamente indebitati e vulnerabili[3].
Tra le più recenti analisi del quadro del finanziamento internazionale allo sviluppo, si segnala il Financing for Sustainable Development Report 2020, curato dalle Nazioni Unite in collaborazione con 60 agenzie della Inter-Agency Task Force on Financing for Decelopment, che riunisce agenzie Onu e organizzazioni internazionali partner. Il documento, pubblicato il 4 aprile 2020, elaborato tenendo presente la gravissima crisi economica, sociale e sanitaria provocata dalla pandemia COVID–19, invita i governi ad agire con rapidità con misure adeguate per rispondere ai bisogni immediate e prevenire una crisi globale del debito dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
In particolare il Rapporto 2020, nel sottolineare la gravità della situazione in cui versano i paesi poveri, che già prima dello sviluppo della pandemia rischiavano una contrazione del reddito procapite, rivolge un appello urgente ai governi per l'adozione di una serie di misure tra cui:
· sospendere i pagamenti del debito ai paesi meno sviluppati e ad altri paesi a basso reddito che ne facciano richiesta;
· mantenere la stabilità finanziaria attraverso la fornitura di liquidità e il rafforzamento della rete di sicurezza finanziaria globale;
· alleviare la forte contrazione dell'attività economica e sostenere i paesi più bisognosi mediante una risposta coordinata a livello globale che comprenda l'espansione della spesa pubblica per la salute, il congedo sanitario retribuito, i trasferimenti pubblici, la riduzione del debito e altre misure a livello nazionale;
· aumentare i finanziamenti agevolati da fonti internazionali;
· eliminare le barriere commerciali che influenzano le catene di approvvigionamento per incoraggiare il commercio internazionale e stimolare una crescita inclusiva.
Viene inoltre sottolineata la necessità che i paesi donatori, nonostante le pressioni a livello nazionale, invertano la tendenza a ridurre l'aiuto pubblico allo sviluppo, che in questa fase è ancora più essenziale per paesi meno sviluppati.
Il Rapporto contiene altresì proposte di politica pubblica volte a sfruttare il potenziale delle tecnologie digitali, che poste in primo piano di fronte pandemia COVID-19, hanno reso possibile il telelavoro e hanno permesso di dare continuità a diverse attività economiche e formative. Tuttavia, l'accesso alle tecnologie digitali soffre ancora di notevoli lacune si stima, infatti, che quasi la metà della popolazione mondiale non abbia accesso a Internet.
Nel presentare il documento, il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che la comunità internazionale non è ancora riuscita a formulare una strategia globale che permetta ai paesi n via di sviluppo di creare le condizioni per affrontare il COVID-19 e le sue conseguenze sulle popolazioni.
Ha inoltre sottolineato che è necessaria una risposta multilaterale globale, coordinata e su larga scala equivalente ad almeno il 10% del PIL globale.
Il 18 aprile 2018 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione "Migliorare la sostenibilità del debito dei paesi in via di sviluppo" nella quale, tra l'altro:
- sottolinea che il ricorso al prestito responsabile e prevedibile è uno strumento indispensabile per i paesi in via di sviluppo al fine di garantire loro un futuro dignitoso; sottolinea, di converso, che un debito sostenibile è un presupposto per l'adempimento dell'Agenda 2030; osserva tuttavia che il finanziamento del debito dovrebbe rappresentare un semplice complemento e la seconda migliore opzione rispetto a strumenti che non creano debito, come le entrate generate dalle tasse e dalle tariffe e gli aiuti pubblici allo sviluppo, poiché il finanziamento del debito presenta rischi di crisi connaturati e sostanziali, che richiedono la creazione di opportune istituzioni per la prevenzione e la risoluzione delle crisi del debito;
- osserva con preoccupazione che dal 2008 i prestiti ai paesi poveri sono aumentati drasticamente; teme un nuovo ciclo di crisi del debito; sottolinea che sono necessarie una maggiore trasparenza, una migliore regolamentazione dei prestatori e giustizia fiscale, e che occorre consentire ai paesi di essere meno dipendenti dalle esportazioni di materie prime;
- esorta l'UE ad incrementare la propria assistenza per la creazione di capacità nei paesi in via di sviluppo, al fine di contenere i flussi finanziari illeciti, promuovere un sistema fiscale efficiente, progressivo e trasparente in linea con i principi della buona governance e accrescere il proprio sostegno nella lotta alla corruzione e nel recupero degli averi rubati,
- mette in risalto che il finanziamento misto potrebbe causare una bolla del debito, in particolare nell'Africa subsahariana e nei paesi caraibici, rischiando di lasciare a tali paesi risorse limitate per ripagare i propri debiti; invita di conseguenza i donatori a concedere la maggior parte dei propri aiuti ai paesi meno sviluppati sotto forma di sovvenzioni; ribadisce che qualsiasi decisione volta a promuovere l'uso di PPP (partenariato pubblico privato) attraverso il finanziamento misto nei paesi in via di sviluppo dovrebbe basarsi su una valutazione circostanziata di tali meccanismi;
- sottolinea l'importanza di definire meccanismi di salvaguardia volti a prevenire che passività potenziali dell'amministrazione pubblica compromettano la sostenibilità del debito dei paesi in via di sviluppo;
- invita l'UE e i suoi Stati membri a combattere attivamente i paradisi fiscali, l'elusione fiscale e i flussi finanziari illeciti che accrescono il debito dei paesi in via di sviluppo, a cooperare con i paesi in via di sviluppo per intervenire sulle pratiche aggressive di elusione fiscale e a cercare modi per aiutare i paesi in via di sviluppo a resistere alla pressione della concorrenza fiscale, che sarebbe dannosa per la mobilitazione delle risorse nazionali a favore dello sviluppo;
- invita la Commissione e gli Stati membri dell'UE a sostenere i paesi in via di sviluppo nella promozione dell'accesso pubblico ai dati relativi al debito nazionale e dell'istruzione sociale in tale ambito, poiché informazioni dettagliate sullo stato delle finanze pubbliche sono raramente accessibili per la società civile nei paesi in via di sviluppo;
- chiede l'elaborazione di una normativa che impedisca la concessione di prestiti a governi palesemente corrotti e preveda sanzioni per i creditori che forniscono loro prestiti consapevolmente;
- osserva che le valutazioni della sostenibilità del debito elaborate dal FMI e dalla Banca mondiale vengono spesso utilizzate dai prestatori per orientare la loro concessione di prestiti
- invita gli Stati membri e gli altri pertinenti paesi creditori a fornire maggiori finanziamenti per gli investimenti degli OSS e a mantenere la promessa fatta molto tempo fa di versare lo 0,7 % dell'RNL come aiuto pubblico allo sviluppo; chiede loro di fornire tale finanziamento sotto forma di sovvenzioni anziché prestiti, laddove dalle relazioni di valutazione emerge che il deterioramento delle finanze pubbliche compromette in modo duraturo la realizzazione degli OSS; esorta inoltre i paesi creditori a creare nuove fonti di finanziamento innovative e diversificate per conseguire gli OSS, come ad esempio un'imposta sulle transazioni in valuta estera e un'imposta sulle transazioni finanziarie, in grado di contribuire alla sostenibilità del debito del paese, in particolare in tempi di crisi finanziaria;
- ritiene che la trasparenza e la responsabilità siano essenziali per sostenere la concessione di prestiti e l'assunzione di debiti sovrani in modo responsabile; invita a tal fine gli Stati membri ad accrescere gli impegni assunti con il programma d'azione di Addis Abeba e gli orientamenti operativi del G20 sul finanziamento sostenibile; invita gli Stati membri a pubblicare sistematicamente informazioni sulle loro attività di prestito ai paesi in via di sviluppo.
[1] Un altro Studio dell'UNCTAD mette in evidenza come gli effettivi fondi APS messi a disposizione per i paesi in via di sviluppo devono ancora raggiungere la metà dell'impegno assunto dall'obiettivo 17.2. Ciò potrebbe compromettere il finanziamento dell'Agenda 2030.
[2] I Diritti Speciali di Prelievo (DSP) sono una riserva finanziaria internazionale, creata dal Fondo Monetario Internazionale nel 1969. I paesi beneficiari possono detenerla come parte delle loro riserve valutarie o utilizzarla come moneta per scambi internazionali. Il valore dei DSP si basa su un paniere di cinque valute: il dollaro USA, l'euro, il renminbi cinese, lo yen giapponese e la sterlina britannica. Per maggiori dettagli si veda qui. Inoltre, un'apposita pagina sul sito del FMI consente avere contezza degli stanziamenti di DSP e del loro uso da parte di ciascun paese.
[3] Fonte: WorldBank Blog