Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche
Riferimenti: AC N.2098/XVIII AC N.2392/XVIII AC N.2247/XVIII AC N.2540/XVIII AC N.2478/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 456
Data: 16/07/2021
Organi della Camera: XI Lavoro


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Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche

16 luglio 2021
Schede di lettura


Indice

Premessa|Il quadro normativo vigente|Contenuto|Analisi di impatto di genere|Necessità dell'intervento con legge|


Premessa

Le proposte di legge C. 2098, C. 2247, C 2392, C. 2478 e C. 2540 recano disposizioni concernenti il diritto alla conservazione del posto di lavoro per i lavoratori affetti da patologie oncologiche o altre gravi malattie temporaneamente invalidanti o croniche, nonché l'estensione del periodo di conservazione del posto (c.d. periodo di comporto, su cui cfr. par. seguente). La pdl C. 2392 è specificamente finalizzata all'estensione della durata del periodo di comporto nell'ambito del rapporto di lavoro privato, a tal fine novellando il Regio decreto-legge n. 1825/1924. La pdl C. 2098 e, nell'ambito del rapporto di lavoro privato, la pdl C. 2392, introducono, inoltre, disposizioni concernenti la predisposizione di un elenco delle malattie cui si applichino le disposizioni del provvedimento. Le pdl C. 2098 e C. 2247 recano altresì norme concernenti i permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche, mentre le proposte di legge C. 2540 e C. 2247 recano la delega al Governo a emanare decreti legislativi finalizzati principalmente ad ampliare le tutele dei lavoratori in tema di conservazione del posto di lavoro.

Come specificato nelle relazioni illustrative dei provvedimenti in esame, l'intervento legislativo si giustifica in ragione dell'esigenza di consentire ai lavoratori affetti da gravi patologie di conservare il posto di lavoro per un periodo ulteriore rispetto a quello attualmente previsto, nonché di far fronte alle necessità terapeutiche e a percorsi di cura spesso lunghi e complessi, anche tenendo conto dei progressi della scienza medica. Ciò consentirebbe, altresì, di alleviare le già precarie e gravose condizioni in cui versano tali soggetti, colpiti nel bene primario della salute, garantendo equità di trattamento tra tutti i lavoratori.


Il quadro normativo vigente

Si richiama preliminarmente la normativa vigente in materia di diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Il nostro ordinamento contempla fra le cause di sospensione del rapporto di lavoro, all'articolo 2110 c.c. – applicabile sia ai dipendenti pubblici sia ai lavoratori del settore privato -  l'infortunio, la malattia, la gravidanza e il puerperio. Il lavoratore che non è nelle condizioni di garantire la prestazione lavorativa ha diritto alla corresponsione di una retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalle altre fonti di diritto e alla conservazione del posto di lavoro per un periodo (c.d. periodo di comporto).

Ciò è il frutto di un bilanciamento tra l'interesse del datore di lavoro a esigere l'esecuzione della prestazione lavorativa e quello del prestatore di lavoro alla conservazione del posto di lavoro nel lasso di tempo in cui è concretamente impossibilitato a svolgere la prestazione, in assenza del quale il datore sarebbe legittimato ad estinguere il rapporto di lavoro per grave inadempimento contrattuale (art. 2110, comma 2, c.c.).

Il datore di lavoro, dunque, in caso di infortunio e malattia del lavoratore, può procedere con il licenziamento ai sensi dell'art. 2118 c.c. solo decorso il periodo di comporto, all'interno del quale viene garantito al lavoratore il diritto alla conservazione del posto di lavoro. La previsione legale del periodo di comporto trova la propria ragion d'essere nell'obbligo di tutela dell'integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro subordinato di cui all'art. 2087 c.c. e nel generale principio costituzionale del diritto alla salute ai sensi dell'art. 32 della Costituzione.

 

Quanto alla durata del periodo di comporto, essa è stabilita dalla legge, dai contratti collettivi, ovvero, in mancanza, è determinata dagli usi o secondo equità ed è normalmente differenziato in relazione all'anzianità di servizio. I contratti collettivi prevedono due tipologie di comporto: "secco", se il periodo di conservazione del posto è riferito ad un'unica ed ininterrotta malattia di lunga durata; "per sommatoria", se si sommano le malattie verificatesi in un determinato arco di tempo. Decorso il termine del periodo di comporto, in caso di risoluzione del rapporto, si applica il preavviso, che decorre dalla data di intimazione salvo diversa previsione contrattuale.

L'interruzione del comporto può avvenire anche dietro richiesta del lavoratore di poter usufruire delle ferie già maturate. Salvo che il Ccnl non disponga diversamente, il dipendente non ha un diritto incondizionato di mutare l'assenza da malattia a ferie e, se il contratto collettivo lo prevede, il dipendente può inoltrare richiesta di aspettativa non retribuita per un periodo massimo indicato dal contratto e scongiurare il superamento del comporto. Il datore di lavoro non può rifiutare l'aspettativa, a meno che dimostri la sussistenza di seri motivi impeditivi alla concessione della stessa.

Sul datore di lavoro grava il divieto di procedere a licenziamento per cause riferibili allo stato di salute del prestatore di lavoro derivanti dalla malattia o dall'infortunio, pena nullità del licenziamento stesso (art. 2110, comma 2, c.c.).

Tuttavia, affinché il prestatore di lavoro possa beneficiare del diritto alla conservazione del posto è tenuto ad osservare comportamenti tali da non ledere il rapporto di lavoro subordinato con il datore di lavoro. Nello specifico, il diritto alla protezione dell'integrità fisica e morale deve essere accompagnato dal rispetto da parte del lavoratore dei principi di buona condotta, correttezza e buona fede, che sono alla base di ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all'art. 2094 c.c.

Per costante giurisprudenza, durante il periodo di comporto il datore di lavoro ha facoltà di procedere al licenziamento solo nel caso in cui sussista una giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c. (Cass. Sez. lav. sent. 1 giugno 2005, n.11674), quindi per condotte aventi rilevanza disciplinare, ad esempio comportamenti inconciliabili con lo stato di malattia o infortunio o che possano ostacolare una perfetta guarigione. Lo svolgimento di un'altra attività lavorativa da parte del lavoratore infortunato o in malattia può costituire causa di licenziamento per giusta causa nel caso in cui l'attività espletata possa ritardare la guarigione o attesti che la causa di malattia è in realtà inesistente (Cass. Sez. IV Lav., 23 maggio 2017, n. 12902, Cass. Civ. sez. lav., 13/03/2018, n.6047).

La Corte di Cassazione (nella sentenza delle Sezioni Unite n. 12568/2018) si è pronunciata con riguardo alla natura del licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato prima del decorso completo del medesimo. La Corte ha sostenuto che tale licenziamento, al momento dell'intimazione, è privo di giusta causa o giustificato motivo. In particolare, si tratterebbe d'un licenziamento sostanzialmente "acausale" disposto al di fuori delle ipotesi residue previste dall'ordinamento, nonché di "un modo per aggirare l'interpretazione dell'art. 2110, comma 2, c.c. e ignorarne la ratio, che è quella di garantire al lavoratore un ragionevole arco temporale di assenza per malattia o infortunio senza perdere l'occupazione. Ne consegue pertanto la nullità del licenziamento per violazione di norme imperative.

Settore pubblicoIn linea generale, per quanto concerne il settore pubblico, la tutela dei soggetti affetti da patologie oncologiche si inserisce in un quadro più ampio; la contrattazione, infatti, riconosce determinate agevolazioni ai dipendenti affetti da patologie gravi, non solo oncologiche, che richiedono terapie salvavita. In particolare, i lavoratori pubblici hanno diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi nel triennio, con retribuzione, intera per i primi nove mesi, decurtata del 10 per cento nei successivi tre mesi e del 50 per cento negli ultimi sei mesi, e di un ulteriore periodo di diciotto mesi senza retribuzione, con la garanzia del mantenimento del posto di lavoro. Dal computo del periodo di conservazione del posto di lavoro sono esclusi, tra gli altri, i seguenti periodi: le assenze per malattie determinate come causa diretta da gravidanza o puerperio; l'interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria; l'aborto spontaneo o terapeutico, purché intervenuto prima del 180° giorni dall'inizio della gestazione; le assenze per malattie imputabili al datore di lavoro per violazione degli obblighi di sicurezza; le assenze per infortunio e malattie professionali e le assenze dal servizio per ricovero ospedaliero, day hospital e a terapie salvavita. Specifiche tutele, poi, sono previste  per determinati comparti dalla contrattazione collettiva, che, nel tempo, ha tenuto conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita, superando una disciplina normativa ormai risalente. Si ricorda infatti che il D.P.R. n. 3/1957, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, dispone, all'articolo 68, comma 3, che l'aspettativa per infermità, per i rapporti di lavoro pubblico, ha termine con il cessare della causa per la quale fu disposta e non può protrarsi per più di diciotto mesi. Ai sensi dei successivi commi 4 e 6, durante l'aspettativa l'impiegato ha diritto all'intero stipendio per i primi dodici mesi ed alla metà di esso per il restante periodo, conservando integralmente gli assegni per carichi di famiglia. Il tempo trascorso in aspettativa per infermità, inoltre, è computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.

Sul punto, si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza 11-gennaio-3 marzo 2021, n. 28 ha dichiarato l' illegittimità costituzionale del richiamato comma 3, nella parte in cui, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie. Il mancato riconoscimento del periodo di comporto, si legge nella sentenza, "manifesta una intrinseca irrazionalità che lo rende costituzionalmente illegittimo per violazione, sotto questo diverso profilo, dell'art. 3 Cost.: esso è la manifestazione di un ritardo storico del legislatore rispetto alla contrattazione collettiva. Quest'ultima con la sua naturale dinamicità, è stata in grado di tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita con i loro pesanti effetti invalidanti; ciò al contrario non è avvenuto per la disciplina normativa, che, risalente ad anni ormai lontani, non è più adeguata al contesto attuale, caratterizzato – come si è detto – dalla profonda evoluzione delle terapie".

 

Settore privatoNel settore privato, fatte salve le disposizioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi, solo per gli impiegati la durata del comporto è regolamentata e differenziata in relazione all'anzianità di servizio del lavoratore:

- 3 mesi, se l'impiegato ha un'anzianità di servizio non superiore ai 10 anni;

- 6 mesi, se l'impiegato ha un'anzianità di servizio di oltre 10 anni (art. 6, commi 4 e 5 del citato regio decreto legge n. 1825/1924).

Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla contrattazione collettiva.

Non essendo dunque prevista, anche nel settore privato, una durata differenziata del periodo di comporto nel caso di patologia oncologica, è demandata alla contrattazione collettiva la possibilità di estendere tale periodo nelle particolari ipotesi di gravi patologie. Pertanto, in materia di diritto alla conservazione del posto di lavoro, si applica la normativa che regola le normali assenze per malattia, mentre norme specifiche sui malati oncologici o affetti da malattie gravi che richiedono terapie indispensabili, cosiddette salvavita, sono previste dalla contrattazione collettiva.

Sul punto, si richiama la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 40 del 22 dicembre 2005, che ha demandato alla contrattazione collettiva "la possibilità di estensione del suddetto pe-riodo nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapie salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro. Tali ipotesi particolari di estensione del periodo di comporto si rivelano particolarmente significative con riferimento a lavoratori affetti da malattie oncologiche, che spesso necessitano di un periodo di comporto più ampio rispetto a quello previsto in via ordinaria".

Per i lavoratori autonomi, l'articolo 14, comma 1, della L. n. 81/2017 ha introdotto disposizioni a tutela della malattia, degli infortuni e della gravidanza, prevedendo che in tali casi il rapporto di lavoro non si estingua se il lavoratore presta la sua attività in via continuativa per il committente; fatto salvo il venir meno dell'interesse del committente, il lavoratore può chiedere la sospensione, senza diritto al corrispettivo, dell'esecuzione del rapporto di lavoro per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare.

I lavoratori iscritti alla gestione separata, qualora siano impossibilitati a prestare attività lavorativa, in caso di malattia e di terapie oncologiche, hanno diritto a un'indennità massima di centottanta giorni (articolo 8, comma 10, della L. n. 81/2017, che riconosce l'equiparazione dell'indennità di malattia alla degenza ospedaliera, per i periodi di malattia certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche e per i periodi di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino un'inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento).

Si ricorda che l'indennità di malattia è stata estesa progressivamente ai lavoratori autonomi di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria e non titolari di pensione (lavoratori con contratto a progetto o di collaborazione coordinata e continuativa, liberi professionisti senza cassa previdenziale, associati in partecipazione, venditori a domicilio). A tale riguardo, si ricorda che l'articolo 1, comma 788, della legge n. 296/2006 ha introdotto norme specifiche per la malattia in favore dei lavoratori a progetto e categorie assimilate e che l'articolo 24, comma 26, del D.L. n. 201/2011 ha esteso ai professionisti iscritti alla Gestione separata, a decorrere dal 1° gennaio 2012, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, le tutele in materia di malattia e maternità previste dal richiamato comma della legge n. 296/2006. Per quanto concerne i benefìci citati, si tratta, in primo luogo, della corresponsione di un'indennità giornaliera di malattia, a carico dell'INPS, entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e, comunque, non inferiore a venti giorni durante l'anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni.

Norme emanate per far fronte alla situazione emergenzialePer far fronte alla situazione emergenziale provocata dall'epidemia da Covid-19, il D.L. n. 18/2020 (c.d. "Cura Italia"), come  modificato da successivi interventi normativi, ha introdotto misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato, con specifico riferimento alla computabilità delle assenze per malattia dovute al Covid-19 all'interno del periodo di comporto.

In particolare, fino al 30 giugno 2021 è riconosciuto il diritto al lavoro agile in favore dei dipendenti pubblici e privati fragili, ossia in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di disabilità grave, di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. Si prevede, inoltre, che, laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità agile, per i suddetti lavoratori, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali. Inoltre, a decorrere dal 17 marzo 2020, i periodi di assenza dal servizio di cui al presente comma non sono computabili ai fini del periodo di comporto. Si prevede altresì che il periodo trascorso dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento, mentre per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il medesimo periodo è equiparato a ricvero osedaliero. In entrambi i casi, tale periodo non è computabile ai fini del periodo di comporto.



Contenuto

Verrà di seguito sintetizzato il contenuto delle proposte di legge C. 2540 e C. 2247, recanti delega al Governo a emanare decreti legislativi finalizzati principalmente ad ampliare le tutele dei lavoratori in tema di conservazione del posto di lavoro e, separatamente, il contenuto delle proposte di legge C. 2098, C. 2247 e C. 2392.

Le proposte di legge delega C. 2540 e C. 2478Le proposte di legge C. 2540 e C. 2478 individuano i principi e criteri direttivi con i quali il Governo è delegato a emanare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi finalizzati principalmente ad ampliare le tutele dei lavoratori in tema di conservazione del posto di lavoro.

Finalità

 In particolare, le finalità esplicitate nella pdl C. 2540 sono quelle di ampliare le tutele previste dall'ordinamento giuridico, nonché garantire un'effettiva omogeneità di trattamento tra tutti i lavoratori affetti da patologie oncologiche, o da altre gravi patologie, da cui discenda una temporanea inabilità lavorativa pari al 100 per cento, siano essi dipendenti pubblici o privati, lavoratori autonomi e liberi professionisti.

La pdl C. 2478 esplicita invece le seguenti finalità: garantire il diritto alla salute e alle cure dei lavoratori, l'equità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati nella conservazione del posto di lavoro nonché maggiori tutele per i lavoratori autonomi; modificare e integrare la disciplina vigente in materia di trattamento dei lavoratori affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie che comportino un'inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento. Più nel dettaglio, l'art. 1 fissa i principi e i criteri direttivi nel rispetto dei quali il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, uno o più decreti legislativi, con la finalità di ampliare le tutele previste dall'ordinamento giuridico, nonché per garantire un'effettiva omogeneità di trattamento tra tutti i lavoratori (dipendenti pubblici o privati, lavoratori autonomi e liberi professionisti) affetti da patologie oncologiche, o da altre gravi patologie, da cui discenda, analogamente alla pdl C. 2540, una temporanea inabilità lavorativa pari al 100 per cento.

Principi e criteri direttivi

In particolare nella pdl C. 2540, i principi e criteri direttivi sono individuati e suddivisi tenendo conto della finalità degli stessi: il computo del periodo di comporto (lett. a)), il rispetto dei principi di equità ed eguaglianza di trattamento tra tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati (lett. b)) e la tutela fiscale (lett. c)). Nella pdl C. 2478 i principi e criteri direttivi sono individuati e suddivisi a prescindere dalla finalità degli stessi.

 

Più in dettaglio, i decreti legislativi che il Governo è chiamato ad emanare al fine di estendere il periodo di comporto, (lettera a)) pdl C. 2540 dovranno prevedere:

1) la facoltà per i lavoratori dipendenti pubblici di usufruire di un periodo di comporto aggiuntivo retribuito, di durata non inferiore a ventiquattro mesi in un triennio, decorrente dalla certificazione medica rilasciata da un medico specialista privato o dipendente dall'azienda sanitaria locale competente per territorio. La norma specifica la finalità dell'estensione del periodo di comporto retribuito, ossia quella di garantire il lavoratore per tutto il periodo in cui si renda necessario, a causa della gravità della patologia, un durevole trattamento terapeutico necessario per la cura di patologie gravi che causino condizioni psicofisiche incompatibili con lo svolgimento dell'attività lavorativa. Analogamente, primo criterio direttivo di cui all'art. 1, lett. a) della pdl C. 2478 è la previsione della conservazione del posto di lavoro dei lavoratori dipendenti per un periodo retribuito non inferiore a ventiquattro mesi nel triennio, anche in tal caso decorrente dalla certificazione medica specialistica o rilasciata dall'azienda sanitaria locale competente, al fine di consentire le cure o i trattamenti terapeutici in caso di incompatibilità tra lo stato di salute e le mansioni svolte, salvo che i contratti collettivi nazionali di categoria non prevedano disposizioni di maggiore favore;

2) l'esclusione dal computo del periodo di comporto dei giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital causati dalla somministrazione di terapie salvavita e dei giorni di assenza causati dagli effetti collaterali di dette terapie, debitamente documentate da certificazioni rilasciate dal medico specialista privato o dipendente dall'azienda sanitaria locale competente per territorio. Analogo criterio direttivo è contenuto nella pdl C. 2478 (comma 1, lett. b))

3) l'obbligo del datore di lavoro di comunicare al lavoratore, con almeno trenta giorni di anticipo, la data di scadenza del periodo del comporto. La mancata o tardiva comunicazione comporta una proroga automatica di ulteriori trenta giorni del periodo di comporto; la comunicazione tardiva o l'eventuale recesso non preventivamente comunicato è da considerarsi inefficace;

Occorrerebbe chiarire quale sia la conseguenza di una comunicazione tardiva: proroga automatica di trenta giorni o inefficacia del recesso non preventivamente comunicato.

In secondo luogo, i decreti legislativi che il Governo è chiamato ad emanare nel rispetto dei principi di equità ed eguaglianza di trattamento tra tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati (lettera b)) dovranno:

1) prevedere l'equiparazione del trattamento dei lavoratori dipendenti privati con quello garantito ai lavoratori dipendenti pubblici, sopra descritto alla lettera a), nn. 1 e 2, al fine di uniformare il periodo di comporto garantito dall'ordinamento giuridico a tutti i lavoratori dipendenti, e la conseguente conservazione del posto di lavoro. Analogo criterio direttivo è contenuto nella pdl C. 2478 (comma 1, lett. c)).

Cfr, al riguardo, il par. "Il quadro normativo vigente".

2) prevedere, negli specifici comparti in cui sussistano differenze di tutele approntate per i lavoratori dipendenti pubblici rispetto a quelle per i lavoratori dipendenti privati, l'omogeneizzazione di tutti i diritti, i riconoscimenti e le tutele vigenti, estendendo a tutti i lavoratori le condizioni di maggior favore già esistenti, compresa l'aspettativa retribuita;

3) prevedere l'incentivazione, ove possibile, dello svolgimento in modalità di telelavoro o lavoro agile delle mansioni svolte dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, qualora necessario per la particolare frequenza di visite, esami strumentali e cure mediche;

Al riguardo, si ricorda (cfr., più diffusamente, il paragrafo precedente) che il richiamato art. 26 del D.L. n. 18/2020, per far fronte alla situazione emergenziale provocata dall'epidemia da Covid-19, ha riconosciuto fino al 30 giugno 2021 il diritto al lavoro agile in favore dei dipendenti pubblici e privati fragili, ossia in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di disabilità grave, di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. Laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità agile, per i suddetti lavoratori, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali. Inoltre, a decorrere dal 17 marzo 2020, i periodi di assenza dal servizio di cui al presente comma non sono computabili ai fini del periodo di comporto. Il periodo trascorso dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento, mentre per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il medesimo periodo è equiparato a ricvero osedaliero. In entrambi i casi, tale periodo non è computabile ai fini del periodo di comporto.

4) prevedere la salvaguardia, alla data di entrata in vigore di uno o più decreti legislativi, delle norme previste nei contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore, se più favorevoli per i lavoratori affetti da grave patologia che determini un'inabilità lavorativa pari al 100 per cento, in particolare nel caso di quella oncologica;

5) prevedere, per i lavoratori autonomi affetti da malattie oncologiche, l'aumento del periodo previsto per il riconoscimento dell'indennità di malattia, in misura almeno pari a ulteriori sei mesi. Analogamente la pdl C. 2478 (comma 1, lett. d)) fissa come principio direttivo la previsione della corresponsione di un indennizzo per un congruo periodo, superiore a quello attualmente previsto; 

6) individuare e redigere l'elenco delle gravi patologie e delle terapie invalidanti per le quali è prevista l'esclusione dal computo dei limiti massimi di assenza per malattia e la retribuzione intera. Analogo criterio direttivo è contenuto nella pdl C. 2478 (comma 1, lett. e));

7) contenere un testo unico per il coordinamento e l'integrazione delle norme vigenti, nonché di ulteriori norme per disciplinare puntualmente la tutela garantita dall'ordinamento giuridico ai lavoratori affetti da patologie oncologiche o altre gravi malattie temporaneamente invalidanti. Analogo criterio direttivo è contenuto nella pdl C. 2478 (comma 1, lett. f)), nel quale però non si fa riferimento all'emanazione di un testo unico.

Infine, i decreti legislativi che il Governo è chiamato ad emanare ai fini della tutela fiscale (lettera c)), dovranno prevedere, per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, e per i lavoratori artigiani e commercianti iscritti alla gestione speciale presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale, l'esonero dagli adempimenti fiscali, decorrente dalla data del ricovero in ospedale o dell'inizio delle terapie oncologiche domiciliari fino al completo ristabilimento psicofisico, comprovato da previa certificazione relativa a qualunque introito percepito e relativo al periodo della predetta sospensione.    

Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell'articolo 2, comma 26, della L. n. 335/1995 (sul punto, cfr. anche par. "Il quadro normativo vigente") sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e gli incaricati alla vendita a domicilio . Sono esclusi dall'obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.
Le proposte di legge C. 2098, C. 2247 e C. 2392Diritto alla conservazione del posto di lavoro

La pdl C. 2098, all'articolo 1, comma 1, dispone la conservazione del posto di lavoro per i lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, per tutto il periodo necessario alle cure o ai trattamenti che comportano condizioni psicofisiche non compatibili con l'attività lavorativa e, comunque, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla certificazione medica specialistica, salvo che i contratti collettivi nazionali di categoria non prevedano norme di maggiore favore. Analogamente, la pdl C. 2247, all'art. 1, comma 1, al fine di garantire il diritto inalienabile alla salute e alle cure, riconosce ai lavoratori dipendenti affetti da patologie oncologiche o da patologie invalidanti il diritto di assentarsi dal lavoro, anche temporaneamente, per motivi di cura, in caso di incompatibilità tra stato di salute e mansioni svolte, per un periodo di trenta mesi dalla data di certificazione della patologia, con salvaguardia del posto di lavoro e dell'intera retribuzione.

Con riferimento alla disciplina vigente in ordine alla conservazione del posto di lavoro, si richiama la ricostruzione di cui al paragrafo precedente .

La pdl C. 2392 reca una novella al regio decreto-legge 13 novembre 1924, n. 1825, che reca disposizioni relative al contratto d'impiego privato (cfr. paragrafo precedente).

Si ricorda che il sopra citato regio decreto-legge, convertito dalla L. 18 marzo 1926, n. 562, prevede, ai commi quarto e quinto, il diritto alla conservazione del posto nei casi di interruzione di servizio dovuta ad infortunio o malattia, per il periodo di:
- tre mesi, nel caso di anzianità di servizio non superiore ai dieci anni (nel qual caso il lavoratore ha diritto all'intera retribuzione per il primo mese e alla metà di essa per i successivi due mesi);
- sei mesi, nel caso di anzianità di servizio di oltre dieci anni (nel qual caso il lavoratore ha diritto all' intera retribuzione nei primi due mesi e alla metà di essa per i mesi successivi).

In particolare, la norma in esame inserisce all'articolo 6, dopo il richiamato quinto comma, una disposizione che prevede il raddoppio della durata del periodo di comporto, se l'interruzione di servizio è dovuta a una patologia di tipo oncologico o che comunque necessita di prolungate terapie, anche di carattere riabilitativo, qualora essa non sia stabilita in misura più favorevole dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Certificazione dello stato di salute

 

La pdl C. 2098, all'art. 1, comma 2, dispone il rilascio della certificazione della malattia dall'azienda sanitaria locale competente per territorio o dal medico specialista che ha in cura il lavoratore. Analogamente, la pdl C. 2247, all'art. 1, comma 2 prevede che l'incompatibilità tra lo stato di salute e lo svolgimento dell'attività lavorativa è certificata dal medico specialista dell'azienda sanitaria locale competente e che il medico ha facoltà di disporre, in relazione al tipo di patologia, che il lavoratore si sottoponga ai controlli necessari per verificare la permanenza dell'inidoneità lavorativa.

 
Permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche

La pdl C. 2098, all'art. 2, comma 1, dispone l'aumento del numero annuale delle ore di permesso retribuito previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, aumentato in base alle indicazioni del medico specialista che ha in cura il lavoratore, al fine di tutelare la salute dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche che richiedono visite, esami strumentali e cure mediche frequenti. Analogamente, la pdl C. 2247, all'art. 1, comma 3, sancisce il diritto del lavoratore che debba sottoporsi a esami e controlli medici ravvicinati nel tempo di svolgere tali esami e controlli tramite permessi retribuiti, anche in deroga al numero massimo di ore previsto a tale fine dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile.

Elenco delle malattie

 Ai sensi dell'art. 3 della pdl C. 2098, l'elenco delle malattie per cui si applicano le disposizioni ivi contenute è individuato da un decreto del Ministro della salute, la cui emanazione è prevista entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge. La pdl C. 2392 – che, come già detto, si applica nell'ambito del rapporto di lavoro privato – prevede che l'individuazione delle patologie per le quali si applicano le disposizioni ivi contenute sia effettuata con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la cui adozione è prevista entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

In premessa si ricorda che quando si parla di agevolazioni per i malati rari, cronici  e per coloro che soffrono di patologie invalidanti, soprattutto in campo lavorativo e fiscale, spesso la condizione che viene posta è quella di riconoscimento di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della Legge quadro n. 104 del 1992  per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. D'altra parte, per la certificazione di invalidità in una determinata percentuale si utilizza la tabella, articolata in cinque parti, che costituisce parte integrante del  Decreto 5 febbraio 1992 che definisce le modalità per la valutazione dell'invalidità civile, della cecità e del sordomutismo, e indica le relative percentuali di riferimento (sul punto si vedano anche le Linee guida INPS per l'accertamento degli stati invalidanti).

Per quanto riguarda l'individuazione delle malattie e delle condizioni che danno diritto all'esenzione dal pagamento del ticket,  individuate in base ai criteri dettati dal D. Lgs. n. 124 del 1998 (gravità clinica, grado di invalidità e onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento), si rinvia all'elenco delle malattie croniche esenti dalla partecipazione al costo delle prestazioni come ridefinito e aggiornato dal DPCM sui nuovi Lea del 12 gennaio 2017 (Allegato 8 al DPCM).


Analisi di impatto di genere

Ai fini di una valutazione sull'impatto di genere delle pdl in commento, di seguito si riportano i dati pubblicati sul volume "I numeri del cancro in Italia 2020" redatto dall'Associazione italiana oncologia medica sulla base dei dati di popolazione raccolti dai Registri Tumori Italiani. La tabella seguente rileva che in Italia, all'ultimo aggiornamento dispinibile, i nuovi casi di neoplasie maligne sono circa 377.000 (esclusi i tumori della cute non melanomi): 195.000 per gli uomini e 182.000 per le donne. È però chiarito che questo numero totale rappresenta il frutto di una proiezione basata sui tassi di incidenza dei tumori diagnosticati fino al 2016 nelle aree italiane coperte dai registri tumore tenendo conto dell'età, del sesso e della area geografica di residenza. Fattori, questi, che non rimangono costanti nei vari periodi di registrazione dei tumori su base di popolazione, e che possono causare di per sé differenze temporali nelle stime. Inoltre, data la vasta eterogeneità delle malattie oncologiche, la lettura del quadro complessivo va accompagnata, per una visione esaustiva, da analisi specifiche patologia per patologia.

Si segnala, inoltre, quanto emerge dal volume "Dossier donne" – Infortuni e malattie professionali, redatto nel 2021 dall'Inail: nelle denunce di malattie professionali suddivise per genere tra il 2015 e il 2019, i tumori, sia in termini assoluti che di incidenza, sono più denunciati dagli uomini che dalle donne (le 2.396 denunce protocollate nel 2019 per i lavoratori rappresentano il 5,4% delle denunce maschili, contro le 240 per le lavoratrici, pari all'1,4% di tutte quelle femminili).

 Analoghi risultati sono riportati nel rapporto periodico sull'andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dell'Inail, aggiornato a febbraio 2021, come si evince dalla tabella seguente.

Il rapporto individua la distribuzione percentuale delle denunce di malattie professionali per ripartizione geografica e genere: in particolare dal confronto di genere emerge che le malattie del sistema respiratorio, i tumori e i disturbi psichici e comportamentali, analizzati complessivamente, rappresentano per le donne il 4,5% del totale (748 casi) contro il 12,1% (5.383) per il genere maschile.


Necessità dell'intervento con legge

L'intervento lagislativo è necessario in quanto le pdl C. 2540 e C. 2478 contengono disposizioni di delega legislativa, intervenendo anche, unitamente alle altre pdl, su disposizioni adottate con norma primaria.