Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la Governance nell'UE - Videoconferenza, 12 ottobre 2020 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 42 |
Data: | 08/10/2020 |
Organi della Camera: | V Bilancio, XIV Unione Europea |
XVIII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’UE
Videoconferenza, 12 ottobre 2020
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 94 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 42 |
Servizio Studi - Ufficio per le ricerche nei settori economico e finanziario
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Dossier europei n. 94
Ufficio rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it
Dossier n. 42
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Ordine del giorno
I Sessione - Nuovo partenariato: la politica monetaria riceverà ora il sostegno fiscale richiesto?
La politica monetaria dell'Unione europea
La strategia di politica monetaria della BCE
La risposta alla crisi pandemica da COVID-19
II Sessione - Il futuro delle regole fiscali europee: sono ancora costruttive?
Le regole della governance economica
Lo stato dell’arte della discussione
Gli effetti della pandemia COVID-19 e la sospensione del Patto di stabilità e crescita
III Sessione - Europa in ripresa: quali sono i prossimi passi?.
L’impatto della crisi sul piano socio-economico.
La risposta dell’Unione europea
Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility)
Ulteriori iniziative assunte dall’UE
Il Parlamento tedesco organizza, nell'ambito della dimensione parlamentare del proprio Semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell’Unione europea.
A causa delle incertezze legate alla situazione, in continua evoluzione, della pandemia da COVID-19, si è optato per la formula della videoconferenza, con un ordine del giorno articolato in tre sessioni di lavoro:
· Nuovo partenariato: la politica monetaria riceverà ora il sostegno fiscale richiesto?
· Il futuro delle regole fiscali europee: sono ancora costruttive?
· Europa in ripresa: quali sono i prossimi passi?
Si ricorda che la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione (SCEG) è stata istituita sulla base dell’art. 13 del Trattato cd. Fiscal Compact, il quale stabilisce che “il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti determinino insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell'ambito di applicazione del medesimo Trattato”.
Il regolamento della Conferenza stabilisce che:
· essa si riunisce almeno due volte l'anno, in coordinamento con il ciclo del Semestre europeo;
· è composta dalle delegazioni delle competenti commissioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'UE e del Parlamento europeo. Ciascun Parlamento determina la composizione e la dimensione della propria delegazione;
· opera sulla base del principio del consenso;
· il Parlamento della Presidenza può presentare conclusioni non vincolanti, in esito a ciascuna riunione. Nel primo semestre di ogni anno le conclusioni vengono presentate insieme al Parlamento europeo;
· il Presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell’Eurogruppo e i membri competenti della Commissione Europea e di altre istituzioni UE sono invitati alla Conferenza per definire le priorità e le strategie dell'UE nelle materie oggetto della Conferenza stessa.
Schede di lettura
Stabilità dei prezzi e sostegno alla politica economica: gli
strumenti e le limitazioni della BCE. Disciplina di bilancio e stimoli economici: strumenti e compiti della politica fiscale. Next Generation EU: avvio del completamento dell’Unione economica e monetaria attraverso una politica fiscale comune? Cosa è cambiato dopo la crisi finanziaria e del debito sovrano? Politica fiscale espansiva e politica monetaria espansiva: possono lavorare insieme nel lungo periodo?
La sessione prevede l’intervento della dr.ssa Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della BCE, e del Ministro delle finanze della Germania, Olaf Scholz.
Basi giuridiche
Basi giuridiche della politica monetaria europea sono gli articoli 119-144 (Parte terza - Titolo VIII "Politica economica e monetaria"), l'articolo 219 (relativo agli accordi in materia di regime monetario o valutario) e gli articoli 282-284 (sulla Banca centrale europea) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Inoltre, il Protocollo (n. 4) allegato al trattato di Lisbona contiene le disposizioni relative allo statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea (BCE) di cui all'articolo 129, paragrafo 2, del TFUE.
L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è quello di garantire la stabilità dei prezzi conformemente all'articolo 127, paragrafo 1, del TFUE.
Fatto salvo tale obiettivo, il SEBC sostiene la politica economica generale nell'Unione nell'ottica di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest'ultima. Il SEBC deve agire in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse (articolo 127, paragrafo 1, TFUE).
Il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) comprende la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali di tutti gli Stati membri dell'Unione europea (UE).
Il 13 ottobre 1998, il Consiglio direttivo della BCE ha adottato i principali elementi della sua strategia di politica monetaria:
· definizione quantitativa della stabilità dei prezzi. Per stabilità dei prezzi si intende un tasso d'inflazione, ossia un aumento sui dodici mesi dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per la zona euro, inferiore ma prossimo al 2% nel medio periodo;
· attribuzione di un ruolo importante alla crescita monetaria identificata da un aggregato monetario;
· valutazione di ampio respiro delle prospettive di evoluzione dei prezzi.
Per raggiungere il proprio obiettivo primario, il mantenimento della stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo della BCE basa le sue decisioni su una strategia di politica monetaria a due pilastri (i cui rispettivi ruoli sono stati definiti durante la revisione della strategia dell'8 maggio 2003). All'inizio del suo mandato, la Presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha annunciato che la strategia di politica monetaria della BCE sarà riesaminata.
Pilastro 1: analisi economica.
L'analisi economica valuta i fattori determinanti dell'evoluzione dei prezzi nel breve e nel medio periodo e tiene conto del fatto che in tale arco temporale l'andamento dei prezzi è in gran parte influenzato dall'interazione della domanda e dell'offerta di beni e servizi. Essa è incentrata sulle attività e sulle condizioni finanziarie reali dell'economia. A tal fine la BCE riesamina periodicamente anche l'andamento della produzione complessiva, la domanda e la situazione del mercato del lavoro, un'ampia gamma di indicatori di prezzi e costi, la politica di bilancio, la bilancia dei pagamenti della zona euro e i prezzi dei beni.
Pilastro 2: analisi monetaria.
L'analisi monetaria sfrutta il legame di lungo periodo fra moneta e prezzi anche alla luce delle indicazioni di politica monetaria nel breve e medio periodo provenienti dall'analisi economica. L'analisi monetaria consiste in un'analisi dettagliata dell'andamento monetario e dei crediti al fine di valutare le implicazioni per l'inflazione futura e la crescita economica.
Le decisioni adottate dalla BCE vengono attuate ricorrendo a misure convenzionali e non convenzionali di politica monetaria.
Gli strumenti principali della politica monetaria convenzionale della BCE sono:
· le operazioni di mercato aperto, dirette a influenzare i tassi di interesse e la gestione della liquidità. Le operazioni di mercato aperto regolari dell'Eurosistema consistono in operazioni di immissione di liquidità in euro con frequenza settimanale (operazioni di rifinanziamento principali, ORP) e in operazioni di immissione di liquidità in euro con scadenza a tre mesi (operazioni di rifinanziamento a più lungo termine, ORLT). Le ORP sono utilizzate per orientare i tassi d'interesse a breve termine, gestire le condizioni di liquidità e segnalare la linea di politica monetaria nella zona euro, mentre le ORLT forniscono al settore finanziario un rifinanziamento supplementare a più lungo termine. Operazioni di mercato aperto meno regolari sono le operazioni di fine tuning (che mirano a far fronte alle variazioni inattese della liquidità sul mercato, in particolare al fine di attenuare gli effetti sui tassi d'interesse) e le operazioni di tipo strutturale (principalmente utilizzate per adeguare la posizione strutturale dell'Eurosistema nei confronti del settore finanziario su base permanente);
· le operazioni attivabili su iniziativa delle controparti, dirette a offrire o assorbire liquidità con scadenza overnight: l'EONIA (Euro Overnight Index Average) misura il tasso d'interesse effettivo che prevale nel mercato overnight interbancario dell'euro. L'Eurosistema offre agli Istituti di credito due operazioni di questo tipo: le operazioni di rifinanziamento marginale per ottenere liquidità overnight dalla Banca centrale, a fronte della presentazione in garanzia di attività idonee sufficienti, e le operazioni di deposito presso le banche centrali per effettuare depositi overnight presso la Banca centrale;
· la detenzione di riserve obbligatorie. Ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, dello Statuto della BCE, questa ha la facoltà di obbligare gli enti creditizi insediati negli Stati membri a detenere riserve obbligatorie presso la BCE e le banche centrali nazionali. L'obiettivo della riserva obbligatoria è quello di stabilizzare i tassi di interesse a breve termine sul mercato e creare (o ampliare) un fabbisogno strutturale di liquidità nel sistema bancario rispetto all'Eurosistema, in modo da facilitare il controllo dei tassi di interesse del mercato monetario attraverso operazioni periodiche di immissione di liquidità. I metodi di calcolo e la determinazione dell'importo richiesto sono fissati dal Consiglio direttivo.
Fra le misure non convenzionali di politica monetaria e di risposta alle crisi figurano:
· la possibilità di effettuare operazioni definitive monetarie (OMT) nei mercati dei titoli sovrani secondari per garantire un'appropriata trasmissione della politica monetaria e preservare l'unicità della sua politica monetaria;
· indicazioni prospettiche sul percorso futuro della politica dei tassi d'interesse in funzione della prospettiva della stabilità dei prezzi. La decisione di fornire indicazioni prospettiche (dal luglio 2013) rappresenta un cambiamento nella strategia di comunicazione della BCE, in quanto non riguarda soltanto le modalità con cui la BCE valuta le condizioni economiche correnti e i rischi per la stabilità dei prezzi nel medio periodo, ma anche le implicazioni di tale valutazione per il suo orientamento futuro in materia di politica monetaria;
· operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT), inaugurate nel luglio 2014, finalizzate a migliorare l'erogazione di prestiti bancari a favore degli enti creditizi della zona euro, inizialmente per un periodo di due anni. La seconda serie (OMRLT II) è iniziata nel marzo 2016 e la terza serie (OMRLT III) nel marzo 2019;
· programmi di acquisto di attività con l'obiettivo di sostenere la crescita nella zona euro e di conseguire tassi di inflazione inferiori, ma prossimi, al 2% nel medio periodo. Questi consistono nel programma di acquisto per il settore societario (CSPP), nel programma di acquisto per il settore pubblico (PSPP), nel programma di acquisto di titoli garantiti da attività (ABSPP) e nel terzo programma di acquisto di obbligazioni garantite (CBPP3). Altri programmi, ora terminati, includono il programma per il mercato dei titoli finanziari (SMP), il programma di acquisto di obbligazioni garantite (CBPP) e il secondo programma di acquisto di obbligazioni garantite (CBPP2). Gli acquisti netti di attività sono stati riavviati il 12 settembre 2019 dal Consiglio direttivo a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro a partire dal 1º novembre 2019.
Nel corso di una serie di riunioni tenutesi tra il 12 marzo e il 4 giugno 2020, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha adottato alcune misure straordinarie per fornire al sistema imprenditoriale e pubblico europeo, tramite il sistema finanziario, il flusso di liquidità necessaria[1]. Obiettivo della BCE è quello di contrastare i rischi di interruzione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria che potrebbero impedire il conseguimento della stabilità dei prezzi a medio termine. Tali interventi riguardano:
· le operazioni di rifinanziamento a più lungo termine (ORLT);
· l'incremento di 120 miliardi del Programma di acquisto di attività (PAA);
· la terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine che commisura l'ammontare delle risorse concesse alle banche ai prestiti da queste forniti a imprese e famiglie (OMLRT-III);
· l'avvio di un nuovo programma temporaneo di acquisto di titoli del settore privato e pubblico chiamato "Programma di acquisto per l’emergenza pandemica" (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), con una dotazione finanziaria complessiva di 1.350 miliardi di euro;
· un pacchetto di misure per allentare i requisiti in materia di garanzie;
· il sostegno alle iniziative intraprese dalle autorità nazionali competenti per le politiche macro-prudenziali per fronteggiare l'impatto dell'emergenza sul settore finanziario;
· la riduzione temporanea dei requisiti di capitale per il rischio di mercato come risposta agli eccezionali livelli di volatilità registrati nei mercati finanziari fin dall'inizio della crisi epidemica;
· la riduzione del moltiplicatore del rischio di mercato qualitativo;
· l'accettazione delle attività negoziabili e degli emittenti che presentavano i requisiti di qualità di credito minima per essere accettati come garanzie il 7 aprile 2020 (cioè qualità BBB- per tutte le tipologie di attività, ad eccezione degli ABS - Asset backed securities) nel caso subiscano un declassamento, purché il rating rimanga ad un livello di qualità di credito pari a 5 (CQS5, equivalente a un rating BB) nella scala armonizzata dell'Eurosistema;
· l'adozione di un'ulteriore serie di misure riguardanti l'allentamento delle condizioni delle Operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (OMRLT-III) e una nuova serie di operazioni di finanziamento non mirate specificamente destinate a fornire liquidità durante l'emergenza pandemica (PELTROs).
Nella riunione del 10 settembre 2020, il Consiglio direttivo ha assunto da ultimo le seguenti decisioni di politica monetaria:
· proseguirà gli acquisti nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) con una dotazione finanziaria totale di 1.350 miliardi di euro. Il Consiglio direttivo condurrà gli acquisti netti di attività nell’ambito del PEPP almeno fino alla fine di giugno 2021 e, in ogni caso, finché non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus. Il Consiglio direttivo reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP almeno fino alla fine del 2022. Si è inoltre impegnato a gestire la futura riduzione del portafoglio del PEPP in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria;
· gli acquisti netti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA) continueranno a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro, unitamente agli acquisti nel quadro della dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi di euro fino alla fine dell’anno. Il Consiglio direttivo si aspetta che gli acquisti netti mensili di attività nel quadro del PAA proseguiranno finché necessario a rafforzare l’impatto di accomodamento dei suoi tassi di riferimento e che termineranno poco prima che inizierà a innalzare i tassi di riferimento della BCE;
· continuerà a fornire "abbondante liquidità" attraverso le proprie operazioni di rifinanziamento. Ha in particolare sottolineato che l’ultima operazione della terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT-III) ha registrato un volume molto elevato dei fondi erogati, sostenendo il credito bancario alle imprese e alle famiglie.
In una pagina internet dedicata al PEPP (consultata l'8 ottobre 2020) la BCE riporta alcuni dati relativi programma. In particolare, alla fine di settembre 2020, il valore contabile dei titoli detenuti dall'Eurosistema nell'ambito del PEPP ammonta a 567,183 miliardi di euro, di cui 499,876 miliardi acquistati entro agosto e 67,308 miliardi nel mese di settembre. Sempre alla data di fine settembre, l'ammontare della componente relativa ai titoli del debito pubblico ammonta a 510,112 miliardi di euro. La seguente tabella riporta la ripartizione del valore contabile dei titoli del debito pubblico dei vari paesi acquistati dall'Eurosistema.
PAESE |
Acquisti netti agosto-settembre 2020 (milioni di euro) |
Acquisti netti cumulativi a fine settembre 2020 (milioni di euro) |
Austria |
3.558 |
13.614 |
Belgio |
4.426 |
17.279 |
Cipro |
257 |
1.194 |
Germania |
32.033 |
125.048 |
Estonia |
29 |
192 |
Spagna |
14.918 |
61.030 |
Finlandia |
2.232 |
8.688 |
Francia |
24.817 |
84.237 |
Grecia |
3.020 |
12.966 |
Irlanda |
2.057 |
8.028 |
Italia |
21.811 |
95.243 |
Lituania |
395 |
1.988 |
Lussemburgo |
187 |
994 |
Lettonia |
50 |
837 |
Malta |
114 |
238 |
Paesi bassi |
7.121 |
27.795 |
Portogallo |
2.844 |
11.649 |
Slovenia |
585 |
2.481 |
Slovacchia |
547 |
4.338 |
5.831 |
33.811 |
|
Total |
126.832 |
511.650 |
Bollettino economico BCE, n. 4 - 2020 - giugno 2020
Nella riunione sulla politica monetaria del 4 giugno il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di incrementare la dotazione e di estendere l'orizzonte del programma di acquisto per l'emergenza pandemica (Pandemic emergency purchase programme, PEPP), nonché di reinvestirne il capitale rimborsato a scadenza, proseguendo nel contempo il programma di acquisto di attività (PAA) e i relativi reinvestimenti, e mantenendo invariati i tassi di riferimento della BCE.
"Le nuove informazioni disponibili confermano che l'economia dell'area dell'euro sta subendo una contrazione senza precedenti. L'attività economica ha registrato un brusco calo per effetto della pandemia di coronavirus (COVID-19) e delle misure introdotte per il suo contenimento. Le notevoli perdite in termini di posti di lavoro e reddito e il livello di incertezza eccezionalmente elevato che circonda le prospettive economiche hanno determinato una flessione significativa della spesa per consumi e degli investimenti. Sebbene i risultati delle indagini congiunturali e gli indicatori in tempo reale dell'attività economica abbiano mostrato alcuni segnali di ripresa in concomitanza con la graduale distensione delle misure di contenimento, il miglioramento è stato finora modesto rispetto alla rapidità con cui gli indicatori sono precipitati nei due mesi precedenti. Le proiezioni macroeconomiche di giugno 2020 formulate per l'area dell'euro dagli esperti dell'Eurosistema indicano una riduzione della crescita a un ritmo senza precedenti nel secondo trimestre di quest'anno prima di un suo successivo ritorno all'espansione nel secondo semestre, grazie al determinante e considerevole sostegno fornito dalle misure di bilancio e di politica monetaria. Ciononostante, le proiezioni indicano una notevole revisione al ribasso sia del livello dell'attività economica, sia delle prospettive di inflazione nell'intero orizzonte temporale considerato, a fronte di uno scenario di base caratterizzato tuttavia da un grado di incertezza straordinariamente elevato. Se da un lato l'inflazione complessiva è compressa dal calo delle quotazioni dell'energia, dall'altro le pressioni sui prezzi dovrebbero rimanere contenute per effetto della drastica diminuzione del PIL in termini reali e del connesso significativo incremento della capacità inutilizzata nell'economia. In tale contesto, il Consiglio direttivo ha adottato una serie di misure di politica monetaria volte a sostenere l'economia durante il suo graduale riavvio e a salvaguardare la stabilità dei prezzi nel medio termine".
Come evidenziato in una Relazione fornita dal Dipartimento per le politiche economiche, scientifiche e della qualità della vita, su richiesta della Commissione per i problemi economici e monetari (ECON), del Parlamento europeo, la BCE è l'Istituzione più importante per il successo dell'Unione economica e monetaria (UEM). La crisi tuttora in corso ha tuttavia evidenziato alcune sue debolezze.
Il documento auspica vengano introdotte le opportune modifiche alla strategia di politica monetaria della BCE e un migliore utilizzo dei poteri ad essa conferiti. In particolare, raccomanda:
· l'adozione di un obiettivo inflazionistico simmetrico del 2%;
· la definizione di un obiettivo di inflazione al 2%;
Al riguardo, si segnala che, secondo i più recenti dati Eurostat, l'inflazione annuale nell'eurozona dovrebbe attestarsi al -0,3% a settembre 2020, in calo dal -0,2% di agosto.
· che la politica economica della BCE supporti maggiormente la coesione economica;
· l'astenersi dal dare priorità ad alcuni obiettivi dell'Unione che sono solo vagamente correlati alla stabilità dei prezzi;
· il miglioramento, su base permanente, del meccanismo di trasmissione della politica monetaria;
· l'eliminazione degli effetti derivanti dai rating dei debiti sovrani;
· la pubblicazione delle proiezioni del Consiglio direttivo della BCE, in particolare sull'inflazione;
· tassi di interesse a più lungo termine;
· una maggiore indipendenza (vi si sottolinea che non è e non può essere compito della BCE correggere le carenze nell'attuazione del Patto di stabilità e crescita).
Per garantire che i singoli Stati membri evitino una "distorsione del deficit" e mantenere una sana politica fiscale per l'unione monetaria nel suo insieme, il quadro fiscale europeo si basa sul seguente assunto: "gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi" (articolo 126, paragrafo 1, TFUE).
Oltre alla propria indipendenza, il documento evidenzia che la BCE è tuttavia dotata di una portata eccezionalmente ampia di autorità discrezionale su come attuare la politica monetaria, e definire gli aspetti operativi della sua strategia politica. L'indipendenza della BCE è incentrata sulla libera scelta degli strumenti di politica monetaria.
L'articolo 18 dello Statuto concede alla BCE e alle banche centrali nazionali, al fine di perseguire gli obiettivi del SEBC e di assolvere i propri compiti, la facoltà di: operare sui mercati finanziari comprando e vendendo a titolo definitivo (a pronti e a termine), ovvero con operazioni di pronti contro termine, prestando o ricevendo in prestito crediti e strumenti negoziabili, in euro o in altre valute, nonché metalli preziosi; effettuare operazioni di credito con Istituti creditizi e altri operatori di mercato, erogando i prestiti sulla base di adeguate garanzie. L'articolo 19 stabilisce inoltre che, nel perseguimento degli obiettivi della politica monetaria, la BCE ha il potere di obbligare gli enti creditizi insediati negli Stati membri a detenere riserve minime in conti presso la BCE e le banche centrali nazionali. In caso di inosservanza, la BCE ha la facoltà di imporre interessi a titolo di penalità e altre sanzioni di analogo effetto. In base all'articolo 20, il Consiglio direttivo può decidere, a maggioranza dei due terzi dei votanti, sull'utilizzo di altri metodi operativi di controllo monetario che ritenga appropriati.
In particolare, il documento si pone la domanda se la BCE avrebbe potuto fare di più a sostegno delle politiche economiche nell'Unione al fine di promuovere gli obiettivi di cui all'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea, fermo restando l'obiettivo della stabilità dei prezzi. Dall'inizio della crisi dell'euro, la risposta è affermativa. In primo luogo, se la politica monetaria avesse puntato costantemente verso un obiettivo di inflazione del 2%, avremmo avuto una politica significativamente più espansiva dell'area dell'euro nell'ultimo decennio. Questo avrebbe sostenuto la crescita economica e, come richiesto dai Trattati, l'obiettivo dell'Unione di mirare alla "piena occupazione”. Probabilmente il sostegno alla crescita economica e all'occupazione avrebbe avuto effetti benefici anche su obiettivi correlati, come il progresso sociale. In secondo luogo, alla luce della divergenza dei risultati all'interno dell'area dell'euro (descritta nella sezione 3), una politica monetaria espansiva della BCE, senza compromettere la stabilità dei prezzi, avrebbe notevolmente contribuito alla promozione della coesione economica e della solidarietà tra Stati membri. Terzo, sostenendo una maggiore crescita, senza compromettere la stabilità dei prezzi, la BCE avrebbe contribuito a ridurre le tensioni degli ultimi dieci anni in merito alla politica fiscale nell'UEM. Con una crescita del PIL più elevata, il rapporto debito / PIL sarebbe stato inferiore e l'area dell'euro sarebbe stata in una posizione più forte per affrontare ulteriori sfide, come quelle che si stanno concretizzando quest'anno.
La seconda sessione è dedicata ad un approfondimento sul futuro della governance economica dell’UE.
Le regole attuali sono ancora valide? Vi è l’opportunità di modificarne metodi, indicatori e regole di spesa? Dare una forma democratica a tutto ciò: come coinvolgere maggiormente i Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo?
La sessione prevede l’intervento del Commissario per l’economia, Paolo Gentiloni, e del Direttore generale del MES, Klaus Regling.
Il 5 febbraio 2020 il Commissario Gentiloni, intervenendo in occasione della presentazione di una comunicazione avente ad oggetto il riesame futuro della governance economica dell'UE, ha affermato: “Le politiche economiche in Europa devono affrontare le sfide odierne, che sono palesemente diverse da quelle di un decennio fa. La stabilità resta un obiettivo essenziale, ma vi è l'altrettanto urgente necessità di sostenere la crescita e in particolare di mobilitare gli enormi investimenti che servono per affrontare i cambiamenti climatici. Dobbiamo inoltre elaborare politiche di bilancio più anticicliche, tenuto conto dei vincoli crescenti con cui deve confrontarsi la BCE. La complessità delle nostre regole, infine, rende più difficile spiegare ai nostri cittadini cosa dice "Bruxelles" e nessuno di noi dovrebbe accettare una situazione simile. Attendo con interesse un dibattito reale su questi temi nei prossimi mesi”.
Sulla base di quanto indicato nell'articolo 119 del Trattato di funzionamento dell'unione europea (TFUE), le regole europee sono ispirate al principio guida delle finanze pubbliche sane. A tal fine, si fa riferimento all'andamento dei conti pubblici sia nel breve periodo (stabilità della politica di bilancio) che nel lungo periodo (sostenibilità della politica di bilancio).
Le regole derivano - oltre che dal Trattato di Maastricht, che ha originariamente inserito il rispetto dei due parametri del rapporto indebitamento/PIL inferiore al 3% e del rapporto debito/PIL inferiore al 60% - dal Patto di stabilità e crescita (PSC) del 1997, come successivamente rivisto, e dalle disposizioni introdotte, rispettivamente nel 2011 e nel 2013, con il six pack e con il two pack. Rileva, altresì, ai fini della cornice normativa di riferimento, il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria del 2012, c.d. Fiscal compact.
Il PSC, come integrato dal Fiscal compact, definisce attualmente i parametri di riferimento delle regole di bilancio che guidano le politiche degli Stati membri e fornisce i principali strumenti per la sorveglianza delle politiche stesse (c.d. braccio preventivo) e per la correzione dei disavanzi eccessivi (c.d. braccio correttivo).
Quanto ai saldi, il saldo di riferimento delle regole in questione è costituito dall'indebitamento netto, cioè la differenza tra le entrate finali, al netto della riscossione dei crediti, e le uscite finali, al netto dell’acquisizione di attività finanziarie. Esso è affiancato, quale strumento chiave ai fini della valutazione della situazione di bilancio dei Paesi membri, dal saldo strutturale, cioè il saldo di bilancio pubblico al netto degli effetti del ciclo economico, vale a dire escludendone gli effetti di un eventuale rallentamento o espansione (componente ciclica) e, inoltre, depurandolo delle misure di natura straordinaria e non ripetibili (c.d. una tantum). Altro fondamentale parametro di valutazione è costituito dall'Obiettivo di Medio Termine (OMT), che corrisponde ad un risultato di bilancio tale da garantire un margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3% del PIL del saldo di indebitamento, e che dipende, per ogni Stato membro, dalle rispettive situazioni macroeconomiche e di finanza pubblica.
Vengono, infine, in rilievo - limitando l'analisi agli elementi essenziali delle regole di governance economica - la regola della spesa e la regola del debito, finalizzata alla verifica del percorso di riduzione del debito in eccesso verso il valore soglia del 60% di PIL.
I Paesi con un debito elevato avrebbero dovuto procedere a una sua progressiva riduzione mediamente di 1/20 all'anno per la parte eccedente il 60%.
Nel 2011 è stato inoltre istituito il Semestre europeo, il ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dell'UE, con l'obiettivo di creare le condizioni affinché le decisioni dei singoli Stati membri in materia di finanza pubblica e, più in generale, in materia macroeconomica non si differenzino eccessivamente, stante il fatto che squilibri e divergenze troppo marcati possono mettere a repentaglio la resilienza del sistema nel suo complesso.
L’obiettivo viene perseguito attraverso una costante interlocuzione tra le Istituzioni europee (Commissione europea e Consiglio dell'UE) e le autorità nazionali.
Queste ultime sono tenute a definire ed elaborare i loro obiettivi programmatici e gli strumenti di bilancio nel rispetto di una tempistica definita e in coerenza con indirizzi generali e comuni stabiliti in sede europea che prevede una dettagliata successione di fasi e di passaggi che prende avvio con la presentazione di un documento della Commissione europea (Strategia annuale per la crescita sostenibile), che definisce gli orientamenti e fornisce indirizzi generali rivolti ad orientare le scelte in materia di politica economica e di bilancio per realizzare tutte le potenzialità di crescita.
Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha presentato la Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 che avvia il ciclo del Semestre europeo di quest'anno.
All’indicazione di questi obiettivi generali fa seguito la fase che investe direttamente i singoli Stati membri e che si traduce nella presentazione di un documento programmatico (che nel caso italiano è il Documento di economia e finanza, DEF) che si articola in due sezioni: una che si riferisce ai profili macroeconomici generali, anch’essa mirata agli obiettivi della crescita (Programma nazionale di riforme) e l’altro più propriamente focalizzata sulle grandezze di finanza pubblica (Programma di stabilità).
Alla fase programmatica fa seguito, nel secondo semestre dell’anno, la fase di decisione puntuale della manovra di bilancio, anch’essa contrassegnata dall’interlocuzione costante tra le autorità nazionali e le Istituzioni europee (nel caso specifico la Commissione europea).
Di seguito una tabella sulle fasi salienti del ciclo:
Da qualche anno si è sviluppata una discussione sull’opportunità di riformare la governance economica dell’UE e su quali modifiche o integrazioni eventualmente apportare ai fini di un suo miglioramento e rafforzamento.
Alle origini della discussione c’è l’opinione, da più parti espressa, che l'assetto della governance non ha consentito di rispondere con le necessarie tempestività ed efficacia alla grave crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007-2008 e che, in assenza di validi strumenti ordinari, si è dovuto fare ricorso a misure di carattere eccezionale non riconducibili al quadro normativo.
È stato, inoltre, evidenziato il rischio di innescare dinamiche di tipo prociclico che in particolare in una fase di stagnazione alimentano un circolo vizioso per cui le prospettive di ripresa si indeboliscono.
L’architettura della governance avrebbe, in particolare, mostrato di non disporre di strumenti adeguati all’esigenza di invertire rapidamente la tendenza negativa del ciclo economico.
Fra i numerosi rilievi avanzati all’assetto vigente delle politiche europee in materia, in particolare è stata richiamata l’asimmetria tra l’enfasi posta sugli interventi da adottare sul lato dell’offerta, a cominciare dalle cosiddette riforme strutturali le quali, tuttavia, risultano più difficili da realizzare nelle fasi recessive, e l’insufficiente attenzione, invece, agli interventi sul lato della domanda.
Le cosiddette riforme strutturali, volte in primo luogo a migliorare le prestazioni e la competitività dei sistemi europei, potrebbero avere, secondo alcuni autorevoli osservatori, i seguenti limiti: 1) tempistica: effetti positivi non immediati e incerti a fronte di costi sociali che, invece, potrebbero presentarsi presto; 2) non equa distribuzione dei sacrifici tra le differenti categorie, per cui quelle svantaggiate potrebbero subire un danno maggiore; 3) ciclo politico, per cui tendono a privilegiare prospettive a breve termine rispetto a quelle a medio-lungo termine.
Per la ripresa degli investimenti, fattore indispensabile per promuovere un’inversione del ciclo negativo e sostenere a medio e lungo termine la competitività delle economie europee, si è dovuto fare ricorso ad un intervento straordinario quale è il cosiddetto Piano Juncker.
Nel corso di un’audizione del 1° settembre 2020 presso le Commissioni riunite V e XIV Camera e 5 e 14 Senato, i rappresentanti della Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno rilevato in Italia il rapporto investimenti/PIL nel 2019 risultava inferiore di circa il 4% rispetto al 2007, mentre altri Paesi hanno più che recuperato il gap indotto dalla crisi finanziaria globale. Nel decennio 2009-2019 in Italia la spesa pubblica per investimenti è calata dal 3,7% al 2,2% del PIL (media UE diminuita solo dal 3,7% al 3%).
Di seguito un grafico sull’andamento della spesa pubblica per investimenti in percentuale del PIL nell’UE e in alcuni Paesi, tra cui l’Italia:
Analoghe considerazioni valgono per il Meccanismo europeo di stabilità (MES), istituito nel 2012 allo scopo di sostenere i Paesi più esposti all’impatto della crisi esplosa nel 2007-2008 che, tuttavia, è stato istituito sotto forma di accordo internazionale e non attraverso una disciplina adottata a livello di UE.
In entrambi i casi si tratta di strumenti non contemplati né inseriti nell’impianto normativo della governance economica né negli ordinari stanziamenti di bilancio dell’UE.
Lo stesso discorso vale, d’altra parte, anche per il Fiscal Compact che, in quanto trattato intergovernativo, da un punto di vista formale non rientra nell’ordinamento europeo, tant’è che a lungo si è discusso se incorporarne le disposizioni nell'ordinamento giuridico dell'Unione.
È stata, inoltre, evidenziata una parziale asimmetria tra la politica monetaria della BCE e le politiche di bilancio. La prima è stata una politica monetaria espansiva, come il cd. Quantitative easing, analoga a quella realizzata in altri contesti internazionali, con cui la BCE ha cercato, da un lato, di evitare una contrazione del credito a favore di sistemi economici già fortemente colpiti dalle conseguenze della grave crisi economico-finanziaria, dalla globalizzazione e dalla crescita della concorrenza di alcuni Paesi emergenti, e, dall’altro lato, di riportare il tasso di inflazione ad un livello ritenuto fisiologico, anche al fine di rendere meno gravosa la posizione dei soggetti indebitati.
Resta sullo sfondo la questione del ruolo della BCE che, a differenza della FED, non persegue statutariamente l’obiettivo della crescita insieme a quello della stabilità.
A giudizio di numerosi critici, le politiche di bilancio non disponevano, invece, di corrispondenti margini per promuovere una ripresa della crescita, né hanno trovato puntale attuazione le indicazioni fornite dalla Commissione europea affinché i Paesi che disponevano di spazi più consistenti adottassero politiche espansive anche a beneficio di tutti i partner. Ciò vale in particolare per la Germania, il cui saldo della bilancia commerciale negli ultimi anni è stato costantemente tra il 7% e l’8%. Surplus eccessivi sono considerati squilibri macroeconomici in quanto costituiscono uno stock di risorse, in capo al Paese che li registra, che non vengono impiegate nel circuito economico.
È pur vero che negli ultimi anni l’UE ha concesso un certo margine di flessibilità nelle politiche di bilancio, di cui si è avvalsa anche l’Italia.
Sono state poi sollevate da più parti critiche nei confronti della complessità e macchinosità delle regole e sul modo di calcolare alcuni indicatori, tra cui l’output gap, che misura la differenza tra PIL effettivo e PIL potenziale (ossia il prodotto massimo raggiungibile in condizione di pieno impiego di tutti i fattori produttivi e senza pressioni inflazionistiche).
Il complesso dei rilievi avanzati ha evidenziato, altresì, che negli ultimi anni i divari sociali ed economici tra gli Stati membri si sono accentuati.
Di seguito, i dati Eurostat sul PIL pro-capite, il tasso di disoccupazione e il debito pubblico nel 2008 e nel 2019 nelle principali economie dell’eurozona (Germania, Francia, Italia e Spagna).
|
PIL PRO-CAPITE |
TASSO DI DISOCCUPAZIONE (%) |
DEBITO PUBBLICO (%PIL) |
|||
ANNO |
2008 |
2019 |
2008 |
2019 |
2008 |
2019 |
MEDIA EUROZONA |
29.350 |
31.200 |
7,6 |
7,5 |
69,6 |
86 |
GERMANIA |
32.320 |
35.840 |
7,4 |
3,2 |
65,5 |
59,8 |
FRANCIA |
31.310 |
33.270 |
7,4 |
8,5 |
68,8 |
98,1 |
ITALIA |
28.230 |
26.920 |
6,7 |
10 |
106,1 |
134,8 |
SPAGNA |
24.200 |
25.200 |
11,3 |
14,1 |
39,7 |
95,5 |
Più in generale, da più parti è stato sottolineato che una maggiore integrazione nella prospettiva della sostenibilità e dell’incentivo alla crescita rende quanto mai urgente completare l’Unione bancaria, in particolare con l’introduzione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi, e l’Unione dei mercati dei capitali e adottare una capacità di bilancio specifica della zona euro.
L’European Fiscal Board (EFB) ha proposto (agosto 2019) una radicale revisione delle regole fiscali nel Rapporto “Assessment of EU fiscal rules with a focus on the six and two-pack legislation”.
L’EFB è un organo consultivo indipendente della Commissione europea in materia fiscale; è stato istituito nell’ottobre 2015 ed è composto da un presidente (Niels Thygesen) e quattro membri (tra cui Massimo Bordignon, Professore e Direttore del Dipartimento di Economia e finanza presso l'Università Cattolica di Milano) e supportato da un segretariato.
La revisione delle regole fiscali secondo l’EFP sarebbe necessaria per tre ragioni principali:
1) le regole fiscali sono diventate incomprensibili per la loro complessità;
2) la modalità con cui alcuni indicatori sono calcolati, con riferimento ad aggregati di fatto non osservabili e soggetti a un’ampia variabilità (come l’output gap), solleva non pochi dubbi sulla loro capacità di indirizzare correttamente la politica di bilancio, soprattutto in tempi brevi (programmazione annuale);
3) l’applicazione di tali regole ha spinto i Governi europei a porre in atto politiche fiscali procicliche e a peggiorare la qualità della spesa, tagliando quelle di investimento invece di quelle correnti.
In sintesi, quello che propone l’EFB: 1) una semplificazione delle norme fiscali basata su un unico obiettivo (il debito pubblico) e un singolo strumento di controllo (la spesa nominale al netto di interessi e di spese soggette al ciclo economico, come i sussidi di disoccupazione), un aggregato osservabile (si propone, dunque, di abolire il bilancio strutturale e l’avvicinamento all’OMT come strumenti di controllo di medio periodo); 2) la regola richiede la stima di un reddito potenziale, da calcolare però prendendo in considerazione gli ultimi cinque anni e le stime dei successivi cinque anni. Il calcolo sarebbe, secondo l’EFB, molto più stabile delle stime annuali con cui attualmente si misura l’output gap; 3) la programmazione della spesa da annuale diventa triennale e un Paese può discostarsi dall’obiettivo annuale purché recuperi la deviazione durante il periodo; 4) la regola introduce automaticamente un elemento anticiclico, cosicché un Paese deve impegnarsi esclusivamente a mantenere stabile la spesa nominale (se il ciclo congiunturale è negativo e le entrate crescono meno del previsto, la spesa aumenta per sostenere il reddito; viceversa nel caso opposto); 5) al fine di contrastare la tendenza alla riduzione della spesa per investimenti e, più in generale, delle spese a sostegno della crescita, introdurre una golden rule limitata, cioè non estesa a tutti gli investimenti, ma solo ai progetti approvati a livello europeo (ad esempio per l’ambiente e il digitale); 6) l’abolizione delle sanzioni, politicamente difficili da applicare, e la loro sostituzione con un incentivo sotto forma di accesso a fondi europei a patto che siano rispettate le norme fiscali; 7) introdurre una differenziazione degli obiettivi di debito su PIL tra i diversi Paesi come risultato di una contrattazione pluriennale. Sulla base di indicatori di sostenibilità e macroeconomici, i Paesi ad alto debito si impegnerebbero a ridurlo, mentre quelli a basso debito e con alto surplus commerciale, si impegnerebbero ad aumentare la spesa pubblica.
Nel febbraio 2020 la Commissione europea ha presentato un riesame dell'attuale quadro di sorveglianza economica e di bilancio al fine di valutarne l’efficacia nel conseguimento dei suoi obiettivi fondamentali, vale a dire:
· garantire finanze pubbliche sostenibili e una crescita sostenibile, ed evitare gli squilibri macroeconomici;
· creare un quadro di sorveglianza integrato che consenta un più stretto coordinamento delle politiche economiche, in particolare nella zona euro;
· promuovere la convergenza dei risultati economici tra gli Stati membri.
La Commissione europea osserva, tra l’altro, che “il potenziale di crescita di molti Stati membri non è tornato ai livelli pre-crisi” e che “anche se generalmente migliorata, la situazione occupazionale e sociale non è ancora tornata ai livelli pre-crisi in molti Stati membri”.
La Commissione rileva, altresì, che “in vari casi i rapporti debito/PIL continuano ad aumentare o, nella migliore delle ipotesi, si sono stabilizzati, accentuando le divergenze fra i livelli del debito nell'UE” e che “le politiche di bilancio degli Stati membri sono ancora prevalentemente procicliche”. Inoltre, a giudizio della Commissione europea, la composizione delle finanze pubbliche non è diventata più favorevole alla crescita, con gli Stati membri che scelgono sistematicamente di aumentare la spesa corrente anziché proteggere gli investimenti.
Dal riesame presentato dalla Commissione europea risulta anche che l'impostazione dell'attuale quadro di bilancio è diventata eccessivamente complessa poiché “è caratterizzata da una molteplicità di norme connesse a diversi indicatori per misurare la conformità e contempla diverse clausole che consentono deviazioni dai requisiti, ciascuna in base ai propri criteri di ammissibilità”. “Inoltre - continua l’analisi della Commissione - il quadro poggia in larga misura su variabili non direttamente osservabili e riviste di frequente, quali il divario tra prodotto effettivo e potenziale (output gap) e il saldo strutturale, il che ostacola la formulazione di orientamenti politici stabili”.
In sostanza, la stessa Commissione europea sembra convenire l’eccessiva macchinosità del sistema vigente e la sua opinabilità, almeno per quanto concerne taluni indicatori.
Infine, la Commissione rileva che “mentre è aumentata l'enfasi sugli aggiustamenti di bilancio annui e sulle valutazioni della conformità, è diminuita l'attenzione riservata alla pianificazione di bilancio a medio termine, cosa che ha indotto molti Stati membri a rimandare il raggiungimento degli obiettivi di bilancio a medio termine”.
Con il riesame presentato, la Commissione europea ha rilanciato quindi il dibattito pubblico sul futuro della governance economica dell’UE auspicando che esso sia inclusivo e coinvolga il Parlamento europeo, il Consiglio, la Banca centrale europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni, i Governi e i Parlamenti nazionali, le banche centrali nazionali, le istituzioni di bilancio indipendenti, i comitati nazionali per la produttività, le parti sociali, le organizzazioni della società civile e le istituzioni accademiche.
L’iniziativa della Commissione europea fa seguito a precedenti iniziative; in particolare, nel dicembre 2017 la Commissione Juncker aveva prospettato un pacchetto organico di proposte per riformare la governance economica dell’UE, che contemplava, tra l’altro, l’istituzione di un Ministro europeo dell'economia e delle finanze, l’integrazione del MES nel quadro giuridico unionale, con la sua trasformazione in un Fondo monetario europeo, l’incorporazione del Trattato Fiscal Compact nell'ordinamento giuridico dell'UE e l’introduzione di nuovi strumenti di bilancio per la zona euro per sostenere le riforme strutturali e stabilizzare gli investimenti.
Alcune delle misure prospettate hanno incontrato resistenze e suscitato perplessità e, conseguentemente, si è deciso di proseguire l’esame del pacchetto in termini più limitati.
Nella fase attuale i lavori si stanno concentrando, in particolare, sulla riforma del MES, oltre che sul rafforzamento dell’Unione bancaria.
È pressoché certo il MES non sarà trasformato in un Fondo monetario europeo e integrato nel quadro giuridico dell’UE, ma si è raggiunto un accordo (che non è stato ancora finalizzato e che sarà soggetto alle procedure di ratifica nazionali e sul quale sono in corso, anche su richiesta dell’Italia, maggiori approfondimenti tecnici, in particolare sui Terms of Reference relativi alle clausole di azione collettiva) per una riforma del suo Trattato istitutivo.
Per fronteggiare le drammatiche conseguenze socio-economiche della crisi da COVID-19, l’UE ha adottato diverse misure (Vedi infra la III sessione), tra cui la temporanea sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita per permettere politiche di bilancio nazionali espansive dirette a sostenere la domanda, con la conseguenza che si sta assistendo a un significativo aumento pressoché generalizzato dell’indebitamento netto e del debito pubblico degli Stati membri.
Per quanto riguarda l’indebitamento netto, la Commissione europea (maggio 2020) ha previsto che per l'Italia passi dall’1,6% del PIL nel 2019 all’11,1% del PIL nel 2020; per la Germania dal +1,4% al 7%; per la Francia dal 3% al 9,9%.
Per quanto concerne il rapporto debito/PIL, la Commissione europea ha stimato un aumento per l’Italia dal 134,8% nel 2019 al 158,9% nel 2020; per la Germania dal 59,8% al 75,6%; per la Francia dal 98,1% al 116,5%.
Da più parti, infatti, è stata rappresentata l’opportunità di cogliere l’occasione per un ripensamento complessivo delle regole, ritenendosi che proprio la crisi da COVID-19, ancor di più della crisi economico-finanziaria del 2008-2009, imponga un loro aggiornamento, soprattutto per garantire una maggiore tempestività delle risposte in caso di crisi esogene ed evitare che si inneschino effetti prociclici.
L’esigenza di un cambiamento delle regole è stata sottolineata in particolare da alcuni Paesi, come Italia, Francia e Spagna.
In tal senso si è espresso recentemente il Ministro Gualtieri, secondo il quale sarebbe un errore reintrodurre le regole del Patto fino a quando non si registra un pieno recupero, nei singoli Paesi, dell'economia ai livelli pre-COVID e comunque occorrerebbe rivedere i vincoli di bilancio attuali perché troppo pro-ciclici e incapaci di incentivare gli investimenti.
Anche Clément Beaune, Ministro francese per gli Affari europei, ha recentemente affermato che, quando la crisi sarà finita, non sarà immaginabile attuare lo stesso Patto di stabilità e crescita, essendo mutati i parametri di riferimento; si avranno livelli di deficit e di debito molto diversi da prima per cui le regole risulteranno inadeguate alla nuova situazione e andranno necessariamente riviste.
A fronte di queste opinioni, persistono le riserve e le perplessità di alcuni Paesi, cosiddetti virtuosi, tra cui Paesi Bassi e Germania, che temono, al contrario, un allentamento eccessivo dei vincoli che deresponsabilizzerebbe i Paesi più indebitati e ritengono le regole del Patto già provviste della necessaria flessibilità che consente di adeguarle alle differenti situazioni economiche degli Stati membri.
Significative al riguardo appaiono le considerazioni della Deutsche Bundesbank (report mensile dell’aprile 2019) che ha sostenuto l’opportunità di riformare e rafforzare le regole fiscali europee. In sintesi, nel report si afferma, in particolare, che:
- occorre garantire maggiore coerenza nell’applicazione delle regole, che devono comunque essere trasparenti e prevedibili;
- in molti casi, i livelli elevati di debito non sono diminuiti, nemmeno in tempi favorevoli, segno che la sorveglianza fiscale è fallita, così come il sistema sanzionatorio. L’OMT dovrebbe essere più vincolante per i responsabili delle politiche fiscali al fine di garantire la rapida riduzione dei livelli elevati di debito. Numerose eccezioni e discrezionalità dovrebbero essere eliminate;
- la sorveglianza fiscale dovrebbe essere affidata a organismo indipendente, più adatto al monitoraggio rispetto a istituzioni che sono esse stesse parte del processo politico. Esso dovrebbe avere un mandato chiaro e circoscritto e non dovrebbe, in particolare, perseguire obiettivi contrastanti;
- se una regola di spesa dovesse essere introdotta, il saldo di bilancio strutturale dovrebbe rimanere il punto di riferimento principale. Potrebbe essere convertita in un massimale di spesa che potrebbe essere fissato solo per l'anno successivo, non per più anni;
- la rapida riduzione degli elevati livelli di debito dovrebbe essere l’obiettivo chiave delle regole di bilancio, anche se quest’ultime fossero orientate a una maggiore protezione degli investimenti governativi. Le regole d'oro spesso non hanno avuto successo in passato e hanno registrato considerevoli problemi e rischi. Se ci si dovesse muovere nel senso di una loro introduzione, esse non dovrebbero comunque comportare che si scenda a compromessi sull'obiettivo di ridurre rapidamente gli alti livelli di debito.
Il 19 marzo 2020 la Commissione europea, con lettera del Vicepresidente Dombrovskis e del Commissario Gentiloni ai Ministri delle finanze dell’UE, ha affermato che il Patto resterà sospeso anche per tutto il 2021 con un nuovo punto della situazione che verrà fatto nella primavera del prossimo anno, ma che “quando le condizioni economiche lo consentiranno, verrà il momento di perseguire politiche di bilancio mirate a conseguire posizioni di bilancio di medio termine prudenti".
La lettera specifica, altresì, che poiché esistono notevoli differenze per quanto riguarda la situazione economica, sociale e fiscale tra gli Stati membri, le misure di sostegno dovrebbero essere adattate alla situazione specifica; dovrebbero essere ben mirate e temporanee e il loro utilizzo e l’efficacia dovrebbero essere regolarmente riesaminati. A seconda dello sviluppo della pandemia, inoltre, potrebbero essere necessarie misure di emergenza aggiustate e abbinate a misure che migliorano i fondamentali delle economie europee, supportano la transizione verde e digitale e hanno un impatto positivo sulla domanda.
La Commissione intende inoltre mantenere gli orientamenti di politica fiscale sotto regolare revisione; si specifica che una prima occasione per farlo sarà entro la fine dell’anno, quando la Commissione monitorerà l’andamento del disavanzo e del debito, sulla base delle previsioni d’autunno, e si discuteranno i pareri sui documenti programmatici di bilancio degli Stati membri e le raccomandazioni della zona euro. La Commissione europea intende prestare particolare attenzione alla qualità delle misure di bilancio adottate e pianificate per attenuare l’impatto della crisi, sostenere la ripresa e rafforzare la resilienza, tenendo conto anche della sostenibilità di bilancio.
Il tema della sostenibilità del debito pubblico e dell’impatto che può derivarne sotto il profilo di eventuali crisi fiscali è stato oggetto negli ultimi anni di un confronto molto serrato sia a livello dottrinario sia a livello politico.
Secondo il FMI, il debito pubblico mondiale raggiungerà il massimo storico nell'anno in corso: il 101,5% del PIL mondiale, più di quanto era avvenuto dopo la Seconda guerra mondiale.
La tesi per cui un elevato debito pubblico non comporterebbe di per sé particolari rischi (Blanchard) risulta peraltro largamente minoritaria, tanto più alla luce del fatto che lo stock globale di debito ha raggiunto alla fine del 2019 la cifra astronomica di 12 trilioni di dollari.
In un recente studio condotto dal Fondo Monetario internazionale (Debt is not free, gennaio 2020) si riportano gli esiti di un’analisi condotta sulla base di un larghissimo campione (ben 188 Paesi) a partire dagli anni Ottanta. Da questa analisi risulta che mentre nel periodo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta la crescita dell’indebitamento era finalizzata alla promozione dello sviluppo economico, negli anni Settanta essa rispondeva anche agli effetti prodotti dagli squilibri esterni.
Più recentemente, soprattutto dopo l’esplosione della crisi economico-finanziaria del 2007-2008 si è rafforzata l’attenzione sul rischio di crisi fiscali con particolare riguardo ad eventuali default, con l’impossibilità di pagare i debiti contratti, alla necessità di ricorrere a misure straordinarie di sostegno e al supporto necessario del FMI o dell’Unione europea e alla perdita di fiducia dei mercati con l’impossibilità di accedere a finanziamenti sui mercati stessi.
Dall’analisi emerge che il debito pubblico costituisce l’indicatore più significativo della possibilità di una crisi fiscale seguito da altre variabili quali il livello di crescita, gli andamenti demografici e l’efficienza delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche (si tratta di tutti fattori di debolezza per l’Italia).
A fronte di queste preoccupazioni si va ampliando il novero di chi sostiene che non può essere ulteriormente sottovalutato il rischio di un’eccessiva crescita del debito privato e della sua sostenibilità.
Anche l’ex Presidente della BCE, Mario Draghi (articolo del 25 marzo 2020 sul Financial Times), ha recentemente affermato come sia necessario un intervento pubblico muscolare al fine di salvare le imprese da un eccesso di indebitamento conseguente al crollo dell’attività produttiva. “La risposta - scrive Draghi - deve comportare un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito sostenuta dal settore privato - e qualsiasi debito accumulato per colmare il divario - deve alla fine essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici. Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato”.
In linea teorica, la gestione e il ridimensionamento di un elevato debito pubblico può realizzarsi attraverso varie soluzioni, tra cui:
· un elevato tasso di inflazione che riduce il valore reale del debito, fermo restando quello nominale. Tale soluzione, che tuttavia penalizza i percettori di redditi fissi, non appare allo stato praticabile stante il basso livello della domanda, tanto che non si è ancora raggiunto, all’interno dell’UE, il tasso di inflazione ritenuto fisiologico;
Al riguardo, si segnala che, secondo i più recenti dati Eurostat, l'inflazione annuale nell'eurozona dovrebbe attestarsi al -0,3% a settembre 2020, in calo dal -0,2% di agosto.
· il conseguimento di consistenti avanzi primari (differenza tra le entrate e le uscite della contabilità pubblica nazionale, al netto delle spese per gli interessi sul debito). Va tuttavia osservato che negli ultimi anni sebbene l’Italia abbia quasi sempre registrato avanzi primari di segno positivo, tra i più alti e stabili all’interno dell’UE, ciò non è bastato per un sostanziale ridimensionamento del livello del debito.
Di seguito, un grafico del MEF sull’avanzo primario registrato tra il 1995 e il 2016 in Italia, Germania, Spagna, Francia e Regno Unito:
· una monetizzazione del debito pubblico, vale a dire l’acquisizione di titoli di debito pubblico da parte della banca centrale: è uno strumento a cui ha fatto sistematicamente ricorso, tra gli altri, la Banca centrale giapponese. La BCE, invece, non può monetizzare i debiti degli Stati, acquistando titoli sul mercato primario. L'articolo 123 del TFUE, infatti, le vieta l'acquisto diretto di titoli di debito pubblico emessi dagli Stati membri. Ciononostante, in periodi di emergenza essa ha attivato il Quantitative easing, in seguito alla crisi economico-finanziaria del 2007-2008, con cui ha acquistato titoli pubblici e privati sul mercato secondario, ossia da altri istituti di credito, mentre allo stato attuale è attivo il nuovo Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) da 1.350 miliardi di euro, con l'obiettivo di contrastare i gravi e crescenti rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e per le prospettive di crescita derivanti dalla diffusione del coronavirus (COVID-19);
· un aumento dei tassi di crescita dell’economia in modo da ridurre il rapporto debito/PIL: per l’Italia questa soluzione sembrerebbe poter rappresentare una strada percorribile a costo che si inverta il trend degli ultimi anni. La BEI ha, infatti, rilevato che all’interno dell’UE l’Italia è fanalino di coda per crescita del PIL. Negli ultimi 25 anni l’Italia non ha mai superato il 2% di crescita annua; dal 2000 al 2019 l’Italia ha avuto una crescita media dello 0,4%. Pertanto, mentre dal 2000 il PIL francese è aumentato del 32%, quello tedesco del 30,6%, quello spagnolo del 43,4% e quello medio UE (senza l’Italia) del 40,7%, il PIL italiano è cresciuto solo del 7,7%.
La terza sessione si concentrerà sul Piano per ripresa dell’UE volto a fronteggiare le ricadute sociali ed economiche della pandemia di COVID-19.
Il nuovo quadro finanziario pluriennale dell’UE 2021-2027 e le risorse di Next Generation EU: come allocarle rapidamente e in modo mirato? Come coordinare le iniziative per la ripresa nazionali ed europee? Quale sarà il ruolo dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nella predisposizione dei Piani per la ripresa e la resilienza? Come gli Stati membri possono tornare alla stabilità di bilancio e alla crescita sostenibile dopo la crisi?
La sessione prevede l’intervento del Ministro per gli affari economici e l’energia della Germania, Peter Altmaier, e del Vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis.
La pandemia da COVID-19 ha prodotto e sta producendo effetti pesantissimi sul piano economico e sociale; si tratta della crisi più grave dal secondo dopoguerra, di dimensioni di gran lunga superiori a quelle della crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007.
Secondo le più recenti previsioni economiche della Commissione europea (luglio 2020), complessivamente il PIL dell’UE dovrebbe contrarsi dell’8,3% nel 2020, per rimbalzare nel 2021 ad un tasso di crescita del 6,1%. Per l’eurozona, invece, si prevede una contrazione del PIL dell’8,7% nel 2020 e un rimbalzo del 5,8% nel 2021.
Per l’Italia, la Commissione europea stima una contrazione del PIL dell’11,2% nel 2020 e poi un rimbalzo del 6,1% nel 2021.
L’ultimo conto economico trimestrale dell’ISTAT (31 agosto 2020) rileva che nel secondo trimestre del 2020 il PIL italiano è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti del secondo trimestre del 2019, a causa della caduta dei consumi e degli investimenti e della componente estera.
Per quanto concerne il tasso di disoccupazione, i più recenti dati Eurostat (settembre 2020), evidenziano un costante aumento nell’UE negli ultimi mesi: è passato dal 6,7% di aprile al 7,2% di luglio (nell’eurozona dal 7,4% al 7,9%) e il trend è previsto in ulteriore peggioramento. In Italia, si sarebbe passati dal 7,3% di aprile al 9,7% di luglio.
Anche per l’ISTAT a luglio il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 9,7%, mentre tra i giovani (15-24 anni) ha raggiunto il 31,1%.
Dinanzi a uno scenario che presenta così marcati e preoccupanti elementi di criticità, le Istituzioni europee e gli Stati membri hanno avviato un approfondito confronto, anche alla luce delle iniziative assunte in altre aree economiche (in particolare Stati Uniti, Cina e Giappone), al fine di individuare possibili rimedi e consentire una rapida ripresa dell’economia.
Da più parti si è affermato che la necessità di fronteggiare una crisi così drammatica può costituire un’opportunità per porre mano a una serie di interventi strutturali volti a consentire alle economie dei Paesi europei di collocarsi in una posizione meno vulnerabile di fronte a un aumento della competitività a livello globale, stante l’impetuosa crescita di alcune economie emergenti registrata negli ultimi anni.
Il primo aspetto in discussione è stato l’ordine di grandezza delle risorse da destinare allo scopo.
Sul piano nazionale ciò si è tradotto nell’adozione di misure a sostegno del reddito disponibile e delle attività economiche, tali da comportare un aumento significativo dell’indebitamento netto e del debito pubblico.
Sul piano europeo, si è svolto un approfondito e intenso confronto all’esito del quale il Consiglio europeo ha convenuto sulla necessità di una manovra di ampio spettro capace di far ricorso a una pluralità di strumenti e di impegnare ingenti risorse finanziarie.
Il confronto ha coinciso con la discussione per la definizione del nuovo bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027 sul quale, prima dell’esplosione della crisi, si erano misurati atteggiamenti molto differenziati: alcuni Paesi, cosiddetti "frugali" (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia), volevano limitare la spesa complessiva all'1% dell'RNL dell'UE-27, finanziando le nuove priorità e i settori che possono supportare maggiormente la competitività europea tramite maggiori tagli alle politiche tradizionali, mentre altri Paesi, tra cui l’Italia, sebbene con diverse gradualità, chiedevano risorse sufficienti per finanziare adeguatamente non solo le nuove priorità, ma anche le politiche tradizionali.
In seguito alla crisi, lo scenario è radicalmente mutato: facendo seguito a una nuova proposta della Commissione europea, presentata nel maggio 2020, il Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 ha concordato un sostanzioso aumento del bilancio dell’UE 2021-2027 attraverso Next Generation EU (NGEU), il nuovo strumento dell'UE che raccoglierà fondi sui mercati e li canalizzerà verso i programmi destinati a favorire la ripresa economica e sociale.
Nello specifico, l’accordo conseguito dai leader dell’UE prevede un bilancio dell’UE 2021-2027 di 1074,3 miliardi di euro in termini di impegni (a prezzi 2018), pari all'1,067% dell'RNL dell'UE-27; in aggiunta, in virtù della decisione sulle risorse proprie (Vedi infra), alla Commissione europea, è conferito il potere di contrarre, per conto dell'Unione, prestiti sui mercati dei capitali fino a 750 miliardi di euro (a prezzi 2018) da utilizzare al solo scopo di far fronte alle conseguenze della crisi COVID-19 (390 miliardi in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti).
Il totale complessivo è, quindi, pari a 1.824,3 miliardi di euro.
Così come previsto dalla proposta modificata di decisione delle risorse proprie presentata dalla Commissione europea nel maggio 2020, l’accordo prevede, infatti, oltre all’innalzamento del massimale annuo delle risorse proprie all'1,4% del RNL dell'UE in considerazione delle incertezze economiche e della Brexit, anche un innalzamento eccezionale e temporaneo dello stesso di ulteriori 0,6 punti percentuali (portandolo così al 2% dell'RNL dell'UE), affinché l'Unione possa farsi carico della passività collegata all'assunzione dei prestiti e quindi per garantire il rimborso dei debiti contratti per finanziare NGEU.
Secondo le stime del Governo (si veda, al riguardo, l’informativa del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla Camera dei deputati del 22 luglio 2020), il saldo italiano sul bilancio pluriennale, pur restando negativo, migliorerebbe rispetto a quello attuale 2014-2020, passando da -0,24% a -0,17% del PIL (in termini assoluti, da meno 4,11 miliardi di euro a meno 2,9 miliardi di euro in media all'anno) e sarebbe più che compensato dai rientri attesi da Next generation EU.
Nella stessa occasione, circa Next Generation EU, il Presidente del Consiglio ha quantificato nell'importo complessivo di circa 208 miliardi di euro (il 28% del totale) le risorse che confluirebbero nel nostro Paese a vario titolo; in particolare, i prestiti ammonterebbero a circa 127 miliardi di euro a fronte di sovvenzioni per circa 81 miliardi di euro.
L'attività di assunzione dei prestiti cesserà al più tardi alla fine del 2026, mentre il rimborso dei prestiti inizierà a partire dal 1° gennaio 2027 con termine fissato al 31 dicembre 2058. Gli impegni giuridici devono essere contratti entro il 31 dicembre 2023 e i relativi pagamenti effettuati entro il 31 dicembre 2026.
L'ammontare massimo di capitale annuo, potenzialmente restituibile, è stato fissato a 29,25 miliardi di euro (il 7,5% della parte sovvenzioni di Next Generation EU).
L’accordo specifica che, in relazione agli stanziamenti per Next Generation EU, la decisione sul sistema delle risorse proprie specificherà i casi e le condizioni in cui agli Stati membri potrà essere richiesto di concorrere pro quota a finanziare i nuovi programmi secondo le ordinarie modalità di finanziamento del bilancio dell'UE. Tale operazione non dovrebbe aumentare le passività finali degli Stati membri. L'importo delle risorse supplementari che possono essere richieste ogni anno agli Stati membri è stabilito su base proporzionale e, in ogni caso, limitato allo 0,6 % dell'RNL nazionale. Prima di chiedere tali risorse, comunque, è previsto che la Commissione debba ricorrere ad una gestione attiva della liquidità e, se necessario, a finanziamenti a breve termine tramite i mercati dei capitali nell'ambito della sua strategia di finanziamento diversificata.
In base all’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo, la spesa per finanziare il bilancio UE sarà coperta da introiti derivanti dalle risorse proprie dell’Unione già esistenti (dazi doganali, risorsa IVA e risorsa RNL) e si lavorerà per una riforma del sistema delle risorse proprie, in particolare mediante l’introduzione di nuove risorse proprie, che potrebbero essere, tra l’altro, utilizzate per il rimborso anticipato dei prestiti contratti a titolo di Next Generation EU.
Per l'introduzione di nuove risorse proprie, viene proposto un approccio in quattro fasi temporali: 1) nuova risorsa propria legata all'uso dei rifiuti di plastica (dal 1° gennaio 2021): si tratterebbe di un contributo nazionale calcolato in base al peso dei rifiuti non riciclati di imballaggi in plastica; 2) meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, e tassazione digitale (che dovrebbe, nelle intenzioni della Commissione europea, basarsi sul lavoro in corso in sede OCSE per una tassazione condivisa a livello globale dei proventi delle società attive in questo campo, fermo restando che, in caso di mancato accordo in sede OCSE, la Commissione europea ha già manifestato la sua intenzione di procedere comunque entro il 1° gennaio 2023); 3) proposta riveduta sul sistema per lo scambio di quote di emissioni ETS, con possibile estensione anche ai settori marittimo e dell'aviazione; 4) altre risorse, tra cui una forma di imposizione sulle transazioni finanziarie.
Si prevede, inoltre, il mantenimento dei rebates per Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia.
Il nuovo QFP, rafforzato da Next Generation EU, intende in modo particolare fornire all'UE i mezzi necessari per far fronte alle conseguenze della crisi COVID-19 e, allo stesso tempo, trasformare l'Unione attraverso le sue principali politiche, in particolare il Green Deal europeo e la rivoluzione digitale.
I leader dell’UE hanno, infatti, convenuto di utilizzare i prestiti contratti sui mercati dei capitali per finanziare NGEU al solo scopo di far fronte alle conseguenze della crisi COVID-19 e di destinare almeno il 30% della spesa complessiva all'azione per il clima (a fronte del 20% dell'attuale bilancio), nonché di aumentare gli investimenti nella transizione digitale mediante previsioni di spesa per la trasformazione digitale in tutti i programmi. Inoltre, hanno confermato un meccanismo di tutela del bilancio dell'UE dai rischi finanziari connessi a carenze generalizzate dello Stato di diritto negli Stati membri. Si prevede che, in caso di violazioni, la Commissione europea proponga misure che dovranno essere adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata.
Sono previste 7 rubriche di spesa principali:
· rubrica 1: Mercato unico, innovazione e agenda digitale: 143,4 miliardi di euro (132,8 dal bilancio e 10,6 a titolo di Next Generation EU);
· rubrica 2: Coesione, resilienza e valori: 1.099,7 miliardi di euro (377,8 dal bilancio e 721,9 a titolo di Next Generation EU);
· rubrica 3: Risorse naturali e ambiente: 373,9 miliardi di euro (356,4 dal bilancio e 17,5 a titolo di Next Generation EU);
· rubrica 4: Migrazione e gestione delle frontiere: 22,7 miliardi di euro;
· rubrica 5: Sicurezza e difesa: 13,2 miliardi di euro;
· rubrica 6: Vicinato e resto del mondo: 98,4 miliardi di euro;
· rubrica 7: Pubblica amministrazione europea: 73,1 miliardi di euro.
Gli importi a titolo di NGEU saranno erogati soltanto tramite sette programmi: Dispositivo per la ripresa e la resilienza: 672,5 miliardi di euro; REACT-EU: 47,5 miliardi di euro; Orizzonte Europa: 5 miliardi di euro; InvestEU: 5,6 miliardi di euro; Sviluppo rurale: 7,5 miliardi di euro; Fondo per una transizione giusta: 10 miliardi di euro; RescEU: 1,9 miliardi di euro.
In tema di flessibilità, i leader dell’UE hanno concordato: uno strumento unico di margine per consentire il finanziamento di spese impreviste con un massimale annuo a 772 milioni di euro; tre strumenti speciali tematici per offrire mezzi finanziari supplementari in caso di eventi imprevisti specifici: 1) la riserva di adeguamento alla Brexit per sostenere gli Stati membri e i settori economici maggiormente colpiti dalla Brexit (5 miliardi di euro); il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per offrire assistenza ai lavoratori che perdono il lavoro a causa di ristrutturazioni legate alla globalizzazione (1,3 miliardi di euro); la riserva di solidarietà e per gli aiuti d'urgenza per rispondere a situazioni di emergenza derivanti da catastrofi gravi negli Stati membri e nei Paesi in fase di adesione e per rispondere rapidamente a specifiche necessità urgenti all'interno dell'UE o nei Paesi terzi (1,2 miliardi di euro).
Non è previsto un riesame intermedio del bilancio.
L’accordo raggiunto al Consiglio europeo deve ora ottenere l’approvazione del Parlamento europeo, mentre la decisione sulle risorse proprie dell’UE dovrà essere ratificata da tutti gli Stati membri secondo le rispettive procedure costituzionali. Nel caso in cui il nuovo bilancio non fosse adottato per tempo, l'articolo 312, paragrafo 4, del TFUE prevede la proroga temporanea del massimale dell'ultimo anno dell'attuale bilancio (2020).
Il Parlamento europeo (risoluzione del 23 luglio 2020 sulle conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020) ha, tra l’altro, criticato i tagli sul bilancio a lungo termine dell'UE apportati in particolare ai programmi orientati al futuro (relativi a clima, transizione digitale, salute, gioventù, cultura, infrastrutture, ricerca, gestione delle frontiere e solidarietà) poiché "mineranno le basi di una ripresa sostenibile e resiliente". Su NGEU, si è rammaricato “dei consistenti tagli apportati alla componente delle sovvenzioni” e ha chiesto il pieno coinvolgimento democratico del Parlamento nello strumento per la ripresa che al momento “non attribuisce un ruolo formale ai deputati eletti al Parlamento europeo".
Il 16 settembre 2020 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione legislativa sulla decisione sulle risorse proprie; tocca ora al Consiglio dell’UE pronunciarsi in via definitiva e permettere in tal modo l’avvio delle procedure di ratifica nazionali.
Secondo la risoluzione, è necessario introdurre nel bilancio dell'UE nuove fonti di entrate che coprano almeno i costi relativi a Next Generation EU e, a tale scopo, si chiede l’approvazione di un calendario vincolante per l'introduzione di queste nuove risorse proprie. Infine, la risoluzione invita a finanziare la ripresa in modo sostenibile, ad esempio tassando i responsabili dell'inquinamento a livello transfrontaliero e le multinazionali, senza gravare sulla prossima generazione.
Il 27 agosto 2020 si sono avviati i colloqui trilaterali tra il Parlamento europeo, la Presidenza tedesca di turno al Consiglio dell'UE e la Commissione europea sul pacchetto approvato dal Consiglio europeo.
Il Parlamento europeo ha individuato 15 programmi “faro” dell’UE per i quali chiede maggiori risorse. Si tratta, tra l’altro, di programmi concernenti clima, transizione digitale, salute, gioventù, cultura, infrastrutture, ricerca, gestione delle frontiere e solidarietà.
Il più importante programma previsto nell'ambito di Next Generation EU è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility) che, con una dotazione di 672,5 miliardi di euro (360 miliardi di prestiti e 312,5 miliardi di sovvenzioni), avrebbe l'obiettivo di sostenere gli investimenti e le riforme degli Stati membri nell'ambito del Semestre europeo, al fine di agevolare una ripresa duratura, migliorare la resilienza delle economie dell'UE e ridurre le divergenze economiche fra gli Stati membri.
L'obiettivo generale del Dispositivo sarebbe infatti quello di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione migliorando la resilienza e la capacità di aggiustamento degli Stati membri, attenuando l'impatto sociale ed economico della crisi e sostenendo le transizioni verde e digitale, contribuendo in tal modo a ripristinare il potenziale di crescita delle economie dell'Unione, a incentivare la creazione di posti di lavoro nel periodo successivo alla crisi della Covid-19 e a promuovere una crescita sostenibile.
L’accordo conseguito in Consiglio europeo ha delineato le caratteristiche principali del Dispositivo. Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha definito gli orientamenti strategici per la sua attuazione nella Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 e ha presentato gli orientamenti aggiuntivi destinati agli Stati membri e un modello standard per la presentazione dei Piani di ripresa e resilienza.
L'attuazione del Dispositivo sarà coordinata da un’apposita task force della Commissione per la ripresa e la resilienza in stretta collaborazione con la Direzione generale degli Affari economici e finanziari (DG ECFIN). Un comitato direttivo presieduto dalla Presidente Ursula von der Leyen fornirà un orientamento politico alla task force per contribuire a garantire che il Dispositivo sia attuato in modo coerente ed efficace.
Assegnazione delle risorse
Il 70% delle sovvenzioni (218,7 miliardi di euro) dovrebbe essere impegnato nel 2021 e nel 2022 secondo criteri di assegnazione predeterminati (popolazione, inverso del PIL pro capite e tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni rispetto alla media UE 2015-2019), mentre il 30% verrebbe impegnato nel 2023 tenendo conto del calo del PIL nel 2020 e nel periodo cumulato 2020- 2021 (criterio che sostituirebbe quello della disoccupazione).
Il volume massimo dei prestiti per ciascuno Stato membro non dovrebbe superare il 6,8% del suo RNL, ma tale limite potrebbe essere aumentato in circostanze eccezionali da valutare caso per caso.
La Commissione europea ha stimato per l’Italia una quota di sovvenzioni pari a 65,4 miliardi di euro (tabella seguente), basandosi, per il 30% delle risorse che saranno impegnate nel 2023, sulle sue previsioni economiche d’estate 2020. Tra le principali economie europee, la Germania avrebbe risorse pari a 22,7 miliardi di euro, la Francia a 37,4 miliardi e la Spagna a 59,1 miliardi.
È prevista, inoltre, la possibilità di ottenere prefinanziamenti che verrebbero versati nel 2021 per un importo pari al 10%.
La Commissione europea ha specificato che il prefinanziamento potrebbe essere versato previa approvazione del Piano nazionale mediante una decisione di esecuzione del Consiglio e l'adozione dell'impegno giuridico da parte della Commissione stessa, il che significherebbe che i fondi potrebbero iniziare ad arrivare già nella prima metà del 2021.
Come evidenziato dalla Banca d’Italia nell’audizione del 7 settembre 2020 presso la V Commissione della Camera dei deputati, l’accordo non specifica la durata e il tasso dei finanziamenti concessi dall’UE ai Paesi membri attraverso il Dispositivo. Il rendimento sul mercato secondario delle obbligazioni dell’Unione con scadenza residua intorno a 10 anni è pari attualmente a circa -0,1%. Si può valutare, secondo Banca d’Italia, che, se tale tasso fosse applicato ai finanziamenti destinati al nostro Paese, il pieno utilizzo (per 120 miliardi di euro) dei prestiti del Dispositivo comporterebbe una spesa per interessi inferiore di circa 1,3 miliardi in media all’anno nell’arco di un decennio rispetto a quella connessa con l’emissione di BTP decennali per pari importo (il rendimento per questi titoli è attualmente pari a poco più dell’1%).
Gli Stati membri dovranno predisporre dei Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR - Recovery and Resilience Plan) per definire il programma nazionale di riforme e investimenti per gli anni 2021-23. I Piani saranno riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022 per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023.
La Commissione europea ha specificato che gli Stati membri potranno presentare ufficialmente i loro Piani dopo l'entrata in vigore del regolamento. Il termine per la presentazione formale dei PNRR è comunque fissato al 30 aprile 2021. La Commissione europea incoraggia tuttavia gli Stati membri a presentare i loro progetti preliminari di Piani a partire dal 15 ottobre 2020 e a interagire con la task force per la ripresa e la DG ECFIN per discutere tali progetti. Infine, gli Stati membri sono invitati a discutere con la Commissione i progetti di Piani insieme ai loro progetti di documenti di programmazione per la politica di coesione, compresi REACT-EU e il Fondo per una transizione giusta.
Secondo la proposta, i Piani dovranno essere coerenti con le informazioni contenute nei Programmi nazionali di riforma nell'ambito del Semestre europeo (PNR), nei Piani nazionali per l'energia e il clima (PNIEC), nei Piani territoriali per una transizione giusta, negli Accordi di partenariato e nei programmi operativi a titolo dei fondi dell'Unione.
I Piani saranno valutati dalla Commissione europea entro due mesi dalla presentazione in base a una serie di criteri, tra cui: la coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese; il rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro; il contributo effettivo alla transizione verde e a quella digitale.
È specificato che nella valutazione il punteggio più alto deve essere ottenuto per quanto riguarda i criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro, ma che anche l'effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva.
I Piani saranno poi approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, entro 4 settimane dalla proposta della Commissione.
La valutazione positiva delle richieste di pagamento sarà subordinata al raggiungimento di pertinenti traguardi intermedi e finali. In merito al soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali, la Commissione europea terrà conto del parere del Comitato economico e finanziario.
Il Comitato è un organo consultivo istituito per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri necessarie al funzionamento del mercato interno; è costituito da alti funzionari delle amministrazioni nazionali e delle banche centrali, della Banca centrale europea e della Commissione europea.
Qualora, in via eccezionale, uno o più Stati membri ritengano che vi siano gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali, verrà attivata la procedura che è stata definita “freno d'emergenza”: ogni Stato membro potrà infatti opporsi alla valutazione positiva per gravi scostamenti dall'adempimento soddisfacente dei pertinenti target e, su queste basi, richiedere entro tre giorni che la questione sia deferita al Consiglio europeo. Nessuna decisione riguardo i pagamenti potrebbe essere assunta finché il Consiglio europeo non abbia discusso la questione "in maniera esaustiva".
Di norma, tale processo non dovrà richiedere più di tre mesi dal momento in cui la Commissione ha chiesto il parere del Comitato economico e finanziario e sarà conforme all'articolo 17 TUE e all'articolo 317 TFUE.
Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha fornito indicazioni sulla redazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza e sui progetti da presentare ai fini del finanziamento nella Comunicazione "Strategia annuale per una crescita sostenibile 2021" (COM(2020)575). Vi si ribadisce lo stretto legame che intercorrerà tra i Piani ed il semestre europeo: i progetti presentati dovrebbero fornire risposta alle sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese approvate dal Consiglio ed essere allineati con le priorità europee. Riforme ed investimenti dovrebbero essere affrontati in parallelo, concentrandosi sulle sfide e priorità che genereranno l'impatto più duraturo e rafforzeranno il potenziale di crescita, la creazione di occupazione, la resilienza dei sistemi sanitari, la resilienza economica e sociale e la coesione regionale.
La Comunicazione illustra anche come alcuni passi procedurali del semestre saranno temporaneamente adattati per rispondere alle esigenze del Dispositivo.
I principi chiave dei Piani nazionali sono elencati di seguito:
· la transizione verde, nell'ottica del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 e della riduzione significativa delle emissioni di gas entro il 2030. In ogni piano nazionale la spesa relativa al clima dovrà ammontare almeno al 37%, con riforme ed investimenti nel campo dell'energia, dei trasporti, della decarbonizzazione dell'industria, dell'economia circolare, della gestione delle acque e della biodiversità. Si sollecita l'acceleramento della riduzione di emissioni tramite la rapida distribuzione di energie rinnovabili e di idrogeno, un'azione più decisa sull'efficienza energetica degli edifici, investimenti nella mobilità sostenibile, la promozione di infrastrutture ambientali e la protezione della biodiversità;
· la transizione digitale e produttività, a cui si propone di dedicare almeno il 20% delle spese in ogni Piano nazionale. Le riforme e gli investimenti proposti dovrebbero: migliorare la connettività; sviluppare competenze digitali a tutti i livelli per sostenere un mercato del lavoro in transizione e formare il futuro digitale dell'Europa, incidendo sulla pubblica amministrazione e sulle imprese; costruire capacità digitali all'avanguardia (intelligenza artificiale, cybersecurity, microelettronica, ecc.);
· l'equità, con auspicabili interventi mirati ad assicurare pari opportunità, istruzione inclusiva, condizioni di lavoro eque e protezione sociale adeguata a giovani, donne e gruppi vulnerabili (persone scarsamente qualificate, disabili e migranti). Si afferma la crescente importanza di assicurare accesso equo all'istruzione, un'assistenza sanitaria di qualità, il rafforzamento dell'assistenza di lunga durata, di promuovere l'uguaglianza di genere e di condurre politiche di equilibrio tra vita professionale e familiare;
· la stabilità macroeconomica. Gli Stati membri dovrebbero continuare a fornire nel 2021 sostegno fiscale temporaneo e finalizzato, in un contesto in cui è attivata la clausola di salvaguardia generale del Patto di Stabilità e crescita ed è stato sospeso l'aggiustamento di bilancio. Si sollecita però la salvaguardia della sostenibilità fiscale di medio termine, sottolineando come non appena le condizioni lo permetteranno, la politica fiscale dovrebbe mirare ad assicurare la sostenibilità del debito pur accrescendo gli investimenti. Si fa un puntuale riferimento al debito privato, in aumento, ed all'importanza di assicurarne lo sviluppo ordinato, anche tramite l'adozione di quadri di insolvenza.
Si illustra quindi l'importanza delle cosiddette "European flagships", ovvero sette progetti faro che affrontano questioni comuni a tutti gli Stati membri, richiedono investimenti significativi, creano occupazione e crescita e sono strumentali alla duplice transizione verde e digitale. Di conseguenza porterebbero benefici tangibili non solo ad un Paese membro ma a tutti i cittadini dell'Unione e la Commissione ne incoraggia fortemente la presentazione. Rientrano in tale categoria eventuali progetti in:
1) tecnologie pulite, sviluppo ed uso delle rinnovabili e loro integrazione attraverso reti modernizzate e interconnettività rafforzata;
2) miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici e privati;
3) accelerazione dell'uso di trasporto sostenibile, intelligente ed accessibile, con stazioni di carica e rifornimento e l'estensione del trasporto pubblico;
4) accesso a servizi rapidi a banda larga, inclusa la fibra, le reti 5G e lo sviluppo di comunicazione con crittografia quantistica;
5) rendere più moderni ed accessibili l'identificazione elettronica e i servizi pubblici digitali, anche con riferimento alla giustizia ed alla sanità;
6) una transizione digitale caratterizzata dal potenziamento della capacità industriale di data cloud e dalla capacità di sviluppare processori potenti, d'avanguardia e sostenibili;
7) sviluppo delle competenze, con particolare riferimento a quelle digitali e ad istruzione e formazione professionale per tutte le età.
La Commissione incoraggerà gli investimenti che vanno a beneficio del mercato unico, mettendo in luce come per alcuni di essi sia essenziale la natura transnazionale. Anche in considerazione del fatto che questi possono rafforzare l'autonomia strategica dell'economia UE, la Commissione preannuncia il proprio ruolo attivo nell'assicurare che tutti gli Stati membri interessati possano avere accesso a tali progetti. Dichiara inoltre la propria disponibilità a svolgere un ruolo di coordinamento, soprattutto qualora siano coinvolti altri programmi europei.
Alla luce di questo elemento, può essere opportuno considerare il potenziamento della dimensione transnazionale e multinazionale, a cui le Linee guida del Governo per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza fanno riferimento nel paragrafo dedicato alla ricerca e sviluppo (par. IV.4).
Al fine di incrementare la capacità di assorbimento dei fondi, si afferma inoltre l'importanza di dare attuazione agli aspetti delle raccomandazioni specifiche per paese che possano creare un ambiente favorevole ad investimenti e riforme.
Con specifico riferimento all'Italia, le raccomandazioni relative agli anni 2020 e 2019 hanno fatto riferimento alla necessità di "migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione" (punto 4, raccomandazione 2020), in particolare mediante la riduzione della durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio ed il miglioramento dell'efficacia della lotta contro la corruzione, riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali (punto 4, raccomandazione 2019). Le Linee guida preannunciano, a questo proposito (par. IV.6) una riforma della giustizia finalizzata, tra l'altro, alla riduzione del processo civile e di quello penale.
Si specifica infine che sarà possibile, per gli Stati membri, combinare diverse fonti di finanziamento provenienti dall'Unione (ad esempio a titolo della politica di coesione o altre fonti UE) purché non vi sia doppio finanziamento e i diversi contributi siano indicati nei PNRR nazionali In questo caso, si sottolinea l'importanza di creare adeguati meccanismi di coordinamento.
In fase di valutazione dei progetti, la Commissione attribuirà una grande importanza alla circostanza che siano indicati tappe ed obiettivi specifici, misurabili, raggiungili, realistici e con scadenze precise. I relativi indicatori dovrebbero essere rilevanti e solidi (si veda, in questo senso, la Guida agli Stati membri predisposta dai servizi della Commissione, disponibile in lingua inglese).
La Guida, strutturata in quattro parti, delinea orientamenti aggiuntivi e più specifici e un modello standard per la predisposizione dei Piani. Se ne dà conto di seguito in estrema sintesi:
· PARTE I (obiettivi generali e coerenza del Piano): gli Stati membri sono invitati a predisporre una sintesi introduttiva del Piano, accompagnata da elementi chiave e cifre che quantifichino l’impatto complessivo stimato. Dopo la sintesi introduttiva, sono invitati a fornire informazioni su quali progetti faro europei, tra quelli individuati nella Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021, beneficeranno dei finanziamenti del Piano. A tal riguardo, gli Stati membri sono invitati a descrivere, per ciascun progetto faro, lo status quo (strategie e obiettivi nazionali esistenti) e come possono essere invece ulteriormente sviluppati per soddisfare le ambizioni 2025 a livello UE. Gli Stati membri sono inoltre invitati a descrivere le riforme e gli investimenti pianificati.
Infine, si chiede agli Stati membri di fornire una spiegazione dettagliata di come le misure proposte affrontano le raccomandazioni specifiche per paese 2019 e 2020 e di presentare Piani che dimostrino coerenza tra le varie componenti e tra le riforme e gli investimenti.
· PARTE II (descrizione delle riforme e degli investimenti): gli Stati membri sono chiamati a presentare un Piano suddiviso in componenti separate e a dettagliare gli investimenti e le riforme inclusi in ciascuna componente, nonché il contributo previsto, i relativi traguardi, obiettivi e tempistiche e il loro finanziamento e costo. Le componenti da coprire da un prestito devono essere indicate separatamente, includendo gli stessi elementi.
Agli Stati membri si chiede poi di spiegare in che misura la componente contribuirà alle transizioni verde e/o digitale e in che modo ogni investimento e riforma contribuisce all'obiettivo di dedicare almeno il 37% delle spese per gli obiettivi climatici e il 20% per il digitale. Gli Stati membri devono anche spiegare in che misura il Piano contribuirà al raggiungimento della neutralità climatica e agli obiettivi 2030 per l'energia e il clima previsti nei Piani nazionali per l'energia e il clima (e relativi aggiornamenti).
Infine, si richiede agli Stati membri di indicare target intermedi e finali e un cronoprogramma che rifletteranno i progressi compiuti nell'attuazione delle riforme e degli investimenti della componente e che saranno legati agli esborsi (semestrali). Vengono raccomandati target chiari e realistici e collegati a un cronoprogramma per il loro raggiungimento. Inoltre, è richiesto di fornire informazioni sul costo totale stimato di ciascuna componente.
· PARTE III (complementarità e attuazione del Piano): è richiesta agli Stati membri la coerenza del Piano con: le pertinenti sfide e priorità specifiche per Paese individuate nel contesto del Semestre europeo; i Programmi nazionali di riforma (PNR); i Piani nazionali per l'energia e il clima (PNEC); gli accordi di partenariato e i programmi che saranno adottati nell'ambito della legislazione settoriale relativa ai fondi dell'Unione (ad esempio, fondi della coesione, InvestEU, Orizzonte Europa, Fondo per una transizione giusta, Programma spaziale, Meccanismo per collegare l’Europa, Europa Digitale, Fondo europeo per la difesa, Europa Creativa, LIFE).
Inoltre, considerato che la pubblica amministrazione svolgerà un ruolo centrale nell'attuazione del Piano, gli Stati membri sono chiamati a garantire la capacità amministrativa necessaria per assicurare che le riforme e gli investimenti procedano come pianificato.
È richiesto agli Stati membri di riferire sui progressi compiuti almeno semestralmente, al momento della presentazione delle richieste di pagamento. Le informazioni, fornite mediante delle relazioni, saranno utilizzate dalla Commissione per monitorare i Piani, per decidere in merito alle richieste di pagamento e per riferire sui progressi e sui risultati del Dispositivo.
Infine, gli Stati membri sono tenuti a descrivere i loro sistemi nazionali di gestione e controllo e gli organismi correlati istituiti e sufficientemente solidi da fornire garanzie (i) che i target intermedi e finali siano attendibili, compresi i meccanismi di controllo, e (ii) che i principi di sana gestione finanziaria (evitare il doppio finanziamento; evitare frodi e corruzione; evitare conflitti di interessi) siano rispettati.
· PARTE IV (impatto complessivo): gli Stati membri sono invitati a fornire un quadro dell’impatto macroeconomico e sociale del Piano insieme a una valutazione delle prospettive macroeconomiche. In particolare, i Piani dovrebbero includere, tra l’altro, una stima del loro impatto quantitativo sul PIL (potenziale), sull’occupazione e sulle altre principali variabili macroeconomiche, nonché una stima di come le varie componenti del Piano contribuiranno a mitigare le conseguenze economiche e sociali della crisi e a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale; occorrerebbe spiegare come e in che misura la componente dovrebbe migliorare rispetto allo status quo, anche attraverso indicatori quantitativi. Infine, gli Stati membri sono invitati a fornire prova del fatto che il livello di investimenti pubblici precedente, escluso il contributo non rimborsabile del Piano, sarà almeno mantenuto per l'orizzonte del programma.
Il confronto avviato in Italia dopo le conclusioni del Consiglio europeo si sta concentrando sulla necessità di elaborare e trasmettere alla Commissione europea un Piano che consenta di utilizzare in modo efficace e mirato le risorse che verranno messe a disposizione.
Secondo la Banca d’Italia, i benefici effettivi che l’Italia potrà ottenere dall’utilizzo dei fondi del nuovo strumento dipenderanno dalla capacità del Paese di proporre interventi in grado di contribuire a rafforzare il potenziale di crescita economica, coerenti con gli obiettivi e i requisiti del programma, e di attuarli in tempi rapidi e senza sprechi. Il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza deve fondarsi anche sull’obiettivo imprescindibile di conseguire un sostanziale, progressivo e continuo riequilibrio dei conti pubblici. A questo può contribuire soprattutto il rilancio della crescita, che sarà possibile solo se le risorse saranno impiegate in maniera produttiva; in caso contrario i problemi del Paese non sarebbero alleviati dal maggiore indebitamento, ma sarebbero accresciuti.
Secondo la Banca d’Italia, le risorse del nuovo strumento europeo possono contribuire ad avviare il recupero dei ritardi accumulati dall’economia italiana negli ultimi trenta anni, a cominciare dalla bassa crescita, a sua volta riflesso della debole dinamica della produttività, e dalle infrastrutture tradizionali, da rinnovare e rendere funzionali.
Sempre secondo la Banca d’Italia, è possibile individuare almeno tre macro aree nelle quali gli interventi appaiono altrettanto urgenti: 1) la pubblica amministrazione, che deve migliorare nella qualità e nei tempi dei servizi offerti, potenziando le capacità tecniche delle amministrazioni centrali e locali, puntando in particolare ad assicurare tempestivamente il pieno rispetto delle regole; 2) l’innovazione: investimenti privati nella manifattura e nei servizi volti ad accrescere la produttività potranno essere favoriti da programmi pubblici per la realizzazione di infrastrutture abilitanti di nuova generazione e in settori ad alto contenuto innovativo, nonché nella qualità del capitale umano e della ricerca. Al completamento della copertura del territorio con rete fissa a banda larga ultraveloce va affiancata, secondo la Banca d’Italia, l’accelerazione della transizione verso un’economia più rispettosa dell’ambiente e con minori emissioni di gas inquinanti, ad esempio con investimenti per la riqualificazione dei trasporti pubblici e l’efficienza energetica dei fabbricati e degli stabilimenti produttivi, nonché per il corretto smaltimento dei rifiuti. Altrettanto importante è il miglioramento della qualità della scuola e dell’università, da perseguire dedicando maggiori risorse al diritto allo studio e al sostegno della ricerca; 3) la salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio naturale e storico-artistico.
Infine, la Banca d’Italia, presupponendo che i fondi disponibili per l’Italia si assumano pari a 120 miliardi per i prestiti e a 87 per i trasferimenti e che siano utilizzati pienamente e senza inefficienze, con una distribuzione della spesa uniforme nel quinquennio 2021-2025, tratteggia due possibili scenari.
Nel primo scenario si ipotizza che tutte le risorse vengano utilizzate per attuare interventi aggiuntivi rispetto a quelli già programmati e che questi riguardino integralmente progetti di investimento: potrebbe tradursi in un aumento cumulato del PIL di circa 3 punti percentuali entro il 2025, con un incremento degli occupati di circa 600.000 unità. Va rilevato che questo scenario, a giudizio della Banca d’Italia, presuppone uno sforzo notevole in termini di progettazione e di capacità di esecuzione degli investimenti: si tratterebbe di raddoppiare la spesa effettuata nel 2019 (40,5 miliardi; tra il 2000 e il 2019 la spesa media annua per investimenti è stata pari a 43,5 miliardi, risultando peraltro sistematicamente inferiore a quella programmata, anche per la difficoltà di preparare e gestire i progetti).
Nel secondo scenario si ipotizza che una parte rilevante delle risorse, pari al 30 per cento, venga utilizzata per misure già programmate e che la parte rimanente venga destinata a finanziare nuovi progetti di investimento. Sotto queste ipotesi gli interventi aggiuntivi ammonterebbero a circa 29 miliardi all’anno, di cui solo 19 per investimenti. L’impatto cumulato sul livello del PIL raggiungerebbe quasi 2 punti percentuali nel 2025.
Secondo l’ISTAT, è necessaria un’attenta analisi delle criticità del nostro Paese al fine di individuare un piano dettagliato degli interventi necessari. Accanto all’individuazione delle priorità sembra opportuno, secondo l’ISTAT, concepire uno o più meccanismi che ne consentano il costante monitoraggio e la loro valutazione ex-ante ed ex-post. Si tratta di un’operazione che andrebbe definita già nelle fasi preliminari all’implementazione degli interventi e osservando i più alti standard qualitativi in tema di fonti e metodi per la valutazione delle policy.
Secondo la BEI, le risorse a disposizione dell’Italia dovrebbero essere utilizzate per quattro settori prioritari di intervento: 1) infrastrutture: grandi programmi di manutenzione, prolungamento della rete ferroviaria AV, messa in sicurezza di ponti e gallerie su strade secondarie, trasporto pubblico locale, rinnovo del parco mezzi; 2) digitalizzazione: sostegno all’upgrade tecnologico delle imprese, riduzione del digital divide e rafforzamento della didattica a distanza; 3) ambiente e risorse naturali: mitigazione del rischio idrogeologico, rafforzamento del sistema invasi e del settore dell’acqua, consolidamento degli argini fluviali e dei terreni, riforestazione; 4) PMI: sostenere le piccole imprese colpite dalla crisi in un’ottica di mantenimento dell’occupazione e quindi con una funzione di coesione sociale.
Il 15 settembre 2020 il Governo ha trasmesso alle Camere le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” in cui si afferma l’intenzione di:
· raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana (0,8% nell’ultimo decennio, secondo i dati del Governo), portandolo quantomeno in linea con la media UE (1,6%, secondo i dati del Governo);
Di seguito una tabella (fonte Eurostat) riportante la crescita annuale del PIL nell’UE e negli Stati membri dal 2008 al 2019.
· aumentare gli investimenti pubblici per portarli almeno al 3% del PIL;
Nel decennio 2009-2019 (dati BEI tratti da Eurostat), in Italia la spesa pubblica per investimenti è calata dal 3,7% al 2,2% del PIL (media UE diminuita solo dal 3,7% al 3%).
· portare la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) al di sopra della media UE (2,1% rispetto all’attuale 1.3% italiano, secondo i dati del Governo);
Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2018 la spesa per ricerca e sviluppo è stata nell’UE-27 pari al 2,19% del PIL; in Italia all’1,39%, mentre in Francia al 2,2% e in Germania al 3,13%.
· conseguire un aumento del tasso di occupazione di 10 punti percentuali per arrivare all’attuale media UE (73,2% contro il 63% dell’Italia, secondo i dati del Governo);
Di seguito una tabella (fonte Eurostat) riportante il tasso di occupazione nell’UE e negli Stati membri dal 2007 al 2019.
· elevare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale;
· ridurre i divari territoriali di reddito, occupazione, dotazione infrastrutturale e livello dei servizi pubblici;
· aumento dell’aspettativa di vita in buona salute;
· promuovere una ripresa del tasso di fertilità e della crescita demografica;
· abbattere l’incidenza dell’abbandono scolastico e dell’inattività dei giovani;
Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2019 il tasso di abbandono scolastico è stato del 10,2% nell’UE; in Italia del 13,5%, in Francia dell’8,2% e in Germania del 10,3%. La tabella seguente riporta, invece, la quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione (NEET) tra il 2007 e il 2019.
· migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati;
· rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese a fronte di calamità naturali, cambiamenti climatici, crisi epidemiche e rischi geopolitici;
· promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari;
· garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica.
Secondo quanto riportato nelle Linee guida, il PNRR italiano dovrà affrontare quattro sfide strategiche: 1) migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell'Italia; 2) ridurre l'impatto sociale ed economico della crisi pandemica; 3) sostenere la transizione verde e digitale; 4) innalzare il potenziale di crescita dell'economia e la creazione di occupazione sarà costruito secondo la seguente sequenza logica.
Per affrontarle, il PNRR si articolerà in sei missioni, che rappresentano le aree tematiche strutturali di intervento, a loro volta suddivise in cluster (insiemi) di progetti omogenei e funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo. Infine, ai vari cluster saranno collegate una o più politiche di supporto e di riforma (sostegno agli investimenti pubblici e alla ricerca e sviluppo e riforme della PA, del fisco, della giustizia e del lavoro).
Le sei missioni sono:
· Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
· Rivoluzione verde e transizione ecologica;
· Infrastrutture per la mobilità;
· Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
· Equità sociale, di genere e territoriale;
· Salute.
Allo scopo di avviare un dialogo informale con la Commissione europea, il Governo ha annunciato, altresì, la predisposizione (e la presentazione in Parlamento) di uno schema più articolato di PNRR, recante una previsione razionale e ordinata dei progetti di investimento e riforma, che sarà trasmesso alla Commissione europea a metà ottobre e che terrà conto sia delle linee guida che elaborate dalla Commissione stessa, che delle eventuali valutazioni di indirizzo che saranno formulate dal Parlamento.
Da notizie di stampa risulta, infatti, che il Governo sta predisponendo un elenco di interventi più dettagliati e puntuali, comprensivi anche di cifre.
Come detto in precedenza, soltanto una volta entrato in vigore il regolamento concernente il Dispositivo, quindi non prima dell’inizio del 2021, sarà possibile presentare ufficialmente il PNRR alla Commissione europea.
Si può osservare che nelle Linee guida soltanto in alcuni casi vengono definiti in termini quantitativi gli obiettivi (ad esempio, il completamento della rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica e il completamento dei corridoi TEN-T per quanto riguarda la rete ferroviaria), mentre nella maggior parte dei casi essi sono richiamati soltanto in termini generali, senza specificare in che misura si intende correggere le tendenze in atto e senza precisare quante risorse verrebbero assegnate a ciascuno degli obiettivi indicati. Allo stato, gli obiettivi non sono corredati di un’analisi sul loro impatto potenziale sulle grandezze economiche né sulle diverse aree territoriali.
Il pacchetto per la ripresa concordato dai leader dell’UE si compone anche di tre ulteriori strumenti a sostegno di lavoratori, imprese e Stati membri del valore complessivo di 540 miliardi di euro.
Insieme al nuovo bilancio dell’UE, così come integrato da NGEU, il pacchetto globale per la ripresa dell'UE ammonta a 2364,3 miliardi di euro.
Tra gli altri principali strumenti approvati dall’UE per fronteggiare gli effetti della crisi da COVID-19 sul piano economico e sociale, vi è, in primo luogo, uno Strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) (regolamento (UE) 2020/672) per fornire agli Stati membri (che ne fanno domanda e che subiscono o rischiano seriamente di subire gravi perturbazioni economiche dovute alla pandemia di Covid-19) assistenza finanziaria, per un totale di 100 miliardi di euro, sotto forma di prestiti concessi a condizioni favorevoli, al fine di consentire il finanziamento di regimi di riduzione dell'orario lavorativo o di misure analoghe mirati a proteggere i lavoratori dipendenti e autonomi e pertanto a ridurre l'incidenza della disoccupazione e della perdita di reddito.
I prestiti sono basati su un sistema di garanzie volontarie (25 miliardi di euro) degli Stati membri nei confronti dell'UE.
Il 25 settembre 2020 il Consiglio dell’UE, su proposta della Commissione, ha concesso un sostegno finanziario di 87,3 miliardi di euro a 16 Stati membri nel quadro dello strumento SURE:
Per l’Italia (decisione di esecuzione del Consiglio), che aveva chiesto l'assistenza finanziaria dell'Unione conformemente al regolamento SURE il 7 agosto 2020, il Consiglio ha approvato un sostegno finanziario di 27,4 miliardi di euro, il più alto tra quelli previsti.
Inoltre, è stato creato un fondo di garanzia paneuropeo del gruppo BEI di 25 miliardi di euro, alimentato con contribuzioni e/o garanzie degli Stati membri, capace di assicurare, fungendo da leva finanziaria e in partenariato con i finanziatori locali e con gli istituti di promozione nazionali, finanziamenti per 200 miliardi di euro, in favore in particolare delle piccole e medie imprese.
Il 26 maggio 2020 il Consiglio di amministrazione della BEI ha raggiunto un accordo sull'assetto e sul funzionamento del Fondo.
Il Fondo di garanzia paneuropeo finanzierà le imprese che, pur mostrando prospettive di solidità nel lungo termine, si trovano in difficoltà a causa della crisi attuale. Almeno il 65% dei finanziamenti sarà riservato alle PMI. Una quota massima del 23% andrà alle imprese con almeno 250 dipendenti, mentre per quanto riguarda le imprese con un organico superiore ai 3 000 dipendenti troveranno applicazione apposite restrizioni. Una quota massima del 5% dei finanziamenti potrà interessare le imprese del settore pubblico e gli enti che operano nel settore della sanità o della ricerca medica, oppure che forniscono servizi essenziali nell'ambito della crisi sanitaria. Un'altra quota pari al 7% dei finanziamenti del Fondo di garanzia paneuropeo potrà essere assegnata al sostegno delle PMI e delle mid-cap sotto forma di capitale di rischio, di capitale per la crescita e di venture debt.
È stato altresì istituito, nell'ambito del Meccanismo europeo di stabilità (MES) attuale, un nuovo Strumento di sostegno per la gestione della crisi pandemica (Pandemic Crisis Support) volto a finanziare i costi diretti e indiretti dell'assistenza sanitaria nazionale, di cura e prevenzione, dovuti alla crisi da COVID-19, sostenuti dal 1° febbraio 2020.
Il nuovo Strumento di sostegno alla crisi pandemica è stato approvato dal Consiglio dei governatori del MES il 15 maggio 2020, è basato sulle esistenti linee di credito precauzionali (ECCL) del MES ed è disponibile, per la durata della crisi, per tutti gli Stati dell'Eurozona.
Le caratteristiche principali dello Strumento sono state fissate dall'Eurogruppo dell'8 maggio 2020 (dichiarazione).
Innanzitutto, l'Eurogruppo, concordando con le valutazioni preliminari della Commissione europea, ha confermato l'ammissibilità di tutti gli Stati dell'eurozona allo Strumento.
L'unico requisito per accedere alla linea di credito consisterà nell’impegno da parte degli Stati richiedenti ad utilizzare le risorse per sostenere il finanziamento interno dell'assistenza sanitaria diretta e indiretta e i costi relativi alla cura e alla prevenzione causati dall'emergenza; a tal fine, gli Stati richiedenti predisporranno un dettagliato Piano di risposta alla pandemia. Come precisato, inoltre, dalla Commissione europea in una lettera del Vicepresidente Dombrovskis e del Commissario Gentiloni, richiamata nella citata dichiarazione dell’Eurogruppo, verrà applicato un quadro di monitoraggio e rendicontazione semplificato, e la “sorveglianza rafforzata” (enhanced surveillance) sarà focalizzata sul reale utilizzo dei fondi per le spese sanitarie, senza l’attivazione di ulteriori obblighi informativi, lo svolgimento di missioni specifiche in loco in aggiunta a quelle normalmente previste nell'ambito del Semestre europeo e la predisposizione di un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico. L'Eurogruppo rende noto, altresì, che il MES implementerà il suo sistema di early warning (allerta precoce) per garantire il rimborso tempestivo dei prestiti erogati.
L'ammontare complessivo massimo delle risorse a disposizione di ciascuno Stato sarà il 2% del PIL del rispettivo Stato alla fine del 2019 (si tratterebbe di circa 240 miliardi di euro totali; circa 35/36 miliardi di euro per l'Italia).
Sempre sulla base della dichiarazione dell’Eurogruppo, la scadenza media massima dei prestiti sarà di 10 anni e il relativo costo definito secondo modalità favorevoli adattate alla natura eccezionale della crisi. Gli Stati potranno avanzare richieste di sostegno fino al 31 dicembre 2022 (ma il termine potrà essere rivisto in base all'andamento della crisi) e, successivamente, rimarrebbero comunque impegnati a rafforzare i loro fondamentali economici e finanziari, in linea con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell'UE, compresa l'eventuale flessibilità applicata dalle istituzioni dell'UE. Il periodo di disponibilità iniziale per ciascun prestito sarà di 12 mesi e potrà essere prorogato due volte per 6 mesi.
L'UE ha altresì autorizzato la massima flessibilità nell'applicazione delle regole dell'UE per quanto riguarda gli aiuti di Stato a sostegno delle imprese e dei lavoratori e le politiche in materia di finanze pubbliche e di bilancio, al fine, ad esempio, di consentire spese eccezionali.
Infatti, la Commissione europea ha deciso di applicare la massima flessibilità in materia di aiuti di Stato, al fine di consentire agli Stati membri di fornire un sostegno diretto ai cittadini e alle imprese, in particolare PMI, duramente colpiti dalla crisi.
Inoltre, per la prima volta è stata attivata la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, la quale consente uno scostamento temporaneo coordinato e ordinato dai normali requisiti per tutti gli Stati membri in una situazione di crisi generalizzata causata da una grave recessione economica della zona euro o dell'UE nel suo complesso.
Infine, al fine di evitare tensioni nei mercati di debito pubblico per sostenere la liquidità e le condizioni dei finanziamenti a famiglie, imprese e banche per preservare la regolare erogazione di credito all'economia, la Banca centrale europea ha assunto una serie di misure che trovano un precedente parzialmente simile nel programma Quantitative easing rispetto al quale si registra un incremento notevole dell'impegno finanziario
In particolare, nel marzo 2020 la Banca centrale europea ha attivato un nuovo programma temporaneo di acquisto di titoli del settore privato e pubblico chiamato "Programma di acquisto per l’emergenza pandemica" (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) da 750 miliardi di euro; grazie a un importo aggiuntivo di 600 miliardi di euro deliberato nel giugno 2020, il totale del programma è stato portato a 1.350 miliardi di euro.
[1] Per ulteriori dettagli sulle misure adottate dalla Banca centrale europea e dalle altre istituzioni dell'UE in risposta alla crisi pandemica, si veda Servizio studi del Senato, "L'epidemia COVID-19 e l'Unione europea", Nota su atti dell'Unione europea n. 44, marzo 2020, e successivi aggiornamenti.