Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - Parigi, 24-25 febbraio 2022
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 82
Data: 21/02/2022
Organi della Camera: III Affari esteri, IV Difesa

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)

Parigi, 24-25 febbraio 2022

 

 

 

 

Senato della Repubblica

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n. 156

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INDICE

Ordine del giorno della Conferenza

Introduzione.. 1

Sessione I: Prepararsi ai conflitti e alle crisi di domani. 3

La Bussola Strategica (Strategic Compass) 5

Lo scenario geopolitico. 6

I quattro filoni di lavoro della Bussola Strategica. 7

Il "pacchetto difesa" della Commissione del 15 febbraio 2022. 11

La cooperazione strutturata permanente (PESCO) 13

Lo Strumento europeo per la pace. 16

Missioni e Operazioni civili e militari PSDC.. 18

Sessione II: “Affrontare le grandi sfide internazionali, quale autonomia strategica per l’UE”. 21

Il dibattito sull’autonomia strategica dell’Europa. 23

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE. 24

L’Agenda strategica dell’UE 2019-2024. 25

Le priorità per l’autonomia strategica dell’Unione europea nel Programma dei 18 mesi del Consiglio dell’UE e nel Programma della Presidenza francese. 26

La relazione di previsione strategica 2021 della Commissione europea. 28

Le 4 tendenze del contesto globale. 28

I 10 settori chiave per rafforzare l’autonomia strategica dell’UE. 31

L’autonomia strategica industriale dell’UE. 32

Il dibattito sul ruolo dell’UE nel mondo nell’ambito dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. 34

Il contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole. 35

Il Riesame della politica commerciale dell’UE. 37

La protezione dalla coercizione economica da parte di Stati terzi 38

L’iniziativa dell’UE per Global Gateway. 38

Sessione III: Le priorità della Politica estera e di sicurezza comune e della Politica di sicurezza e di difesa comune.. 41

Le dichiarazioni programmatiche dell’Alto Rappresentante ad inizio mandato. 43

Le priorità in ambito PESC e PSDC nel programma di 18 mesi del Consiglio dell’UE. 44

Recenti prese di posizioni delle istituzioni dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) 48

Situazione di emergenza alle frontiere esterne dell’UE con la Bielorussia. 48

Allargamento dell’UE ai Balcani occidentali 50

Vicinato meridionale. 52

Recenti sviluppi in Libia (a cura del Servizio degli Affari internazionali del Senato) 54

L’operazione militare dell’UE nel Mediterraneo (EUNAVFOR MED IRINI) 58

VI Vertice del Partenariato orientale. 60

Aspetti esterni della migrazione. 62

L’UE e la situazione in Afghanistan. 64

Situazione nel Mediterraneo orientale e relazioni con la Turchia. 68

Il vertice UE- USA del 15 giugno 2021. 69

La nuova strategia dell’UE per la cooperazione nell’indo-pacifico  71

Il Vertice Unione europea – Unione Africana del 17 e 18 febbraio 2022. 72

Situazione in Mali 76

Sessione IV: “L’azione dell’Unione a sostegno sella sovranità e integrità territoriali dell’Ucraina.. 81

Crisi ucraina: l’intervento dell’UE. 83

Conclusioni del Consiglio europeo del 16 dicembre 2021. 83

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2021. 84

Conclusioni del Consiglio dell’UE del 24 gennaio 2022 sulla situazione della sicurezza europea. 85

Ultimi sviluppi 86

Le relazioni tra l’UE e la Russia. 89

Misure restrittive dell’UE nei confronti della Russia. 91

La questione energetica. 92

Allegato: La crisi in Ucraina: contesto e recenti sviluppi (a cura del Servizio Studi della Camera) 95

 

 


 


 


Introduzione

La Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) si svolgerà il 24 e 25 febbraio 2022, in formato ibrido (in presenza e in videoconferenza).

La Conferenza, organizzata dal Parlamento della Francia - che esercita la presidenza del Consiglio dell’UE per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2022 - prevede, dopo i saluti introduttivi, quattro sessioni:

·       Sessione I: “Prepararsi ai conflitti e alle crisi di domani”;

·       Sessione II: “Affrontare le grandi sfide internazionali, quale autonomia strategica per l’UE”;

·       Sessione III: “Priorità della politica estera e di sicurezza comune e la politica di sicurezza e di difesa comune” (dibattito con l’Alto Rappresentante Josep Borrell);

·       Sessione IV: “L’azione dell’Unione a sostegno della sovranità e integrità territoriali dell’Ucraina”.

La Conferenza sarà preceduta, il 24 febbraio alle 17.00, dalla consueta riunione di coordinamento del Gruppo Med, che riunisce i rappresentanti delle Commissioni esteri e difesa dei parlamenti dell'Europa del Sud (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Cipro, Malta, Portogallo) con lo scopo di formare posizioni comuni sui temi di interesse e sugli argomenti in discussione in seno alle Conferenze interparlamentari PESC-PSDC.

I lavori della conferenza si svolgono secondo i seguenti princìpi istitutivi:

-    la Conferenza interparlamentare per la PESC/PSDC è composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo;

-    ogni Parlamento decide autonomamente sulla composizione della sua delegazione. I Parlamenti nazionali sono rappresentati da delegazioni composte da 6 membri. Per i Parlamenti bicamerali il numero dei membri potrà essere distribuito con accordi interni. Il Parlamento europeo è rappresentato da una delegazione di 16 membri. I Parlamenti dei paesi candidati all’adesione ed i Parlamenti di paesi europei membri della NATO possono partecipare con una delegazione composta da 4 osservatori (si tratta di Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia, in quanto candidati all’adesione e Norvegia e Islanda, in quanto Paesi europei membri della NATO);

-    la Conferenza si riunisce due volte l'anno nel Paese che esercita la Presidenza semestrale del Consiglio o presso il Parlamento europeo a Bruxelles;

-    la Presidenza delle riunioni è esercitata dal Parlamento nazionale dello Stato membro che ricopre la Presidenza del Consiglio UE, in cooperazione con il PE;

-    il Segretariato della Conferenza è esercitato dal Parlamento nazionale dello Stato membro che esercita la Presidenza di turno del Consiglio, in stretta cooperazione con il Parlamento europeo, e con i Parlamenti nazionali della precedente e successiva Presidenza di turno dell’UE;

-    l'Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza è invitato alle riunioni della Conferenza per esporre le linee d’indirizzo e le strategie della politica estera e di difesa comune dell'Unione;

-    la Conferenza può adottare per consenso conclusioni non vincolanti;

-    sulla base dei principi sopra esposti, la Conferenza approva i propri regolamento interno e metodi di lavoro.

La delegazione del Parlamento italiano alla Conferenza è composta per il Senato della Repubblica da Vito Rosario Petrocelli, Presidente della Commissione Affari esteri, Roberta Pinotti, Presidente della Commissione Difesa, Enrico Aimi, membro della Commissione Affari esteri, e per la Camera dei deputati da Piero Fassino, Presidente della Commissione Affari esteri, Gennaro Migliore, membro della Commissione Affari esteri e Gianluca Rizzo, Presidente della Commissione Difesa.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione I: Prepararsi ai conflitti e alle crisi di domani


 


 

La Bussola Strategica (Strategic Compass)

Nell’ambito delle iniziative della politica di sicurezza e difesa comune dell’UE (PSDC), nel giugno del 2020 il Consiglio dell’UE ha avviato i lavori per la definizione di una Bussola Strategica (Strategic Compass), per sviluppare una “cultura strategica condivisa", partendo da una visione comune delle minacce che incombono sull'Europa e dei possibili strumenti per farvi fronte.

Il documento ha l'ambizione di definire scopi e obiettivi concreti per rafforzare la sicurezza e delineare le prospettive strategiche dell'Unione "per i prossimi 5-10 anni" in settori quali la gestione delle crisi, la resilienza, lo sviluppo di capacità e i partenariati.

Dopo un anno di lavoro preparatorio, che ha coinvolto Stati membri, istituzioni dell'Unione e think tanks, coordinati dal Servizio di azione esterna (SEAE), la prima bozza (riservata) del documento è stata sottoposta alla discussione tra ministri degli esteri e della difesa nel Consiglio Ue del 15 e 16 novembre del 2021.  

A seguito delle osservazioni emerse in quella sede, una seconda bozza (anch'essa non pubblica) è stata presentata all'inizio di gennaio. Questa nuova versione mantiene l'impianto di fondo della Bussola, ma presenta alcune significative modifiche, tra cui alcune sollecitate dal nostro Paese.  Dopo essere stata discussa nel suo insieme dai ministri degli esteri e della difesa nella Riunione informale di Brest del 13 gennaio, la bozza è stata esaminata capitolo per capitolo in una serie di riunioni del Comitato politico e di sicurezza (che è composto dai rappresentanti degli Stati), anche sulla base delle osservazioni formulate dagli altri attori istituzionali dell'Unione, a cominciare dal Comitato militare UE (presieduto dal generale Graziano).

Entro il mese di febbraio si prevede la presentazione di una terza bozza della Bussola, che dovrebbe costituire, al netto di revisioni formali, la versione conclusiva. Il testo dovrebbe essere approvato in via definitiva dal Consiglio UE del 21-22 marzo e poi formalmente adottato dal Consiglio europeo del 24 marzo.

Si fornisce di seguito una descrizione del contenuto della Bussola Strategica, stando ai testi finora disponibili (che potranno dunque subire modifiche anche significative nella versione definitiva). 

Lo scenario geopolitico

Il documento si apre con la descrizione dello scenario geopolitico attuale. Si ricorda che il processo di elaborazione della Bussola è stato avviato, nel Consiglio UE del novembre 2021, con la discussione di un corposo documento di "analisi delle minacce”, redatto dall'embrionale sistema di coordinamento tra le intelligence nazionali (Single Intelligence Analysis Capacity).

Il quadro prospettato è piuttosto critico: il mondo è sempre meno libero e il quadro delle minacce è in continua crescita; i diritti umani e i valori democratici sono "sotto attacco"; il "multilateralismo efficace" è messo in discussione dallo "sgretolamento dei valori universali" e dai Paesi che promuovono il ritorno della "politica della forza";  i focolai di instabilità regionale sono sempre più intrecciati a minacce non convenzionale e rivalità tra potenze sul piano geopolitico; il cyber e lo spazio sono campi di concorrenza strategica, con importanti ricaduta su difesa e sicurezza; mentre i cambiamenti climatici e le crisi sanitarie mettono a dura prova società e Stati.

Oltre ai tradizionali punti di crisi nel vicinato più immediato (dai Balcani occidentali al nord Africa, dal Mediterraneo orientale al Medio Oriente al confine orientale), e alla minaccia terroristica, nuovi scenari di tensione si aprono anche in regioni più lontane dall'Europa, come l'Indo-pacifico. Le minacce ibride, come la disinformazione, l'interferenza nei processi elettorali e la strumentalizzazione dei flussi migratori, sono ampiamente utilizzate anche da attori statali.

I rapporti sono particolarmente degradati con la Russia, a partire dall'annessione illegale della Crimea del 2014. All'uso di tattiche ibride, attacchi cyber, disinformazione e interferenze nelle questioni interne, si aggiungono ora, da parte russa, anche strumenti militari convenzionali. Non si parla più, come nella prima bozza, di "interessi comuni" e di "cultura condivisa" tra Europa e Russia e si afferma l'intenzione di respingere azioni russe, illegali e provocatorie, rivolte non solo verso l'Unione, ma anche verso Paesi terzi. È stato poi introdotto un richiamo ai principi delle relazioni con la Russia decise dai ministri Ue nel 2016 e cioè: attuazione degli accordi di Minsk; rafforzamento delle relazioni con i paesi del Vicinato orientale; rafforzamento della resilienza dell’UE (ad esempio in materia di sicurezza energetica); impegno selettivo su questioni di mutuo interesse (ad esempio i cambiamenti climatici); rafforzamento delle relazioni tra popoli (people-to-people) e sostegno alla società civile russa.

Altrettanto complessi sono i rapporti con la Cina, che nella bozza è definita un partner per la cooperazione ma anche un concorrente economico e un rivale sistemico. Lo sviluppo della Cina e la sua integrazione nel panorama globale saranno un tema dominante dei prossimi decenni, ma ciò non deve avvenire a scapito della sicurezza collettiva (considerato anche che Pechino ha l'obiettivo di acquisire un predominio globale, anche nelle forze armate, entro il 2049). La Cina ha spesso tratto vantaggio dalle divisioni tra i Paesi UE, mentre per contrastarla efficacemente serve stretta collaborazione con i partener regionali e globali e, soprattutto, "unità tra di noi".

In un contesto internazionale così complesso, l'UE deve consolidare la propria autonomia strategica e allo stesso tempo rafforzare la propria rete di alleanze, attorno al ruolo centrale della Nato e al rapporto privilegiato con gli Stati Uniti.  Sono dunque necessari una serie di interventi prioritari, raccolti in quattro “filoni di lavoro”: azione, sicurezza, investimenti e partner.

I quattro filoni di lavoro della Bussola Strategica

Azione

Tra gli obiettivi principali di questo capitolo, c'è quello di poter disporre, entro il 2025, di una Capacità di intervento rapido, fino a 5000 unità, da utilizzare per la gestione delle crisi esterne  (quindi non sul suolo europeo). La base di partenza saranno gli esistenti (ma inutilizzati) Gruppi tattici (Battle Groups), cui si aggiungeranno anche altre capacità militari. La forza di intervento sarà articolata in moduli flessibili e interoperabili, per adattare il suo impiego alle diverse esigenze operative. Il comando sarà in una prima fase esercitato attraverso un quartier generale nazionale ma, in prospettiva, potrà passare a Bruxelles.

Le altre azioni indicate nel capitolo sono:

·       rafforzare le missioni e operazioni PSDC, prevedendo mandati più solidi e promuovendo un processo decisionale più rapido e flessibile (ad esempio con l’astensione costruttiva);

·       irrobustire le strutture di comando e controllo comuni, in particolare la Capacità Militare di Pianificazione e Condotta (MPCC)

·       stabilire, entro il 2033, modalità più "flessibili" per utilizzare l'art.44 del Trattato sull'Unione (che consente al Consiglio, dopo una decisione unanime, di affidare a un gruppo di Stati membri di pianificare e condurre una missione nel quadro dell'UE);

·       aumentare le esercitazioni comuni, comprese quelle in mare e nel dominio cyber, anche per dare corpo alla clausola di assistenza reciproca tra gli Stati membri, in caso di aggressione armata, contenuta nei Trattati.

 

Sicurezza

In questo ambito, piuttosto ampio, che comprende sia la sicurezza "interna" che la difesa vera e propria, un'attenzione particolare è rivolta ai domini cibernetico e spaziale (quest'ultimo finora trattato dall'UE in termini solo civili e commerciali).   

Per prevenire le minacce, garantire un accesso sicuro ai settori strategici e proteggere i propri cittadini, è necessario: 

·       rafforzare le capacità comuni di intelligence (aggiornando periodicamente la condivisione delle minacce comuni);

·       completare gli strumenti contro le minacce ibride, la manipolazione delle informazioni e le ingerenze straniere;

·       rafforzare le politiche UE in materia di cyberdifesa, rendendo pienamente operativa l'Unità congiunta per il cyberspazio;

·       adottare entro il 2023, una Strategia spaziale UE per sicurezza e difesa, a partire dal meccanismo di risposta alle minacce previsto nel quadro di Galileo;

·       migliorare le capacità delle forze armate di supporto alle autorità civili nelle emergenze e nelle calamità, anche con esercitazioni congiunte;

·       rafforzare, entro il 2025, i meccanismi della sicurezza marittima, anche in regioni lontane come l’Indo-pacifico.

Investimenti

Per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità, la Bussola invita a colmare le lacune strategiche degli strumenti di difesa nazionali, riducendo le dipendenze tecnologiche e industriali dall’esterno. Ovviamente questo capitolo ha visto trattative molto serrate tra i Paesi, considerando che ogni forma di sostegno all'industria mette in gioco rilevanti interessi nazionali. 

Per raggiungere tali obiettivi sono proposte una serie di azioni:

·       rivedere, entro il 2023, i processi di sviluppo e pianificazione delle capacità, intensificando la collaborazione tra le difese nazionali e tenendo conto delle esigenze operative delle iniziative UE;

·       colmare, entro il 2025, le carenze critiche della capacità UE di dispiegamento rapido dell'UE (in particolare trasporto aereo, comunicazione satellitare, mezzi anfibi, materiale medico, cyberdifesa e capacità di intelligence e sorveglianza);

·       rafforzare la cooperazione nello sviluppo delle capacità nei settori prioritari  già condivisi tra gli Stati (tra cui il "sistema soldato", carri da battaglia,  piattaforme navali non presidiate, aerei da combattimento di prossima generazione, corvette da pattugliamento; sensori e piattaforme per l'osservazione spaziale della Terra);

·       sfruttare appieno la cooperazione strutturata permanente e il Fondo europeo per la difesa per sviluppare congiuntamente capacità militari all'avanguardia, creando anche un nuovo Polo dell’innovazione (Defence Innovation Hub) in seno all'Agenzia europea per la difesa;

·       istituire, già a partire dal 2022, una riunione annuale dei Ministri della difesa, per  discutere le iniziative  comuni (visto che manca un formale Consiglio difesa);  

·        ridurre le dipendenze strategiche su tecnologie e catene del valore critiche.

 

Partner

La quarta sezione della bozza è forse la meno innovativa. Il documento sottolinea l'impegno ad approfondire il dialogo politico su sicurezza e difesa, a livello sia multilaterale che regionale e bilaterale. Si afferma la preminenza del rapporto di collaborazione con la Nato. Si può anche segnalare il riferimento allo Strumento europeo per la Pace (su cui vedi infra) e l'attenzione alla regione indo-pacifica, mentre i rapporti con il Regno Unito sono ancora molto freddi. 

Le azioni proposte sono:

·     a livello multilaterale, approfondire il dialogo politico e la cooperazione con la Nato (in particolare per tecnologie emergenti, clima, minacce ibride, spazio e sicurezza marittima), attuare le priorità per la cooperazione con l’Onu, approfondire le relazioni con Unione africana, Osce e Asean;

·     a livello bilaterale, rafforzare il dialogo specifico in materia di sicurezza e difesa con gli Stati Uniti; approfondire la cooperazione con Canada e Norvegia e  associare maggiormente i partner africani nelle iniziative UE nel continente (per i rapporti con il Regno Unito, visto anche l'atteggiamento della controparte,  c'è solo una generica disponibilità alla cooperazione); istituire un vertice biennale con tutti i partner dell'UE (EU Security and Defence Partenership Forum), per discutere le questioni di interesse comune;  rafforzare la rete dei consulenti militari e degli esperti antiterrorismo nelle delegazioni dell'UE, per dare impulso all’attività diplomatica internazionale nel settore sicurezza e difesa.

 


 

Il "pacchetto difesa" della Commissione del 15 febbraio 2022

Il 15 febbraio 2022 la Commissione europea ha pubblicato due comunicazioni, con cui intende contribuire alle fasi finali di stesura della Bussola Strategica.

La comunicazione sul contributo della Commissione alla Difesa europea:

Nel primo documento, la Commissione, in continuità con le iniziative intraprese negli ultimi anni, individua alcuni ambiti essenziali per rafforzare la competitività del mercato europeo della difesa, allo scopo di:

·       stimolare gli investimenti degli Stati membri nelle capacità strategiche chiave e nei fattori abilitanti critici, da sviluppare o acquisire attraverso meccanismi cooperativi;  

·       incentivare il procurement cooperativo della capacità di difesa;

·       avvicinare le normative nazionali sull'esportazione dei materiali di difesa, in particolare per quelli sviluppati in contesti cooperativi Ue (al fine di favorire le loro opportunità di export).

La Commissione valuta anche di proporre nuovi strumenti per sostenere i progetti collaborativi in sede UE. Tra questi incentivi fiscali (abolizione dell'Iva) per l'acquisto di materiali prodotti nell'ambito di progetti collaborativi UE e l’estensione al procurement dei meccanismi premiali già previsti nel Fondo europeo della difesa per lo sviluppo congiunto dei prodotti. L'obiettivo è aumentare la quota di acquisiti attraverso progetti di cooperazione (attualmente circa l'11% del totale), per avvicinarsi all'obiettivo del 35%, fissato nell'ambito della Cooperazione strutturata permanente.  

Si prevede anche di introdurre un capitolo dedicato al mercato della difesa nel Rapporto annuale sul mercato unico, per evidenziare le opportunità e le barriere dei progetti collaborativi.

La Commissione terrà conto delle possibili ricadute nel settore della difesa di tutte le politiche orizzontali in materia di finanza sostenibile, accesso ai finanziamenti e investimenti. 

Entro l'anno saranno anche presentate una versione aggiornata del Piano d'azione per la mobilità militare e una serie di misure per attutire gli effetti sul cambiamento climatico delle attività legate alla difesa.   

La Commissione intende anche rafforzare gli aspetti del dominio spaziale legati alla difesa, potenziando i sistemi di sorveglianza e promuovendo un approccio "dual use by design" delle infrastrutture spaziali, per garantire strumenti di resilienza per i governi nazionali. Si studierà anche la possibilità di attivare le clausole di mutua assistenza e solidarietà in caso di minacce provenienti da assetti spaziali di potenze extra-UE. 

In ambito cyber la Commissione proseguirà nelle iniziative di sostegno alla resilienza, individuando le lacune settore per settore, promuovendo standard comuni su cybersicurezza e privacy e delineando piani di risposta a incidenti su larga scala. 

Comunicazione relativa alla Roadmap sulle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa 

L'intento di questa comunicazione della Commissione è individuare lacune e ritardi dell'Unione e degli Stati membri nel settore delle tecnologie critiche, per quanto riguarda sia i materiali (semi conduttori, terre rare, ecc.), che le catene di approvvigionamento e il capitale umano.

La Commissione invita gli Stati a contribuire al nascente Osservatorio sulle tecnologie critiche, nel cui ambito sarà istituito anche un apposito Gruppo di esperti.

Entro metà anno, la Commissione presenterà uno studio sul mercato UE della sicurezza, con proposte per incoraggiare approcci più innovativi e basati sulle necessità.

Nel prossimo anno è prevista la revisione degli strumenti già esistenti in materia, e nuove proposte per incoraggiare la ricerca dual-use, lo sviluppo e l'innovazione a livello UE. La Commissione intende poi sostenere l'innovazione e l'imprenditorialità nel settore delle tecnologie critiche, anche attraverso strumenti innovativi (ad esempio incubatori d'impresa o meccanismi misti di finanziamento), in collaborazione con l'Agenzia europea della difesa.

Entro il 2023 saranno anche individuati i settori di rischio nell'ambito delle catene di approvvigionamento, compreso il dominio digitale. Il meccanismo di controllo degli investimenti esteri diretti (attivo da ottobre 2020) dovrà essere rafforzato, con un maggiore impegno degli Stati.

 

La cooperazione strutturata permanente (PESCO)

La cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa è stata istituita nel dicembre del 2017, sulla base della proposta presentata da Francia, Germania, Italia e Spagna (i cd. "Pesco Four").

Alla PESCO partecipano tutti gli Stati membri dell’UE, tranne Danimarca e Malta (quindi 25 Paesi).

La decisione istitutiva ha stabilito una serie di impegni vincolanti per gli Stati partecipanti:

·       aumentare progressivamente le spese di investimento nella difesa, portandole complessivamente al 20% della spesa complessiva per la difesa;

·       aumentare le spese per ricerca e tecnologia nel settore della difesa, per avvicinarsi al 2 % della spesa complessiva per la difesa;

·       aumentare i progetti congiunti e collaborativi tra Paesi;

·       avvicinare gli strumenti di difesa nazionali, armonizzando l'identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica;

·       rafforzare la disponibilità, l’interoperabilità, la flessibilità e la schierabilità delle forze;

·       partecipare allo sviluppo di programmi comuni di equipaggiamenti.

Il 20 novembre 2020 il Consiglio UE ha approvato delle conclusioni sulla revisione strategica della cooperazione rafforzata, per la sua seconda fase, che corrisponde al periodo dal 2021 al 2025.

In quattro diverse "tornate", tra il novembre del 2018 e il novembre del 2021, il Consiglio ha approvato complessivamente sessanta progetti, in sette diversi settori:

a) formazione e logistica;

b) settore terrestre;

c) settore marittimo;

d) sistemi aerei;

e) cyberdifesa, comando controllo e comunicazione;

f) sistemi abilitanti e interforze;

g) spazio.

L'Italia partecipa a trenta progetti, sui sessanta complessivi ed ha il ruolo di coordinatore in 11 progetti:

·       Centro europeo di certificazione dell'addestramento degli eserciti europei; 

·       Capacità di soccorso militare nelle emergenze;

·       Sorveglianza e protezione marittima dei porti;

·       Veicoli corazzati/veicoli d'assalto anfibio;

·       Contrasto al sistema aereo senza pilota; 

·       Piattaforma europea aeronavi di alta atmosfera; 

·       Rete di conoscenza della sorveglianza spaziale militare;

·       Corvetta di pattuglia europea;

·       Sistema globale integrazione sistemi aerei pilotaggio remoto;

·       Stazione per droni su aerogiri;

·       Piccole armi scalabili.

Tra i sessanta progetti finora approvati, il carattere strategico e lo stato di avanzamento sono molto diversificati. Alcuni, tra quelli di maggior rilievo, procedono secondo i programmi, e aspirano o hanno già ottenuto finanziamenti supplementari dall'UE rispetto alle risorse nazionali. I progetti finalizzati a rafforzare le capacità di gestione delle emergenze sanitarie hanno acquisito una nuova urgenza a causa dell'emergenza Covid-19. Altri progetti, invece, secondo molti osservatori, non sembrano ancora in grado di fornire un contributo significato per colmare le lacune capacitive UE e hanno già accumulato pesanti ritardi rispetto ai programmi iniziali.

Il Consiglio, tra tutti quelli approvati fino ad ora, ha individuato una lista di 26 progetti che sono considerati suscettibili di produrre risultati concreti entro il 2025. Tra questi si possono ricordare:

·     Sorveglianza e protezione marittima dei porti, coordinato dall'Italia;

·     Squadre di reazione rapida alle minacce cyber (con capofila Lituania, cui partecipa anche l'Italia);

·     Comando medico europeo (a guida tedesca, cui partecipa anche l'Italia);

·     Centro operativo EUFOR di risposta alla crisi (anch'esso a guida tedesca, presente anche l'Italia).

L'iniziativa più significativa in ambito PESCO resta quella sulla mobilità militare. Il progetto, coordinato dai Paesi Bassi, vanta la partecipazione di tutti gli Stati (con la sola esclusione dell’Irlanda), e anche di una linea di finanziamento autonoma (per 1.5 miliardi) nel Quadro finanziario 2021-2027. Il progetto corrisponde ad un interesse prioritario anche della Nato. Anche per questo, è il primo, e finora unico progetto Pesco che vede la partecipazione di Paesi terzi. Nel maggio dello scorso anno, infatti, il Consiglio UE ha accolto la richiesta di partecipazione Stati Uniti, Canada e Norvegia. Analoga richiesta, avanzata da un ben diverso membro Nato, la Turchia, non è stata finora accolta, e appare difficile che sarà accolta, almeno nel futuro immediato.

Per partecipare ad uno specifico progetto PESCO, i Paesi terzi devono rispettare determinate condizioni politiche e giuridiche. Deve trattarsi di Paesi che condividano i valori Ue e gli obiettivi della sua Politica estera e di sicurezza, non contravvengano agli interessi di difesa dell'Unione e rispettino "il principio delle relazioni di buon vicinato con gli Stati Membri" (chiaro riferimento proprio alla Turchia). Il requisito giuridico è che il Paese terzo abbia stipulato un accordo con l'UE sulla sicurezza delle informazioni. La partecipazione deve fornire un "valore aggiunto sostanziale" al progetto, contribuendo con mezzi "complementari" rispetto a quelli offerti dagli Stati membri e garantendo un impatto positivo sulla base tecnologica e industriale della difesa europea. La partecipazione non deve creare una "dipendenza" dell'UE dallo Stato terzo, né consentire a quest'ultimo di imporre restrizioni su approvvigionamento degli armamenti, ricerca e sviluppo o esportazioni. Lo Stato terzo deve anche concordare con l'UE le condizioni per l'ulteriore condivisione, al di fuori della Pesco, delle capacità e tecnologie da sviluppare nell'ambito del progetto, in modo da evitare che tali capacità siano utilizzate contro l'Unione e i suoi Stati membri.


 

Lo Strumento europeo per la pace

Lo Strumento europeo per la pace (European Peace Facility – EPF), è un fondo fuori dal bilancio UE (per il valore di circa 5,7 miliardi per il periodo 2021-2027), istituito nel marzo del 2021. Ha lo scopo di finanziare tutte le azioni esterne dell’UE con implicazioni nel settore militare o della difesa (che, a norma dei Trattati non possono pesare sul bilancio comune).

Vi partecipano tutti gli Stati membri (ad eccezione della Danimarca), in proporzione al proprio prodotto interno lordo (l’Italia contribuisce per circa il 12,8%).

Lo Strumento è costituito da due pilastri principali:

·       il primo serve a finanziare i costi comuni delle operazioni e missioni militari dell’Unione (in sostituzione del meccanismo "Athena");

·       il secondo serve a finanziare le misure di assistenza per sostenere le capacità di soggetti terzi (organizzazioni internazionali o singoli Stati) nel settore militare e della difesa e nelle operazioni di peace keeping (in sostituzione dello Strumento africano per la pace, che era appunto limitato al solo continente africano).  

Il primo pilastro è gestito dal Consiglio, mentre il secondo ha un segretariato presso la Commissione. 

Per quanto riguarda il finanziamento delle missioni PSDC (primo pilastro), con l'EPF potrà essere ampliata considerevolmente la portata dei costi comuni finanziabili, fino ad arrivare anche al 35-45 % dei costi medi totali (contro il 5-10% del passato). L'obiettivo è di facilitare l'avvio delle missioni comuni e di rafforzare i loro assetti. Lo Strumento consente anche all'Unione di integrare le attività delle sue missioni e operazioni con misure di assistenza, come la fornitura di materiali, infrastrutture o anche, per la prima volta, materiali di armamento (con alcune limitazioni).

Tra le misure di assistenza finanziate finora da EPF (secondo pilastro) si può segnalare il Programma generale di sostegno all'Unione africana, approvato nel luglio del 2021 per un ammontare complessivo di 130 milioni. La misura sostiene la missione AMISOM in Somalia e le forze armate somale, la componente militare del G5 Sahel, la missione ECOMIG in Gambia e la Task force multinazionale MNJTF, che combatte Boko Haram nella regione del lago Chad

Misure di assistenza più specifiche sono stati adottate in Paesi ove operano missioni PSDC (su cui vedi la scheda seguente) : in Mali, (per 24 milioni), Mozambico (44 milioni) Bosnia Erzegovina (10 milioni). 

Il 2 dicembre del 2021 il Consiglio ha approvato misure di assistenza anche a favore di Georgia (per 12,75 milioni), Moldova (7 milioni) e Ucraina (31 milioni). Le misure hanno una durata di tre anni e sono finalizzate a rafforzare le capacità militari dei Paesi ospiti e la resilienza delle popolazioni.

 


 

Missioni e Operazioni civili e militari PSDC

Attualmente l'Unione conduce 19 tra missioni e operazioni militari e civili (compresa una missione che opera al di fuori del quadro della PSDC).

Le missioni e operazioni militari sono attualmente 7:

·       EUFOR ALTHEA, operazione istituita nel 2004 per il mantenimento della sicurezza in Bosnia-Erzegovina;

·       EUNAVFOR ATLANTA, operazione navale istituita nel 2008 per contrastare le azioni di pirateria sulle coste della Somalia;

·       EUTM SOMALIA, missione istituita nel 2010 per contribuire allo sviluppo delle istituzioni preposte al settore della sicurezza in Somalia;

·       EUTM MALI, missione istituita nel 2013 con lo scopo di fornire formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (attualmente sospesa per la situazione politica del Paese e per la forte presenza di truppe mercenarie russe);

·       EUTM RCA, missione istituita nel 2014 con l'obiettivo di fornire formazione e consulenza militare alle forze armate della Repubblica centrafricana (attualmente con attività ridotte, per la presenza di truppe mercenarie russe);

·       EUNAVFOR MED IRINI, operazione istituita il 31 marzo 2020 (in sostituzione della precedente operazione Sophia), con il compito principale di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'ONU nei confronti della Libia (vedi scheda dedicata);

·       EUTM Mozambico, missione istituita il 12 luglio 2021, per il sostegno e l'addestramento dell’esercito del Mozambico nella lotta contro il terrorismo islamico (in particolare nella provincia settentrionale di Cabo Delgado).

Le missioni civili sono invece 12:

·       EULEX KOSOVO, istituita nel 2008, per il rafforzamento dello stato di diritto e il sostegno del sistema giudiziario in Kosovo;

·       EUBAM MOLDAVIA-UCRAINA, istituita nel 2005, per il controllo delle frontiere, in particolare nella regione della Transnistria (opera al di fuori della PSDC);

·       EUBAM RAFAH, istituita nel 2005, per il controllo del valico di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto;

·       EUPOL COOPS, istituita nel 2006, per sostenere le forze di sicurezza palestinesi e fornire assistenza nel campo della giustizia penale e dello stato di diritto;

·       EUMM GEORGIA, istituita nel 2008 per contribuire al   monitoraggio e alla normalizzazione dell’area;

·       EUCAP SAHEL NIGER, istituita nel 2012 per sostenere le attività di contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo nel Sahel;

·       EUCAP SOMALIA, istituita nel 2012 per rafforzare la capacità della Somalia e degli Stati della regione nella gestione delle rispettive acque territoriali;

·       EUBAM LIBIA, istituita nel 2013 per supportare le autorità libiche nel controllo delle frontiere terrestri, marine e aeree;

·       EUAM UCRAINA, istituita nel 2015 per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina;

·       EUCAP SAHEL-MALI, istituita nel 2015 per addestramento e supporto delle forze di sicurezza  del Mali;

·       EUAM IRAQ, istituita nel 2017 per assistenza alle autorità irachene sui profili civili della sicurezza;

·       EUAM RCA, istituita nel 2019 per sostenere le forze di sicurezza della Repubblica centroafricana e favorire una loro riforma.

 


 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione II: “Affrontare le grandi sfide internazionali, quale autonomia strategica per l’UE”

 

 


 


 

Il dibattito sull’autonomia strategica dell’Europa

Nell’ambito dell’attuale legislatura europea è stato avviato un dibattito sull’autonomia strategica dell’UE, ossia sulla sua capacità di agire autonomamente a tutela dei propri valori ed interessi.

Il concetto dell’autonomia strategica è nato nell’ambito delle iniziative avviate dall’UE in materia di politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) anche in relazione alle prospettive della cooperazione tra l’UE e la NATO (per i profili strettamente connessi all’autonomia strategica in ambito PSDC si rinvia alla scheda per la sessione I del presente dossier).

La nozione di autonomia strategica è stata usata per la prima volta nelle conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 in relazione alla necessità per l'Europa di promuovere una base industriale e tecnologica di difesa più integrata, sostenibile, innovativa e competitiva, al fine di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE e la sua capacità di agire con i partner. Tale nozione è stata poi ripresa nella Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE del 2016 (v. infra). La necessità di un rafforzamento dell’autonomia strategica è stata poi ripresa dal Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, a partire discorso alla Sorbona del 26 settembre 2017, con riferimento all'obiettivo della "sovranità europea" nell’ambito della difesa, della protezione delle frontiere, della politica estera, della difesa dell’ambiente, delle questioni connesse alla politica digitale, ed ai profili dell'economia, in particolare la politica industriale dell’UE e il ruolo dell’euro sui mercati valutari internazionali. Da ultimo la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha qualificato il mandato della Commissione europea da lei presieduta come “geopolitico”.

La nozione ha quindi acquisito una portata più ampia, come autonomia strategica aperta, nella quale è ora ricompreso un approccio volto a trovare un equilibrio, da un lato, tra le istanze per una tutela più assertiva degli interessi europei e, dall’altro, con la vocazione di apertura dell’Europa alla cooperazione e al dialogo con gli altri partner internazionali.

La nozione di autonomia strategica aperta coinvolge tutte le politiche volte a rispondere al complesso delle sfide di natura globale quali:

·       la sfida sanitaria e vaccinale per la pandemia;

·       la transizione energetica e quella digitale;

·       le dinamiche commerciali internazionali, conciliando la tutela della competitività delle imprese europee, e la loro protezione contro le pratiche commerciali sleali, con la tradizione europea dell’apertura agli scambi internazionali contro ogni forma di protezionismo economico e commerciale e nel rispetto dei valori e standard socio-ambientali;

·       le sfide ambientali e volte a contenere gli effetti del cambiamento climatico;

·       le catene del valore e la sicurezza nell’approvvigionamento delle materie prime e di quelle strategiche;

·       la sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazione di connettività satellitare e spaziale;

·       la sovranità tecnologica e nel settore della ricerca e dell’innovazione;

·       le strategie industriali volte al rimpatrio delle produzioni strategiche o quanto meno un loro riavvicinamento all'Europa.

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE

Il 14 giugno 2019, nella passata legislatura europea, l’Alta Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini, ha presentato un documento intitolato “From Vision to Action: The EU Global Strategy in Practice - Three years on, looking forward” che illustra il bilancio delle azioni condotte dall’UE a tre anni dalla presentazione della Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE.

Si ricorda che la nuova Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE, presenta dall’Alta rappresentante, Federica Mogherini nel giugno 2016 indicava, in particolare, le seguenti priorità: l’interconnessione tra sicurezza interna ed esterna dell’UE e il rafforzamento della coerenza tra la dimensione esterna e quella interna delle politiche dell’UE, con particolare riferimento allo sviluppo sostenibile, alla migrazione, alla lotta al terrorismo, alla cibersicurezza e alla sicurezza energetica; il rafforzamento della resilienza delle democrazie, degli Stati e delle società, con particolare riferimento agli Stati posti in prossimità dei confini orientali e meridionali dell’UE; un approccio integrato alle situazioni di conflitto, sviluppando la capacità dell’UE di intervenire tempestivamente in tutte le fasi del ciclo di un conflitto ed ai diversi livelli di governance locale, nazionale, regionale e globale; il rilancio della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che, pur riconoscendo il ruolo della NATO per la difesa collettiva, consenta all’UE di agire autonomamente se e quando necessario; lo sviluppo di maggiori capacità di risposta rapida alle situazioni di crisi nell’ambito della difesa, attraverso maggiori investimenti nella sicurezza e difesa, anche nel settore della ricerca; la creazione di una forte industria europea della difesa; la promozione di ordini regionali cooperativi, attraverso partenariati regionali ed internazionali e lo sviluppo di una governance globale basata sul diritto internazionale, la tutela e promozione dei diritti umani ed uno sviluppo sostenibile.

Nel bilancio della strategia globale condotto nel 2019 si indicava in particolare che il contesto geopolitico e le priorità indicate dalla Strategia globale nel 2016 erano ancora valide ed anzi l’evolversi del contesto attuale confermava ancora di più uno dei presupposti della Strategia del 2016 e cioè che l'imperativo di una maggiore unità e coerenza all'interno dell'UE è la condizione per: garantire che il multilateralismo rimanga il principale principio organizzativo dell'ordine internazionale; promuovere ordini regionali cooperativi vicini e lontani; contribuire alla resilienza e all'approccio integrato nelle regioni circostanti est e sud.

 

L’Agenda strategica dell’UE 2019-2024

Il Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019 ha approvato la Nuova Agenda strategica dell'UE 2019-2024.

L’Agenda strategica si articola in priorità declinate sotto quattro tematiche principali: proteggere i cittadini e le libertà; sviluppare una base economica forte e vivace; costruire un'Europa verde, equa, sociale e a impatto climatico zero; promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale.

Per quanto riguarda in particolare il ruolo dell’UE nella scena mondiale nell’Agenda strategica si indicano le seguenti priorità:

·       rafforzare le capacità di agire dell’UE in modo autonomo per tutelare i propri interessi e valori e promuovere il multilateralismo e l'ordine internazionale basato su regole;

·       sostenere la prospettiva degli Stati europei che sono in grado e desiderosi di aderire all’UE; perseguire una politica di vicinato ambiziosa; un partenariato di ampio respiro con l'Africa; adoperarsi con i partner globali per la pace e la stabilità a livello mondiale; promuovere la democrazia e i diritti umani; promuovere una maggiore unita dell’UE nelle sue posizioni, stanziando maggiori risorse, facendo un uso migliore di quelle già disponibili, e attribuendo una priorità più chiara agli interessi europei;

·       controllo efficace delle frontiere esterne sviluppando una politica migratoria globale pienamente funzionante, approfondendo la cooperazione con i paesi di origine e di transito e trovando un consenso per la riforma del regolamento Dublino sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà;

·       intensificare la lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera;

·       protezione dalle attività informatiche dolose, dalle minacce ibride e dalla disinformazione di attori statali e non statali ostili;

·       sostenere la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione dello sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’Agenda 2030;

·       promuovere una politica commerciale ambiziosa, che assicuri una concorrenza leale e reciprocità, sia a livello multilaterale nell'ambito di un'OMC riformata, sia nelle relazioni bilaterali tra l'UE e i partner;

·       far diventare la PESC e la PSDC più reattive e meglio collegate agli altri aspetti delle relazioni esterne e assumere maggiore responsabilità per la sicurezza e difesa dell’UE, in particolare incrementando gli investimenti nel settore della difesa, sviluppando capacità e prontezza operativa e collaborando con la NATO;

·       promuovere le relazioni con i partner strategici, compresi i partner transatlantici, e con le potenze emergenti.

Le priorità per l’autonomia strategica dell’Unione europea nel Programma dei 18 mesi del Consiglio dell’UE e nel Programma della Presidenza francese

Il Programma dei 18 mesi del Consiglio

Il programma dei 18 mesi del Consiglio dell’UE, presentato il 10 dicembre 2021 dall’attuale presidenza francese e dalle future presidenze ceca e svedese e dall'Alto rappresentante, Presidente del Consiglio "Affari esteri", indica che il trio di presidenza farà tutto il necessario per consentire all'Unione di superare lo shock economico e sociale, attuando il piano per la ripresa, investendo nelle transizioni verde e digitale, rilanciando il mercato unico, rafforzando la resilienza, la competitività e la convergenza dell'UE e garantendo il coordinamento delle politiche economiche.

Il programma indica che le priorità stabilite nell'agenda strategica 2019-2024 (v. supra) conservano tutta la loro rilevanza. Tra le sfide che sono emerse, la salute merita particolare attenzione. La pandemia in corso ha messo in luce la necessità di un'Unione europea della salute forte e di un migliore coordinamento a livello di UE in questo settore. Il trio ritiene inoltre importante imprimere un nuovo impulso alle relazioni con i partner strategici, compresi i partner transatlantici e le potenze emergenti. Le tre presidenze lavoreranno inoltre per una politica di sicurezza e di difesa comune più forte e orientata ai risultati attraverso l'approvazione e l'attuazione della bussola strategica.

(Per quanto riguarda i profili del programma dei 18 mesi relativi ai singoli settori della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezze e difesa comune si rinvia alla scheda per la sessione III).

Il Programma della Presidenza francese del Consiglio dell’UE

Tra le tre priorità nelle quali è articolato il Programma della Presidenza francese del Consiglio dell’UE per il primo semestre del 2022 (1° gennaio – 30 giugno 2022) vi è quella di promuovere una maggiore sovranità dell’Europa, in particolare nell’ambito dei seguenti filoni di lavoro:

·       proteggere i confini europei, attraverso il rafforzamento della zona Schengen, migliorando il controllo della migrazione e la politica di asilo, in linea con i valori dell'Europa e gli impegni internazionali.

Per la riforma dell'area Schengen, la Presidenza francese ipotizza di introdurre da un lato un meccanismo di direzione politica - basato sul modello dell'area euro - con incontri regolari dei Ministri responsabili e dall'altro un meccanismo emergenziale di sostegno alle frontiere in caso di crisi, così da poter assicurare supporto celere da parte di Frontex e degli altri Stati membri;

Si segnala che, il 14 dicembre 2021, la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del Codice frontiere Schengen volta, tra l’altro, a garantire meccanismi di coordinamento forti per far fronte alle minacce sanitarie. In particolare, si prevede un nuovo meccanismo di salvaguardia Schengen inteso a istituire una risposta comune alle frontiere interne nelle situazioni di minaccia che interessano la maggioranza degli Stati membri, come le minacce sanitarie o altre minacce alla sicurezza interna e all'ordine pubblico.

In materia di progressi sul patto sulla migrazione e l'asilo, la Presidenza francese propone di ampliare la portata al fine di: gestire il fenomeno migratorio coinvolgendo i paesi di origine e di transito; armonizzando le normative nazionali; fornendo sostegno ai rifugiati e ai migranti già presenti nell'Unione; armonizzando e semplificando la gestione e il monitoraggio dei flussi secondari; sviluppare la dimensione esterna di politica di migrazione.

Si ricorda che il Consiglio europeo, nelle conclusioni adottate nelle riunioni di ottobre e dicembre 2021, ha sottolineato la necessità di attuare senza indugio i piani di azione con i Paesi terzi di origine e di transito prioritari, e di assicurare rimpatri efficaci dall'UE verso i Paesi di origine, con particolare riguardo alla piena attuazione degli accordi e delle intese esistenti in materia di riammissione e alla conclusione di nuovi.

·       costruire un'Europa più forte con maggiori capacità di azione nell’ambito della sicurezza e difesa, in particolare attraverso la definizione della bussola strategica dell’UE in occasione del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2022 (vedi scheda sessione I);

·       promuovere la prosperità la stabilità dei suoi vicini, in particolare impegnandosi a favore dei paesi dei Balcani occidentali (vedi infra) a favore di un rinnovato rapporto con l'Africa.

Le altre due priorità del programma della Presidenza francese riguardano un nuovo modello di crescita per un'Europa più digitale, verde e sociale e la promozione di un'Europa più umana, che soddisfi le aspettative dei propri cittadini.

La relazione di previsione strategica 2021 della Commissione europea

La Commissione europea ha presentato, l’8 settembre 2021, la seconda  relazione in materia di previsione strategica (la prima relazione è stata presentata a settembre 2020, la prossima dovrebbe essere presentata a settembre 2022) che reca una analisi per rafforzare la resilienza dell’UE in quattro dimensioni interconnesse: sociale ed economica, geopolitica, ecologica e digitale.

La prassi di presentare ogni anno a settembre una relazione di previsione strategica è stata introdotta dalla Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen. La relazione di previsione strategica è volta a promuovere la progettazione di politiche dell'Unione europea in settori strategici per lo sviluppo futuro dell’Unione europea, individuando i problemi emergenti e le opportunità per orientare meglio le scelte strategiche.

Le 4 tendenze del contesto globale

La Commissione individua quattro principali tendenze globali che incidono sulla capacità e sulla libertà di azione dell'UE:

Ø  il cambiamento climatico e altri problemi ambientali. In base all'andamento attuale, il riscaldamento globale supererà con ogni probabilità 1,5° C nei prossimi vent'anni e raggiungerà 2° C entro il 2050. Ogni ulteriore incremento di 0,5° C provocherà un aumento dell'intensità e della frequenza dei fenomeni meteorologici estremi. L'innalzamento delle temperature comporterà altresì una maggiore velocità di scioglimento dei ghiacci e l'innalzamento del livello del mare. La carenza idrica diventerà particolarmente problematica nei paesi del vicinato meridionale dell'UE, aggravando potenzialmente i conflitti e la pressione migratoria (vedi grafico 1). Tale problema può ripercuotersi indirettamente anche sull'UE sotto forma di insicurezza alimentare e shock dei prezzi. Nella relazione si stima che oltre il 40 % delle importazioni agricole dell'UE potrebbe diventare fortemente vulnerabile alla siccità entro il 2050. La perdita di biodiversità, la pressione sugli habitat animali, l'uso eccessivo di antibiotici, i rischi legati alla ricerca biologica di microbi altamente patogeni e stili di vita poco sani sono fattori che rendono più probabile il verificarsi di pandemie o malattie in futuro;

Grafico 1: Stress idrico, conflitti e migrazione[1]

 

Ø  l'iperconnettività digitale e la trasformazione tecnologica: L'UE è  responsabile di quasi il 20 % del totale delle attività di ricerca e sviluppo, delle pubblicazioni e dei brevetti in tutto il mondo[2], tuttavia, è in ritardo rispetto ai concorrenti globali per quanto riguarda gli investimenti privati nella ricerca. Vi è un divario in termini di risultati tra l'UE, da un lato, e l'Australia, il Canada, il Giappone, la Corea del Sud e gli Stati Uniti, dall'altro. La Commissione rileva come disporre di una serie di innovazioni rivoluzionarie può essere fondamentale ai fini della duplice transizione e della competitività. L'UE è leader in materia di tecnologia nel settore manifatturiero avanzato e dei materiali, nella mobilità intelligente e sostenibile e nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio, ma deve recuperare il ritardo in materia di intelligenza artificiale, big data e robotica e tecnologie quantistiche rispetto ai leader mondiali, Stati Uniti e Cina, che in tali settori sono all'avanguardia[3]. A prescindere dalle tecnologie specifiche utilizzate, l'iperconnettività è il motore della trasformazione e si tradurrà in nuovi prodotti, servizi, modelli commerciali e stili di vita e di lavoro. Allo stesso tempo, ciò comporta un aumento del rischio di attacchi informatici e di interruzioni della rete e le minacce riguardanti la proprietà intellettuale. Le nuove tecnologie e l'iperconnettività comporteranno delle criticità. In futuro, il 50 % dei posti di lavoro attuali in tutto il mondo potrebbe diventare automatizzato[4], con differenze significative tra paesi e settori[5]. Saranno creati nuovi posti di lavoro, ma questi richiederanno nuove competenze. Queste tendenze possono portare all'erosione dei diritti sociali fondamentali e aumentare le disuguaglianze e dipendenze a livello nazionale e tra Stati;

Ø  le pressioni sulla democrazia e sui valori. La governance democratica a livello globale è in declino e il processo di erosione della governance democratica avrà ripercussioni sia sulle democrazie consolidate che su quelle emergenti. Le zone di instabilità e di conflitto, sia vicine all'UE che lontane, possono persistere e addirittura espandersi e ripercuotersi sulla pressione migratoria. La disinformazione sulle piattaforme online, comporterà sfide crescenti per i sistemi democratici;

Ø  cambiamenti nell'ordine e nella demografia globali. Si stima che la popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi di persone nel 2030 e i 9,7 miliardi nel 2050 e quella dell'UE scenderà a poco più di 420 milioni, pari al 4,3 % della popolazione mondiale. La popolazione africana dovrebbe aumentare da 1,2 miliardi a 1,8 miliardi negli anni compresi tra il 2017 e il 2035, quando circa la metà della popolazione avrebbe meno di 21 anni. I prossimi decenni saranno caratterizzati da una crescente ridistribuzione del potere globale, il cui centro di gravità geoeconomico si sposterà a est. La Cina è destinata a diventare la più grande economia mondiale entro la fine di questo decennio e l'India potrebbe superare l'UE nei prossimi 20 anni. La competizione tra gli Stati Uniti e la Cina potrebbe dominare il panorama geopolitico nei prossimi anni. L'UE può attendersi il perdurare di tensioni e pratiche anticoncorrenziali (in particolare da parte della Cina e della Russia), che richiederanno politiche solide volte a proiettare stabilità e prosperità, in particolare nei paesi vicini. Potrebbero inoltre nascere nuove tensioni dalla concorrenza in zone controverse come lo spazio o l'Artico. L'aumento delle minacce ibride, compresa la strumentalizzazione della migrazione a fini politici, potrebbe costituire una minaccia crescente per la sicurezza dell'Unione europea. Il carattere pluridimensionale della concorrenza geopolitica e le profonde interdipendenze saranno presumibilmente le caratteristiche distintive di un ordine mondiale sempre più multipolare.

I 10 settori chiave per rafforzare l’autonomia strategica dell’UE

Sulla base delle sopracitate 4 grandi tendenze, la Commissione individua 10 settori d'azione chiave in cui l'UE può cogliere opportunità di leadership mondiale e di autonomia strategica.

1.       garantire sistemi sanitari e alimentari sostenibili e resilienti;

2.       garantire un'energia decarbonizzata e a prezzi accessibili;

3.       rafforzare la capacità nel settore della gestione dei dati, dell'intelligenza artificiale e delle tecnologie di punta;

4.       garantire e diversificare l'approvvigionamento di materie prime essenziali;

 

5.       assumere una posizione di primo piano a livello mondiale nella definizione di norme;

6.       creare sistemi economici e finanziari resilienti e adeguati alle esigenze future;

7.       sviluppare e mantenere competenze e talenti in linea con le ambizioni dell'UE;

8.       rafforzare le capacità di sicurezza e difesa e l'accesso allo spazio;

9.       collaborare con i partner globali per promuovere la pace, la sicurezza e la prosperità di tutti;

10.     rafforzare la resilienza delle istituzioni.

L’autonomia strategica industriale dell’UE

La crisi pandemica ha messo a dura prova l’apparato produttivo europeo e il funzionamento del mercato interno, in un contesto globale di crescente competizione economica, dove non è infrequente l’uso di pratiche commerciali sleali e/o aggressive.

In tale contesto, la politica industriale dell’UE si prefigge l’obiettivo, non solo di favorire la ripresa dell’industria europea, riportandola quantomeno ai livelli pre-crisi, ma anche di sostenerla nella duplice transizione ecologica e digitale, rilanciandone la competitività a livello mondiale ed aumentandone la resilienza e l'autonomia strategica.

Allo stesso tempo, le Istituzioni europee sono consapevoli della necessità di sostenere in particolare le PMI, che costituiscono la parte preponderante del tessuto produttivo europeo.

Per tenere conto degli insegnamenti tratti dalla crisi e rilanciare la ripresa, il 5 maggio 2021 la Commissione europea ha presentato un aggiornamento della nuova Strategia industriale dell’UE del 2020.

La nuova Strategia industriale dell’UE del 2020 ha individuato una serie di azioni per la trasformazione dell'industria europea verso la neutralità climatica e la digitalizzazione attraverso misure volte, in particolare, a sostenere e a rafforzare la vocazione manifatturiera dell'UE, nonché alcuni settori strategici come difesa, sicurezza e mercato digitale. Particolare attenzione è data anche al rafforzamento dell'autonomia industriale e strategica dell'Europa, specie riguardo a materiali e tecnologie critici, prodotti alimentari, infrastrutture e sicurezza, nonché accesso ai medicinali e alla farmaceutica, e al ruolo degli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), come in materia di batterie, microelettronica, Internet delle cose e idrogeno pulito.

L’aggiornamento della Strategia industriale si concentra, in particolare, sui seguenti obiettivi:

·       rafforzare la resilienza del mercato unico, in modo da garantire la libera circolazione di beni, servizi e lavoratori anche in tempi di crisi;

·       ridurre le dipendenze dell’Unione in settori tecnologici e industriali strategici essenziali (autonomia strategica aperta);

·        accelerare la duplice transizione verde e digitale.

Per quanto riguarda il rafforzamento dell’autonomia strategica, la Commissione ha accompagnato l’aggiornamento della strategia industriale con un'analisi sulle dipendenze e capacità strategiche dell'Europa. La crisi pandemica ha evidenziato perturbazioni nella catena di approvvigionamento globale e la carenza di determinati prodotti critici in Europa.

In particolare, la Commissione ha indentificato 6 aree strategiche in cui l'UE presenta dipendenze: 1) materie prime; 2) batterie; 3) principi attivi farmaceutici; 4) idrogeno, 5) semiconduttori; 6) tecnologie cloud e edge.

La Commissione ha individuato 137 prodotti (che rappresentano il 6% del valore totale delle importazioni di beni nell'UE) in ecosistemi sensibili nei quali l'UE si trova in condizioni di forte dipendenza, soprattutto nei settori ad alta intensità energetica (come quello delle materie prime) e negli ecosistemi sanitari (come quello delle sostanze attive farmaceutiche), così come in relazione ad altri prodotti importanti per sostenere la duplice transizione verde e digitale. Oltre la metà di queste dipendenze riguarda la Cina.

La Commissione poi individuato 34 prodotti (che rappresentano lo 0,6% del valore totale delle importazioni di beni nell'UE) che sono potenzialmente più vulnerabili dato che vi sono scarse possibilità di ulteriore diversificazione e di sostituirli con prodotti dell'UE. Tra questi figurano varie materie prime e sostanze chimiche utilizzate nelle industrie ad alta intensità energetica e nella sanità. L'analisi ha messo in luce criticità e dipendenze anche nel settore delle tecnologie avanzate.

Infine, la Commissione intende promuovere una serie di alleanze industriali, come quelle per i processori e i semiconduttori, per i dati industriali, per l'edge e il cloud, per i vettori spaziali e per un'aviazione a emissioni zero.

L’8 febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure per far fronte alle carenze di semiconduttori nell’UE, messa in risalto dalla crisi pandemica, e rafforzare la leadership tecnologica dell'Europa. L'Europa detiene, infatti una quota inferiore al 10% sul mercato globale dei semiconduttori e dipende fortemente dai fornitori dei Paesi terzi.

I chip a semiconduttore sono componenti essenziali dei prodotti digitali e digitalizzati, dagli smartphone alle automobili, fino ad applicazioni e infrastrutture critiche per l'assistenza sanitaria, l'energia, le comunicazioni e l'automazione industriale.

Il dibattito sul ruolo dell’UE nel mondo nell’ambito dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa

La Conferenza sul futuro dell’Europa, i cui lavori sono in corso di svolgimento ha tra i temi sui quali discutere quello del ruolo dell’UE nel mondo.

La Conferenza sul futuro dell’Europa, inaugurata il 9 maggio 2021, dovrebbe concludere i suoi lavori il 9 maggio 2022. Oltre al ruolo dell’UE nel mondo, la Conferenza discute anche dei seguenti temi: la costruzione di un continente sano; la lotta contro il cambiamento climatico e le sfide ambientali; una economia al servizio per le persone; l’equità sociale, l’uguaglianza e la solidarietà intergenerazionale; la trasformazione digitale dell’Europa; i diritti e valori europei, tra cui lo Stato di diritto; le sfide migratorie; la sicurezza; le fondamenta democratiche e come rafforzare i processi democratici dell’UE (per maggiori informazioni sui lavori della Conferenza si rinvia al dossier “I lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa/2 ).

Il tema del ruolo dell’UE nel mondo è stato è stato approfondito - anche sulla base dei contributi presentati dai cittadini nella sulla piattaforma digitale della Conferenza - da uno dei 4 panel europee dei cittadini, il Panel n. 4 UE nel mondo/migrazione, che, nel corso della terza ed ultima riunione svoltasi a Maastricht (Paesi Bassi) dall’11 al 13 febbraio 2022, ha adottato delle raccomandazioni che saranno presentate in occasione della riunione plenaria della Conferenza del 11 e 12 marzo 2022 e successivamente ulteriormente approfondite dal gruppo di lavoro della plenaria della Conferenza dedicato al tema del ruolo dell’UE nel mondo.

Per quanto riguarda i profili più direttamente legati all’autonomia strategica dell’Europa si segnalano le seguenti raccomandazioni adottate del Panel:

·       ridurre il più possibile, attraverso politiche attive e incentivi, la dipendenza dell’UE da paesi terzi per quanto riguarda prodotti strategici (prodotti agricolo, semiconduttori, prodotti medici, tecnologie innovative nel settore digitale e ambientale) e l’importazione di gas e petrolio, in particolare promuovendo una strategia per rendere più autonoma l’UE nella produzione dell’energia;

·       istituire delle Forze armate congiunte dell’UE (“joint Armed Forces of the EU”) da impiegare prevalentemente per obiettivi di auto difesa, precludendo ogni eventuale azione militare aggressiva. Tali Forze, fuori dei confini dell’UE, dovrebbero essere impiegate in circostanze eccezionali e agire esclusivamente sotto il mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e nel rispetto del diritto internazionale;

·       tutte le decisioni dovrebbero essere adottate non più all’unanimità, ma con votazioni alla maggioranza qualificata, ad eccezione delle decisioni riguardanti l’allargamento dell’UE e i principi fondamentali dell’UE stabiliti dall’art. 2 del Trattato sull’UE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE;

·       l’UE dovrebbe rafforzare la sua capacità di sanzionare Stati membri, governi, entità, gruppi od organizzazioni ed individui che non rispettano i principi fondamentali dell’UE, le sue leggi e gli accordi;

·       Gli Stati membri dovrebbero concordare una forte visione e una strategia comune al fine di armonizzare e consolidare l’identità e l’unità dell’UE, prima di consentire l’adesione dell’UE da parti di altri paesi.

Il contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole

La Commissione europea e l’Alto Rappresentante hanno presentato il 17 febbraio 2021 una comunicazione congiunta sul rafforzamento del contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole.

La comunicazione propone una sorta di “multilateralismo modulare”, basato su una cooperazione più stretta con partner che condividono lo stesso orientamento dell’UE - in particolare cogliendo le opportunità offerte dalla nuova amministrazione americana - nella difesa dei principi e delle norme universali e integrato da partenariati settoriali con altri attori su questioni di interesse comune come il cambiamento climatico, l’istruzione e la tecnologia.

Al fine di rafforzare il sistema multilaterale l'UE intende, in particolare:

·       sfruttare al meglio la propria influenza politica, diplomatica ed economica per difendere i propri interessi e promuovere i propri valori e proprie priorità strategiche, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, i valori democratici e lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza umana, la protezione del clima e dell'ambiente e le tecnologie digitali;

·       rafforzare ulteriormente la propria coerenza, unità e solidarietà nei consessi multilaterali, facendo in modo che l'UE e i suoi Stati membri coordinino posizioni, azioni e capacità di comunicazione e agiscano in modo unitario, con particolare riferimento al coordinamento all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, nel quale a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’UE, la presenza degli Stati membri dell’UE e destinata a ridursi a soli due nel 2022 (fino almeno al 2025) e migliorando, altresì, il coordinamento tra Stati membri per quanto riguarda le candidature a posizioni di alto livello e le elezioni importanti delle organizzazioni multilaterali;

·       sostenere le iniziative di riforma per un migliore funzionamento dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’ONU;

·       promuovere l'ammodernamento dell’Organizzazione mondiale della sanità, dell'Organizzazione mondiale del commercio, e delle istituzioni finanziarie internazionali quali il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale;

·       rafforzare la collaborazione con le istituzioni multilaterali, in particolare istituendo un vertice periodico UE-ONU;

·       estendere il multilateralismo a nuove questioni globali, attraverso la promozione di nuove norme internazionali e piattaforme di cooperazione in settori in cui la governance globale è limitata quali: fiscalità; sfera digitale e intelligenza artificiale; cooperazione e tutela dei consumatori; ambiente, oceani, risorse naturali; sicurezza delle materie prime; tecnologie verdi e energia rinnovabile.

Al fine di adottare decisioni in modo più rapido ed efficace, nella Comunicazione si invita il Consiglio dell’UE ad utilizzare le disposizioni dell’articolo 31 del Trattato sull’UE che consentono l'astensione costruttiva e l'adozione di decisioni a maggioranza qualificata nella politica estera e di sicurezza comune.

Come regola generale, tutte le decisioni prese relativamente alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea sono adottate all’unanimità. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 31 del trattato sull’Unione europea, uno Stato membro può scegliere di astenersi dal voto senza bloccare una decisione del Consiglio dell’UE. Il paese che si astiene può motivare la propria astensione con una dichiarazione formale. In tal caso, non è tenuto ad applicare tale decisione, ma accetta che essa impegni l’Unione.

Il Riesame della politica commerciale dell’UE

La Commissione europea ha presentato, il 18 febbraio 2021, la comunicazione intitolata “Riesame della politica commerciale – Una politica commerciale aperta, sostenibile e assertiva” (COM (2021)66), con la quale propone che la politica commerciale dell’UE si concentri su tre obiettivi fondamentali:

1.     sostenere la ripresa e la trasformazione dell'economia dell'UE in linea con i suoi obiettivi verdi e digitali;

2.     definire norme per una globalizzazione più sostenibile e più equa;

3.     aumentare la capacità dell'UE di perseguire i propri interessi e far valere i propri diritti, anche autonomamente, ove necessario.

La Commissione individua una serie di fattori e sfide con le quali la politica commerciale dell’UE si deve misurare a livello globale, tra cui:

·         l'incertezza globale in aumento, alimentata dalle tensioni politiche e geoeconomiche, e il crescente ricorso all’unilateralismo in luogo della cooperazione internazionale della governance multilaterale;

·         il profondo impatto della globalizzazione, delle evoluzioni tecnologiche e dello sviluppo di catene globali del valore sulle economie e sulle società;

·         la rapida ascesa della Cina e le prospettive economiche di medio periodo, che prefigurano un calo del peso dell’Europa nella dinamica di crescita globale;

·         i cambiamenti climatici, unitamente alla perdita di biodiversità e al degrado ambientale, e la trasformazione digitale;

·         le gravi carenze, in molte parti del mondo, in materia di lavoro dignitoso;

·         la pandemia di COVID-19.

Nella comunicazione si indica che la politica commerciale deve essere a sostegno dall’autonomia strategica aperta dell’UE. Per l'UE sarà necessario operare in un nuovo ordine mondiale multipolare, promuovendo approcci volti alla riduzione delle tensioni e alla ricerca di soluzioni basate su un quadro aggiornato di regole condivise. Al contempo, se necessario, l'UE deve dotarsi di strumenti per operare in un ambiente internazionale più ostile.

 

La protezione dalla coercizione economica da parte di Stati terzi

La Commissione europea ha presentato l’8 dicembre 2021 una proposta di regolamento sulla protezione dell’UE e dei suoi Stati membri dalla coercizione economica da parte di paesi terzi (COM (2021) 775).

Per coercizione economica si intende una situazione in cui un paese terzo cerca di esercitare pressioni sull'Unione o su uno Stato membro affinché compia una particolare scelta politica, applicando o minacciando di applicare nei confronti dell'Unione o di uno Stato membro misure che incidono sugli scambi o sugli investimenti.

Attualmente l’UE non dispone di un quadro legislativo per agire contro la coercizione economica.

Le disposizioni della proposta hanno l’obiettivo di consentire all'UE di impegnarsi direttamente con il paese interessato per porre fine all'intimidazione economica. Il nuovo strumento consentirà all'UE di reagire con rapidità ed efficacia fornendo una risposta su misura e proporzionata per ogni situazione, dall'imposizione di dazi alla restrizione delle importazioni dal paese in questione, da restrizioni sui servizi o sugli investimenti a misure per limitare l'accesso del paese in questione al mercato interno dell'UE (per maggiori dettagli sulle possibili risposte dell’UE si rinvia agli allegati della proposta).

La proposta di regolamento configura la risposta dell’UE ad una attività di coercizione economica da parte di uno Stato terzo in due fasi, la prima consiste nella constatazione formale del fatto che un atto rientri nell’ambito di applicazione del regolamento e nell’avvio di un dialogo con il paese terzo, con l’obiettivo di allentare la coercizione economica incoraggiando il paese terzo a porre fine alle sue misure. Se tale fase non produce risultati, si procede ad una seconda fase con l’approvazione di contro misure che la Commissione europea può adottare con atti esecutivi a nome dell’UE sulla base dell'articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell’UE, relativo alla politica commerciale comune.

L’iniziativa dell’UE per Global Gateway

Il 1° dicembre 2021, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l'Alto rappresentante dell'UE Josep Borrell hanno presentato una comunicazione congiunta relativa ad una nuova strategia europea d’investimenti infrastrutturali globale denominata Global Gateway per rafforzare i collegamenti tra l’Unione europea e i suoi principali partner commerciali e strategici.

Il fine è quello di sviluppare partnership pubblico-privato, mobilitando le risorse dell'UE, dei suoi Stati membri, delle istituzioni finanziarie e delle finanze pubbliche multilaterali per attirare capitali privati, fornendo così un’alternativa alla Belt and Road Initiative della Cina.

La proposta verte su cinque principali ambiti strategici:

·       digitale – investimenti per la creazione di una rete internet sicura e aperta;

·       clima ed energia –investimenti per accelerare la transizione verde;

·       trasporti – investimenti per un sistema globale di trasporti sostenibile e sicuro;

·       salute – rafforzamento delle catene di valore e della produzione locale di vaccini;

·       educazione e ricerca – investimenti nella formazione di qualità e nella ricerca, con un focus particolare sulle donne e sui gruppi vulnerabili.

La strategia punta a mobilitare fino a 300 miliardi di euro in investimenti tra il 2021 e il 2027, attraverso il lavoro coordinato di istituzioni UE, Stati membri, Delegazioni dell’UE nel mondo, Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD).

 

 

 


 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione III: Le priorità della Politica estera e di sicurezza comune e della Politica di sicurezza e di difesa comune

 


 


 

Le dichiarazioni programmatiche dell’Alto Rappresentante ad inizio mandato

L’Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché Vice Presidente della Commissione europea, Josep Borrell, all’inizio del suo mandato - nel corso dell’audizione svoltasi presso il Parlamento europeo il 7 ottobre 2019 - aveva formulato una serie di impegni, soffermandosi in particolare:

·       sulla necessità di un'Unione più strategica, assertiva e unita sulla scena mondiale, creando un solido collegamento tra le politiche estere degli Stati membri e l'azione esterna della Commissione europea, e puntando a un sistema più focalizzato sugli obiettivi condivisi;

·       sulla velocizzazione e su una maggiore efficienza dei processi decisionali nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;

Si ricorda che, nella scorsa legislatura europea, la Commissione europea ha presentato nel settembre 2018 una comunicazione nella quale ha proposto che il Consiglio europeo decida, utilizzando le disposizioni previste dai Trattati vigenti e in particolare la cosiddetta “clausola passarella” di cui all’articolo 31, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE), il passaggio dall’unanimità alla votazione a maggioranza qualificata nelle decisioni del Consiglio dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune dell’UE in alcuni specifici casi, in materia di diritti umani, sanzioni e missioni civili.

·       garantire un maggior legame tra le dimensioni interna ed esterna delle politiche dell'Unione;

·       in tema di sicurezza e difesa, proseguire nella costruzione di una cultura strategica comune, prendendo le mosse dai progressi realizzati a livello politico con la cooperazione strutturata permanente (PESCO), a livello industriale con il Fondo europeo di difesa e a livello operativo con le missioni e aumentando il livello di spesa per la difesa; rafforzare l'Alleanza atlantica, acquisendo maggior peso all'interno della NATO e contribuendo così a relazioni transatlantiche più equilibrate; dotarsi di linee guida chiare per l'attivazione dell'art. 42, paragrafo 7 del Trattato sull’UE (TUE), relativo alla clausola di difesa reciproca, con riguardo alle modalità per una risposta comune agli attacchi terroristici nel territorio di uno o più Stati membri;

·       lottare con rinnovata energia contro le minacce ibride, con particolare riguardo alle campagne di disinformazione;

·       impegnarsi per il massimo rispetto dei diritti umani, facendone una clausola imprescindibile di ogni accordo commerciale che l'Unione concluda con Paesi terzi;

Si ricorda che il Consiglio dell’UE ha adottato il 7 dicembre 2020 una decisione e un regolamento che istituiscono un nuovo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani, che prevede disposizioni che consentono all’UE di prendere misure mirate nei confronti di persone, entità e organismi – compresi soggetti statali e non statali – responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui avvengono (e quindi a prescindere dai regimi di sanzioni e misure restrittive che già l’UE può adottare nei confronti di un paese terzo, ma che hanno sempre un contesto di applicazione “geografica”). Il quadro per le misure restrittive mirate si applica ad atti quali il genocidio, i crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni o gravi abusi dei diritti umani (ad esempio tortura, schiavitù, uccisioni extragiudiziali, arresti o detenzioni arbitrari). Anche altre violazioni o altri abusi dei diritti umani possono rientrare nell'ambito di applicazione del regime di sanzioni nella misura in cui tali violazioni o abusi sono diffusi, sistematici o comunque motivo di seria preoccupazione per quanto concerne gli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune stabiliti nel trattato. Spetterà al Consiglio dell’UE, all’unanimità (come già per le sanzioni di natura “geografica”), redigere, riesaminare e modificare l'elenco delle sanzioni su proposta di uno Stato membro o dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

·       profondere il massimo sforzo a sostegno delle riforme e dei processi d'integrazione nei Balcani occidentali, sostenere la democrazia e l'integrità territoriale dell'Ucraina, affrontare le sfide poste dal vicinato meridionale, sviluppare una nuova strategia globale verso l'Africa e ricomporre le relazioni transatlantiche;

·       informare ogni aspetto della politica estera alla gestione delle due grandi sfide geopolitiche che caratterizzeranno gli anni a venire: il cambiamento climatico e i flussi migratori.

Le priorità in ambito PESC e PSDC nel programma di 18 mesi del Consiglio dell’UE

Il programma dei 18 mesi del Consiglio dell’UE, presentato il 10 dicembre 2021 dall’attuale presidenza francese e dalle future presidenze ceca e svedese e dall'Alto rappresentante, presidente del Consiglio "Affari esteri" per quanto riguarda, in particolare i profili relativi alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) ed alla politica di sicurezze e difesa comune (PSDC) indica le seguenti priorità:

Difendere e promuovere il multilateralismo e rispondere alle grandi sfide e alle crisi internazionali

·     promuovere il multilateralismo e un ordine internazionale basato su regole imperniato sul diritto internazionale e sulle Nazioni Unite;

·     sostenere il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto e promuovere la tutela della diversità, della parità di genere, del pieno godimento di tutti i diritti umani da parte delle donne e delle ragazze in tutte le azioni esterne;

·     rafforzare la capacità dell'UE di sostenere la società civile, i media indipendenti e altri attori non governativi nei paesi terzi;

·     promuovere la resilienza dell'UE attraverso la solidarietà globale e un contributo significativo dell'UE alla ripresa e alla condivisione dei vaccini a livello mondiale;

·     ribadire la priorità attribuita dall'UE allo sviluppo sostenibile, in particolare nel contesto del Green Deal;

·     riservare maggiore attenzione al modo in cui la tecnologia incide sul posto dell'Europa nel mondo, nonché all'esigenza di mantenere una sufficiente capacità tecnologica e scientifica per salvaguardare la propria autonomia;

·     rafforzare la capacità dell'UE e degli Stati membri di impegnarsi nel contrasto alla disinformazione;

Commercio

Le tre presidenze promuoveranno una politica commerciale dell'Unione solida, conformemente all'Agenda 2030 e all'accordo di Parigi, ricordando a tal proposito il riesame della politica commerciale presentato dalla Commissione. A tale riguardo, il sostegno alle transizioni verde e digitale dell'UE e la promozione di catene del valore più resilienti, diversificate e responsabili rimangono priorità fondamentali.

Il trio lavorerà inoltre per contribuire a riformare l'OMC nelle sue varie componenti e a rafforzare il rispetto delle norme commerciali multilaterali. Promuoverà inoltre condizioni di parità sviluppando gli strumenti autonomi dell'UE, quali lo strumento per gli appalti internazionali o il controllo delle sovvenzioni estere nel mercato unico.

 

Il vicinato dell'UE

Il trio attuerà un approccio strategico nei confronti dei Balcani occidentali. Presterà attenzione ai progressi dell'integrazione economica tra i paesi stessi, alla ripresa e al mantenimento della sicurezza da parte dell'UE. Proseguirà il processo di adesione conformemente alla metodologia di allargamento migliorata, sostenendo riforme profonde e trasformative in settori chiave quali lo Stato di diritto, le istituzioni democratiche, la libertà dei media e l'economia. Il trio lavorerà per rinvigorire e rafforzare il dialogo politico regolare con la regione. Nel 2022 si terrà un vertice UE-Balcani occidentali (il vertice è previsto nell’ambito della Presidenza ceca del Consiglio dell’UE nel secondo semestre del 2022).

Il trio rinnoverà, rafforzerà e svilupperà ulteriormente il partenariato strategico con il vicinato meridionale e sosterrà l'attuazione degli impegni assunti al vertice del partenariato orientale del 2021, nonché dei programmi di riforma dei paesi partner, come stabilito nei rispettivi accordi con l'UE.

L'UE ha un interesse strategico per un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e mira a instaurare relazioni reciprocamente vantaggiose con la Turchia, sulla base del quadro stabilito dal Consiglio europeo.

Il trio sosterrà l'attuazione dei cinque principi che orientano le relazioni con la Russia, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2021.

Africa

Il trio ribadisce la necessità di sviluppare partenariati globali e reciprocamente vantaggiosi con l'Africa. Il vertice UE-Unione africana (UA) del 17 e 18 febbraio 2022 (v. infra) mirerà a rinnovare e approfondire il partenariato al fine di sviluppare congiuntamente uno spazio di solidarietà, sicurezza e prosperità. tra le priorità fondamentali figurano la sicurezza e la cooperazione nel settore della difesa nonché lo sviluppo economico sostenibile e inclusivo, compresa la ripresa dalla pandemia di COVID-19.

Americhe

Il trio sosterrà un solido partenariato strategico a lungo termine reciprocamente vantaggioso con gli Stati Uniti e attuerà l'agenda transatlantica congiunta con gli Stati Uniti scaturita dal vertice UE-USA del 15 giugno 2021 (v. infra), anche nell'ambito del Consiglio per il commercio e la tecnologia (TTC).

Sosterrà le relazioni con l'America latina e i Caraibi attraverso l'impegno ad alto livello dell'UE e il dialogo con le organizzazioni subregionali, oltre che con i partner strategici e con altri partner.

Asia-Pacifico

Il trio assicurerà l'attuazione dell'approccio multidimensionale approvato dal Consiglio europeo per quanto riguarda le relazioni con la Cina, nel rispetto dell'esigenza di mantenere l'unità dell'UE.

Per quanto riguarda le relazioni dell'UE con l'India, sosterrà il rilancio dei negoziati da parte della Commissione per accordi ambiziosi in materia di commercio, protezione degli investimenti e indicazioni geografiche. Il trio sosterrà inoltre l'attuazione della strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica.

Sicurezza e difesa

Il trio ribadisce che, di fronte alla crescente instabilità globale, l'UE deve assumere maggiori responsabilità riguardo alla propria sicurezza sulla base delle seguenti priorità:

·       approvare entro marzo 2022 le "Bussola strategica" per rafforzare l'UE in materia di sicurezza e difesa per quanto riguarda la gestione delle crisi, la resilienza, le capacità e i partenariati;

·       sostenere missioni e operazioni europee reattive, solide e flessibili nonché una cooperazione e un coordinamento più stretti;

·       promuovere partenariati in materia di sicurezza e difesa con le organizzazioni partner internazionali e regionali, in particolare al fine di rafforzare la cooperazione UE-NATO e migliorare la cooperazione UE-ONU;

·       promuoverà inoltre una maggiore coerenza tra le iniziative dell'UE in materia di difesa: la cooperazione strutturata permanente (PESCO), la revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) e il nuovo Fondo europeo per la difesa;

·        rafforzare la resilienza dell'Unione e degli Stati membri nonché la loro capacità di contrastare le minacce ibride, compresa la disinformazione e la manipolazione delle informazioni;

·       garantire l'accesso dell'Unione ai beni comuni mondiali (tra cui lo spazio, il ciberspazio, il settore aereo e l'alto mare), comprese ulteriori riflessioni strategiche sulle dimensioni spaziale e di sicurezza e difesa dell'UE, nonché migliorare la mobilità militare in tutta l'Unione e il rafforzamento della sicurezza marittima.

Recenti prese di posizioni delle istituzioni dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC)

Per la situazione in Ucraina e le relazioni con la Russia si rimanda alla scheda per la sessione IV, per i profili relativi alle iniziative condotte nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) si rinvia alla Scheda per la sessione I del presente dossier.

Situazione di emergenza alle frontiere esterne dell’UE con la Bielorussia

Il Consiglio europeo del 16 dicembre 2021 ha adottato delle conclusioni sulla Bielorussia nelle quali in particolare:

·       condanna fermamente la strumentalizzazione dei migranti e dei rifugiati da parte del regime bielorusso e indica che l'UE continuerà a contrastare l'attacco ibrido lanciato dalla Bielorussia, affrontando tutte le dimensioni della crisi in linea con il diritto dell'UE e gli obblighi internazionali, compresi i diritti fondamentali;

·       sottolinea in particolare l'importanza di: a) proteggere efficacemente le frontiere esterne dell'Unione europea, anche rafforzando il quadro giuridico dell'UE. A tale riguardo, invita il Consiglio a esaminare la proposta relativa a misure temporanee di emergenza presentata dalla Commissione; b) lottare contro il traffico e la tratta di esseri umani; c) attuare le misure restrittive nei confronti della Bielorussia ed essere pronti ad adottare ulteriori misure ove necessario; d) assicurare alle un accesso senza restrizioni alla Bielorussia organizzazioni internazionali e intensificare il sostegno umanitario; e) sostenere il rimpatrio dei migranti dalla Bielorussia;

·       ribadisce l'invito a rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti i prigionieri politici e a porre fine alla repressione della società civile e dei media indipendenti;

·       ribadisce il diritto democratico del popolo bielorusso di eleggere il proprio presidente attraverso nuove elezioni libere e regolari.

Si ricorda che sin dall'estate del 2021 il Governo della Bielorussia ha avviato un attacco ibrido contro l'UE, in particolare contro la Lituania, la Polonia e la Lettonia, sotto forma di strumentalizzazione di persone di migranti in provenienza dai paesi del Medio Oriente. I cittadini di Paesi terzi coinvolti risulterebbero principalmente iracheni e afghani.

La Commissione europea ha presentato il 1° dicembre 2021 una proposta di decisione del Consiglio dell’UE relativa a misure temporanee (per un periodo di 6 mesi) in materia di asilo e rimpatrio per aiutare la Lettonia, la Lituania e la Polonia ad affrontare la situazione di emergenza alle frontiere esterne dell'UE con la Bielorussia.

In particolare, la proposta prevede: una procedura di emergenza per la gestione della migrazione e dell'asilo alle frontiere esterne, in base alla quale la Lituania, la Polonia e la Lettonia avranno la possibilità di estendere il periodo di registrazione per le domande di asilo a 4 settimane, invece degli attuali 3-10 giorni; disposizioni in materia di condizioni materiali di accoglienza; procedura di rimpatrio semplificate; il sostegno dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) Frontex ed  Europol.

Il 14 dicembre 2021, la Commissione europea ha poi presentato una proposta volta a modificare il codice delle frontiere Schengen che tra gli altri obiettivi ha anche quello di contrastare le minaccia ibrida alle frontiere esterne dell'UE e che è accompagnata da un'altra proposta relativa alle procedure eccezionali di asilo e di rimpatrio, per gestire l’arrivo di persone strumentalizzate da un Paese terzo nel pieno rispetto dei diritti fondamentali.

Nel novembre 2021 l'UE ha stanziato 700.000 euro in assistenza umanitaria a sostegno delle persone vulnerabili bloccate alla frontiera bielorussa. Tale importo comprende 200.000 euro a favore della Federazione internazionale delle società nazionali di Croce rossa e di Mezzaluna rossa (IFRC) e altri 500.000 euro in finanziamenti umanitari.

Si ricorda che l’UE, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo del 19 agosto 2020, non riconosce i risultati delle elezioni presidenziali nella Repubblica di Bielorussia del 9 agosto 2020.

Le misure restrittive dell’UE nei confronti della Bielorussia

Il Consiglio dell’UE, sin dall’ottobre 2020, ha progressivamente introdotto misure restrittive (divieto di viaggio e il congelamento dei beni nell’UE) quali responsabili di repressione e intimidazioni contro manifestanti pacifici, membri dell'opposizione e giornalisti all'indomani delle elezioni presidenziali 2020 in Bielorussia.

Successivamente l’UE ha rafforzato le misure restrittive:

·        introducendo un divieto di sorvolo dello spazio aereo dell'UE e di accesso agli aeroporti dell'UE da parte di vettori bielorussi di ogni tipo (4 giugno 2021);

·        aggiungendo 8 entità giuridiche e 78 nuove persone all’elenco dei destinatari delle sanzioni dell’UE che ora ammontano complessivamente a 26 entità giuridiche e 183 persone, tra le quali il Presidente bielorusso Alexandr Lukashenko, suo figlio nonché consigliere per la sicurezza nazionale Viktor Lukashenko (21 giugno 2021);

·        istituendo sanzioni economiche alla Bielorussia che prevedono il divieto di vendere, fornire, trasferire o esportare, apparecchiature, tecnologie o software per il controllo o l'intercettazione di internet e delle comunicazioni telefoniche e beni e tecnologie a duplice uso per uso militare; restrizioni agli scambi di prodotti petroliferi, cloruro di potassio (elemento utilizzato nei fertilizzanti che è la principale esportazione del paese) e beni utilizzati per la produzione o la fabbricazione di prodotti del tabacco, limitazioni all'accesso ai mercati dei capitali dell'UE e divieto di fornitura di servizi di assicurazione e riassicurazione al governo bielorusso e agli enti e agenzie pubblici della Bielorussia (24 giugno 2021);

·        prevedendo la sospensione parziale dell'accordo UE-Bielorussia relativo alla facilitazione del rilascio dei visti per i funzionari collegati al regime bielorusso, che era entrato in vigore il 1º luglio 2020, parallelamente all'accordo di riammissione UE-Bielorussia, che, il 28 giugno 2021, la Bielorussia ha annunciato di voler sospendere (9 novembre 2021);

·        adottando un ulteriore pacchetto di sanzioni in risposta alle continue violazioni dei diritti umani e alla strumentalizzazione dei migranti (2 dicembre 2021).

Allargamento dell’UE ai Balcani occidentali

Si ricorda che è attualmente bloccata in seno al Consiglio dell’UE - che deve deliberare all’unanimità - l’approvazione dei mandati per l’avvio dei negoziati con Albania e Macedonia del Nord.

In particolare, l’adozione del mandato negoziale con la Macedonia del Nord è bloccata a livello di Consiglio dell’UE per il veto espresso dalla Bulgaria, che condiziona il suo assenso al riconoscimento da parte della Macedonia del Nord di condizioni relative al retaggio storico e linguistico comune.

Per quanto riguarda gli altri paesi dei Balcani occidentali, si ricorda che il Montenegro ha aperto tutti i capitoli negoziali e chiuso i negoziati per 3 capitoli (Scienza e ricerca; Educazione e cultura; Relazioni esterne); la Serbia ha aperto 18 capitoli negoziali (sui 34 totali) di cui 2 sono stati chiusi (Scienza e ricerca; Educazione e cultura); la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo non hanno ancora status di Paese candidato, ma sono qualificati come “potenziali candidati”.

La Bosnia-Erzegovina ha presentato domanda di adesione il 15 febbraio 2016; il Kosovo è l’unico paese dell’area a non aver ancora presentato domanda di adesione all’UE.

Si ricorda che il Consiglio affari generali del 25 marzo 2020 ha approvato una riforma della procedura dei negoziati di adesione che si applica ai futuri negoziati di adesione, compresi quelli già in corso con Montenegro e Serbia e che prevede:

·        impegni chiari da parte dell'Unione europea e dei Balcani occidentali e un maggiore focus dei negoziati sulle riforme fondamentali: lo Stato di diritto, il funzionamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione e l'economia dei paesi candidati;

·        una maggiore frequenza dei vertici UE-Balcani occidentali e un più forte coinvolgimento degli Stati membri nel monitoraggio del processo;

·        il raggruppamento degli attuali capitoli negoziali in sei gruppi tematici: questioni fondamentali (Stato di diritto e diritto fondamentali); mercato interno; competitività e crescita inclusiva; agenda verde e connettività sostenibile; risorse, agricoltura e coesione; relazioni esterne; i negoziati per capitoli relativi al gruppo sulle questioni fondamentali saranno avviati per primi e chiusi per ultimi ed i progressi in tale ambito determineranno il ritmo complessivo dei negoziati;

·       un sistema di incentivi per i paesi più meritevoli, quali l'integrazione graduale nelle politiche e nel mercato dell’UE e la partecipazione ai programmi dell'UE, nonché maggiori finanziamenti e investimenti; analogamente, sono previste misure correttive per l’eventuale stallo o regresso grave o prolungato nell'attuazione delle riforme, con la possibilità di sospendere i negoziati o, nei casi più gravi, riaprire capitoli già chiusi e sospendere o ritirare l'accesso ai programmi e ai finanziamenti dell’UE.

Per quanto riguarda i finanziamenti per i paesi coinvolti nel processo di adesione nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, lo strumento di assistenza preadesione (IPA III) prevede uno stanziamento di 14,1 miliardi di euro.

Nell’ambito dell’assistenza finanziaria ai paesi del vicinato per la pandemia di COVID 19, l’UE ha stanziato fino ad ora un pacchetto di oltre 3,3 miliardi di euro a favore dei paesi dei Balcani occidentali.

Priorità della Presidenza francese

Il Ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, il cui Paese ricopre la presidenza del Consiglio dell'Unione europea nella prima metà del 2022, nel corso di una audizione presso la commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo svoltasi il 25 gennaio 2022 ha ribadito che la prospettiva europea per i paesi dei Balcani occidentali non è in questione.

Il Ministro ha indicato che la Presidenza francese intende organizzare in primavera un forum sui Balcani occidentali, volto a preparare il vertice, che si svolgerà nella seconda metà del 2022 sotto la prossima Presidenza ceca del Consiglio di UE (1° luglio – 31 dicembre 2022).

Il Ministro ha avanzato tre aree sulle quali la Presidenza vorrebbe compiere progressi. Innanzitutto l'adesione della Macedonia del Nord e dell'Albania all'UE, auspicando che lo svolgimento delle prime conferenze intergovernative della Macedonia del Nord e dell'Albania possano avviarsi sotto la Presidenza francese o ceca. Il ministro ha anche evidenziato la situazione “più complicata” tra Serbia e Kosovo, sperando che la mediazione dell'UE possa portare a un accordo globale. Infine, Le Drian ha promesso che la Presidenza francese intende seguire con molta attenzione la situazione in Bosnia-Erzegovina, in particolare affinché la riforma elettorale e costituzionale possa essere completata.

Vicinato meridionale

Il Consiglio europeo del 16 dicembre 2021 ha adottato delle conclusioni nelle quali ha ribadito la sua determinazione a rinnovare e rafforzare il partenariato dell'UE con il vicinato meridionale allo scopo di affrontare le sfide comuni e trarre vantaggio dalle opportunità condivise tramite una cooperazione rafforzata. A tal fine, invita il Consiglio e la Commissione ad accelerare i lavori relativi alla nuova agenda per il Mediterraneo.

Si ricorda che la Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 9 febbraio 2021 una comunicazione congiunta nella quale si propone di avviare una nuova Agenda per il Mediterraneo, accompagnata da un piano di investimenti economici per stimolare la ripresa socioeconomica a lungo termine nel vicinato meridionale.

Sono coinvolti nella politica dell’UE per il vicinato meridionale i seguenti paesi del nord Africa: Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia.

La nuova Agenda per il Mediterraneo si incentra su 5 settori d'intervento:

·       stato di diritto e sviluppo umano, in particolare al fine di: sostenere un rinnovato impegno a favore dei diritti umani, dello Stato di diritto, della democrazia e del buongoverno; rafforzare le capacità di preparazione e di risposta dei sistemi sanitari; promuovere l’emancipazione dei giovani, della società civile e la parità di genere; incoraggiare la ricerca, l’innovazione, la cultura e l’istruzione mediante una più stretta partecipazione ai programmi dell’UE;

·       resilienza, prosperità e transizione digitale, allo scopo di ristabilire la fiducia nel contesto imprenditoriale, incoraggiando la diversificazione economica, sostenendo la transizione digitale sia per il settore pubblico che per il settore privato, migliorando l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese e promuovendo l’emancipazione economica delle donne;

·       pace e sicurezza, al fine di: fornire sostegno ai paesi per affrontare le sfide in materia di sicurezza e trovare soluzioni ai conflitti in corso; riaffermare il ruolo dell’UE quale operatore di pace e di prevenzione e risoluzione dei conflitti; intensificare la cooperazione in materia di sicurezza per contrastare il terrorismo, le minacce cibernetiche e ibride e la criminalità organizzata;

·       migrazione e mobilità, al fine di: intensificare la cooperazione sulla migrazione tramite partenariati globali, equilibrati, ritagliati sulle esigenze di ciascun paese; affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello sfollamento forzato mediante la risoluzione dei conflitti, nonché il superamento delle sfide socioeconomiche acuite dalla pandemia attraverso una risposta mirata che offra opportunità, specie ai giovani; sostenere la migrazione legale e la mobilità con i partner, nel rispetto delle competenze proprie e degli Stati membri;

·       transizione verde, resilienza climatica, energia e ambiente, con l’obiettivo di proteggere le risorse naturali della regione e generare crescita verde sfruttando le potenzialità di un futuro a basse emissioni di carbonio e delle iniziative dell’UE, in linea con l’obiettivo della neutralità climatica nel 2050 fissato dal Green deal e della strategia europea per l’idrogeno, volta a favorire la decarbonizzazione dei consumi energetici e a favorire la diffusione dell’energia da fonti rinnovabili. In particolare, la nuova agenda prevede di offrire sostegno ai paesi nell’assolvimento degli impegni climatici assunti, promuovendo l’integrazione regionale dei mercati e delle reti dell’elettricità, garantendo la sicurezza energetica, incoraggiando l’uso efficiente delle risorse, la tutela della biodiversità e la transizione verso sistemi alimentari sostenibili.

Per l'attuazione dell'Agenda per il Mediterraneo si prevede uno stanziamento fino a 7 miliardi di euro, nell'ambito del nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dell'UE (NDICI), per il periodo 2021-2027 (v. infra). A giudizio della Commissione tale importo potrebbe mobilitare fino a 30 miliardi di euro di investimenti privati e pubblici nella regione nei prossimi dieci anni.

 

Recenti sviluppi in Libia (a cura del Servizio degli Affari internazionali del Senato)

La fissazione delle elezioni per il 24 dicembre 2021

 

Nel novembre 2020 in Libia era stata adottata una political roadmap approvata dal Libyan political Dialogue Forum (LPDF) - un consesso più ristretto della Camera dei Rappresentanti, formato da 75 delegati espressione di tutto il Paese - che prevedeva lo svolgimento di elezioni entro il 24 dicembre 2021. Mentre, sul piano militare, un accordo di cessate il fuoco tra le opposte fazioni era stato raggiunto il 23 ottobre 2020.

Così il 15 marzo 2021 si era formato un nuovo governo di unità nazionale - che per la prima volta era legittimato dal voto parlamentare, avendo ottenuto la fiducia della Camera dei Rappresentanti (HOR) a larghissima maggioranza - essenzialmente un governo di scopo, al fine di: tenere le elezioni il 24 dicembre 2021; dare concreta attuazione all'accordo sul cessate il fuoco, a partire dal completo ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal Paese; avviare un processo di riconciliazione nazionale; assicurare i servizi essenziali alla popolazione libica.

Il 23 giugno 2021 si svolgeva la seconda Conferenza di Berlino, organizzata dalla Germania e dalle Nazioni Unite, che vedeva la partecipazione del Governo unificato libico, dei 5 membri permanenti dell'ONU più Italia, Turchia ed EAU, Algeria, Egitto, Tunisia, RDC, nonché l'UE. I partecipanti ribadivano l'importanza dello svolgimento delle elezioni parlamentari e presidenziali entro il 24 dicembre, del ritiro delle truppe e dei mercenari stranieri, dell'approvazione del bilancio unificato, del rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, nonché salutavano con favore i primi pasi del governo verso il lancio di un processo di riconciliazione nazionale inclusivo, globale, basato sui diritti. Il Governo unificato libico veniva incluso nei meccanismi di follow up della Conferenza di Berlino.

L'Alto Rappresentante Borrell, intervenendo a Berlino e sottolineando "l'opportunità storica" della Conferenza ribadiva che: nell'immediato, le due priorità dell'UE sono lo svolgimento delle elezioni e la piena attuazione del cessate il fuoco. Per le elezioni, ricordava come l'UE avesse mobilizzato risorse a supporto della Commissione elettorale nazionale e come fosse allo studio il modo in cui possa assicurare il monitoraggio delle elezioni; sul piano della sicurezza, ricordava l'impegno della missione EUBAM, missione integrata per l'assistenza alle autorità libiche sul controllo dei confini, e della missione IRINI, nonché l'attività di sminamento. Assicurava la disponibilità dell'UE ad addestrare la futura polizia unificata e ad avviare una riforma complessiva del settore della sicurezza. Indicava come in una prospettiva di lungo periodo, l'UE avrebbe potuto aiutare in termini di state building, riforme economiche e sviluppo del sistema privato, con l'obiettivo ultimo di associare la Libia nella politica di vicinato e di poter negoziare un Accordo di Associazione UE-Libia. Infine, sul piano migratorio, l'UE si diceva pronta a lavorare con il Governo unificato per una governance sostenibile dei flussi migratori: avendo ascoltato attentamente la richiesta del Primo Ministro di sostenere la Libia non solo nella sua frontiera settentrionale ma anche in quella meridionale in un approccio "whole of the route", l'UE si sarebbe coordinata con i partner africani al riguardo.

Il 21 ottobre 2021 si svolgeva una Conferenza di Stabilizzazione a Tripoli organizzata dal Ministro degli esteri del governo unificato con la partecipazione di 27 Stati, ONU, AU, Lega Araba e UE. I partecipanti, riconoscendo i progressi sull'attuazione del cessate il fuoco inclusa la riapertura della strada costiera Sirte- Giufra e l'adozione di un piano per il ritiro dei mercenari, dei foreign fighters e delle forze straniere, chiedevano con forza il mantenimento dell'appuntamento elettorale del 24 dicembre.

Il successivo 12 novembre 2021 si svolgeva una nuova Conferenza internazionale a Parigi co-organizzata da Francia, Germania, Italia e ONU, che nel comunicato finale ribadiva gli impegni della political roadmap, la piena attuazione del cessate il fuoco, il rispetto del diritto umanitario e dei diritti umani e l'impegno delle parti alla riconciliazione nazionale.

Lo slittamento delle elezioni

Tuttavia, all'approssimarsi della scadenza elettorale, il 17 novembre l'Inviato Speciale del Segretario generale dell'ONU, Jan Kubis, rassegnava le sue dimissioni a partire dal 10 dicembre dando modo al Segretario Generale dell'ONU, Guterres, di nominare la Statunitense Stephanie Williams - già Inviato speciale ad interim dopo le dimissioni di Ghassan Salamé -  suo Consigliere speciale per la Libia aggirando i possibili veti della Russia riguardo alla sostituzione di Kubis.

Il Consigliere speciale per la Libia Williams il 19 dicembre incoraggiava la HOR a focalizzare il suo impegno sulla tenuta delle elezioni, facendo notare che nel processo emendativo del quadro elettorale la HoR avrebbe dovuto aderire strettamente alle previsioni dell'Accordo Politico Libico del 2015[6] ottemperando alle regole procedurali e agendo in maniera trasparente.

Peraltro il 22 dicembre l'Alta Commissione elettorale nazionale (HNEC) comunicava alla HOR di non poter organizzare le elezioni in linea con la roadmap e con le risoluzioni ONU, non potendo stilare una lista definitiva dei candidati, chiedendo alla HOR la fissazione di una nuova data. A tal fine la HOR a fine dicembre istituiva una Commissione che elaborasse delle raccomandazioni sulla prosecuzione del processo elettorale. Infine il 3 gennaio 2022 l'Alta Commissione elettorale nazionale (HNEC) esponeva alla HOR le ragioni per cui non era stata in grado di tenere le elezioni alla data del 24 dicembre: le incongruenze del quadro giuridico e le irregolarità nel processo di ricorso giurisdizionale contro la selezione dei candidati alle elezioni presidenziali. Infatti, parallelamente all'apertura del processo di registrazione degli elettori a partire da novembre, numerosi ricorsi erano stati presentati contro la candidatura di Dabaiba, del figlio di Gheddafi Saif al-Islam e del generale Haftar. Peraltro, il Rapporto di UNSMIL al Segretario generale dell'ONU fa stato di minacce di sicurezza ai danni della HNEC.

La situazione attuale: rischio di due governi paralleli?

Sul piano della sicurezza il cessate il fuoco continua a tenere, tuttavia si accentua il rischio che la crisi politica possa alimentare le tensioni locali tra gruppi armati rivali che si sono mobilitati nella Libia occidentale nelle ultime settimane. Sul piano economico permane il problema della mancata approvazione della legge di bilancio e pertanto il governo Dabaiba ha continuato a finanziare progetti di sviluppo e programmi di assistenza sociale attingendo ai fondi della Banca centrale di Libia attraverso accordi speciali. Inoltre, un nuovo blocco degli hub petroliferi dell'area di al-Wafa durato per oltre 3 settimane è stato rimosso il 10 gennaio 2022, grazie all'accordo raggiunto da Dabaiba con le Zintani Petroleum Facility Guards, permettendo di accrescere le estrazioni di greggio. 

La Camera dei Rappresentanti si è riunita a Tobruk il 10 febbraio 2022 e ha votato l'incarico di formare un nuovo governo a Bashaga (ex ministro dell'Interno nel governo al-Sarraj), considerando scaduto il 24 dicembre il mandato del premier ad interim Dabaiba[7]. L'unico altro candidato Khaled Bibas si era ritirato alla vigilia.

Tale voto a favore di Bashaga sarebbe stato reso possibile dalla alleanza con Ahmed Maitig all'Ovest e con il generale Haftar all'Est, già delineatasi durante la campagna elettorale[8]. Bashaga sarebbe stato indotto all'alleanza con Haftar dalla mediazione dell'ex vice-presidente Maitig, misuratino anch'egli. Dal canto suo Haftar risulterebbe indebolito dopo le frizioni crescenti con Mosca e la fine dei finanziamenti da parte degli EAU che adesso simpatizzerebbero per Dabaiba.

A sua volta Dabaiba ritiene la votazione di Tobruk illegittima e non intende dimettersi: si profila pertanto il rischio di avere di nuovo due governi paralleli in Libia. Bashaga avrebbe 14 giorni di tempo per formare un nuovo governo.

Una nuova roadmap votata dalla HoR prevedrebbe che nell'arco di 14 mesi il governo indirà un referendum costituzionale che dovrà ottenere la maggioranza semplice in ognuno dei 3 distretti (ovest, est e sud), dopodiché saranno indette le elezioni presidenziali e parlamentari.

Il Consigliere speciale Stephanie Williams in una recente intervista al Guardian ha espresso il timore di manovre per ritardare le elezioni, ricordando che anche il mandato della HoR è scaduto da tempo. “Il mandato del Parlamento libico è stato conferito 3.700 giorni fa. Sono passati sette anni e sette mesi da quando la Libia è andata alle urne. L'altra camera, l'Alto Consiglio di Stato, è stato eletto dieci anni fa. La loro durata è scaduta da tempo". Ha infine ribadito come sia necessario corrispondere alle attese degli oltre 3 milioni di libici (su 7 milioni) che si erano registrati per le elezioni.

 

L’operazione militare dell’UE nel Mediterraneo (EUNAVFOR MED IRINI)

L'operazione IRINI ("pace" in greco) è stata istituita dal Consiglio dell'UE il 31 marzo 2020. Ad essa partecipano, con contributi di diversa natura, 24 Stati Membri (tutti, tranne Danimarca, Spagna e Malta). Il comando dell'operazione è a Roma, presso l'aeroporto militare di Centocelle. Il mandato attuale scade a marzo 2023.

Con l'avvio di IRINI è terminato il mandato della missione EUNAVFOR MED Sophia, istitutita nel giugno del 2015 con il compito principale di contrastare il traffico di migranti e di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale. Compiti secondari dell'operazione erano la formazione della guardia costiera e della marina libiche; l'attuazione dell'embargo sulle armi; la sorveglianza e raccolta di informazioni sul traffico illecito di petrolio.  Nel marzo 2019 era stato comunque sospeso il dispiegamento dei mezzi navali, per il  disaccordo tra  i Paesi partecipanti sull'individuazione del porto di sbarco delle persone salvate in mare.

Compiti dell'operazione IRINI

Il compito principale dell’operazione è contribuire all’attuazione dell’embargo sulle armi imposto dall’ONU nei confronti della Libia. Per svolgere tale attività, l’operazione impiega mezzi aerei, satellitari e marittimi e può svolgere ispezioni sulle imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale connesso da e verso la Libia.  In caso vengano trovati a bordo materiali illeciti, le imbarcazioni possono essere sequestrate e dirottate in un porto dell’Ue, per svolgere le successive attività giudiziarie e di polizia (compresa l’eventuale distruzione delle armi).

Secondo il rapporto delle attività, al 31 gennaio 2022, l'operaizone Irini ha verificato, attraverso contatti radio, le attività di 5.700 navi, ha effettuato 233 visite "amichevoli" a bordo, condotto 21 abbordaggi su navi sospette, con un dirottamento in porto. I risultati delle attività dell'operazione sono comunicati regolarmente al Panel di esperti dell'Onu sull'ambrago.

L’operazione non ha un raggio di azione predeterminato, anche se le sue attività sono tendenzialmente concentrate sulla parte orientale della costa libica, in particolare nella zona di alto mare antistante la Cirenaica, nella quale maggiormente si concentrano i traffici di armi. La missione non può operare all’interno delle acque territoriali libiche.

Oltre al compito di attuare l’embargo sulle armi, IRINI ha anche alcuni compiti secondari, che sono (in quest’ordine di priorità):

·       il contrasto al contrabbando di petrolio;

·       la formazione della guardia costiera e della marina libiche (che non è stata però ancora avviata, in mancanza di un accordo con la controparte libica);

·       la lotta ai trafficanti di esseri umani (ma solo con la sorveglianza aerea).

Il Comitato politico e di sicurezza dell’UE (composto dai rappresentanti degli Stati) riconferma ogni 4 mesi l'operazione, a meno che, sulla base di prove fondate, non valuti che lo schieramento navale stia producendo un effetto di attrazione dei flussi migratori (cosiddetto "pull factor"). In questo caso gli Stati possono decidere di interrompere le attività. Ovviamente gli assetti navali di Irini, in virtù delle norme internazionali del mare, hanno comunque l’obbligo di condurre le operazioni di salvataggio che si rendessero necessarie nelle zone in cui operano. Questa evenienza non si è però per ora mai verificata.  

L’operazione IRINI ha la disponibilità di una serie di assetti operativi, forniti dagli Stati partecipanti, che variano nel corso dei mesi, in base a criteri di rotazione e alle effettive disponibilità.

Attualmente l’operazione dispone di:

·       2 navi: il pattugliature d'altura Borsini  (Italia), e la fregata HS Elli (Grecia);

·       5 velivoli per il pattugliamento aereo, forniti da Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo e Polonia, oltre ad un velivolo senza pilota messo a disposizione dall'Italia.

Per gli assetti satellitari, l’operazione IRINI opera con il supporto del Centro satellitare dell'Unione europea (SATCEN) e del Centro di intelligenza e situazione (INTCEN).

Nel marzo del 2021, con risoluzioni di analogo tenore, le  Commissioni esteri e difesa del Senato (doc. XXIV, n.30, 10 marzo) e della Camera (n. 7-00611, 23 marzo) hanno impegnato il Governo a svolgere ogni iniziativa idonea a:

a) promuovere  un aumento dei contributi all'operazione Irini, in termini di assetti e personale, da parte degli Stati partecipanti;

b) individuare le condizioni per la messa a disposizione di ulteriori porti, più vicini all'area di operazioni, verso cui dirottare le navi sequestrate;

c) promuovere la definizione di un accordo di collaborazione con la Nato, in particolare per quanto riguarda lo scambio di informazioni con l'Operazione Sea Guardian;

d) favorire una campagna d'informazione su compiti e risultati dell'operazione;

e) rafforzare i compiti secondari di Irini, riattivando in particolare le attività di formazione di Guardia costiera e Marina libiche;

f) favorire un maggior coinvolgimento dell'Unione europea nel cosiddetto «processo di Berlino» e nel sostegno al dialogo politico tra le parti;

g) discutere la possibilità di coinvolgere  Irini, previo mandato dell'Onu e d'intesa con le autorità libiche,  nel monitoraggio e verifica dell'accordo di cessate il fuoco tra le parti.

 

VI Vertice del Partenariato orientale

Il 15 dicembre 2021 si è svolto a Bruxelles il VI vertice tra l’UE e i paesi del partenariato orientale.

Il Partenariato orientale, avviato nel 2009 in occasione del Vertice di Praga, ha l'obiettivo di rafforzare la dimensione orientale della Politica europea di vicinato dell’UE. I paesi coinvolti nel partenariato orientale sono Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina.

Si ricorda che la Bielorussia, in risposta alle sanzioni dell’UE per la violazione dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nel paese, ha sospeso la sua partecipazione al partenariato orientale.

Al termine del vertice è stata approvata una dichiarazione nella quale in particolare le parti hanno espresso, in particolare:

·       la determinazione a difendere i valori fondamentali quali: rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto; protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, compresi i diritti delle persone che appartengono a minoranze; promozione della parità di genere; promozione di società inclusive; garanzia del pieno rispetto dei principi e delle norme del diritto internazionale;

·       il sostegno dell'integrità territoriale entro i confini riconosciuti a livello internazionale, dell'indipendenza e della sovranità di tutti i paesi del Partenariato orientale;

·       il riconoscimento del diritto di ciascun partner del Partenariato orientale di scegliere il proprio livello di ambizione e gli obiettivi che si prefigge nelle sue relazioni con l'UE;

·       l’apprezzamento per l’applicazione degli accordi di associazione e delle zone di libero scambio globali e approfondite con la Georgia, la Repubblica di Moldova e l'Ucraina; l'entrata in vigore dell'accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'UE e l'Armenia nel marzo 2021; i progressi registrati nei negoziati tra l'UE e l'Azerbaigian su un nuovo accordo globale;

·       critica per la decisione delle autorità bielorusse di sospendere la loro partecipazione al partenariato orientale e auspicando di riprendere la cooperazione non appena vi saranno le condizioni necessarie per una transizione democratica pacifica;

·        la necessità di accrescere la resilienza delle società attraverso: il potenziamento dello Stato di diritto; la creazione di una pubblica amministrazione efficiente, trasparente e responsabile a tutti i livelli di governo; il contrasto alle frodi, alla corruzione e alla criminalità economica; la lotta contro la criminalità organizzata.

·       l’impegno a promuovere una graduale convergenza nel settore della politica estera e di sicurezza, in linea con gli impegni assunti dai partner con l'UE;

·       l’obiettivo di rafforzare la sicurezza e la cyberresilienza, anche per quanto concerne le minacce ibride;

·       l’impegno a migliorare la resilienza ambientale e ai cambiamenti climatici portando avanti la transizione verde attraverso investimenti e iniziative di cooperazione nell'economia circolare, nella crescita verde e nell'adattamento ai cambiamenti climatici;

·       il sostegno dell’UE gli sforzi dei paesi partner volti a conseguire la neutralità climatica nel 2050, che prevedono l'abbandono graduale del carbone, contributi determinati a livello nazionale più ambiziosi e una loro attuazione accelerata in linea con gli impegni della COP 26;

·       il riconoscimento dell’impegno dell'UE a sostenere i paesi partner nella lotta contro la pandemia e nel processo di vaccinazione, a lottare contro la disinformazione antivaccini. L'UE ha fornito 2,5 miliardi di euro per sostenere i paesi partner ad affrontare la crisi sanitaria legata al coronavirus e la loro ripresa socioeconomica.

·       l’apprezzamento per il piano economico e di investimenti regionale del valore di 2,3 miliardi di euro previsto dalla Commissione europea volto a sostenere la ripresa socioeconomica post COVID-19 e a rafforzare la resilienza a più lungo termine accelerando le trasformazioni verde e digitale. Il piano dovrebbe mobilitare fino a 17 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati.

Aspetti esterni della migrazione

Il Consiglio europeo del 16 dicembre 2021 ha adottato delle conclusioni sul tema degli aspetti esterni della migrazione nelle quali in particolare:

·       ricorda l'importanza di contemplare tutte le rotte migratorie nel quadro di un approccio che sia globale e prenda in considerazione l'intero tragitto;

·       invita la Commissione e l'Alto rappresentante, insieme agli Stati membri, ad assicurare che i recenti piani d'azione per i paesi di origine e di transito siano resi operativi e attuati senza ulteriori indugi, in cooperazione con i paesi partner;

·       riconosce l'importanza di una politica di rimpatrio dell'UE più unificata e invita la Commissione e l'Alto rappresentante, insieme agli Stati membri, ad adottare rapidamente misure per garantire rimpatri efficaci dall'UE verso i paesi di origine facendo leva su tutti i pertinenti strumenti, mezzi e politiche di cui l'UE dispone, anche in materia di sviluppo, commercio e visti, al fine di garantire la piena attuazione degli accordi e delle intese esistenti in materia di riammissione e di concluderne di nuovi;

·       ribadisce la sua condanna dei tentativi di paesi terzi di strumentalizzare i migranti a fini politici e chiede che si lavori rapidamente alla proposta relativa a misure nei confronti degli operatori di trasporto che agevolano o praticano la tratta di persone o il traffico di migranti in relazione all'ingresso illegale nel territorio dell'Unione europea;

·       invita il Consiglio e la Commissione a esaminare le modalità per rafforzare i meccanismi di cooperazione al fine di sostenere gli Stati membri che si trovano ad affrontare sfide specifiche alle frontiere esterne dell'UE, anche per quanto riguarda le guardie di frontiera e la sorveglianza aerea;

·       invita il Consiglio, sotto la direzione della presidenza, a seguire da vicino l'attuazione rapida ed efficace della politica migratoria esterna dell'UE e a darvi ulteriore impulso, se necessario.

Si ricorda che il nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo, le cui proposte legislative sono tuttora all’esame dei colegislatori europei, è stato presentato dalla Commissione europea nel settembre 2020.

Il patto prevede tra l’altro un cambiamento di paradigma nella cooperazione con i paesi terzi.

In particolare attraverso partenariati con i Paesi terzi, la Commissione ha ribadito di perseguire i seguenti obiettivi:

·       affrontare le cause profonde della migrazione irregolare;

·       combattere il traffico di migranti;

·       aiutare i rifugiati residenti in paesi terzi;

·       sostenere una migrazione legale ben gestita.

In tale contesto la Commissione europea ha affrontato il tema della politica di rimpatrio dell'UE:

·     prefigurando un sistema comune dell'UE per i rimpatri, fondato su una serie di misure, fra le quali il rafforzamento della cooperazione con i paesi partner in materia di rimpatrio, riammissione e reintegrazione sostenibile (cfr. comunicazione della Commissione del 10 febbraio 2021, COM(2021)56);

·     proseguendo iniziative già avviate nell'attuazione di programmi nazionali e congiunti di rimpatrio volontario e reintegrazione, nonché su iniziative finanziate dall'UE nei paesi partner quali: un quadro dell'Ue sulla consulenza in materia di rimpatrio, che fornisce orientamenti alle organizzazioni degli Stati membri nella creazione, nella gestione e nello sviluppo di strutture negli Stati membri stessi; un programma di formazione comune per i consulenti in materia di rimpatrio (cfr. comunicazione della Commissione del 27 aprile 2021, COM(2021)120);

Per i profili di politica interna della migrazione, nel settembre 2020, la Commissione europea ha avviato l’iter normativo di una serie di proposte concernenti tra l’altro: i controlli alle frontiere esterne dei cittadini stranieri che non rispettano i requisiti per l'ingresso nell'UE, comprese le persone salvate in una operazione SAR (ricerca e soccorso, search and rescue) nelle acque europee; le procedure di asilo; una revisione parziale delle norme previste dal cosiddetto regolamento di Dublino; meccanismi di solidarietà da parte degli Stati dell’UE nei confronti dei Paesi membri più esposti ai flussi, compresa una disciplina per la gestione di situazioni di crisi e di forza maggiore causate da pressioni migratorie ingenti.

In particolare, la proposta di regolamento (COM(2020)610) sulla gestione della migrazione e l’asilo, relativa alle revisione del cosidetto parzialmente il regime Dublino (senza intaccarne nella sostanza il principio dello Stato di primo approdo), istituisce un sistema di solidarietà nei confronti degli Stati membri esposti ai flussi, contemplando misure di sostegno anche in caso di sbarchi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare. La solidarietà può assumere la forma dei ricollocamenti, delle misure di sostegno ai sistemi nazionali di asilo, di interventi sul piano dell’azione esterna volta a sollecitare la cooperazione degli Stati terzi. Il nuovo regime introduce, inoltre, un nuovo strumento, la sponsorizzazione dei rimpatri, in base al quale uno Stato membro può impegnarsi a sostenere un altro Stato membro nel rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare mediante un meccanismo in forza del quale, agendo in stretto coordinamento con tale Stato membro beneficiario, adotta misure per effettuare il rimpatrio di detti cittadini di paesi terzi dal suo territorio;

 

L’UE e la situazione in Afghanistan

I 5 principi guida dell’UE per il futuro impegno in Afghanistan

Il Consiglio affari esteri dell’UE ha approvato il 17 settembre 2021 delle conclusioni nelle quali ha concordato i seguenti parametri di riferimento per le politiche e le azioni condotte sotto il governo provvisorio dei talebani, che fungeranno da 5 principi guida per il futuro impegno da parte dell’UE:

1.     consentire la partenza sicura e ordinata di tutti i cittadini stranieri e degli afghani in linea con la risoluzione 2593/2021 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

2.     promuovere, proteggere e rispettare tutti i diritti umani, in particolare il pieno godimento dei diritti delle donne e delle ragazze, nonché dei minori e delle persone appartenenti a minoranze, e rispettare lo Stato di diritto e la libertà di parola e dei media;

3.     consentire l'attuazione di operazioni umanitarie in Afghanistan nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario;

4.     impedire all'Afghanistan di fungere da base per l'accoglienza, il finanziamento o l'esportazione del terrorismo verso altri paesi;

5.     istituire un governo inclusivo e rappresentativo attraverso negoziati. A tale riguardo, l'UE continuerà a chiedere l'istituzione di un governo equilibrato e con una rappresentanza inclusiva, che comprenda tutte le minoranze etniche e religiose e assicuri una partecipazione significativa delle donne alle posizioni decisionali;

Nelle conclusioni il Consiglio ha, inoltre:

·       convenuto sulla necessità di un forte coordinamento nel dialogo con i pertinenti partner internazionali sull'Afghanistan ed indicato che l'ONU rimane un partner indispensabile e un attore centrale.

·       indicato che l'UE e i suoi Stati membri si sono collettivamente impegnati a stanziare 677 milioni di euro in occasione della conferenza umanitaria ad alto livello delle Nazioni Unite per l'Afghanistan, svoltasi il 13 settembre 2021. L'UE intensificherà, inoltre, le sue attività con le Nazioni Unite, la Banca mondiale e i pertinenti attori locali, regionali e internazionali per affrontare le sfide umanitarie e in materia di sviluppo in Afghanistan e nei paesi vicini. L'UE darà, infine, priorità alla collaborazione con la NATO e i suoi alleati e con altri partner, tra cui il G7 e il G20

·       concordato di stabilire una presenza minima dell'UE sul terreno a Kabul, in funzione della situazione di sicurezza, per facilitare e la fornitura di aiuti umanitari, e il monitoraggio della situazione umanitaria.

Il 20 gennaio 2022, il portavoce dell’Alto Rappresentante, Peter Stano, ha annunciato che l’UE ha iniziato a ristabilire una presenza minima a Kabul per facilitare la consegna degli aiuti umanitari in Afghanistan, specificando che tale presenza non deve in alcun modo essere considerata come un riconoscimento del Governo talebano.

·       deciso di istituire una piattaforma politica regionale di cooperazione con i vicini diretti dell'Afghanistan, al fine di rafforzare la cooperazione e il sostegno dell'UE per prevenire effetti di ricaduta negativi nel vicinato dell'Afghanistan.

Assistenza finanziaria e assistenza umanitaria dell’UE

L’UE ha al momento sospeso i programmi di assistenza finanziaria all’Afghanistan mentre ha mantenuto l’assistenza umanitaria.

Nel novembre 2020 l’UE aveva annunciato uno stanziamento di 1,2 miliardi di euro a favore dell’Afghanistan nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale dell’UE 2021-2027. L'UE e i suoi Stati membri sono stati collettivamente i maggiori donatori delle organizzazioni internazionali che hanno contribuito alla ricostruzione dell'Afghanistan, contribuendo con circa il 34% dei fondi per questi sforzi di ricostruzione multilaterale tra il 2002 e il 2021. Si stima che al 2021 l’UE abbia contribuito con circa 11 miliardi di euro agli sforzi multilaterali per ricostruire l'Afghanistan.

In occasione del vertice del G20 sull'Afghanistan, che si è svolto a Roma il 12 ottobre 2021, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato lo stanziamento di un pacchetto di 1 miliardo di euro di sostegno diretto al popolo afgano e ai paesi limitrofi, unendo aiuti umanitari e aiuti mirati sostegno ai bisogni primari. Tale importo include i 300 milioni di euro di aiuti umanitari già approvati nel 2021.

La Presidente von der Leyen ha, altresì, affermato che a medio e lungo termine, la Commissione sosterrà con un programma pluriennale gli Stati membri che decidono di ospitare afghani a rischio attraverso finanziamenti dell'UE per i reinsediamenti e l'ammissione umanitaria.

Il 18 gennaio 2022, la Commissione europea ha annunciato l’avvio dei primi progetti – nell’ambito dello stanziamento di 1 miliardi di euro previsto – per il valore complessivo di 268,3 milioni di euro.

Si tratta in particolare sette progetti dell'UE, con una dotazione totale di 186 milioni di euro, finalizzati a sostenere la sanità, l'istruzione e i mezzi di sussistenza per gli afghani,  realizzati tramite il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Programma alimentare mondiale (PAM); cinque progetti, con una dotazione totale di 79 milioni di euro per far fronte ai trasferimenti forzati e alla migrazione in Afghanistan, Iran, Pakistan e Asia centrale, in collaborazione con UNICEF, UNHCR, PNUS, OIM e il Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC); 2 progetti , con una dotazione di 3,3 milioni di euro a sostegno ai difensori dei diritti umani in situazione di rischio e alle organizzazioni della società civile dell'Afghanistan. Ulteriori progetti nei settori sopramenzionati saranno avviati nei prossimi mesi.

Il 5 febbraio 2022 l'UE ha modificato il suo regime di misure restrittive in Afghanistan (adottato con il regolamento (UE) n. 753/2011 del Consiglio del 2011 che attua le misure restrittive adottate nel quadro delle Nazioni Unite) per prevedere una deroga alle misure restrittive applicabile all'assistenza umanitaria e altre attività di sostegno al soddisfacimento dei bisogni umani fondamentali in Afghanistan, a seguito dell’analoga modifica apportata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 22 dicembre 2021 con la risoluzione 2615 (2021).

Profili di sicurezza migrazione della crisi in Afghanistan

Il Consiglio straordinario affari interni dell’UE del 31 agosto 2021 ha adottato una dichiarazione nella quale, in particolare, si afferma che l’UE:

·       coopererà con paesi terzi, in particolare con i paesi vicini e di transito, per prevenire l'immigrazione illegale dalla regione, rafforzare la capacità di gestione delle frontiere e prevenire il traffico di migranti e la tratta di esseri umani. Inoltre, nell'ambito degli sforzi globali;

·       è determinata ad agire congiuntamente agli Stati membri per prevenire il ripetersi di movimenti migratori illegali su larga scala incontrollati, preparando una risposta coordinata e ordinata. Si dovrebbero evitare incentivi all'immigrazione clandestina e l'UE dovrebbe inoltre rafforzare il sostegno ai paesi dell'immediato vicinato dell'Afghanistan per garantire che coloro che ne hanno bisogno ricevano un'adeguata protezione principalmente nella regione;

·       farà tutto il possibile per garantire che la situazione in Afghanistan non comporti nuove minacce alla sicurezza per i cittadini dell'UE;

·       è determinata a proteggere, con il sostegno di Frontex, le frontiere esterne dell'UE, a prevenire gli ingressi non autorizzati e ad assistere gli Stati membri più colpiti.

Il piano d’azione antiterrorismo per l’Afghanistan

Il Coordinatore antiterrorismo dell'UE ha presentato il 29 settembre 2021 al Comitato dei Rappresentanti permanenti, organo preparatorio del Consiglio dell’UE, un piano d’azione antiterrorismo per l’Afghanistan volto ad identificare aree nelle quali l’UE e gli Stati membri possono intervenire per tutelare la sicurezza interna dell’UE, anticipando e prevenendo eventuali attacchi e minacce terroristiche in seguito all’avvento del regime talebano in Afghanistan.

Il piano prevede 23 raccomandazioni, articolate in 4 aree:

I.                controlli di sicurezza – prevenire le infiltrazioni;

II.              intelligence/previsione strategica: impedire che l'Afghanistan diventi un rifugio sicuro per i gruppi terroristici;

III.           monitorare e contrastare la propaganda e la mobilitazione;

IV.           contrastare la criminalità organizzata come fonte di finanziamento del terrorismo.

Il piano indica che la stretta cooperazione con i partner internazionali sarà fondamentale in tutti i settori.

La carica di coordinatore antiterrorismo dell'UE - attualmente ricoperta dal finlandese Ilkka Salmi - è stata prevista dalla dichiarazione sulla lotta al terrorismo, adottata dal Consiglio europeo, a seguito degli attentati terroristici dell'11marzo 2004 a Madrid, con il compito di coordinare le attività in materia di lotta al terrorismo all'interno dell'UE.

 

Situazione nel Mediterraneo orientale e relazioni con la Turchia

Il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021 ha adottato delle conclusioni sulla situazione nel Mediterraneo orientale e sulle relazioni con la Turchia nelle quali in particolare:

·     ribadisce l'interesse strategico dell'UE ad avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia.

Si ricorda che la Turchia ha in corso, sin dal 2018, nel Mediterraneo orientale, una disputa prima con Cipro e poi con la Grecia per quanto riguarda attività di trivellazione di giacimenti di gas nelle acque territoriali nel Mediterraneo orientale di Cipro (in particolare all’interno della zona economica esclusiva a sud ovest di Cipro) e attività di esplorazione sismica nelle acque territoriali del mar Egeo, in particolare nelle acque a sud ovest dell’isola di Kastellorizo, delle quali la Turchia rivendica il controllo.

·     indica che l'UE è pronta a dialogare con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per intensificare la cooperazione in una serie di settori di interesse comune, ed a condizione che gli sforzi costruttivi della Turchia siano sostenuti e rafforzati;

·     accoglie con favore l'avvio dei lavori a livello tecnico in vista di un mandato per la modernizzazione dell'unione doganale UE-Turchia;

·     invita la Commissione a presentare senza indugio proposte formali per il proseguimento dei finanziamenti a favore dei rifugiati siriani e delle comunità di accoglienza in Turchia, Giordania, Libano;

·     ribadisce l’impegno a favore di una soluzione globale del problema di Cipro sulla base di una federazione bicomunitaria e bizonale caratterizzata dall'uguaglianza politica, in conformità delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

·     indica che lo Stato di diritto e i diritti fondamentali in Turchia continuano a costituire una preoccupazione essenziale;

·     si attende che la Turchia e tutti gli attori diano un contributo positivo alla risoluzione delle crisi regionali.

Il vertice UE- USA del 15 giugno 2021

Il 15 giugno 2021 si è svolto un vertice UE- Stati Uniti, al termine del quale i leader hanno adottato una dichiarazione congiunta con la quale è stata concordata un'agenda congiunta per la cooperazione UE-Stati Uniti.

La dichiarazione indica l’impegno di UE e Stati Uniti a intraprendere iniziative comuni per:

·     porre fine alla pandemia di COVID-19, prepararsi per le future sfide sanitarie globali e portare avanti una ripresa globale sostenibile;

In tale ambito, l'UE e gli Stati Uniti si sono impegnati a sostenere lo strumento COVAX e incoraggiare i donatori a mettere a disposizione due miliardi di dosi di vaccino in tutto il mondo entro la fine del 2021, con l’obiettivo di fornire un numero di dosi di vaccino sufficiente a vaccinare due terzi della popolazione mondiale entro la fine del 2022. È stata concordata l’istituzione di una task force COVID congiunta UE-USA sulla produzione e la catena di approvvigionamento, il cui obiettivo è potenziare la capacità di produrre vaccini e farmaci. L'UE e gli Stati Uniti si sono altresì impegnati a rafforzare la cooperazione in materia di riforma dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). I leader hanno chiesto inoltre che si compiano progressi su uno studio sulle origini della COVID-19, condotto da esperti, su convocazione dell'OMS e libero da interferenze.

·     proteggere il pianeta e favorire la crescita verde;

In tale ambito l'UE e gli Stati Uniti sono determinati a rispettare l'accordo di Parigi, e si sono impegnati a potenziare le tecnologie e le politiche che contribuiscono ad accelerare la transizione a un sistema energetico senza emissioni di CO2 negli anni 2030 e al rispetto degli impegni in materia di zero emissioni nette per il 2050 da parte dell'UE e degli Stati Uniti. UE e Stati Uniti si sono impegnati a lavorare a un'Alleanza transatlantica sulla tecnologia verde per promuovere la cooperazione in materia di sviluppo e la diffusione di tecnologie verdi e ad arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030.

·     rafforzare il commercio, gli investimenti e la cooperazione tecnologica;

In tale ambito, stata concordata l’istituzione di un Consiglio UE-USA ad alto livello per il commercio e la tecnologia (TTC). In occasione della sua prima riunione del TTC, che si è svolta il 29 settembre 2021 a Pittsburgh, è stata sottoscritta una Dichiarazione comune, mediante la quale UE e USA affermano tra l’altro che:  intendono mantenere un monitoraggio degli investimenti al fine di affrontare i rischi per la sicurezza nazionale; riconoscono l'importanza di controlli efficaci sul commercio di prodotti a duplice uso; intendono sviluppare sistemi di intelligenza artificiale innovativi e affidabili e rispettosi dei diritti umani universali e dei valori democratici condivisi; si impegnano a creare un partenariato per il riequilibrio delle catene di approvvigionamento globali dei semiconduttori e per rafforzare gli ecosistemi nazionali di semiconduttori; intendono lavorare a stretto contatto per affrontare le politiche e le pratiche commerciali sleali e tutelare i lavoratori nel contesto commerciale. L'UE e gli Sati Uniti sono, inoltre, determinati a promuovere un sistema fiscale internazionale equo, sostenibile e moderno e a cooperare per raggiungere un consenso globale in seno all'OCSE sulla questione dell'imposizione fiscale per le società multinazionali entro il 2021 (intesa poi raggiunta in sede OCSE l’8 ottobre 2021 con la previsione dell’introduzione di un’aliquota fiscale minima del 15% per le grandi aziende). Infine UE e USA hanno convenuto di cooperare per una riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in particolare sotto il profilo del corretto funzionamento della funzione negoziale e del sistema di risoluzione delle controversie dell'OMC. La prossima riunione del TTC dovrebbe svolgersi nel corso del 2022, in una data ancora da precisare.

·     costruire un mondo più democratico, pacifico e sicuro, con l’impegno a sostenere l'ordine internazionale basato su regole con al centro le Nazioni Unite, a rinvigorire e riformare le istituzioni multilaterali.

In tale ambito, l'UE e gli Stati Uniti dichiarano il loro impegno congiunto per prevenire e risolvere pacificamente i conflitti, difendere lo Stato di diritto e il diritto internazionale e promuovere i diritti umani per tutti, l'equità e la parità di genere come anche l'emancipazione delle donne e delle ragazze, il sostegno alla democrazia in tutto il mondo, anche difendendo la libertà dei media, stimolando un internet libero e aperto, promuovendo comportamenti responsabili nel ciberspazio e contrastando la disinformazione.

I leader hanno concordato di dare il buon esempio nei rispettivi paesi e di divenire partner nel vertice per la democrazia impegnandosi ad intraprendere azioni concrete per difendere i diritti umani universali, prevenire l'arretramento della democrazia e combattere la corruzione. Il vertice per la democrazia si è poi svolto in videoconferenza il 9 e 10 dicembre 2021. Tra gli Stati non invitati, in quanto non considerati democratici dal Governo americano, oltre la Cina e la Russia, l’Egitto la Turchia, Arabia Saudita, Giordania, Qatar ed Emirati Arabi Uniti anche l’Ungheria (unico Stato membro dell’UE a non esser stato invitato).

·     procedere a strette consultazioni e cooperare su tutte le questioni relative alla Cina, che includono elementi di cooperazione, concorrenza e rivalità sistemica. Intendono continuare a coordinarsi in relazione ai seguenti aspetti: le violazioni dei diritti umani in corso nello Xinjiang e in Tibet, l'erosione dell'autonomia e dei processi democratici a Hong Kong, la coercizione economica, le campagne di disinformazione e altre questioni di sicurezza regionale. UE e USA esprimono profonda preoccupazione per la situazione nel Mar cinese orientale e meridionale e dichiarano la loro opposizione a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo, sottolineando l'importanza della pace e della stabilità nello stretto di Taiwan. L'UE e gli Stati Uniti intendono inoltre coordinarsi in relazione al rispettivo dialogo con la Cina su questioni quali i cambiamenti climatici e la non proliferazione;

·     voler rimanere uniti nell’approccio di principio nei confronti della Russia., affermando di essere pronti a reagire con determinazione ai ripetuti comportamenti negativi e alle attività dannose condotte dalla Russia. È stato convenuto di avviare un dialogo UE-USA ad alto livello sulla Russia al fine di coordinare le rispettive politiche.

Dichiarazione congiunta UE-USA sui Balcani occidentali

A seguito di un incontro dell’Alto Rappresentante, Josep Borrell, con il Segretario di Stato Americano, Antony Bliken, è stata diffusa il 20 ottobre 2021 una dichiarazione congiunta nella quale l’UE e gli Stati Uniti hanno concordato di rafforzare l’impegno comune sui Balcani occidentali a sostegno dei progressi della regione nel suo percorso europeo.

La nuova strategia dell’UE per la cooperazione nell’indo-pacifico

Il Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre 2021 ha approvato delle conclusioni nelle quali si sostiene la strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica e invita il Consiglio ad assicurarne la rapida attuazione

La strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indo-pacifica (JOIN(2021)24), presentata 16 settembre 2021 dalla Commissione europea e l'Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell delinea una serie di azioni, articolate in sette settori prioritari (prosperità sostenibile e inclusiva; transizione verde; governance degli oceani; governance e partenariati digitali; connettività; sicurezza e difesa; sicurezza umana), che l’Unione intende adottare per intensificare il proprio impegno strategico nei confronti della regione indo-pacifica al fine di costruire partenariati che promuovano l'ordine internazionale basato su regole e l'accesso a mercati aperti, garantiscano un contesto commerciale stabile, affrontino le sfide mondiali e pongano le basi di una ripresa economica rapida, giusta e sostenibile che crei prosperità a lungo termine e che contribuisca ad accelerare le transizioni verde e digitale.

Tale impegno - dichiara la comunicazione congiunta - dovrebbe contribuire a rafforzare l'influenza strategica e la sicurezza dell'Europa e a garantire la resilienza delle sue catene di approvvigionamento, messe duramente alla prova con la crisi pandemica, e si fonderà sulla promozione della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e di impegni universalmente concordati come l'Agenda 2030 e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile e l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Il 15 settembre 2021, il giorno antecedente alla presentazione della Strategia, USA, Australia e Regno Unito hanno annunciato la sottoscrizione di un partenariato strategico in materia di sicurezza (denominato AUKUS, acronimo inglese delle tre nazioni firmatarie), che comporta l'acquisizione, da parte australiana, della tecnologia necessaria per dotarsi di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare, nonché la cancellazione, da parte del Governo australiano, del contratto del 2016 con la Francia per la fornitura di sottomarini.

La III Commissione Affari Esteri della Camera dei deputati, in esito dell’esame della strategia, ha approvato il 15 febbraio 2020 un documento finale (Per un approfondimento della Strategia e delle azioni fondamentali proposte, si veda il dossier pubblicato dall’Ufficio

Il Vertice Unione europea – Unione Africana del 17 e 18 febbraio 2022

Il 17 e 18 febbraio 2022 si è svolto a Bruxelles il vertice Unione europea – Unione africana, che si sarebbe dovuto svolgere ad ottobre 2020 e che è stato rimandato a causa della pandemia di Covid 19, in occasione del quale è stata approvata una nuova strategia comune UE-Africa, volta a sostituire quella del 2007.

I vertici UE- Africa si svolgono, di norma, ogni 3 anni; l’ultimo si è svolto a Abidjan (Costa d’Avorio) nel novembre 2017.

A conclusione del vertice, il cui motto è stato “Africa ed Europa: una visione comune per il 2030”, è stata approvata una dichiarazione congiunta, nella quale l’UE e l’Unione africana si impegnano alle seguenti iniziative:

Quadro rinnovato di cooperazione

·       le parti riconoscono che la sfida immediata è garantire un accesso equo ed equo ai vaccini e si impegnano a sostenere i meccanismi locali e regionali per l'approvvigionamento, nonché l'assegnazione e la distribuzione di prodotti medici. L'UE ribadisce il suo impegno a fornire almeno 450 milioni di dosi di vaccino all'Africa entro la metà del 2022, impegnandosi a mobilizzare complessivamente 425 milioni di euro per accelerare il ritmo della vaccinazione e per sostenere la formazione delle équipe mediche e la capacità di analisi e sequenziamento;

·       sostenere la piena sovranità sanitaria africana, affinché il continente risponda alle future emergenze di salute pubblica. A tal fine, si sostiene un'agenda comune per la produzione di vaccini, medicinali, prodotti diagnostici, terapeutici e sanitari in Africa, compresi gli investimenti nelle capacità di produzione, la promozione delle licenze di proprietà intellettuale, i trasferimenti di tecnologia volontari e il rafforzamento del quadro normativo per consentire un'equa accesso a vaccini, diagnosi e terapie;

·       sottolineare l'urgenza del contributo dell'OMC alla lotta contro la pandemia e alla ripresa dell'economia mondiale, impegnandosi verso un accordo su una risposta globale dell'OMC alla pandemia, che includa il commercio, nonché gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale;

·       in risposta agli effetti macroeconomici della crisi del Covid sulle economie africane, si sostiene l’approccio del G20 relativa al trattamento del debito pubblico e si chiedono ulteriori sforzi, al fine di raggiungere l’obiettivo di un sostegno di liquidità di almeno 100 miliardi di dollari ai paesi più bisognosi, di cui una parte importante dovrebbe andare a beneficio dell'Africa;

·       combattere i flussi finanziari illeciti e ad affrontare l'erosione della base imponibile nazionale, il trasferimento di profitti, rafforzando la cooperazione nella trasparenza fiscale;

·       rafforzare il sostegno alla cooperazione scientifica tra ricercatori e condividere tecnologia e competenze, anche attraverso un'agenda per l'innovazione congiunta UA-UE;

·       incoraggiare gli scambi di giovani cittadini, volontari e studenti attraverso il programma Erasmus+, sviluppando partenariati tra le università;

·       facilitare gli scambi culturali e il movimento di artisti e opere d'arte tra i due continenti, incoraggiando l'impegno per la restituzione dei beni culturali e promuovendo l'accesso e la protezione del patrimonio culturale.

Prosperità e sostenibilità

·       promuovere un pacchetto di investimenti su larga scala in Africa. In particolare l’UE si è impegnata a predisporre – nell’ambito della nuova strategia europea d’investimenti infrastrutturali globale “Global Gateway” (v. supra Scheda sessione II) - un piano di investimenti Africa-Europa da almeno 150 miliardi di euro diretto a infrastrutture, sanità e istruzione e per la cui applicazione verranno promossi il ricorso a investimenti privati e l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi;

·       il pacchetto di investimenti, sulla base delle priorità e dei bisogni dei paesi africani, è volto a promuovere investimenti pubblici e privati relativi a: 1) energia, trasporti e infrastrutture digitali; 2) transizione energetica, tenendo contro dei diversi orientamenti dei paesi africani relativi all’accesso all’elettricità; 3) la transizione verde; 4) la trasformazione digitale, che rafforzi la connettività, facilitandone l’acceso e promuovendo le capacità di impresa; 5) la crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro, e in particolare dell’imprenditorialità giovanile in Africa; 6) una rete efficiente e interconnessa di trasporti; 7) lo sviluppo umano, rafforzando la mobilità e l’occupazione di studenti, giovani laureati e lavoratori specializzati. Si prevedono, inoltre, iniziative specifiche a sostegno dei sistemi sanitari e dell’istruzione;

·       promuovere l’integrazione economica regionale e continentale con il sostegno all’area di libero scambio continentale africana e lavorare gradualmente per una progressiva integrazione dei rispettivi mercati continentali.

Pace e sicurezza

·       promuovere la cooperazione per rafforzare le operazioni di pace autonome delle forze di difesa e di sicurezza africane, attraverso il sostegno a una formazione adeguata, al rafforzamento delle capacità e alle attrezzature, anche attraverso le missioni e le misure di assistenza dell'UE;

·       sostenere le operazioni di sostegno alla pace guidate dall'Africa e le discussioni in corso sull'uso dei contributi per le operazioni autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

·       intensificare la cooperazione in materia di sicurezza, compresa la sicurezza informatica, promuovere ulteriormente lo Stato di diritto e l'attuazione delle agende Donne, pace e sicurezza, bambini e conflitti armati e Gioventù, pace e sicurezza e il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale.

Migrazione e la mobilità

·       prevenire la migrazione irregolare, rafforzare la cooperazione contro il traffico di esseri umani e la tratta di esseri umani, sostenere una gestione rafforzata delle frontiere e ottenere miglioramenti efficaci in materia di rimpatrio, riammissione e reinserimento, compresa la promozione del rimpatrio volontario e l'agevolazione del reinserimento delle persone rimpatriate;

·       approfondire la cooperazione nella ricerca di soluzioni durature per i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti vulnerabili che necessitano di protezione internazionale. Rafforzare i sistemi di asilo al fine di fornire un'adeguata accoglienza e protezione agli aventi diritto;

·       affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollamenti forzati. Nel rispetto delle esigenze nazionali, delle competenze e dei quadri giuridici, i percorsi per le opportunità di migrazione legale saranno ulteriormente sviluppati tra i due continenti e all'interno dell'Africa.

Rafforzare il multilateralismo

·       rafforzare il multilateralismo all'interno dell'ordine internazionale basato su regole, con l'ONU al centro, lavorando per posizioni più convergenti nei forum multilaterali per ridurre le disuguaglianze globali, rafforzare la solidarietà, promuovere la cooperazione internazionale, combattere e mitigare i cambiamenti climatici e migliorare la fornitura di "beni pubblici globali";

·       fornire sostegno politico per realizzare la riforma dell'OMC e per migliorarne il funzionamento e a contribuire alla riforma del sistema delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

·       la piena attuazione dell'accordo di Parigi e dei risultati delle COP, riconoscendo che la transizione energetica dell'Africa è vitale per la sua industrializzazione e per colmare il divario energetico. E si impegnano a sostenere l'organizzazione africana della COP 27 in Egitto nel 2022, nonché un ambizioso quadro globale per la biodiversità.

Situazione in Mali

Il Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, il 16 febbraio 2022, alla vigilia del Vertice UE – Unione africana, ha organizzato una cena di lavoro con alcuni leaders europei (tra i quali il Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi) e dell’Unione africana, per valutare le prospettive della regione del Sahel, con particolare riferimento alla situazione in Mali (che non partecipa al vertice in quanto la sua partecipazione all’Unione africana è stata sospesa).

A seguito di tale riunione informarle, il 17 febbraio 2022 la Francia ha annunciato la decisione di avviare progressivamente nei prossimi sei mesi il ritiro della missione militare multilaterale a conduzione francese in Mali Barkane e della Taskforce Takuba, (missione distinta dalle due missioni in ambito PSDC dell’UE. V. infra) presente nel paese a partire dal 2013. In una dichiarazione congiunta, sottoscritta anche dall’Italia, si afferma che la Francia e i suoi partner continueranno la loro azione congiunta contro il terrorismo nella regione del Sahel, incluso in Niger e nel Golfo di Guinea e delineeranno una nuova strategia per la regione entro giugno 2022.

La Task Force Takuba, alla quale partecipa anche l’Italia, è operativa dal marzo 2020. La Task Force opera sotto il comando francese dell’operazione Barkhane che ha il mandato di fornire assistenza e supporto alle forze armate del Mali, in coordinamento con i paesi del G5 Sahel e con la missione EUTM Mali e MINUSMA, rispettivamente condotte dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite. L’Italia partecipare alla Taskforce Takuba con circa 200 militari e 4 velivoli.

Si ricorda che il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021 ha adottato delle conclusioni nelle quali con riferimento alla situazione in Mali ha:

·       ribadito l'invito alle autorità di transizione maliane a dare piena attuazione alla Carta di transizione;

·       affermato che l'UE e i suoi Stati membri continueranno a sostenere la stabilizzazione dei paesi del G5 Sahel, in particolare la forza congiunta del G5 Sahel, mediante la prosecuzione delle missioni PSDC dell'UE e del dialogo con la task force Takuba;

·        ribadito il sostegno dell'UE agli sforzi profusi dai paesi del G5 Sahel per rafforzare la governance, lo Stato di diritto e la prestazione di servizi pubblici nei rispettivi territori.

Il 13 dicembre 2021 il Consiglio ha istituito un quadro autonomo di sanzioni nei confronti delle persone responsabili di minacciare la pace, la sicurezza o la stabilità del Mali, o di ostacolare l'attuazione della sua transizione politica.

L'8 gennaio 2022 le autorità di transizione del Mali hanno presentato alla Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (Economic Community of West African States – ECOWAS) un nuovo calendario che prevede lo svolgimento di elezioni presidenziali a fine dicembre 2025, fissando così la durata della transizione a un totale di cinque anni e mezzo, contrariamente all'accordo raggiunto con l'ECOWAS il 15 settembre 2020 e all'impegno assunto nella Carta di transizione. Di conseguenza, il 9 gennaio 2022 l'ECOWAS ha deciso di imporre ulteriori sanzioni economiche.

Il Consiglio dell’UE ha approvato il 4 febbraio 2022 delle sanzioni contro coloro che ostacolano la transizione politica in Mali. Tali sanzioni mirate ("misure restrittive", secondo la terminologia dell'UE) consistono in divieti di viaggio e congelamento dei beni di 5 soldati vicini al colonnello Assimi Goïta al potere o membri del M5-RFP, ovvero Malick Diaw, Ismaël Wagué, Choguel Maïga, Ibrahim Ikassa Maïga e Adama Ben Diarra, noto con lo pseudonimo di 'Ben Le Cervau'.

Missioni PSDC dell’UE in Mali

L’UE è presente in Mali con due missioni in ambito PSDC, la missione militare EUTM Mali, istituita a partire dal 2013 e con un mandato rinnovato fino al maggio 2024 - e la missione civile EUCAP Sahel Mali -  istituita nel 2015 con un mandato rinnovato fino al dicembre 2023 -.

L’Alto Rappresentante Borrell, il 16 febbraio 2022, ha indicato che al momento l’UE intende mantenere la presenza delle sue missioni in Mali.

La missione EUTM Mali ha il mandato di supportare l'addestramento e la riorganizzazione delle forze armate del Mali al fine di consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale, la riduzione della minaccia rappresentata dai gruppi terroristici e per fornire assistenza militare alla forza congiunta del G5 Sahel e alle forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel. La direzione militare della missione è esercitata dalla Francia. La missione conta circa 1.000 unità. Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 12 militari.

Alla missione EUTM Mali partecipano 22 Stati membri dell’UE (Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Ungheria) e 3 Stati non membri dell’UE (Georgia, Moldova, Montenegro).

La missione civile Eucap Sahel Mali ha il mandato di supportare il Mali nell’assicurare l’ordine democratico e costituzionale e la realizzazione delle condizioni per una pace duratura, oltre al mantenimento dell’autorità statale nel paese. La missione fornisce consiglio strategico ed addestramento per le tre forze di sicurezza del Mali, cioè la Polizia, la Gendarmerie e la Guardia Nazionale, coordinandosi coi partner internazionali. Attualmente la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 16 militari.

Alla missione civile Eucap Sahel Mali, partecipano oltre all’Italia, 15 Stati membri dell’UE e 3 stati non membri dell’UE.

Sostegno dell’UE alla regione del Sahel

Nel 2015 il Consiglio dell’UE ha adottato il piano d'azione regionale per i paesi del Sahel 2015-2020 (Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Camerun Sudan, Etiopia ed Eritrea) che si concentra su quattro settori di particolare importanza per la stabilizzazione della regione, in particolare:

·       la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione;

·       la creazione di condizioni adeguate per i giovani;

·       la migrazione, la mobilità e la gestione delle frontiere;

·       la lotta al traffico illecito e alla criminalità organizzata transnazionale.

Si ricorda che il 21 giugno 2021 il Consiglio dell’UE ha nominato la deputata italiana Emanuela Del Re, già viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, come rappresentante speciale dell’UE nel Sahel con un mandato dal 1º luglio 2021 al 30 agosto 2022.

Il mandato del Rappresentante speciale dell’UE per il Sahel si basa sugli obiettivi politici della strategia integrata dell'UE nel Sahel per contribuire attivamente e in via prioritaria agli sforzi regionali e internazionali volti a conseguire pace, sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile duraturi nella regione. Il Rappresentante speciale mira inoltre a migliorare la qualità, l'impatto e la visibilità dell'impegno multiforme dell'UE nel Sahel, contribuendo allo sviluppo e all'attuazione di tutti gli sforzi dell'UE nella regione in modo integrato, anche nei settori politico, della sicurezza e dello sviluppo.

Nell’ambito delle iniziative a sostegno della lotta al terrorismo nel continente africano l'UE ha stanziato, a partire dal giugno 2017, circa 253,6 milioni di euro per sostenere la forza congiunta G5 Sahel al fine di migliorare la sicurezza nella regione.

La forza congiunta G5 Sahel è un‘iniziativa militare congiunta, operativa a partire dal luglio 2017, a cui prendono parte Mali, Niger, Ciad, Mauritania e Burkina Faso per favorire la stabilità e la sicurezza nella regione del Sahel. I compiti della forza militare congiunta sono quelli di lottare contro il terrorismo ed il crimine internazionale, di facilitare le operazioni umanitarie e di sviluppo ed il rafforzamento dell’autorità statale: nelle sue attività deve tenere conto della presenza dei soldati francesi dell’operazione Barkhanè, impegnati a lottare contro i jihadisti e dell’operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite, la Minusma.

Nel contesto delle iniziative per il processo di stabilizzazione del Sahel, è previsto il rafforzamento del contributo dell’Italia nell’ambito della collaborazione con il G5 Sahel attraverso un ampliamento del mandato addestrativo della missione di formazione militare in Niger e il proseguimento dell’attività di formazione svolta dall’Italia attraverso la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza in favore delle forze di polizia dei paesi della regione.

 


 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione IV: “L’azione dell’Unione a sostegno sella sovranità e integrità territoriali dell’Ucraina


 


 

Crisi ucraina: l’intervento dell’UE

L’Unione europea è intervenuta a più riprese, sin dal marzo 2014 (crisi della Crimea), a fronte del deterioramento della situazione in Ucraina, attraverso quattro principali canali:

1)    l’adozione di dichiarazioni con cui il Consiglio europeo e il Consiglio dell’UE hanno espresso la posizione politica dell’UE in merito alla situazione del Paese;

2)    l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche e giuridiche specificamente individuate, e di sanzioni economiche (anche nei confronti della Russia):

3)    il rafforzamento dell’assistenza finanziaria all’Ucraina e la soppressione temporanea delle barriere tariffarie in attesa dell’entrata in vigore dell’area di libero scambio tra UE ed Ucraina, poi avvenuta il 1° gennaio 2016;

4)    l’istituzione di una missione civile nell’ambito della Politica di sicurezza e di difesa comune dell’UE (PESC/PSDC).

Il Consiglio dell’UE ha avviato nel 2014 una missione civile in Ucraina (EUAM Ucraina), con l’obiettivo di sostenere l'Ucraina nello sviluppo di servizi di sicurezza sostenibili, responsabili ed efficienti che rafforzino lo Stato di diritto. La decisione (PESC) 2021/813 del Consiglio ha prorogato la missione fino al 31 maggio 2024 con un bilancio di 88,5 milioni di euro nel periodo dal 1° giugno 2021 al 31 maggio 2024. La missione fornisce consulenza strategica alle autorità ucraine e le sostiene attraverso attività operative, formazione inclusa. La missione ha cinque priorità: 1) gestione delle risorse umane, 2) indagine penale, 3) ordine pubblico, 4) polizia di prossimità e 5) questioni trasversali: diritti umani e genere, lotta alla corruzione e buon governo.

In sede di Comitato Politico e di sicurezza, organo preparatorio del Consiglio per le questioni di politica estera e di sicurezza, è in discussione la possibilità di istituire un’ulteriore missione militare di formazione militare (EUTM) per le forze militari ucraine.

Conclusioni del Consiglio europeo del 16 dicembre 2021

Il Consiglio europeo nelle conclusioni adattate il 16 dicembre 2021 con particolare riferimento alla situazione in Ucraina ha:

·       evidenziato l'urgente necessità che la Russia allenti le tensioni causate dall'incremento di forze militari lungo il confine con l'Ucraina e da una retorica aggressiva;

·       ribadito il suo pieno sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina. Qualsiasi ulteriore aggressione militare contro l'Ucraina avrà gravissime conseguenze e un costo pesante in risposta, comprese misure restrittive coordinate con i partner;

·       incoraggiato gli sforzi diplomatici e sostiene il formato Normandia nel conseguimento della piena attuazione degli accordi di Minsk.

Gli accordi di Minsk del settembre 2014, volti a porre fine al conflitto nell’Ucraina orientale, prevedono, in particolare: il cessate il fuoco bilaterale; forme di decentralizzazione del potere in Ucraina; il monitoraggio della frontiera russo-ucraina e la loro verifica da parte dell'OSCE; il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e di tutte le persone detenute illegalmente; la rimozione di gruppi illegali armati, attrezzature militari, così come combattenti e mercenari provenienti dalla Russia; la rimozione di tutte le armi pesanti 15 km dietro la linea di contatto, per creare una zona smilitarizzata di 30 km, il ritiro di tutti i mercenari stranieri dalla zona di conflitto.

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2021

Il Parlamento europeo ha adottato il 16 dicembre 2021 una risoluzione sulla situazione al confine ucraino e nei territori dell'Ucraina occupati dalla Russia nella quale in particolare:

·       appoggia l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina e ribadisce il suo fermo sostegno alla politica dell'UE di non riconoscimento dell'annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli;

·       condanna il coinvolgimento diretto e indiretto della Russia nel conflitto armato nell'Ucraina orientale, il potenziamento delle forze militari russe lungo i confini con l'Ucraina, chiede che la Federazione russa ritiri immediatamente e integralmente le sue forze militari, ponga fine alla sua minaccia contro l'integrità territoriale dell'Ucraina;

·       evidenzia che il potenziamento di forze militari russe fa parte di una più ampia strategia, che comprende anche elementi di guerra ibrida, attuata dalla Russia contro l'Unione europea e i suoi partner;

·       sottolinea che l'Unione europea deve essere pronta a inviare alla Federazione russa un forte avvertimento, che le ostilità militari saranno inaccettabili, e avranno un costo economico e politico elevato;

·       esorta l’Alto rappresentante a garantire che il Consiglio dell’UE sia disposto a concordare rapidamente l'adozione di severe sanzioni economiche e finanziarie in stretto coordinamento con gli Stati Uniti, la NATO e altri partner, al fine di far fronte alle minacce immediate e credibili rappresentate dalla Russia, anziché attendere che si verifichi un'altra invasione prima di intervenire;

·       chiede che l'UE adotti una serie di misure per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia dalla Russia ed esorta a garantire che il gasdotto Nord Stream 2 non diventi operativo;

·       invita la Commissione e il Consiglio a intensificare gli sforzi per limitare gli investimenti strategici della Russia all'interno dell'UE a fini di sovversione, compromissione delle istituzioni e dei processi democratici e diffusione della corruzione, nonché a garantire una maggiore trasparenza, in particolare per quanto riguarda i fondi depositati o spesi nell'UE da cittadini russi.

 

Conclusioni del Consiglio dell’UE del 24 gennaio 2022 sulla situazione della sicurezza europea

Il Consiglio dell’UE ha adottato, il 24 gennaio 2022, delle conclusioni sulla situazione della sicurezza europea, affermando che la sicurezza europea è indivisibile e che qualsiasi sfida all'assetto di sicurezza europeo incide sulla sicurezza dell'UE e dei suoi Stati membri.

Con particolare riferimento alle minacce della Russia nei confronti dell’Ucraina nelle conclusioni il Consiglio

·       condanna le continue azioni aggressive e le minacce della Russia nei confronti dell'Ucraina, e invita la Russia ad allentare le tensioni, a rispettare il diritto internazionale e ad avviare un dialogo costruttivo attraverso i meccanismi internazionali consolidati;

·       ribadisce che qualsiasi ulteriore aggressione militare della Russia contro l'Ucraina avrà gravissime conseguenze e un costo pesante;

·       conferma il suo fermo sostegno all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina e degli altri partner del vicinato orientale e invita la Russia a impegnarsi nuovamente in modo costruttivo, nell'ambito dei quadri internazionali esistenti, per la risoluzione sostenibile e pacifica dei conflitti;

·       ribadisce l'approccio unito dell'UE nonché la forte cooperazione e il forte coordinamento in corso con gli Stati Uniti, la NATO, l'Ucraina e gli altri paesi partner. Ribadisce altresì l'importanza di rafforzare ulteriormente la resilienza e le capacità di risposta dell'UE e dei suoi partner stretti, anche nella lotta contro gli attacchi informatici e ibridi, la manipolazione delle informazioni e le ingerenze straniere.

Ultimi sviluppi

L’Alto Rappresentante, Josep Borrell, in una dichiarazione del 12 febbraio 2022 ha riaffermato il continuo sostegno dell’UE all'integrità territoriale e alla sovranità dell'Ucraina e agli sforzi diplomatici verso la riduzione dell'escalation, ricordando che qualsiasi ulteriore aggressione militare contro l'Ucraina avrà in risposta enormi conseguenze e seri costi.

Nella dichiarazione si indica, altresì, che la missione dell’UE a Kiev rimane operativa.

Al momento risulterebbe che tutto il personale non essenziale è stato invitato a lasciare il paese e sarebbero presenti presso la rappresentanza dell’UE a Kiev circa una mezza dozzina di dipendenti, tra cui l'ambasciatore Matti Maasikas.

Nel corso di un dibattito sulla crisi in Ucraina svoltosi il 16 febbraio 2022 al Parlamento europeo, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ricordato che l’UE dispone di tre strumenti per affrontare la crisi attuale: 1) quello diplomatico, sulla base del dialogo al fine della descalation della crisi da parte della Russia, sulla base di fronte unitario con gli altri partner internazionali; 2) la predisposizione di una quadro di sanzioni e misure restrittive in caso di aggressione militare da parte della Russia, per le quali ha comunque messo in guardia sul fatto che avranno comunque un impatto anche per gli Stati membri dell’UE; 3) il sostegno politico, economico e finanziario all’Ucraina e al suo popolo, per il quale ha evocato la possibilità di andare anche oltre l’assistenza macrofinanziaria di emergenza di 1,2 miliardi di euro già prevista dall’UE a favore dell’Ucraina, convocando una apposita conferenza dei donatori.

La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha affermato che la Commissione ha già definito un pacchetto di eventuali sanzioni nei confronti della Russia di grande impatto e che consisteranno tra l’altro in un blocco di fornitura alla Russia di prodotti ad alta tecnologia. La Presidente della Commissione europea ha, inoltre, affermato che la Commissione ha proceduto ad aumentare la fornitura di gas liquido da parte di paesi terzi, in caso la Russia dovesse tagliare la fornitura di gas al mercato europeo, fornendo rassicurazione sulla capacitò dell’UE di mantenere un’offerta di gas sufficiente per il periodo invernale. La Presidente ha però indicato che l’attuale situazione conferma l’urgenza per l’UE di diversificare le proprie fonti energetiche.

Si ricorda che il 15 febbraio 2022, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’UE ha concordato con Stati Uniti, Giappone, Qatar, Egitto, Azerbaigian, Nigeria e Corea del Sud sull'aumento delle consegne di gas e gas naturale liquefatto (GNL) tramite spedizioni aggiuntive.

L’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha evidenziato in particolare come l’attuale situazione di crisi abbia comunque prodotto una unità di posizioni nell’UE mai vista prima, nei confronti di una crisi che costituisce una minaccia nei confronti dell’architettura di sicurezza europea.

 

Sempre il 16 febbraio 2022, la Conferenza dei Presidenti del PE (composta dal Presidente del PE e dai Presidenti dei gruppi politici ha adottato una dichiarazione sull’Ucraina nella quale in particolare:

·       si esprime fermo sostegno per l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina nel rispetto dei confini internazionalmente riconosciuti e il convincimento che la scelta delle alleanze di qualsiasi Paese non debba essere soggetti all'approvazione di un paese terzo;

·       si sostengono gli sforzi diplomatici dei leader europei per disinnescare le tensioni e si esorta la Russia a contribuire all'immediata riduzione dell'escalation;

·       si afferma la determinazione ad una risposta ferma se la Russia dovesse continuare a non rispettare gli impegni e obblighi internazionali e lanciare un attacco contro l'Ucraina, invitando il Consiglio dell'Unione europea a rimanere pronto ad adottare rapidamente misure economiche e severe sanzioni finanziarie contro la Federazione Russa in stretto coordinamento con i partner internazionali. Tali sanzioni dovrebbero includere l'esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionale SWIFT, sanzioni individuali nei confronti di persone vicine al presidente russo e alle loro famiglie, che comportano il congelamento dei beni finanziari e fisici nell'UE e divieti di viaggio. Si ribadisce, inoltre, l’appello per una sospensione immediata del progetto Nordstream 2 se la Russia dovesse lanciare un attacco contro l'Ucraina;

·       si invitano le istituzioni dell’UE a mantenere una prospettiva credibile a lungo termine per l'adesione dell'Ucraina all'UE e ad adoperarsi per un'accelerazione meritocratica della sua graduale integrazione nel Mercato unico dell'UE.

Il 17 febbraio 2022, a margine del vertice UE-Unione africana, si è svolta una breve riunione informale Consiglio europeo dedicata agli ultimi sviluppi della crisi tra l’Ucraina e la Russia. Al termine della riunione informale, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilasciato una dichiarazione nella quale ha indicato che la riunione è stata l'occasione per esprimere la fortissima unità dell’UE, insieme agli Stati membri e insieme alla NATO, il pieno sostegno all'Ucraina e la determinazione dell’UE a difendere i suoi valori. Michel ha indicato che la riunione è stata anche l'occasione invitare ad usare tutti gli strumenti diplomatici, tutti i formati diplomatici per sollecitate la Russia a ridurre l'escalation, ribadendo la necessità di effetti tangibili e visibili sul terreno.

 

Assistenza finanziaria dell’UE all’Ucraina

A partire dal marzo 2014 l’UE ha promosso lo stanziamento di misure di assistenza tecnica e finanziaria per circa 17 miliardi di euro e che prevede tra gli altri:

·       stanziamenti per assistenza macrofinanziaria;

·       la previsione di aiuti per circa 8 miliardi di euro erogati dalla Banca europea per gli investimenti e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo;

·       circa 900 milioni di euro in prestiti dell’UE per iniziative e programmi specifici;

·       la creazione di una piattaforma di coordinamento dei donatori;

·       l’organizzazione di una task force ad alto livello sugli investimenti;

·       la modernizzazione del sistema ucraino di transito del gas e lavoro sui flussi inversi, specialmente attraverso la Slovacchia;

·       assistenza tecnica in una serie di settori come la riforma costituzionale e giudiziaria o la preparazione delle elezioni.

Il 14 settembre 2018 l’UE e l’Ucraina hanno firmato un memorandum di intesa volto a fornire all’Ucraina assistenza macro finanziaria che attualmente ammonta a circa 1,2 miliardi di euro in prestiti a medio e lungo termine.

Il 1° febbraio 2022, come annunciato dalla Presidente della Commissione europea il 24 gennaio scorso, la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione volta a erogare un ulteriore stanziamento a favore dell’Ucraina per circa 1,2 miliardo di euro, a titolo di assistenza macrofinanziaria, volto ad aiutare l'Ucraina ora a far fronte alle sue esigenze di finanziamento dovute ad un eventuale conflitto con la Russia. La Presidente della Commissione, ha auspicato che la proposta di decisione possa essere adottata velocemente dal Consiglio e dal Parlamento europeo, al fine di consentire l’immediata erogazione alle autorità ucraine di una prima tranche di aiuti per 600 milioni di euro.

La proposta di decisione è già stata approvata dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2022 e dovrebbe essere adottata definitivamente dal Consiglio dell’UE i prossimi giorni.

La Presidente ha, inoltre, annunciato che nel 2022 la Commissione intende raddoppiare la sua assistenza bilaterale all'Ucraina in sovvenzioni: con uno stanziamento di ulteriori 120 milioni di euro.

Infine, la Presidente ha indicato che nel medio e lungo termine la Commissione intende promuovere un piano di investimenti per l’Ucraina, volto a mobilizzare investimenti per oltre 6 miliardi di euro.

 

Le relazioni tra l’UE e la Russia

Si ricorda che la Commissione europea e l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE hanno presentato, il 16 giugno 2021, una comunicazione congiunta intitolata “Le Relazioni UE- Russia – respingere, contenere e impegnare” (JOIN (2021) 20) nella quale si indica che le scelte politiche e le azioni aggressive della Russia degli ultimi anni hanno creato una spirale negativa e che l’UE deve prepararsi ad uno scenario di un ulteriore peggioramento delle sue relazioni con la Russia, esplorando percorsi che possano contribuire a orientare gradualmente le attuali dinamiche verso una relazione più stabile e prevedibile, sulla base della dimostrazione da parte del Governo russo di un impegno politico più costruttivo.

La comunicazione articola le possibili iniziative dell’UE nei confronti della Russia in tre pilastri: contrasto alle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani; contenimento delle attività russe di minaccia ibrida e di disinformazione; dialogo selettivo su possibili ambiti di interesse comune. Con particolare riferimento alla situazione in Ucraina, si propone di: denunciare le continue violazioni del diritto internazionale da parte della Russia; riaffermare il sostegno dell’UE all'Ucraina e alla sua integrità territoriale, sovranità e indipendenza, invitando la Russia ad assumersi le proprie responsabilità come parte in conflitto e ad attuare pienamente gli accordi di Minsk.

L’approccio proposto dalla Commissione e dall’Alto Rappresentante è stato poi avallato dal Consiglio europeo, che nella riunione del 24 e 25 giugno 2021 ha adottato delle conclusioni nelle quali in particolare:

·       invita ad attuare i cinque principi guida dell’UE nei confronti della Russia e si aspetta che la leadership russa si mostri più costruttiva nel dialogo e ponga fine alle azioni contro l'UE, i suoi Stati membri e paesi terzi;

I cinque principi guida dell’UE sono: 1) piena attuazione degli accordi di Minsk; 2) rafforzare le relazioni con i partner orientali dell'UE e i paesi dell'Asia centrale; 3) rafforzare la resilienza dell'UE alle minacce russe, incluse le minacce ibride; 4) impegnarsi in modo selettivo con la Russia su questioni di politica estera; sostenere la società civile russa.

·       invita la Russia a garantire l'attuazione integrale degli accordi di Minsk;

·       sottolinea la necessità di una risposta dell'UE a qualsiasi attività illegale e destabilizzante della Russia, avvalendosi di tutti gli strumenti a disposizione dell'UE, comprese ulteriori misure restrittive;

·       rimarca la necessità di approfondire la cooperazione con i partner orientali al fine di aumentarne la resilienza;

·       ribadisce l'apertura a un dialogo selettivo dell'UE con la Russia su temi quali il clima, l'ambiente e la salute, e su questioni specifiche di politica estera quali l’accordo sul nucleare iraniano, la Siria e la Libia;

·       condanna le limitazioni alle libertà fondamentali in Russia e sottolinea la necessità di un costante sostegno dell'UE alla società civile russa, alle organizzazioni per i diritti umani e ai media indipendenti.

Misure restrittive dell’UE nei confronti della Russia

L’UE ha deciso, a partire dal marzo 2014, l’introduzione di misure restrittive per la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Le sanzioni e misure restrittive dell’UE nei confronti della Russia vengono di norma prorogate ogni 6 o 12 mesi dal Consiglio dell’UE che delibera all’unanimità.

Le misure restrittive in vigore riguardano:

·       blocco dei beni e divieto di viaggio nei confronti di 185 persone e 48 entità giuridiche, per azioni volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (scadenza 15 marzo 2022);

·       congelamento di beni per persone responsabili dell'appropriazione indebita di fondi statali ucraini (scadenza 6 marzo 2022);

·       sanzioni economiche riguardanti gli scambi con la Russia in settori economici specifici. Tali misure restrittive: limitano l'accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell'UE da parte di talune banche e società russe; impongono il divieto di esportazione e di importazione per quanto riguarda il commercio di armi; stabiliscono il divieto di esportazione dei beni a duplice uso per scopi militari in Russia; limitano l'accesso russo a determinati servizi e tecnologie sensibili che possono essere utilizzati per la produzione e la prospezione del petrolio (scadenza 31 luglio 2022);

·       misure restrittive in risposta all'annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli. Tali misure comprendono: il divieto di importazione di beni provenienti dalla Crimea e da Sebastopoli; restrizioni sugli scambi e gli investimenti relativi a taluni settori economici e progetti infrastrutturali; il divieto di prestazione di servizi turistici in Crimea o a Sebastopoli; il divieto di esportazione di taluni beni e tecnologie (scadenza 23 giugno 2022).

Il 13 dicembre 2021, il Consiglio dell’UE ha adottato delle misure restrittive (Congelamento dei beni e divieto di viaggio nell’UE) nei confronti del gruppo Wagner, un'entità militare privata priva di personalità giuridica con sede in Russia. Le misure restrittive riguardano il gruppo Wagner e otto individui e tre entità ad esso collegate coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani, comprese torture ed esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, o in attività destabilizzanti in alcuni dei paesi in cui operano, tra cui Libia, Siria, Ucraina (Donbass) e Repubblica Centrafricana.

In occasione del Consiglio affari esteri del 24 gennaio 2022, l’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha confermato l’accelerazione nei lavori per la preparazione di un pacchetto di misure di risposta dell’UE in caso di un eventuale intervento militare della Russia in Ucraina, indicando però che ogni eventuale proposta concreta sarà presentata solo in reazione ad eventi sul campo (Borrell avrebbe indicato che se ci sarà unanimità in sede di Consiglio, le eventuali misure potrebbero essere comunque adottate in una settimana)  ed in caso in cui gli sforzi diplomatici dovessero fallire. L’Alto Rappresentante ha altresì indicato l’esigenza di evitare iniziative affrettate che possano accentuare la tensione in Ucraina, indicando in tal senso l’intenzione di non far rientrare, al momento il personale della Delegazione dell’UE in Ucraina, a differenza di quanto annunciato da Stati Uniti e Regno Unito. In sede di discussione nel Consiglio, una maggioranza di Stati membri avrebbe espresso accordo per la proposta (avanzata dall’Ungheria) di prevedere un meccanismo di compensazione in caso di ineguale impatto sugli Stati membri delle eventuali misure restrittive o sanzioni nei confronti della Russia.

Il 4 Febbraio 2022, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una intervista pubblicata sul quotidiano francese Les Échos e quello tedesco Handelsblatt, ha dichiarato che la Commissione ha già predisposto un pacchetto solido e completo di sanzioni – che dovranno essere approvate all’unanimità - che va dalla chiusura dell'accesso ai capitali stranieri ai controlli sulle esportazioni di beni critici, componenti high-tech che la Russia non può sostituire, ad esempio nel campo dell'intelligenza artificiale e delle armi, computer quantistici, laser e spazio.

Per ulteriori dettagli sulle misure restrittive si rinvia al link del Consiglio dell’UE.

La questione energetica

L’Ucraina ha un’importanza strategica per l’Europa anche in relazione alla questione energetica, e in particolare per la fornitura di gas naturale. Dall’Ucraina passa infatti oltre il 37% del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente (dati ISPI del 2021), una percentuale che negli ultimi anni si è ridotta, di pari passo con la realizzazione di nuovi gasdotti che hanno permesso l’apertura di rotte alternative, ma che ad oggi non consente ai Paesi europei di prescindere dalle forniture in arrivo dall’Ucraina.

L’Italia dipende dalla Russia per il 40% delle proprie importazioni di gas naturale.

In particolare, si ricorda il progetto per la realizzazione del gasdotto Nord Stream 2 - completato ma la cui operatività è al momento bloccata dalla mancata certificazione da parte del Governo tedesco - che portando il gas direttamente in Germania attraverso il Baltico è volto a diversificare le rotte di approvvigionamento. Il Cancelleriere tedesco, Olaf Scholz e il Ministro per gli affari esteri, Annalena Baerbock, hanno indicato che in caso di una aggressione della Russia in Ucraina non è escluso che l’operatività del gasdotto Nord Stream 2 possa essere sospesa, come anche richiesto dall’amministrazione USA.

 

Il prezzo del gas è quasi quintuplicato nell’ultimo anno e secondo l’FMI i prezzi saliranno ancora del 58% nel 2022. Anche senza un taglio del gas russo, l'Europa spenderà circa 1000 miliardi di dollari per l'energia quest'anno, il doppio del 2019.

 

 


 

Allegato: La crisi in Ucraina: contesto e recenti sviluppi (a cura del Servizio Studi della Camera)

L’escalation della crisi (novembre 2021)

Il 13 novembre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky annunciava (dopo che già nei precedenti mesi di marzo e aprile si erano registrati notevoli concentrazioni di truppe russe al confine ucraino, poi solo parzialmente ritirate) che la Russia aveva nuovamente ammassato circa centomila soldati nella zona di confine. Il Ministero della difesa russo, per converso, descriveva il dispiegamento di navi da guerra statunitensi nel Mar Nero come una “minaccia alla sicurezza regionale e alla stabilità strategica”.

Kiev da parte sua intensificava gli sforzi diplomatici. Il 15 novembre il presidente Zelensky e il capo del Consiglio europeo Charles Michel discutevano la situazione della sicurezza lungo i confini dell’Ucraina. Lo stesso giorno il Ministro degli esteri ucraino Kuleba teneva colloqui sugli stessi temi a Bruxelles. Il nuovo ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, si recava a Washington, dove il 18 novembre incontrava il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Il 16 novembre, il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace visitava Kiev.

Il 15 novembre, intanto, il ministro degli Esteri tedesco ad interim Heiko Maas e l’omologo francese Jean-Yves Le Drian avevano espresso preoccupazione in un comunicato congiunto sui "movimenti delle forze russe e dell’equipaggiamento militare vicino all’Ucraina", invitando entrambe le parti a "mostrare moderazione". Il 16 novembre il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg invitava l’Occidente a inviare alla Russia un chiaro segnale chiedendo di ridurre la tensione, evitando qualsiasi escalation dentro e intorno all’Ucraina".

Il 30 novembre, Putin dichiarava che un’espansione della presenza della NATO in Ucraina, in particolare il dispiegamento di qualsiasi sistema missilistico a lungo raggio in grado di colpire città russe o sistemi di difesa missilistica simili a quelli basati in Romania e Polonia, avrebbe rappresentato un problema di “linea rossa” per la Russia.

Il 1° dicembre il segretario di Stato americano Blinken, parlando a Riga a conclusione della riunione dei Ministri degli esteri della NATO, sosteneva di avere le prove di piani russi per un’invasione dell’Ucraina, e che l’Alleanza nel suo insieme era pronta a reagire, iniziando da sanzioni economiche di un livello inedito.

Lo stesso 1° dicembre la Russia rilanciava accusando l’Ucraina di aver dispiegato la metà dei propri effettivi militari nel Donbas per affrontare i separatisti filo-russi: funzionari del Cremlino affermavano che l’Ucraina aveva violato il protocollo di Minsk.

Il 2 dicembre il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov incontrava il segretario di Stato americano Anthony Blinken, mentre il giorno successivo il ministro della difesa ucraino Oleksii Reznikov, durante un intervento in parlamento, parlava della possibilità di una escalation militare da parte della Russia alla fine di gennaio 2022. Anche il trasferimento, da parte russa, di soldati e armamenti in Bielorussia al fine di condurre esercitazioni militari congiunte a febbraio era interpretata da funzionari ucraini e americani nel senso di utilizzare la Bielorussia per un eventuale attacco all’Ucraina da nord, vista la stretta vicinanza del confine bielorusso-ucraino con la città di Kiev.

Il 7 dicembre 2021 il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e Putin dialogavano in videoconferenza. Uno degli argomenti discussi era naturalmente la crisi sull’Ucraina, con Putin che evidenziava il fatto che era la NATO che stava intraprendendo pericolosi tentativi di aumentare il suo potenziale lungo i confini della Russia. In questo contesto Putin chiedeva “garanzie giuridiche affidabili” che impedissero alla NATO di espandere il proprio territorio verso la Russia o di dispiegare i suoi sistemi d’arma d’attacco nei paesi confinanti con la Russia. Il 15 dicembre 2021 la Russia consegnava agli Stati Uniti i suoi progetti di trattati sulle garanzie di sicurezza - in base ai quali gli Stati Uniti si dovevano impegnare a non schierare truppe negli stati ex sovietici non appartenenti alla NATO, escludendo qualsiasi ulteriore espansione dell’Alleanza verso est.

Dal canto suo il Presidente USA ribadiva la minaccia di dure sanzioni in caso di attacco all’Ucraina, con un ventaglio di misure che avrebbero colpito il sistema finanziario e il settore energetico della Russia, incluso il debito sovrano e il blocco della convertibilità del rublo, nonché la possibile esclusione di Mosca dal circuito SWIFT per i trasferimenti finanziari su scala globale.

Sempre nel corso del mese di dicembre l’Amministrazione statunitense approvava un ulteriore aiuto militare di 200 milioni di dollari all’Ucraina, portando il valore totale degli aiuti alla difesa nel 2021 a 650 milioni di dollari. Le consegne di armi letali dagli Stati Uniti iniziavano il mese successivo: nello stesso tempo l’Amministrazione Biden concedeva alle nazioni baltiche il permesso di trasferire attrezzature militari di fabbricazione americana in Ucraina.

Il 23 dicembre, nel corso della sua conferenza stampa di fine anno, il presidente russo Putin asseriva che dopo le richieste di garanzie di sicurezza avanzate e formalizzare dalla Russia, toccava ora ai paesi della NATO fornire una risposta. Putin faceva anche un esplicito accenno all’Italia, che - a parere del Presidente russo - avrebbe potuto svolgere un ruolo nella normalizzazione delle relazioni tra Russia e Unione Europea e anche sulle trattative in programma tra la Russia e la NATO.

Il 30 dicembre Biden e Putin avevano un colloquio telefonico, nel quale Biden esortava Putin a ridurre l’escalation in Ucraina – giacché gli USA non avrebbero avuto alcun progetto di schierare armi offensive in Ucraina. Biden avvertiva che se la Russia avesse continuato l’aggressione contro l’Ucraina, ciò avrebbe portato a “gravi costi e conseguenze”, quali l’imposizione da parte degli Stati Uniti di ulteriori sanzioni economiche alla Russia, l’aumento della presenza militare statunitense nei membri orientali della NATO ed una maggiore assistenza alla stessa Ucraina. Putin, a sua volta, avrebbe risposto dicendo che l’imposizione di nuove sanzioni statunitensi contro la Russia avrebbe causato una rottura totale delle relazioni tra la Russia e l’Occidente.

 

Colloqui russo-americani a Ginevra ed iniziative di sostegno degli Stati dell’Europa occidentale a Kiev 

Il 10 gennaio 2022 si svolgevano a Ginevra colloqui bilaterali USA-Russia per discutere le preoccupazioni sulle rispettive attività militari e per affrontare le crescenti tensioni sull’Ucraina. I colloqui erano guidati dal viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov e dal vicesegretario di Stato americano Wendy Sherman, la quale opponeva un reciso diniego ad ogni ipoteca russa sulla possibilità che l’Ucraina potesse liberamente, quale Stato sovrano, decidere su un’eventuale adesione alla NATO.

La riunione di Ginevra era seguita da presso da una riunione del Consiglio NATO-Russia a Bruxelles il 12 gennaio per discutere, secondo la dichiarazione ufficiale rilasciata dalla NATO, “la situazione dentro e intorno all’Ucraina, e le implicazioni per la sicurezza europea”.

I colloqui erano giudicati infruttuosi dalla Russia. Dopo l’incontro, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg affermava che, rispetto alla potenziale adesione dell’Ucraina alla NATO, tutti gli alleati erano “uniti sul principio fondamentale che ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada” e che “la Russia non ha il diritto di veto sulla possibilità che l’Ucraina possa diventare un membro della NATO”.

Il 20 gennaio, mentre la Russia annunciava l’intenzione di organizzare importanti esercitazioni navali delle sue flotte in tutto il mondo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nella conferenza stampa in occasione del suo primo anno alla Casa Bianca, mostrava incertezze sulla risposta ad un’eventuale azione militare russa nei confronti dell’Ucraina: in particolare, destava forti reazioni a Kiev l’affermazione sulla possibilità di una risposta contenuta a un’incursione “minore” da parte delle truppe russe.

L’apparente gaffe di Biden - apparente in quanto si poteva anche leggervi un riflesso delle divisioni tra gli alleati occidentali sulla portata della reazione da fornire ad un eventuale attacco russo all’Ucraina - costringeva la diplomazia americana, ma anche in una certa misura quelle europee, a precisare che la risposta sarebbe stata comunque assai dura e condivisa tra gli alleati occidentali.

Il 21 gennaio Lavrov e l’omologo americano Antony Blinken si incontravano ancora una volta a Ginevra. Dopo l’incontro Blinken affermava che gli Stati Uniti avevano chiarito alla Russia che un’invasione sarebbe stata accolta con una risposta rapida, severa e unita da parte degli Stati Uniti e dei nostri partner e alleati.

Il 24 gennaio la NATO annunciava che avrebbe inviato ulteriori forze militari ai suoi membri orientali, a causa del deterioramento della situazione della sicurezza. Il viceministro degli esteri russo, Alexander Grushko, condannava l’annuncio della NATO, affermando che l’Alleanza atlantica stava demonizzando la Russia per giustificare l’attività militare sul fianco orientale.

Il 25 gennaio, mentre la Russia svolgeva esercitazioni delle sue truppe corazzate in Crimea, il Presidente americano precisava ulteriormente la portata delle sanzioni che avrebbero colpito Mosca, e anche personalmente lo stesso Putin, in caso di attacco all’Ucraina. Lo scenario complessivo sembrava però evidenziare i primi segnali di divergenza all’interno del campo occidentale, con le preoccupazioni dell’Europa, prima fra tutte la Germania, in relazione agli approvvigionamenti di gas russo.

Tra i principali segnali di malessere degli alleati europei si segnalavano il rifiuto di Berlino di inviare armi all’Ucraina, la decisione dell’Unione europea di non seguire l’esempio americano e di non ritirare quindi il personale non essenziale dalle ambasciate europee a Kiev, la proposta del presidente francese Macron di aprire un canale diplomatico personale con Putin. La stessa Ucraina - allarmata per il crescere delle tensioni - lanciava segnali contraddittori: da una parte il Ministro della difesa Reznikov affermava non esistere al momento una minaccia d’invasione russa, ma dall’altra le autorità di Kiev asserivano di aver smantellato un gruppo legato a Mosca che preparava attacchi armati per destabilizzare l’Ucraina.

Il 26 gennaio 2022 si svolgeva un incontro nel cosiddetto Formato Normandia tra alti funzionari russi, ucraini, tedeschi e francesi a Parigi. Il presidente ucraino Zelensky, in una conversazione telefonica con il presidente USA Biden, si diceva soddisfatto per quella prima tornata di colloqui con i russi.

Sempre il 26 gennaio si svolgeva in videoconferenza un incontro tra un’ampia delegazione governativa russa, capeggiata dallo stesso Putin, e alcuni dei maggiori gruppi industriali italiani: l’iniziativa, criticata da un’alta fonte della Commissione europea come inopportuna e inaccettabile, registrava comunque il ritiro da parte dell’ENI, nonché delle aziende partecipate dallo Stato. In particolare durante l’incontro virtuale Putin ricordava i forti legami economici tra Italia e Russia, con particolare riguardo ai prezzi di favore nelle forniture di gas praticati all’Italia grazie alla collaborazione di lunga data, nonostante quotazioni di mercato significativamente aumentate. Putin sembrava dunque adombrare il rischio di una bolletta energetica molto più pesante per le imprese italiane in caso di peggioramento significativo dei rapporti bilaterali.

Un punto nodale sembrava rappresentato dal gasdotto Nord Stream 2, di primario interesse della Germania, la cui attivazione era sollecitata da Mosca ma contrastata dagli Stati Uniti, convinti che avrebbe avuto il risultato di accrescere la dipendenza energetica europea dalla Russia. Nelle more dell’incontro virtuale tra le grandi imprese tedesche e il governo russo, analogamente a quanto avvenuto il 26 gennaio con le imprese italiane, la Ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava al Bundestag che solo in caso di invasione dell’Ucraina Berlino avrebbe appoggiato sanzioni comprendenti il blocco di Nord Stream 2.

La Russia poi, sempre in attesa di possibili spaccature nel fronte occidentale, incassava il sostegno della Cina: il Ministro degli esteri di Pechino, in una conversazione telefonica con il segretario di Stato americano Blinken, dichiarava che la sicurezza non poteva essere garantita con il rafforzamento o l’espansione dei blocchi militari - chiaro cenno al rifiuto statunitense di precludere all’Ucraina una possibile futura adesione all’Alleanza atlantica. Nella strategia russa entrava anche la Turchia, poiché Putin si diceva pronto ad accettare una mediazione del presidente Erdogan.

Il 31 gennaio veniva convocata una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere della crisi in corso. La Russia aveva cercato di bloccare la riunione, ma la richiesta veniva respinta nonostante il voto favorevole della Cina. Durante il dibattito, Stati Uniti e Russia si scambiavano accuse: l’ambasciatore statunitense all’ONU, Linda Thomas-Greenfield, accusava la Russia di “comportamento aggressivo”, suscettibile di porre una “chiara minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”. l rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, dal canto suo, accusava l’Occidente di “isterismo” e di “aumentare le tensioni” sull’Ucraina; e rincarava la dose affermando che gli Stati Uniti stavano alimentando il conflitto creando un cuneo tra Russia e Ucraina, la quale ultima, secondo Nebenzya, non stava rispettando i Protocolli di Minsk del 2014 e 2015 per porre fine al conflitto con i separatisti, mentre le nazioni occidentali erano intente a riempire l’Ucraina di armi, ancora una volta contraddicendo gli accordi di Minsk. Il rappresentante ucraino alle Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, affermava che la Russia aveva concentrato 112.000 soldati vicino ai confini dell’Ucraina e in Crimea, con 18.000 unità dispiegate in mare al largo delle coste ucraine. Il rappresentante cinese, Zhang Chun, affermava che l’incontro del Consiglio di sicurezza si era rivelato controproducente, e che era necessario porre in atto “diplomazia tranquilla, non diplomazia megafono”. Comprensibilmente durante la riunione non veniva concordata alcuna risoluzione.

 

Tensioni e negoziati

Il 1° febbraio, mentre proseguivano le schermaglie diplomatiche tra Russia e Occidente, con un’alternanza di frasi improntare a estrema durezza da un lato, e apertura alle possibilità offerte da una prosecuzione dei colloqui dall’altro; si svolgeva una conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e Vladimir Putin.

Alla posizione italiana, per la quale era necessario adoperarsi fattivamente per un allentamento delle tensioni e la ricostruzione di un clima di fiducia reciproca, pur non nascondendo la preoccupazione per la gravità della situazione e l’impossibilità per la NATO di rinunciare ai suoi principi fondamentali, il Presidente russo replicava con l’intenzione di sostenere stabili forniture di gas all’Italia - ponendo così nuovamente sul tavolo l’arma essenziale della Russia nei rapporti con l’Europa, suscettibile di spiegare l’atteggiamento finora assai prudente della Germania sulla questione ucraina. Non a caso nella stessa giornata si era recato a Mosca anche il premier ungherese Orban, con l’obiettivo essenziale di un incremento delle forniture di gas russo al paese.

Il 2 febbraio il giornale spagnolo El País sosteneva che tra le risposte fornite da Washington alle richieste russe sulle garanzie di sicurezza figurava la previsione di un impegno congiunto a non schierare in Ucraina missili offensivi basati a terra e forze permanenti per missioni di combattimento. Gli USA avrebbero altresì proposto alla Russia una riduzione reciproca bilanciata dell’arsenale missilistico in Europa.

Particolare rilievo assumeva l’approvazione formale da parte del Presidente degli Stati Uniti dell’invio di truppe supplementari nell’Europa orientale per rafforzare il fianco orientale della NATO. I Paesi interessati sarebbero stati Polonia, Germania e Romania, nei quali sarebbero stati inviati tremila dei militari facenti parte degli 8.500 già messi in stato d’allerta.

Il viceministro degli esteri russo Alexander Grushko qualificava la decisione degli Stati Uniti come distruttiva, ingiustificata, e tale da aumentare le tensioni militari e ridurre il campo per le decisioni politiche.

Il 3 febbraio il presidente turco Erdogan, nel quadro di un ambizioso tentativo di mediazione sulla nuova crisi ucraina, incontrava il presidente Zelensky a Kiev, cercando di organizzare un incontro con Putin. La posizione turca, in realtà, non era facile, in quanto, dopo le frizioni con la NATO e gli Stati Uniti per l’acquisto del sistema missilistico russo S-400, Ankara aveva irritato Mosca vendendo all’Ucraina i propri droni da combattimento. In ogni modo, Erdogan evidenziava la mancanza di una leadership chiave in Europa dopo il ritiro di Angela Merkel dal governo tedesco, nonché il ruolo negativo dei paesi occidentali - che non avrebbero fatto altro che peggiorare le cose nella crisi russo-ucraina.

Il 4 febbraio Vladimir Putin incontrava il presidente cinese Xi Jinping a Pechino, in occasione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali: a sottolineare l’importanza conferita alla figura del presidente russo va ricordato come questi fosse il primo leader straniero incontrato dal presidente cinese dall’inizio della pandemia. Come ampiamente previsto, Russia e Cina registravano numerose convergenze, a partire da un monito agli Stati Uniti e all’Occidente a porre fine all’espansione della NATO, che, secondo i due presidenti, rispondeva ad atteggiamenti ideologici da Guerra Fredda e poteva porre un pregiudizio alla sovranità e alla sicurezza degli interessi di altri paesi. Putin e il suo omologo cinese constatavano il livello senza precedenti raggiunto dalle relazioni bilaterali, per le quali non vi sarebbero state aree di cooperazione precluse, inclusa la difesa.

Il 7 febbraio, mentre la Ministra degli esteri tedesca Baerbock in missione a Kiev si vedeva annullare il previsto incontro con il presidente Zelensky - probabile ritorsione ucraina per la reticenza tedesca sulla consegna a Kiev di armi, si svolgeva a Mosca un incontro di oltre cinque ore tra il presidente francese Macron e Vladimir Putin. Al termine dell’incontro Macron asseriva esservi elementi di convergenza sulla prosecuzione del negoziato volto a scongiurare una guerra in Ucraina. Dal canto suo Vladimir Putin riconosceva come alcune delle idee presentate dal presidente francese potessero servire per ulteriori passi negoziali.

Nelle stesse ore il cancelliere tedesco Scholz arrivava alla Casa Bianca, con lo scopo principale di ribadire la saldezza della Germania nell’ambito dello schieramento occidentale. Nella conferenza stampa congiunta con Joe Biden il cancelliere Scholz ribadiva l’unità della Germania con i propri alleati nell’adottare tutte le misure necessarie in caso di attacco russo all’Ucraina, pur senza direttamente menzionare il blocco del gasdotto Nord Stream 2, come invece aveva fatto il presidente americano.

L’8 febbraio i Ministri degli esteri e della difesa Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, intervenendo presso le Commissioni riunite esteri e difesa dei due rami del Parlamento, delineavano la strategia del nostro Paese, imperniata sull’unità con gli alleati, la fermezza nei confronti di Mosca e seri sforzi diplomatici privi di ambiguità. In particolare, irrinunciabile era definita la difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina, come anche l’impossibilità di pregiudicare a quel Paese una possibile futura adesione all’Alleanza atlantica.

L’arma fondamentale russa delle forniture di gas all’Europa - osservava il ministro Di Maio - aveva il suo pendant nella forte dipendenza di Mosca dagli introiti dell’esportazione di energia verso il Vecchio Continente. L’apertura al dialogo con Mosca, proseguiva Di Maio, non avrebbe dunque precluso l’adesione dell’Italia ad eventuali sanzioni - purché “sostenibili, graduali e proporzionali” -, né tantomeno al rafforzamento dei dispositivi di deterrenza militare sul fianco orientale della NATO. Il ministro Guerini ribadiva con forza la centralità delle relazioni transatlantiche alla base della sicurezza e della pace in Europa, al di là dei tentativi russi di incunearvi elementi di divisione.

Frattanto il presidente francese Macron proseguiva la sua iniziativa diplomatica in un incontro con il presidente ucraino Zelensky, il quale ricordava all’omologo francese l’impossibilità di superare nella trattativa con Mosca alcuni paletti, primo fra tutti quello delle garanzie di sicurezza all’Ucraina. Dal canto suo Macron lodava l’atteggiamento misurato delle autorità ucraine per prevenire il panico tra la popolazione - e in tal senso Macron aveva rivolto agli Stati Uniti un invito a un abbassamento dei toni. Zelensky apprezzava comunque l’impulso francese a riprendere le trattative nell’ambito del “formato Normandia”, che per il presidente ucraino avrebbe dovuto presto tenersi a livello dei leader politici dei quattro paesi interessati. In serata, poi, Macron incontrava a Berlino il presidente polacco Duda - presidente di turno dell’OSCE - e il cancelliere Olaf Scholz.

Il 10 febbraio si segnalava un forte protagonismo del Regno Unito: ai colloqui della titolare degli esteri britannica Truss con il suo omologo a Mosca, piuttosto infruttuosi, faceva riscontro la visita del Primo Ministro Johnson al quartier generale della NATO di Bruxelles, nel corso della quale il premier britannico annunciava l’invio di truppe, aerei e navi nel fianco est dell’Alleanza, non escludendo neanche un sostegno militare del Regno Unito all’Ucraina in caso di conflitto con la Russia.

Proseguiva intanto con ritmo incessante l’intreccio di incontri e colloqui telefonici tra i principali protagonisti della scena internazionale: se il presidente francese Macron si metteva in contatto con Joe Biden, il cancelliere tedesco Scholz teneva un vertice con Estonia e Lituania. Il segretario generale della NATO Stoltenberg invitava per iscritto la Russia a nuovi negoziati nell’ambito del Consiglio NATO-Russia, mentre l’Alto rappresentante della politica estera europea Borrell rispondeva a nome di tutti i paesi dell’Unione alla richiesta di chiarimenti sulla sicurezza inoltrata dal Cremlino in gennaio. Il Ministro degli esteri Di Maio rappresentava la posizione italiana in una conversazione telefonica con l’omologo russo. Frammezzo a questa serie di incontri e colloqui emergeva come punto qualificante la questione del destino degli accordi di Minsk, rispetto alla cui attuazione piena tuttavia l’Ucraina si mostrava dubbiosa, soprattutto nei confronti dell’interpretazione russa di tale attuazione. Ugualmente incerto si mostrava il fronte europeo sul pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca, a fronte di una maggiore decisione americana e britannica, spiegabile del resto con i minori interessi in gioco da parte dei due paesi.

Il 12 febbraio, dopo una riunione straordinaria dell’Unità di crisi, il ministro degli esteri Di Maio invitava i connazionali residenti in Ucraina (circa duemila persone) a tornare in patria il più presto possibile; nel contempo si invitava chiunque avesse pianificato viaggi non essenziali verso il territorio ucraino, specialmente nelle regioni separatiste del sud-est, a posporre il viaggio. Peraltro la decisione della Farnesina non comportava la chiusura dell’ambasciata a Kiev.

A fronte di un completo stallo sul piano negoziale, il 12 febbraio gli Stati Uniti decidevano il ritiro di quasi tutti i consiglieri militari presenti in Ucraina con funzioni di addestramento delle forze locali, e ciò subito dopo un altro annuncio, quello del rafforzamento del fronte polacco con l’invio di altre tremila unità.

Diverso dal clima generale, tuttavia, l’atteggiamento dell’Ucraina, le cui autorità continuava ad invitare i cittadini alla calma e ad evitare ogni azione destabilizzante e potenzialmente apportatrice di panico. I tambureggianti avvertimenti occidentali, soprattutto da parte americana, erano secondo il presidente Zelensky uno dei maggiori fattori di panico, come anche per altro verso l’interminabile serie di falsi allarmi bomba in scuole e supermercati, chiaramente volti a far saltare la resistenza della popolazione ucraina. Le autorità di Kiev criticavano anche la decisione di molti alleati occidentali di richiamare i propri cittadini e il personale non essenziale delle ambasciate, in quanto anche queste misure contribuivano ad accrescere il panico nella popolazione e nei mercati internazionali, con grave pregiudizio per l’economia ucraina.

La giornata del 14 febbraio registrava alcune timide aperture da parte russa, soprattutto per opera del Ministro degli esteri Lavrov e del Ministro della difesa Shoigu - cui peraltro faceva riscontro una brusca puntualizzazione di Putin, che ribadiva la totale contrarietà a un’estensione della NATO all’Ucraina. Da parte americana, invece, si continuava a prevedere l’attacco russo per il 16 febbraio, dopo la constatazione di una forte accelerazione nel dispiegamento in posizione offensiva di forze russe ai confini con l’Ucraina.

Nell’incontro del cancelliere tedesco Scholz con il presidente ucraino Zelensky a Kiev emergeva del resto la difficoltà della posizione di una parte dei paesi europei, per i quali semplicemente l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non era un problema non essendo al momento in agenda - mentre Zelensky insisteva al contrario sul fatto che l’ingresso nell’Alleanza atlantica avrebbe garantito la sicurezza del suo paese.

Il 15 febbraio il ministro degli esteri Di Maio si recava a Kiev: poco prima vi era stata anche una telefonata tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente ucraino Zelensky, nella quale Draghi aveva ribadito il sostegno italiano all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina, nonché l’impegno di Roma per una soluzione durevole della crisi attraverso il mantenimento di un canale di dialogo con Mosca. La controparte ucraina apprezzava il sostegno italiano, testimoniato anche dall’aver lasciato aperta e operativa la sede diplomatica a Kiev, formulando anche un invito a Mario Draghi a recarsi di persona a Kiev. Di Maio asseriva di intravedere ancora lo spazio per una soluzione diplomatica all’interno di un quadro più ampio di sicurezza europea, pur impegnandosi a esaminare le richieste del governo ucraino e se necessario a partecipare ai meccanismi di deterrenza decisi dagli alleati della NATO e dell’Unione europea.

La stessa giornata del 15 febbraio, tuttavia, faceva registrare da parte russa segnali distensivi, quando Putin autorizzava l’inizio del ritiro delle truppe dal confine russo-ucraino, ribadendo di non avere intenzione di scatenare una guerra. Da parte americana, tuttavia, si reagiva con grande cautela, affermando che un attacco russo era ancora nell’ordine delle cose. Del resto da parte della NATO non si registravano segnali sul terreno di un’effettiva riduzione delle truppe, come rendeva noto lo stesso segretario generale Stoltenberg, che invece rilanciava chiedendo a Mosca anche il ritiro dei mezzi pesanti e dell’equipaggiamento militare. Per di più Kiev denunciava un nuovo attacco informatico ai siti del Ministero della difesa e di due banche pubbliche.

Dal punto di vista negoziale l’evento principale del 15 febbraio era l’incontro al Cremlino tra Putin e il cancelliere tedesco Scholz, durante il quale però rimaneva completamente irrisolto il braccio di ferro sull’ingresso di Kiev nella NATO. Non aiutava poi il voto della Camera bassa del Parlamento russo, la Duma, che approvava una richiesta al presidente Putin per il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel sud-est ucraino. Il voto della Duma, suscettibile di affossare definitivamente gli accordi di Minsk, suscitava proteste da parte occidentale.

Il 16 febbraio la Russia annunciava la fine delle esercitazioni militari in Crimea, dove pure il dispiegamento di truppe aveva alimentato i timori di un'invasione dell'Ucraina. Tuttavia il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, esprimeva cautela di fronte all'annuncio del ritiro delle forze russe che però, se confermato, avrebbe senz’altro costituito un segnale di distensione. Anche sul fronte bielorusso, comunque, il Ministro degli esteri di Minsk Vladimir Makei anticipava il ritorno in Russia di tutti i militari di Mosca dopo la fine delle esercitazioni bielorusse.

Frattanto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, nel corso di un dibattito in plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, ribadiva l’impegno dell’Unione a favore del popolo ucraino e delle sue scelte per lo stato di diritto e la democrazia. Charles Michel ricordava quanto previsto dal Consiglio europeo di dicembre in ordine alla crisi russo-ucraina, in particolare le previste severe conseguenze per la Russia di un attacco all’Ucraina - senza nascondere le difficoltà che una contrapposizione sanzionatoria alla Russia avrebbe creato anche per i paesi europei.

A seguito di una telefonata tra il presidente americano Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, i due leader esortavano Mosca a prendere misure concrete per disinnescare le tensioni, avvertendo che finora non era stato osservato alcun ritiro significativo delle truppe russe dal confine con l'Ucraina e ribadivano il loro impegno verso la sovranità e integrità territoriale ucraine, sottolineando l'importanza di un coordinamento transatlantico continuo sulla diplomazia e le misure di deterrenza e il rinforzo del fianco orientale della Nato.

Sempre il 16 febbraio si svolgeva presso le Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati, un incontro informale con i presidenti delle commissioni Affari esteri dell’Estonia, Marko Mihkelson, della Lituania, Laima Liucija Andrikien? e della Lettonia, Rihards Kols. I tre Presidenti esprimevano viva preoccupazione per l’accumulo di forze militari russe ai confini dell’Ucraina, per la minaccia all’integrità e all’indipendenza dell’Ucraina, per la sempre maggiore subordinazione di Minsk alla Russia. Emergeva inoltre preoccupazione per il previsto referendum bielorusso riguardante l’installazione di armi nucleari sul territorio nazionale (armi che quindi si troverebbero vicinissime alle tre repubbliche baltiche) e che già in questi giorni stava ospitando notevoli forze militari russe. I Presidenti ribadivano inoltre la necessità di una de-escalation, del contrasto alla disinformazione russa sulla presunta aggressività della NATO, dell’accoglimento dell’Ucraina nelle alleanze occidentali, del rafforzamento del Formato Normandia, del problema dell’indipendenza energetica, e in generale dell’invadenza Russa e Cinese.

Il 17 febbraio, fonti della Casa Bianca, e poi lo stesso presidente Biden, dichiaravano alla stampa che la Russia non solo non aveva ritirato truppe, ma aveva aumentato di almeno altre 7.000 unità i militari ai confini con l'Ucraina, ribadendo che la Russia avrebbe potuto lanciare in qualsiasi momento una operazione che fungesse da falso pretesto per invadere l'Ucraina.

Al termine del Consiglio informale dell’Unione europea sulla crisi ucraina a Bruxelles del 17 febbraio, il presidente del Consiglio Mario Draghi notava come non si fossero visti per il momento episodi di de-escalation sul terreno, ribadendo poi l’obiettivo, a cui l’Italia stava lavorando, di far sedere al tavolo i presidenti Putin e Zelensky. Il Presidente del Consiglio ribadiva poi la necessità di continuare a perseguire una ferma strategia di deterrenza e la necessità di mostrare l’unità della NATO difendendo i principi fondanti dell’Alleanza.

Nel frattempo l'Esercito ucraino rendeva noto che le forze separatiste appoggiate dalla Russia nell’Ucraina orientale avevano sparato colpi di mortaio contro il villaggio di Stanytsia Luhanska nella regione di Lugansk, colpendo un asilo, fortunatamente senza provocare vittime, anche se tre adulti sarebbero rimasti feriti. Da parte loro ribelli filo-russi dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk nel Donbass, affermavano di aver risposto al fuoco dell’esercito ucraino accusato di bombardare infrastrutture e palazzi residenziali a Donetsk.

Sempre il 17 febbraio si svolgeva a Mosca l’incontro tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ed il suo omologo russo Lavrov. Nella conferenza stampa seguita al colloquio il ministro Di Maio informava che con Lavrov si era discussa l’organizzazione di un incontro tra Putin e Draghi, invitato per una visita a Mosca. Il Ministro affermava poi che sia il Ministro russo Lavrov che quello Ucraino Kuleba, incontrato in precedenza, si erano dichiarati disponibili a trovare una soluzione diplomatica alla crisi, e che questa era anche la posizione dell’Italia, pronta a collaborare per raggiungere tale risultato anche evitando di varare sanzioni. Su quest’ultimo punto Lavrov dichiarava di apprezzare la posizione dell’Italia, tradizionalmente impegnata nella ricerca di soluzioni diplomatiche piuttosto che nell’uso di minacce sanzionatorie.

Il Cremlino pubblicava poi le 11 pagine di risposte inviate agli Stati Uniti con proposte per un accordo, confermando che uno dei punti centrali era il disimpegno di truppe Usa dall’Europa orientale, lamentando che le proprie linee rosse e i propri interessi strategici sarebbero stati ignorati da USA e NATO e ribadendo come la Russia fosse pronta a reagire in caso di mancanza di garanzie. Tra le richieste che il Cremlino avanzava agli USA nella sua articolata proposta c’erano anche il blocco delle forniture di armi all’Ucraina, la rinuncia di Kiev a entrare nella Nato, il non dispiegamento di armi strategiche nei territori delle ex repubbliche sovietiche e il ritiro delle truppe USA dall’Est Europa.

Ancora il 17 febbraio si riuniva il Consiglio di sicurezza dell’ONU per discutere della crisi ucraina. Il segretario di Stato USA Anthony Blinken ribadiva la proposta di ripartire dagli accordi di Minsk, condivisi anche dalla Russia, tornando poi a paventare il rischio di un attacco da parte di Mosca, realizzato anche inscenando attacchi terroristici, attacchi con droni contro civili, attacchi con armi chimiche e rivelazioni di false fosse comuni. La risposta russa all’intervento di Blinken arrivava anche per voce del viceministro degli esteri Sergei Vershinin che definiva gli «scenari militari evocati dal segretario di Stato come pericolosi e deplorevoli.

Mosca annunciava il ritiro di altre forze dalla frontiera, in particolare carri armati schierati vicino al confine ucraino, oltre a bombardieri nella Crimea annessa, mentre un treno militare che trasportava personale e attrezzature appartenenti alle unità di carri armati del distretto militare occidentale sarebbe tornato alla sua base permanente, secondo il ministero della Difesa, dopo aver completato le previste esercitazioni.

Il Senato americano approvava una risoluzione bipartisan a sostegno dell'Ucraina che condannava l'aggressione militare russa e che chiedeva al presidente Joe Biden di “imporre significativi costi” alla Russia nel caso di invasione.

Ultimi sviluppi: la Conferenza di Monaco

Il 18 febbraio si apriva inoltre la Conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco nella quale leader internazionali e alti diplomatici iniziavano tre giorni di discussioni sui temi della difesa e della sicurezza, quest’principalmente incentrati sulla crisi al confine ucraino, con incontri in diversi formati.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, intervenendo alla Conferenza di Monaco, affermava come la Russia stesse cercando di riscrivere le regole dell'ordine internazionale e che un intervento militare in Ucraina potrebbe costare alla Russia un futuro prospero, e che l'UE e la NATO sono pienamente allineate in ordine alla crisi, restando pronta l’Unione a comminare sanzioni alla Russia in caso di guerra in Ucraina, che influenzerebbero il settore energetico e l'accesso all'alta tecnologia, affermando anche che per quest’inverno l’Unione potrebbe far fronte anche a un blocco delle forniture di gas russo.

A Monaco interveniva anche la vicepresidente americana Kamala Harris ribadendo che se la Russia avesse attaccato l'Ucraina, la Nato si sarebbe rafforzata all'est dell'Europa e le eventuali reazioni non sarebbero state soltanto di natura economica, pur restando ancora aperti a una soluzione diplomatica, senza la quale ci sarebbero conseguenze saranno severe e veloci.

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, intervenendo alla conferenza, affermava come la Cina fosse per la salvaguardia delle frontiere, per la tutela della sovranità e l'indipendenza di tutti i Paesi, principi a cui l'Ucraina non faceva eccezione, ribadendo poi che anche le preoccupazioni della Russia avrebbero dovuto essere rispettate.

Il premier britannico Boris Johnson rilevava la pericolosità del momento per il mondo, riferendo anche quanto affermato negli ultimi colloqui con Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Joe Biden e Mario Draghi, ribadendo la necessità di non sottovalutare il rischio che si corre attualmente in Ucraina restando saldamente insieme nell’impegno per la sicurezza europea pronti, in caso di attacco all’Ucraina, alle sanzioni più dure possibili.

A Monaco interveniva anche l'Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell che puntava il dito contro l'aumento di violazioni del cessate il fuoco lungo la linea di contatto in Ucraina orientale negli ultimi giorni, affermando che l'Ue condannava l'uso di artiglieria pesante e il bombardamento indiscriminato di aree civili, costituenti una chiara violazione degli accordi di Minsk e delle leggi umanitarie internazionali. 

Borrell esprimeva sostegno alla proposta OSCE di convocare il Gruppo trilaterale di contatto, chiedendo che l'OSCE potesse svolgere pienamente il suo mandato senza restrizioni delle attività e nella libertà di movimento a beneficio della sicurezza del popolo dell'Ucraina orientale.  

Nel documento approvato al termine della Conferenza, i ministri degli Esteri del G7 esprimevano la loro perdurante preoccupazione per il minaccioso rafforzamento della presenza militare russa intorno all'Ucraina, la Crimea e la Bielorussia, chiedendo a Mosca di scegliere la via della diplomazia, ritirare in modo sostanziale le forze militari dai confini dell'Ucraina e rispettare pienamente gli impegni internazionali, avvertendo la Russia che qualsiasi ulteriore aggressione militare contro l'Ucraina avrebbe enormi conseguenze, comprese sanzioni finanziarie ed economiche coordinate su un'ampia gamma di obiettivi settoriali e individuali.

Il 20 febbraio, con riferimento alla sua prospettata missione del presidente del Consiglio italiano a Mosca, Palazzo Chigi rendeva noto alla stampa che la missione mirava a promuovere un confronto diretto tra il leader russo e il presidente ucraino Zelensky che il giorno precedente a Monaco aveva manifestato ufficialmente la volontà d’incontrare Vladimir Putin.

Intanto, secondo fonti russe, circa 40mila i profughi fuggiti dal Donbass giungevano nella regione russa di Rostov, mentre giungevano notizie di scontri e morti nella regione delle autoproclamate repubbliche dell’est Ucraina.

Il 20 febbraio, il ministro della Difesa bielorusso, Viktor Khrenin, illustrando l'esercitazione congiunta russo-bielorussa "Risolutezza Alleata - 2022", dichiarava che il leader bielorusso Lukashenko ed il Presidente Putin avevano deciso di proseguire le esercitazioni congiunte sulle forze di reazione rapida a causa della crescente attività militare nei pressi dei confini esterni dell'Unione statale e dell'aggravamento della situazione in Ucraina.

Nelle prime ore del 21 febbraio, il presidente Macron, annunciava che - dopo una serie di colloqui tenuti a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco - il presidente Biden avrebbe acconsentito in linea di principio a prendere parte ad un vertice sulla sicurezza per tentare di scongiurare un conflitto armato in Ucraina.

La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha spiegato che l'incontro potrebbe seguire il colloquio tra il segretario di Stato, Antony Blinken, e il ministro degli Affari esteri russi Sergej Lavrov, in programma il 24 febbraio. Psaki si è però detta scettica in merito alla possibilità di concretizzare l'incontro, ed ha ribadito che un’invasione russa dell'Ucraina appare ormai prossima: "Siamo sempre pronti per la diplomazia. Siamo anche pronti a infliggere immediate e pesanti conseguenze nel caso la Russia scegliesse la guerra”. 

 

 



[1]     Commissione europea (2021); *Questo indicatore mostra la quantità di acqua dolce prelevata dalle attività economiche rispetto al totale delle risorse di acqua dolce rinnovabili disponibili. **Progetto Armed Conflict Location and Event Data (ACLED), tipi di eventi inclusi: battaglie, esplosioni/violenza attivata a distanza, violenza contro civili. Fonte dei dati: JRC, GADM, OIM, ACLED.

[2]     L'UE è responsabile della maggior parte delle domande di brevetto a livello mondiale relative alle tecnologie di fabbricazione avanzate e all'Internet delle cose in materia di mobilità. Commissione europea (2020), Science, Research and Innovation Performance of the EU 2020 (I risultati dell'UE in materia di scienza, ricerca e innovazione 2020).

[3]     Gli Stati Uniti stanno investendo oltre un miliardo di EUR per il periodo 2019-2028 e la Cina sta costruendo un laboratorio nazionale per le scienze dell'informazione quantistica del valore di 9 miliardi di EUR. JRC (2021), Shaping and securing the EU's Open Strategic autonomy by 2040 and beyond (Definire e garantire l'autonomia strategica aperta dell'UE entro il 2040 e oltre).

[4]     Fonte: Commissione europea.

[5]     OCSE (2021), What happened to jobs at risk of automation, policy brief on the future of work.

[6]  Che riconosce all'Alto Consiglio di Stato un ruolo consultivo sulla definizione della Costituzione e della legge elettorale

[7] Si ricorda che anche Dabaiba aveva presentato la sua candidatura alle presidenziali del 24 dicembre. Anche il Presidente della Camera dei Rappresentanti, Saleh aveva avanzato la propria candidatura alle presidenziali, ma autosospendendosi dal ruolo che ricopre con l’anticipo richiesto dalle regole interne.

[8] Parallelamente le milizie provenienti da Misurata, Zintan e Zawyia si sono mosse alla volta di Tripoli.