Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2021 - Volume I - Articolo 1, commi 1-402
Riferimenti: AC N.2790-bis/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 382/5 Volume I
Data: 28/12/2020
Organi della Camera: V Bilancio

LEGGE DI BILANCIO 2021

 

 

A.S. 2054

 

 

 

 

Schede di lettura

Edizione provvisoria

 

 

Volume I

Sezione I

Articolo 1, commi 1-402

 

 

 


 

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Dossier n. 323/5 - Volume I

 

 

 

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Progetti di legge n. 382/5 - Volume I

 

 

 

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Volume I - Articolo 1, commi 1-402;

§  Volume II – Articolo 1, commi 403-782;

§  Volume III – Articolo 1, commi 783-1150

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura

Articolo 1                                                                                                                 Comma 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato). 13

Commi 2-7 (Fondo delega riforma fiscale e fedeltà fiscale, assegno unico). 15

Commi 8 e 9 (Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente). 20

Commi 10-15 (Sgravi contributivi per favorire l'occupazione giovanile). 22

Commi 16-19 (Sgravio contributivo per l’assunzione di donne). 26

Commi 20-22 (Fondo per l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali dei lavoratori autonomi, dei liberi professionisti e del personale sanitario o sociosanitario già in quiescenza) 28

Commi 23-28 (Misure di conciliazione vita-lavoro) 30

Commi 29-32 (Disposizioni relative ai giornalisti lavoratori dipendenti ed all'INPGI)  32

Comma 33 (Esonero contributivo giovani coltivatori diretti e imprenditori agricoli) 35

Commi 34-35 (Sgravi contributivi nel settore dilettantistico). 37

Commi 36-37 (Sospensione dei versamenti per le federazioni sportive nazionali, gli enti di pro-mozione sportiva e le, associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche)  39

Commi 38-40 (Esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari compensazioni IVA carni e riduzione IVA preparazioni alimentari). 41

Comma 41 (Imposta di registro minima per i terreni agricoli). 44

Commi 42 e 43 (Modifiche alla disciplina fiscale della tassazione dei ristorni). 45

Commi 44-47 (Riduzione della tassazione dei dividendi per gli enti non commerciali)  48

Commi 48 e 49 (IMU e TARI ridotta per soggetti non residenti titolari di pensione)  53

Comma 50 (Incentivi fiscali per il rientro in Italia dei lavoratori altamente qualificati)  55

Commi 51-57 (Cofinanziamento nazionale fondi EU periodo 2021-2027). 60

Commi 58-60 (Proroga detrazioni per le spese di riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia). 65

Commi 61-65 (Bonus idrico). 70

Commi 66-75 (Proroga Superbonus). 72

Comma 76 (Proroga bonus verde). 79

Commi 77-79 (Contributo alle famiglie per l’acquisto di veicoli alimentati esclusivamente ad energia elettrica). 81

Commi 80-81 (Rifinanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi). 82

Comma 82 (Modifica all’articolo 23 del decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47, in materia di messa all’asta delle quote di emissioni di gas ad effetto serra). 85

Comma 83 (Estensione della rivalutazione dei beni di impresa ai beni immateriali privi di tutela giuridica). 86

Commi 84-86 (Sostegno al settore turistico tramite i contratti di sviluppo). 91

Commi 87-88 (Sostegno alle attività economiche nei comuni di particolare interesse per il turismo straniero). 94

Commi 89 e 90  (Ingresso gratuito nella rete dei musei per i cittadini residenti all'estero)  96

Commi 91-94 (Istituzione del fondo per la tutela e la valorizzazione delle aree di particolare interesse geologico o speleologico). 98

Commi 95 e 96 (Erogazione in unica quota del contributo “Nuova Sabatini”). 99

Commi 97-106 (Fondo impresa femminile). 104

Commi 107-108 (Promozione dell’attività di venture capital in favore di progetti di imprenditoria femminile ad elevata innovazione). 109

Commi 109-113 (Fondo per le imprese creative). 112

Commi 114-116  (Fondo per il sostegno del settore dei festival, dei cori e bande musicali e della musica jazz). 117

Commi 117-123 (Credito d’imposta cuochi professionisti). 119

Commi 124-126 (Fondo d’investimento per lo sviluppo delle PMI del settore aeronautico e della green economy). 121

Comma 127 (Rifinanziamento agevolazioni sotto forma di finanziamenti a favore di imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata). 126

Commi 128-129 (Istituzione del Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura). 127

Comma 130 (Ristoro aziende agricole). 130

Comma 131 (E-commerce delle imprese agricole). 131

Commi 132-133 (Stabilizzazione personale CREA e indennità personale ICQRF). 133

Commi 134 e 135 (Aiuti per lo stoccaggio di vini di qualità). 134

Commi 136 e 137 (Misure per il sostegno del settore suinicolo). 135

Comma 138 (Fondo per la tutela e il rilancio di filiere agricole). 137

Commi 139-143 (Monitoraggio della produzione cerealicola e dell’acquisto di cereali e sfarinati a base di cereali). 139

Commi 144-145 (Promozione dei marchi collettivi e di certificazione all’estero) 141

Commi 146-152 (Piani di sviluppo per gli investimenti nelle aree dismesse). 145

Comma 153 (Acquisto diretto immobili enti pubblici territoriali). 150

Comma 154 (Accordi per l’innovazione). 152

Comma 155 (Interventi straordinari per il potenziamento infrastrutturale delle articolazioni penitenziarie del Ministero della giustizia). 153

Comma 156 (Misure per l’inclusione sociale delle persone con disabilità). 156

Commi 157-158 (Misure a sostegno dell’industria tessile). 158

Commi 159-160 (Promozione degli investimenti nel settore della raffinazione e della bioraffinazione). 159

Commi 161-169 (Agevolazioni contributive in favore di datori di lavoro operanti in alcune aree territoriali). 160

Comma 170 (Modifiche alla misura “Resto al Sud”). 163

Commi 171-172 (Proroga al 2022 del credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno)  167

Commi 173-176 (Agevolazioni fiscali per le imprese che avviano una nuova attività economica nelle Zone economiche speciali istituite nel Mezzogiorno d’Italia) 169

Commi 177-178 (Fondo sviluppo e coesione – Ciclo di programmazione 2021-2027)  173

Commi 179-184 (Rigenerazione amministrativa per il rafforzamento delle politiche di coesione territoriale nel Mezzogiorno). 181

Commi 185-187 (Proroga del credito d'imposta potenziato per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno). 185

Commi 188-190 (Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno). 188

Commi 191-193 (Contratto Istituzionale di Sviluppo sisma centro Italia). 189

Comma 194 (Fondo per il sostegno alla creazione o potenziamento di centri di ricerca, e trasferimento tecnologico e all'implementazione dell'offerta formativa universitaria) 192

Comma 195 (Fondo sperimentale per la formazione turistica esperienziale). 193

Commi 196-200 (Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali). 194

Commi 201-202 (Sostegno al tessuto economico delle imprese con sede nei comuni che hanno registrato interruzioni della viabilità). 198

Commi 203-205 (Scuole innovative nei piccoli comuni delle regioni meridionali). 199

Commi 206 e 208-212 (Misure per il sostegno alla liquidità delle imprese). 202

Comma 207 (Termini scadenza titoli di credito). 213

Comma 213 (Fondo di garanzia in favore delle società finanziarie e di assicurazione) 214

Commi 214 e 215 (Cartolarizzazioni di crediti). 217

Commi 216-218 (Modifiche alla disciplina straordinaria  del Fondo di garanzia PMI)  219

Commi 219-226 (Credito d’imposta per minusvalenze realizzate in “PIR PMI”). 222

Commi 227-229 (Compensazioni multilaterali di crediti e debiti commerciali risultanti da fatture elettroniche) 224

Comma 230 (Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI). 226

Comma 231 (Determinazione del limite di impegno assumibile in materia di garanzie sui finanziamenti a favore di progetti del green new deal). 228

Comma 232 (Proroga della misura in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali)  231

Commi 233-243 (Incentivi fiscali alle operazioni di aggregazione aziendale). 233

Commi 244-247 (Rifinanziamento del Fondo di garanzia PMI). 241

Commi 248-254 (Proroga delle misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese)  246

Comma 255 (Avvio o esercizio attività di lavoro autonomo o di microimpresa). 249

Commi 256-258 (Estensione dell'ambito di operatività del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura). 250

Commi 259-262 (Rafforzamento degli strumenti di sostegno all’azione di recupero di aziende in crisi da parte dei lavoratori). 251

Commi 263-264 (Modifiche all'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, sul rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni). 256

Comma 265 (Ampliamento dell’operatività della finanza mutualistica e solidale). 261

Comma 266 (Ulteriori misure a sostegno delle imprese). 264

Comma 267 (Ammissione alla negoziazione dei titoli di Stato). 268

Commi 268-269 (Tassi di interesse massimi per mutui dello Stato e degli enti locali)  269

Commi 270-273 (Interventi diretti a favorire la successione e la trasmissione delle imprese)  271

Comma 274 (Modifiche all’articolo 43 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130). 275

Comma 275 (Fondo occupazione e formazione) 279

Commi 276-277 (Fondo per il sostegno della parità salariale di genere). 280

Comma 278 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività). 281

Comma 279 (Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato). 283

Comma 280 (Settore call center). 285

Comma 281 (Disposizioni in materia di lavoro portuale). 286

Commi 282 e 283 (Sostegno al reddito lavoratori settore pesca). 287

Comma 284 (Sostegno  al reddito dei lavoratori di imprese sequestrate o confiscate)  288

Comma 285 (Trattamenti di integrazione salariale straordinaria per le imprese con rilevanza economica strategica) 289

Commi 286-288 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga per crisi aziendali)  291

Comma 289 (Piani di recupero occupazionale). 292

Comma 290 (Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa). 294

Comma 291 (Indennità per i lavoratori della regione Campania). 295

Commi 292-293 e 295-296 (Assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità). 296

Comma 294 (Convenzioni relative ai lavoratori socialmente utili). 298

Comma 297 (Sistema duale). 299

Comma 298 (Incremento del Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore)  300

Commi da 299 a 308 e da 312 a 314 (Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 e sgravi contributivi per i datori di lavoro che non richiedano gli interventi di integrazione salariale). 303

Commi 309-311 (Disposizioni in materia di licenziamento). 311

Commi 315-319 (Sostegno al reddito in favore dei lavoratori della pesca). 314

Comma 320 (Contributo per il funzionamento di Anpal Servizi S.p.A.). 316

Comma 321 (Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale). 317

Commi 322 e 323 (Fondo per il finanziamento dell'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia). 319

Commi 324-328 (Fondo per le politiche attive del lavoro). 321

Comma 329 (Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica). 323

Commi 330-332 (Fondo per l’Alzheimer e le demenze). 324

Comma 333 (Detrazioni per spese veterinarie). 325

Comma 334 (Fondo caregiver). 326

Comma 335 (Care leavers). 329

Comma 336 (Proroga opzione donna). 331

Commi 337-338 (Disposizioni in  materia di Pensioni di cittadinanza e Isee). 334

Commi 339 e 340 (Proroga Ape sociale). 336

Commi 341-344 (Fondo per la promozione della partecipazione delle persone con disabilità alla vita democratica e raccolta sottoscrizioni referendum con modalità digitale). 340

Comma 345 (Isopensione). 342

Commi 346-348 (Disposizioni speciali sui requisiti e le decorrenze dei trattamenti pensionistici - cosiddetta nona salvaguardia pensionistica) 343

Comma 349 (Contratto di espansione interprofessionale). 345

Comma 350 (Calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico). 348

Commi 351-355 (Misure per la funzionalità delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e disposizione in materia di personale dell'Amministrazione civile dell'interno)  350

Commi 356-361 (Disposizioni in favore dei lavoratori esposti all’amianto). 351

Comma 362 (Assegno di natalità- Bonus bebè). 359

Commi 363-364 (Congedo di paternità). 362

Commi 365 e 366 (Sostegno alle madri con figli disabili). 364

Commi 367-368 (Supporto all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità). 365

Comma 369 (Contributo all’Unione italiana ciechi e ipovedenti). 367

Comma 370 (Sostegno all’ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi)  368

Comma 371 (Reddito di cittadinanza). 369

Comma 372 (Autorizzazione di spesa per la copertura degli effetti finanziari della sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2020). 375

Commi 373 e 374 (Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti). 376

Comma 375 (Rifinanziamento del Fondo indigenti). 379

Commi 376-379 (Procedure esecutive su immobili siti in piani di zona). 381

Comma 380 (Indennizzo per cessazione attività commerciale). 383

Commi 381-384 (Contributi per la sostenibilità del pagamento degli affitti di unità immobiliari residenziali). 385

Comma 385 (Contributo per il Progetto Filippide). 387

Commi 386-401 (Indennità di continuità reddituale per lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata). 388

Comma 402 (Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura). 391

 


Schede di lettura


Articolo 1, comma 1
(
Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

Il comma 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l'articolo in esame determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento (2021, 2022 e 2023).

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

 

Tabella 1                                                                                                                                                                (importi in milioni di euro)

 

2021

2022

2023

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

-196.000

-157.000

-138.500

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

-279.000

-208.500

-198.000

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

483.235

431.297

493.550

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

566.365

482.797

553.050

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

Si rammenta inoltre che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dal presente articolo coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo10, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica medesima, riguardante i contenuti del Documento di economia e finanza pubblica. Tali obiettivi per il triennio di riferimento sono stati aggiornati da ultimo lo scorso settembre dalla Nota di aggiornamento al DEF 2020 (cfr. le pagine 10 e 11 della NADEF 2020). La Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio presenta e illustra una tavola di raccordo tra il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, quale risulta dal Quadro generale riassuntivo, e l'indebitamento netto programmatico dello Stato, ossia comprensivo degli effetti della manovra di finanza pubblica, e tra questo e quello programmatico delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso.

 

In particolare, come illustrato dall'Ufficio parlamentare di bilancio nel Rapporto sulla politica di bilancio 2021, per il triennio 2021-23, nella Relazione al Parlamento del 20 novembre[1] scorso il Governo ha confermato il percorso di rientro indicato nella NADEF, pur in un contesto in cui rimane elevato il grado di incertezza con riferimento sia all’evoluzione della pandemia sia alla successiva fase di ripresa dell’economia.

Gli effetti della manovra comportano un peggioramento del disavanzo pubblico rispetto al tendenziale nel biennio 2021-22 e un miglioramento nel 2023. 

Secondo le previsioni della NADEF, l’indebitamento netto programmatico dovrebbe collocarsi al 7,0% del PIL nel 2021, dopo un deficit leggermente superiore al 10,8 per cento stimato – come già ricordato – per il 2020, per poi ridursi al 4,7% nel 2022 e ancora al 3% nel 2023, risultando quindi in tale anno inferiore rispetto al 3,3 per cento previsto in termini tendenziali.


Commi 2-7
(Fondo delega riforma fiscale e fedeltà fiscale, assegno unico)

 

 

L’articolo 1, ai commi da 2 a 7, istituisce un Fondo con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 per interventi di riforma del sistema fiscale, da realizzare con appositi provvedimenti normativi. Al Fondo sono destinate altresì, risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo. Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta una clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano. Con riferimento alla destinazione delle maggiori entrate permanenti per i predetti enti territoriali rimane fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, e le maggiori entrate permanenti rimangono acquisite ai rispettivi bilanci, nelle quote previste dai predetti statuti speciali.

Una quota del Fondo non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e ai servizi alla famiglia.

E’, infine, incrementato il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia di 3.012,1 milioni di euro per l'anno 2021.

 

Il comma 2 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 per interventi di riforma del sistema fiscale, volto a dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale. Gli interventi sono disposti con appositi provvedimenti normativi, a valere sulle risorse del Fondo (comma 1)

 

Si ricorda che già nel Programma Nazionale di Riforma di luglio 2020 il Governo ha individuato tra le sue priorità il perseguimento di politiche fiscali a sostegno della crescita, qualificando l’alleggerimento della pressione fiscale come una delle componenti piu? importanti del programma di Governo. Per superare le criticità principali del sistema fiscale italiano (cuneo fiscale troppo elevato sul lavoro; disparita? di trattamento tra le diverse fonti di reddito; eccessiva complessità del sistema) il PNR preannunciava tra l’altro:

§  una revisione complessiva del sistema fiscale;

§  misure di contrasto all’evasione;

§  valorizzazione del patrimonio pubblico.

Con le risoluzioni sul DEF e sul PNR il Parlamento ha impegnato il Governo ad adottare interventi di riforma fiscale incentrati, oltre che sulla riforma delle imposte dirette, sulla semplificazione degli adempimenti e sulla riforma della giustizia tributaria, sul miglioramento del rapporto tra contribuente ed amministrazione finanziaria, nonché sul contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, anche mediante il potenziamento della tracciabilità dei pagamenti; e ad assicurare la piena attuazione dell'assegno unico, quale primo step di una complessiva riforma delle politiche familiari.

Le Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza indicano la riforma fiscale come una delle componenti principali del Piano. In risposta a quanto suggerito dal Consiglio europeo si intende, quindi, procedere ad una revisione della tassazione per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e trasferire l’onere fiscale ad altre voci e in generale “dalle persone alle cose”. Nell’ambito della riforma si ribadisce l’intento di razionalizzare le spese fiscali e, in particolare, rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD).

Nel medesimo orizzonte temporale, secondo la Nota di aggiornamento al DEF, si intende inoltre perseguire politiche di contrasto alle frodi e all’evasione fiscale e, in generale, di miglioramento della compliance (adempimento spontaneo dell’obbligo tributario) che, a parere dell’esecutivo, negli ultimi anni hanno conseguito risultati notevoli e superiori alle aspettative. In via prudenziale, le proiezioni programmatiche della Nota non includono aumenti del gettito derivanti dal contrasto all’evasione. Si prevede, invece, la costituzione di un fondo da alimentare con le entrate effettivamente generate da tale attività antievasione, da destinare al finanziamento di interventi di riforma fiscale e alla riduzione del debito pubblico.

 

Una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e ai servizi alla famiglia, per il quale vedi oltre.

 

Il comma 3 prevede che, a decorrere dal 2022, al Fondo sono destinate altresì, risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo.

 

Ai fini della determinazione delle risorse che debbono affluire nel Fondo, il comma 4 disciplina le modalità di calcolo delle maggiori entrate permanenti.

In particolare, per ciascun anno esse sono indicate, con riferimento al terzo anno precedente alla predisposizione della legge di bilancio, nell’Aggiornamento della Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva.

Si ricorda che l’articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 24 settembre 2015, in attuazione dell’articolo 4 della legge n. 23 dell’11 marzo 2014 (legge delega sulla riforma tributaria), disciplina il monitoraggio annuale delle spese fiscali. In particolare, si dispone che, per la redazione del Rapporto annuale sulle spese fiscali, il Governo si avvale di una Commissione istituita con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze. La Commissione è stata istituita con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze il 28 aprile 2016 (modificato dal decreto ministeriale del 22 giugno 2016) ed è composta da 14 membri. La Commissione può avvalersi del contributo di esperti delle associazioni di categoria, degli ordini professionali, delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale e delle associazioni familiari. La partecipazione alla Commissione, a qualunque titolo, non dà diritto a compensi, emolumenti o altre indennità, tantomeno a rimborsi di spese.

 

Le maggiori entrate sono quindi considerate permanenti se per i tre anni successivi a quello oggetto di quantificazione, la somma algebrica della stima della variazione delle entrate derivanti in ciascun anno dal miglioramento dell'adempimento spontaneo risulta non negativa. Qualora tale somma algebrica risultasse negativa, l'ammontare delle maggiori entrate permanenti è dato dalla differenza, se positiva, tra l'ammontare delle maggiori entrate di cui al primo periodo e il valore negativo della somma algebrica della variazione delle entrate da miglioramento dell'adempimento spontaneo stimata con riferimento ai tre anni successivi. Se la differenza di cui al periodo precedente è negativa o pari a zero, l'ammontare delle maggiori entrate permanenti è pari a zero.

 

Il comma 5 dispone che la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza indica la quota delle maggiori entrate permanenti, rispetto alle previsioni tendenziali formulate per il Documento di economia e finanza, derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo, da destinare al Fondo.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta una clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano. Con riferimento alla destinazione delle predette maggiori entrate permanenti, si chiarisce che per tali enti territoriali rimane fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, e le maggiori entrate permanenti rimangono acquisite ai rispettivi bilanci, nelle quote previste dai predetti statuti speciali.

 

Il comma 6 abroga - a decorrere dal 2022 - i commi da 431 a 435 della legge di stabilità 2014 (n. 147/2013) che avevano istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Il Fondo per la riduzione della pressione fiscale è stato istituito dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) (cap. 3833/MEF).

La norma prevede che ad esso siano destinate le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché l’ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente e a quelle effettivamente incassate nell’ultimo esercizio consuntivato, derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

Si ricorda che la Nadef 2020, circa la valutazione delle maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale rispetto alle corrispondenti previsioni di bilancio dell'anno in corso da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, indica che la stima degli incassi attesi per il 2020 è sensibilmente inferiore agli incassi realizzati nel 2019 per circa 6,8 miliardi di euro. Il Governo segnala che tale dato è conseguenza della sospensione dell’attività di accertamento e controllo da parte dell’Amministrazione fiscale durante la situazione di emergenza legata allo shock pandemico. Pertanto, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio 2021, non saranno iscritte risorse aggiuntive nel predetto Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

Il comma 7 incrementa di 3.012,1 milioni di euro per il 2021 il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia.

Il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia è stato istituito dal comma 339 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2020), nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono state indirizzate all’attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Con le risorse del Fondo, si è provveduto al rinnovo del Bonus bebè e al finanziamento del Bonus asili nido per il 2020.

 

Si ricorda che è ora all'esame della Commissione 11ª del Senato il disegno di legge (S. 1892). "Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi" approvato all’unanimità il 21 luglio 2020 dall'Assemblea della Camera (C. 687 Delrio e abb.), che propone l’istituzione di un beneficio economico attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia e delle risorse rinvenienti dal riordino delle misure vigenti per i figli a carico. In tal senso, come sottolineato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, nel corso della seduta dell’Assemblea del 1 luglio 2020, l’assegno unico e universale è il primo tassello di un riordino delle politiche familiari, di cui il Governo si è fatto carico con la presentazione del c.d. Family Act, e delle politiche di riforma e semplificazione fiscale.

 

Il disegno di legge S. 1892 (composto da quattro articoli) reca la delega al Governo per l'adozione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, di uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale. Il provvedimento intende pertanto superare l'attuale polverizzazione delle misure a sostegno della genitorialità (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali) mediante una complessiva razionalizzazione e una parziale soppressione degli istituti vigenti, finalizzando le risorse così reperite per l'istituzione dell'assegno unico.

Per il raggiungimento delle finalità sopra illustrate, viene istituito l'assegno unico, misura di sostegno economico per i figli a carico, il cui ammontare è modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, come individuata attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) o sue componenti, tenendo conto dell'età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare.

L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle seguenti misure: assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; assegno di natalità (c.d. bonus bebè); premio alla nascita (Bonus mamma domani) e fondo di sostegno alla natalità (fondo rotativo inteso a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 2017). Inoltre, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, si intendono utilizzare anche le risorse rinvenienti dal graduale superamento o dalla soppressione delle detrazioni IRPEF per i figli a carico e degli assegni per il nucleo familiare (per maggiori informazioni si rinvia al paragrafo dedicato all’Assegno nel Tema web Le Misure a sostegno della famiglia e fondi per le politiche sociali sul Portale della documentazione del sito istituzionale Camera dei Deputati).

 

 


Commi 8 e 9
(Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente)

 

 

I commi 8 e 9 stabilizzano la detrazione spettante ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di talune fattispecie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente prevista, per il solo secondo semestre 2020, dall’articolo 2 del decreto legge 5 febbraio 2020, n. 3.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 2 del sopra citato decreto legge n. 3 del 2020 istituisce una detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente, con esclusione delle pensioni, e ai titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. L'importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro. La detrazione ha carattere temporaneo, in quanto si applica limitatamente alle prestazioni rese nel semestre che va dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni.

La detrazione spetta ai medesimi soggetti destinatari del trattamento integrativo di cui all'articolo 1 del citato decreto legge n. 3 del 2020. Si tratta, in particolare, di:

§  titolari di redditi di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 49 del TUIR), con esclusione delle pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparati (comma 2, lettera a) del medesimo articolo 49 del TUIR);

§  titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 50 del TUIR):

-     i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le remunerazioni dei sacerdoti, nonché le congrue e i supplementi di congrua (lettera d) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le prestazioni derivanti dall'adesione a forme pensionistiche complementari (lettera h-bis) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR).

 

L'importo della detrazione dipende dal reddito complessivo ed è determinato sulla base di due diverse equazioni:

§       fra 28.000 e 35.000 euro l'importo è pari a:     per r = reddito complessivo;

§       fra 35.000 e 40.000 euro l'importo è pari a:              per r = reddito complessivo.

 

Di conseguenza, l'importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro.

Per una ricostruzione dettagliata della norma si rinvia al dossier Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

Il comma 8 stabilisce quindi l’applicazione a regime della richiamata misura agevolativa. La norma pertanto dispone che, nelle more di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni fiscali, la detrazione spetta per le prestazioni rese a decorrere dal 1° luglio 2020 (non più pertanto solo per le prestazioni rese dal 1°luglio 2020 al 31 dicembre 2020).

Ai sensi del comma 9, agli oneri derivanti dalla norma in commento si provvede mediante riduzione del Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti nella misura di 1.150 milioni di euro nell’anno 2021 e di 1.426 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

 

Si ricorda che il Fondo è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), al fine di dare attuazione a interventi finalizzati alla riduzione del carico fiscale sulle persone fisiche, con una dotazione pari a 3.000 milioni di euro per l'anno 2020 e a 5.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.

La disposizione rinvia ad appositi provvedimenti normativi l'attuazione di tali interventi, nei limiti delle risorse stanziate nel Fondo medesimo, eventualmente incrementate nel rispetto dei saldi di finanza pubblica nell’ambito dei medesimi provvedimenti.


Commi 10-15
(Sgravi contributivi per favorire l'occupazione giovanile)

 

 

I commi da 10 a 15 modificano la disciplina sulla riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati[2], relativamente alle assunzioni (esclusi i dirigenti e i lavoratori domestici) con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato di soggetti di età inferiore a determinati limiti e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Le modifiche concernono le assunzioni in oggetto effettuate nel 2021 e nel 2022. In particolare, i commi 10 e 11 prevedono: un esonero contributivo pari al 100 per cento ed un relativo limite in valori assoluti pari a 6.000 euro su base annua, in luogo dei valori già previsti a regime, pari, rispettivamente, al 50 per cento[3] ed a 3.000 euro su base annua (resta fermo che sono esclusi dall'esonero i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); il riconoscimento dell'esonero, come nella norma vigente a regime, per un periodo massimo di 36 mesi, che viene, tuttavia, elevato a 48 mesi per le assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna; l'elevamento del limite di età anagrafica, ai fini in oggetto, del lavoratore assunto, richiedendo che il medesimo non abbia compiuto 36 anni alla data della prima assunzione a tempo indeterminato (mentre la norma vigente a regime richiede che non abbia compiuto 30 anni). Il successivo comma 12 concerne alcune condizioni per l'applicazione delle norme transitorie più favorevoli, mentre il comma 13 esclude dall'ambito delle medesime norme transitorie più favorevoli alcune fattispecie. Il comma 14 subordina l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi 10, 11 e 12 all'autorizzazione della Commissione europea. Il comma 15 - inserito dalla Camera - prevede che alla copertura degli oneri finanziari derivanti dai commi 10, 11 e 12 concorrano, per una quota pari a 200,9 milioni di euro per il 2021 ed a 139,1 milioni per il 2022, le risorse del Programma Next Generation EU.

 

La disciplina sulla riduzione dei contributi oggetto delle modifiche transitorie in esame è posta dall'articolo 1, commi da 100 a 108 e da 113 a 115, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, e successive modificazioni. Tali norme prevedono una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (a tutele crescenti), effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018, di soggetti aventi i requisiti anagrafici summenzionati e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Sono esclusi, come detto, i datori di lavoro domestico e le assunzioni di dirigenti.

Si ricorda che l'aliquota dello sgravio è pari già a regime al 100 per cento per le assunzioni, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio, di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro (per un determinato minimo di ore) o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione. Le suddette assunzioni, per le quali già opera, come accennato, l'aliquota del 100 per cento, sono escluse, ai sensi del comma 13, dall'ambito delle norme transitorie di cui ai commi 10 e 11; ne consegue che, per tali assunzioni, nonché per tutti i casi di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto dopo la fase dell'apprendistato (casi anch'essi richiamati dal comma 13)[4], il limite dello sgravio in valori assoluti e il limite di età anagrafico restano pari, rispettivamente, a 3.000 euro su base annua e a 29 anni e 364 giorni.

 

La riduzione contributiva, anche in base alla disciplina a regime:

-       si applica anche ai casi di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato (il requisito anagrafico, ai fini del beneficio in esame, deve essere posseduto al momento della conversione);

-       trova applicazione, con criteri specifici, per i contratti di apprendistato solo con riferimento all'eventuale fase (successiva all'apprendistato) di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto, a condizione che il lavoratore abbia un'età inferiore a 30 anni alla data di inizio della prosecuzione[5];

-       non è cumulabile con altri sgravi contributivi nello stesso periodo di applicazione.

Qualora la riduzione relativa ad un determinato lavoratore sia stata applicata per un periodo inferiore alla durata massima, un altro datore può usufruire dello sgravio per il periodo residuo, nell'ipotesi di assunzione a tempo indeterminato del medesimo soggetto, indipendentemente dall'età anagrafica di quest'ultimo al momento della nuova assunzione.

L'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati.

 

Il comma 10 specifica che anche la misura più elevata del beneficio - disposta dalle nuove norme transitorie in esame - si applica pure in caso di trasformazione (negli anni 2021 e 2022) di un contratto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato; resta fermo, ai fini in oggetto, che deve trattarsi, per il lavoratore, della prima assunzione a tempo indeterminato e che il medesimo non deve aver compiuto 36 anni alla data di tale assunzione. Il comma 10 conferma altresì che l'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati.

Il comma 12, con riferimento alle assunzioni operate nei suddetti anni 2021 e 2022 e rientranti nelle norme transitorie più favorevoli di cui ai commi 10 e 11:

-         eleva da sei a nove mesi - successivi all'assunzione medesima - il periodo di tempo in cui l'effettuazione di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o di licenziamenti collettivi (di soggetti che, nella stessa unità produttiva, siano inquadrati con la medesima qualifica del lavoratore assunto) è incompatibile con il riconoscimento dello sgravio. Si ricorda che il limite suddetto di sei mesi è posto dal comma 105 del citato articolo 1 della L. n. 205;

-         esclude il diritto allo sgravio qualora il datore di lavoro abbia proceduto ai medesimi licenziamenti - di lavoratori che, nella stessa unità produttiva, siano inquadrati nella suddetta qualifica - nei sei mesi precedenti all'assunzione. Tale condizione ostativa è già posta dalla norma vigente a regime per il beneficio in oggetto, ma, per le assunzioni in esame effettuate negli anni 2021 e 2022, viene circoscritta ai casi di lavoratori inquadrati nella medesima qualifica - la norma viene posta esplicitamente in deroga alla corrispondente disposizione a regime, di cui al comma 104 del citato articolo 1 della L. n. 205 -.

Sotto il profilo redazionale, si valuti l'opportunità di esplicitare che il comma 12 si pone in deroga anche al summenzionato comma 105.

Il medesimo comma 12 conferma, inoltre, l'applicazione dei princìpi generali vigenti ai fini della fruizione degli incentivi alle assunzioni (princìpi posti dall'articolo 31 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e già richiamati dal citato comma 104 dell'articolo 1 della L. n. 205)[6].

Il comma 14 subordina l'applicazione del beneficio in oggetto all'autorizzazione della Commissione europea (in base al richiamato articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni, e nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione, e successive modificazioni[7]. Le suddette clausole di cui al comma 14 sembrano riferirsi alla sola durata più elevata prevista per le regioni di cui al comma 11, in quanto per gli altri profili lo sgravio - come rilevato dalla circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020 -, non determinando "un vantaggio a favore di talune imprese, settori produttivi o aree geografiche del territorio nazionale", non rientra nell'ambito della disciplina restrittiva europea sugli aiuti statali alle imprese. Si valuti l'opportunità di chiarire il riferimento delle clausole di cui al comma 14.

 

Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C/2020/1863, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[8] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[9].

 

Il comma 15 - inserito dalla Camera - prevede che alla copertura degli oneri finanziari derivanti dai commi 10, 11 e 12 concorrano, per una quota pari a 200,9 milioni di euro per il 2021 ed a 139,1 milioni per il 2022, le risorse del Programma Next Generation EU (riguardo a tale programma, cfr. la scheda di lettura dei successivi commi da 1037 a 1050).

 


Commi 16-19
(Sgravio contributivo per l’assunzione di donne)

 

 

In via sperimentale per il biennio 2021-2022, i commi da 16 a 19 estendono alle assunzioni di tutte le lavoratrici donne, effettuate nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo attualmente previsto a regime solo per le assunzioni di donne in determinate condizioni, al contempo elevando, limitatamente al suddetto biennio, dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro. La durata dello sgravio è pari a dodici mesi, elevabili a diciotto in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato.

 

Nel dettaglio, il suddetto sgravio – che è attualmente previsto in via strutturale limitatamente alle assunzioni di donne rientranti in determinate categorie dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della L. 92/2012 (vedi infra) – è riconosciuto in via sperimentale per le assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato di donne effettuate nel suddetto arco temporale, nella misura del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche), per la durata di dodici mesi (elevabili a diciotto in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato) e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui (comma 16).

Il richiamato art. 4, c. 8-11, della L. 92/2012, riconosce una riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro, per la durata di 12 mesi, per le assunzioni di donne di qualsiasi età:

§  prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e occupate in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna (ex art. 2, punto 18, lett. e) del Regolamento CE 800/2008)[10];

§  prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti;

§  disoccupate da oltre 12 mesi con almeno 50 anni di età, ovunque residenti.

§  Il suddetto esonero parziale è pari a 18 mesi nei casi di assunzione a tempo indeterminato o di trasformazione a tempo indeterminato del contratto a tempo determinato (in tale ultimo caso i 18 mesi decorrono dalla data della assunzione a tempo determinato).

 

Condizione per la fruizione dello sgravio in commento è che le assunzioni comportino un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese ed il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti e al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.) o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. I dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono ponderati in base al rapporto tra le ore pattuite e l’orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno (comma 17).

 

Il beneficio in commento – la cui efficacia è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea - è concesso nei limiti e alle  condizioni stabiliti dalla medesima Commissione con il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato adottato il 19 marzo scorso, la cui durata è stata successivamente prorogata al 30 giugno 2021, che reca misure dirette a consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere l'economia nel contesto dell'epidemia di COVID-19 (comma 18).

In particolare, le disposizioni richiamate dal comma 3 in commento sono quelle contenute nella sezione 3.1 del suddetto Quadro temporaneo che definisce le condizioni in presenza delle quali possono essere considerati compatibili con il mercato interno aiuti di importo limitato alle imprese che si trovano di fronte ad un'improvvisa carenza o indisponibilità di liquidità.

Sulla base della richiamata sezione 3.1, perché l’aiuto sia compatibile con il mercato interno la Commissione richiede, in particolare:

§  che l'importo complessivo dell'aiuto non superi 800.000 euro per impresa;

§  che l’aiuto sia concesso entro e non oltre il 30 giugno 2021 e sulla base di un regime con budget previsionale;

§  che l'aiuto non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà il 31 dicembre 2019.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato introdotto il comma 19 che prevede che alla copertura degli oneri derivanti dallo sgravio contributivo in commento concorrono, per 37,5 milioni di euro per l’anno 2021 e 88,5 milioni di euro per l’anno 2022, anche le risorse del Programma Next Generation EU.


Commi 20-22
(Fondo per l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali dei lavoratori autonomi, dei liberi professionisti e del personale sanitario o sociosanitario già in quiescenza)

 

 

I commi in esame - inseriti dalla Camera - prevedono un esonero temporaneo dal pagamento dei contributi previdenziali per i lavoratori autonomi - ivi compresi i liberi professionisti iscritti alle forme pensionistiche obbligatorie di base, nonché alle altre forme previdenziali obbligatorie, gestite da persone giuridiche di diritto privato, di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103 - e per il personale sanitario o sociosanitario già in quiescenza ed assunto in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19; l’esonero non concerne i premi e i contributi previsti per l’assicurazione generale obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti il beneficio è subordinato a determinati requisiti, relativi al reddito e al calo del fatturato o dei corrispettivi. L’esonero è previsto per l’anno 2021, nei limiti della dotazione di un apposito fondo (istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), dotazione pari a 1.000 milioni di euro (per il medesimo anno 2021). I criteri e le modalità di attuazione della misura sono demandati ad uno o più decreti ministeriali.

Più in particolare, per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, il beneficio è subordinato alle condizioni del possesso, nel periodo di imposta relativo al 2019, di un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e della riduzione del fatturato o dei corrispettivi (relativi all’attività lavorativa in oggetto), nell’anno 2020, pari ad almeno il 33 per cento (rispetto all’anno precedente).

Si valuti l’opportunità di chiarire se il beneficio riguardi anche i lavoratori autonomi iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS, di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335[11].

Riguardo all’esonero per il personale sanitario e sociosanitario in quiescenza, si valuti l’opportunità di chiarire se il beneficio concerna anche i soggetti con i quali sia stato stipulato un rapporto di lavoro diverso da quello subordinato e se, in ogni caso, l’esonero riguardi esclusivamente le quote di contributi a carico del lavoratore.

Come accennato, si demanda ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la definizione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento dell’esonero nonché della quota da destinare alle forme gestite dalle suddette persone giuridiche di diritto privato e dei relativi criteri di ripartizione. Si valuti l’opportunità di chiarire se i decreti ministeriali debbano altresì disporre il conseguente trasferimento di una quota di risorse in favore di ciascun ente privato e se i medesimi decreti debbano definire anche la quota di risorse relative all’esonero per il personale sanitario e sociosanitario in quiescenza.

Gli enti previdenziali interessati dalle misure di esonero in oggetto provvedono al relativo monitoraggio finanziario, con riferimento ai limiti di spesa specifici concernenti il medesimo ente, e comunicano i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze; qualora dal monitoraggio emerga, anche in via prospettiva, il verificarsi di scostamenti (rispetto ai suddetti limiti), l’ente non adotta altri provvedimenti di riconoscimento dell’esonero.

 


Commi 23-28
(Misure di conciliazione vita-lavoro)

 

 

I commi da 23 a 28 – introdotti nel corso dell’esame alla Camera – recano alcune misure di conciliazione vita-lavoro volte, tra l’altro, a favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto, ad estendere le fattispecie per le quali è prevista la fruizione del congedo di paternità, obbligatorio e facoltativo, a fornire assistenza psicologica ai genitori che hanno subito la perdita di un figlio, nonché agli autori di reati contro le donne.

 

 

Nel dettaglio, i presenti commi:

§  dispongono un incremento del Fondo per le politiche della famiglia (di cui all’art. 19, c. 1, del D.L. 223/2006) nella misura di:

-       50 mln di euro per il 2021, da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle madri lavoratrici dopo il parto. La definizione delle modalità attuative per l’attribuzione delle predette risorse è demandata ad un decreto del Ministro con delega alle politiche familiari, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata (commi 23 e 24);

-       500 mila euro per il 2021 per il finanziamento delle attività di associazioni che prestino assistenza psicologica, psicosociologica in tutte le forme a favore dei genitori in relazione al lutto per la perdita dei propri figli, contestualmente inserendo tra le finalità del predetto Fondo anche il finanziamento di interventi per il sostegno ai genitori che affrontano il lutto per la perdita di un figlio (comma 26).

§  estendono il congedo di paternità obbligatorio e facoltativo ai casi di morte perinatale (comma 25);

Sul tema, si segnala che i commi 363 e 364 del disegno di legge in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda) prorogano per il 2021 il congedo obbligatorio di paternità, elevando da sette a dieci giorni la durata, e dispongono che anche per il 2021 il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima).

§  autorizzano la spesa di 2 mln di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 allo scopo di garantire e implementare la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e per la prevenzione della recidiva (comma 27);

§  incrementano di 2 mln di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (di cui all’art. 19, c. 3, del D.L. 223/2006), al fine di contenere i gravi effetti economici, derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare per quanto concerne le donne in condizione di maggiore vulnerabilità, nonché di favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà (ex art. 105-bis del D.L. 34/2020) (comma 28).

Per il 2020, per le medesime finalità suesposte, il predetto Fondo è stato incrementato di 3 mln di euro dall’art. 105-bis del D.L. 34/2020, che al contempo ha demandato ad apposito DPCM la ripartizione di tali risorse.

 


Commi 29-32
(Disposizioni relative ai giornalisti lavoratori dipendenti ed all'INPGI)

 

 

I commi in esame sono stati inseriti dalla Camera dei deputati. Il comma 29 prevede l'estensione, con riferimento ai giornalisti lavoratori dipendenti, delle norme legislative statali che riconoscono alla generalità dei datori di lavoro sgravi (o esoneri) contributivi intesi alla salvaguardia o all'incremento dell'occupazione; l'estensione opera per le assunzioni effettuate dopo il 31 dicembre 2020 ed è posta a carico del bilancio dello Stato. Il comma 30 pone altresì a carico del bilancio dello Stato, per il solo anno 2021, gli oneri relativi ai trattamenti di integrazione salariale, solidarietà e disoccupazione erogati dall'INPGI (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola"). Il comma 31 modifica alcuni termini temporali relativi al processo di riequilibro finanziario dell’INPGI (riguardo al quale un'ulteriore norma programmatica è posta dal successivo comma 32) e alla sospensione della norma sull’eventuale commissariamento.

 

Riguardo all'estensione degli sgravi (o esoneri) contributivi di cui al comma 29 - posta, come accennato, con riferimento ai giornalisti lavoratori dipendenti, iscritti al regime pensionistico ad essi relativo, gestito dall'INPGI -, si prevede che: quest'ultimo ente invii al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un rendiconto semestrale (ai fini del rimborso degli oneri); ai fini degli adempimenti relativi al registro nazionale degli aiuti di Stato[12], l'amministrazione concedente - che provvede altresì alle attività di  monitoraggio previste dalle normative in materia di aiuti di Stato - sia l’INPGI medesimo (con riferimento ai lavoratori in oggetto).

Il successivo comma 30, come detto, pone a carico del bilancio dello Stato, per il solo anno 2021, gli oneri relativi ai trattamenti di integrazione salariale, solidarietà e disoccupazione erogati dall'INPGI. Ai fini del calcolo di tali oneri, si comprende anche la quota di onere relativa alle contribuzioni figurative connesse ai trattamenti summenzionati, mentre si sottrae la contribuzione che i soggetti obbligati devono corrispondere all'INPGI in relazione ai medesimi trattamenti. Il comma disciplina altresì la procedura del rimborso statale in oggetto in favore dell'INPGI.

Il comma 31, come accennato, modifica alcuni termini temporali relativi al processo di riequilibro finanziario dell’INPGI e alla sospensione della norma sull’eventuale commissariamento. In particolare, si differisce dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021: il termine entro cui l’Istituto deve trasmettere ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate; il termine finale della sospensione - con esclusivo riferimento all'INPGI - della norma che prevede la nomina di un commissario straordinario per il caso in cui un ente di diritto privato che gestisca forme di previdenza obbligatoria presenti un disavanzo economico-patrimoniale.

Resta fermo - ai sensi della disciplina oggetto della presente novella  (disciplina di cui all’articolo 16-quinquies, comma 2, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni) - che l'INPGI deve adottare misure di riforma del regime previdenziale e che, nel caso di mancato conseguimento (tramite esse) di una prospettiva  - indicata nel suddetto bilancio tecnico attuariale - di sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo, sono emanati uno o più regolamenti governativi per l'ampliamento della platea contributiva relativa al medesimo INPGI.

Riguardo alla sospensione della norma sulla nomina di un commissario straordinario, si fa letteralmente riferimento alla sola gestione relativa ai giornalisti lavoratori dipendenti ("gestione sostitutiva"), la quale presenta attualmente un disavanzo, anziché all’intero Istituto.

Il successivo comma 32 prevede che, a sostegno dell’efficacia degli interventi di cui al comma 29, l'INPGI adotti le ulteriori misure necessarie per il riequilibrio della suddetta gestione relativa ai giornalisti lavoratori dipendenti (misure da sottoporre ai Ministeri vigilanti).

 

Più in dettaglio, il citato articolo 16-quinquies, comma 2, demanda all'INPGI di adottare, entro il termine ora prorogato al 30 giugno 2021, misure di riforma intese al riequilibrio finanziario della gestione pensionistica concernente i giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente ed alla sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della stessa gestione. Le misure devono intervenire, in via prioritaria, sul contenimento della spesa e, in subordine, sull'incremento delle entrate contributive. Le delibere in esame sono approvate - ai sensi della disciplina generale, di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, sull'adozione delle misure in materia di contributi e prestazioni degli enti di diritto privato che gestiscono forme di previdenza obbligatoria - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze[13]. Per i casi in cui le delibere concernano (come nel caso in esame) lavoratori dipendenti, la norma generale prevede che esse siano adottate sulla base delle determinazioni definite dalla contrattazione collettiva nazionale. La norma in oggetto non specifica se le nuove misure possano essere adottate in deroga a quest’ultima fase procedurale.

Come detto, l'INPGI deve trasmettere - entro il termine ora posto al 30 giugno 2021 e che è qualificato come perentorio - ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate.

Qualora il suddetto bilancio tecnico non evidenzi la sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della gestione pensionistica relativa ai giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente, il Governo adotta uno o più "regolamenti di delegificazione", intesi a definire un allargamento della platea contributiva dell'INPGI. Ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'eventuale adozione delle suddette norme regolamentari - le quali potrebbero comportare un passaggio di assicurati dall'INPS all'INPGI -, si prevede che sia accantonato e reso indisponibile nel bilancio dello Stato un importo pari a 159 milioni di euro per il 2023, 163 milioni per il 2024, 167 milioni per il 2025, 171 milioni per il 2026, 175 milioni per il 2027, 179 milioni per il 2028, 183 milioni per il 2029, 187 milioni per il 2030, 191 milioni annui a decorrere dal 2031[14].

Riguardo alla norma sul commissariamento, si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del citato D.Lgs. n. 509 del 1994, e successive modificazioni, prevede che, in caso di disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti, si provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. Sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione dell'ente.

Ai fini dell'eventuale attivazione della procedura di commissariamento, la Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale segnala ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario di cui sia venuta a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti privati suddetti.

 


Comma 33
(Esonero contributivo giovani coltivatori diretti
e imprenditori agricoli)

 

 

Il comma 33 prevede in favore dei giovani coltivatori diretti e imprenditori agricoli di l’esonero dal versamento del 100 per cento dell’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti per un periodo di 24 mesi, con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola effettuate tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021.

 

In dettaglio, la disposizione modifica l'articolo l, comma 503, della legge 27 dicembre 2019, n.160 (legge di bilancio per il 2020), prorogandone gli effetti al 2021.

In base all’articolo 1, comma 503 , ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[15] e per  un periodo massimo  di 24 mesi, si dispone l'esonero dal versamento del l00 per cento dell'accredito  contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con riferimento alle iscrizioni nella previdenza agricola dei coltivatori diretti e degli imprenditori  agricoli professionali effettuate tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020.

La modifica interviene sul termine finale per effettuare le iscrizioni, prorogandolo al 31 dicembre 2021.

L’esonero contributivo in esame, a norma del predetto comma 503, non è cumulabile con altri sgravi previsti dalla normativa vigente.

 

La relazione tecnica rappresenta che nella valutazione degli effetti finanziari sono stati mantenute prudenzialmente le ipotesi di ricorso valutate in sede di relazione tecnica all’articolo 1, comma 503 della legge n. 160/2019, di cui la disposizione in esame rappresenta una proroga per gli accessi 2021 (una platea di circa 10.000 nuovi iscritti con età inferiore a 40 anni per l’anno 2021).

 

 

Nella tavola che segue sono riportati i risultati della valutazione.

 

 


Commi 34-35
(Sgravi contributivi nel settore dilettantistico)

 

 

I commi 34 e 35 introducono, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo, avente una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, ai fini del riconoscimento - nel rispetto di tali limiti - di un esonero, anche parziale, della contribuzione previdenziale relativa ai rapporti di lavoro sportivo, instaurati da parte delle federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive dilettantistiche con atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara. Lo sgravio concerne la contribuzione a carico dei suddetti enti, associazioni e società. Dall'ambito del beneficio sono esclusi i premi e i contributi dovuti all'INAIL. Lo sgravio è cumulabile con gli esoneri o le riduzioni delle aliquote previdenziali previsti da altre norme.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio fa riferimento, riguardo alla destinazione del fondo e al riconoscimento dei relativi sgravi, al solo settore dilettantistico. Si valuti l'opportunità di inserire una limitazione esplicita a tale settore, considerato che la formulazione letterale fa un riferimento generale anche ai rapporti di lavoro sportivo (instaurati con le suddette figure) da parte delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva.

Riguardo al settore dilettantistico, si rileva che, nella normativa vigente, i compensi corrisposti ai relativi operatori sono esclusi da contribuzione previdenziale e che quest'ultima potrebbe essere introdotta da una riforma del lavoro sportivo, alla quale fa riferimento esplicito il presente comma 34.

Si ricorda, in merito, che la disciplina di delega di cui all'articolo 5 della L. 8 agosto 2019, n. 86, prevede, al comma 1, lettera c), l'individuazione, "senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (...) della figura del lavoratore sportivo, ivi compresa la figura del direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta" e la "definizione della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza".

Lo schema o gli schemi di decreto legislativo relativi a tale delega - la quale, in generale, concerne il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché del rapporto di lavoro sportivo - devono essere inviati alle Camere entro il termine perentorio del 30 novembre 2020, in base al combinato disposto del comma 1, alinea, del citato articolo 5 della L. n. 86 e dell'articolo 1, comma 3, della L. 24 aprile 2020, n. 27[16].

Riguardo ad alcune linee possibili di riforma per quanto riguarda l'aspetto della contribuzione previdenziale, cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio.

Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità di attuazione del fondo di cui al presente comma 34, considerato anche che la suddetta disciplina di delega pone, riguardo alla riforma in oggetto, una clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.


Commi 36-37
(Sospensione dei versamenti per le federazioni sportive nazionali, gli enti di pro-mozione sportiva e le, associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche)

 

 

I commi 36 e 37 sospendono alcuni termini di versamenti e adempimenti fiscali e contributivi a beneficio delle federazioni sportive nazionali, degli enti di promozione sportiva e delle associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche. I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in una unica soluzione entro il 30 maggio 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 30 maggio 2021.

 

I commi 36 e 37 sono stati introdotti dalla Camera.

 

Il comma 36 sospende i seguenti termini a beneficio delle federazioni sportive nazionali, degli enti di promozione sportiva e delle associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato e operano nell'ambito di competizioni in corso di svolgimento ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) 24 ottobre 2020:

a)             versamenti delle ritenute alla fonte (articoli 23 e 24 del D.P.R. n. 600 del 1973) che tali soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta, dal 1° gennaio 2021 al 28 febbraio 2021;

b)            adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, dal 1° gennaio 2021 al 28 febbraio 2021;

c)             versamenti IVA in scadenza nei mesi di gennaio e febbraio 2021;

d)            versamenti delle imposte sui redditi in scadenza dal 1° gennaio 2021 al 28 febbraio 2021.

 

Si rammenta che l'evolversi della situazione epidemiologica ha comportato la necessità di introdurre con DPCM del 24 ottobre 2020 misure più restrittive rispetto a quelle varate dai DPCM del 13 e del 18 ottobre. Le disposizioni del 24 ottobre hanno trovato applicazione dalla data del 26 ottobre, ma sono state poi successivamente superate dai DPCM adottati il 3 novembre e il 3 dicembre 2020[17]. Con il DPCM del 24 ottobre sono state formulate nuove raccomandazioni tese a sollecitare comportamenti responsabili da parte dei singoli e nei contesti privati. In particolare: è fortemente raccomandato a tutte le persone fisiche di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi; con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di non ricevere persone diverse dai conviventi, salvo che per esigenze lavorative o situazioni di necessità e urgenza; è fortemente raccomandato l'utilizzo della modalità di lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati. Il DPCM ha introdotto nuove restrizioni in vari ambiti. Per quanto riguarda gli eventi sportivi: gli eventi e le competizioni sportive restano consentiti soltanto se riconosciuti di interesse nazionale, nei settori professionistici e dilettantistici (rispetto al decreto precedente, sono sospesi anche quelli riconosciuti di interesse regionale); circa le modalità di svolgimento, si prevede che gli eventi sportivi consentiti si svolgano a porte chiuse, se all'interno di impianti, e senza pubblico, qualora abbiano luogo all'aperto; sono sospese le attività di palestre, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per quelli con presidio sanitario obbligatorio o che effettuino l'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), nonché di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi. Resta consentita l'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte all'aperto presso centri e circoli sportivi, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento.

 

Il comma 37 dispone che i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in una unica soluzione entro il 30 maggio 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 30 maggio 2021. I versamenti relativi ai mesi di dicembre 2021 e 2022 devono essere effettuati entro il giorno 16 di detti mesi.

Viene inoltre precisato che non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Per una ricostruzione delle misure riguardanti la sospensione degli adempimenti fiscali e il potere di accertamento fin qui introdotte in risposta all'emergenza da COVID-19, si rinvia al tema web della Camera dei deputati in materia di accertamento e riscossione.


Commi 38-40
(Esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari
compensazioni IVA carni e riduzione IVA preparazioni alimentari)

 

 

Il comma 38 prevede per l'anno 2021 l’esenzione ai fini Irpef - già prevista per gli anni 2017-2020 e, nella misura del 50%, per il 2021 - dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati inseriti i commi 39 e 40. Il comma 39 proroga al 2021 la possibilità di innalzare le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all'8 per cento.

Il nuovo comma 40 assoggetta ad IVA al 10 per cento le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.

 

Il comma 38 stabilisce che, con riferimento all'anno d'imposta 2021, non concorrano alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e delle relative addizionali, i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (come individuati dall'art. 1, d.lgs. n. 99 del 2004) iscritti nella previdenza agricola.

A tal fine è novellato l'articolo 1, comma 44, primo periodo, della legge di bilancio 2017 (l. n. 232 del 2016) ed è abrogato il secondo (e ultimo) periodo del medesimo comma. Quest'ultimo stabilisce che i medesimi redditi concorrano alla formazione della base imponibile ai fini Irpef nella misura del 50% per l'anno 2021.

Si ricorda che il citato comma 44 prevede già l'esenzione con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018, 2019 e 2020.

 

L'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 definisce l'imprenditore agricolo professionale come colui che sia in possesso di competenze e conoscenze professionali specifiche e dedichi alle attività agricole (di cui al di cui all’articolo 2135 del codice civile) almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando dalle attività così svolte almeno il 50% del proprio reddito globale. Ai fini del calcolo del reddito globale, vengono esclusi una serie di redditi, tra cui anche le somme percepite in società, associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo.

Inoltre, vengono considerati imprenditori agricoli professionali anche i soci o amministratori di società di persone, di capitali e cooperative che, oltre all’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, presentino i seguenti requisiti:

§  nel caso di società di persone, che almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per la società in accomandita la qualifica è riferita ai soci accomandatari);

§  per le società di capitali o cooperative, che almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.

 

I redditi dominicali e i redditi agrari costituiscono, insieme ai redditi dei fabbricati, due delle tre categorie in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) suddivide i redditi fondiari (cfr. in particolare il capo II del Titolo I, artt. 25-43). L’articolo 25 definisce fondiari i redditi (di seguito: r.) inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono iscritti o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Si prescinde dal fatto che il possessore sia residente o meno nel territorio dello Stato. Limitando il campo di analisi alle due categorie oggetto della presente disposizione i r. fondiari sono determinati sulla base delle risultanze catastali e si distinguono per l'appunto in: r. dominicale dei terreni, attribuibile al proprietario del terreno o al titolare di un diritto reale di godimento (artt. 27-31) e r. agrario, attribuibile al soggetto che coltiva il terreno, direttamente o avvalendosi di dipendenti, a prescindere dal fatto che sia il proprietario del terreno, il titolare di un diritto reale di godimento sul terreno medesimo ovvero l’affittuario (artt. 32-35).

Nell'ordinamento fiscale l’esistenza di due diverse tipologie di reddito associata ai terreni è motivata dalla possibilità che, su di essi, sia svolta un’attività agricola e nella conseguente necessità di distinguere il reddito derivante dal possesso dell’immobile (il reddito dominicale) da quello derivante dall’esercizio dell'attività agricola, anche ad opera di un soggetto diverso dal possessore (il r. agrario).

I redditi fondiari sono dunque determinati con un sistema forfetario basato sulle risultanze catastali, oggetto dell’imposizione non è il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, ma la astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua effettiva entità. Tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo del possessore a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, indipendentemente dalla loro percezione e in relazione alla durata del possesso.

 

Il comma 39, introdotto - come il successivo 40 - durante l’esame parlamentare, proroga al 2021 la possibilità di innalzare le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all'8 per cento. A tal fine è modificato l’articolo 1, comma 506, della legge 27 dicembre 2017, n.205.

 

Il richiamato comma 506 ha previsto l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8% per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020; ha demandato la concreta attuazione della misura a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro il 31 gennaio di ciascuna annualità. Tale misura ripropone quanto già previsto, per l’anno 2017, dall’art. 1, comma 45 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), che ha disposto le medesime percentuali di compensazione IVA.

L’articolo 1, comma 908, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) aveva previsto, limitatamente al 2016, l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%. Prima di tale intervento la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 34, comma 1, del D.P.R. 633/1972, (DPR IVA), istituisce, per le cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella tabella A, parte prima, allegata allo stesso decreto, un regime di detrazione forfettizzata dell'imposta sul valore aggiunto, basato sull'applicazione di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti alle cooperative e loro consorzi (di cui al comma 2, lettera c) del medesimo art. 34) che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dagli imprenditori agricoli con volume d’affari al di sotto di 7000 euro annui e i cessionari e committenti (comma 6, primo e secondo periodo dello stesso art. 34).

 

Il nuovo comma 40 assoggetta ad IVA ridotta al 10 per cento, con una norma di interpretazione autentica, le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.

In particolare, le norme in esame chiariscono che nella nozione di “preparazioni alimentari” di cui al n. 80 della tabella A, parte III, allegata al DPR IVA (parte III che individua i beni e servizi assoggettati ad aliquota ridotta al 10 per cento), deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell'asporto.

 


Comma 41
(Imposta di registro minima per i terreni agricoli)

 

 

Il comma 41, introdotto durante l’esame parlamentare, per l'anno 2021 prevede che non sia applicata l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze di valore economico inferiore o uguale a 5.000 euro, in favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale.

 

Lo scopo esplicito della norma introdotta è di facilitare il processo di ricomposizione fondiaria, anche nell'ottica di una maggiore efficienza produttiva nazionale.

Più in dettaglio si prevede che, per il 2021, agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze di valore economico inferiore o uguale a 5.000 euro non sia applicata l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, alla seguente duplice condizione:

-         i terreni siano qualificati come agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti;

-         gli atti di trasferimento siano posti in essere a favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale.

 

Il richiamato articolo 2, comma 4-bis del decreto-legge n 194 del 2004, per assicurare agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina, ha sottoposto gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), ha disposto che le imposte di registro e ipotecaria fossero applicate in misura fissa (oggi pari a 200 euro) e all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento.


Commi 42 e 43
(Modifiche alla disciplina fiscale della tassazione dei ristorni)

 

 

I commi 42 e 43, non modificati durante l’esame parlamentare, modificano il regime fiscale di ristorni attribuiti ai soci di società cooperative.

Viene concessa a tali società, previa delibera assembleare, la facoltà di ridurre dal 26 per cento al 12,5 per cento la ritenuta applicabile sulle somme attribuite ad aumento del capitale sociale, anticipando in tal caso il momento della tassazione dei ristorni all'atto dell'attribuzione al capitale sociale, in luogo del momento di rimborso dello stesso, come previsto dalle disposizioni generali. L’applicazione del regime è facoltativa ed è applicabile anche alle somme attribuite ad aumento di capitale deliberate prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame.

 

Si ricorda preliminarmente che i ristorni sono i profitti netti della cooperativa derivanti dall’attivita? con i soci, attribuiti ai soci stessi in proporzione agli scambi mutualistici intercorsi con la cooperativa nel corso dell’anno; si tratta di quei distinti contratti aventi per oggetto la cessione o l’acquisto alla/dalla cooperativa dei beni, dei servizi o delle energie lavorative che di volta in volta sono necessarie per lo svolgimento dell’attivita?.

Con riferimento alla società i ristorni sono deducibili dal reddito imponibile, non costituiscono dividendi, e si distinguono da questi ultimi in quanto sono attribuiti in proporzione al valore dello scambio mutualistico tra soci e cooperativa e non in base al capitale conferito da ciascun socio.

Da un punto di vista fiscale, i ristorni sono configurati come:

somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, erogati in sede di approvazione del bilancio d’esercizio in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (articolo 3, comma 2, lettera b), della legge n. 142 del 2001);

somme attribuite dalle societa? cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973).

Il vantaggio mutualistico puo? essere attribuito ai soci in maniera diretta oppure indiretta. L’attribuzione diretta del vantaggio mutualistico viene realizzata mediante un risparmio di spesa (minor prezzo) per i beni ed i servizi che il socio acquista dalla cooperativa (di consumo) oppure mediante una maggiore retribuzione che il socio percepisce per i beni ed i servizi ceduti alla cooperativa (di produzione e lavoro).

L’attribuzione indiretta del vantaggio mutualistico si verifica quando la societa? pratica nei confronti dei soci il prezzo di mercato (nellecooperativa di consumo) oppure corrisponde ai soci stessi una retribuzione ordinaria (nella cooperativa di produzione e lavoro) e poi versa la differenza nella forma di ristorno alla chiusura dell’esercizio. In pratica, anche la modalita? indiretta di erogazione del vantaggio mutualistico si traduce, per la cooperativa, in una diminuzione dei ricavi o in un aumento di costi; cosi? come per la modalita? diretta anche in questo caso si riduce il reddito imponibile.

I ristorni sono deducibili dal reddito delle cooperative e dei loro consorzi e rilevano per la quota di competenza a carico dell’esercizio con riferimento al quale sono maturati gli elementi di reddito presi a base di commisurazione dei ristorni.

 

Con riferimento alla tassazione dei ristorni in capo ai soci percipienti, il decreto-legge n. 63 del 2002 prevede che le somme destinate ad aumento del capitale sociale non concorrano a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né il valore della produzione netta dei soci. Le stesse somme, se imponibili al momento della loro attribuzione, sono soggette ad ritenuta a titolo di imposta, giusto rinvio alla disciplina dell’articolo 7, comma 3 della legge n.59 del 1992, con aliquota al 26 per cento.

Si prevede poi, un regime analogo alla sospensione d’imposta, ove il ristorno non sia erogato al socio, ma venga destinato ad aumento del capitale sociale. L’imponibilita? fiscale in tal caso è rinviata ad un secondo momento, ovvero in sede di restituzione del capitale sociale, comprensivo della quota di ristorno.

 

I commi in esame intervengono sulla predetta disciplina della tassazione dei ristorni in capo al socio di società cooperative, in particolare aggiungendo alcuni periodi alla fine del comma 2 dell’illustrato articolo 6 del decreto-legge n. 63 del 2002.

Nel dettaglio le norme in commento (comma 42) prevedono che, per le somme attribuite ad aumento del capitale sociale nei confronti di soci persone fisiche, la cooperativa abbia la facolta? di applicare, previa delibera assembleare, la ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’imposta all’atto della loro attribuzione a capitale sociale.

In tal modo, viene ridotta l’aliquota dal 26 al 12,5 per cento, consentendo però di anticipare il momento della tassazione dei ristorni all'atto dell'attribuzione al capitale sociale, piuttosto che al rimborso dello stesso.

Le disposizioni chiariscono che tra i soci persone fisiche non sono compresi gli imprenditori (di cui all’articolo 65, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) nonche? i detentori di partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) del medesimo TUIR.

 

Il richiamato articolo 65, comma 1 dispone che per le imprese individuali, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano relativi all'impresa oltre ad alcune categorie di ricavi, anche quelli strumentali per l'esercizio dell'impresa stessa e i crediti acquisiti nell'esercizio dell'impresa stessa, nonché i beni appartenenti all'imprenditore che siano indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario.

Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) TUIR, è cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio delle società qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

 

La facolta? si esercita con il versamento della ritenuta, da effettuarsi entro il 16 del mese successivo a quello di scadenza del trimestre solare in cui e? avvenuta la delibera assembleare.

Ai sensi del comma 43, l’applicazione della ritenuta del 12,50 per cento è retroattiva: essa puo? essere applicata con le medesime modalita? e termini alle somme attribuite ad aumento del capitale sociale deliberate anteriormente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, in luogo della tassazione prevista dalla previgente normativa.


Commi 44-47
(Riduzione della tassazione dei dividendi
per gli enti non commerciali)

 

 

I commi 44-47, non modificati durante l’esame parlamentare, intendono detassare il 50 per cento degli utili degli enti non commerciali, dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali enti esercitino, in via esclusiva o principale, una o piu? attivita? di interesse generale per il perseguimento di finalita? civiche, solidaristiche e di utilita? sociale, in alcuni settori individuati ex lege.

Il risparmio d’imposta deve essere destinato al finanziamento delle predette attivita? di interesse generale. Sono esclusi dall’agevolazione gli utili derivanti dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Le fondazioni bancarie, infine, destinano l’imposta sul reddito non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale, accantonandola in un apposito fondo.

 

Il comma 44 prevede che gli utili percepiti dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché dai trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, D.P.R. n.917 del 1986), ovvero dalle stabili organizzazioni di tali enti nel territorio dello Stato (ai sensi della successiva lettera d) del medesimo articolo 73, comma 1) siano esenti da IRES, o più precisamente non concorrano alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50 per cento a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021.

Condizione per l’accesso all’agevolazione è che esercitino, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale una o piu? attivita? di interesse generale per il perseguimento di finalita? civiche, solidaristiche e di utilita? sociale nei settori indicati dal successivo comma 45.

Sono esclusi da tale misura gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.

 

La richiamata disposizione prevede che i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all'Unione europea, ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a)    nel caso in cui l'impresa o l'ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove siano assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia (condizione di cui al comma 4, lettera a), dell’articolo 167 TUIR);

b)   in mancanza del requisito del controllo, laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell'impresa o dell'ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull'aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell'attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l'attività ricompresa nell'ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto.

 

Per usufruire della detassazione degli utili, gli enti non commerciali devono svolgere attività nei settori di interesse generale nei seguenti ambiti (comma 45):

a)   famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;

b)   prevenzione della criminalita? e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualita?; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attivita? sportiva, prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali;

c)   ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualita? ambientale;

d)   arte, attivita? e beni culturali.

 

Ai sensi del comma 46 i destinatari della detassazione devono destinare l’imposta sul reddito delle societa? non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale ivi indicate, accantonando l’importo non ancora erogato in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.

 

Il comma 47 prevede che le fondazioni bancarie (di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153) destinano l’imposta sul reddito non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale, accantonandola in un apposito fondo destinato all’attivita? istituzionale.

 

Si ricorda in questa sede che il legislatore, nel tempo, ha perseguito l’intento di agevolare fiscalmente il settore del no profit. La legge 6 giugno 2016, n. 106 ha conferito al Governo una delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.  In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 111 - Codice del Terzo settore, integrato e corretto successivamente dal decreto legislativo n. 105 del 2018, con il quale si provvede tra l'altro al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti.

In estrema sintesi, il Titolo X del codice (artt. 79-89) disciplina il regime fiscale degli enti del Terzo settore. Sostanzialmente si dispone l'applicazione agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice, il quale reca specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti si applicano inoltre le norme del TUIR relative all'IRES, in quanto compatibili. Si introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale, basato sui coefficienti di redditività. Le norme individuano le attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non commerciali. In particolare, si presume che tali attività si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 10 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi di imposta consecutivi. Viene attribuito un credito d'imposta per coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore non commerciali. Sono poi introdotte disposizioni che attribuiscono ulteriori benefici, non previsti dalle previgenti norme tributarie; viene introdotta una disciplina unitaria per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali.

Con riferimento alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale, sono elencate una serie di attività che, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato. Anche le organizzazioni di volontariato usufruiscono della detraibilità del 35 per cento delle erogazioni liberali eseguite in loro favore; gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta di registro. Sono esenti da IRES i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali.

Viene disciplinato il regime tributario delle associazioni di promozione sociale, iscritte nell'apposita sezione speciale del Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostanziale continuità con le previgenti norme ma con alcuni interventi di aggiornamento e razionalizzazione. Si prevede per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale la possibilità di applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare il limite di ricavi di 130.000 euro nel periodo d'imposta precedente. E’ poi introdotta una disciplina specifica relativa agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore.

Con il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112 (successivamente modificato dal D.Lgs. N. 95 del 2018) si è proceduto a revisionare la disciplina dell'impresa sociale: si consente tra l'altro all'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (entro certi limiti) e si estende il novero di attività che configurano una "utilità sociale" a fini di legge, con l'attribuzione inoltre di alcuni incentivi fiscali.

 

Al riguardo si ricorda che il Codice del terzo settore definisce come enti del Terzo settore (articolo 4) le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Il successivo articolo 5 del Codice chiarisce che gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attività aventi una molteplicità di oggetti, tra cui gli interventi e servizi sociali, educazione, istruzione e formazione professionale, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, e così via.

Tali attività sembrano, dunque, parzialmente sovrapponibili con le “attività nei settori di interesse generale” individuate nell’articolo in esame.

 

Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni specifiche del Codice nonché le norme IRES di cui al titolo II del TUIR, in quanto compatibili (articolo 79, comma 1 del Codice).

Le attività di interesse generale di un ETS si considerano di natura non commerciale (dunque non tassabili) quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto anche degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento (articolo 79, comma 2).

Inoltre si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore (articolo 79, comma 5) che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di interesse generale indicate dal Codice (di cui all'articolo 5), in conformità ai criteri indicati dalla legge. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di interesse generale, svolte in forma d'impresa e non in conformità ai criteri indicati dalla legge, nonché le attività diverse da quelle di interesse generale nel medesimo periodo d'imposta, superano le entrate derivanti da attività non commerciali

 

Come chiarito dall’Agenzia delle entrate, in linea teorica gli enti non commerciali si caratterizzano per non avere quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un'attività di natura commerciale, che non determina reddito d'impresa. Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell'ente non commerciale la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l'assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati di gestione.

Tuttavia, la presenza del comma 2 nella norma in commento - che prescrive, quale condizione per l’accesso all’agevolazione, lo svolgimento di attività in settori “di interesse generale” – non consente di individuare con precisione la platea dei destinatari della misura.

In particolare, occorrerebbe chiarire se la detassazione degli utili coinvolge anche gli Enti del Terzo Settore – ETS “non commerciali” secondo le disposizioni del relativo Codice. Più in generale, occorrerebbe valutare l’opportunità di un coordinamento normativo con le disposizioni del Codice.

 


Commi 48 e 49
(IMU e TARI ridotta per soggetti non residenti titolari di pensione)

 

 

I commi 48 e 49, inseriti durante l’esame parlamentare, riducono alla metà, a decorrere dall'anno 2021, l’IMU dovuta sull’unica unità immobiliare, purché non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia. Per tali immobili la tassa sui rifiuti (TARI) o l’equivalente tariffa è dovuta in misura ridotta di due terzi.

 

Più in dettaglio le norme in esame (comma 48) concedono agevolazioni sulle imposte immobiliari locali (IMU e TARI), dal 2021, per una e una sola unità immobiliare a uso abitativo, a condizione che non sia locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia, residenti in uno Stato di assicurazione, diverso dall'Italia.

Al riguardo si segnala che non appare chiaro il riferimento allo “Stato di assicurazione”, che sembra doversi riferire allo Stato in cui il soggetto è titolare di prestazioni assistenziali o previdenziali.

 

Si ricorda che l’articolo 13, comma 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 prevedeva che, a partire dall'anno 2015, fosse considerata direttamente adibita ad abitazione principale (e dunque esente da IMU) una ed una sola unità immobiliare, posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risultasse locata o data in comodato d'uso.

Al riguardo, con una lettera di costituzione in mora inviata nel gennaio 2019, la Commissione UE ha avviato contro l’Italia la procedura di infrazione n. 2018/4141 (in tema di regimi preferenziali IMU, TASI e TARI per i cittadini italiani pensionati iscritti all'AIRE), affermando che la predetta agevolazione concedesse un trattamento preferenziale e potenzialmente discriminatorio in favore dei pensionati italiani.

Con la riforma complessiva dell’IMU operata dalla legge di bilancio 2020 - legge n. 160 del 2019 – è stata abrogata gran parte della previgente disciplina dell’IMU (comma 780 della menzionata legge di bilancio 2020), senza che fosse riproposta la previgente agevolazione “prima casa” per i pensionati AIRE.

La procedura di infrazione è stata chiusa il 30 ottobre 2020.

 

Le agevolazioni in parola si sostanziano:

-         nella riduzione a metà dell’imposta municipale propria;

-         nell’applicazione della tassa sui rifiuti - TARI (tassa sui rifiuti avente natura di tributo), ovvero della relativa tariffa con natura di corrispettivo, in misura ridotta di due terzi.

 

La locuzione "misura ridotta di due terzi" sembra corrispondere al pagamento di un terzo dell'importo intero, come peraltro confermato dalla prassi applicativa della disposizione: l’articolo 9-bis del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, recante norme in materia di IMU per immobili posseduti da cittadini residenti all'estero, già ne prevedeva l’applicazione in misura ridotta di due terzi, intendendo che il pagamento corrispondesse a un terzo dell’imposta.

 

Il comma 49 istituisce un apposito Fondo di ristoro in favore dei comuni a compensazione delle minori entrate derivanti dalle misure in parola, con dotazione di 12 milioni a decorrere dal 2021.

Tale fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno; alla relativa ripartizione si provvede con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (2 marzo 2021).

 

 


Comma 50
(Incentivi fiscali per il rientro in Italia dei lavoratori altamente qualificati)

 

 

Il comma 50, inserito durante l’esame parlamentare, consente di usufruire dell’allungamento temporale del regime fiscale agevolato dei cd. lavoratori impatriati anche ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell'anno 2020 e che, alla data del 31 dicembre 2019, risultano beneficiari del regime di favore ordinario previsto per i cd. lavoratori impatriati.

Essi possono optare per l’estensione per cinque periodi d’imposta del predetto regime di favore, alle condizioni di legge, previo versamento di un importo pari al dieci o al cinque per cento dei redditi agevolati, secondo il numero di figli minori e in base alla proprietà di un immobile in Italia. Si chiarisce che tali norme non si applicano agli sportivi professionisti.

 

Più in dettaglio le norme in esame integrano l’articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019 (cd. decreto crescita), che a sua volta ha inciso sulle agevolazioni in favore dei lavoratori c.d impatriati introdotte dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015.

 

L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015 (modificato dalla legge di stabilità 2016, dalla legge di bilancio 2017, dal decreto-legge n. 244 del 2016, dal decreto-legge n. 50 del 2017, dal decreto-legge n. 148 del 2017 e integrato dai decreti -legge n. 34 del 2019 e 124 del 2019) ha inteso disciplinare compiutamente la materia del rientro dei lavoratori all’estero, in particolare concedendo una agevolazione fiscale temporanea ai lavoratori che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato.

Per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF nella misura del cinquanta per cento del proprio ammontare. Per i lavoratori dipendenti, si richiede che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano e sia svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. Detti lavoratori devono inoltre rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Per i lavoratori autonomi non si richiede la presenza di un rapporto di lavoro con un’impresa residente, né lo svolgimento di ruoli direttivi o il possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi. Per i lavoratori autonomi essa si applica dal 1° gennaio 2017.

L’agevolazione si estende anche ai cittadini di Stati, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un titolo di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi, ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’articolo 16, comma 4, prevede che i lavoratori rientrati in Italia col beneficio della parziale detassazione IRPEF disposta della legge 30 dicembre 2010, n. 238, ove trasferiti entro il 31 dicembre 2015, applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo il regime disposto dalla legge n. 238/2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa.

Si ricorda che l’agevolazione della legge n. 238/2010 consiste nella parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa; tali redditi concorrono alla base imponibile nella misura, rispettivamente, del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori (con detassazione rispettivamente dell’ottanta e del settanta per cento).

In alternativa, essi possono optare per il regime previsto dall’illustrato articolo 16 del D.Lgs. 147/2015. La circolare 23 maggio 2017 dell’Agenzia delle Entrate (cap. 3.5), in merito all’articolo 16, comma 4, ha chiarito che coloro che optano per il regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015 beneficiano della parziale imponibilità del reddito derivante da lavoro dipendente, da attività di lavoro autonomo o d’impresa, per cinque periodi d’imposta, quindi a partire dal 2016 e fino al 2020. Sul punto è intervenuto l’articolo 8-bis, comma 1 del decreto-legge n. 148 del 2017; esso ha precisato che l’esercizio dell’opzione di cui al comma 4 ha effetto limitatamente al triennio 2017-2020 e non anche per il periodo d’imposta 2016, nel quale si applica la precedente disciplina di cui alla menzionata legge n. 238 del 2010.

La legge di bilancio 2017 ha chiarito che l’innalzamento al cinquanta per cento della quota di reddito esente da IRPEF si applica, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che, nell’anno 2016, hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato (ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) e ai soggetti che, nel medesimo anno 2016, hanno esercitato la predetta opzione di cui al comma 4 dell’articolo 16.

Il comma 7-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che i soggetti trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015 (per utilizzare i benefici fiscali previsti dalla legge n. 238 del 2010 in tema di agevolazioni per docenti e ricercatori) e che hanno successivamente optato per il regime agevolativo previsto per i lavoratori rimpatriati (ai sensi del D.Lgs. n. 147 del 2015) decadono dal beneficio fiscale nel caso in cui la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi.

Con l'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019 il regime fiscale degli impatriati è stato potenziato prevedendo espressamente, al comma 2, che tale potenziamento si rendesse applicabile nei confronti delle persone fisiche che avessero trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dall'anno 2020.

Per questi soggetti l'agevolazione fiscale, sui redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e d'impresa, doveva consistere nella concorrenza alla formazione del reddito complessivo del 30 per cento di tali redditi.

Il potenziamento prevede (rispetto alle agevolazioni previste per i soggetti già residenti in Italia prima del 2020), l'incremento, per il primo quinquennio, dal 50 al 70 per cento della percentuale di non imponibilità.

Inoltre il comma 2 dispone un ulteriore ampliamento della misura agevolativa, consentendo alle persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia dal 2020 possano fruire, per un ulteriore quinquennio, dell'abbattimento del 50 per cento del reddito di specie prodotto, a condizione che abbiano almeno un figlio minorenne o a carico o qualora diventino proprietari di almeno una unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei 12 mesi precedenti il medesimo trasferimento.

Con l'articolo 13-ter, comma 1, del decreto-legge n.124 del 2019 è stato sostituito il comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019.

In base alla nuova formulazione le predette agevolazioni fiscali (abbattimento del 70 per cento nel primo quinquennio e, alle condizioni previste, del 50 per cento nel secondo quinquennio) spettano, a decorrere dall'anno 2019, ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia dal 30 aprile 2019 (in sostanza coloro che rientrano in Italia dal 30 aprile al 2 luglio 2019 e che quindi maturano i 183 giorni utili per acquisire nel 2019 la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell'articolo 2 del Testo Unico delle imposte sui redditi - TUIR) e risultano beneficiari del regime previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

Nel successivo comma 2 dell'articolo 13-ter, in considerazione del riconoscimento retroattivo del regime potenziato degli impatriati a nuovi soggetti (i rientrati dal 30 aprile al 2 luglio 2019 che, in assenza della modifica normativa, sarebbero stati destinatari della sola agevolazione consistente nella concorrenza del 50 per cento del reddito di specie prodotto nei primi cinque anni) è stato istituito nello stato di previsione del MEF il fondo “controesodo” con la dotazione di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020, disponendo che i criteri di accesso al predetto fondo, fino ad esaurimento dello stesso, fossero stabiliti con decreto del MEF. Per i predetti soggetti, la somma stanziata, pertanto, dovrebbe coprire i maggiori costi derivanti dall'incremento dal 50 al 70 per cento dell'agevolazione fiscale nel primo quinquennio e dall'intero importo della riduzione del 50 per cento dell'imponibile fiscale per l'eventuale secondo quinquennio.

Tale decreto non risulta tuttora emanato; il Governo, nella risposta all’interrogazione presso la VI Commissione Finanze 5-04375 Ungaro, in data 28 luglio 2020 chiariva che erano in corso, presso i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, gli approfondimenti istruttori preordinati all'attuazione della disposizione dell’articolo 13-bis, in quanto avente talune criticità. L'agevolazione, secondo quanto affermato dal Governo, consiste in una riduzione di imponibile (in sostanza una deduzione) che tuttavia mal si concilia con un predeterminato tetto di spesa suscettibile di determinare una eventuale procedura di assegnazione selettiva. Si rilevava inoltre che un ulteriore elemento di complessità, che rendeva problematica l'attuazione della norma in discorso, è rappresentato dalla circostanza che il costo relativo all'agevolazione fiscale del secondo quinquennio è eventuale, perché subordinato alla presenza di un figlio minorenne o a carico ovvero all'acquisto in Italia di un'unita immobiliare residenziale

 

Il comma in esame introduce i commi da 2-bis a 2-quater nell’articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2019.

Il comma 2-bis individua l’ambito soggettivo della disciplina introdotta, che si applica anzitutto a soggetti “diversi da quelli indicati al comma 2 dell’articolo 5”, ovvero diversi da quelli che hanno trasferito la residenza in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, e a cui spettano le agevolazioni fiscali (abbattimento del 70 per cento nel primo quinquennio e, alle condizioni previste, del 50 per cento nel secondo quinquennio) a decorrere dall'anno 2019.

La platea dei destinatari dunque sembra riferirsi ai soggetti che si sono trasferiti in Italia dopo il 2 luglio 2019 e prima del 1°gennaio 2020.

Tali contribuenti, a condizione che siano stati iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero ovvero siano cittadini UE, e purché abbiano trasferito la residenza prima dell'anno 2020 e alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall'articolo 16, possono fruire, per un ulteriore quinquennio, dell'abbattimento del 50 per cento del reddito di specie prodotto (disposizioni di cui al comma 1, lettera c), dell’articolo 5 del decreto-legge 34),  previo versamento di:

-         un importo pari al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia, oggetto della detassazione per i lavoratori impatriati, relativi al periodo d'imposta precedente a quello di esercizio dell'opzione, se il soggetto al momento dell'esercizio dell'opzione ha almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo, o è diventato proprietario di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell'opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l'applicazione di sanzioni. L'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà;

-          un importo pari al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia e detassati, relativi al periodo d'imposta precedente a quello di esercizio dell'opzione, se il soggetto al momento dell'esercizio dell'opzione ha almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo, e diventa o è diventato proprietario di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell'opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l'applicazione di sanzioni. L'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

 

Il comma 2-ter affida la determinazione delle modalità di esercizio dell'opzione a un provvedimento dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (2 marzo 2021).

 

Il comma 2-quater espressamente esclude dalle norme in esame gli sportivi professionisti, i cui rapporti con le società sportive sono disciplinati dalla legge 23 marzo 1981, n. 91.

 


Commi 51-57
(Cofinanziamento nazionale fondi EU periodo 2021-2027)

 

 

I commi  51-57 stabiliscono le modalità di copertura degli oneri per il cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027 a valere sulle risorse dei fondi strutturali (FSE e FESR) e del Fondo per la giusta transizione, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP) a titolarità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (comma 52), a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato (comma 53) e dei c.d. “interventi complementari” (comma 54); vengono inoltre definite le attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei programmi ed interventi cofinanziati, effettuate per mezzo del sistema informatico della Ragioneria generale dello Stato (commi 55-57).

 

Il comma 51 stabilisce che a seguito dell’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale del periodo di programmazione 2021-2027 - ormai in fase avanzata - e dei relativi regolamenti, il CIPE, con apposita deliberazione, definisce i tassi di cofinanziamento nazionale massimi applicabili e l’onere a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie per i programmi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027.

Il comma precisa che il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, previsto dalla legge n. 183 del 1987 (c.d. Fondo IGRUE), concorre alla copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027, a valere sulle risorse dei fondi strutturali (FSE e FESR), del Fondo per la giusta transizione (JTF)[18], del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP).

 

In particolare:

§  per il cofinanziamento nazionale pubblico relativo agli interventi a titolarità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (i c.d. Programmi operativi regionali – POR), il Fondo IGRUE concorre nella misura massima del 70 per cento degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli programmi.

La restante quota massima del 30 per cento è posta a carico ai bilanci delle Regioni e delle Province Autonome, nonché degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi (comma 52).

§  per gli interventi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato (c.d. Programmi operativi nazionali - PON), la copertura è integralmente posta a carico del Fondo IGRUE (comma 53, primo periodo).

§  gli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica dei programmi dell'Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”, dei quali l’Italia è partner ufficiale, dei programmi “Strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale” e dei programmi di “Assistenza alla pre-adesione” con Autorità di gestione italiana, sono a totale carico del Fondo IGRUE (comma 53, secondo periodo).

 

Il comma 54 stabilisce, inoltre, che il Fondo IGRUE concorre altresì, nei limiti delle proprie disponibilità, al finanziamento degli oneri relativi all’attuazione di eventuali “interventi complementari[19] rispetto ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali UE 2021-2027, inseriti nell’ambito della programmazione strategica definita con il prossimo Accordo di partenariato 2021-2027, il documento strategico che fissa gli obiettivi dei fondi europei per il ciclo 2021-2027, per il quale è stato avviato il percorso di definizione tra lo Stato italiano e la Commissione europea.

Al fine di massimizzare le risorse destinabili agli interventi complementari, il comma prevede che le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano possono concorrere al finanziamento degli interventi complementari con risorse a carico dei propri bilanci.

L’erogazione delle risorse, a fronte di spese rendicontate, ha luogo previo inserimento, da parte dell’Amministrazione titolare, dei dati di attuazione sul sistema informatico previsto dal successivo comma 56.

 

Alla luce delle disposizioni di cui ai commi 51-54 in esame, il Fondo di rotazione viene incrementato dell’importo necessario a garantire al Fondo le risorse per la copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall’UE per il periodo 2021-2027, dell’importo indicato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari delle disposizioni del disegno di legge di bilancio.

Al riguardo, nella Relazione tecnica al d.d.l di bilancio si riporta che “l’intervento complessivo massimo del Fondo di rotazione di cui alla legge 183/1987, in forza dei suddetti criteri, è stimato in relazione al ciclo 2021/2027, in 2 miliardi per il 2021, 2,5 miliardi per il 2022, 4,624 miliardi per il 2023, 5 miliardi per ciascuno degli anni dal 2024 al 2027, 3,3 miliardi per ciascuno degli anni 2028 e 2029 e 3,276 miliardi per l’anno 2030”, per un importo complessivo pari a 39 miliardi per il periodo 2021-2030

 

Nella successiva tabella sono riportate le risorse del Fondo IGRUE (iscritto al cap. 7493 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), come incrementate per effetto delle disposizioni di cui ai commi 51-57 in esame. Contestualmente, la Sezione II del d.d.l. di bilancio opera una riprogrammazione delle risorse a legislazione vigente, con una posticipazione di 3,2 miliardi dal 2023 al 2024.

(milioni di euro)

Fondo IGRUE (cap. 7493/MEF)

2021

2022

2023

2024 e ss

Bilancio a legislazione vigente

4.125,0

5.375,0

6.475,0

19.525,0

Art. 11 - Risorse 2021-27

2.000,0

2.500,0

4.624,0

29.876,0

Riprogrammazione II Sezione

-

-

-3.199,0

3.199,0

D.D.L. BILANCIO 2021

6.125,0

7.875,0

7.900,0

52.600,0

 

Il comma 55 disciplina le attività di monitoraggio degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per la programmazione 2021-2027, a valere sui Fondi strutturali, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), sul Fondo per una transizione giusta (JTF), sul Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP), sugli altri strumenti finanziari previsti, ivi compresi quelli attinenti la cooperazione territoriale europea, nonché degli interventi complementari previsti nell’ambito dell’Accordo di partenariato.

Il monitoraggio è assicurato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello StatoIGRUE (Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea).

La Ragioneria generale è altresì competente per il monitoraggio degli interventi a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2021-2027.

 

Il comma dispone che le Amministrazioni centrali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano assicurano, per gli interventi di rispettiva competenza (PON e POR), la rilevazione dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale a livello di singolo progetto, secondo le specifiche tecniche definite congiuntamente tra la Ragioneria generale e le Amministrazioni centrali dello Stato responsabili del coordinamento per i singoli fondi.

A tal fine, per garantire la standardizzazione delle relative procedure attuative previste dai sistemi di gestione e controllo, la Ragioneria generale dello Stato (Ispettorato generale per l’informatica e l’innovazione tecnologica - IGIT) sviluppa e rende disponibile per le amministrazioni responsabili un apposito sistema informatico per il supporto nelle fasi di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei programmi ed interventi cofinanziati (comma 56).

Gli oneri per la realizzazione del suddetto sistema informatico sono valuti dalla Relazione tecnica in 10 milioni di euro.

 

Il comma 57 provvede alla copertura dell’onere derivante dalla realizzazione di tale sistema informatico – che la Relazione tecnica valuta in 10 milioni di euro – a valere sulle risorse già stanziate per il “Programma complementare di azione e coesione per la Governance dei Sistemi di Gestione e controllo 2014-2020”.

A tal fine viene modificato l’articolo 242, comma 7, del D.L. n. 34 del 2020[20]. Nello specifico si prevede che il “Programma complementare di azione e coesione per la Governance dei Sistemi di Gestione e controllo 2014-2020” (delibera CIPE n. 114 del 2015) sia integrato con “interventi di rafforzamento della capacità amministrativa e tecnica per assicurare la chiusura della programmazione 2014/2020[21]  e l’efficace avvio del nuovo ciclo di programmazione UE 2021-2027”, utilizzando  le risorse già stanziate per il finanziamento di tale Programma complementare.

Per quanto riguarda i programmi della futura politica di coesione, sono tuttora in corso i negoziati tra le Istituzioni europee nell’ambito di quelli più generali sul nuovo bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027 e su Next Generation EU, il nuovo strumento dell'UE che raccoglierebbe fondi sui mercati e li canalizzerebbe verso i programmi destinati a favorire la ripresa economica e sociale.

I negoziati proseguono sulla base dell’accordo raggiunto dai leader dell’UE al Consiglio europeo di luglio 2020 che prevede (prezzi 2018) 330,9 miliardi di euro per la coesione economica, sociale e territoriale gestita dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR - circa 200,3 miliardi di euro), dal Fondo di coesione (circa 42,6 miliardi di euro) e dal Fondo sociale europeo plus (FSE+ - circa 88 miliardi di euro), cui si aggiunge la nuova iniziativa REACT-EU (47,5 miliardi di euro, tutti tramite Next generation EU) specificamente adottata, per gli anni 2021-2022, per assegnare risorse supplementari volte a rafforzare l'economia e l'occupazione nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia COVID-19.

Secondo quanto concordato, i futuri programmi della politica di coesione dovranno offrire sostegno in particolare agli strumenti della ripresa, ad esempio sul piano della resilienza dei sistemi sanitari nazionali e in settori quali il turismo e la cultura; dovranno sostenere anche le piccole e medie imprese, l'occupazione giovanile, l'istruzione, le competenze e contrastare la povertà minorile.

In particolare, venendo più nello specifico, le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" ammonterebbero complessivamente a circa 322,2 miliardi di euro e sarebbero così ripartite: circa 202,3 miliardi per le regioni meno sviluppate; circa 47,8 miliardi per le regioni in transizione; circa 27,2 miliardi per le regioni più sviluppate; 42,5 miliardi per gli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione; 1,9 miliardi destinati ai finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche; 500 milioni di euro destinati agli investimenti interregionali in materia di innovazione. L'ammontare delle risorse disponibili per l'FSE+ a titolo dell'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" dovrebbe essere pari a 87,3 miliardi di euro. Le risorse destinate all'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (Interreg) ammonterebbero complessivamente a circa 7,9 miliardi di euro.

Le risorse del FESR e dell'FSE+ destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" dovrebbero essere assegnate a tre tipi di regioni di livello NUTS 2:

-        regioni meno sviluppate, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

-        regioni in transizione, il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 100% della media del PIL dell'UE a 27;

-        regioni più sviluppate, il cui PIL pro capite è superiore al 100% della media del PIL dell'UE a 27.

Il Fondo di coesione dovrebbe continuare a sostenere gli Stati membri il cui reddito nazionale lordo (RNL) pro capite è inferiore al 90% dell'RNL medio pro capite dell'UE a 27 (l'Italia, quindi, ne resterebbe esclusa).

Per quanto riguarda il metodo di ripartizione per le regioni meno sviluppate ammissibili nell'ambito dell'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita", l'indice di prosperità relativa, misurato in SPA rispetto alla media dell'UE a 27, dello Stato membro in cui è situata la regione ammissibile, sarebbe:

-        per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è inferiore all'82% della media dell'UE: 2,85% (rispetto al 3,15% dell'attuale bilancio pluriennale);

-        per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è compreso tra l'82% e il 99% della media dell'UE: 1,25% (rispetto al 2,7% dell'attuale bilancio pluriennale);

-        per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è superiore al99% della media dell'UE: 0,75% (rispetto all'1,65% dell'attuale bilancio pluriennale).

Infine, il tasso di cofinanziamento per l'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" non dovrebbe essere superiore: all’85% per le regioni meno sviluppate; al 70% per le regioni in transizione che nel periodo di programmazione 2014-2020 erano classificate come regioni meno sviluppate; al 60% per le regioni in transizione; al 40% per le regioni più sviluppate (per il periodo di programmazione vigente i tassi di cofinanziamento sono, invece, i seguenti: l'80 o l'85% per le regioni meno sviluppate; il 60% per le regioni in transizione; il 50% per le regioni più sviluppate).

 


Commi 58-60
(Proroga detrazioni per le spese di riqualificazione
energetica e di ristrutturazione edilizia)

 

I commi 58-59 dispongono la proroga per l’anno 2021 delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia, per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, nonché per il recupero o il restauro della facciata esterna degli edifici. La norma, inoltre, innalza da 10.000 a 16.000 euro l’importo complessivo sul quale calcolare la detrazione prevista per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici.

Il comma 60, introdotto durante l’esame parlamentare, stabilisce che la detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica spetta anche per quelli di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione.

 

 

Detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica

 

Il comma 58, comma 1, lettera a) proroga al 31 dicembre 2021 il termine previsto per avvalersi della detrazione fiscale (dall’Irpef e dall’Ires) nella misura del 65% per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus) disposta ai commi 1 e 2 dell’articolo 14, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di efficienza energetica.

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo da numerosi provvedimenti, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo) delle spese sostenute entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione; la realizzazione di interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi; l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università (articolo 1, commi da 344-347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296);

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (articolo 1, comma 48, legge 13 dicembre 2010, n. 220);

§  per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006 (articolo 14, decreto legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

La disposizione proroga altresì a tutto il 2021 la detrazione per le spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti (fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro) nonché la detrazione nella misura del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro. (comma 2-bis dell’articolo 14, D.L. 63/2013).

 

Per una dettagliata ricognizione delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico si consiglia la lettura della Guida dell’Agenzia delle entrate. Per una panoramica della materia si rinvia alle pagine web Riqualificazione energetica degli edifici: l'ecobonus e Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

Si segnala, inoltre, che il Servizio studi della Camera, in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME ha pubblicato un dossier in materia di recupero e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio da cui emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2020, oltre 21 milioni di interventi. In ventidue anni le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a oltre 346 miliardi di euro. Il dato a consuntivo per il 2019 indica un volume di investimenti pari a 28.762 milioni di euro veicolati dagli incentivi fiscali per il recupero edilizio, la riqualificazione energetica, la riduzione del rischio sismico e la riqualificazione delle facciate (la previsione elaborata nel rapporto dello scorso anno per il 2019 era stata di 28.963 milioni di euro). Nel 2020, a causa della crisi pandemica, la previsione costruita a partire dai dati dei primi nove mesi dell’anno porta a stimare questo valore in 25.105 milioni di euro, con una flessione del 12,7% rispetto al 2019.

 

Sulla materia si ricorda inoltre che l’articolo 121 del decreto-legge n.34 del 2020-Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. decreto Rilancio) stabilisce che i soggetti che negli anni 2020 e 2021 sostengono spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

§  per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari

§  per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

A tale proposito si segnala che il comma 67 della legge in esame proroga il termine per avvalersi dell’opzione sopra citata stabilendo che le disposizioni dell’articolo 121 si applicano anche ai soggetti che sostengono, nell’anno 2022, spese per gli interventi individuati dall’articolo 119.

Ai fini della cessione o dello sconto in luogo della detrazione l’Agenzia delle entrate ha pubblicato una circolare e due provvedimenti che ne definiscono le disposizioni di attuazione:

Circolare 8 agosto 2020, n. 24/E, nella quale viene chiarito che tra gli interventi per i quali è possibile optare per la cessione o lo sconto rientrano quelli di efficienza energetica indicati nell'articolo 14 del decreto legge n. 63 del 2013.

Provvedimento 8 agosto 2020, n. 283847 recante disposizioni di attuazione per l'esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici;

Provvedimento del 12 ottobre 2020, n. 326047 recante modifiche al modello per la comunicazione dell'opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica.

Sono stati altresì pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 5 ottobre 2020 i decreti del MISE recanti i requisiti tecnici e delle asseverazioni per l'accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici. In sintesi, il primo decreto definisce gli interventi che rientrano nelle agevolazioni ecobonus, bonus facciate e superbonus al 110%, in particolare specificando i requisiti tecnici, nonché i costi massimali per singola tipologia di intervento e i soggetti ammessi alla detrazione. Il secondo decreto disciplina la modulistica e le modalità di trasmissione dell'asseverazione agli organi competenti, tra cui Enea, le verifiche ai fini dell'accesso al beneficio della detrazione diretta, alla cessione o allo sconto di cui all'art. 121 del decreto rilancio, nonché i controlli a campione sulla regolarità dell'asseverazione e le eventuali sanzioni.

Si ricorda, inoltre, che l'articolo 119 del sopra citato decreto legge 34 del 2020 introduce una detrazione pari al 110% (Superbonus) delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali su unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari, nonché sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due). A queste tipologie di spese, dette trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione però che siano eseguiti congiuntamente (trainati) ad almeno un intervento trainante. A tale proposito, nella richiamata circolare 24/E, viene chiarito che il Superbonus spetta anche per le spese sostenute per tutti gli interventi di efficientamento energetico indicati nell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 nei limiti di detrazione o di spesa previsti da tale articolo per ciascun intervento. La maggiore aliquota si applica tuttavia solo se gli interventi sono eseguiti congiuntamente con almeno uno degli interventi di isolamento termico o di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale previsti dall’articolo 119 e sempreché assicurino, nel loro complesso, il miglioramento di due classi energetiche oppure, ove non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta e a condizione che gli interventi siano effettivamente conclusi.

Il comma 66 della legge in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia, introduce numerose modifiche alla richiamata disciplina del superbonus tra cui la proroga dell’applicazione della detrazione al 30 giugno 2022 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2021), da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nel 2022.

Sul tema si consiglia la lettura del dossier Il superbonus edilizia al 110 per cento nei decreti Rilancio e Agosto e nei provvedimenti attuativi realizzato dal servizio Studi della Camera dei deputati.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La lettera b), n. 1, del comma 58, modifica l’articolo 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di ristrutturazione edilizia, prorogando al 31 dicembre 2021 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR ovvero interventi di:

§  manutenzione ordinaria (solo sulle parti comuni di edifici residenziali), straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia (sulle parti comuni di edificio residenziale e sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale);

§  ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;

§  realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali;

§  eliminazione delle barriere architettoniche;

§  prevenzione del compimento di atti illeciti da parte di terzi;

§  cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;

§  risparmio energetico con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

 

Per un approfondimento delle agevolazioni fiscali previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia si rinvia alla Guida dell’Agenzia delle entrate nonché alla pagina web Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica del Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

 

La lettera b), n. 2), del comma 58, proroga al 2021 la detrazione al 50 per cento (ripartita in dieci quote annuali di pari importo e calcolata su un importo massimo di 16.000 euro, secondo le modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare) prevista per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici di classe non inferiore ad A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. Si ricorda che le spese per l'acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l'acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione.

 

Per una ricognizione completa delle detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici si suggerisce la consultazione della Guida dell’Agenzia delle entrate.

 

Detrazioni fiscali per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici

 

Il comma 59 proroga per l’anno 2021 la detrazione per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici (cd. bonus facciate).

Si ricorda che il comma 219 della legge di bilancio 2020 ha introdotto la detraibilità dall'imposta lorda del 90 per cento delle spese documentate, sostenute nell’anno 2020, relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici ubicati in specifiche zone (cd bonus facciate).

In particolare la norma stabilisce che per le spese documentate, sostenute nel 2020 per interventi, anche di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici ubicati in zona A o B ai sensi del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 90 per cento.

L'articolo 2 del citato decreto ministeriale n. 1444 del 1968, prevede la definizione di zone territoriali omogenee, per cui:

§  la zona A include le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

§  la zona B include le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5 per cento (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.

L’agevolazione può essere usufruita da inquilini e proprietari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, persone fisiche e imprese.

 

Per una dettagliata panoramica sulla materia si consiglia la lettura della guida Bonus facciate realizzata dall’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 60, introdotto durante l’esame parlamentare, stabilisce che la detrazione dall’imposta lorda delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici per le spese documentate, fino ad un ammontare complessivo non superiore a 48.000 euro (prevista dall’articolo 16-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), spetta, nella misura del 50 per cento, anche per interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione.

 


Commi 61-65
(Bonus idrico)

 

 

Le disposizioni di cui ai commi 61-65, introdotte dalla Camera, istituiscono, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, il “Fondo per il risparmio di risorse idriche”, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2021, al fine di riconoscere, alle persone fisiche residenti in Italia, un “bonus idrico” pari a 1.000 euro per ciascun beneficiario, da utilizzare entro il 31 dicembre 2021, per interventi di sostituzione di sanitari e apparecchi a limitazione di flusso d’acqua su edifici esistenti o parti di questi o su singole unità immobiliari, comprese eventuali opere idrauliche e murarie collegate. Il contributo è riconosciuto nel limite di spesa previsto e fino ad esaurimento delle risorse, demandandosi la definizione delle modalità e dei termini per l’erogazione e ad un apposito decreto del Ministro dell’ambiente da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 61 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, del “Fondo per il risparmio di risorse idriche”, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2021.

La finalità del fondo è quella di perseguire il risparmio di risorse idriche ed il successivo comma 62 specifica le finalità.

Si prevede quindi di riconoscere, alle persone fisiche residenti in Italia, nel limite di spesa suindicato e fino ad esaurimento delle risorse, un “bonus idrico” pari a 1.000 euro per ciascun beneficiario, da utilizzare entro il 31 dicembre 2021, per interventi di sostituzione di vasi sanitari in ceramica con nuovi apparecchi a scarico ridotto e di apparecchi di rubinetteria sanitaria, soffioni doccia e colonne doccia esistenti con nuovi apparecchi a limitazione di flusso d’acqua; gli interventi possono avvenire:

-         su edifici esistenti

-         su parti di edifici esistenti

-          o su singole unità immobiliari.

Le spese ammissibili alla contribuzione sono quelle sostenute per:

- la fornitura e posa in opera di vasi sanitari in ceramica con volume massimo di scarico uguale o inferiore a 6 litri e relativi sistemi di scarico, comprese le opere idrauliche e murarie collegate e lo smontaggio e dismissione dei sistemi preesistenti;

- la fornitura e installazione di rubinetti e miscelatori per bagno e cucina, compresi i dispositivi per il controllo di flusso di acqua con portata uguale o inferiore a 6 litri al minuto e di soffioni doccia e colonne doccia con valori di portata di acqua uguale o inferiore a 9 litri al minuto, comprese le eventuali opere idrauliche e murarie collegate e lo smontaggio e dismissione dei sistemi preesistenti.

Viene altresì precisato, al comma 64, che il “bonus idrico” in questione non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rileva a fini ISEE.

Si ricorda che disposizioni sono recate anche in materia di riqualificazione del patrimonio edilizio dai commi 58-60 del disegno di legge di bilancio, modificati nel corso dell'esame alla Camera, alla cui scheda si rinvia. Sul tema si veda anche la Circolare 24/E, in particolare il paragrafo 6, relativo alla cumulabilità.

La disposizione in esame non appare specificare se il contributo sia cumulabile o meno con i benefici fiscali previsti in materia di ristrutturazione del patrimonio immobiliare.

La definizione delle modalità e dei termini per l’erogazione e l’ottenimento del “bonus”, anche ai fini del rispetto del limite di spesa, è demandata dal comma 65 ad un apposito decreto del Ministro dell’ambiente che dovrà essere emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

 


Commi 66-75
(Proroga Superbonus)

 

 

I commi da 66 a 75, introdotti durante l’esame parlamentare, modificano la disciplina della detrazione al 110% (cd superbonus) applicabile per gli interventi di efficienza energetica e antisismici.

Il comma 66 introduce tra l’altro, la proroga dell’applicazione della detrazione fino al 30 giugno 2022 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2021), da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nel 2022 (per gli istituti autonomi case popolari (IACP) fino al 31 dicembre 2022). Tali termini sono ulteriormente prorogati per gli interventi effettuati dai condomini per i quali alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo (la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022) nonché per quelli effettuati dagli IACP, per i quali alla data del 31 dicembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo (la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 30 giugno 2023).

La norma stabilisce, altresì, che rientrano nella disciplina agevolativa gli interventi per la coibentazione del tetto, senza limitare il concetto di superficie disperdente al solo locale sottotetto eventualmente esistente, nonché quelli finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche anche nel caso siano effettuati in favore di persone aventi più di 65 anni.

Tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione vengono incluse le persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

Il comma 67 proroga l’opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali al 2022.

Il comma 69 autorizza i comuni per l'anno 2021, per far fronte agli accresciuti oneri di gestione in ordine ai procedimenti connessi alla erogazione del beneficio, ad assumere personale, a tempo determinato e a tempo parziale e per la durata massima di un anno, non rinnovabile.

 

 

In particolare, il comma 66, lettera a) numero 1, proroga l’applicazione della detrazione al 110% (cd superbonus) per gli interventi di efficienza energetica, nonché per quelli antisismici (lettera f)), effettuati sugli edifici dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2022 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2021), da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nel 2022.

 

Si ricorda che l'articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 (cd decreto Rilancio) introduce una detrazione pari al 110% (Superbonus) delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). 

Sinteticamente gli interventi a cui si applica la detrazione sono:

§  interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l'involucro degli edifici (c.d. cappotto termico), compresi quelli unifamiliari, con un'incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell'edificio medesimo o dell'unità immobiliare funzionalmente indipendente e che disponga di uno o più accessi autonomi dall'esterno, sita all'interno di edifici plurifamiliari;

§  interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale;

§  interventi antisismici e di riduzione del rischio sismico di cui ai commi da 1-bis a 1-septies dell'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013 (cd. sismabonus);

La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali, sulle unità immobiliari indipendenti e sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due). Non può essere fruito, invece, per interventi effettuati su unità immobiliari residenziali appartenenti alle categorie catastali A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli) ma solo per le unità immobiliari non aperte al pubblico a seguito della modifica introdotta dall'articolo 80, comma 6, del decreto n.104 del 2020, cd. decreto Agosto. 

A queste tipologie di spese, dette trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione però che siano eseguiti congiuntamente (trainati) ad almeno un intervento trainante: rientrano in questa categoria, per esempio, l'installazione di impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica sugli edifici e di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. Per quanto riguarda i beneficiari, possono accedere al superbonus le persone fisiche che possiedono o detengono l'immobile (per esempio proprietari, nudi proprietari, usufruttuari, affittuari e loro familiari), i condomini, gli Istituti autonomi case popolari (IACP), le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, le Onlus e le associazioni e società sportive dilettantistiche registrate, per i soli lavori dedicati agli spogliatoi.

La detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati. L'articolo 121 sempre del decreto Rilancio consente inoltre, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.

Per una dettagliata ricostruzione della disciplina dell’agevolazione in esame si rinvia alla scheda di lettura Il superbonus edilizia al 110 per cento nei decreti Rilancio e Agosto e nei provvedimenti attuativi consultabile sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

La norma (lettera a), numero 2)) stabilisce che gli interventi per la coibentazione del tetto rientrano nella disciplina agevolativa, senza limitare il concetto di superficie disperdente al solo locale sottotetto eventualmente esistente.

 

Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione si definisce (lettera b)) quando un’unità immobiliare può essere considerata funzionalmente indipendente ovvero qualora sia dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva:

§  impianti per l’approvvigionamento idrico;

§  impianti per il gas;

§  impianti per l’energia elettrica;

§  impianto di climatizzazione invernale.

 

La lettera c) chiarisce che sono ricompresi fra gli edifici che accedono alle detrazioni anche gli edifici privi di attestato di prestazione energetica perché sprovvisti di copertura, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi, purché al termine degli interventi, che devono comprendere anche quelli di isolamento termico (lettera a) del comma 1 articolo 119), anche in caso di demolizione e ricostruzione o di ricostruzione su sedime esistente, raggiungano una classe energetica in fascia A.

 

La disposizione ((lettera d)) stabilisce altresì che la detrazione si applica anche agli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche (art.16-bis, comma 1, lettera e) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) anche nel caso siano effettuati in favore di persone aventi più di 65 anni.

 

La lettera e) proroga l’applicazione della detrazione per gli istituti autonomi case popolari (IACP) che possono usufruire dell’agevolazione per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022 e non più solamente fino al 30 giugno 2022 (per le spese sostenute dal 1° luglio 2022 la detrazione è ripartita in quattro quote annuali di pari importo).

 

Viene stabilito (lettera g)) che l’aumento del 50 per cento dei limiti delle spese ammesse alla fruizione degli incentivi fiscali per gli interventi di ricostruzione riguardanti i fabbricati danneggiati da eventi sismici, previsto per i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016, 2017 e 2009, è esteso a tutti i comuni interessati da eventi sismici avvenuti dopo il 2008 dove sia stato dichiarato lo stato d'emergenza ed è applicabile per le spese sostenute entro il 30 giugno 2022 (non più entro il 31 dicembre 2020).

 

La lettera h) prevede inoltre che nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 (dove sia stato dichiarato lo stato d'emergenza) gli incentivi per gli interventi antisismici spettano per l'importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione.

 

La detrazione prevista per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici (da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nel 2022) viene estesa anche agli impianti solari fotovoltaici su strutture pertinenziali agli edifici (lettera i)).

 

Il nuovo comma 8 dell’articolo 119, introdotto dalla lettera l) prevede che per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 per gli interventi di installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, la detrazione è riconosciuta nella misura del 110 per cento (da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta nel 2022 e sempre che sia eseguita congiuntamente a uno degli interventi trainanti) nel rispetto dei seguenti limiti di spesa e fatti salvi gli interventi in corso di esecuzione:

§  2000 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all'interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall'esterno;

§  1500 euro per edifici plurifamiliari o condomini che installino un numero massimo di otto colonnine;

§  1200 euro per edifici plurifamiliari o condomini che installino un numero superiore ad otto colonnine.

L’agevolazione si intende riferita a una sola colonnina di ricarica per unità immobiliare.

 

La lettera m) proroga ulteriormente per alcuni soggetti la data per avvalersi dell’agevolazione fiscale:

§  per gli interventi effettuati dai condomini per i quali alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo, la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022;

§  per gli interventi effettuati dagli IACP, per i quali alla data del 31 dicembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo, la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 30 giugno 2023.

 

Tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione vengono incluse anche le persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche (lettera n)).

 

La lettera o) introduce delle modifiche di coordinamento normativo al comma 10 dell’articolo 119, mentre la lettera p) chiarisce che le deliberazioni dell’assemblea del condominio, aventi per oggetto l’imputazione a uno o più condomini dell’intera spesa riferita all’intervento deliberato, sono valide se approvate con le stesse modalità di approvazione degli interventi (comma 9-bis dell’articolo 119) a condizione che i condomini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole.

 

La lettera q) specifica i requisiti necessari ai fini del rispetto dell’obbligo di sottoscrizione della polizza di assicurazione da parte dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni.

In particolare, la norma prevede che l’obbligo di sottoscrizione della polizza si considera rispettato qualora i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni abbiano già sottoscritto una polizza assicurativa per danni derivanti da attività professionale (articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica7 agosto 2012, n.137), purché questa:

§  non preveda esclusioni relative ad attività di asseverazione;

§  preveda un massimale non inferiore a 500.000 euro, specifico per il rischio di asseverazione da integrare a cura del professionista ove si renda necessario;

§  garantisca, se in operatività di claims made, un’ultrattività pari ad almeno cinque anni in caso di cessazione di attività e una retroattività pari anch’essa ad almeno cinque anni a garanzia di asseverazioni effettuate negli anni precedenti.

In alternativa il professionista può optare per una polizza dedicata alle attività richiamate con un massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro, senza interferenze con la polizza di responsabilità civile.

 

Per gli interventi a cui si applica la detrazione, nel cartello esposto presso il cantiere, in un luogo ben visibile e accessibile, deve essere indicata anche la seguente dicitura: “Accesso agli incentivi statali previsti dalla legge 17 luglio 2020, n.77, superbonus 110 per cento per interventi di efficienza energetica o interventi antisismici” (lettera r)).

 

Il comma 67 prevede che le disposizioni in materia di opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali (articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n.34) si applicano anche ai soggetti che sostengono nell'anno 2022 le spese per gli interventi elencati all'articolo 119.

 

Il comma 68 chiarisce che per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche le cui procedure autorizzatorie sono iniziate dopo il 6 giugno 2013, ovvero per i quali sia stato rilasciato il titolo edilizio, su edifici ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), riferite a costruzioni adibite ad abitazione e ad attività produttive, spetta una detrazione dall'imposta lorda nella misura del 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno.

 

Il comma 69 autorizza per l'anno 2021, al fine di consentire ai comuni di far fronte tempestivamente agli accresciuti oneri di gestione in ordine ai procedimenti connessi alla erogazione del beneficio di cui all'articolo 119, l'assunzione, a tempo determinato e a tempo parziale e per la durata massima di un anno, non rinnovabile, di personale da impiegare ai fini del potenziamento degli uffici preposti ai suddetti adempimenti che i comuni possono utilizzare anche in forma associata in deroga ai limiti di spesa vigenti (articolo 1, commi 557, 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n.296). Il comma 70 chiarisce che agli oneri derivanti dalle assunzioni di cui al comma precedente, i comuni provvedono nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nonché di quelle assegnate a ciascun comune mediante riparto, da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta del Ministro dello sviluppo economico,  di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, sentita la Conferenza Stato-citta ed autonomie locali), di un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2021).

Il riparto è da effettuarsi in misura proporzionale sulla base delle motivate richieste dei comuni da presentare al Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Sempre per l’anno 2021, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito un fondo, con una dotazione di 1 milione di euro, finalizzato a sostenere gli istituti autonomi case popolari comunque denominati, nonché gli enti aventi le stesse finalità sociali, in relazione ai costi per le esternalizzazioni relative ad attività tecnica e a prestazioni professionali previste dalla disciplina degli appalti pubblici e dalle normative vigenti in materia edilizia secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (comma 71).

 

Il comma 72 ridetermina gli oneri di cui all’articolo 119, come modificato dal comma 66 in esame, anche per effetto dei minori oneri connessi alla parziale applicazione nell’anno 2020 in: 893,7 milioni di euro per l’anno 2021; 3.099,9 milioni di euro per l’anno 2022; 4.590,4 milioni di euro per l’anno 2023; 4.224,5 milioni di euro per l’anno 2024; 4.128,9 milioni di euro per l’anno 2025; 3.361,1 milioni di euro per l’anno 2026 e in 37,78 milioni di euro per l’anno 2033.

 

Il comma 73 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione delle proroghe previste ai commi da 66 a 72.

Il comma 74 specifica che l’efficacia delle proroghe di cui ai commi da 66 a 72 resta subordinata alla definitiva approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea. Restano fermi gli obblighi di monitoraggio e di rendicontazione previsti nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza per tale progetto.

 

Il comma 75 stabilisce che il Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2021-2027, è incrementato di 729,7 milioni di euro per l’anno 2027 e al relativo onere si mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle proroghe di cui ai commi da 66 a 74.


Comma 76
(Proroga bonus verde)

 

 

Il comma 76 proroga di un anno (a tutto il 2021) l’agevolazione fiscale inerente la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36 per cento della spesa sostenuta, nel limite di spesa di 5.000 euro annui e - pertanto - entro la somma massima detraibile di 1.800 euro.

 

La misura prorogata è stata introdotta nella legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi da 12 a 15). La disposizione in vigore specifica che gli interventi per cui è possibile ottenere la detrazione sono:

§  la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;

§  la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

 

Condizioni per la detraibilità della spesa sono che:

§  le spese siano documentate ed effettuate con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni;

§  le spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.

 

Ai sensi del comma 13 della citata legge di bilancio per il 2018, la detrazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, entro il medesimo importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale ipotesi la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che essa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi ivi indicati.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli aspetti applicativi la disposizione in esame rinvia alle norme sulla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 16-bis, commi 5, 6 e 8 del testo unico delle imposte sui redditi (d. P. R. n. 917 del 1986).

 

Si ricorda, infine, che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato è disciplinata dall'articolo 12 della legge 28 luglio 2016, n. 154. È rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la regolazione delle modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione necessari per ottenere i relativi titoli abilitativi.


Commi 77-79
(Contributo alle famiglie per l’acquisto di veicoli alimentati esclusivamente ad energia elettrica)

 

 

I commi da 77 a 79 dell’articolo 1, introdotti nel corso dell’esame in sede referente, prevedono l’assegnazione di un contributo pari al 40% delle spese sostenute e rimaste a carico dell’acquirente, destinato alle persone fisiche con ISEE inferiore a 30 mila euro, che acquistino, anche in locazione finanziaria, autoveicoli (categoria M1) nuovi di fabbrica alimentati esclusivamente ad energia elettrica di potenza inferiore a 150 kW con un prezzo di listino inferiore a 30.000 euro, al netto dell’IVA. Il termine per l’acquisto del veicolo è il 31 dicembre 2021 (comma 77). Sono inoltre indicati i Fondi destinati a tale incentivo (comma 78) e disciplinate le modalità di regolazione del medesimo (comma 79).

 

I veicoli di categoria M1 sono, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera b) del Codice della strada, i “veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente”.

 

In particolare il contributo è riconosciuto nel limite delle risorse stanziate, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2021, assegnate ad un Fondo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico (comma 78) e non è cumulabile con gli altri contributi statali previsti dalla normativa vigente.

 

Con riferimento agli ulteriori contributi destinati alla mobilità sostenibile si vedano anche i commi 651-659 dell’articolo 1 nonché il paragrafo “La mobilità stradale sostenibile: l'ecobonus e gli interventi per la rottamazione dei veicoli inquinanti” pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Le modalità e i termini dell’erogazione del contributo, anche con riferimento al rispetto dei limiti di spesa, saranno definiti con un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge (comma 79).


Commi 80-81
(
Rifinanziamento degli interventi di riconversione
e riqualificazione produttiva di aree di crisi)

 

 

Il comma 80, modificato nel corso dell’esame in prima lettura, incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 140 milioni di euro per l’anno 2021, di 100 milioni di euro per l’anno 2022 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, destinando le relative risorse alla riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale di cui all’articolo 27 del D.L. n. 83/2012.

Il comma 81 demanda ad un decreto ministeriale il riparto delle risorse tra gli interventi nelle aree di crisi industriale complessa e nelle aree di crisi non complessa.

 

La relazione tecnica al provvedimento evidenzia che lo strumento agevolativo qui rifinanziato è risultato di elevato interesse per il sistema delle imprese, in particolare delle PMI, localizzate in tutto il territorio nazionale, confermando un trend di crescita degli investimenti produttivi, soprattutto in determinate zone, anche del Mezzogiorno. Difatti, la dotazione finanziaria attualmente disponibile, al netto delle risorse di cui alla legge di bilancio 2020 (L. n. 162/2019), è da considerarsi esaurita.

 

Il testo del comma 80, nella sua formulazione originaria, prima dell’esame presso la Camera dei deputati, prevedeva, per gli anni 2021 e 2022, un rifinanziamento del Fondo crescita in misura pari a 150 milioni per il 2021, a 110 milioni per il 2022 e a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026. L’importo per gli anni 2021 e 2022 è stato dunque ridotto, in sede emendativa, a 140 milioni per il 2021 e a 100 milioni per il 2022.

La riduzione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 è stata contestualmente destinata allo stesso Fondo crescita sostenibile, ma per una diversa finalità: la promozione della nascita e dello sviluppo delle società cooperative di cui al D.M. 4 dicembre 2014 (cd. “Nuova Marcora”). Si rinvia sul punto alla scheda di lettura relativa ai commi 261 e 262.

 

 

Il meccanismo di sostegno delineato dalla legge n. 181/1989, riformato dal successivo D.L. n. 83/2012 e dal D.L. n. 145/2013, consiste nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale nelle aree – soggette a recessione economica e crisi occupazionale - dichiarate dal MiSE di crisi complessa o non complessa.

I progetti promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

Per l’approvazione dei progetti, si prevede lo strumento degli accordi di programma. Gli accordi di programma disciplinano gli interventi agevolativi per investimenti produttivi nelle aree di crisi.

 

Le aree di crisi industriale complessa riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio. L'articolo 27, comma 8, del D.L. n. 83/2012 demanda al MiSE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza presentata dalla regione interessata. Il Ministero cura l'attuazione di politiche e programmi per la reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori colpiti dalla crisi mediante l'adozione di PRRI -Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. I PRRI promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi. I progetti sono adottati tramite appositi accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi. E’ stato demandato ad un decreto di natura non regolamentare la disciplina delle modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale (D.M. 31 gennaio 2013).

Quanto alle aree di crisi non complessa, l'articolo 27, comma 8-bis, del D.L. n. 83/2012 (introdotto dal successivo D.L. n. 145/2013) ha anch’esso demandato ad un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione. Il Decreto ministeriale 4 agosto 2016 ha proceduto all'individuazione delle aree di crisi industriale non complessa che riguardano i territori individuati dal decreto direttoriale 19 dicembre 2016. Con decreto direttoriale 24 febbraio 2017 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande per l'accesso alle agevolazioni.

Quanto ai benefici concedibili alle imprese nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa, il nuovo Decreto ministeriale 30 agosto 2019 – adottato ai sensi dell'articolo 29, commi 3 e 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (cd. D.L. Crescita)- e la circolare Circolare 16 gennaio 2020 n. 10088 della Direzione generale incentivi alle imprese del MISE, come successivamente modificata dalla Circolare 26 maggio 2020 n. 153147 stabiliscono i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni, in sostituzione della originaria disciplina attuativa recata dal decreto ministeriale 9 giugno 2015 . I soggetti beneficiari dei benefici sono le imprese costituite in forma di società di capitali, ivi incluse le società cooperative di cui all’articolo 2511 e seguenti del codice civile, e le società consortili di cui all’articolo 2615-ter del codice civile, nonché le reti di imprese mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete, i cui programmi d’investimento riguardano unità produttive ubicate in territori riconosciuti di crisi industriale complessa o non complessa. In merito alle attività ammesse, sono ricomprese tutte le attività economiche appartenenti alla sezione C dell’ATECO 2007 ad eccezione delle attività non ammissibili per divieti e limitazioni derivanti dalle vigenti disposizioni europee (cfr. meglio, .

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. – Invitalia, è soggetto gestore della misura, al cui sito istituzionale si rinvia, relativamente alle aree di crisi attive.

Si rammenta che il D.L. n. 76/2020 (articolo 39) ha incluso tra i programmi di investimento nelle aree di crisi industriali agevolati a valere sulla misura, la fabbricazione di gas industriali, limitatamente ai programmi di investimento per la tutela ambientale, in conformità e alle condizioni di cui alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

Per ciò che concerne le risorse per gli interventi (sia in aree di crisi industriale complessa che in quelle di crisi non complessa), l’articolo 27, comma 10, del D.L. n. 83 ha disposto che le risorse già destinate al finanziamento degli interventi del D.L. n. 120/1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni già assunti, affluissero all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreti del Ministro dell'economia, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MiSE per la successiva assegnazione al Fondo per la crescita sostenibile. Contestualmente, la norma ha disposto che all'attuazione degli interventi previsti dai Progetti si provveda a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo per la crescita sostenibile, una finalità delle quali è appunto il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (art. 23, co. 2, lett. b) D.L. n. 83/2012). Le attività sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili (comma 9).

Per le aree di crisi complessa e non complessa affluiscono anche risorse a valere sui Fondi strutturali, in particolare le risorse del PON «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, Asse III-Competitività PMI

La legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018, articolo 1, commi 204 e 205) ha incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo crescita sostenibile destinando tali risorse al finanziamento degli interventi nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa.

La successiva legge di bilancio 2020 (Legge n. 162/2019, articolo 1, comma 230) ha ulteriormente incrementato la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 50 milioni per l’anno 2020 e di 100 milioni di euro per l’anno 2021 destinando le relative risorse alla riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale, complessa e non complessa di cui all’articolo 27 del D.L. n. 83/2012.

 


Comma 82
(Modifica all’articolo 23 del decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47, in materia di messa all’asta delle quote di emissioni di gas ad effetto serra)

 

 

Il comma 82 - introdotto dalla Camera - interviene sulla destinazione di una quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra al «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale».

La modifica prevede che la quota dei proventi destinata al «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale» non va interamente a finanziare interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale (come previsto dal testo vigente), ma viene così ripartita:

- 10 milioni di euro restano destinati ad interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale;

- la restante parte delle risorse è destinata alle misure finanziarie a favore di settori o di sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.

È confermata la destinazione, attualmente già prevista, di una quota massima di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024, al Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, istituito presso il MISE.

 

 

A tal fine, sostituisce il primo periodo dell’articolo 23, comma 8, del d.lgs. n. 47/2020.

 

Il testo vigente del citato primo periodo prevede che la quota annua dei proventi derivanti dalle aste, eccedente il valore di 1 miliardo di euro, è destinata:

- nella misura massima di 100 milioni di euro per il 2020 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, al «Fondo per la transizione energetica nel settore industriale» di cui al successivo articolo 29, per finanziare interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale;

- e, per una quota fino ad un massimo di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024, al «Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone» istituito con decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, presso il Ministero dello sviluppo economico.

 

 


Comma 83
(Estensione della rivalutazione dei beni di impresa ai beni immateriali privi di tutela giuridica)

 

 

La disposizione, introdotta alla Camera, estende la possibilità di rivalutare i beni di impresa anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. Il maggior valore attribuito ai beni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili. Il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

 

La norma introduce nell'articolo 110 del decreto legge n. 104 del 2020 un nuovo comma 8-bis, per effetto del quale viene estesa la possibilità di rivalutare i beni di impresa stabilita dall’articolo 14 della legge n. 324 del 2000, prevedendone l'applicabilità anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno consentito alle imprese la facolta? di effettuare la rivalutazione dei beni iscritti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002 attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio era diretta l’attivita? dell’impresa. Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le societa? di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le societa? di persone, con la sola esclusione delle societa? semplici, nonche? le societa?, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitavano attivita? commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15). La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione. L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione. Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata. Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalita? della norma consiste nell'escludere la possibilita? che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente assoggettate all'imposizione fiscale: il medesimo articolo 13 dispone infatti che, nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della societa? sia quello dei soci; a tal fine e? riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva e? utilizzata per la copertura di perdite, non e? possibile dar luogo a distribuzione di utili prima di aver reintegrato la riserva medesima. L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento). In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta. L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalita? di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15. A cio? si e? provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

 

L'applicabilità di tali disposizioni alle attività risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 è stata stabilita dall'articolo 110 del decreto legge n. 104 del 2020 (cosiddetto "decreto agosto"), comma 1, che consente alle imprese assoggettate a IRES e, più in particolare, alle società di capitali e agli enti commerciali (indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi - TUIR - di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti (come detto) dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, anche in deroga alle disposizioni del codice civile e alle norme speciali, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa (cd. immobili merce), mediante il pagamento di una imposta sostitutiva.

La norma si applica ai soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR: società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità? limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

 

La rivalutazione avviene anche in deroga ai vincoli giuridici disposti dall'articolo 2426 del codice civile e da altre disposizioni normative.

Tali vincoli sono posti al fine di evitare che gli amministratori perseguano comportamenti opportunistici, volti ad accrescere o ridurre il patrimonio aziendale rispetto al valore che risulterebbe dall'applicazione di principi di valutazione convenzionalmente accettati, utilizzati per conferire omogeneità alle determinazioni quantitative d'azienda. In generale, i beni destinate a partecipare per più? esercizi all'attività produttiva (immobilizzazioni) devono essere iscritti in base al costo di acquisto o di produzione, e sistematicamente ammortizzati, per cui una quota del loro valore deve essere sottratta in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione. Con riferimento alle partecipazioni in società nei confronti delle quali viene esercitata un'influenza dominate o notevole (rispettivamente controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile), in alternativa al criterio del costo, il codice consente di iscrivere le attività per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato e dagli articoli 2423 e 2423-bis del codice civile. L'avviamento (se acquisito a titolo oneroso), i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo. Le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte all'equo valore di mercato (fair value). Le altre attività che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte in base al costo di acquisto o, in alternativa, al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 1070 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha introdotto nel decreto legislativo n. 38 del 2005 un nuovo articolo 2-bis, in base al quale i soggetti che in precedenza erano obbligatoriamente tenuti ad applicare, nella redazione dei propri bilanci, i principi contabili internazionali possono applicare tali principi in via facoltativa se non hanno titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato. Ai sensi del successivo comma 1071, questa facoltà decorre dall'esercizio precedente all'entrata in vigore della nuova norma (vale a dire, l’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2018). Per i soggetti che avessero adottato tale opzione facoltativa, tra i quali anche banche e altri intermediari vigilati, la possibilità? di rivalutare i propri attivi sarebbe effettuata in deroga, oltre che all'articolo 2426 del codice civile, anche alla legislazione speciale in materia di redazione del bilancio.

 

Il comma 2 dell'art. 110 chiarisce che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (di cui al comma 1), può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

 

Le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (ovvero l’esercizio relativo all’anno precedente), ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del "decreto agosto" (14 ottobre 2020). Tale facoltà è concessa a condizione che i beni d'impresa e le partecipazioni che si intende rivalutare risultino dal bilancio dell'esercizio precedente.

 

La norma (comma 3 dell'art. 110) prevede che il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalita? indicate al successivo comma 6.

Ai sensi del comma 4, il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

Il comma 5 disciplina il caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. La norma specifica che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione al socio di destinazione a finalità? estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione e? stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Il comma 6 consente di versare le imposte sostitutive disciplinate dai commi 3 e 4 in un massimo di tre rate.

La prima rata ha scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997 (articoli dal 17 al 23).

 

Il comma 7 dell'art. 110 stabilisce l'applicabilità, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento a esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e dei relativi decreti attuativi (decreti del Ministro delle finanze n. 162 del 2001, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86 del 2001), nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

In particolare, il richiamo all'articolo 15 della legge n. 342 prevede l'applicabilità delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attivita? commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle societa? in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita? commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonche? alle societa? e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Per quanto riguarda gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 si richiama quanto già scritto in precedenza (v. supra). I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione. Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della societa? e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva e? indeducibile e puo? essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

Il comma 8 prevede che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall'articolo 14, comma 1 della legge n. 342 del 2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai princi?pi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

L’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva di cui al già menzionato comma 4, e? vincolata una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali che puo? essere affrancata versando l'imposta sostitutiva sul saldo attivo cumulativo della rivalutazione.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 12-ter del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 ha prorogato il termine per la effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili. In particolare, la disposizione consentiva di effettuare tale rivalutazione nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 o al 31 dicembre 2021; precisava, per i beni immobili, il termine da cui decorre – a fini fiscali e contabili - il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio. Si rinvia al dossier di documentazione sul decreto-legge n. 23 del 2020 per ulteriori informazioni.

L’articolo 6-bis del medesimo decreto-legge consente alle imprese e agli enti operanti nei settori alberghiero e termale che non adottano i principi contabili internazionali di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

La norma stabilisce che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non e? dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta e che il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

L'articolo 136-bis del decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) consente alle cooperative agricole a mutualita? prevalente e ai loro consorzi di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto di specifiche condizioni, fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti, senza versare imposte sostitutive.

 


Commi 84-86
(
Sostegno al settore turistico tramite i contratti di sviluppo)

 

 

I commi 84-86 - non modificati dalla Camera - intervengono sulla vigente disciplina concernente l’accesso ai contratti di sviluppo. Esso prevede che la soglia di accesso ai contratti di sviluppo pari a 20 milioni di euro è ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l’importo minimo dei progetti d’investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro. I programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all’ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all’accoglienza dell’utente, finalizzati all’erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Ai predetti investimenti si applicano le rispettive discipline agevolative vigenti. Il MISE è chiamato a impartire al Soggetto Gestore (all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia) le direttive eventualmente necessarie ai fini della corretta attuazione delle nuove disposizioni

 

Nel dettaglio, il comma 84, al fine di sostenere il settore del turismo, promuovendo la realizzazione di programmi in grado di ridurre il divario socio-economico tra aree territoriali del Paese e di contribuire ad un utilizzo efficiente del patrimonio immobiliare nazionale, nonché di favorire la crescita della catena economica e l’integrazione settoriale, prevede che:

a)   la soglia di accesso ai contratti di sviluppo pari a 20 milioni di euro è ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l’importo minimo dei progetti d’investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro;

b)   i programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all’ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all’accoglienza dell’utente, finalizzati all’erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Ai predetti investimenti si applicano le rispettive discipline agevolative vigenti.

La vigente disciplina concernente l’accesso ai contratti di sviluppo è dettata dall’articolo 3, comma 4-bis, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013).

 

Si veda l'apposito approfondimento dei temi dell'attività parlamentare.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 3 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013) ha attribuito 150 milioni di euro una tantum - a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile - per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, riguardanti territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria.

In particolare, lo stanziamento di 150 milioni di euro è stato destinato a finanziare, nel quadro degli interventi di cui all’articolo 43, del D.L. n. 112/2008, i programmi di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Tali programmi dovevano esser realizzati nei territori regionali che, sulla base delle fonti finanziarie disponibili alla data di entrata in vigore del D.L. 69/2013, non fossero destinatari di risorse per la concessione delle agevolazioni.

Il D.M. 9 dicembre 2014, più volte modificato, reca la disciplina vigente in materia di contratti di sviluppo, in attuazione dell'art. 43 del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008).

Il comma 2 ha previsto che detti programmi fossero agevolati tramite la concessione del solo finanziamento agevolato, nel limite massimo del 50% dei costi ammissibili.

Alla concessione del contributo a fondo perduto si provvede, conformemente a quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del decreto interministeriale del 24 settembre 2010, nel limite finanziario dell'eventuale cofinanziamento regionale disposto in favore dei singoli programmi d'investimento.

Si ricorda che il comma 1, dell’articolo 8 ha previsto che la proposta definitiva di contratto di sviluppo è presentata dal proponente all’Agenzia (Invitalia), che ne invia immediatamente copia alla Regione o alle Regioni interessate, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 7, comma 3, prorogabile una sola volta di non oltre 30 giorni. Decorso tale termine perentorio, senza che la documentazione prevista sia stata presentata o qualora quella presentata risulti incompleta, la stessa non è più ricevibile e la relativa istanza di accesso è considerata decaduta. La Regione o le Regioni, entro 30 giorni dal ricevimento della proposta comunica/no le proprie osservazioni ed il proprio parere ed eventualmente la disponibilità al cofinanziamento, specificandone la misura, all’Agenzia, che li trasmette immediatamente al MISE. Nel caso in cui la Regione o le Regioni non trasmettano entro il termine sopra indicato le proprie osservazioni ed il proprio parere, quest’ultimo si considera positivo.

Il comma 3 ha previsto che le risorse (150 milioni) volte a finanziare i tali programmi di sviluppo nel settore industriale e agricolo fossero a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile (articolo 23, D.L. n. 83/2012 e D.M. 8 marzo 2013). Le somme che non risultino impegnate entro il 30 giugno 2014 per le finalità previste dal medesimo comma ritornano nella disponibilità del Fondo per la crescita sostenibile.

Il comma 4 ha previsto che le modalità e i criteri per l'attuazione degli interventi di cui all’art. 43 del D.L. n. 112/2008 fossero definite con un decreto del Ministro dello sviluppo economico con riguardo a specifiche priorità in favore dei programmi ricadenti nei territori oggetto di accordi, stipulati dal medesimo Ministero, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

In attuazione della precedente disposizione è stato adottato il DM 14 febbraio 2014.

Il comma 4-bis ha specificato che il decreto del Ministro dello sviluppo economico - di cui al comma 4 - dovesse prevedere che l'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del contratto di sviluppo, non fosse inferiore a 20 milioni di euro con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1 lettera a), dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 7,5 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

È inoltre specificato che nell'ambito del programma di sviluppo oggetto del contratto, i progetti di investimento del proponente devono prevedere spese ammissibili di importo non inferiore a dieci milioni di euro a parte eventuali progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1, lettera a) dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 3 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

L'articolo 3, comma 1, del citato D.M. ha specificato che la proposta di contratto di sviluppo può avere ad oggetto diversi programmi. In particolare la lettera a) del medesimo comma riguarda il programma di sviluppo industriale definendolo come un'iniziativa imprenditoriale finalizzata alla produzione di beni e/o servizi, per la cui realizzazione sono necessari uno o più progetti d'investimento e, eventualmente, progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, come individuati nel Titolo IV, strettamente connessi e funzionali tra di loro in relazione al processo di produzione dei prodotti finali.

Il titolo IV stabilisce nel dettaglio la disciplina dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale specificando, tra l'altro che le agevolazioni relative ai progetti di sviluppo industriale possono essere concesse a fronte di progetti di sviluppo sperimentale che possono prevedere anche attività di ricerca industriale. In ogni caso, la parte di sviluppo sperimentale deve essere, in termini di costi agevolabili, prevalente rispetto a quella di ricerca industriale.

Ai sensi del D.M. 24 settembre 2010 per “ricerca industriale” si intende: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera b). Per “sviluppo sperimentale” si intende: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.

 

Il comma 85 chiama il MISE a impartire al Soggetto Gestore (all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia) le direttive eventualmente necessarie ai fini della corretta attuazione delle nuove disposizioni.

Il comma 86 autorizza la spesa di euro 100 milioni per il 2021 e 30 milioni per il 2022.

 


Commi 87-88
(Sostegno alle attività economiche nei comuni di particolare interesse per il turismo straniero)

 

 

I commi 87 e 88 - introdotti dalla Camera - estendono il contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici ai comuni dove sono situati santuari religiosi. Per tali comuni, ove diversi dai comuni capoluogo, tale estensione ha effetto per il 2021 e ai relativi oneri si provvede

nel limite massimo di 10 milioni di euro, che costituisce limite di spesa. Il contributo a fondo perduto spetta ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti dei comuni dove sono situati santuari religiosi che, in base all’ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l’elaborazione di dati statistici, abbiano registrato presenze turistiche di cittadini residenti in paesi esteri in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti negli stessi comuni.

 

 

A tal fine il comma 87 novella l’articolo 59, comma 1, del D.L. n. 104/2020 (c.d. decreto agosto - L. n. 126/2020).

 

Al riguardo, si ricorda che l'articolo 59, comma 1, ha riconosciuto un contributo a fondo perduto ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana che, in base all’ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l’elaborazione di dati statistici, abbiano registrato presenze turistiche di cittadini residenti in paesi esteri:

a) per i comuni capoluogo di provincia, in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti negli stessi comuni;

b) per i comuni capoluogo di città metropolitana, in numero pari o superiore a quello dei residenti negli stessi comuni.

Il comma 2 ha previsto che il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020, degli esercizi sopra descritti, realizzati nelle zone A dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana, sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi realizzati nel corrispondente mese del 2019. Per i soggetti che svolgono autoservizi di trasporto pubblico non di linea l’ambito territoriale di esercizio dell’attività è riferito all’intero territorio dei comuni di cui al comma 1.

Il comma 3 ha previsto che l’ammontare del contributo è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del corrispondente mese del 2019, nelle seguenti misure:

a) 15 per cento per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

b) 10 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

c) 5 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Per il comma 4, il contributo a fondo perduto è riconosciuto, comunque, ai soggetti di cui al comma 1, per un ammontare non inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Detti importi minimi sono altresì riconosciuti ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° luglio 2019 nelle zone A dei comuni di cui al comma 1. In ogni caso, l’ammontare del contributo a fondo perduto non può essere superiore a 150.000 euro.

Il comma 5 ha esteso al contributo a fondo perduto l'applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 25, commi da 7 a 14, del D.L. n. 34/2020 (L., n. 77/2020).

Il comma 6 ha previsto che il contributo a fondo perduto non è cumulabile con il contributo di cui all’articolo 58 per le imprese della ristorazione ivi indicate, le quali possono presentare richiesta per uno solo dei due contributi.


Commi 89 e 90
(Ingresso gratuito nella rete dei musei per i cittadini residenti all'estero)

 

 

I commi 89 e 90, introdotti in prima lettura, istituiscono, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), un fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per consentire ai cittadini italiani residenti all’estero, iscritti all’AIRE, l’ingresso gratuito nella rete dei musei, delle aree e dei parchi archeologici di pertinenza pubblica. Le modalità di attuazione sono stabilite con decreto del Ministro.

 

La finalità della disposizione è di incentivare la ripresa dei flussi di turismo di ritorno. Si consente dunque ai cittadini italiani residenti all'estero che attestino la loro iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero[22] (AIRE), di poter entrare gratuitamente nella "rete" dei musei, delle aree e dei parchi archeologici di pertinenza pubblica, di cui all'art. 101 del d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

 

L'art. 101 del d.lgs. 42/2004 dispone che sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali. Gli istituti ed i luoghi di cultura che appartengono a soggetti pubblici sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico.

 

Riguardo alla definizione di "rete di musei", si valuti l'opportunità di chiarire se si intenda richiamare i musei pubblici che fanno parte del Sistema museale nazionale. In tal caso, il Sistema museale nazionale non include solo i musei, le aree e i parchi archeologici, ma tutti i luoghi della cultura individuati dal Codice.

 

In base al D.M. 21 febbraio 2018, n. 113, il Sistema museale nazionale  è composto dai musei e dagli altri luoghi della cultura statali, di cui all'art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché dagli altri musei di  appartenenza pubblica, dai musei privati e dagli  altri luoghi della  cultura pubblici o privati, che, su base volontaria e  secondo  precise  modalità, chiedano di essere accreditati. Con decreto 20 giugno 2018 sono state dettate le modalità? di organizzazione e funzionamento del Sistema museale nazionale.

 

Per le finalità suddette, si istituisce nello stato di previsione del MIBACT un Fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, che costituisce limite di spesa.

 

Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo - per la cui adozione non è previsto un termine - sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni, anche ai fini del rispetto del limite di spesa.

 


Commi 91-94
(Istituzione del fondo per la tutela e la valorizzazione delle aree di particolare interesse geologico o speleologico)

 

 

I commi dal 91 al 94 sono stati introdotti dalla Camera. Il comma 91 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un apposito fondo, con una dotazione di 4 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di garantire la tutela e la valorizzazione delle aree di particolare interesse geologico o speleologico, nonché di sostenerne lo sviluppo e la gestione ambientalmente sostenibile e di promuoverne la fruizione pubblica.

 

Il comma 92 prevede che il fondo è volto al finanziamento, in favore dei complessi carsici a vocazione turistica, degli interventi di riqualificazione e di adeguamento degli impianti di illuminazione ordinaria, di sicurezza e multimediale, sia di superficie che degli ambienti sotterranei aperti alla fruizione pubblica, anche mediante la sostituzione e il rinnovo degli stessi con tecnologie che garantiscano la sicurezza delle persone, l’efficienza energetica, la tutela dell’ambiente con l’eliminazione delle sorgenti inquinanti e la conservazione del patrimonio ipogeo.

Il comma 93 demanda a un decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la ripartizione delle risorse del fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio siano presenti grotte naturali turistiche aventi le seguenti caratteristiche:

a) un percorso visitabile, esclusivamente mediante l’accompagnamento da parte di personale autorizzato, della lunghezza minima di 2 chilometri;

b) una media annua di almeno 300.000 visitatori nel periodo 2015-2019;

c) ubicazione in siti di interesse comunitario.

Il comma 94 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasferiscono, nell’ambito delle proprie competenze in materia di valorizzazione dei beni culturali e ambientali, le risorse spettanti agli enti gestori dei complessi carsici aventi le caratteristiche indicate dal comma 5.

 


Commi 95 e 96
(Erogazione in unica quota del contributo “Nuova Sabatini”)

 

 

I commi 95 e 96 intervengono sulla “Nuova Sabatini”, misura di sostegno alle micro, piccole e medie imprese volta alla concessione, da parte di banche o intermediari finanziari, di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali "Industria 4.0", nonché di un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti.

Il comma 95 dispone che il contributo statale sia erogato in un’unica soluzione secondo modalità da determinare in sede attuativa con decreto ministeriale. Ai sensi della normativa vigente invece, la corresponsione in un’unica soluzione del contributo è prevista solo in caso di finanziamento di importo non superiore a 200.000 euro.

Il comma 96 rifinanzia la misura, per le finalità di cui al comma 5, di 370 milioni di euro per l’anno 2021.

 

 

La relazione tecnica al provvedimento evidenzia la rilevanza della misura agevolativa per il sistema produttivo italiano, confermata dal forte interesse mostrato – fin dall’avvio del 2014 – sia da parte delle PMI beneficiarie che dai soggetti finanziatori.

 

Con la modifica normativa introdotta dal comma 95 all’articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013, si intende dunque semplificare ulteriormente l’accesso alla misura e, in particolare, variare l’attuale meccanismo di funzionamento– che prevede la ripartizione su 6 annualità delle agevolazioni (10% il primo anno, 20% dal secondo al quinto anno e 10% il sesto anno) – estendendo a tutte le iniziative l’erogazione in un’unica soluzione ad oggi prevista, come sopra accennato, per le domande con finanziamento di importo non superiore a euro 200.000,00 per effetto della recente modifica introdotta dall’art. 39, comma 1, del D.L. n. 76/2020 (cd. D.L. Semplificazioni, conv. con mod. in L. n. 120/2020).

 

La relazione tecnica evidenzia come la proposta di modifica si inserisca nel solco già segnato dal legislatore che è già intervenuto, a più riprese, disponendo deroghe alla iniziale regola di erogazione in sei quote annuali del contributo. Si rinvia, per la ricostruzione normativa, al box, infra.

L’eliminazione della predetta soglia del finanziamento consentendo l’erogazione del contributo in un’unica soluzione in favore di tutte le PMI beneficiarie indipendentemente dall’importo del finanziamento, costituirebbe un importante intervento semplificativo, con vantaggi in termini di efficienza, efficacia, economicità e rapidità nella gestione dello strumento per le imprese beneficiarie, che potranno introitare l’intero contributo riconosciuto subito dopo l’avvenuta realizzazione dell’investimento, senza dover attendere, per l’incasso della totalità del contributo, il lungo arco temporale di sei anni.

Infine, considerando le domande trasmesse negli anni 2019-2020, la relazione evidenzia che le operazioni con finanziamenti di importo non superiore a euro 200.000,00 rappresentano oltre il 73% rispetto al totale delle operazioni “Nuova Sabatini” e il contributo corrispondente a tali finanziamenti, ad oggi, rappresenta circa il 36% del totale. Pertanto, l’erogazione in un’unica soluzione delle agevolazioni, già oggi, riguarda la larga parte dell’operatività della misura agevolativa ed è pienamente rodata sul piano operativo-gestionale.

 

Per le finalità di cui al comma 95, il successivo comma 96 rifinanzia di 370 milioni di euro per l'anno 2021 l'autorizzazione di spesa relativa alla Nuova Sabatini, di cui all'articolo 2, comma 8, del D.L. n. 69/2013.

 

Lo strumento agevolativo cd. "Nuova Sabatini" – istituito dall'articolo 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziato ed esteso – costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle PMI all'acquisto, o all’acquisizione in leasing, di beni materiali (macchinari, impianti, beni strumentali d'impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware) o immateriali (software e tecnologie digitali) a uso produttivo.

La misura è finalizzata a migliorare l'accesso al credito per tali investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente:

§  l'accesso a finanziamenti agevolati per investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario). I finanziamenti sono concessi, dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing, nonché – a seguito della novella apportata dal D.L. n. 34/2019 - anche gli altri intermediari finanziari iscritti al relativo albo di cui all'articolo 106 del TUB (D.Lgs. 385/1993), che statutariamente operano nei confronti delle PMI

§  l’accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione, parametrato a un tasso di interesse convenzionalmente assunto (pari al 2,75% annuo per gli investimenti "ordinari" e al 3,575% per gli investimenti "Impresa 4.0").

La tipologia degli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio – inizialmente individuata in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013) - è stata estesa dalla legge di bilancio per il 2017 (Legge n. 232/2016) ai seguenti investimenti cd. "Industria 4.0": macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (articolo 1, comma 55 della legge di bilancio 2017 e circolare attuativa 15 febbraio 2017, n. 14036, allegati 6/A e 6/B). Per gli investimenti in beni strumentali cd. "Industria 4.0", la legge di bilancio 2017 ha costituito apposita riserva di risorse ed una maggiorazione del contributo statale in conto impianti concedibile a valere sulle nuove risorse dalla medesima legge stanziate.

La legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) oltre a rifinanziare, all’articolo 1, comma 40, la misura, ha mantenuto il meccanismo preferenziale, introdotto nell’anno precedente, per gli investimenti “Industria 4.0”. Ad essi ha riservata una quota pari al 30 per cento delle nuove risorse stanziate dalla medesima legge e ha disposto che il relativo contributo statale in conto impianti rimanga maggiorato del 30% rispetto alla misura massima concessa per le altre tipologie di investimento ammissibili. La legge ha altresì disposto che le risorse risultanti non utilizzate per la predetta riserva alla data del 30 settembre 2018, rientrino nella disponibilità complessiva della misura (articolo 1, comma 41). Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulla misura in questione dal 31 dicembre 2018 fino alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).

La legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018, articolo 1, comma 200) ha anch’essa rifinanziato la misura, mantenendo le percentuali di riserva, la maggiorazione per gli investimenti in beni 4.0. e il termine della concessione dei finanziamenti fino ad esaurimento delle risorse, già previsti dalla legge di bilancio per il 2018.

La legge di bilancio per il 2020 (L. n. 162/2019, articolo 1, commi 226-229) ha ulteriormente rifinanziato la misura, mantenendo sempre la riserva del 30% delle risorse e la maggiorazione del contributo statale del 30% per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”.

In più, ha disposto che a valere sulle risorse dalla stessa legge stanziate, per gli investimenti realizzati dalle PMI nel Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), la maggiorazione del contributo statale per investimenti “Industria 4.0” sia del 100%, nel limite complessivo di 60 milioni di euro. Il successivo D.L. 76/2020 (articolo 39) ha inoltre previsto che il contributo maggiorato alle MPMI del Mezzogiorno sia corrisposto in un’unica soluzione e che, in aggiunta allo stanziamento di 60 milioni di euro (di cui all’articolo 1, comma 226, terzo periodo, della legge di bilancio per il 2020: vedi supra), l’intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei, anche per sostenere, applicando la medesima maggiorazione del 100 per cento, investimenti diversi da quelli relativi a “Industria 4.0”.

Una ulteriore riserva pari al 25% delle risorse autorizzate dalla legge di bilancio 2020 è stata poi destinata alle micro, piccole e medie imprese a fronte dell’acquisto, anche mediante leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale. Anche per tali operazioni opera una maggiorazione del contributo statale, che viene rapportato, in via convenzionale, sul finanziamento a un tasso annuo del 3,575% (dunque, il contributo statale è maggiorato del 30% rispetto al contributo ordinario).

Le risorse delle riserve non utilizzate alla data del 30 settembre di ciascun anno rientrano nella disponibilità della misura.

La legge di bilancio 2020 ha inoltre disposto che sui finanziamenti concessi , la garanzia del Fondo di garanzia PMI operi in favore delle micro, piccole e medie imprese a titolo gratuito, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato.

 

Quanto ai finanziamenti agevolati concedibili per gli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio, la normativa istitutiva del 2013 aveva previsto che la concessione degli stessi avvenisse da parte di banche e società di leasing finanziario esclusivamente a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A. Successivamente, è intervenuto il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), che ha previsto la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento - compreso il leasing finanziario - non più necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).

I finanziamenti vengono concessi alle MPMI (micro, piccole e medie imprese) per un importo non superiore a 4 milioni di euro (e non inferiore a 20 mila euro), anche frazionato in più iniziative di acquisto, possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (art. 2, comma 3 del D.L. n. 69/2013, come novellato dall’articolo 20 del D.L. n. 34/2019).

Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell'ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo 29 settembre 2015.

Come detto, alle PMI beneficiarie è concesso - sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati - un contributo statale in conto impianti parametrato a un tasso di interesse convenzionalmente assunto e fissato dalla normativa secondaria attuativa della misura (2,75% annuo per gli investimenti "ordinari" e 3,575% per gli investimenti "Impresa 4.0")[23].

L'erogazione del contributo avviene sulla base delle dichiarazioni prodotte dalle imprese in merito alla realizzazione dell'investimento, in più quote determinate con il medesimo decreto. A fronte di finanziamenti di importo non superiore a 200.000 euro, l’erogazione del contributo avviene in un'unica soluzione (tale possibilità di erogazione unica è stata introdotta inizialmente dall’art. 20 del D.L. n. 34/2019, che l’ha consentita solo per finanziamenti fino a 100.000 euro. Il successivo D.L. n. 76/2020 (articolo 39) ha innalzato a 200.000 euro la soglia entro la quale il contributo è erogato in un’unica soluzione.

Il contributo “Nuova Sabatini”, anche quando riconosciuto in unica quota, è sempre erogato all’impresa a seguito dell’ultimazione del programma di investimenti agevolato.

Quanto alle risorse statali destinate alla concessione del citato contributo in conto impianti, si ricorda che il D.L. n. 69/2013, articolo 2, comma 8, ha inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9-bis, lett. b)) è stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiarie.

L’autorizzazione di spesa è stata poi rifinanziata dalla legge di stabilità 2015 (art.1, comma 243), che ha disposto, un incremento di 12 milioni di euro dello stanziamento per il 2015, di 31,6 milioni di euro di quello per l'anno 2016, di 46,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 39,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 31,3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 9,9 milioni di euro per l’anno 2021. Le risorse in questione, appostate sul capitolo di Bilancio 7489 pg. 1/MISE sono state oggetto, nel corso del tempo, anche di riduzioni lineari a copertura di norme sul contenimento della spesa.

La legge di bilancio 2017 ha stanziato ulteriori 28 milioni di euro per l’anno 2017, 84 milioni di euro per l’anno 2018, 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, 84 milioni per l’anno 2022 e 28 milioni per il 2023.

La legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017, articolo 1, comma 40) ha ulteriormente rifinanziato la misura per 33 milioni per il 2018, per 66 milioni per ciascuno degli anni dal 2019-2022 e 33 milioni per il 2023. Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati dal 31 dicembre 2018 fino alla data di avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).

L’articolo 1, comma 200 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018) rifinanzia da ultimo la misura per 48 milioni di euro per il 2019, di 96 per ciascuno degli anni dal 2020-2023 e 48 milioni per il 2024. Sulle somme autorizzate è mantenuta la riserva (30% delle risorse) e la maggiorazione del contributo statale (del 30%) per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”, nonché il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati (fino ad esaurimento delle risorse statali autorizzate) di cui alla legge di bilancio per il 2018. Le risorse non utilizzate per la riserva sopra citata al 30 settembre di ciascun anno, rientrano nelle disponibilità complessive della misura.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 226) ha rifinanziato l’autorizzazione di spesa di 105 milioni di euro per l’anno 2020, di 97 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e di 47 milioni di euro per l’anno 2025 la cd. Nuova Sabatini.

Secondo le informazioni diffuse dal MISE, alla data di ottobre 2020, il 90% delle risorse statali complessivamente stanziate per la misura risulta prenotato.

 

La Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, ha condotto un’analisi della misura di sostegno cd. “Nuova Sabatini” (Relazione approvata con deliberazione 25 ottobre 2018, n. 21/2018/G). Per quel che riguarda le considerazioni di sintesi della Corte circa i controlli propedeutici alle erogazioni condotti dal Mise, si rinvia a pagina 14 e ss. della Relazione.

Si rinvia alla Relazione della Corte dei Conti, sullo stato di attuazione della "Nuova Sabatini" del 25 ottobre 2018, nonché al sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico.

Quanto ai dati attuativi della misura, essi sono tenuti in costante aggiornamento e pubbicati dal Ministero dello sviluppo economico, sul suo sito istituzionale, cui si rinvia.


Commi 97-106
(Fondo impresa femminile)

 

 

I commi 97-106 recano la disciplina istitutiva del “Fondo a sostegno dell’impresa femminile”. Il Fondo viene costituito presso il Ministero dello Sviluppo economico, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, al fine di promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile. Attraverso le risorse del Fondo, si prevede il finanziamento di iniziative imprenditoriali e di azioni di promozione dei valori dell’imprenditoria tra la popolazione femminile. Viene inoltre istituito, presso il MISE, il Comitato Impresa Donna con il compito di attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo formulare raccomandazioni sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia.

 

Il comma 97 istituisce presso il Ministero dello Sviluppo economico, il “Fondo a sostegno dell’impresa femminile”, al fine di promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra la popolazione femminile e massimizzare il contributo, quantitativo e qualitativo, delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese. La dotazione finanziaria del Fondo è stabilita in 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Si tratta di un intervento volto ad intervenire sulla più ampia questione del lavoro femminile in Italia. Le politiche a favore del rafforzamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e il rispetto del principio costituzionale della parità di genere nelle retribuzioni sono state oggetto di attenzione nella comunicazione della Commissione europea recante la Relazione per paese relativa all'Italia 2020[24], dove si rivela come elemento critico il fatto che le politiche attive per il mercato del lavoro degli ultimi anni non abbiano inciso a sufficienza per incrementare l’occupazione femminile. La stessa relazione illustrativa ricorda che i dati – a livello nazionale e internazionale – rivelano che sono ancora troppo poche le donne “che scelgono di creare un’impresa, di avviare una start-up di intraprendere studi scientifici”.

 

Per quanto riguarda la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, un recentissimo intervento dell’ISTAT[25] sottolinea che “i dati sull’occupazione femminile in Italia permangono preoccupanti se confrontati con quelli del resto d’Europa. Nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile, il tasso di occupazione è molto più basso (nel II trimestre 2020 è il 48,4% contro il 66,6% maschile) e il divario di genere è più marcato rispetto alla media Ue (61,7% contro 72,1%) e agli altri grandi paesi europei”. Peraltro, nel corso delle audizioni informali sul rilancio del commercio alla luce della crisi causata dall'emergenza epidemiologica svolte dalla X Commissione (Attività produttive), è stato sottolineato che la crisi derivante dalla pandemia ha colpito in modo particolare i settori del commercio, della ricezione e della ristorazione, tutti settori in cui è maggiormente presente l’imprenditoria femminile (oltre che giovanile e straniera)[26].

 

Si ricorda che l'articolo 23, 2 co. della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea precisa che il principio della parità tra uomo e donna accolto al 1 co. «non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato».

 

I principali strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile consistono essenzialmente in misure volte a garantirne migliori condizioni di accesso al credito, o tramite i mutui a tasso zero per le micro e piccole imprese femminili ovvero tramite l’accesso alla Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – Sezione Pari Opportunità. Per la ricostruzione degli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

L’articolo in esame, in luogo di strumenti di agevolazione ai fini dell’accesso al credito, contempla forme di sostegno diretto all’imprenditoria femminile, nonché azoni di comunicazione e sensibilizzazione sul tema. Il comma 98, infatti, così definisce le finalità e le azioni del Fondo:

a)   interventi per supportare l’avvio dell’attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili, con specifica attenzione ai settori dell’alta tecnologia;

b)   programmi ed iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile;

c)   programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile va adeguata alle indicazioni di livello comunitario e nazionale.

 

Con riferimento alla lettera c), si osserva che è stato recentemente ribadito che “esiste ancora un forte svantaggio femminile se si considerano le lauree tecnico-scientifiche, le cosiddette lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics): il 37,3% degli uomini ha una laurea STEM contro il 16,2% delle donne”[27].

 

Il comma 99 chiarisce che gli interventi di supporto possono consistere in:

a)   contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili (con particolare attenzione alle imprese individuali e alle attività libero professionali in generale e con specifica attenzione a quelle avviate da donne disoccupate di qualsiasi età);

b)   finanziamenti a tasso zero o comunque agevolati (è ammessa anche la combinazione di contributi a fondo perduto e finanziamenti) per avviare e sostenere le attività di imprese femminili;

c)   incentivi per rafforzare le imprese femminili, costituite da almeno 36 mesi, sotto la forma di contributo a fondo perduto del fabbisogno di circolante nella misura massima dell’ottanta per cento della media del circolante degli ultimi 3 esercizi;

d)   percorsi di assistenza tecnico-gestionale, per attività di marketing e di comunicazione durante tutto il periodo di realizzazione degli investimenti o di compimento del programma di spesa, anche attraverso un sistema di voucher per accedervi;

e)   investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle imprese a guida femminile tra le start-up innovative di cui all’articolo 25 del citato decreto-legge n. 179 del 2012 e delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;

f)    azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile italiano.

 

Con riferimento alla lettera e), si ricorda che il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni in L. n. 221/2012), ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la start-up innovativa. La definizione di startup innovativa è contenuta nell’articolo 25, comma 2 del citato decreto n. 179. Ai sensi di tale disposizione, è startup innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, che abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, abbia un livello di spesa in attività di ricerca e sviluppo almeno pari al 15 per cento del valore maggiore tra costo e produzione, impieghi ricercatori per almeno un terzo della forza-lavoro, sia titolare (o depositaria o licenziataria) di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, oltre ad altri requisiti societari. A sua volta, l'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.

 

Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 100 chiarisce quali possano essere gli interventi di diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile o i programmi di formazione e orientamento di cui al comma 98, lettere b) e c).

In tal senso, si possono prevedere:

a)   iniziative per promuovere il valore dell’impresa femminile nelle scuole e nelle Università;

b)   iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne;

c)   iniziative di orientamento e formazione verso percorsi di studio STEM;

d)   iniziative di sensibilizzazione verso professioni tipiche dell’economia digitale;

e)   azioni di comunicazione per diffondere la cultura femminile d’impresa e promuovere i programmi finanziati dall’articolo in commento.

 

Il comma 101 fa riferimento alla possibilità di collaborazione, anche prevedendo forme di cofinanziamento, con le Regioni e gli enti locali, le associazioni di categoria, il Sistema camerale e i Comitati per l’imprenditoria femminile.

 

Il comma 102 prevede una relazione annuale al Parlamento, da predisporre ad opera del Ministero dello sviluppo.

 

Il comma 103 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dall’entra in vigore della legge di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il compito di ripartire la dotazione finanziaria tra i diversi interventi, di individuare le modalità di attuazione, nonché i criteri e i termini delle agevolazioni previste.

Peraltro nella relazione tecnica è riportato il seguente schema di ripartizione, che dovrà in caso essere confermato dal decreto previsto dal comma 103:

 

 

I commi da 104 a 106 disciplinano il Comitato Impresa Donna, che viene istituito presso il MISE. La partecipazione al Comitato è a titolo gratuito. Le funzioni attribuite al Comitato sono quella di:

a)   contribuire ad attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo;

b)   condurre analisi economiche, statistiche e giuridiche relative alla questione di genere nell’impresa;

c)   formulare raccomandazioni relative allo stato della legislazione e dell’azione amministrativa, nazionale e regionale, in materia di imprenditorialità femminile e sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia;

d)   contribuire alla redazione della Relazione annuale.


Commi 107-108
(Promozione dell’attività di venture capital in favore di progetti di imprenditoria femminile ad elevata innovazione)

 

 

I commi 107 e 108 sono stati inseriti nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera dei deputati. Il comma 107 contiene misure per la promozione dell’attività di venture capital in favore di progetti di imprenditoria femminile ad elevata innovazione. A tal fine, viene rifinanziato di 3 milioni di euro per l’anno 2021 il Fondo a sostegno del Venture capital, istituito dall’articolo 1, comma 209, della legge n. 145/2018 (Legge di bilancio 2019).

Il comma 108 demanda l’attuazione della misura ad un decreto interministeriale.

 

 

Nel dettaglio, il rifinanziamento di 3 milioni di euro per l’anno 2021 del Fondo a sostegno del Venture capital, autorizzato dal comma 107, è finalizzato a sostenere investimenti in capitale di rischio in progetti di imprenditoria femminile ad elevata innovazione ovvero a contenuto di innovazione tecnologica, realizzati entro i confini territoriali nazionali da società il cui capitale sia detenuto in maggioranza da donne.

Si prevede un periodo di rientro dell’investimento iniziale esclusivamente nel lungo periodo.

Il comma 108 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, la definizione dei criteri di selezione ed individuazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze dei fondi da integrare, nonché le modalità per l’assegnazione dei finanziamenti ai progetti imprenditoriali.

 

 

Si fa presente che nella “Relazione sullo stato di attuazione delle misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative”, presentata il 15 dicembre 2020 e aggiornata al 31 dicembre 2019 (Doc. CCXIII, n. 1), si trova la seguente tabella:

 

 

La stessa Relazione rileva discorsivamente che “tra i soci unici esaminati si evidenzia una forte prevalenza maschile: il 79,8% è uomo (30.496 persone) e circa il 20,2% è donna (7.741 persone)”.

 

Il Fondo di sostegno al venture capital è stato istituito nello stato di previsione del MISE dall’articolo 1, comma 209 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), con una dotazione iniziale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per le finalità indicate dal comma 206 della medesima legge di bilancio. La norma prevede che lo Stato, tramite il Ministero dello sviluppo economico, al fine di promuovere gli investimenti in capitale di rischio da parte di operatori professionali, possa sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il venture capital o di uno o più fondi che investono in Fondi per il venture capital[28].

Lo Stato può sottoscrivere le quote o azioni anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento (comma 207).

Le modalità di investimento dello Stato attraverso il Fondo di sostegno al venture capital sono state definite con D.M. MISE 27 giugno 2019. Il D.M. prevede, in particolare, l’intervento del Fondo a condizioni di mercato, ovvero, l’intervento del Fondo in cd. regime di esenzione (cioè secondo le condizioni fissate dalla disciplina sugli aiuti di Stato per investimenti in capitale di rischio, di cui all’art. 21 del Regolamento generale di esenzione per categoria, Reg. UE n. 651/2014 – GBER). Tale intervento è ammesso solo se i fondi per il venture capital (beneficiari dell’intervento del Fondo statale) investano esclusivamente nel capitale di rischio di PMI non quotate che: non hanno operato in alcun mercato, ovvero vi operino da meno di sette anni, ovvero necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 % del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni. L'investimento complessivo in ciascuna PMI non può eccedere l'importo di 15 milioni di euro, del limite di investimento previsto dal regime di esenzione. Per ciascun investimento sono fissate le specifiche percentuali di risorse finanziarie da parte di investitori privati indipendenti.

Al fine di perseguire con maggiore efficacia l'obiettivo di promozione degli interventi nel capitale di rischio e garantire una adeguata sinergia con gli strumenti in essere, il D.M. ha previsto che il Fondo di sostegno al venture capital intervenga in Fondi per il venture capital, istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione (costituita in base alle norme della stessa Legge di bilancio 2019, art. 1, comma 116) o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio[29]. I Fondi per il venture capital devono investire esclusivamente nel capitale di rischio di PMI con elevato potenziale di sviluppo ed innovative, non quotate in mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell'attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion, scale up financing).

Il fondo è stato rifinanziato di 200 milioni di euro per l’anno 2020 dall’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020, al fine di supportare il rafforzamento, sull'intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle start-up innovative.

In attuazione di tale comma è stato emanato il decreto ministeriale MISE 1 ottobre 2020, in base al quale le risorse pari a 200 milioni di euro vengono investite in un Fondo di investimento alternativo mobiliare, denominato “Fondo Rilancio” e riservato ad investitori professionali, istituito e gestito da Cdp Venture Capital SgrFondo Nazionale Innovazione. Il Fondo ha una durata massima di dieci anni a decorrere dalla data di chiusura, anche anticipata o parziale, del periodo di sottoscrizione. Attraverso il Fondo, gli investitori qualificati e regolamentati che operano sul territorio nazionale potranno segnalare le start-up e le PMI innovative in cui stanno per investire o hanno investito nei 6 mesi antecedenti lentrata in vigore del decreto-legge Rilancio. Il Fondo può erogare risorse in operazioni fino a un massimo di 4 volte il valore dell’investimento degli investitori privati, nel limite complessivo di 1 milione per impresa. Nell'ambito degli accordi di investimento, devono essere previste clausole di natura non vincolante (clausole di best effort), dirette al mantenimento del livello occupazionale delle imprese quantomeno nei dodici mesi successivi all'investimento. Possono anche essere richiesti specifici requisiti della reportistica. A conclusione del periodo di investimento, il patrimonio del Fondo dovrà risultare investito, in via tendenziale per il 70% in imprese in portafoglio nelle quali abbiano co-investito investitori qualificati e per il restante 30%, in imprese in portafoglio nelle quali abbiano co-investito investitori regolamentati.

Si rammenta che il D.L. n. 34/2020, articolo 38, comma 3, rifinanzia di 200 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo di sostegno al venture capital per le finalità di rafforzamento delle startup innovative.


Commi 109-113
(Fondo per le imprese creative)

 

 

I commi da 109 a 113 istituiscono, presso il Ministero dello Sviluppo economico, e recano la disciplina del Fondo per le piccole e medie imprese creative con una dotazione di 20 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 con l’obiettivo di sostenere le imprese creative, attraverso la concessione di contributi, l’agevolazione nell’accesso al credito e la promozione di strumenti innovativi di finanziamento, nonché altre iniziative per lo sviluppo del settore. Viene demandata ad un decreto del Ministro dello Sviluppo economico la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse e delle modalità e ai criteri per la concessione dei finanziamenti.

 

La disposizione introduce misure di favore per le “imprese creative”, tramite la istituzione di un apposito fondo presso il Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 (comma 109).

 

Il comma 112 fornisce la definizione di “settore creativo”. Rientrano in tale settore “tutte le attività dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative e, in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo, all’editoria, alla radio, alle arti visive, alla comunicazione e alla pubblicità”.

 

La questione della definizione di impresa (o attività) culturale è di particolare complessità. Si ricorda che la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), all’articolo 1, commi 57-60, aveva definito "imprese culturali e creative" quelle che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti letteratura, musica, arti figurative ed applicate, spettacolo dal vivo, cinematografia e audiovisivo, archivi, biblioteche, musei, patrimonio culturale e relativi processi di innovazione. A favore di tale categoria di imprese, la legge del 2017 aveva previsto l'istituzione di un credito di imposta per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi. Il tetto di spesa del credito di imposta fu fissato a 500 mila euro per il 2018 e ad 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Tuttavia, non è mai intervenuto il decreto interministeriale (MIBACT-MISE, previa intesa in Conferenza Stato-regioni e parere parlamentare), che avrebbe dovuto essere adottato - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - per la definizione della procedura per il riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa e per la definizione di prodotti e servizi culturali e creativi, per cui tale agevolazione non ha avuto seguito pratico.

 

In proposito, la difficoltà di definire in senso giuridico la “creatività” di una impresa può trovare fondamento anche nel carattere trasversale (la relazione illustrativa parla di “meta settore”) di una serie di ambiti, “che vanno dal design, all’architettura, al teatro, alla moda, al cinema, alla comunicazione e alla pubblicità, alla radio e televisione sino al software e altro”. Secondo la relazione illustrativa, il settore ha un valore stimato di 92 miliardi di Euro, pari al 6,1 per cento della ricchezza prodotta nel Paese, con un impatto occupazionale di 1,5 milioni di persone. Si tratta di un grande settore dell’economia, fortemente connesso al Made in Italy, che crea valore ed occupazione nel nostro Paese e contribuisce in maniera determinante al suo export.

 

Si fa presente che nella “Relazione sullo stato di attuazione delle misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative”, presentata il 15 dicembre 2020 e aggiornata al 31 dicembre 2019 (Doc. CCXIII, n. 1), si trova la seguente descrizione, che ovviamente non ha natura giuridica, delle start-up creative e culturali: “Rientrano in questo sistema produttivo16 a) le industrie creative (quali design, architettura e comunicazione), b) le industrie culturali (come musica, editoria, film, video, radio, tv, giochi, software e video giochi), c) le performing arts e arti visive (cioè le attività di produzione di nuova cultura non riproducibili) e d) la conservazione e la fruizione del patrimonio storico e artistico.

 

Nella presentazione della Relazione presente sul sito web del MISE si riferisce che nel 2019 le start-up innovative hanno superato le 10 mila unità registrando un incremento di quasi il 12% rispetto all’anno precedente, accompagnato da un aumento del fatturato di  più del 46% e una produzione pari a 1,2 miliardi di euro; in crescita anche le PMI innovative che hanno superato la soglia delle 1.300 unità, il cui valore della produzione arriva a 4,1 miliardi di euro.

La forza lavoro complessivamente coinvolta da start-up e PMI innovative conta ormai oltre 85.000 unità (con un incremento rispetto al 2018 di poco meno del 26%), segno dell’affermazione di un vero e proprio patrimonio da tutelare e continuare a guidare nel suo percorso di nascita, crescita e consolidamento.

La maggior parte delle start-up (quasi il 75%) opera nel comparto dei servizi alle imprese (in particolare servizi ICT), ma rilevante appare l’incidenza delle start-up culturali e creative (pari al 37,7%) e delle imprese energetiche e green sul totale delle start-up innovative (14,6%).

Elevato risulta, inoltre, l’utilizzo delle Tecnologie 4.0: il 43% delle start-up innovative del settore dei servizi alle imprese ha dichiarato di operare con le Tecnologie 4.0 (ICT, telecomunicazioni, intelligenza artificiale e green economy).

La presentazione della relazione fornisce anche alcune indicazioni sul 2020, rilevando che nel corso dell’anno, malgrado la crisi, il numero di start-up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese è continuato a crescere (+ 10,4%), superando, nel novembre 2020, la soglia delle 12.000 unità.

“La resilienza di queste imprese è legata ai punti di forza che le caratterizzano: forte attitudine al digitale e allo smart working, velocità e flessibilità nel rispondere alle nuove esigenze, elevato livello di competenze tecniche e informatiche”.

 

La normativa dell’Unione europea sembra confortare la definizione presa a riferimento nell’articolo in esame. Il Regolamento (CE) 11/12/2013, n. 1295/2013 ha istituito il programma Europa creativa (2014-2020). In tale regolamento (art.2), tra le definizioni, viene chiarito che per "settori culturali e creativi" si intendono “tutti i settori le cui attività si basano su valori culturali e/o espressioni artistiche e altre espressioni creative, indipendentemente dal fatto che queste attività siano o meno orientate al mercato, indipendentemente dal tipo di struttura che le realizza, nonché a prescindere dalle modalità di finanziamento di tale struttura. Queste attività comprendono lo sviluppo, la creazione, la produzione, la diffusione e la conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative, nonché funzioni correlate quali l'istruzione o la gestione. I settori culturali e creativi comprendono, tra l'altro, l'architettura, gli archivi, le biblioteche e i musei, l'artigianato artistico, gli audiovisivi (compresi i film, la televisione, i videogiochi e i contenuti multimediali), il patrimonio culturale materiale e immateriale, il design, i festival, la musica, la letteratura, le arti dello spettacolo, l'editoria, la radio e le arti visive”.

 

Va peraltro anticipato che il comma 113 dell’articolo prevede che un decreto del Ministro dello sviluppo economico (di concerto con il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) individui i codici ATECO che classificano le attività dei settori creativi, per cui accanto alla definizione descrittiva interverranno indicazioni tecniche delle tipologie di imprese coinvolte. 

Si segnala in proposito la necessità che il comma 113 faccia riferimento al comma112 e non al comma 111 dell’articolo.

 

Il comma 110 dispone che le risorse del Fondo siano utilizzate per:

a)   promuovere nuova imprenditorialità e lo sviluppo di imprese del settore, attraverso contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e loro combinazioni;

b)   promuovere la collaborazione delle imprese del settore creativo con le imprese di altri settori produttivi, in particolare quelli tradizionali, nonché con le Università e gli enti di ricerca, anche attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher da destinare all’acquisto di servizi prestati da imprese creative ovvero per favorire processi di innovazione;

c)   sostenere la crescita delle imprese del settore anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge n. 179 del 2012 e delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;

d)   consolidare e favorire lo sviluppo dell’ecosistema del settore attraverso attività di analisi, studio, promozione e valorizzazione.

 

Con riferimento alla lettera c), si ricorda che il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni in L. n. 221/2012), ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la start-up innovativa. La definizione di start-up innovativa è contenuta nell’articolo 25, comma 2 del citato decreto n. 179. Ai sensi di tale disposizione, è start-up innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, che abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, abbia un livello di spesa in attività di ricerca e sviluppo almeno pari al 15 per cento del valore maggiore tra costo e produzione, impieghi ricercatori per almeno un terzo della forza-lavoro, sia titolare (o depositaria o licenziataria) di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, oltre ad altri requisiti societari.

A sua volta, l'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.

Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Start-up innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 111 prevede, al fine di massimizzarne l’efficacia e l’aderenza alle caratteristiche dei territori, forme di collaborazione con le Regioni, anche prevedendo forme di cofinanziamento tra i rispettivi programmi in materia. Il comma richiama gli interventi di cui al comma 110, con eccezione della lettera b), relativa alla collaborazione con le imprese di altri settori produttivi, nonché con le Università e gli enti di ricerca.

 

Il comma 113, già richiamato, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il compito di dettare le norme di attuazione, con particolare riferimento (oltre che ai codici ATECO delle imprese), alla ripartizione delle risorse, ai criteri per la concessione delle agevolazioni, alla definizione delle iniziative ammissibili, alle forme di aiuto, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato[30].

Peraltro nella relazione tecnica è riportato il seguente “presumibile” schema di ripartizione, che dovrà in caso essere confermato dal decreto previsto dal comma 113:

 

Il decreto potrebbe avere anche un contenuto ulteriore, potendo far riferimento ad “ulteriori condizioni per la fruizione dei benefici”, nonché ad altre forme di intervento del Fondo, volte a favorire l’accesso a canali alternativi di finanziamento.


Commi 114-116
(
Fondo per il sostegno del settore dei festival, dei cori e bande musicali e della musica jazz)

 

 

I commi 114-116, introdotti durante l’esame alla Camera, istituiscono il “Fondo per il sostegno del settore dei festival, dei cori e bande musicali e della musica jazz”.

 

In particolare, il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con una dotazione di € 3 mln per il 2021.

I termini, le modalità e la procedura per il riparto delle risorse del Fondo e per l’individuazione dei soggetti e dei relativi progetti ammessi al finanziamento sono definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

I contributi sono comunque concessi nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato.

Al riguardo, si ricorda che la base giuridica europea in materia di aiuti di Stato è costituita dagli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE). Ai sensi dell’articolo 107 TFUE, le misure di sostegno finanziario concesso attraverso risorse pubbliche che siano idonee ad attribuire un vantaggio economico a talune imprese e ad incidere sulla concorrenza sono in principio incompatibili con il diritto dell’Unione, salve specifiche eccezioni e deroghe. L’articolo 108 TFUE attribuisce alla Commissione un ruolo di controllo sui regimi di aiuti esistenti presso gli Stati membri (paragrafo 1), nonché di verifica dei progetti di nuovi aiuti o di modifica degli aiuti esistenti (paragrafo 3)

Tra le misure adottate in sede europea a sostegno dell'economia dell'UE e dei diversi Stati membri, duramente colpiti dalla crisi sanitaria ed economica da COVID-19, rientra l'adozione di norme maggiormente flessibili in materia di aiuti di Stato. La Comunicazione della Commissione "Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01", è volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato. Si rinvia al sito web della documentazione parlamentare per ulteriori informazioni. 

 

Le disposizioni sembrerebbero in parte sovrapporsi con quanto ha previsto, per il triennio 2020-2022, l’art. 7, co. 10-ter, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020), che ha destinato € 1 mln annui al sostegno di festival, cori e bande.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di chiarire come si raccordino con la normativa vigente le disposizioni ora introdotte.

 

L’art. 7, co. 10-ter, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha destinato € 1 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 al sostegno di festival, cori e bande, richiamando, al riguardo, le finalità dell’art. 1, co. 608, della L. 145/2018[31] [32].

La procedura per l’individuazione dei soggetti e dei relativi progetti da sostenere nel settore dei festival, cori e bande nel triennio 2020-2022 è stata definita con DM 295 del 24 giugno 2020 che, in particolare, ha disposto che l’intervento finanziario è finalizzato, tra l’altro, a sostenere, nell’anno per cui è richiesto il contributo, progetti connotati da qualità, articolati, anche in forma di festival, su un numero minimo di due tra le seguenti attività:

a) promozione e valorizzazione della produzione musicale amatoriale e sua salvaguardia;

b) formazione e ricerca nel settore della produzione musicale amatoriale;

c) coinvolgimento dei giovani e inclusione sociale nel settore della produzione musicale amatoriale;

d) coinvolgimento di cori e complessi bandistici rappresentativi del patrimonio musicale amatoriale tradizionale nazionale, con varietà di repertorio e offerta di nuove composizioni.

 


Commi 117-123
(Credito d’imposta cuochi professionisti)

 

 

I commi 117-123, introdotti durante l’esame parlamentare, attribuiscono ai cuochi professionisti un credito d’imposta fino al 40 per cento delle spese sostenute per l'acquisto di beni strumentali durevoli e per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, strettamente funzionali all'esercizio dell'attività, tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021. L’agevolazione spetta fino ad un massimo di 6.000 euro e nel limite complessivo di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2021-2023.

 

Più in dettaglio, il comma 117 istituisce un credito d’imposta in favore dei cuochi professionisti fino al 40 per cento delle spese sostenute per l'acquisto di beni strumentali durevoli, ovvero per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, strettamente funzionali all'esercizio dell'attività, tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021.

L’agevolazione riguarda i cuochi professionisti presso alberghi e ristoranti, sia come lavoratori dipendenti, che come lavoratori autonomi con partita IVA, anche nei casi in cui non siano in possesso del codice ATECO 5.2.2.1.0, ovvero corrispondente all’attività di cuochi in alberghi e ristoranti.

Il comma 118 indica le spese ammissibili al credito d’imposta: si tratta delle spese sostenute per l'acquisto di macchinari di classe energetica elevata per la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la cottura dei prodotti alimentari e di strumenti e attrezzature professionali per la ristorazione, nonché per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale.

Il comma 119 chiarisce che esso spetta fino ad un massimo di 6.000 euro e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2021-2023.

Il comma 120 specifica che il credito è utilizzabile in compensazione mediante F24 (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), che esso è escluso da IRPEF e IRAP e non concorre alla determinazione del rapporto di deducibilità (di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986).

Si consente (comma 121) di cedere l’agevolazione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Il comma 122 affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di definire i criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni in esame, con particolare riguardo alle procedure di concessione al fine del rispetto del limite di spesa, alla documentazione richiesta, alle condizioni di revoca e all’effettuazione dei controlli con provvedimento da adottare entro il 2 marzo 2021 (60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento).

Si chiarisce inoltre (comma 123) che l’agevolazione in commento spetta nel quadro del Temporary Framework sugli aiuti di Stato nel corso dell’emergenza economico-sanitaria (per cui si rinvia al sito della documentazione parlamentare

 


Commi 124-126
(Fondo d’investimento per lo sviluppo delle PMI
del settore aeronautico e della
green economy)

 

 

I commi da 124 a 126 istituiscono, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Fondo di investimento volto a sostenere lo sviluppo e la competitività del sistema delle piccole e medie imprese dei settori aeronautico nazionale, chimica verde, nonché della componentistica per la mobilità elettrica e per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il Fondo ha una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. La dotazione dell’anno 2021 è destinata, nella misura di 50 milioni di euro, ad un’apposita sezione dedicata esclusivamente alle PMI del settore aeronautico nazionale.

Viene demandata ad un decreto del Ministro dello Sviluppo economico la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse e delle modalità e ai criteri per la concessione dei finanziamenti.

 

Il comma 124 istituisce, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Fondo di investimento volto a sostenere lo sviluppo e la competitività del sistema delle piccole e medie imprese dei settori aeronautico nazionale, chimica verde, nonché della componentistica per la mobilità elettrica e per la produzione di energia da fonti rinnovabili

Il Fondo ha una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. La dotazione dell’anno 2021 è destinata, nella misura di 50 milioni di euro, ad un’apposita sezione dedicata esclusivamente alle PMI del settore aeronautico nazionale.

 

Il Fondo finanzia interventi di sviluppo delle PMI quali fusioni, aggregazioni, acquisizioni, riorganizzazioni, ristrutturazioni, rafforzamento del capitale per gli investimenti volti alla transizione tecnologica e alla sostenibilità ecologica ed ambientale dei processi produttivi (comma 125).

 

Il comma 126 attribuisce ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di ripartire le risorse tra le varie sezioni del fondo, nonché stabilire i criteri e le modalità di accesso al Fondo e le forme di partecipazione al Fondo da parte di investitori privati.

 

La relazione tecnica chiarisce che dalla disposizione non derivano effetti di indebitamento netto.

 

L’ultima Relazione sullo stato dell'industria aeronautica trasmessa al Parlamento il 9 agosto 2019 (ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 808) risale all’anno 2017. Nella relazione si riporta che il settore dell'aeronautica registra ricavi intorno ai 10 miliardi di euro.

Si tratta di un settore che compete e collabora con realtà industriali nazionali più ampie, come la Francia (53 miliardi di euro), il Regno Unito (40 miliardi di euro), la Germania (40 miliardi di euro).

Tuttavia la Relazione riporta casi di successo, come il fatto che oltre l’80% di tutti gli aerei commerciali al mondo volano con componenti prodotti da Avio Aero, azienda con un fatturato pari a 1,7 miliardi di dollari, per la stragrande maggioranza in export, e 4200 dipendenti in 6 siti produttivi in Italia.

L'industria aeronautica italiana dispone di un patrimonio di competenze e tecnologie, con riferimento sia all'ala rotante (elicotteri) che all'ala fissa (velivoli), aerostrutture ed elettronica dedicata.

Grazie a questo tipo di produzioni il comparto aerospaziale e difesa in Italia ha effetti elevati sull'economia, con un moltiplicatore del valore aggiunto calcolato in 2,6 e rilevanti riflessi occupazionali, di gettito fiscale e ricadute su altri settori economici con coinvolgimento di numerose e qualificate aziende piccole, medie e intermedie, con diversi gradi di specializzazione.

 

La legge n. 808 del 1985 rappresenta lo strumento fondamentale di politica industriale per il settore aeronautico. Tale legge sostiene progetti di ricerca e sviluppo delle imprese del settore aeronautico riguardanti sia il cosiddetto “ambito civile” che quello della “sicurezza nazionale”. L’articolo 3 di tale legge prevede tre tipologie di finanziamento: finanziamenti agevolati a tasso zero, contributo in conto interessi e contributi in conto interessi per allineare le condizioni del finanziamento a quelle delle imprese estere che partecipino ai medesimi programmi. Come rileva la Corte dei conti, di questa tipologia di interventi è sostanzialmente praticata solo la prima.

 

Per quanto riguarda la mobilità elettrica, si sottolinea che il comma 124 fa riferimento alla “componentistica” relativa a tale settore. La relazione tecnica specifica che con questa locuzione va “intesa come produzione di componenti per le auto e scooter elettrici come le batterie”.

Più in generale, si ricorda che a livello europeo si sta accelerando la transizione verso la mobilità a zero emissioni, cercando di rendere il settore dei trasporti decarbonizzato ed efficiente dal punto di vista energetico.

 

In tal senso, già andavano le comunicazioni della Commissione "Strategia europea per una mobilità a basse emissioni", del luglio 2016, e " L'Europa in movimento" , del maggio 2017. La Commissione UE ha quindi imposto normativamente limiti sempre più rigidi per le emissioni dei veicoli a motore ed ha introdotto dal 1° settembre 2017 nuove procedure di prova delle emissioni reali di guida (Real Driving Emissions, RDE).

L'11 dicembre 2019 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione "Il Green Deal Europeo" (COM(2019) 640 final). Successivamente, il Parlamento europeo con la risoluzione 15 gennaio 2020 ha chiesto una normativa ambiziosa in materia di clima e di portare al 55%, rispetto ai livelli del 1990, l'obiettivo dell'UE per il 2030 in materia di riduzione delle emissioni di gas serra. Il meccanismo di governance delineato in sede UE prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri obiettivi 2030, predisponendo i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (PNIEC).

 

In attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, il MISE, il MIT ed il Ministero dell'Ambiente hanno redatto e pubblicato il testo del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima. Il Piano stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché gli obiettivi in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell'energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile, delineando per ciascuno di essi le misure che saranno attuate per assicurarne il raggiungimento.

Per un approfondimento della materia, si rinvia al tema parlamentare relativo sulla mobilità sostenibile.

 

Per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, si tratta di uno dei temi che rientrano nella politica di sviluppo sostenibile che viene perseguita a livello comunitario e nazionale. In questo senso, si ricorda che il pacchetto legislativo adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 -cd. Winter package o Clean energy package - fissa il quadro regolatorio della governance dell'Unione per l'energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 in materia e al percorso di decarbonizzazione (economia a basse emissioni di carbonio) entro il 2050.

Il meccanismo di governance delineato in sede UE prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima - PNIEC, che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030.

Il Governo Italiano ha inviato il proprio PNIEC per gli anni 2021-2030 alle Istituzioni europee a gennaio 2020.

Il PNIEC si prefigge come obiettivo al 2030 il conseguimento di una quota di energia da FER nei consumi finali lordi di energia (CFL) pari al 30%, con una quota di energia da FER nei consumi finali lordi di energia nei trasporti pari al 22 %. Questi target sono più ambiziosi di quelli delineati nella Direttiva. Si ricorda, infatti, che l’articolo 25 della Direttiva dispone che ogni Stato membro fissi un obbligo in capo ai fornitori di carburante per assicurare che entro il 2030 la quota di energia da fonti rinnovabili sia almeno il 14% del consumo finale di energia nel settore (quota minima), in conformità di una traiettoria indicativa stabilita dallo Stato membro stesso e calcolata secondo una specifica metodologia (cfr. artt. 26 e 27 della Direttiva).

A livello legislativo interno, sono poi in corso di recepimento le Direttive europee del cd. Winter package.

È attualmente all’esame del Parlamento il disegno di legge di delegazione europea (A.C.2757), che reca la norma di delega (art. 5) per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.

A gennaio 2020, con la comunicazione sul Green Deal (COM(2019)640), la Commissione UE ha delineato una roadmap volta a rafforzare l'ecosostenibilità dell'economia dell'Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e interessano prevalentemente l'energia, l'industria (inclusa quella edilizia), la mobilità e l'agricoltura. Il Green Deal intende, in sostanza, superare quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l'energia, che dovrà conseguentemente essere rivisto.

Sull'attuazione del Green deal europeo e sulle risorse finanziarie destinate a realizzarlo, ha inciso la crisi pandemica e la necessità dell'UE di predisporre un piano di ripresa dell'economia europea per far fronte ai danni economici e sociali causati dall'epidemia. Le risorse per l'attuazione del Green deal rientrano nel Piano finanziario per la ripresa e la resilienza, costituendone una delle priorità: sostenere la transizione verde e digitale e promuovere una crescita sostenibile. I progetti e le iniziative nell'ambito dei Programmi nazionali di ripresa e resilienza dovranno dunque essere conformi alle priorità di policy legate alle transizioni verde e digitale, oltre che coerenti con i contenuti del Piano energia e clima (PNIEC). Per una compiuta illustrazione della materia, si rinvia al tema della attività parlamentare Governance europea e nazionale su energia e clima.

 

Per quanto riguarda la “chimica verde”, si tratta di una nozione che rientra nelle politiche per lo sviluppo sostenibile e in particolare dell’economia circolare, proponendosi – tra l’altro, l’utilizzo di residui e rifiuti come materie prime rinnovabili. Nel 2017, secondo quanto riportato in uno studio di  ENEA, in Italia le attività connesse alla bioeconomia “hanno fatturato oltre 312 miliardi di euro e impiegato circa 1,9 milioni di persone, rappresentando il 19,5% del PIL nazionale e l’8,2% degli occupati”.

Per definire la “chimica verde” si fa ricorso a “12 principi”:

Prevenire gli sprechi: progettare sintesi chimiche per evitare sprechi. Non lasciare rifiuti da trattare o pulire.

Massimizzare l’economia atomica: progettare sintesi in modo che il prodotto finale contenga la percentuale massima dei materiali di partenza. Pochi o nessun atomo vengono sprecati.

Progettare sintesi chimiche meno pericolose: progettare sintesi che utilizzino o generino sostanze con tossicità minima o nulla per l’uomo o l’ambiente.

Progettare prodotti chimici più sicuri: progettare prodotti chimici che siano completamente efficaci ma che abbiano una tossicità minima o nulla.

Utilizzare solventi e condizioni di reazione più sicure: evitare l’uso di solventi, agenti di separazione o altri prodotti chimici ausiliari. Se è necessario utilizzare questi prodotti chimici, utilizzare quelli più sicuri.

Aumentare l’efficienza energetica: eseguire reazioni chimiche a temperatura ambiente e pressione quando possibile.

Utilizzare materie prime rinnovabili: utilizzare materiali di partenza che siano rinnovabili anziché esauribili. Le fonti di materie prime rinnovabili sono spesso prodotti agricoli o rifiuti di altri processi; le fonti di materie prime esauribili sono spesso combustibili fossili (petrolio, gas naturale o carbone) o attività minerarie.

Evitare i derivati chimici: evitare l’uso di gruppi protettori o eventuali modifiche temporanee, se possibile. I derivati utilizzano reagenti aggiuntivi e generano rifiuti.

Usare catalizzatori, non reagenti stechiometrici: ridurre al minimo gli scarti utilizzando reazioni catalitiche. I catalizzatori sono efficaci in piccole quantità e possono eseguire una singola reazione molte volte. Sono preferibili ai reagenti stechiometrici, che sono usati in eccesso e svolgono una reazione solo una volta.

Design di prodotti chimici da degradare dopo l’uso: progettare prodotti chimici che riducano le sostanze non innocue dopo l’uso in modo che non si accumulino nell’ambiente.

Analizzare in tempo reale per prevenire l’inquinamento: includere il monitoraggio e il controllo in-process, in tempo reale durante le sintesi per minimizzare o eliminare la formazione di sottoprodotti.

Ridurre al minimo il rischio di incidenti: progettare prodotti chimici e le loro forme fisiche (solide, liquide o gassose) per minimizzare il potenziale di incidenti chimici tra cui esplosioni, incendi e rilasci nell’ambiente.


Comma 127
(Rifinanziamento agevolazioni sotto forma di finanziamenti a favore di imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata)

 

 

Il comma 127 - non modificato dalla Camera - incrementa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 l’autorizzazione di spesa - introdotta dalla legge di stabilità 2016 - relativa al supporto alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, al fine di assicurare il sostegno alle predette aziende.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 195, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018, al fine di assicurare alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata: la continuità del credito bancario e l’accesso al medesimo; il sostegno agli investimenti e agli oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale; la tutela dei livelli occupazionali; la promozione di misure di emersione del lavoro irregolare; la tutela della salute e della sicurezza del lavoro; il sostegno ad alcune tipologie di cooperative di alcune imprese affittuarie o cessionarie dei beni sequestrati o confiscati. Il supporto ha luogo nell’ambito dei procedimenti penali per una serie di gravi delitti e in procedimenti di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.

L'art. 1, co. 612, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha incrementato la predetta autorizzazione di spesa di ulteriori 10 milioni di euro per il 2019.

Ai sensi del comma 196, i dieci milioni di euro complessivamente stanziati per ciascun anno del triennio 2016-2018 confluiscono direttamente:

nella misura di 3 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (art. 2, co. 100, lett. a), della L. 662/1996), destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate al comma 195, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali di quelle sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata;

nella misura di 7 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, per l'erogazione di finanziamenti agevolati di importo non superiore a due milioni di euro e di durata non superiore a quindici anni comprensivi di cinque anni di preammortamento, in favore delle medesime imprese.

 

L'incremento confluisce in un’apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile (articolo 23 del D.L. n. 8372012 - L. n. 134/2012), per l’erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle imprese di cui al comma 195 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015.

Si veda la Deliberazione 1° marzo 2019, n. 3/2019/G della Corte dei conti, 93-94.

 


Commi 128-129
(Istituzione del Fondo per lo sviluppo ed il sostegno
delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura)

 

 

I commi 128 e 129 istituiscono, nello stato di previsione del MIPAAF, il "Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura", con una dotazione pari a 150 milioni di euro per l’anno 2021. Un decreto ministeriale definisce i criteri e le modalità di attuazione del Fondo.

 

Ciò viene disposto al fine di garantire lo sviluppo ed il sostegno del settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura (comma 128). Come anticipato, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio, con uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del Fondo (comma 129).

 

Si ricorda, al proposito, che il decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto Rilancio (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020) ha incrementato di 5 milioni di euro per il 2020 la dotazione finanziaria del Fondo per la competitività delle filiere agricole, istituito dall'art. 1, comma 507, della legge n. 160 del 2019 (con una dotazione  finanziaria iniziale di 15 milioni di euro per l'anno 2020 e di 14,5 milioni  di euro per l'anno 2021), con la finalità di sostenere il settore agricolo e agroalimentare, anche attraverso l'erogazione di contributi a fondo perduto alle imprese (art. 31, comma 3-bis). Il medesimo provvedimento, all’art. 222, che reca “Disposizioni a sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura", prevede i seguenti interventi: a) al comma 2 l'esonero dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2020 dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per alcuni comparti agricoli (agrituristico, apistico, brassicolo, cerealicolo, florovivaistico, vitivinicolo, dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura). In attuazione della predetta disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 15 settembre 2020; b) al comma 3, l'istituzione «Fondo emergenziale per le filiere in crisi» di 90 milioni di euro per il 2020, a favore delle filiere in crisi del settore zootecnico. I criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del Fondo sono stati stabiliti dal decreto ministeriale 23 luglio 2020, modificato dal decreto ministeriale 11 settembre 2020; c) al comma 4, il finanziamento di 30 milioni di euro per il 2020 a favore di ISMEA, per la concessione di c.d. cambiale agraria;  d) al comma 5, l'aumento di 30 milioni di euro per il 2020 della dotazione del Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori, per il ristoro dai danni prodotti dalla cimice asiatica; e) al comma 6, la concessione di un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 100 mila euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per lo sviluppo di processi produttivi innovativi, mantenendo il limite di spesa di 1 milione di euro per il 2020, già previsto a legislazione vigente; f)  al comma 7, la previsione di 20 milioni di euro, per il 2020, per le imprese della pesca e dell'acquacoltura (sostituendo, con questa misura, il Fondo di 100 milioni di euro, per il 2020, previsto dal decreto-legge Cura Italia, all'art. 78, comma 2, destinato, inizialmente, alla copertura degli interessi su finanziamenti bancari e sui mutui contratti dalle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura); g) al comma 8, il riconoscimento di un'indennità di 950 euro, per il mese di maggio 2020, ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca, nel limite di spesa di 3,8 milioni di euro per il 2020.

 

In seguito, il decreto-legge n. 104 del 2020, cosiddetto decreto Agosto (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020), all’art. 58, commi 1-11, ha istituito - presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - il Fondo per la filiera della ristorazione, dotandolo inizialmente di 600 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Ciò al fine di erogare un contributo a fondo perduto a favore degli operatori della ristorazione che abbiano subito una determinata perdita di fatturato. Le risorse finanziarie attribuite al Fondo sono a favore delle imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.11 (ristorazione con somministrazione), 56.29.10 (mense) e 56.29.20 (catering continuativo su base contrattuale), già in attività alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, per aver sostenuto l'acquisto di prodotti, inclusi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche DOP e IGP, valorizzando la materia prima di territorio. Durante l'esame del provvedimento presso il Senato sono state aggiunte, a tale elenco, le imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.12 (attività di ristorazione connesse alle aziende agricole), 56.21.00 (catering per eventi, banqueting) e, limitatamente alle attività autorizzate alla somministrazione di cibo, 55.10.00 (alberghi). Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi d'intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso (avvenuta il 15 agosto 2020), stabilisce i criteri, le modalità di erogazione e l'ammontare del contributo (art. 58, commi 1-11). È stato quindi emanato il decreto ministeriale 27 ottobre 2020, recante "Criteri e modalità di gestione del Fondo per la filiera della ristorazione istituito ai sensi dell'articolo 58 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2020).

 

Da ultimo, il decreto-legge n. 137 del 2020, cosiddetto Ristori 1, aveva introdotto, all’art. 7, nel limite complessivo di 100 milioni di euro per l'anno 2020, contributi a fondo perduto a favore delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura operanti nei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte - per contenere la diffusione dell'epidemia "Covid-19" - dal DPCM 24 ottobre 2020. Tale articolo è stato soppresso dall’art. 21 del decreto-legge n. 149 del 2020, cosiddetto Ristori 2 (il cui testo è stato fatto confluire in quello del precedente decreto-legge n. 137 del 2020, in sede di conversione di quest’ultimo). Il sopra citato art. 21, contestualmente, ha utilizzato le risorse di 100 milioni di euro per il 2020 rivenienti da tale abrogazione, per finanziare - in parte - l’esonero contributivo a favore delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, disposto dal medesimo articolo per il periodo retributivo del mese di dicembre 2020.

 

Lo stesso decreto-legge n. 137 del 2020 (Ristori 1), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020 – nel recepire, nel corso del suo esame presso il Senato, quanto disposto dall’art. 21 del successivo decreto-legge n. 157 del 2020 (Ristori 4) - ha rideterminato la dotazione del citato Fondo per la filiera della ristorazione, attraverso l'attribuzione di risorse per 250 milioni di euro per il 2020 e 200 milioni di euro per il 2021 (a fronte di quelle previste in precedenza dall'art. 58 del decreto-legge n. 104 del 2020, pari a 600 milioni di euro per il 2020), nonché ha individuato, mediante l'integrazione dell'elenco dei codici ATECO, ulteriori attività - come quelle di alloggio connesse alle aziende agricole e di ittiturismo - per le quali si può accedere alle risorse del predetto Fondo (art. 31-decies).


Comma 130
(Ristoro aziende agricole)

 

 

Il comma 130, introdotto durante l’esame parlamentare, incrementa di 70 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, per assicurare un adeguato ristoro alle aziende agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche e fitosanitarie verificatesi a partire dal 1° gennaio 2019.

 

Si ricorda che – ai sensi dell’art. 15, comma 2, del decreto legislativo n. 102 del 2004, il Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori è iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (cap. 7411) e riguarda il finanziamento di interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da eventi calamitosi nei limiti previsti dalla normativa comunitaria nonché di interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole. Nel presente disegno di legge di bilancio 2021, il relativo capitolo 7411 del MIPAAF presenta risorse per tale anno, sia in conto competenza che in conto cassa, per 20 milioni di euro.


Comma 131
(E
-commerce delle imprese agricole)

 

 

Il comma 131, introdotto durante l'esame parlamentare, estende il credito d'imposta del 40 per cento previsto per il sostegno del made in Italy alle reti di imprese agricole e agroalimentari, anche costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi o parte delle strade del vino, per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico.

 

Preliminarmente si ricorda che l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, in materia di interventi per il sostegno del Made in Italy, ha riconosciuto alle imprese che producono prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, nonché alle piccole e medie imprese che producono prodotti agroalimentari, della pesca e dell'acquacoltura, anche se costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi, un credito d'imposta nella misura del 40 per cento delle spese per nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, nonché per la cooperazione di filiera.

 

Il comma 131 stabilisce che il sopra citato credito d'imposta al 40 per cento è esteso, per i periodi d'imposta dal 2021 al 2023, alle reti di imprese agricole e agroalimentari, anche costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi, o aderenti ai disciplinari delle strade del vino (articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 1999, n. 268), per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico.

 

Si ricorda che la legge n. 268 del 1999 disciplina le cosiddette strade del vino, prevedendo gli strumenti di organizzazione, gestione e fruizione di tali strade, i requisiti del disciplinare (poi determinati con il decreto ministeriale 12 luglio 2000), le agevolazioni e i contributi finanziari.

 

In particolare, tali interventi devono essere volti:

§  al miglioramento delle potenzialità di vendita a distanza a clienti residenti fuori del territorio nazionale;

§  alla creazione, ove occorra, di depositi fiscali virtuali nei Paesi esteri;

§  a favorire la stipula di accordi con gli spedizionieri doganali, anche ai fini dell'assolvimento degli oneri fiscali e per le attività e i progetti legati all'incremento delle esportazioni.

 

Con una modifica introdotta a seguito del rinvio del disegno di legge in Commissione Bilancio alla Camera, la norma specifica che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, al fine del rispetto del limite di spesa.

 

L’ultimo periodo del comma stabilisce che agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione della norma si provvede nel limite di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.


Commi 132-133
(Stabilizzazione personale CREA e indennità personale ICQRF)

 

 

Il comma 132 - introdotto dalla Camera dei deputati - incrementa di 5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2021, lo stanziamento destinato alla stabilizzazione del personale precario del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA). Il comma 133 – anch’esso introdotto dalla Camera - aumenta di 1,5 milioni di euro lo stanziamento, per il 2021, destinato all’incremento di indennità per il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).

 

 

Nel dettaglio, il comma 132 modifica l’articolo 1, comma 673, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), così come modificato dall’art. 1, comma 467 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), che ha previsto un piano di stabilizzazione del personale del CREA, autorizzando, a tal fine, la spesa di 10 milioni di euro per il 2018, di 15 milioni di euro per il 2019 e di 22,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020.

La disposizione in commento, nel mantenere uno stanziamento per la suddetta stabilizzazione di 22,5 milioni di euro per l’anno 2020, ha previsto che lo stesso sia di complessivi 27,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021 (con un incremento, quindi, di 5 milioni di euro annui a decorrere da tale anno).

 

Il comma 133, poi, modifica l'articolo 78, comma 3-bis, del decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020), incrementando di 1,5 milioni di euro lo stanziamento, per il 2021, destinato all’incremento di indennità per il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) ivi previsto, portandolo a complessivi 2 milioni di euro per tale anno.

Si ricorda che l’incremento iniziale di tali indennità per il personale ICQRF è stato determinato nella misura di 2 milioni di euro per il 2020 e di 0,5 milioni di euro per il 2021.


Commi 134 e 135
(Aiuti per lo stoccaggio di vini di qualità)

 

 

I commi 134 e 135 - inseriti dalla Camera dei deputati - istituiscono, nello stato di previsione del MIPAAF, un Fondo per lo stoccaggio privato dei vini a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) e a indicazione geografica tipica (IGT), certificati - o atti a divenire tali - e conservati in impianti situati nel territorio nazionale, con una dotazione pari a 10 milioni di euro per l’anno 2021.

 

Ciò viene disposto al fine di assicurare un sostegno per la ripresa del settore vitivinicolo a fronte delle perdite subite a causa della diffusione dell’epidemia da Covid -19 (comma 134).

 

Il comma 135 prevede che la definizione dei criteri e delle modalità di utilizzazione del suddetto Fondo siano demandate ad un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia alla sezione web sul testo unico sul vino del Servizio studi della Camera dei deputati.


Commi 136 e 137
(Misure per il sostegno del settore suinicolo)

 

 

I commi 136 e 137 - introdotti dalla Camera dei deputati - rifinanziano il Fondo nazionale per la suinicoltura, nella misura di 10 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di sostenere e rilanciare la filiera suinicola nazionale.

 

In proposito, si ricorda che il Fondo nazionale per la suinicoltura è stato istituito - nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - dal decreto legge 27 marzo 2019, n. 27, come convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, con una dotazione iniziale di 1 milione di euro per l’anno 2019 e di 4 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il citato comma 136 integra - alla lettera b) - le finalità del suddetto Fondo, prevedendo che le stesse siano volte anche a contribuire alla realizzazione di progetti o investimenti finalizzati a migliorare la misurabilità e l’accrescimento delle condizioni di sostenibilità nelle aziende zootecniche, di produzione e di trasformazione di carne.

 

 Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 11-bis del citato decreto legge n. 27 del 2019, specifica che le risorse del Fondo nazionale per la suinicoltura sono destinate a interventi volti a fare fronte alla perdita di reddito degli allevatori di suini, a garantire la massima trasparenza nella determinazione dei prezzi indicativi da parte delle commissioni uniche nazionali del settore suinicolo, a rafforzare i rapporti di filiera nel medesimo settore, a potenziare le attività di informazione e di promozione dei prodotti suinicoli presso i consumatori, a migliorare la qualità dei medesimi prodotti e il benessere animale nei relativi allevamenti, nonché a promuovere l'innovazione, anche attraverso il sostegno dei contratti di filiera e delle organizzazioni interprofessionali nel predetto settore.

 

Il comma 137 prevede che le suddette misure di sostegno del Fondo suinicolo siano concesse nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato.

 

Si ricorda, al riguardo, che il sopra citato art. 11-bis del decreto legge n. 27 del 2019, stabilisce, al comma 3, che gli interventi finanziati con le risorse del Fondo nazionale per la suinicoltura devono soddisfare le disposizioni stabilite dai regolamenti (UE) n. 1407/2013 n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, concernenti l’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, relativi, rispettivamente, agli aiuti de minimis e agli aiuti de minimis nel settore agricolo.

Inoltre, è stata adottato dalla Commissione europea, il 19 marzo 2020, il Quadro temporaneo degli aiuti di Stato in tempo di Covid-19, per mezzo della Comunicazione 1863/2020, nel suo testo consolidato al 13 ottobre 2020.

 

Di recente, è stato emanato il decreto ministeriale 19 maggio 2020 recante "Definizione dell'importo totale degli aiuti de minimis concessi ad una impresa unica e ripartizione fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano dell'importo cumulativo massimo degli aiuti de minimis concessi alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli".

 

Si segnala, infine, che in materia suinicola è stato emanato il decreto ministeriale 6 agosto 2020, recante "Disposizioni per l'indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell'etichetta delle carni suine trasformate", composto di 7 articoli, predisposto in attuazione dell'articolo 4 della legge n. 4 del 2011, le cui disposizioni si applicano in via sperimentale fino al 31 dicembre 2021.


Comma 138
(Fondo per la tutela e il rilancio di filiere agricole)

 

 

Il comma 138 – introdotto dalla Camera dei deputati - istituisce, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un Fondo per la tutela ed il rilancio delle filiere apistica, brassicola, della canapa e della frutta a guscio, con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2021. La definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del suddetto Fondo è demandata ad un decreto ministeriale.

 

 

Nel dettaglio, il comma 138 prevede che, nello stato di previsione del MIPAAF, sia istituito un fondo per la tutela e il rilancio delle filiere apistica, brassicola (cioè relativa alla birra), della canapa e della frutta a guscio, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021.

 

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, sono definiti i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del fondo di cui sopra.

 

 

In relazione alla recente disciplina legislativa che riguarda le suddette filiere, si ricorda che il cosiddetto “collegato agricolo” (legge n. 154 del 2016) è intervenuto in materia di:

- apicoltura, introducendo sanzioni in caso di mancata iscrizione all'Anagrafe apistica, autorizzando la distribuzione di presidi sanitari agli apicoltori da parte delle organizzazioni di rappresentanza, permettendo agli apicoltori colpiti dal parassita Aethina tumida di reintrodurre nella zona di protezione lo stesso numero di alveari perduti, purchè provenienti da allevamenti dichiarati indenni dalla presenza del parassita (art. 34);

- birra, definendo cosa si intenda per birra artigianale (art. 35) e favorendo la filiera del luppolo (art. 36).

 

Per quanto concerne la canapa si segnala la legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante "Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa".

 

La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha poi previsto che, al fine di promuovere l'apicoltura, quale strumento di tutela della biodiversità e di integrazione del reddito nelle aree montane, non concorrano alla formazione della base imponibile, ai fini IRPEF, i proventi dell'apicoltura condotta da apicoltori con meno di venti alveari e ricadenti nei comuni classificati come montani (art. 1, comma 511).

Ha, inoltre, rideterminato l'aliquota di accisa sulla birra in 3,00 euro per ettolitro e per grado-Plato a decorrere dal 1° gennaio 2019 (art. 1, comma 514).

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha stanziato 1 milione di euro, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per la realizzazione di progetti nel settore apistico, finalizzati al sostegno di produzioni e allevamenti di particolare rilievo ambientale, economico, sociale e occupazionale (art. 1, comma 672).

Ha poi disposto la riduzione dell'accisa sulla birra da 3 euro a 2,99 euro per ettolitro e grado-Plato, e previsto, per i birrifici artigianali di minore dimensione (ossia quelli con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri) di poter considerare accertato il prodotto finito a conclusione e non a monte delle operazioni, nonché la riduzione di un ulteriore 40 per cento dell'accisa – così come rideterminata - per la birra prodotta (art. 1, commi 689-691);

 

Successivamente, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del MIPAAF, del Fondo per la competitività delle filiere agricole, finalizzato a sostenere lo sviluppo e gli investimenti delle filiere, con una dotazione finanziaria iniziale di 15 milioni di euro per il 2020 e 14,5 milioni di euro per il 2021 (art. 1, comma 507). Il decreto ministeriale 3 aprile 2020 ha definito i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del predetto Fondo.

 

 

 

 

 

 

 


Commi 139-143
(Monitoraggio della produzione cerealicola e dell’acquisto di cereali e sfarinati a base di cereali)

 

 

I commi 139-143- introdotti dalla Camera - prevedono, a carico di chiunque detenga a qualsiasi titolo cereali e farine di cereali, l’obbligo di registrare su un apposito registro elettronico, istituito nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), tutte le operazioni di carico e scarico, nel caso in cui la quantità del singolo prodotto superi le 5 tonnellate annue. Le modalità di applicazione della disposizione in esame -– per le quali sono previsti oneri per 1 milione di euro per l’anno 2021 - sono demandate ad un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio. È prevista l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie nei casi di mancata istituzione del registro sopra ricordato e di mancato rispetto delle modalità di tenuta telematica dello stesso registro. L’autorità competente per l’irrogazione delle suddette sanzioni è individuata nel Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del MIPAAF.

 

 

Il comma 139 prevede che chiunque detenga, a qualsiasi titolo, cereali e farine di cereali, è tenuto a registrare, in un apposito registro telematico istituito nell’ambito dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), tutte le operazioni di carico e scarico, se la quantità del singolo prodotto supera le 5 tonnellate annue. Lo scopo è quello di consentire un accurato monitoraggio delle produzioni cerealicole presenti sul territorio nazionale, anche in funzione del raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 39 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

L'articolo 39 qui evocato prevede che le finalità della politica agricola comune sono: a) incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera; b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell'agricoltura; c) stabilizzare i mercati;

d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.

Nell'elaborazione della politica agricola comune e dei metodi speciali che questa può implicare, si dovrà considerare: a) il carattere particolare dell'attività agricola che deriva dalla struttura sociale dell'agricoltura e dalle disparità strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole; b) la necessità di operare gradatamente gli opportuni adattamenti; c) il fatto che, negli Stati membri, l'agricoltura costituisce un settore intimamente connesso all'insieme dell'economia.

 

Il comma 140 prevede che le operazioni di carico e scarico per vendita o trasformazione di cereali e di sfarinati a base di cereali, di provenienza nazionale e unionale ovvero importate da Paesi terzi, devono essere registrate nel supporto telematico da istituire nell'ambito dei servizi del SIAN, entro sette giorni lavorativi dall’effettuazione delle operazioni stesse.

Il comma 141 demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la definizione delle modalità di applicazione dei commi in esame, per il quale sono previsti oneri pari a 1 milione di euro per il solo anno 2021.

Il comma 142 punisce chiunque, essendovi obbligato, non istituisce il registro telematico con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 20.000; si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro a chiunque non rispetti le modalità di tenuta telematica del predetto registro stabilite con il decreto di attuazione. Nel caso in cui le violazioni riguardino quantitativi di cereali o farine di cereali non registrati superiori a 50 tonnellate, si applica la sanzione accessoria della chiusura dello stabilimento da sette a trenta giorni. Il dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del MIPAAF è designato quale autorità competente alla irrogazione delle suddette sanzioni amministrative pecuniarie.

Il comma 143 prevede che all’attuazione dei commi da 139 a 142 il MIPAAF provvede con le risorse umane disponibili a legislazione vigente.

 


Commi 144-145
(Promozione dei marchi collettivi e di certificazione all’estero)

 

 

Il comma 144 - modificato dalla Camera - abroga l’agevolazione in favore dei consorzi nazionali e delle organizzazioni collettive delle imprese operanti nei mercati esteri per le spese per la tutela legale dei prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian sounding. Correlativamente, prevede che l’agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi o di certificazione volontari italiani, da parte di associazioni rappresentative di categoria nonché, come prevede un'integrazione introdotta dalla Camera, - di consorzi di tutela delle DOP, delle IGP e delle attestazioni di specificità e di altri organismi di tipo associativo o cooperativo, sia concessa nella misura massima di euro 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 2,5 milioni a decorrere dal 2021. La disciplina in vigore prevede che il MISE conceda tale agevolazione "nella misura massima di 1 milione di euro per anno". Il comma 145 - introdotto dalla Camera - incrementa di 145 milioni di euro per il 2021 l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la promozione integrata sui mercati esteri, per l’erogazione di cofinanziamenti a fondo perduto alle imprese esportatrici che ottengono finanziamenti agevolati a valere sul Fondo 394/1981.

 

A tal fine, il comma 144 novella variamente l’articolo 32 del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019):

a)   i commi da 1 a 3 sono abrogati;

 

I commi 1-3 che qui si abrogano hanno introdotto un’agevolazione in favore dei consorzi nazionali e delle organizzazioni collettive delle imprese operanti nei mercati esteri per le spese per la tutela legale dei prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian sounding. Contestualmente, la definizione di pratiche integranti il fenomeno dell’Italian sounding è stata inserita nel Codice della proprietà industriale, dal successivo comma 5 dell’articolo.

Nel dettaglio, il comma 1 ha riconosciuto ai consorzi nazionali che operano nei mercati esteri un’agevolazione pari al 50 percento delle spese sostenute:

per la tutela legale dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding, la cui definizione viene introdotta nell’articolo 144 del Codice della proprietà industriale (CPI - d.lgs n. 10 febbraio 2005, n. 30) dal successivo comma 5, nonché

per la realizzazione di campagne informative e di comunicazione finalizzate a consentire l'immediata identificazione del prodotto italiano rispetto ad altri prodotti.

La misura è finalizzata ad assicurare la tutela del made in Italy, compresi i prodotti agroalimentari, nei mercati esteri.

L’articolo 144 CPI - che apre la Sezione II del Capo III del Codice, contenente misure di tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale contro la pirateria (artt. da 144 a 146) – qualifica, al comma 1, come atti di pirateria le contraffazioni e le usurpazioni di altrui diritti di proprietà industriale, realizzate dolosamente in modo sistematico.

Il comma 5 ha aggiunto un nuovo comma 1-bis all’articolo 144 CPI volto a definire - agli effetti delle norme contenute nella Sezione II del Capo III del Codice, della quale appunto l’articolo in questione fa parte - come pratiche di Italian Sounding le pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell'origine italiana di prodotti.

L’agevolazione riconosciuta dal comma 1 - pari al 50 per cento delle spese legali sostenute - è stata concessa fino ad un importo massimo annuale per soggetto beneficiario di 30 mila euro. La misura opera comunque entro il limite annuo di spesa - 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 - autorizzato dal successivo comma 3.

Si ricorda in proposito, che il D.L. 83/2012 (convertito, con modificazioni, in legge n. 134/2012) ha disciplinato i consorzi per l’internazionalizzazione. Ai sensi del comma 5 dell’articolo 42 del predetto D.L., i consorzi per l'internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi, agroalimentari, agricole e ittiche aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale.

Il comma 2 ha demandato ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico - da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, la definizione delle disposizioni di attuazione, inclusa l’indicazione delle spese ammissibili, le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione delle agevolazioni fruite indebitamente.

Il decreto avrebbe dovuto adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019.

 

b)       si specifica - mediante novella ai commi 12 e 15 - che l’agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi o di certificazione volontari italiani, da parte di associazioni rappresentative di categoria nonché - secondo una integrazione introdotta dalla Camera - di consorzi di tutela delle DOP, delle IGP e delle attestazioni di specificità di cui all’articolo 14 della L. n. 526/1999 (recte di cui all'articolo 53 della L. 128/1998), e di altri organismi di tipo associativo o cooperativo, è concessa nella misura massima di euro 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 2,5 milioni a decorrere dal 2021.

 

La disciplina in vigore prevede che il Ministero dello sviluppo economico conceda tale agevolazione "nella misura massima 1 milione di euro per anno".

 

Il comma 145 - introdotto dalla Camera - incrementa di 145 milioni di euro per il 2021 l’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 72, comma 1, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020; c.d. decreto "Cura Italia"), e connette l'incremento delle risorse alle finalità di cui alla lettera d) del medesimo comma 1.

 

Il Fondo di cui all'art. 2 del D.L. n. 251 del 1981 (Fondo 394/81) è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019. Il Fondo è gestito da SIMEST, sulla base di apposita convenzione stipulata con il Ministero dello sviluppo economico. Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del D.L. 112/2008.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis).

Le iniziative ammissibili ai benefici del Fondo sono:

a)    la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)   studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)    altri interventi prioritari.

Per le predette iniziative è utilizzato il Fondo Legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

L'articolo 1, comma 270, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo (cfr. D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato).

 

L'art. 72 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha istituito nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il fondo da ripartire denominato "Fondo per la promozione integrata", con una dotazione iniziale di 400 milioni di euro per l'anno 2020, volto alla realizzazione delle seguenti iniziative: a) realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l'internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall'emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, anche avvalendosi di ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane; b) potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese realizzate, anche mediante la rete all'estero, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e da ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane; c) cofinanziamento di iniziative di promozione dirette a mercati esteri realizzate da altre amministrazioni pubbliche, mediante la stipula di apposite convenzioni; d) concessione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi a valere sul fondo rotativo ai sensi dell'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981), secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato agevolazioni competente per il fondo rotativo di cui all'articolo 2 del D.L. n. 251/1981 e per il Fondo rotativo per la concessione di contributi agli interessi di cui all'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295. I cofinanziamenti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato.

 

L'art. 48, comma 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha rifinanziato il Fondo Legge n. 394/1981 di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (lett. a)).

Il comma ha autorizzato l’Amministratore del Fondo (il Comitato agevolazioni) ad elevare, in conformità alla normativa europea in materia di aiuti di Stato, fino al doppio, i limiti massimi dei finanziamenti agevolati a valere sul Fondo stesso. La previsione si applica alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. b)).

Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo, nonché i cofinanziamenti e le garanzie concessi sulle operazioni del medesimo Fondo – ai sensi dell’art. 72, comma 1, lett. d) del D.L. n. 18/2020 - con le risorse del Fondo per la promozione integrata, possono eccedere gli importi massimi previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis, fermi restando gli obblighi di notifica alla Commissione europea (lett. c)).

Si osserva in proposito che il Fondo per la promozione integrata di cui all’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 interviene esclusivamente, ai sensi del comma 1, lett. d) del medesimo articolo, cofinanziando i finanziamenti concessi alle imprese dal Fondo Legge n. 394, non prestando garanzie.

Ai sensi della lettera d) del comma 2, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo Legge n. 394/1981 sono esentati, a domanda del richiedente, dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina. La previsione si applica anch’essa alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021.

Nella seduta n. 11 di martedì 24 novembre 2020 dinanzi alla III Commissione della Camera, si è svolta l'audizione del Presidente e dell'Amministratore Delegato di SIMEST, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle dinamiche del commercio internazionale e interesse nazionale. In tale sede, è emerso che la SIMEST ha sospeso temporaneamente la ricezione delle domande, per esaurimento dei fondi disponibili, il 21 ottobre 2020, «con il volume di richieste pervenute ben al di sopra delle risorse stanziate – 4 miliardi contro 1,3 di disponibilità». «Le richieste pervenute a partire dalla cut-off date del 17 settembre al momento sono sprovviste di copertura finanziaria. La manovra approvata il 16 novembre dal Consiglio dei Ministri prevede per il 2021 un rifinanziamento di circa 1,4 miliardi di euro, che però sarà appena sufficiente a coprire le domande in eccesso giunte nel 2020».


Commi 146-152
(Piani di sviluppo per gli investimenti nelle aree dismesse)

 

 

I commi 146-152 prevedono la possibilità di definire piani di sviluppo per il finanziamento degli interventi necessari alla rigenerazione e riqualificazione di aree dismesse, nonché di infrastrutture e di beni immobili in disuso appartenenti alle amministrazioni pubbliche. Per il finanziamento dei piani è istituito nello stato di previsione del MEF un apposito fondo, con una dotazione di 36 milioni di euro per il 2021, 72 milioni per il 2022, 147 milioni per il 2023. Il compito di coordinare e supportare le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, coinvolte nella predisposizione e nella definizione dei piani di sviluppo e di proporre la graduatoria dei piani ai fini dell’accesso al finanziamento da parte del fondo è assegnato alla struttura di missione Investitalia. Specifiche disposizioni sono finalizzate a favorire lo sviluppo di iniziative di partenariato pubblico-privato.

 

Il comma 146 prevede che per favorire l'attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo nelle aree dismesse o in disuso, delle infrastrutture e dei beni immobili in disuso appartenenti alle amministrazioni pubbliche, possono essere definiti piani di sviluppo per il finanziamento degli interventi necessari alla rigenerazione, riqualificazione e infrastrutturazione, nonché per l’attrazione di investimenti privati per il rilancio economico.

 

Il comma 147 prevede che il compito di coordinare e supportare le amministrazioni centrali e locali coinvolte nella predisposizione e nella definizione dei piani di sviluppo, nonché di proporre l’elenco annuale delle proposte di piani secondo un ordine di graduatoria ai fini dell’accesso al finanziamento del Fondo di cui al comma 5, è assegnato alla struttura di missione InvestItalia.

 

La Struttura di missione InvestItalia, istituita dall’articolo 1, comma 179, della legge n.145 del 2018 (legge di bilancio 2019) e con il DPCM del 15 febbraio 2019 (e confermata con DPCM 15 ottobre 2019), opera alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei Ministri per il coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati.

I compiti assegnati ad InvestItalia rientrano in un ampio contesto di azioni di coordinamento ed indirizzo per rendere più efficaci le politiche pubbliche finalizzate a rilanciare gli investimenti considerati leva imprescindibile per lo sviluppo sostenibile del Paese. Tali compiti includono le seguenti attività:

§  analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali;

§  valutazione delle esigenze di ammodernamento delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni;

§  verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali;

§  elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridica di progetti di investimento in collaborazione con i competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze;

§  individuazione di soluzioni operative in materia di investimento, in collaborazione con i competenti uffici dei Ministeri;

§  affiancamento delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei piani e programmi di investimento;

§  individuazione degli ostacoli e delle criticità nella realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni utili al loro superamento;

§  elaborazione di soluzioni, anche normative, per tutte le aree di intervento di cui al presente comma;

§  ogni altra attività o funzione che, in ambiti economici o giuridici, le sia demandata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

InvestItalia, per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati, si avvale di un contingente di personale di altre amministrazioni e di professionisti esterni, in qualità di esperti nei diversi settori scientifico-professionali, selezionati per competenza ed organizzati in gruppi di lavoro multidisciplinari.

La Struttura opera, inoltre, in raccordo con la cabina di regia Strategia Italia e, da aprile 2020, quale struttura di supporto alle attività del Contratto Istituzionale di Sviluppo dell’area di Taranto.

Infine, InvestItalia collabora in stretto rapporto con le istituzioni finanziarie nazionali ed europee – Cassa Depositi e Prestiti e Banca Europea per gli Investimenti - per attivare strumenti di finanziamento e assistenza tecnica utili alla programmazione e realizzazione di investimenti infrastrutturali, per la valutazione delle opportunità di utilizzo di risorse pubbliche e la promozione di investimenti privati.

 

Il comma 148 reca norme per favorire lo sviluppo del partenariato pubblico-privato. A tal fine si prevede che possono essere acquisite, nell’ambito della procedura di predisposizione dei piani, le proposte di investimento privato raccolte a seguito della pubblicazione di specifico avviso pubblico, predisposto su iniziativa dell’amministrazione titolare del bene o in risposta a specifica manifestazione di interesse. Tali proposte, inserite nei piani da sottoporre alla successiva valutazione, devono contenere il collegamento funzionale tra la rigenerazione, riqualificazione, infrastrutturazione del bene, finanziata con risorse pubbliche, e l’iniziativa economica privata derivante dall’insediamento produttivo proposto sulla medesima area, nonché il piano economico finanziario volto a dimostrare la redditività dell’investimento e la sua sostenibilità economico-finanziaria nonché a fornire gli elementi per massimizzare le ricadute economico-sociali e occupazionali sul territorio.

I contratti di partenariato pubblico privato (PPP) sono principalmente disciplinati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016). In particolare la Parte IV del Codice reca la disciplina generale di tali istituti, mentre la Parte III contiene le norme in materia di contratti di concessione di lavori e di servizi, che costituiscono le principali forme contrattuali di PPP, in attuazione della direttiva 2014/23/UE, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

Si ricorda che l’art. 180 del Codice specifica le caratteristiche del partenariato pubblico privato, prevedendo (comma 2) che nei contratti di partenariato pubblico privato i ricavi di gestione dell'operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall'ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna e che (comma 3) nel contratto di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell'opera. Il comma 8 dell’art. 180 del Codice include nella tipologia dei contratti di PPP la finanza di progetto; la finanza di progetto costituisce una delle modalità di finanziamento dei contratti di PPP le cui procedure di affidamento per le concessioni e gli altri contratti di PPP sono indicate all’art. 183.

In tale ambito, l’art. 183 del Codice dei contratti pubblici disciplina due peculiari modalità di affidamento delle concessioni di lavori e di servizi tramite finanza di progetto: a) l’affidamento di opere/servizi previsti nei documenti di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice (art. 183, commi 1-14); b) l’affidamento di opere/servizi non previsti nei documenti di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice (art. 183, comma 15).

Il comma 17-bis dell’art. 183 del Codice, introdotto dal D.L. 32/2019 (cd. sblocca cantieri), estende ora agli investitori istituzionali e agli istituti nazionali di promozione la possibilità di presentare proposte per l'affidamento di progetti di partenariato pubblico privato.  

 

Il comma 149 definisce il contenuto dei piani di sviluppo, stabilendo che essi debbano prevedere:

§  gli interventi pubblici e privati da attuare, identificati dal Codice Unico di Progetto (CUP) ai sensi dell’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n.3, nonché gli interventi di riconversione e di sviluppo economico da realizzarsi anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di ricerca specializzati;

§  il piano economico finanziario dell'investimento e il relativo cronoprogramma;

§  le risorse pubbliche e private destinate al programma;

§  le modalità per l’erogazione delle risorse pubbliche;

§  la causa di revoca dei contributi e di risoluzione dell'accordo;

§  l'individuazione dei soggetti, pubblici e privati, attuatori degli interventi, nonché degli altri soggetti coinvolti nel procedimento;

§  i tempi di realizzazione delle diverse fasi;

§  le modalità di verifica dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

 

Il comma 150 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo per l’attrazione di investimenti in aree dismesse e/o per beni dismessi, con una dotazione pari a 36 milioni di euro per il 2021, 72 milioni per il 2022, 147 milioni per il 2023.

 

Il comma 151 assegna al CIPE[33], su proposta del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alla programmazione economica e agli investimenti pubblici, sulla base dell’elenco predisposto da InvestItalia (ai sensi del comma 147), il compito di approvare le proposte di piani di sviluppo, disponendone il finanziamento nei limiti delle risorse del Fondo (di cui al comma 150). Con la medesima delibera il CIPE definisce i tempi di attuazione e i criteri di valutazione dei risultati dei singoli piani.

Il comma 152, infine, stabilisce che il monitoraggio degli interventi ricompresi nei piani di sviluppo avviene ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011.

Il D.Lgs. n. 229/2011 ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche. Il D.Lgs. 229/2011 reca "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti". In esso sono delineati specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per tutti i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche. Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto prevede obblighi informativi a carico delle amministrazioni pubbliche e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. È prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti all’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti.

Il monitoraggio ha, tra l'altro, ad oggetto "le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti in relazione allo stato di avanzamento delle opere" (art.1, comma 1, lett.a)).

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 febbraio 2013 sono stati definiti i dati relativi alle opere pubbliche costituenti il contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori devono detenere e comunicare alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).

L’art. 4 del decreto legislativo n. 229 del 2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera, mentre l'art. 5 specifica che tali informazioni, in relazione alla singola opera, devono comunque includere i seguenti dati: "data di avvio della realizzazione, localizzazione, scelta dell'offerente, soggetti correlati, quadro economico, spesa e varie fasi procedurali di attivazione della stessa, valori fisici di realizzazione previsti e realizzati, stato di avanzamento lavori, data di ultimazione delle opere, emissione del certificato di collaudo provvisorio e relativa approvazione da parte della Stazione appaltante, il codice unico di progetto e il codice identificativo di gara".

Si ricorda, inoltre, che l’art. 13 del D.L. 109/2018 ha istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche (AINOP) al fine (esplicitato nel comma 8) di garantire un costante monitoraggio dello stato e del grado di efficienza delle opere pubbliche, in particolare per i profili riguardanti la sicurezza, anche tramite le informazioni rivenienti dal Sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali previsto (in via sperimentale) dall’art. 14 del medesimo decreto.

In base a quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, nell’AINOP sono indicati, per ogni opera pubblica, tra l’altro, i costi sostenuti e da sostenere, i finanziamenti disponibili, nonché lo stato dei lavori e il monitoraggio costante dell'opera.

Sulla base dei dati forniti, l'AINOP genera un codice identificativo della singola opera pubblica (IOP), che contraddistingue e identifica in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia, la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico, realizzativi, manutentivi, conclusi o meno, che insistono in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP), di cui all'articolo 11 della legge n. 3 del 2003. L'art. 11 della legge n. 3 del 2003 prevede, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, che ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, sia dotato del CUP. Con la delibera CIPE 27 dicembre 2002, n. 143, sono state definite le modalità di attribuzione del Codice.

 


Comma 153
(Acquisto diretto immobili enti pubblici territoriali)

 

 

Il comma 153, introdotto durante l'esame parlamentare, prevede la possibilità per le regioni, i comuni e gli altri enti pubblici territoriali di procedere all'acquisto diretto di unità immobiliari appartenenti al patrimonio immobiliare dello Stato. La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia dell'entrate.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 164, comma 2-bis, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, ha interamente sostituito il comma 17-bis dell'articolo 3 (recante le modalità di cessione degli immobili pubblici oggetto di riordino, gestione e valorizzazione) del decreto-legge n. 351 del 2001.

Il comma 17, dell’articolo 3 sopra richiamato, dispone il divieto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici di acquistare beni immobili appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico. Tale divieto non si applica tuttavia agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare beni immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali degli enti stessi. Il citato comma 17-bis dispone inoltre che tale divieto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare, sulla base dei valori correnti di mercato, unità immobiliari residenziali, escluse quelle di pregio, che risultano libere, ovvero che intendono acquistare, con le diminuzioni di prezzo previste, unità immobiliari a uso residenziale poste in vendita locate ai medesimi enti pubblici territoriali al fine di fronteggiare l'emergenza abitativa o per le quali non sia stato esercitato il diritto di opzione da parte dei conduttori che si trovano nelle condizioni di disagio economico.

 

Si segnala che il nuovo testo del comma 17-bis differisce da quello previgente per le seguenti previsioni:

§  precisa che l'acquisto dovrà avvenire sulla base dei valori correnti di mercato;

§  esclude le unità immobiliari di pregio;

§  estende l'applicazione alle unità immobiliari locate ai medesimi enti territoriali al fine di fronteggiare l'emergenza abitativa;

§  non prevede più la possibilità che, ai fini dell'acquisto di immobili di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001, le regioni, i comuni e gli altri enti pubblici territoriali possano costituire società per azioni, anche con la partecipazione di azionisti privati individuati tramite procedura di evidenza pubblica.

 

Il comma in esame introduce due nuovi periodi al menzionato comma 17-bis, che stabiliscono rispettivamente che:

§  le regioni, i comuni e gli altri enti pubblici territoriali possono, per le finalità previste dall’articolo stesso, procedere all'acquisto diretto delle unità immobiliari dando notizia, sul sito istituzionale dell'ente, delle relative operazioni. Tale comunicazione contiene l’indicazione del soggetto pubblico alienante e del prezzo pattuito;

§  la congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia dell'entrate.


Comma 154
(Accordi per l’innovazione)

 

 

Il comma 154 - non modificato dalla Camera - incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2035.

 

In particolare, tale incremento viene destinato al finanziamento degli interventi di cui al DM 24 maggio 2017, pubblicato nella GU n. 192 del 18 agosto 2017, destinati allo strumento agevolativo degli accordi per l’innovazione.

 

L'art. 2 del DM citato stabilisce che lo stesso provvede a ridefinire le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° aprile 2015, a favore dei progetti di ricerca e sviluppo realizzati nell'ambito di accordi sottoscritti dal Ministero con le regioni, le province autonome, le altre amministrazioni pubbliche eventualmente interessate e i soggetti proponenti. Tali accordi, che assumono la denominazione di «Accordi per l'innovazione», devono essere diretti a sostenere, attraverso la realizzazione di uno o più progetti di cui all'art. 4, interventi di rilevante impatto tecnologico in grado di incidere sulla capacità competitiva delle imprese anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e accrescere la presenza delle imprese estere nel territorio nazionale.

L'art. 4 del DM 1° aprile 2015 prevede che le agevolazioni sono concesse nelle misure previste dall'Accordo di programma, tenuto conto delle risorse finanziarie complessivamente disponibili, e nei limiti delle intensità massime di aiuto, comprensive delle eventuali maggiorazioni, stabilite dagli articoli 4 e 25 del regolamento (UE) n. 651/2014, nella forma del finanziamento agevolato e/o del contributo diretto alla spesa. L'Accordo di programma può prevedere che la prima erogazione sia disposta a titolo di anticipazione, nel limite massimo del 30 per cento del totale delle agevolazioni concesse, in favore delle imprese di ogni dimensione, esclusivamente previa presentazione di fideiussione bancaria o polizza assicurativa.

L'art. 4 del DM 24 maggio 2017 prevede che i progetti ammissibili alle agevolazioni nell'ambito degli accordi per l'innovazione devono prevedere la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale, strettamente connesse tra di loro in relazione all'obiettivo previsto dal progetto, finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti, tramite lo sviluppo delle tecnologie identificate dal Programma quadro dell'Unione europea per la ricerca e l'innovazione 2014-2020 «Orizzonte 2020» riportate in allegato al decreto 1° giugno 2016.

Relativamente al fondo per la crescita sostenibile, di cui all'articolo 23 del D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), si veda la Deliberazione 1° marzo 2019, n. 3/2019/G della Corte dei conti, 93-94.


Comma 155
(Interventi straordinari per il potenziamento infrastrutturale delle articolazioni penitenziarie del Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 155 prevede una specifica autorizzazione di spesa per l’ampliamento e l’ammodernamento degli spazi e delle attrezzature destinate al lavoro dei detenuti, nonché per il cablaggio e la digitalizzazione degli istituti penitenziari.

 

Più nel dettaglio la disposizione, al fine di garantire la realizzazione di interventi straordinari per l’ampliamento e l’ammodernamento degli spazi e delle attrezzature destinate al lavoro dei detenuti, nonché per il cablaggio e la digitalizzazione degli istituti penitenziari, autorizza la spesa di:

§  euro 25.000.000 per l’anno 2021;

§  euro 15.000.000 per l’anno 2022 e

§  euro 10.000.000 per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.

 

L'art. 15 dell’ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975 n. 354), individua il lavoro come uno degli elementi del trattamento rieducativo stabilendo che, salvo casi di impossibilità, al condannato e all’internato è assicurata un’occupazione lavorativa. L'art. 20 della stessa legge del 1975, come modificato dal decreto legislativo n. 124 del 2018, definisce le principali caratteristiche del lavoro negli istituti penitenziari. Il lavoro penitenziario, in primo luogo, non ha carattere afflittivo. Si tratta di una previsione che ricalca i contenuti dell'art. 71 delle regole minime Onu ed è confermato dell’articolo 26,1 delle regole penitenziarie europee - adottate con la raccomandazione R 2006 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, (che considerano il lavoro elemento positivo del trattamento). Il lavoro penitenziario è inoltre remunerato. L'art. 22 O.P. sulla determinazione della remunerazione, stabilisce che la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è stabilita, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi. L'art. 25-ter O.P. sull' assistenza per l’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali prevede che l’amministrazione penitenziaria renda disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso apposite convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all’espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l’erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro. Devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale; possono essere organizzati e gestiti, all’interno e all’esterno dell’istituto, lavorazioni e servizi attraverso l’impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati; possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da enti pubblici o privati e corsi di formazione professionale organizzati e svolti da enti pubblici o privati.

 

L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale. La normativa vigente consente all’amministrazione penitenziaria di stipulare convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro a detenuti o internati.

Come si sottolinea nell'ultima relazione al Parlamento sullo svolgimento da parte dei detenuti di attività lavorative o di corsi di formazione professionale per qualifiche richieste da esigenze territoriali (anno 2019) - Doc.CXCIV, n. 2, nel corso del 2019 l'amministrazione penitenziaria ha dato ulteriore impulso alle attività propedeutiche alla realizzazione di progetti volti ad incrementare l’offerta di lavoro qualificato e la formazione professionale a favore della popolazione detenuta. In particolare nella medesima relazione si ricordano: presso l’istituto di Biella il rinnovo dell’accordo di collaborazione con l’azienda Ermenegildo Zegna per la realizzazione di divise per il personale del corpo di polizia penitenziaria; presso l’Istituto di Perugia la stipula di intese con la azienda Cucinelli per la creazione di un laboratorio di maglieria artigianale per la realizzazione di una linea produttiva dedicata al confezionamento di maglioni in dotazione sempre al corpo della polizia penitenziaria. Si sottolinea nella medesima relazione poi, che sono stati presi accordi con la regione Lombardia, il tribunale di Milano e l’archivio di Stato, nonché con la regione Toscana, il tribunale di Firenze e l’archivio di Stato di Firenze per l’ampliamento del progetto già in atto presso la casa circondariale di Roma Rebibbia per la digitalizzazione degli atti dei procedimenti penali di interesse storico abbinando a tale attività detenuti opportunamente selezionati e formati presso laboratori appositamente allestiti

 

Al fine di garantire alla popolazione detenuta l’utilizzo delle tecnologie informatiche nel pieno rispetto delle esigenze della sicurezza il Dap ha adottato la circolare 2 novembre 2015.  Tale circolare detta le linee guida sulle seguenti materie: utilizzo dei personal computer; connessione internet per motivi di studio, per la formazione e l’aggiornamento professionale; uso di Skype per facilitare i rapporti tra detenuti e familiari. La circolare disciplina l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche a sostegno dei percorsi rieducativi dei singoli detenuti e per ampliare le potenzialità dei progetti trattamentali attivati in collaborazione con il mondo dell’imprenditoria, del privato sociale e con gli Enti Locali.

La stessa circolare consente la possibilità di tenere personal computer nelle camere di pernottamento e nelle sale destinate alle attività comuni; l’accesso ad internet avverrà esclusivamente dalle postazioni attivate nelle aree adibite allo svolgimento di progetti trattamentali, quali ad esempio le biblioteche. La configurazione delle postazioni e la predisposizione delle politiche di sicurezza saranno curate a livello centrale, mentre le limitazioni poste all’infrastruttura di rete consentiranno di instradare il singolo utente esclusivamente verso i siti (white list) per i quali è stato autorizzato. Successivamente  con la circolare del 29 gennaio 2019 è stato dato ulteriore impulso all'utilizzo della piattaforma "Skype for business" per i detenuti e internati con i familiari e/o conviventi.

E' opportuno ricordare, poi, che nel tentativo di evitare o quanto meno arginare il possibile contagio da Covid-19 all’interno delle strutture penitenziarie, nella prima fase dell'emergenza, con l'emanazione del  decreto-legge n. 11 del 2020, il Governo ha disposto che, sino al 22 marzo 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone fossero svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Lo stesso provvedimento d'urgenza aveva concesso al magistrato di sorveglianza - tenuto conto delle evidenze rappresentate dall'autorità sanitaria - di sospendere, tra l'8 marzo e il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà.

Questa disciplina - che ha scatenato violente proteste negli istituti penitenziari - è stata confermata dall'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 che l'ha però accompagnata con ulteriori misure.

In primo luogo, per quanto riguarda le strutture penitenziarie, l'articolo 86 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha autorizzato la spesa 20 milioni di euro nell'anno 2020, per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari danneggiati a causa delle suddette proteste dei detenuti autorizzando, per la realizzazione dei relativi interventi, l'esecuzione dei lavori con le procedure in caso di somma urgenza. Tali risorse sono state anche destinate all'attuazione delle specifiche misure di prevenzione, relative tra l'altro agli ingressi negli istituti penitenziari e alle modalità di svolgimento dei colloqui, previste dal DPCM 8 marzo 2020 (che ha previsto che i casi sintomatici dei nuovi ingressi in carcere fossero posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, raccomandando di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare; che i colloqui visivi si svolgessero in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti; che in casi eccezionali potesse essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che fosse garantita in modo assoluto una distanza pari a due metri). Si segnalano, in questa prima fase, fra le altre, la Circolare D.A.P. 21 marzo 2020 con la quale sono state previste puntuali misure volte a consentire i colloqui detenuti con i propri familiari da remoto e la precedente Circolare D.A.P. 12 marzo 2020 con la quale sono stati consentiti colloqui a distanza per motivi di studio ed utilizzo della posta elettronica.

Nella seconda fase dell'emergenza, l'art. 221, co. 10 del D.L. n. 34 del 2020, ha previsto - fino al 31 dicembre 2020 (decreto 125 del 2020 allegato 33-bis)- con specifico riguardo ai colloqui che negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone fossero svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Si tratta di una disposizione destinata a trovare applicazione solo su richiesta dell'interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate (si veda in proposito anche la Circolare 12 maggio 2020: "Ripresa dello svolgimento dei colloqui di cui agli artt. 18 legge 354 del 1975 e 37 del D.P.R. 230 del 2000")


Comma 156
(Misure per l’inclusione sociale delle persone con disabilità)

 

 

Il comma 156, inserito nel corso dell’esame alla Camera, prevede che per garantire le attività volte all’inclusione sociale delle persone con differenti disabilità, in base agli obiettivi ed ai principi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, viene integrato di ulteriori 400.000 euro per l’anno 2021, il contributo in favore della Federazione italiana per il superamento dell’handicap Onlus.

 

 

Si tratta del contributo di cui all’articolo 1, comma 337 della legge n. 160/2019 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022). Il citato comma prevede che al fine di garantire l'attivita' di  inclusione  e  promozione sociale delle persone con disabilita' svolta dalla FISH – Federazione italiana per il superamento dell'handicap Onlus -, e' autorizzata  la spesa di 400.000 euro annui per ciascuno  degli  anni  2020,  2021  e 2022.

 

 

La Fish è una federazione di associazioni nazionali e locali nata nel 1994 che si propone di promuovere politiche di superamento dell’handicap, partendo dai principi di tutela dei diritti umani e civili delle persone con disabilità e dalle Regole standard dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Per questo i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità costituiscono una guida ideale per la Federazione e per le associazioni che vi aderiscono e che individuano nella FISH la propria voce unitaria nei confronti delle principali istituzioni del Paese.La federazione interviene per garantire la non discriminazione, la eguaglianza delle opportunità e l’integrazione sociale delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita con particolare attenzione alla condizione delle persone con disabilità complesse e al sostegno per i loro nuclei familiari.

 

Con la Legge 3 marzo 2009, n. 18 il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[34] e del relativo protocollo opzionale sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007. La Convenzione, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, rappresenta un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale in quanto strumento internazionale vincolante per gli Stati Parti.

In questa nuova prospettiva la Convenzione si inserisce nel più ampio contesto della tutela e della promozione dei diritti umani, definito in sede internazionale fin dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 e consolidatosi nel corso dei decenni, confermando in favore delle persone con disabilità i principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari opportunità e di non discriminazione.

Nei suoi principi ispiratori la Convenzione non riconosce "nuovi" diritti alle persone con disabilità, intende piuttosto assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, di tutti i diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità.

Scopo della Convenzione, che si compone di un preambolo e di 50 articoli, è quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. A tal fine, la condizione di disabilità viene ricondotta all'esistenza di barriere di varia natura che possono essere di ostacolo a quanti, portatori di minorazioni fisiche, mentali o sensoriali a lungo termine, hanno il diritto di partecipare in modo pieno ed effettivo alla società. Alla Convenzione si affianca un Protocollo opzionale, composto da 18 articoli, anch'esso sottoscritto e ratificato dall'Italia.

La Convenzione dispone che ogni Stato presenti un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi e sui progressi conseguiti al riguardo. La legge italiana di ratifica della Convenzione ha contestualmente istituito l'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità che ha, tra gli altri, il compito di promuovere l'attuazione della Convenzione ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'art. 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato Interministeriale dei Diritti Umani (CIDU).

 


Commi 157-158
(Misure a sostegno dell’industria tessile)

 

 

I commi 157 e 158 - introdotti dalla Camera - recano misure a sostegno dell’industria del tessile. Nel dettaglio, il comma 157 attribuisce all’Unione industriale biellese un contributo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021-2023, a tutela della filiera e le attività di ricerca e sviluppo del settore. Il comma 158 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione delle modalità di erogazione del contributo, dei criteri per la selezione dei programmi e delle attività finanziabili, delle spese ammissibili nonché delle modalità di verifica, di controllo e di rendicontazione delle spese sostenute utilizzando il medesimo contributo.

 


Commi 159-160
(Promozione degli investimenti nel settore della raffinazione e della bioraffinazione)

 

 

I commi 159-160 sono stati inseriti nel corso dell’esame in prima lettura.

Il comma 159 demanda al Ministero dello sviluppo economico l’attivazione di una procedura per la stipula di un accordo con il settore della raffinazione e della bioraffinazione, finalizzato alla promozione degli investimenti da parte delle imprese operanti in tale settore per la realizzazione di iniziative volte agli obiettivi della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile mediante l’utilizzo di quota parte delle risorse derivanti dal gettito delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto.

Il comma 160 dispone che la quota delle risorse rivenienti dal maggior gettito delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto destinato al finanziamento dell’accordo di cui al comma 159, è definita nella legge di bilancio di ciascun anno, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

 

La previsione viene finalizzata a promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle regioni del Mezzogiorno, per mantenere ed elevare i livelli occupazionali, migliorare la qualità degli investimenti, e l’adattabilità ai cambiamenti economico-sociali.

 

In Sicilia, sono presenti diverse industrie della raffinazione di petrolio, che assorbono il 45,7% della capacità di raffinazione in Italia (Cfr. Tabella infra). I poli produttivi più importanti sono quelli di Milazzo, Gela, Augusta (la cui raffineria è stata venduta nel 2018 dalla Esso all’algerina Sonatrach) e Priolo Gargallo (appartenente al gruppo russo Lukoil (Lukoil-Isab)).

 

Distribuzione geografica della capacità di raffinazione in Italia

Fonte: Unione petrolifera, annuario 2020.


Commi 161-169
(Agevolazioni contributive in favore di datori di lavoro operanti
in alcune aree territoriali)

 

 

I commi da 161 a 169 prevedono, per il periodo 2021-2029, un esonero contributivo parziale in favore dei datori di lavoro del settore privato operanti in alcune regioni, ponendo i relativi oneri, per gli anni 2022 e seguenti, a carico di risorse finanziarie di fonte europea. Le regioni che rientrano nel beneficio, in base al richiamo dell'articolo 27, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, sono l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia. Il comma 164 specifica che, per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, la misura è concessa in conformità alla Comunicazione della Commissione europea ivi richiamata, mentre, per il periodo successivo (1° luglio 2021-31 dicembre 2029), il comma 165 subordina l'efficacia del beneficio all'autorizzazione della Commissione europea. I commi 166 e 168 pongono alcune norme finali, mentre i commi 167 e 169 concernono la quantificazione degli oneri finanziari in oggetto e il concorso alla relativa copertura. Riguardo a quest'ultimo, si dispongono l'utilizzo del Fondo di cui al successivo comma 1037 (fondo per l’attuazione del Programma Next Generation EU) e la riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

In particolare, il comma 161 prevede, con riferimento alla contribuzione a carico del datore relativa a rapporti di lavoro dipendente aventi sede nelle suddette regioni - con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, nonché dei datori di lavoro individuati dal comma 162, inserito dalla Camera[35] -, uno sgravio pari a:

-       il 30 per cento dei contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025. Tale aliquota è identica a quella prevista, per la medesima fattispecie, per il periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020[36]. Si valuti l'opportunità di chiarire se l'aliquota riguardi anche quei contributi relativi all'anno 2025 che, in base alla normativa ordinaria, siano da versare entro un termine ricadente nell'anno 2026;

-       il 20 per cento dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027;

-       il 10 per cento dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.

Si valuti l'opportunità di esplicitare che, come già previsto dal citato articolo 27, comma 1, del D.L. n. 104 e come indicato anche nelle relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge di bilancio, dalla base di calcolo sono esclusi i premi e i contributi dovuti all'INAIL.

Si ricorda che l'articolo 27, comma 1, del D.L. n. 104, ai fini dell'individuazione dei territori interessati, fa riferimento alle regioni che, nell’anno 2018, avessero un prodotto interno lordo pro capite non superiore al 90 per cento di quello medio dei 27 Paesi attualmente facenti parte dell’Unione europea ed un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale. Tale ambito è costituito dalle otto regioni summenzionate, come indicato dalla rettifica dell’originaria relazione tecnica, allegata al disegno di legge di conversione del D.L. n. 104[37], nonché dalla circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020.

L'ambito dello sgravio resta riferito a tali regioni per l'intero periodo oggetto del comma 161, a prescindere dalle variazioni dei parametri economici che interverranno. Si consideri l'opportunità di valutare tale aspetto, anche in relazione all'esame - da parte della Commissione europea - della disciplina in oggetto.

 

Riguardo alla disciplina dello sgravio in esame, si ricorda altresì che il comma 1 del citato articolo 27 del D.L. n. 104 specifica che l’esonero contributivo:

-       non comporta variazioni dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche;

-       si applica anche ai giornalisti lavoratori dipendenti - i quali sono iscritti (anziché ai regimi pensionistici gestiti dall'INPS) al regime pensionistico gestito dall'INPGI -. Riguardo a tale categoria, cfr. anche il precedente comma 29 del presente articolo 1.

Riguardo alla disciplina del beneficio, cfr. altresì la citata circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020.

 

In base ai commi 164 e 165:

-       per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, l'agevolazione è concessa (così come già previsto per il summenzionato periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020[38]) nel rispetto delle condizioni della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni[39];

     Si ricorda che, in base alla sezione 3.1 di quest’ultima Comunicazione, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[40] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[41];

-       per il periodo 1° luglio 2021-31 dicembre 2029, l'agevolazione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea[42] (nel rispetto delle condizioni previste dalla disciplina europea in materia di aiuti statali alle imprese).

Il comma 166 specifica che, ai fini degli adempimenti relativi al registro nazionale degli aiuti di Stato[43], l’amministrazione responsabile, per l’esonero contributivo in esame, è il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre l'amministrazione concedente - che provvede altresì alle attività di monitoraggio previste dalle normative in materia di aiuti di Stato - è l’INPS. Riguardo alle amministrazioni concedenti, cfr. anche il precedente comma 29 del presente articolo 1 per quanto riguarda l'INPGI.

Il successivo comma 167 opera, in primo luogo, una quantificazione degli oneri derivanti dallo sgravio di cui al comma 161. Gli oneri sono stimati pari a 4.836,5 milioni di euro per il 2021, 5.633,1 milioni per il 2022, 5.719,8 milioni per il 2023, 5.805,5 milioni per il 2024, 5.892,6 milioni per il 2025, 4.239,2 milioni per il 2026, 4.047,1 milioni per il 2027, 2.313,3 milioni per il 2028, 2.084,8 milioni per il 2029 e 267,2 milioni per il 2030. Per la copertura di una quota di tali oneri, relativa agli anni 2021 e 2022 e pari (nella riformulazione operata dalla Camera) a 1.491,6 milioni per il 2021 ed a 2.508,4 milioni per il 2022[44], lo stesso comma 167 dispone l'utilizzo del Fondo di cui al successivo comma 1037 (fondo relativo all’attuazione del Programma Next Generation EU); inoltre, il comma 169 riduce per il 2023, nella misura di 3.500 milioni di euro, la dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Sempre con riferimento ai profili finanziari, si rileva che il comma 163 - inserito dalla Camera - destina alle finalità di cui al successivo comma 200 una quota dei minori oneri derivanti dal disposto di cui al comma 162 (comma anch’esso, come detto, inserito dalla Camera).

Il comma 168 abroga - in relazione al nuovo sgravio di cui al comma 161 - il comma 2 del citato articolo 27 del D.L. n. 104, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari europei, l’individuazione di indicatori oggettivi di svantaggio socio-economico e di accessibilità al mercato unico europeo, utili per la definizione di misure agevolative di decontribuzione, costituenti accompagnamento, per il periodo 2021-2029, degli interventi di coesione territoriale del piano nazionale per la ripresa e la resilienza e dei piani nazionali di riforma.

 

 


Comma 170
(Modifiche alla misura “Resto al Sud”)

 

 

Il comma 170, inserito nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera dei deputati, interviene sulla disciplina della misura agevolativa denominata “Resto al Sud”, introdotta dall'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 per promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori – tra i 18 ed i 45 anni - nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Il comma prevede di estendere la platea dei beneficiari della misura elevando da 45 a 55 anni la loro età massima . Il comma, a tal fine, modifica l’alinea del comma 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 91/2017.

 

Si rileva l’opportunità di specificare a decorrere da quale data deve essere posseduto il requisito del limite di età dei 55 anni e l’opportunità di demandare ad una fonte di rango secondario, da adottare secondo le modalità procedurali già previste dall’articolo 1, comma 15 del D.L. n. 91/2017, l’adeguamento della disciplina attuativa della misura, conseguente a tale modifica.

Si ricorda, al riguardo, che un ampliamento della platea dei potenziali beneficiari, con l'elevazione da 35 a 45 anni della loro età massima, è stato già disposto dalla legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 601,legge n. 145 del 2018). Il requisito del limite di età dei 45 anni deve essere posseduto al 1° gennaio 2019, come specificato dalla successiva legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019, articolo 1, comma 320). Dunque, fino al 31 dicembre 2020 può presentare domanda chi era in possesso del requisito anagrafico (under 46) alla data del 1° gennaio 2019.

Si rammenta, infine, che la disciplina attuativa della misura, adottata, ai sensi dell’articolo 1, comma 15 del D.L. n. 91/2017, è contenuta nel D.M. 9 novembre 2017, n. 174, successivamente modificato dal D.M. 5 agosto 2019, n. 134.

 

La misura di sostegno cd. "Resto al Sud" è stata introdotta dall'articolo 1 del  D.L. n. 91/2017 e consiste in finanziamenti per promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Il D.L. n. 123/2019 (articolo 5) ha esteso la misura, a valere sulle risorse disponibili già assegnate, anche ai territori dei comuni delle regioni Lazio, Marche e Umbria colpiti dal sisma del 2016 e 2017, ricompresi negli allegati 1, 2, e 2-bis del D.L. 189/2016.

Per i comuni, ricompresi nei medesimi allegati (si tratta di 24 comuni  dell'area del cratere sismico), che presentano una percentuale superiore al 50 per cento di edifici dichiarati inagibili con esito "E", la misura Resto al Sud si applica in deroga ai limiti di età stabiliti ai fini dell'accesso in via ordinaria alla stessa misura (età compresa tra i 18 e i 45 anni, cfr. infra).

"Resto al Sud", in via ordinaria, come sopra accennato, è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che:

non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria, o entro centoventi giorni se residenti all'estero, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento.

L'ampliamento della platea dei potenziali beneficiari, con l'elevazione da 35 a 45 anni della loro età massima e l'estensione delle agevolazioni alle attività libero professionali è stata disposta dalla legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 601, legge n. 145 del 2018). Il requisito del limite di età, sopra indicato, deve essere posseduto al 1° gennaio 2019, come specificato dalla successiva legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019, articolo 1, comma 320). Dunque, fino al 31 dicembre 2020 può presentare domanda chi era in possesso del requisito anagrafico (under 46) alla data del 1° gennaio 2019.

L'istanza di accesso alla misura, corredata da tutta la documentazione sul progetto imprenditoriale, può essere presentata attraverso una piattaforma dedicata sul sito istituzionale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA, soggetto gestore della misura, per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, amministrazione titolare della misura stessa, secondo modalità stabilite da un'apposita convenzione.

I presentatori delle istanze devono avere la forma giuridica dell'impresa individuale o della società, ivi incluse le società cooperative. In quest'ultimo caso i benefici della misura "resto al Sud" sono cumulabili anche con le agevolazioni della cd. "Legge Marcora" (art. 17 L. n. 49/1985), nei limiti delle risorse disponibili, e fermo il rispetto dei massimali agli aiuti di Stato cd. de minimis di cui al Reg. (UE) n. 1407/2013 e Reg. (UE) n. 717/2014 (200.000 euro) (comma 8-bis).

Per le attività libero-professionali è richiesto che i soggetti istanti non risultino, nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione, titolari di partita IVA per l'esercizio di un'attività analoga a quella proposta.

Il finanziamento, fino a un massimo di 60 mila euro, è costituito - per il 50 per cento – da una erogazione a fondo perduto e - per il restante 50 per cento – da un prestito a tasso zero da rimborsare in otto anni. La quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. La garanzia è fornita dal Fondo di garanzia PMI, presso il quale opera una apposita sezione speciale (D.M. 15 dicembre 2017).

La caratteristica principale della Sezione speciale è una procedura di ammissione semplificata alla garanzia: il gestore del Fondo non effettua la valutazione economico-finanziaria del soggetto beneficiario in quanto si basa sulle risultanze dell'istruttoria condotta da INVITALIA; la Sezione speciale interviene, soltanto sulla parte del finanziamento bancario, a titolo gratuito e con priorità nell'istruttoria e nella presentazione al Consiglio di gestione; senza l'obbligo di verifica da parte dei soggetti richiedenti di eventi pregiudizievoli, crediti scaduti, incagli o sofferenze in capo al soggetto beneficiario finale prevista per le altre operazioni.

Quanto alle specifiche modalità operative della Sezione speciale, si rinvia all'apposita pagina web del sito istituzionale del Fondo di garanzia PMI.

Nel caso in cui l'istanza sia presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, incluse le società cooperative, l'importo massimo del finanziamento erogabile è pari a 50.000 mila euro per ciascun socio, che presenti i requisiti soggettivi sopra indicati, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di stato "de minimis" di cui al Regolamento 1407/2013/UE della Commissione e del Regolamento 717/2014/UE della Commissione, del 27 giugno 2014.

I beneficiari devono mantenere la residenza nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento e le imprese, le società e le attività libero-professionali devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni in questione.

Si fa presente che è stato un recente intervento legislativo, contenuto nell'articolo 245-bis del D.L. n. 34/2020 (D.L. cd. Rilancio), che ha innalzato nel modo sopra indicato, da 50.000 a 60.000 euro, il finanziamento massimo erogabile per le imprese esercitate in forma individuale e dal 35 al 50 percento la quota di finanziamento erogabile nella forma del contributo a fondo perduto a favore dei beneficiari (imprese individuali o società). La rimodulazione è stata esplicitamente finalizzata a sostenere il rilancio produttivo e a promuovere la costituzione di nuove startup nel Mezzogiorno. Queste novità si applicano alle domande presentate dopo il 19 luglio 2020.

Sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici.

Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

I finanziamenti non possono essere utilizzati per spese relative alla progettazione, alle consulenze e all'erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese individuali e delle società, nonché agli organi di gestione e di controllo delle società stesse.

Il D.L. n. 34/2020 cd. "Rilancio" (articolo 245) ha poi previsto l'ulteriore concessione, a valere sulle risorse ancora disponibili assegnate alla misura, di un contributo a fondo perduto in favore dei beneficiari, a copertura del fabbisogno di circolante: 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e 10.000 euro per ciascun socio dell'impresa beneficiaria, per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19.

É possibile ricevere il contributo a condizione di aver completato il programma di spesa ammesso alle agevolazioni e di essere in regola con il pagamento delle rate del finanziamento bancario e con gli adempimenti previsti dalla normativa.

Alla misura è stata data attuazione con il decreto del Ministro per la coesione territoriale D.M. 9 novembre 2017, n. 174 e con la convenzione INVITALIA-ABI, sottoscritta nel dicembre 2019 ai sensi dell'art. 1, co. 14 del D.L. n. 91 del 2017

Il 23 novembre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche di coesione D.M. 5 agosto 2019, n. 134 che modifica e integra il primo decreto attuativo, attuando l'estensione dei finanziamenti "Resto al Sud" agli under 46 e ai professionisti.

Tutte le novità introdotte con gli interventi sopra descritti, nel corso dell'anno 2020, sono state riassunte in un scheda operativa da parte di INVITALIA, disponibile qui.

Quanto alle risorse finanziarie, il comma 16 dell'articolo 1 del D.L. n. 91/2017 ha assegnato alla misura un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020, demandando al CIPE la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia PMI.

Una prima assegnazione di  715 milioni è stata disposta dal CIPE con la delibera n. 74 del 7 agosto 2017, ai quali si sono aggiunti 535 milioni con la delibera n. 102 del 22 dicembre 2017, di cui 275 milioni sono destinati alla Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI "Resto al Sud" e 975 milioni al finanziamento della misura in senso proprio.

La programmazione annuale delle risorse assegnate con le due delibere è pari a 36 milioni per il 2017, 280 milioni per il 2018, 462 milioni per il 2019, 308,5 milioni per il 2020, 92 milioni per il 2021, 22,5 milioni per il 2022, 18 milioni per il 2023, 14 milioni per il 2024 e 17 milioni per il 2025.

Secondo le informazioni pubblicate da Invitalia, alla data del 30 settembre 2020, sono 6.234 le iniziative finanziate e ammontano a 199 milioni le agevolazioni concesse.

Appare infine opportuno ricordare che le scadenze e i termini procedurali previsti per la misura – ad esempio per il completamento del programma di spesa – sono prorogati d'ufficio ai sensi dell'articolo 103 del D.L. n. 18/2020 "Cura Italia" come modificato dal successivo D.L. n. 125/2020, a causa dell'attuale stato di emergenza pandemica. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori,  in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Si rinvia alla pagina web dedicata del  sito istituzionale di INVITALIA. Nella pagina in questione sono costantemente aggiornati i dati attuativi della misura in esame, oltre ad essere descritte le condizioni operative di accesso.


Commi 171-172
(Proroga al 2022 del credito di imposta
per investimenti nel Mezzogiorno)

 

 

I commi 171-172 dispongono la proroga al 31 dicembre 2022 del credito d'imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo).

 

La lettera a) del comma 171, modificando il comma 98 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022 la disciplina del credito di imposta (commi 98-110 della legge n. 208 del 2015) prevista per gli investimenti facenti parte di un progetto di investimento iniziale relativi all’acquisto, anche tramite leasing, di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive nuove o già esistenti.

Si ricorda che i soggetti destinatari dell’agevolazione sono le imprese che acquisiscono beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite:

§  delle regioni Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata e Sardegna: si tratta delle regioni meno sviluppate, che ricomprendono quelle in cui il Pil pro-capite è inferiore al 75% della media UE;

§  delle regioni Abruzzo e Molise, vale a dire quelle c.d. in transizione, in cui il Pil pro-capite è ricompreso tra il 75% ed il 90% della media UE.

Le zone assistite sono, quanto al primo gruppo di regioni, quelle ammissibili alle deroghe agli aiuti di Stato previste dall’articolo 107, par. 3, lettera a) del Trattato UE e, quanto al secondo gruppo, quelle ammissibili alle deroghe previste dalla lettera c) del medesimo paragrafo.

 

In base all’articolo 1, comma 98, della legge di stabilità 2016 il credito d'imposta compete nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, ovvero del 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e del 10 per cento per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise. Le intensità massime di aiuto applicabili alle grandi imprese possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 319, della legge di bilancio per il 2020 ha prorogato tale credito dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020.

Per una ricostruzione completa della disciplina del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno si rinvia alla scheda Articolo 1, commi 98-108 del dossier Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Stabilità 2016) realizzata dai Servizi Studi di Camera e Senato.

 

La lettera b) del comma 171, modifica il comma 108 della legge di stabilità, indicando in 1.053,9 milioni l’ammontare dell’onere per tale proroga sia per il 2021 che per il 2022 (che va ad aggiungersi ai 617 milioni annui dal 2016 al 2020).

 

Il comma 172 pone l’onere a carico delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relative al ciclo di programmazione 2021-2027 (finanziato dal successivo comma 177, i cui stanziamenti per il 2021 e per il 2022 sono parimente ridotti, fermo restando il complessivo criterio di ripartizione territoriale.

 


Commi 173-176
(Agevolazioni fiscali per le imprese che avviano una nuova attività economica nelle Zone economiche speciali istituite nel Mezzogiorno d’Italia)

 

 

I commi 173-176 prevedono, per le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica nelle Zone economiche speciali (ZES), la riduzione dell’imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella zona economica speciale del 50% a decorrere dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi. Il riconoscimento dell'agevolazione è subordinato al rispetto di una serie di condizioni riguardanti il mantenimento dell'attività nell'area ZES per almeno dieci anni e la conservazione dei posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno dieci anni. Le imprese beneficiarie, inoltre, non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento. L’agevolazione spetta nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regime de minimis, anche per il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura.

 

I commi in esame sono stati introdotti nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati.

 

Il comma 173 prevede, per le imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica nelle Zone economiche speciali (ZES) istituite ai sensi decreto-legge n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, la riduzione dell’imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella zona economica speciale del 50% a decorrere dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi.

 

 

Le Zone economiche speciali (ZES)

 

Il decreto legge n. 91 del 2017 (articolo 4) ha definito le procedure e le condizioni per richiedere l’istituzione di Zone economiche speciali (ZES) in alcune aree del Paese, in particolare nelle regioni definite dalla normativa europea come "meno sviluppate" o "in transizione". In Italia sono regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media europea) le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. Sono regioni in transizione (con PIL pro capite tra il 75 e il 90 per cento della media europea) le regioni Sardegna, Abruzzo e Molise. La Zona economica speciale è definita come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 del 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Tale Regolamento (che in allegato riporta le mappe dei porti della rete centrale e della rete globale) definisce i porti marittimi all’articolo 20 come quelli che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri:

a)      il volume totale annuo del traffico passeggeri supera lo 0,1 per cento del volume totale annuo del traffico passeggeri di tutti i porti marittimi dell'Unione;

b)      il volume totale annuo delle merci, per le operazioni di carico di merci sia sfuse che non sfuse, supera lo 0,1 per cento del corrispondente volume totale annuo del carico di merci movimentate in tutti i porti marittimi dell'Unione;

c)      il porto marittimo è situato su un'isola e costituisce il solo punto di accesso ad una regione NUTS 3 nella rete globale;

d)      il porto marittimo è situato in una regione ultraperiferica o periferica, fuori da un raggio di 200 km dal porto più vicino nella rete globale.

In Italia, nelle regioni in cui possono essere istituite le ZES, sono porti della rete centrale: Palermo, Augusta, Gioia Tauro, Cagliari, Taranto, Bari, Napoli. Tra i porti della rete globale rientrano, tra gli altri, Catania, Messina, Milazzo, Siracusa, Trapani, Gela, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Brindisi, Salerno, Olbia, Porto Torres.

Le regioni che presentino tali condizioni possono presentare, in base all’articolo 4, comma 4-bis del decreto legge n. 91 del 2017, una proposta di istituzione di ZES nel proprio territorio, o al massimo due proposte ove siano presenti più aree portuali che abbiano le caratteristiche stabilite dal regolamento europeo, accompagnata da un piano di sviluppo strategico. Inoltre, anche le regioni che non posseggano aree portuali possono presentare istanza di istituzione di una ZES, ma solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale avente le caratteristiche richieste.

Peraltro, in base all’articolo 3 del Regolamento attuativo per l’istituzione delle ZES, adottato con DPCM 25 gennaio 2018, n. 12, tali aree portuali, tenuto conto anche del volume complessivo di merci in transito, sono anche i porti che non presentano le caratteristiche di cui all'articolo 1, lettera c) (quindi quella di area portuale ai sensi del regolamento UE, il quale peraltro non definisce la nozione di area portuale, bensì quella di porto marittimo) purché essi presentino una rilevanza strategica per le attività di specializzazione territoriale che si intende rafforzare e dimostrino un nesso economico funzionale con l'Area portuale.

Lo scopo delle Zone economiche speciali è quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES e beneficiano di speciali condizioni.

In particolare, le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES usufruiscono di benefici fiscali, nonché di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente, che sono definiti nell’articolo 5 del decreto legge n. 91 del 2017. Il credito d’imposta, in particolare è quello che era stato già concesso dalla legge di Stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108, come successivamente modificato), fino al 31 dicembre 2019, alle imprese che effettuassero l'acquisizione dei beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e nelle zone assistite delle regioni Molise e Abruzzo.

Come detto, le modalità per l'istituzione di una ZES, la sua durata, i criteri generali per l'identificazione e la delimitazione dell'area, i criteri che ne disciplinano l'accesso e le condizioni speciali di beneficio per i soggetti economici ivi operanti o che vi si insedieranno, nonché il coordinamento degli obiettivi di sviluppo, sono stati disciplinati con il Regolamento sull'istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) di cui al DPCM 25 gennaio 2018, n. 12 entrato in vigore il 27 febbraio 2018. Il DPCM è stato adottato su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata.

Con il decreto-legge n. 135 del 2018 sono state introdotte misure di ulteriore semplificazione per le Zone economiche speciali.

Attualmente risultano istituite: la ZES Calabria (DPCM 21/5/2018), la ZES Campania (DPCM 21/5/2018), la ZES Ionica interregionale Puglia e Basilicata (DPCM 13/6/2019) e la ZES Adriatica interregionale Puglia-Molise (DPCM 5/9/2019).

Per l'ambito territoriale, si veda il link dedicato alle ZES su sito dell'Agenzia per la Coesione territoriale.

 

 

Il comma 174 subordina il riconoscimento dell'agevolazione al rispetto delle seguenti condizioni, pena la decadenza dal beneficio e l'obbligo di restituzione dell'agevolazione della quale abbiano già beneficiato:

a)      le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell'area ZES per almeno 10 anni;

b)     le imprese devono conservare i posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno 10 anni.

 

Il comma 175 specifica che le imprese beneficiarie non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

 

Il comma 176 chiarisce che l’agevolazione di cui ai commi da 173 a 175 spetta nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regime de minimis, anche per il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura, e in particolare:

1.      del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis,

2.      del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis” nel settore agricolo, e

3.      del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis” nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

 

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato (articolo 107, par. 1) al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno. Gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione eventuali aiuti di Stato che intendano concedere, a meno che essi siano coperti da un'esenzione generale per categoria o siano di minore importanza, con un impatto appena percettibile sul mercato (principio "de minimis")[45].

Il regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, esenta dal monitoraggio sulle sovvenzioni statali i piccoli contributi elargiti dallo Stato per un importo massimo di 200.000 euro per ciascuna impresa, per un periodo di 3 anni (articolo 3, par. 2, c. 1)[46]. Tale importo è ridotto a 100.000 euro per imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi (articolo 3, par. 2, c. 2).

Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, il regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, stabilisce di regola un massimale di 20.000 euro per impresa nell'arco di 3 esercizi finanziari (articolo 3, par. 2), che può essere incrementato a 25.000 euro nei casi e alle condizioni previste dall'articolo 3-bis. Da ultimo il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali del 19 maggio 2020 ha confermato per l'Italia il limite triennale di 25.000 euro per impresa. Viene inoltre fissato un importo complessivo massimo nazionale, per l'Italia pari a 840.502.950 euro su tre anni (articolo 3, par. 3, All. II).

Il massimale applicabile ai settori della pesca e dell'acquacoltura, ai sensi del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, è invece pari a 30.000 euro, su base triennale (articolo 3, par. 2), con un limite cumulativo nazionale che per l'Italia è fissato a 96.310.000 euro, sempre su tre esercizi finanziari (articolo 3, par. 3, All. I).


Commi 177-178
(Fondo sviluppo e coesione – Ciclo di programmazione 2021-2027)

 

 

I commi 177-178 dispongono una prima assegnazione aggiuntiva di risorse al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, per complessivi 50 miliardi. Le norme definiscono, altresì, i criteri e le procedure di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio delle risorse 2021-2027, in analogia con il precedente periodo di programmazione, ferma restando la chiave di riparto delle risorse dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del centro-nord.

 

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione.

Nel Fondo - disciplinato dal D.Lgs. n. 88 del 2011 che lo ha così ridenominato rispetto al precedente Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) - sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle richiamate finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

 

Il comma 177 dispone una prima assegnazione di risorse aggiuntive in favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, nell’importo di 50 miliardi di euro, destinate esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo, volti a ridurre i divari socio-economici e territoriali tra le diverse aree del Paese.

In analogia con i precedenti cicli di programmazione, le risorse sono destinate ai territori secondo la chiave di riparto dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord.

Il finanziamento è autorizzato secondo la seguente articolazione temporale: 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per l’anno 2030 (comma 178).

 

Il comma 178 dispone che al completamento delle risorse da destinare al FSC per il ciclo di programmazione 2021-2027 si provvederà mediante le successive leggi di bilancio, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009).

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 196/2009 consente di incidere di incidere sulle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi, per poter modulare e/o rifinanziare le risorse autorizzate da leggi di spesa secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa, mediante interventi in Sezione II.

 

Al riguardo, si ricorda che – secondo quanto riportato nel Programma Nazionale di Riforma (PNR) 2020 di luglio 2020 - per il periodo di programmazione 2021-2027 l’ammontare complessivo delle risorse da destinare agli interventi a favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione è determinato in 73,5 miliardi, con un incremento della quota percentuale di PIL destinata al FSC dallo 0,5 dell’attuale ciclo di programmazione allo 0,6 per cento.

 

Per quel che concerne la programmazione e l’utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, l’articolo in esame definisce, alle lettere da a) a m) del comma 1, i meccanismi procedurali di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio dell’utilizzo delle risorse, in analogia con quelli precedentemente definiti per il FSC 2014-2020 dall’articolo 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014.

 

In particolare, la lettera a) prevede l'impiego della dotazione finanziaria del Fondo 2021-2027 per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, sulla base delle 5 missioni previste nel “Piano Sud 2030”, dando priorità alle azioni e agli interventi previsti nel Piano, inclusi quelli relativi al rafforzamento delle amministrazioni pubbliche.

L’impiego per obiettivi strategici è, altresì, disposto in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali e di investimento europei per il periodo di programmazione 2021-2027, nonché con le politiche settoriali e le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo principi di complementarietà e addizionalità delle risorse.

Per un approfondimento della programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei della programmazione 2021-2027 si rinvia alla scheda relativa ai commi 51-57 del disegno di legge in esame.

Per approfondimento degli interventi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) si rinvia ai commi 1037-1050 del disegno di legge in esame.

 

 

Il “Piano Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia”, presentato dal Governo il 14 febbraio 2020, costituisce lo strumento per un’azione coordinata di rilancio degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno in una prospettiva almeno decennale e di riprogrammazione delle risorse ordinarie ed aggiuntive destinate alla coesione.

In particolare, il Piano si pone come obiettivo di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno mediante:

-        il riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale, per mezzo dell’effettiva applicazione della clausola del 34%,

-        l’accelerazione della capacità di spesa delle risorse aggiuntive del Fondo Sviluppo e Coesione, attraverso la riprogrammazione degli interventi,

-        maggiore impulso all’attuazione e all’utilizzo dei Fondi SIE.

Il Piano per il Sud 2030 è articolato in cinque missioni che rispondono alle priorità individuate dal Country Report 2019 per l’Italia (Annex D) e sono coerenti con gli Obiettivi di policy (OP) indicati dalla Commissione Europea per le politiche di coesione 2021-2027. Le cinque missioni sono così definite: un Sud rivolto ai giovani; un Sud connesso e inclusivo; un Sud per la svolta ecologica; un Sud frontiera dell’innovazione; un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo.

Le cinque missioni del Piano sono in linea con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), delineati dall’Agenda ONU 2030.

 

Ai sensi della lettera b), spetta al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale il compito di individuare, in coerenza con i contenuti dei Fondi SIE e del PNRR, le aree tematiche e gli obiettivi strategici per ciascuna area, in collaborazione con le amministrazioni interessate, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni. Gli obiettivi strategici sono poi comunicati alle competenti Commissioni parlamentari.

Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, viene disposta la ripartizione della dotazione finanziaria del FSC 2021-2027 tra le diverse aree tematiche[47].

Il CIPE provvede altresì ad eventuali variazioni della ripartizione su proposta della cabina di regia, di cui alla successiva lettera d).

 

La lettera c) dispone che gli interventi del FSC 2021-27 siano attuati nell’ambito di “Piani Sviluppo e Coesione” a titolarità delle Amministrazioni Centrali, Regionali, Città Metropolitane, ovvero di altre amministrazioni pubbliche che possono essere individuate dal CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale.

 

I piani sono definiti secondo i principi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019, tenendo conto delle competenze attribuite alla Cabina di regia dalla successiva lettera d) dell’articolo in esame.

I Piani sono approvati con delibere del CIPE.

 

L’articolo 44 del D.L. 34/2019 ha previsto, ai fini di una riclassificazione ed armonizzazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativi ai vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), la predisposizione da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale di unico Piano operativo per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, denominato «Piano sviluppo e coesione», articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, nonché una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo. In particolare, il comma 7 indica le tipologie dei vecchi interventi che possono rientrare nel Piano Sviluppo Coesione di competenza di ciascuna amministrazione: si tratta sostanzialmente degli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata, che siano individuati sulla base dei dati di monitoraggio presenti, alla data del 31 dicembre 2019, nel sistema di monitoraggio unitario.

L’articolo 241 del D.L. n. 34/2020 ha fissato il termine entro cui tali Piani di sviluppo e coesione dovranno essere approvati dal CIPE entro e non oltre il 31 luglio 2020 (termine che, si rammenta, era fissato dall’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. medesimo, vale a dire al 31 agosto2019).

 

La lettera d) delinea i compiti della Cabina di regia nell’ambito della programmazione del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027[48]. È attribuito alla cabina di regia il compito di definire i Piani di Sviluppo e Coesione di cui alla lettera c), ai fini della successiva proposta di approvazione da parte del CIPE, articolati per ciascuna area tematica e missione, con l’indicazione dei risultati attesi; delle azioni e degli interventi necessari per il loro conseguimento, con relativa stima finanziaria; dei soggetti attuatori a livello nazionale, regionale e locale; dei tempi di attuazione e delle modalità di monitoraggio.

I suddetti piani operativi sono redatti nel rispetto della chiave di riparto che prevede che la dotazione complessiva deve essere impiegata per un importo non inferiore all’80 per cento per interventi da realizzare nei territori delle regioni del Mezzogiorno.

Nei Piani è indicata, altresì, l’articolazione annuale dei fabbisogni finanziari fino al terzo anno successivo al termine della programmazione 2021-2027.

Tutte le informazioni di dettaglio in merito ai risultati conseguiti sono illustrate nella relazione sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF (art. 10, co. 3, L. 196/2009).

Alla Cabina di Regia spetta altresì la competenza in relazione ad eventuali riprogrammazioni dei Piani sviluppo e coesione.

 

Nelle more della definizione[49] dei “Piani di Sviluppo e Coesione” FSC 2021-27, il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale può sottoporre all'approvazione del CIPE l’assegnazione di risorse FSC per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori, nel limite degli stanziamenti iscritti in bilancio. Tali interventi confluiscono poi nei “Piani di Sviluppo e Coesione”, in coerenza con le aree tematiche cui afferiscono.

Come precisato nella successiva lettera h), le assegnazioni del CIPE di risorse ai sensi della lettera d) consentono a ciascuna amministrazione l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi finanziati[50].

 

Secondo quanto indicato dalla lettera e), i “Piani di Sviluppo e Coesione” FSC 2021-27, con i relativi fabbisogni finanziari, costituiscono la base per la predisposizione del Documento di economia e finanza (DEF) e della relativa Nota di aggiornamento, nonché per la definizione del disegno di legge di bilancio di previsione[51].

Al riguardo, la successiva lettera g) prevede che il Ministro presenti al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione 2021-2027 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e del disegno di legge di bilancio di previsione.

 

La lettera f) assegna al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale l’attività di coordinamento dell’attuazione dei “Piani di Sviluppo e Coesione”. Spetta altresì al Ministro la competenza di individuare i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo[52].

Viene altresì modificato il comma 3 dell’articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 (Misure urgenti per il potenziamento delle politiche di coesione), al fine di precisare che l’Agenzia per la coesione territoriale, nelle sue attività istituzionali, opera tenendo conto “delle direttive, delle priorità e degli obiettivi, anche in tema di organizzazione interna e gestionale”, come definite dal Ministro per il Sud, in quanto autorità politica delegata per le politiche di coesione (in luogo del più generico agli “atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei ministri”, previsto nel testo vigente).

 

La lettera g) attribuisce al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale ulteriori compiti: può proporre al CIPE, ai fini di una sua successiva deliberazione in merito, la rimodulazione delle quote annuali di spesa dei “Piani di Sviluppo e Coesione” e la revoca di assegnazioni, nei casi di impossibilità sopravvenute, mancato rispetto dei tempi o inadempienze.

Inoltre, come già sopra ricordato, il Ministro è tenuto a presentare al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione 2021-2027 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e del disegno di legge di bilancio di previsione[53].

 

Le assegnazioni del CIPE di risorse ai sensi della lettera d) consentono a ciascuna amministrazione l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi finanziati (lettera h)[54].

 

Per quanto riguarda la gestione finanziaria delle risorse FSC 2021-2027, il comma 178, alla lettera i) conferma le modalità già definite dalla precedente programmazione 2014-2020[55]; le risorse assegnate dal CIPE ai Piani di sviluppo e coesione – ovvero nelle more di definizione dei Piani - sono trasferite, nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, dal capitolo del bilancio dello Stato relativo al FSC (cap. 8000/MEF) in una apposita contabilità del c.d. Fondo di rotazione IGRUE (si tratta del conto corrente di tesoreria n. 25058) , sulla base dei profili finanziari previsti dalle delibere del CIPE di approvazione dei piani stessi.

Ai sensi della lettera m), sono trasferite al Fondo di rotazione anche le risorse del FSC già iscritte in bilancio per i precedenti periodi di programmazione, che sono gestite secondo le modalità indicate alla presente lettera i).

 

Ai fini dell’erogazione delle somme, la lettera i) prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse, trasferite alla suddetta contabilità, in favore delle amministrazioni responsabili dell'attuazione dei “Piani di sviluppo e coesione” approvati dal CIPE, secondo l'articolazione temporale indicata dalle relative delibere, e provvede a effettuare i pagamenti a valere sulle medesime risorse in favore delle suddette amministrazioni, sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche di coesione.

Le procedure di pagamento sono disposte ai sensi della normativa per il Fondo IGRUE (art. 5 della legge n. 183 del 1987 e regolamento ex D.P.R. n. 568 del 1988).

Rispetto alla disciplina vigente per il ciclo 2024-2020, viene introdotta una novità contabile, prevedendo che per far fronte ad eventuali carenze di liquidità le risorse FSC assegnate in favore di un intervento e non ancora utilizzate possono essere riassegnate in favore di un intervento a titolarità di altra Amministrazione la cui realizzazione presenta carattere di urgenza. In tal caso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento politiche di coesione dispone la riassegnazione in favore del nuovo intervento, sentita l’Amministrazione titolare dell’intervento definanziato.

 

Ai sensi della lettera l), entro il 10 settembre di ciascun anno la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le Politiche di Coesione, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la coesione sullo stato di attuazione degli interventi, tenendo conto dei dati forniti dalle singole amministrazioni titolari degli interventi stessi e di eventuali decisioni assunte dal CIPE, aggiorna le previsioni di spesa.

Sulla base di tali comunicazioni il Ministero dell'economia e delle finanze può adottare, ove necessario, decreti di svincolo delle risorse riferite all'esercizio in corso e a quelli successivi. Le amministrazioni titolari degli interventi assicurano il tempestivo e proficuo utilizzo delle risorse assegnate e assicurano i controlli sulla regolarità delle spese sostenute dai beneficiari.

 

 

Per quel che concerne le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, si ricorda che per il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione aggiuntiva del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo di 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

Per quel che concerne, invece il nuovo ciclo 2021-2027, l’articolo 29 in esame, come sopra illustrato, autorizza un primo finanziamento per complessivi 50 miliardi, di cui 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per il 2030.

Nel disegno di legge di bilancio, nella Sezione II, la dotazione del capitolo 8000/MEF, il Fondo presenta una dotazione pari a circa 10,0 miliardi per il 2021, 11,5 miliardi per il 2022 e 9,0 miliardi per il 2903. Rispetto alla legislazione vigente (che reca le residuali risorse del ciclo 2014-2020), tali importi risultano determinati, oltre che dagli effetti dell’art. 29 in esame, anche dagli effetti determinati delle altre disposizioni dell’articolato, come riportato  nella tabella che segue:

(milioni di euro)

FSC (cap. 8000/MEF)

2021

2022

2023

2024 e ss

Bilancio a legislazione vigente

7.119,6

7.687,8

7.668,4

14.437,6

Art. 29 - Rifinanziamento FSC 2021-27

4.000,0

5.000,0

5.000,0

36.000,0

Art. 27 - Decontribuzione Sud

-

-

-3.500,0

-

Art. 28 - Credito imposta investimenti nel Mezzogiorno

-1.053,9

-1.053,9

-

-

Art. 32 - Credito d’imposta nel Mezzogiorno ricerca e innovazione

-

-52,0

-104,0

-156,0

Art. 34 - Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali

-30,0

-30,0

-30,0

-

D.D.L. BILANCIO 2021

10.035,7

11.551,9

9.034,4

50.281,6

Da assegnare con delibera CIPE

 

 

 

 

Art. 33 - Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno

-50,0

-50,0

-50,0

-

 

Per quanto riguarda le autorizzazioni di cassa si segnala che per il 2021 esse ammontano a 2.907,7 milioni.

Infine si ricorda che il d.d.l. di bilancio stima al 1° gennaio 2021 residui del FSC pari a 30,4 miliardi.

 


Commi 179-184
(Rigenerazione amministrativa per il rafforzamento
delle politiche di coesione territoriale nel Mezzogiorno)

 

 

I commi 179-184 autorizzano le amministrazioni pubbliche operanti nel Mezzogiorno ad assumere personale, a tempo determinato e a tempo indeterminato, attraverso l’espletamento di procedure concorsuali, al fine di rafforzare la capacità amministrativa delle medesime amministrazioni nell’ambito della gestione e utilizzazione dei fondi della politica di coesione.

 

Assunzioni a tempo determinato (commi da 179 a 182)

Il comma 179 - in deroga ai vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente, al fine di garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione comunitaria e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027 - autorizza, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, le amministrazioni pubbliche (come indicate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[56]) che, nell’ambito di tali interventi, rivestono ruoli di coordinamento nazionale e le Autorità di gestione, gli organismi intermedi o i soggetti beneficiari (cioè tutti i soggetti pubblici coinvolti nelle attività programmatorie e gestionali) delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, ad assumere personale non dirigenziale, in possesso delle correlate professionalità, con contratto di lavoro a tempo determinato, nel limite massimo di 2.800 unità, e di una spesa massima in ragione d’anno pari a 126 milioni annui per il triennio 2021-2023, di durata corrispondente ai programmi operativi complementari e comunque non superiore a trentasei mesi.

Gli oneri per l’assunzione di tale personale (indicati quale spesa massima in 126 milioni annui per il triennio 2021-2023) sono posti a carico delle disponibilità del Programma operativo complementare (POC) al Programma operativo nazionale PON “Governance e capacità istituzionale 2014 – 2020” previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5 del D.L. n. 34 del 2020.[57] (comma 179)

 

Il Programma Operativo Nazionale Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 è stato adottato con Decisione C (2015) 1343 del 23 febbraio 2015 che riconosce il sostegno del FSE e del FESR nell’ambito dell’obiettivo “Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione” in Italia, per il periodo dal 1º gennaio 2014 al 31 dicembre 2020.

Il Programma ha una dotazione finanziaria di 805 milioni, composta da risorse comunitarie (603 milioni) del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e da risorse pubbliche nazionali (202 milioni).

Con delibera n. 47 del 10 agosto 2016 il CIPE ha approvato il programma complementare al PON «Governance e capacità istituzionale 2014-2020» con una dotazione di 247,2 milioni.

Da ultimo, la delibera CIPE 28 luglio 2020, n. 36 ha disposto, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5, del D.L. n. 34 del 2020, una nuova assegnazione di risorse FSC 2014-2020, per complessivi 728,4 milioni all’Agenzia per la coesione territoriale di cui 283,4 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) “Città Metropolitane 2014- 2020” e 445 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) Governance e capacità istituzionale” 2014-2020.

 

La ripartizione tra le amministrazioni interessate delle risorse finanziarie e del personale assunto a tempo determinato ai sensi del precedente comma 1 è demandata, ai sensi del comma 180, ad apposito DPCM – da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame[58], sulla base della ricognizione del fabbisogno di personale operato dall’Agenzia per la coesione territoriale –, che individua altresì i profili professionali e le relative categorie del predetto personale.

Il comma 181 dispone che il reclutamento del personale assunto a tempo determinato ai sensi del comma 1 avviene:

§  per le amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie e gli enti pubblici non economici mediante concorsi pubblici unici, come stabilito dall’art. 4, c. 3-quinquies, del D.L. 101/2013 relativamente al reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni ai predetti soggetti;

§  per le restanti amministrazioni, mediante proprie procedure selettive con il possibile ausilio della Commissione RIPAM (Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni), ai sensi dell’art. 35, c. 5, del D.Lgs. 165/2001.

Le suddette procedure concorsuali pubbliche, per titoli ed esami, sono organizzate dal Dipartimento della funzione pubblica e si svolgeranno con le modalità semplificate previste dall’art. 3, c. 6, della L. 56/2019[59].

 

L’Agenzia per la coesione territoriale è chiamata, ai sensi del comma 182, a monitorare la corrispondenza delle attività svolte dai soggetti di cui al comma 1 agli obiettivi dei relativi Programmi operativi complementari

 

Assunzioni a tempo indeterminato (comma 183)

Il comma 183 riconosce alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 la possibilità di avviare procedure concorsuali pubbliche per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale con competenze coerenti con la finalità di garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione comunitaria e nazionale, di cui ai precedenti commi 179 e 180.

Le suddette procedure concorsuali devono avvenire:

§  nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, nonché del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni a tempo indeterminato;

§  previo espletamento della procedura di cui all’art. 35, c. 4, del D.Lgs. 165/2001 che demanda ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) l’autorizzazione dell’avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici;

§  con riserva dei posti, nel limite massimo del 50 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di contratto di lavoro a tempo determinato di cui al comma 1 che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato ventiquattro mesi di servizio alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando[60];

In tema di stabilizzazione del personale precario delle PA, si ricorda che l’art. 20, c. 2, del D.L. 75/2017 prevede, in linea generale e fino al 31 dicembre 2020, la possibilità per le amministrazioni pubbliche di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

-     risulti titolare, successivamente al 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della legge delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche n. 124 del 2015), di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

-     abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2020, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

 

§  per esami e titoli, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l’esperienza professionale maturata dal personale beneficiario della suddetta quota di riserva.

 

Infine, il comma 184 precisa che l’Agenzia per la coesione territoriale provvede all’attuazione della disposizione in commento nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


Commi 185-187
(Proroga del credito d'imposta potenziato per le attività di ricerca
e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno)

 

 

I commi 185-187, non modificati durante l’esame parlamentare, prorogano per le annualità 2021 e 2022 il credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni), differenziandone la misura percentuale a seconda delle dimensioni delle imprese in termini occupazionali e di fatturato.

 

Nei confronti delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia il comma 185 estende anche alle annualità 2021 e 2022 il credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo (definito dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 160 del 2019 – legge di bilancio 2020).

Il credito di imposta viene disposto nelle medesime misure stabilite per tali investimenti nei medesimi territori come già determinate per il 2020 (periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019) dall’articolo 244 del decreto-legge n. 34 del 2020:

§  25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro (imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003).

 

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019.

Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

§  spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti);

§  strumentazioni e attrezzature;

§  costi relativi a immobili e terreni;

§  costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti;

§  spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

 

Sulla materia è poi intervenuto l’articolo 244 del D.L. n. 34 del 2020 incrementando la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo - introdotto con riferimento a tutto il territorio nazionale dall’articolo 1, commi da 198 a 209, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) – in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (nonché delle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017), al fine di incentivare l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo, ricomprendendovi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di Covid-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

La misura del credito d’imposta è aumentata, per le imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, nella seguente misura:

§  dal 12 al 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  dal 12 al 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  dal 12 al 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.

 

Il comma 186 precisa che la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare dall’articolo 25 del medesimo regolamento in materia di aiuti ai progetti di ricerca e sviluppo.

 

Il comma 187 provvede alla copertura dell’onere riducendo il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione - Programmazione 2021-2027 di 52 milioni per il 2022, di 104 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 52 milioni per il 2025.

 


Commi 188-190
(Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno)

 

 

Il comma 188 - non modificato dalla Camera - promuove la costituzione di Ecosistemi dell’innovazione, attraverso la riqualificazione o la creazione di infrastrutture materiali e immateriali per lo svolgimento di attività di formazione, ricerca multidisciplinare e creazione di impresa, con la collaborazione di università, enti di ricerca, imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni del terzo settore, al fine di favorire, nell’ambito dell’economia della conoscenza, il perseguimento di obiettivi di sviluppo, coesione e competitività dei territori nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia

 

Il comma 189 - non modificato dalla Camera - assegna a tal fine al MUR, nell’ambito del Piano sviluppo e coesione (PSC) di competenza, risorse nel limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, a valere sul Fondo sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione 2021-27.

 

L'articolo 44 comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2019 (c.d. "decreto crescita") ha introdotto il "Piano di sviluppo e coesione", cioè un unico Piano operativo per ogni amministrazione in sostituzione della pluralità degli attuali documenti programmatori variamente denominati sottoposto all'approvazione del CIPE ad opera dell'Agenzia per la coesione territoriale. Ciò al fine di migliorare il coordinamento unitario e la qualità degli investimenti finanziati con le risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2007/2013 e 2014/2020, nonché di accelerarne la spesa, per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione.

 

Per la costituzione di tali strutture è quindi prevista la delibera del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Al finanziamento degli interventi relativi possono contribuire, altresì, le risorse relative ai fondi strutturali europei per il ciclo di programmazione 2021-27, nonché ulteriori risorse assegnate all’Italia nel contesto delle decisioni assunte dal Consiglio Europeo del 17-21 luglio 2021.

Il comma 190 - non modificato dalla Camera - prevede che per le suddette finalità, entro 60 giorni dalla delibera del CIPE sopra indicata, il Ministro per l’università e la ricerca, di concerto con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, stabilisce, con proprio decreto, i criteri per il riparto delle risorse, le modalità di accesso al finanziamento e l’ammontare del contributo concedibile.

 


Commi 191-193
(
Contratto Istituzionale di Sviluppo sisma centro Italia)

 

 

I commi 191-193, inseriti dalla Camera, dispongono il finanziamento di 100 milioni di euro di uno specifico Contratto Istituzionale di Sviluppo nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, a valere per il 2021 sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2021-2027. Il Commissario straordinario, con proprie ordinanze, può destinare agli interventi di investimento individuati nel contratto istituzionale di sviluppo, risorse, nel limite di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022, a valere sulle risorse disponibili nella contabilità speciale a lui assegnata. Tali interventi sono monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011.

 

I commi 191-193 sono stati inseriti nel corso dell'esame da parte della Camera.

 

In dettaglio, il comma 191 prevede, al fine di consentire il coordinamento strategico e l'attuazione integrata di interventi per lo sviluppo socio-economico dei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, lo stanziamento di 100 milioni di euro, con delibera del CIPE, a favore di uno specifico Contratto Istituzionale di Sviluppo, a valere per il 2021, sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2021-2027.

 

Come ricordato dalla norma in esame, il Contratto Istituzionale di Sviluppo è disciplinato dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011 e dal comma 177, lettera f), del presente articolo (si veda la relativa scheda), in cui si prevede che il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale individui i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si proceda alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo.

 

Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) è un istituto introdotto nell'ordinamento dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011 in sostituzione del previgente istituto dell'intesa istituzionale di programma.

Il CIS costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturali, funzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese.

Con i CIS, in sostanza, le risorse sono concentrate per la realizzazione di un'unica grande infrastruttura a valenza nazionale o interregionale (salve eccezioni dettate da specificità territoriali), superando i tradizionali limiti regionali verso una logica per macroaree. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti. 

Le Amministrazioni responsabili degli interventi possano avvalersi dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. per tutte le attività economiche, finanziarie e tecniche, nonché in qualità di Centrale di committenza, ad esclusione di quanto demandato all'attuazione da parte dei concessionari di servizi pubblici.

Per valorizzare i  contratti istituzionali di sviluppo, da ultimo, il D.L. n. 91/2017, all'articolo 7, ha previsto che, per accelerare l'attuazione di interventi complessi, definiti dalla norma come "aventi natura di grandi progetti" ovvero di "investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedano un approccio integrato e l'impiego di fondi strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse nazionali e europee", sia il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno ad individuare gli interventi per i quali si procede alla sottoscrizione di appositi Contratti istituzionali di sviluppo, su richiesta delle amministrazioni interessate, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 36 del regolamento(UE) n. 1303/2013.

Tale articolo dispone, infatti, che qualora una strategia di sviluppo urbano o un'altra strategia o patto territoriale richieda un approccio integrato che comporti investimenti del Fondo sociale europeo, del Fondo europeo sviluppo regionale o del Fondo di coesione nell'ambito di più assi prioritari di uno o più programmi operativi, le azioni possono essere eseguite sotto forma di investimento territoriale integrato ("ITI") e possono a tal fine essere integrate da un sostegno finanziario dal FEASR(Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) o dal FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca).

Secondo quanto risulta dal sito relativo ai Contratti istituzionali di sviluppo, https://temi.camera.it/leg17/resources/img/freccia-link-blu.png  i CIS attualmente attivati – cui dovrebbe aggiungersi quello recentemente intervenuto per l'area di Taranto - sono i seguenti:

·         CIS: Napoli-Bari-Lecce/Taranto;

·         CIS: Messina-Catania-Palermo;

·         CIS: Salerno-Reggio Calabria;

·         CIS: Adeguamento itinerario SS Sassari-Olbia.

 

 

Il comma 192 stabilisce che il Commissario straordinario, con proprie ordinanze, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 189 del 2016, può destinare agli interventi di investimento individuati nel contratto istituzionale di sviluppo di cui al comma 191, risorse, nel limite di 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022, a valere sulle risorse disponibili nella contabilità speciale a lui assegnata, di cui all'articolo 4, comma 3, del citato decreto-legge n. 189 del 2016.

 

Si segnala che l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 189 del 2016 dispone che, per l'esercizio delle proprie funzioni, il Commissario straordinario provvede anche a mezzo di ordinanze, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'ordinamento europeo. Le ordinanze sono emanate sentiti i Presidenti delle Regioni interessate nell'ambito della cabina di coordinamento di cui all'articolo 1, comma 5, e sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

L'articolo 4, comma 3, del medesimo decreto, invece, dispone che al Commissario straordinario è intestata apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate destinate al finanziamento degli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di opere pubbliche e beni culturali, realizzazione di strutture temporanee nonché alle spese di funzionamento e alle spese per l'assistenza alla popolazione, nonché per le anticipazioni ai professionisti. Sulla contabilità speciale confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. Sulla contabilità speciale possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici di cui all'articolo 1, ivi incluse quelle rivenienti dal Fondo di solidarietà dell'Unione Europea di cui al regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002, ad esclusione di quelle finalizzate al rimborso delle spese sostenute nella fase di prima emergenza.

 

Il comma 193 specifica che nel Contratto Istituzionale di Sviluppo siano riportati, se previsto per l'intervento ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 3 del 2003, il relativo Codice Unico di Progetto (CUP), il soggetto o i soggetti attuatori, le risorse, l'importo del finanziamento e i criteri e le modalità di realizzazione. Tali interventi sono monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011 (in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti).


Comma 194
(Fondo per il sostegno alla creazione o potenziamento di centri di ricerca, e trasferimento tecnologico e all'implementazione dell'offerta formativa universitaria)

 

 

Il comma 194 -introdotto dalla Camera - istituisce nello stato di previsione del MEF un fondo da trasferire al bilancio autonomo del Dipartimento per le politiche di coesione, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 per ognuna delle regioni Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche, per il sostegno:

- alla creazione o al potenziamento di centri di ricerca;

- al trasferimento tecnologico;

- all’ampliamento dell’offerta formativa universitaria.

La finalità enunciata è quella di promuovere la ricerca, il trasferimento tecnologico e la formazione universitaria in ognuna delle suddette regioni in quanto interessate dagli eventi sismici del 2016.

 

 

Il fondo è ripartito, con decreto del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini, criteri e modalità di accesso e rendicontazione, tra i centri di ricerca e le università esistenti nel territorio delle citate regioni dell’Italia centrale colpite dagli eventi sismici del 2016, selezionati a seguito di apposito bando da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione - periodo di programmazione 2021-2027.

 


Comma 195
(Fondo sperimentale per la formazione turistica esperienziale)

 

 

Il comma 195, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo sperimentale per la formazione turistica esperienziale con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, per migliorare le capacità professionali degli operatori del settore e aumentare l’attenzione da parte degli stessi alla sostenibilità ambientale.

Il Fondo è ripartito tra le regioni di cui al comma 188 - Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia - ed è vincolato all’organizzazione di corsi di formazione esperienziale riferiti ad ambiti della filiera del turismo.

Con decreto interministeriale (decreto del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo) sono individuate le modalità di accesso al fondo, i criteri per la ripartizione delle risorse e l’ammontare del contributo concedibile.

 

Secondo il Piano Strategico per il turismo 2017-2022 (approvato nella scorsa legislatura, ai sensi dell'articolo 34- quinquies del D.L. 179/2012 (L. n. 22/2012)) nello scenario dei trend a livello globale, il primo elemento di interesse per l’Italia si conferma quello della cultura, insieme al quale viene confermato il sempre maggiore interesse nei confronti di proposte di “destinazioni nuove” da scoprire e di “vacanze esperienziali” quali motivi di scelta di una vacanza.

La cultura e il paesaggio, dunque, oltre a connotare fortemente la nostra immagine nel mondo, costituiscono gli asset principali del nostro portafoglio di prodotti turistici. L’approccio tradizionale dei mercati non è al riguardo più sufficiente: un solo turista straniero su dieci viene in Italia con un viaggio organizzato e sempre più i “clienti” sono non solo gli organizzatori della propria vacanza ma anche i “certificatori” che fungono da guida per altri (offline e online) e parte attiva nella creazione di prodotti turistici. I target diventano più estesi e trasversali a culture e classi sociali, mentre cresce una maggiore sensibilità/attenzione per “sostenibilità ed esperienza del territorio”.

 

Si ricorda che nella seduta del 10 luglio 2019 è stato approvato alla Camera il disegno di legge 1698 recante “Delega al Governo in materia di turismo”, ora al Senato (AS 1413), che all’articolo 1 definisce come esperienziale il turismo “basato sullo sviluppo di una specifica forma di offerta turistica finalizzata, tramite l'esperienza diretta, alla promozione e alla valorizzazione dei mestieri che caratterizzano l'identità di ciascun territorio e che sono riconosciuti per il loro alto valore artistico, ingegneristico e di tradizione”.

 


Commi 196-200
(Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali)

 

 

Il comma 196 è volto a ridenominare il Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne in “Fondo di sostegno ai comuni marginali”, destinandolo al finanziamento di interventi a supporto della coesione sociale e dello sviluppo economico nelle aree del Paese maggiormente colpite dal fenomeno dello spopolamento e con limitata offerta di servizi alle persone e alle attività economiche.

Il Fondo viene rifinanziato nella misura di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Rientrano nella dotazione del nuovo Fondo anche la quota parte delle risorse, già stanziate in favore dell’ex Fondo di sostegno delle attività economiche, destinate ad interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati (comma 198).

Il Fondo viene altresì rifinanziato, nella misura di 48 milioni di euro per il 2021, di 43 milioni di euro per il 2022 e di 45 milioni di euro per il 2023, per la realizzazione, in comuni di specifici territori, di interventi di sostegno alle attività economiche finalizzati al contrasto dei fenomeni di deindustrializzazione e impoverimento del tessuto produttivo (comma 200).

Al riparto delle risorse del Fondo si provvede con DPCM.

Resta fermo quanto disposto dalla normativa vigente in merito all’attuale Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, per gli anni 2020, 2021 e 2022 (comma 197).

 

Il comma 196 ridenomina il vigente Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, istituito dal comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020, che assume la nuova denominazione di “Fondo di sostegno ai comuni marginali”.

Il nuovo Fondo viene destinato al finanziamento di interventi volti a favorire la coesione sociale e lo sviluppo economico nei comuni particolarmente colpiti dal fenomeno dello spopolamento e per i quali si riscontrano particolari problematiche di attrattività per la limitata offerta di servizi materiali e immateriali alle persone e alle attività economiche, ponendosi come un intervento complementare alla SNAI, Strategia nazionale per le aree interne[61].

 

Al riguardo, la Relazione illustrativa del disegno di legge precisa che i comuni marginali sono definiti in base all’individuazione di criteri di selezione complementari rispetto all’attuale classificazione dei comuni delle aree interne, basati sulla dimensione demografica dei comuni e sul loro grado di perifericità rispetto a contesti territoriali a più elevato sviluppo e di sofferenza nella locale offerta di servizi materiali e immateriali per cittadini e imprese.

 

Il comma 197 stabilisce che per gli anni 2020, 2021 e 2022 resta fermo quanto disposto dalla normativa vigente in merito alla disciplina del vigente Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, di cui ai commi 65-ter, 65-quater e 65-quinquies dell’articolo 1 della legge n. 205/2017, come introdotti dal comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020 e dall’articolo 243, comma 1, del D.L. n. 34/2020.

 

Si rammenta che il Fondo di sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne – che viene qui ridenominato - è stato istituito con la legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 1, co. 313, lett. d) legge n. 160 del 2019, che ha introdotto i commi 65-ter e 65-quater nell'articolo 1 della legge di bilancio n. 205 del 2017). La norma prevede che il Fondo sia ripartito tra i comuni rientranti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

A seguito dell’emergenza sanitaria, il Fondo è stato rifinanziato dal D.L. n. 34/2020 (articolo 243) nell’importo di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, per consentire ai comuni delle aree interne di fronteggiare le maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia di Covid-19 (a tal fine, è stato introdotto il comma 65-quinquies nell’art. 1, L. n. 205/2017).

Un ulteriore finanziamento del Fondo è stato disposto, dal medesimo art. 234 del D.L. n. 34/2020, nell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 destinati alla realizzazione interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati (comma 65-sexies, L. n. 205/2017). La norma prevede, per il riparto di queste somme, un apposito D.P.C.M. per l’individuazione degli enti beneficiari, su proposta del Ministro del sud e della coesione territoriale, sulla base di specifici criteri: spopolamento, deprivazione sociale, indicatori del reddito delle persone giuridiche e delle persone fisiche inferiori alle medie di riferimento. La norma destina le risorse in questione (30 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023) alla realizzazione di specifici interventi: a) adeguamento di immobili appartenenti al patrimonio disponibile da concedere in comodato d'uso gratuito per l'apertura di attività commerciali, artigianali o professionali per un periodo di cinque anni; b) contributi per l'avvio delle attività commerciali ed artigianali ed agricole; c) contributi a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, a titolo di concorso per le spese di acquisto, di ristrutturazione di immobili da destinare ad abitazione principale del beneficiario.

Le risorse complessive del Fondo in questione sono reperite a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC) della programmazione 2014-2020.

 

Il comma 198 dispone un incremento delle risorse del Fondo di sostegno di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

Tali risorse, unitamente a quelle già stanziate dal comma 65-sexies dell’art. 1 della legge n. 205/2017 sopra illustrato (pari a ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, destinati alla realizzazione interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati) sono ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione. Agli oneri derivanti da tale incremento delle risorse del Fondo si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020 (comma 199).

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) - disciplinato dal D.Lgs. n. 88/2011 – reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.

Per quel che concerne il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo pari a 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

 

Il comma 200, introdotto alla Camera, dispone un ulteriore incremento del Fondo, di 48 milioni di euro per il 2021, di 43 milioni di euro per il 2022 e di 45 milioni di euro per il 2023. Tali risorse sono destinate alla realizzazione di interventi di sostegno alle attività economiche finalizzati al contrasto dei fenomeni di deindustrializzazione e impoverimento del tessuto produttivo.

Lo stanziamento è specificamente destinato ai Comuni dei territori di cui all’articolo 3 della legge n. 646/1950 (ossia i comuni delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, i comuni delle province di Latina e Frosinone, l'Isola d'Elba, i Comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, i Comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto e i Comuni della provincia di Roma compresi nella zona del comprensorio di bonifica di Latina) non ricompresi nelle aree oggetto dell’agevolazione di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto-legge n.104/2020 (ossia nelle aree svantaggiate oggetto dell’agevolazione contributiva cd. Decontribuzione per il sud, individuate nelle regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento della media EU27 o comunque compreso tra il 75 per cento e il 90 per cento, e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale).

Il riparto delle risorse, nonché la definizione dei termini e delle modalità di accesso alle risorse e di rendicontazione, sono rimessi a un DPCM da adottare su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale.

Alla copertura degli oneri si provvede in parte (33 milioni per il 2021, 28 milioni per il 2022 e 30 milioni per il 2023) ai sensi del comma 163 del disegno di legge in esame (che prevede la riduzione della platea dei beneficiari della cd. Decontribuzione per il sud, escludendo tra l’altro gli enti pubblici economici, gli enti trasformati in società di capitali, le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, le aziende speciali costituite anche in consorzio degli enti locali, i consorzi di bonifica e industriali, gli enti morali e gli enti ecclesiastici) e in parte (15 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023) mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – Programmazione 2021-2027.

 

 


Commi 201-202
(Sostegno al tessuto economico delle imprese con sede nei comuni che hanno registrato interruzioni della viabilità)

 

 

Il comma 201 - introdotto dalla Camera - istituisce un fondo con una dotazione di 500.000 euro per il 2021 per l'erogazione di contributi a fondo perduto al fine di sostenere il tessuto economico e produttivo delle imprese non industriali, con sede legale o unità produttiva nei comuni in cui si sono verificati, nel corso del 2020, interruzioni della viabilità causati da crolli di infrastrutture stradali rilevanti per la mobilità territoriale.

 

Il comma 202 - del pari introdotto dalla Camera - demanda a un decreto del il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la definizione dei criteri, degli importi e delle modalità di erogazione del fondo istituito dal comma 201.

 


Commi 203-205
(
Scuole innovative nei piccoli comuni delle regioni meridionali)

 

 

I commi 203-205, introdotti durante l’esame alla Camera, prevedono la destinazione da parte dell’INAIL di € 40 mln per la costruzione di scuole innovative nei piccoli comuni delle aree interne delle regioni meridionali.

 

Si tratta della tipologia di scuole prevista dall’art. 1, co. 153, della L. 107/2015, richiamato dal testo che, al contempo, richiama le finalità di cui all’art. 1, co. 677 e 678, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), che ha previsto la realizzazione di scuole innovative nelle aree interne del Paese[62].

 

L’art. 1, co. 153-158, della L. 107/2015 ha disposto la realizzazione di edifici scolastici innovativi dal punto di vista architettonico, tecnologico, impiantistico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzati dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio.

In particolare, a tal fine, ha previsto l’utilizzo delle risorse – pari a complessivi € 300 mln nel triennio 2015-2017 – che, in base all’art. 18, co. 8, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) l'INAIL avrebbe dovuto destinare ad un piano di messa in sicurezza delle scuole e di costruzione di nuovi edifici scolastici. I canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato nella misura di € 3 mln per il 2016, € 6 mln per il 2017 ed € 9 mln annui a decorrere dal 2018.

Ha, altresì, previsto che con decreto dell’allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovevano essere ripartite le risorse tra le regioni e individuati i criteri per l'acquisizione da parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa.

Con altro decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni, doveva essere indetto un concorso con procedura aperta avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni.

La ripartizione delle risorse – pari a € 300 mln – fra le regioni e la definizione dei criteri è stata operata con DM 593 del 7 agosto 2015.

Con DM 3 novembre 2015, n. 860 l’allora MIUR ha annunciato l'indizione, con decreto del competente direttore generale, del "Concorso di idee per la realizzazione di scuole innovative", fissando l'importo dei premi. Il concorso è stato bandito con D.D. 7746 del 12 maggio 2016.

 

Successivamente:

·       l’art. 1, co. 717, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha disposto che l'INAIL doveva destinare alla realizzazione delle scuole innovative, compresa l'acquisizione delle relative aree di intervento, ulteriori € 50 mln. Anche in questo caso, i canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato nella misura di € 1,5 mln annui a decorrere dal 2018;

·      il 6 novembre 2017 sono stati proclamati i vincitori del concorso di idee;

·      l’art. 1, co. 677 e 678, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha disposto che, per la prosecuzione del programma di costruzione di scuole innovative di cui alla L. 107/2015 nelle aree interne del Paese, l’INAIL doveva destinare € 50 mln. I canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato nella misura di € 1,5 mln annui a decorrere dal 2019;

·      l’art. 4, co. 3-ter, del D.L. 86/2018 (L. 97/2018) ha soppresso, de futuro, nell’ambito della procedura per l’individuazione degli interventi da finanziare per la costruzione di scuole innovative, lo specifico concorso che doveva essere indetto dal MIUR, avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni;

·      l’art. 42-bis, co. 2 e 4, del D.L. 109/2018 (L. 130/2018) ha autorizzato la spesa di € 9 mln per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 per la progettazione delle scuole innovative previste dalla L. 107/2015. Ha, altresì, disposto che le risorse destinate alla progettazione sono anticipate agli enti locali per stati di avanzamento dei livelli di progettazione e poi scomputate dall’INAIL all’atto della quantificazione dell’importo dovuto agli enti locali per l’acquisizione delle aree oggetto di intervento;

·      l’art. 1, co. 261 e 262, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), al fine di favorire il completamento delle scuole innovative previste dalla L. 107/2015, ha previsto che le eventuali economie non assegnate, nei limiti delle risorse di cui all’art. 18, co. 8, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), possono essere destinate, su segnalazione dell'INAIL, per quanto qui interessa, alla costruzione delle stesse scuole, nonché a progetti finanziati solo parzialmente con le risorse attribuite alle singole regioni in attuazione della richiamata normativa;

·      l’art. 232, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) – modificando l’art. 1, co. 717, della L. 208/2015 – ha disposto che le somme da esso previste incassate dagli enti locali attraverso la cessione delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL sono destinate (solo) prioritariamente alla realizzazione delle ulteriori fasi progettuali finalizzate alla cantierizzazione, e ha introdotto fra le destinazioni delle stesse anche il completamento dell'intervento oggetto del concorso;

·      l’art. 32-bis, co. 1 e 2, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020), introdotto durante l’esame parlamentare, istituendo nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione un fondo con una dotazione pari a € 3 mln per il 2020 e a € 6 mln per il 2021, destinato a facilitare le procedure per il reperimento di spazi per garantire il corretto e regolare avvio e svolgimento dell'a.s. 2020/2021, ha disposto che ai relativi oneri si provvede, per quanto qui interessa, quanto a € 1,5 mln per il 2020 mediante corrispondente riduzione delle risorse previste dall'art. 1, co. 717, della L. 208/2015 e, quanto a € 1,5 mln per ciascuno degli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse previste dall'art. 1, co. 678, della L. 205/2017.
Al riguardo, la
relazione tecnica aggiornata faceva presente che si tratta di risorse disponibili. “Infatti, allo stato sono state avviate le procedure per l'individuazione e la stima delle aree di costruzione. Tuttavia, non è al momento stata conclusa questa fase preliminare e non sono state stipulate le relative convenzioni attuative con l'INAIL per disciplinare anche le modalità di corresponsione dei canoni una volta realizzate le scuole innovative [..]. Si evidenzia che le risorse in questione non saranno impegnate contabilmente negli anni 2020 e 2021 per mancanza della convenzione con l'INAIL, che costituisce il presupposto giuridico dell'impiego contabile. Pertanto, queste risorse possono essere destinate ad altre e più urgente finalità senza determinare un danno alle procedure in corso”.

 

Qui la pagina dedicata sul sito  del Ministero dell’istruzione.

 

In particolare, il comma 203 dispone che l’INAIL destina, nell’ambito del piano triennale di investimenti immobiliari 2021-2023, l’ulteriore somma di € 40 mln, a valere sulle risorse a tal fine autorizzate dal Ministero dell’economia e delle finanze, per la costruzione delle scuole innovative di cui all’art. 1, co. 153, della L. 107/2015 in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti delle regioni Abruzzo, Campania, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Ciò, sia per contrastare lo spopolamento dei comuni del Mezzogiorno, sia – come già detto - per le finalità di cui all’art. 1, co. 677 e 678, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018).

 

Il comma 204 dispone che le iniziative di cui al comma 203 sono individuate attraverso un avviso pubblico predisposto dal Ministero dell’istruzione, di concerto con il Ministero per il Sud e la coesione territoriale.

 

Infine, il comma 205 autorizza una spesa di € 0,3 mln per il 2022, € 0,6 mln per il 2023 e € 1,2 mln annui dal 2024 per la copertura degli oneri relativi ai canoni di locazione da corrispondere all’INAIL.


Commi 206 e 208-212
(Misure per il sostegno alla liquidità delle imprese)

 

 

I commi prorogano ed estendono la disciplina sull’intervento straordinario in garanzia di SACE a supporto della liquidità delle imprese colpite dalle misure di contenimento dell’epidemia da COVID-19 (cd. “Garanzia Italia”), contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.

In particolare, il comma 206, lettera a) proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività della misura.

La lettera a) interviene anche sulle esposizioni che possono essere assunte da CDP S.p.A. derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza, prorogando anch’esse al 30 giugno 2020.

La lettera b) estende l’ambito di applicazione della garanzia SACE alle cessioni dei crediti effettuate dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari senza garanzia di solvenza del cedente (dunque alle cessioni pro soluto, mentre, attualmente, la garanzia SACE opera solo per le cessioni pro solvendo). Quanto disposto dalla lettera b) si applica per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020 (comma 211).

La lettera c) estende la garanzia SACE ad operazioni di finanziamento con rinegoziazione del debito, purché si preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo e/o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello rinegoziato. Quanto disposto dalla lettera c) si applica per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020 (comma 211).

Il comma 208 conseguentemente consente che, in caso di rinegoziazione del debito, la quota destinata al rimborso di finanziamenti erogati dai medesimi soggetti finanziatori non sia accreditata su apposito conto corrente dedicato.

Il comma 209, modificato in prima lettura, implementa ulteriormente l’operatività della garanzia SACE. A decorrere dal 1° marzo (e non più 1° gennaio 2021 (come previsto dal testo originario della norma) e fino al 30 giugno 2021, la società SACE S.p.A. rilascia garanzia alle imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap), a titolo gratuito, fino alla copertura del 90 per cento del finanziamento, per un importo massimo garantito fino a 5 milioni di euro, o inferiore, tenuto conto dell’ammontare in quota capitale non rimborsato di eventuali finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI. Il comma in esame è in sostanza finalizzato a consentire alle imprese “mid-cap” di poter accedere allo strumento Garanzia Italia alle medesime condizioni agevolate offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo Centrale di garanzia ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020, la cui operatività straordinaria, per le imprese “mid cap”, è prevista fino al 28 febbraio 2021 dal comma 245 del disegno di legge.

Nel corso dell’esame in prima lettura, è stato specificato che talune condizioni previste dall’articolo 1 del D.L. n. 23/2020 per il rilascio della Garanzia Italia SACE non trovano applicazione per le mid-cap.

Inoltre, il comma 209 dispone che a decorrere dal 1° luglio 2021, le predette imprese “mid cap” possono accedere, con una percentuale di copertura fino all’80 per cento dell’importo del finanziamento, alle garanzie SACE rilasciate a condizioni di mercato, ai sensi di quanto previsto dalla disciplina ordinaria inerente le attribuzioni della stessa SACE, comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003.

Il comma 210 modifica peraltro tale ultima disciplina al fine di specificare la percentuale di copertura delle garanzie, di consentirne il rilascio, da parte di SACE, oltre che in favore di banche, istituzioni finanziarie e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, anche in favore delle imprese di assicurazione, nazionali o internazionali, autorizzate all’esercizio del ramo credito e cauzioni, nonché di consentire a SACE di rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia.

Ai sensi del comma 212, fanno capo a SACE S.p.a. gli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato delle misure di aiuto concesse ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.

 

Segnatamente, il comma 206, lettera a) proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività dell’intervento straordinario in garanzia di SACE previsto dall’articolo 1 del D.L. n. 23/2020 a supporto della liquidità delle imprese colpite dalle misure di contenimento dell’epidemia.

 

A tal fine, modifica il comma 1 e il comma 2, lettera a) del citato articolo 1 D.L. n. 23/2020, autorizzando SACE S.p.A. a concedere fino al 30 giugno 2021 (e non più fino al 31 dicembre 2020) le garanzie in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese, con sede in Italia, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

La garanzia SACE è dunque rilasciata entro il 30 giugno 2021 (e non più fino al 31 dicembre 2020), per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento di durata fino a 36 mesi.

 

Per far fronte alla grave emergenza economica determinata dalla pandemia da coronavirus, e sostenere la liquidità del sistema produttivo, fortemente colpito dalle misure restrittive di contrasto all’espansione del virus, il D.L. n. 23/2020 delinea uno schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI (articolo 1 e articolo 13).

In particolare, per quanto qui interessa, l'articolo 1 del D.L. n. 23/2020, come modificato dal D.L. n. 104/2020, autorizza SACE S.p.A.  a concedere - fino al 31 dicembre 2020 - garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti dell'epidemia Covid-19. L'intervento in garanzia di SACE, non si sovrappone a quello del Fondo di garanzia PMI, bensì lo completa, in quanto interviene per categorie di imprese medio grandi e anche per PMI - ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti - che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Sono escluse dal beneficio le società che, direttamente o indirettamente, controllano o sono controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali.

Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti.

Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e a tal fine è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione iniziale pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il Decreto legge n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo, di 30.000 milioni di euro per l'anno 2020 (articolo 31).

La garanzia SACE è rilasciata, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti bancari accordati alle seguenti condizioni:

§  durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi;

§  impresa beneficiaria, che al 31 dicembre 2019 non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà, e che al 29 febbraio 2020 non aveva nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate. Possono comunque beneficiare delle garanzie anche le imprese che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non siano classificabili come deteriorate, non presentino importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente;

§  importo del prestito garantito che, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, non superiore al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;

§  percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 percento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese;

§  assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;

§  destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali. Secondo quanto inserito in sede di esame parlamentare, il finanziamento deve essere destinato, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID.

Le garanzie straordinarie SACE, si applicano, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente, effettuate dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari (comma 1-bis, dell’art. 1 del D.L. n. 23/2020).

SACE ha pubblicato un manuale operativo attuativo di quanto previsto dall'articolo 1 del D.L. n. 23/2020 (aggiornato al 9 luglio 2020).

Le misure previste dall'articolo 1 e dall'articolo 13 del Decreto Legge 23/2020 sono state autorizzate dalla Commissione europea in data 14 aprile 2020 (SA56963), in quanto ritenute compatibili con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.

Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza.

Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro).

L’intervento di proroga della garanzia SACE contenuto nell’articolo qui in esame è dunque adottato ai sensi di quanto consentito dalla recente quarta modifica del “Temporary framework”.

La versione consolidata del Temporary Framework è stata pubblicata dalla Commissione UE, sul sito istituzionale. Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

Infine, quanto ai dati attuativi della misura, si rinvia al comunicato (qui il link) del 9 dicembre, della Task Force per le misure sostegno della liquidità (MEF, MISE, BANCA D'ITALIA, ABI, MEDIO CREDITO CENTRALE, SACE).

Quanto alle garanzie rilasciate da SACE, i volumi dei prestiti garantiti raggiungono 18,2 miliardi di euro, per un totale di 1.092 operazioni.

 

Il comma 206, lettera a) interviene, inoltre, sull’articolo 1, comma 13, del D.L. n. 23/2020. Ai sensi di tale norma, lo Stato può concedere garanzia sulle esposizioni[63] di Cassa depositi e prestiti assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 derivanti da garanzie (anche di prima perdita) su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese, con sede in Italia, che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza epidemiologica e che prevedano modalità tali da assicurare la concessione da parte dei finanziatori di nuovi finanziamenti in funzione dell'ammontare del capitale regolamentare liberato per effetto delle garanzie stesse.

Con la novella in esame, le esposizioni di Cassa depositi e prestiti garantite dallo Stato possono essere assunte da CDP sino al 30 giugno 2021.

 

Il comma 206, alla lettera b), estende l’ambito di applicazione delle garanzie SACE anche alle cessioni dei crediti effettuate dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari senza garanzia di solvenza del cedente.

A tal fine, la lettera novella l’articolo 1, comma 1-bis del D.L. n. 23/2020, il quale attualmente invece consente l’intervento in garanzia di SACE solo per le cessioni di crediti con garanzia di solvenza.

 

Quanto disposto dalla lettera b) si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 211, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge afferma che l’allargamento della garanzia pubblica alle cessioni di credito pro soluto consentirebbe di anticipare e assicurare i flussi monetari relativi alla transazione commerciale adottando un approccio flessibile che si adatti alla dinamica del fatturato, senza gravare il bilancio dell’impresa cedente di ulteriori debiti finanziari.

 

L’articolo 1, comma 1-bis del D.L. n. 23/2020 attualmente dispone l’applicazione della disciplina della garanzia SACE alle cessioni di crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate dalle imprese dopo il 7 giugno 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto) - anche ai sensi della legge sul factoring, o cessione in blocco dei crediti d’impresa, legge 21 febbraio 1991, n. 52 - a favore di banche e intermediari finanziari, iscritti all’albo di cui all’art. 106 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993).

Con tale previsione è stato fornito uno strumento di supporto complementare rispetto alle garanzie che SACE può prestare sui finanziamenti bancari, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 23.

Le imprese che possono beneficiare della garanzia sulla cessione dei crediti pro solvendo sono le stesse che possono beneficiare della garanzia SACE sui finanziamenti, dunque, imprese medio grandi e anche le PMI - ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti - che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA.

I limiti di importo del prestito garantito da SACE, e le percentuali di copertura della garanzia SACE, vanno riferiti all’importo del corrispettivo pagato al cedente per la cessione dei crediti.

Le modalità attuative ed operative della misura, nonché ulteriori elementi e requisiti integrativi, sono state demandate ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e finanze. La specificazione della procedura e la documentazione necessaria per il rilascio della garanzia è stata demandata a SACE.

 

La lettera c) del comma 206 amplia l’ambito di intervento della garanzia SACE sui finanziamenti bancari. A tal fine, modifica il comma 2 dell’articolo 1, del D.L. n. 23/2020, che elenca le condizioni in presenza delle quali tale garanzia è ammessa.

In particolare, integra la lettera n), la quale attualmente dispone che il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, nonché investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, e le medesime imprese si devono impegnare a non delocalizzare le produzioni.

La lettera c) dispone che ovvero”, il prestito deve essere destinato al rimborso di finanziamenti nell’ambito di operazioni di rinegoziazione del debito accordato in essere dell’impresa beneficiaria purché il finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo e/o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione.

Si valuti l’opportunità di meglio formulare la novella in esame, posto che l’uso della congiunzione “ovvero” – inserita dopo la previsione contenuta nella lettera n) relativa all’obbligo per le imprese beneficiarie di avere sede in Italia e di non delocalizzare le produzioni – potrebbe dare luogo a problemi di tipo interpretativo.

 

Quanto disposto dalla lettera c) si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 211, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020.

 

La relazione illustrativa afferma che la lettera c) in esame è finalizzata ad assicurare liquidità alle imprese colpite dall’epidemia COVID-19 consentendo loro, alle condizioni date, di poter impiegare lo strumento di “Garanzia Italia” SACE anche per rinegoziare/consolidare indebitamenti esistenti.

 

Il comma 208, attraverso una modifica all’articolo 1-bis, lettera d) del D.L. n. 23/2020, in sostanza consente che, in caso di rinegoziazione del debito, la quota destinata al rimborso di finanziamenti già erogati dai medesimi soggetti finanziatori (dunque, la quota destinata alla rinegoziazione dei debiti esistenti con il medesimo finanziatore) non sia accreditata su apposito conto corrente dedicato.

In tal modo, afferma la relazione illustrativa, si vuole consentire alla banca di effettuare eventuali compensazioni tra importi a debito e a credito.

 

Nel dettaglio, il comma 208 modifica l’articolo 1-bis del D.L. n. 23/2020, il quale prevede che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all’articolo 1 dello stesso decreto-legge, siano integrate da autocertificazione, con la quale l’istante dichiara i propri dati aziendali e la presenza di una serie di condizioni per il rilascio del finanziamento garantito, nonché dichiara che è consapevole che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati (comma 1, lettera d)).

Il comma 208 introduce un’eccezione alla previsione di un conto corrente dedicato su cui accreditare i finanziamenti garantiti da SACE, per l’eventuale quota di tali prestiti destinata al rimborso di finanziamenti erogati dai medesimi soggetti finanziatori.

 

Quanto disposto dal comma 208 si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 211, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020

 

In particolare l’articolo 1-bis, comma 1 del D.L. n. 23/2020 dispone che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all’articolo 1 del decreto legge in esame, siano integrate da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445/2000. Con tale dichiarazione il titolare o il legale rappresentante dell'impresa attestano:

a)    che l’attività d’impresa è stata limitata o interrotta dall’emergenza epidemiologica COVID-19 o dagli effetti derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una situazione di continuità aziendale;

b)   che i dati aziendali forniti su richiesta dell’intermediario finanziario sono veritieri e completi;

c)    che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera n), il finanziamento coperto dalla garanzia è richiesto per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che sono localizzati in Italia;

d)   di essere consapevoli che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati;

e)    di non trovarsi nelle condizioni ostative previste dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

f)    che nei confronti del titolare o del legale rappresentante non è intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni.

 

Il comma 209, modificato nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera dei deputati, introduce un nuovo articolo 1-bis.1 nel D.L. n. 23/2020, il quale implementa ulteriormente la garanzia straordinaria SACE (cd. Garanzia Italia) prevista nell’articolo 1 dello stesso decreto legge.

Ai sensi del comma 1 di tale nuovo articolo, a decorrere dal 1° marzo (e non più 1° gennaio 2021 (come previsto dal testo originario) e fino al 30 giugno 2021, la società SACE S.p.A. rilascia garanzia (ex art. 1 del D.L. n. 23/2020) alle imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap), a titolo gratuito, fino alla copertura del 90 per cento del finanziamento, per un importo massimo garantito fino a 5 milioni di euro, o inferiore, tenuto conto dell’ammontare in quota capitale non rimborsato di eventuali finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI.

La norma in esame dunque consente alle imprese “mid-cap”, dal 1 marzo 2021 al 30 giugno 2021, di poter accedere allo strumento Garanzia Italia alle medesime condizioni agevolate attualmente offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo Centrale di garanzia ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c) del D.L. n. 23/2020, e segnatamente: concessione delle garanzie a titolo gratuito, percentuale di copertura del 90 per cento e importo massimo dei finanziamenti fissato a 5 milioni di euro.

Il numero di dipendenti delle mid cap è individuato sulla base delle unità di lavoro-anno rilevate per l'anno 2019.

 

Alla luce del perdurare delle difficoltà economiche nelle circostanze eccezionali della pandemia di Covid-19, si intende dunque consentire alle imprese mid-cap di poter continuare a beneficiare sino al 30 giugno 2021 delle garanzie sui finanziamenti suddetti alle medesime condizioni agevolate vigenti oggi ai sensi dell’art. 13, comma 1 del D.L. n. 23, allocando sullo strumento di Garanzia Italia, gestito da SACE S.p.A., il rilascio di tali specifiche garanzie, ora invece rilasciate dal Fondo di garanzia PMI.

Il comma 209, letto in combinato disposto con quanto prevede comma 245 del disegno di legge in esame, opera in sostanza una “migrazione” delle competenze nel rilascio delle suddette garanzie dal Fondo di garanzia PMI allo strumento “garanzia Italia” SACE, di cui all’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, che viene contestualmente prorogato sino al 30 giugno 2021.

Secondo quanto previsto dal comma 245 del disegno di legge, il Fondo di garanzia PMI può rilasciare - ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020 - le predette garanzie sui finanziamenti alle imprese cd. “mid capsino al 28 febbraio. Successivamente, dunque, interviene SACE.

 

Nel corso dell’esame in prima lettura, è stato inoltre specificato che alle garanzie che saranno così rilasciate da SACE per le midcap, non si applica la condizione prevista dalla lettera l) del comma 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020. Non si applica dunque l’obbligo, per l’impresa beneficiaria, di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali. Inoltre, per il rilascio della garanzia stessa, si provvede con la procedura semplificata di cui al comma 6 del citato articolo 1, non trovando applicazione le procedure “più aggravate” contenute nei commi 7 e 8 del medesimo articolo 1 del D.L. n. 23.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 1.bis.1 dispone, infine, che – in ordine alle predette garanzie rilasciate da SACE alle imprese “mid cap” - rimane fermo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 1, del D.L. n. 23, ai sensi del quale – ai fini dell'individuazione del limite di importo garantito - si fa riferimento al valore del fatturato in Italia e dei costi del personale sostenuti in Italia da parte dell'impresa ovvero su base consolidata qualora l'impresa appartenga ad un gruppo. Ai fini della verifica del limite, se l’impresa è beneficiaria di più finanziamenti assistiti dalla garanzia SACE o da altra garanzia pubblica, gli importi si cumulano. Analogamente, se l’impresa, ovvero il suo gruppo, siano beneficiari di più finanziamenti assistiti dalla garanzia SACE, gli importi si cumulano.

I benefici - accordati ai sensi del paragrafo 3.1 della disciplina quadro sugli aiuti di Stato «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» - non devono superare le soglie ivi previste, tenuto conto di eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1.

 

Il paragrafo 3.1 punti 21-23-bis del Temporary framework della Commissione UE consente agli Stati membri di adottare regimi aiuti di importo limitato, sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni. L'aiuto non deve superare 800 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o onere). L'aiuto non può essere concesso a imprese che, al 31 dicembre 2019, si trovavano già in difficoltà (ai sensi, dell'articolo 2, punto 18) del GBER) . L'aiuto è concesso entro e non oltre il 30 giugno 2021. Nel settore della pesca e dell'acquacoltura, l'aiuto non deve superare i 120 mila euro e non deve riguardare alcuna delle categorie già escluse dal regime "de minimis" (cfr. lett. da a) a k) dell'art.1 del Reg. 717/2014/UE). Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli l'aiuto non deve superare i 100 mila euro per impresa. Nel caso in cui un'impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, lo Stato membro interessato garantisce, con mezzi adeguati come la separazione contabile, che per ciascuna attività sia rispettato il massimale pertinente e che non sia superato l'importo massimo complessivo di 800 mila euro per impresa[64]. Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 1-bis.1, le predette imprese “mid cap” possono inoltre accedere, dal 1° luglio 2021, per l’80 per cento dell’importo del finanziamento, alle garanzie SACE rilasciate a condizioni di mercato - ai sensi di quanto previsto dalla disciplina ordinaria inerente le attribuzioni della Sace, di cui al comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003, introdotto dallo stesso D.L. n. 23/2020 con l’art. 2, comma 1, lettera c).

Il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003 viene contestualmente modificato dall’articolo qui in commento, con il successivo comma 210.

 

Il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 23/2020 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.L. n. 23/2020. Fermo restando il ruolo SACE S.p.A. di export credit agency italiana, ad essa, con tale intervento, è stata riconosciuta un’ulteriore funzione: concedere garanzie sui finanziamenti alle imprese italiane, assistite dalla controgaranzia statale. Si tratta dunque di garanzie, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato relative al settore dell’esportazione che rientrano già in via ordinaria nei compiti della Società.

Nel dettaglio, il comma 14-bis autorizza SACE a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell’Unione Europea, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

L'attività è svolta in regime di contabilità separata rispetto alle attività finalizzate all’internazionalizzazione del settore produttivo italiano svolte da SACE.

Sugli impegni assunti da SACE è accordata la garanzia dello Stato a prima richiesta. Non è ammesso il ricorso diretto dei finanziatori alla garanzia dello Stato.

Il comma demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico -  la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell’Unione europea. Con il decreto sono anche individuate le attività che SACE S.p.A. svolge per conto del Ministero dell’economia e delle finanze. Il decreo non risulta allo stato ancora adottato.

 

Il comma 210 modifica il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003 al fine di:

§  introdurre la percentuale di copertura delle garanzie rilasciabili da SACE, nella misura del 70 per cento, salvo specifiche deroghe previste con legge (lettera a)).

§  consentire il rilascio delle garanzie, oltre che in favore di banche, istituzioni finanziarie e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, anche in favore delle imprese di assicurazione, nazionali o internazionali, autorizzate all’esercizio del ramo credito e cauzioni (lettera b)).

§  La relazione illustrativa motiva tale intervento in virtù dell’importante ruolo svolto da tali soggetti a favore delle imprese italiane, sia in termini di sostegno alla liquidità aziendale che di supporto per l’ottenimento di commesse nazionali e internazionali.

§  consentire a SACE S.p.A. – entro l’importo massimo di esposizione già consentito (200 miliardi) - di rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia (lettera c)).

§  La relazione illustrativa afferma che, in tale modo, si consente anche alle imprese che intendano far fronte alle proprie esigenze di liquidità con strumenti alternativi ai finanziamenti, di accedere al supporto di SACE.

§  precisare che la garanzia statale è accordata di diritto sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie disciplinate dal comma (e non sugli impegni assunti).

 

Ai sensi del comma 212, fanno capo a SACE S.p.a. gli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato delle misure di aiuto concesse ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.

 


Comma 207
(Termini scadenza titoli di credito)

 

 

Il comma 207, inserito durante l'esame parlamentare, sospende fino al 31 gennaio 2021 i termini di scadenza relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito e ogni altro atto avente efficacia esecutiva, che ricadono o decorrono nel periodo dal 1° settembre 2020 al 31 gennaio 2021

 

La disposizione prevede che i termini di scadenza relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito e ogni altro atto avente efficacia esecutiva, che ricadono o decorrono nel periodo dal 1° settembre 2020 al 31 gennaio 2021, sono sospesi fino al 31 gennaio 2021 (ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23).

 

Tale intervento segue le norme introdotte dall'articolo 11 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 che dispongono la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del decreto e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data (9 aprile 2020). L’articolo stabilisce inoltre che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino al 31 agosto 2020 non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle camere di commercio; ove già pubblicati le camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione. Sono inoltre sospese le informative al prefetto e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari, che, ove già effettuate, sono cancellate.

 

I protesti o le constatazioni equivalenti già levati nel predetto periodo sono cancellati d'ufficio.

 

Non si fa luogo al rimborso di quanto già riscosso.

 


Comma 213
(Fondo di garanzia in favore delle società finanziarie e di assicurazione)

 

 

Il comma 213, inserito nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera dei deputati, consente alle società di agenti in attività finanziaria, alle società di mediazione creditizia, nonché alle società disciplinate dal testo unico bancario TUB, D.Lgs. n. 385/1993) che svolgono le attività contrassegnate dal codice ATECO 66.21.00, ovvero le attività di periti e liquidatori indipendenti delle assicurazioni, di accedere fino al 30 giugno 2021 ai benefici di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19, previsti dall'articolo 56 del D.L. n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia,), relativo alla moratoria sui finanziamenti, e di cui all’articolo 13, comma 1, lett. m) del D.L. n. 23 del 2020 (cd. decreto Liquidità), relativo all’intervento straordinario e transitorio in garanzia del Fondo centrale di garanzia PMI. La lettera m) riguarda specificamente i finanziamenti fino a 30 mila euro garantiti al 100% dal Fondo, concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, nonché associazioni professionali e società tra professionisti, agenti e subagenti di assicurazione e broker la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19.

 

 

L’articolo 56 del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), come da ultimo modificato e integrato dall’articolo 65 e dall’articolo 77 del D.L. n. 104/2020 (L. n. 120/2020) ha riconosciuto alle micro piccole e medie imprese (MPMI) che autocertifichino di avere subito temporanea carenza di liquidità in seguito all'emergenza COVID la possibilità di usufruire di una moratoria ex lege sui finanziamenti in essere (articolo 56 del D.L. n. 18/2020, cd. "Cura Italia"). Si deve trattare di MPMI alle quali, al 17 marzo 2020 (entrata in vigore del D.L. n. 18) sono stati accordati mutui, finanziamenti a rimborso rateale, prestiti non rateali, linee di credito e le quali, alla stessa data non presentavano esposizioni classificabili, come deteriorate. Il regime di aiuto è stato approvato dalla Commissione europea il 25 marzo 2020.

La moratoria, inizialmente disposta sino al 30 settembre 2020, opera ora sino al 31 gennaio 2021, in virtù della proroga contenuta nel D.L. n. 104/2020 (articolo 65). Per le imprese del comparto turistico la moratoria, per la parte concernente il pagamento delle rate dei mutui, è ulteriormente prorogata, previa autorizzazione della Commissione UE, sino al 31 marzo 2021 (articolo 77).

Le banche e gli altri soggetti finanziatori possono accedere, su richiesta, ad una garanzia, pari al 33% degli importi, rilasciata da apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI. La sezione è stata a tal fine inizialmente dotata di 1,73 miliardi di euro per il 2020. L'importo è stato successivamente rideterminato in 1.438,4 milioni (ai sensi del D.L. n. 23/2020 e dal D.L. n. 104/2020).

Per le MPMI beneficiarie della moratoria, opera la sospensione fino al 31 gennaio 2021  delle segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia e ai sistemi di informazione creditizia (D.L. n. 23/2020, articolo 37-bis, come modificato dal D.L. n. 104/2020, articolo 65). Si rinvia, sul punto, all' Addendum all'Accordo per il Credito 2019 stipulato il 22 maggio 2020 tra Confindustria, ABI e le altre Associazioni imprenditoriali.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale temporanea e derogatoria, contenuta nell’articolo 13, comma 1 del D.L. 23/2020, la cui operatività è stata autorizzata dalla Commissione UE ai sensi del Quadro europeo temporaneo sugli aiuti di Stato durante l’attuale epidemia da COVID.

La disciplina straordinaria è destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020 e ora, con la proroga contenuta nel comma 244 del disegno di legge in esame, sino al 30 giugno 2020.

Con l’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020 stati estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per una esame analitico degli interventi del Fondo in deroga alla disciplina ordinaria, autorizzati sino al 31 dicembre 2020 e, ora, ai sensi del comma 244 del DDL in esame, sino al 30 giugno 2021, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese", nonché alla scheda di lettura relativa al comma 244.

Si ricorda in questa sede, che l’articolo 13, comma 1, lett. m) del D.L. n. 23/2020 (Legge n. 40/2020), come modificato dall’articolo 64, comma 1-bis del D.L. n. 104/2020 (L. n. 120/2020) ha previsto che: previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell'art. 108 del TFUE (il regime di aiuti è stato approvato il 14 aprile 2020), sono ammissibili alla garanzia del fondo, con copertura al 100 per cento sia in garanzia diretta che in riassicurazione, i nuovi finanziamenti - concessi da banche, intermediari finanziari e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito - in favore di piccole e medie imprese e di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, di associazioni professionali e di società tra professionisti nonché di persone fisiche esercenti attività finanziarie e assicurative di cui alla sezione K del codice ATECO la cui attività d'impresa è stata danneggiata dall'emergenza COVID-19, secondo quanto attestato dall'interessato mediante autocertificazione.

Il finanziamento così garantito dal Fondo è concesso purché tali finanziamenti prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione e abbiano una durata fino a 120 mesi e un importo comunque, non superiore a 30.000 euro.

In relazione alle predette operazioni, il soggetto richiedente la garanzia del Fondo – dunque, le banche o gli altri istituti finanziari abilitati - applicano all' operazione finanziaria un tasso di interesse, nel caso di garanzia diretta, o un premio complessivo di garanzia, nel caso di riassicurazione, che tiene conto della sola copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell'operazione finanziaria e, comunque, non superiore al tasso del rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato) con durata analoga al finanziamento, maggiorato dello 0,20 per cento[65].

Sulla durata del finanziamento ed il relativo tasso di interesse, incide il DDL in esame, commi 216-218, alla cui scheda di lettura si rinvia.


Commi 214 e 215
(Cartolarizzazioni di crediti)

 

 

Il comma 214, introdotto alla Camera, apporta modifiche alla disciplina delle cartolarizzazioni dei crediti contenuta nella legge n. 130 del 1999, stabilendo che le somme corrisposte dai debitori ceduti o comunque ricevute a soddisfacimento dei crediti ceduti possono essere destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, oltre che al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, anche al soddisfacimento dei diritti derivanti dai finanziamenti alle medesime concessi per finanziare l’acquisto di tali crediti. Il comma 215 reca una disposizione interpretativa dell’articolo 7.1, comma 4, primo periodo, della medesima n. 130 del 1999, sulla cartolarizzazione di crediti deteriorati. In particolare, la relativa disciplina si interpreta nel senso che l'acquisizione, da parte delle società veicolo di appoggio, dei beni aventi la funzione di garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione, ivi compresi i beni oggetto di contratti di locazione finanziaria, può avvenire anche per effetto di scissione o altre operazioni di aggregazione.

 

Il comma 214 modifica l'articolo 1 della legge n. 130 del 1999, che definisce l'ambito di applicazione e il significato dei termini più rilevanti utilizzati nell'atto che disciplina le cartolarizzazioni di crediti. Il comma 1 stabilisce che tale legge si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti, quando ricorrono due requisiti. Il primo (lettera a) del comma 1) è relativo al fatto che il cessionario sia una "società per la cartolarizzazione dei crediti" disciplinata dal successivo articolo 3 della medesima legge.

Il secondo, recato dalla lettera b) del comma 1, integralmente sostituito dalla norma in esame, prevede che le somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti o comunque ricevute a soddisfacimento dei crediti ceduti siano destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione e al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, anche al soddisfacimento dei diritti derivanti dai finanziamenti alle medesime concessi da parte di soggetti autorizzati all’attività di concessione di finanziamenti, per finanziare l’acquisto di tali crediti. Viene inoltre specificato che, nel caso della concessione di finanziamenti, i riferimenti contenuti nel testo della legge ai titoli emessi a fronte della cartolarizzazione devono essere riferiti ai finanziamenti e i riferimenti ai portatori dei titoli devono essere riferiti ai soggetti creditori dei pagamenti dovuti da parte del soggetto finanziato ai sensi di tali finanziamenti.

 

 

La "cartolarizzazione" è un'operazione mediante la quale una società (detta originator) trasforma una attività finanziaria o reale non negoziabile (ad esempio i finanziamenti concessi da una banca) in liquidità, mediante l'emissione strumenti finanziari negoziabili. L’operazione viene effettuata mediante la cessione delle attività a una società che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione e che, in tale ambito, emette strumenti finanziari negoziabili (cosiddetta società veicolo) o mediante l’utilizzo di strumenti finanziari derivati. Il corrispettivo che la società veicolo è tenuta a pagare all’originator è ottenuto mediante l’emissione di titoli (cosiddetti Asset Backed Security - ABS). I proventi derivanti dalle attività di proprietà della società veicolo (ad esempio, i crediti acquisiti dall’originator) sono destinati esclusivamente alla realizzazione dei diritti e degli interessi dei portatori dei titoli. La materia è regolata dalla legge n. 130 del 1999 e dal Regolamento (UE) n. 2402 del 2017. Di norma, mediante le operazioni di cartolarizzazione di crediti, le banche cedono tali attività a una società veicolo la quale emette titoli suddivisi in tranches con una rischiosità diversificata. Sulla tranche meno rischiosa (detta senior) può essere rilasciata la garanzia dello Stato italiano, la cosiddetta GACS (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze) a condizione che siano rispettati i requisiti previsti dalla legge. Nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione, il soggetto tenuto alla gestione e recupero dei crediti (cosiddetto servicer) deve essere una banca o un intermediario finanziario vigilato, come definito dal decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo Unico Bancario - TUB). Questi soggetti possono esternalizzare l'attività di recupero alle società non vigilate titolari della licenza di recupero stragiudiziale di crediti ai sensi dell'articolo 115 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza - TULPS. Non può invece essere delegato a soggetti terzi non vigilati il compito di verificare la conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo.

 

Il comma 215 reca una disposizione interpretativa dell'articolo 7.1., comma 4, della legge n. 130 del 1999, relativo alla cartolarizzazione di crediti deteriorati da parte di banche e intermediari finanziari.  

Il citato comma 4 stabilisce che possono essere costituite una o più società veicolo d'appoggio, nella forma di società di capitali, aventi come oggetto sociale esclusivo il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell'interesse esclusivo dell'operazione di cartolarizzazione, direttamente o attraverso una o più ulteriori società veicolo d'appoggio, autorizzate ad assumere, totalmente o parzialmente, il debito originario, i beni immobili e mobili registrati nonché gli altri beni e diritti concessi o costituiti, in qualunque forma, a garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione, ivi compresi i beni oggetto di contratti di locazione finanziaria, anche se risolti, eventualmente insieme con i rapporti derivanti da tali contratti.

Il comma in esame chiarisce che tale disposizione si interpreta nel senso che l’acquisizione, da parte delle società veicolo di appoggio, dei beni immobili e mobili registrati nonché degli altri beni e diritti concessi o costituiti, in qualunque forma, a garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione, compresi i beni oggetto di contratti di locazione finanziaria, anche se risolti, eventualmente insieme con i rapporti derivanti da tali contratti, può avvenire anche per effetto di scissione o altre operazioni di aggregazione.


Commi 216-218
(Modifiche alla disciplina straordinaria
 del Fondo di garanzia PMI)

 

 

I commi da 216 a 218 sono stati inseriti nel corso dell’esame in prima lettura, presso la Camera dei deputati.

I commi intervengono ulteriormente - rispetto a quanto già disposto dai commi 213, 244 e 245 del disegno di legge in esame - sulla disciplina temporanea e straordinaria del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020, adottata per sostenere la liquidità delle PMI nell’attuale situazione di crisi pandemica.

Il comma 216 dispone che i finanziamenti previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera m), del D.L. n. 23/2020, garantiti dal Fondo, possano avere, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, una durata non più di 10 ma di 15 anni. Si tratta dei finanziamenti fino a 30 mila euro garantiti al 100% dal Fondo, concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, nonché associazioni professionali e società tra professionisti, agenti e subagenti di assicurazione e broker la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19.

Il comma 217 dispone che il beneficiario dei finanziamenti già concessi alla data di entrata in vigore della presente legge, può chiedere il prolungamento della loro durata fino alla durata massima di 15 anni, con il mero adeguamento della componente Rendistato del tasso d'interesse applicato, in relazione alla maggiore durata del finanziamento.

Il comma 218 apporta una modifica al criterio di calcolo del tasso di interesse, disponendo tale tasso che debba comunque essere non superiore allo 0,20 per cento aumentato del valore, se positivo, del Rendistato con durata analoga al finanziamento (novella all’articolo 13, comma 1, lettera m), quarto periodo).

 

 

Segnatamente, il comma 216 dispone che i finanziamenti previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera m), del D.L. n. 23/2020, garantiti dal Fondo, possano avere, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, una durata non più di 10 ma di 15 anni. Si tratta dei finanziamenti fino a 30 mila euro garantiti al 100% dal Fondo, concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, nonché associazioni professionali e società tra professionisti, agenti e subagenti di assicurazione e broker la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19.

Il comma 217 dispone che il beneficiario dei finanziamenti già concessi alla data di entrata in vigore della presente legge, può chiedere il prolungamento della loro durata fino alla durata massima di 15 anni, con il mero adeguamento della componente Rendistato del tasso d'interesse applicato, in relazione alla maggiore durata del finanziamento.

 

Il Fondo di garanzia PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché, garantisce talune tipologie di operazioni a favore delle PMI, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Recentemente, con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale temporanea e derogatoria - destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020, termine, questo, prorogato  sino al 30 giugno 2021 dall’articolo 1, comma 244 del disegno di legge in esame, ai sensi di quanto consentito dalla disciplina europea sugli aiuti di Stato nel contesto dell’attuale pandemia da COVID-19 (cd. Temporary Framework).

Ai sensi di tale Quadro europeo, sono stati così estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per una esame analitico degli interventi del Fondo, autorizzati in deroga alla disciplina ordinaria, sino al 31 dicembre 2020, e, ora, ai sensi del comma 244 del DDL in esame, sino al 30 giugno 2021, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese", nonché alla scheda di lettura relativa al comma 244.

Si ricorda in questa sede, che l’articolo 13, comma 1, lett. m) del D.L. n. 23/2020 (Legge n. 40/2020), come modificato dall’articolo 64, comma 1-bis del D.L. n. 104/2020 (L. n. 120/2020) ha previsto che: previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell'art. 108 del TFUE, sono ammissibili alla garanzia del fondo, con copertura al 100 per cento sia in garanzia diretta che in riassicurazione, i nuovi finanziamenti - concessi da banche, intermediari finanziari e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito - in favore di piccole e medie imprese e di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, di associazioni professionali e di società tra professionisti nonché di persone fisiche esercenti attività finanziarie e assicurative di cui alla sezione K del codice ATECO la cui attività d'impresa è stata danneggiata dall'emergenza COVID-19, secondo quanto attestato dall'interessato mediante autocertificazione. Sull’estensione dei beneficiari, si veda quanto dispone il comma 213 del disegno di legge in esame.

Il finanziamento così garantito dal Fondo è concesso purché tali finanziamenti prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall'erogazione e abbiano una durata fino a 120 mesi e un importo comunque, non superiore a 30.000 euro.

In relazione alle predette operazioni, il soggetto richiedente la garanzia del Fondo – dunque, le banche o gli altri istituti finanziari abilitati - applicano all' operazione finanziaria un tasso di interesse, nel caso di garanzia diretta, o un premio complessivo di garanzia, nel caso di riassicurazione, che tiene conto della sola copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell'operazione finanziaria e, comunque, non superiore al tasso del rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato) con durata analoga al finanziamento, maggiorato dello 0,20 per cento[66].

 

Il comma 218 apporta una modifica al criterio di calcolo del tasso di interesse, disponendo tale tasso che debba essere comunque non superiore allo 0,20 per cento aumentato del valore, se positivo, del Rendistato con durata analoga al finanziamento (novella all’articolo 13, comma 1, lettera m), quarto periodo).

 

Si evidenzia che l’operatività delle norme qui in esame è subordinata, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lett. m), primo periodo, del D.L. n. 23/2020, alla previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE.


Commi 219-226
(
Credito d’imposta per minusvalenze realizzate in “PIR PMI”)

 

 

I commi da 219 a 226 dispongono l'attribuzione di un credito d’imposta per le perdite derivanti da specifici piani di risparmio a lungo termine - PIR, a condizione che essi vengano detenuti per almeno 5 anni e il credito di imposta non ecceda il 20% delle somme investite negli strumenti medesimi. Esso è utilizzabile, in 10 quote annuali di pari importo, nelle dichiarazioni dei redditi ovvero in compensazione mediante F24. Il credito d’imposta si applica ai piani costituiti dal 1° gennaio 2021 per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021.

 

I commi in esame sono stati inseriti nel corso dell'esame alla Camera dei deputati.

 

Nel dettaglio, il comma 219 attribuisce un credito d’imposta per le perdite derivanti da specifici piani di risparmio a lungo termine - PIR, ovvero quei piani che (ai sensi dell’articolo 13-bis, comma 2-bis del decreto-legge n. 124 del 2019), per almeno i due terzi dell'anno solare di durata del piano investano almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati, di imprese residenti in Italia o in Europa con stabile organizzazione in Italia, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, ovvero in prestiti erogati a tali imprese o nei loro crediti (cfr. il Dossier n. 218 del Servizio studi della Camera per un'illustrazione della disciplina dei PIR).

Il credito di imposta spetta alle persone fisiche titolari dei piani predetti ed è pari alle minusvalenze, perdite, e differenziali negativi realizzati, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) con riferimento ai predetti strumenti finanziari qualificati, a condizione che essi vengano detenuti per almeno 5 anni e il credito di imposta non ecceda il 20% delle somme investite negli strumenti medesimi.

 

Il comma 220 precisa che il credito d'imposta di cui al comma 219 è utilizzabile, in 10 quote annuali di pari importo, nelle dichiarazioni dei redditi a partire da quella relativa al periodo d'imposta in cui le componenti negative si considerano realizzate ai fini delle imposte sui redditi, ovvero in compensazione mediante F24 (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997).

 

In base al comma 221, l’agevolazione non concorre alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sui redditi.

 

 Inoltre, in base al comma 222, al credito d'imposta non si applicano i limiti di legge per l’utilizzo e la compensabilità (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 e articolo 34 della legge n. 388 del 2000).

 

Il comma 223 chiarisce che, ai fini della determinazione dei crediti d'imposta previsti dal comma 219 e della loro spettanza, in caso di strumenti finanziari appartenenti alla medesima categoria omogenea, si considerano ceduti per primi i titoli acquistati per primi e si considera come costo quello medio ponderato.

 

Ai sensi del comma 224, le componenti negative agevolate non possono essere utilizzate o riportate in deduzione ai sensi dell'articolo 68 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) e degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997).

 

Il comma 225 chiarisce che il credito d’imposta si applica ai piani costituiti dal 1° gennaio 2021 per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021.

 

Il comma 226 effettua alcune modifiche di coordinamento al decreto-legge n. 104 del 2020 (c.d. "agosto") al fine di chiarire che i limiti di investimento nei PIR qualificati ai sensi del predetto articolo 13-bis, comma 2-bis, del decreto-legge n. 124 del 2019 sono pari a 300.000 euro all'anno e a 1.500.000 euro complessivi.


Commi 227-229
(Compensazioni multilaterali di crediti e debiti commerciali risultanti da fatture elettroniche)

 

 

I commi da 227 a 229, introdotti alla Camera, inseriscono un nuovo comma 3-bis all'articolo 4 del decreto legislativo n. 127 del 2015, per effetto del quale l'Agenzia delle entrate è tenuta a mettere a disposizione dei contribuenti una piattaforma telematica dedicata alla compensazione di crediti e debiti derivanti da transazioni commerciali risultanti da fatture elettroniche. Sono esclusi dall'ambito di operatività della piattaforma i crediti e i debiti delle amministrazioni pubbliche. La compensazione effettuata mediante piattaforma telematica produce i medesimi effetti dell'estinzione dell'obbligazione ai sensi del codice civile, fino a concorrenza dello stesso valore e a condizione che per nessuna delle parti aderenti siano in corso procedure concorsuali o di ristrutturazione del debito omologate, ovvero piani attestati di risanamento iscritti presso il registro delle imprese.

 

Il decreto legislativo n. 127 del 2015 disciplina la trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici. L'articolo 1 ha introdotto la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati. L'articolo 2 disciplina la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, il 3 detta incentivi per la tracciabilità dei pagamenti, mentre l'articolo 4 dispone semplificazioni amministrative e contabili. Per effetto del comma 227 tale articolo viene integrato con la previsione di una ulteriore misura di semplificazione, recata dal nuovo comma 3-bis.

 

In particolare, viene demandata all’Agenzia delle entrate la predisposizione di una piattaforma telematica dedicata alla compensazione di crediti e debiti derivanti da transazioni commerciali tra contribuenti (residenti o stabiliti) risultanti da fatture elettroniche (emesse ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 127 del 2015). Sono esclusi dall'ambito di operatività della piattaforma i crediti e i debiti delle amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009. Ai fini della predisposizione della piattaforma è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2021 (comma 229).

 

La compensazione effettuata mediante la piattaforma telematica produce i medesimi effetti dell’estinzione dell’obbligazione ai sensi della sezione III del capo IV del titolo I del libro quarto del codice civile, fino a concorrenza dello stesso valore e a condizione che per nessuna delle parti aderenti siano in corso procedure concorsuali o di ristrutturazione del debito omologate, ovvero piani attestati di risanamento iscritti presso il registro delle imprese.

La sezione III del capo IV del titolo I del libro quarto del codice civile prevede la disciplina della compensazione, per le quali quando due patrimoni appartenenti a soggetti diversi sono obbligati l'uno verso l'altro i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti (1241 c.c.). La compensazione opera retroattivamente risalendo al momento in cui è sorta la coesistenza (1242 c.c.). La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono egualmente liquidi ed esigibili. Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito opposto in compensazione (1243 c.c.). Quando una persona ha verso un'altra più debiti compensabili il debitore può dichiarare quale debito intende soddisfare in compensazione. In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti (1193 e 1249 c.c.).

 

Nei confronti del debito originario insoluto si applicano comunque le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 231 del 2002, in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

 

L’individuazione delle modalità di attuazione e delle condizioni di servizio è delegata a un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico e per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (comma 228).


Comma 230
(Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI)

 

 

Il comma 230 prevede la proroga sino al 31 dicembre 2021 del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle piccole e medie imprese (PMI) istituito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

 

I commi da 89 a 92 dell'unico articolo della legge di bilancio 2018 hanno istituito un credito d’imposta alle PMI in relazione alle spese di consulenza sostenute per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facility - MTF) europei, in misura pari al 50 per cento delle spese e fino a un massimo di 500.000 euro. Le citate disposizioni prevedono che il regime agevolativo abbia termine il 31 dicembre 2020 mentre, per effetto della proroga recata dalla disposizione in esame, lo stesso verrebbe esteso ai costi sostenuti fino al 31 dicembre 2021.

 

La misura è inserita in un complesso di interventi volti a potenziare strumenti per la concessione di finanziamenti al settore produttivo, alternativi rispetto al credito bancario: emissione di specifici strumenti di debito (cd. minibond), raccolta tramite portali on-line (cd. crowdfunding) e varie forme di incentivazione fiscale a favore dei soggetti che investono in strumenti finanziari emessi da PMI. Più in dettaglio, il comma 89 ha riconosciuto un credito d’imposta alle PMI (imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui attivo totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro), che abbiano iniziato, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, una procedura di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un MTF di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, e siano state effettivamente ammesse agli scambi. Il credito d'imposta, concesso nei limiti previsti dalla disciplina UE degli aiuti alle imprese compatibili con il mercato interno, ammonta al 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti per l’ammissione alle negoziazioni, fino a un massimo di 500.000 euro.

 

Il successivo comma 90, come modificato dalla norma in esame, stabilisce che il credito d'imposta è riconosciuto nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2019 e 30 milioni di euro per il 2020, 2021 e 2022, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata ottenuta la quotazione.

 

Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui è maturato e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi, fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. L'agevolazione:

§  non concorre alla formazione della base imponibile IRPEF, IRES e IRAP;

§  non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi di cui all'articolo 61 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR)

§  non rileva rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all'articolo 109, comma 5, del TUIR.

 

Al credito d'imposta non si applicano inoltre il limite annuale di utilizzazione di 250.000 euro, previsto dall'articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007, e il limite massimo per la compensazione di 700.000 euro, previsto dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000.

 

 

 


Comma 231
(Determinazione del limite di impegno assumibile in materia di garanzie sui finanziamenti a favore di progetti del green new deal)

 

 

Il comma 231 - non modificato dalla Camera - conferma per il 2021 la destinazione delle risorse disponibili sul Fondo Green New Deal alla copertura delle garanzie concedibili dal MEF per sostenere specifici progetti economicamente sostenibili, nella misura di 470 milioni di euro, per un impegno massimo assumibile da SACE S.p.A. pari a 2.500 milioni di euro.

 

Si ricorda che il comma 85 dell'art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un Fondo da ripartire, con la seguente dotazione: 470 milioni di euro per l'anno 2020; 930 milioni di euro per l'anno 2021; 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Di tale dotazione, una quota non inferiore a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 sarà destinata ad interventi coerenti con le finalità previste dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, di cui fino a 20 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni destinati alle iniziative da avviare nelle Zone Economiche Ambientali.

Il comma 85 ha chiarito che il suddetto fondo sarà alimentato con i proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 - versati all'entrata del bilancio dello Stato negli anni 2020, 2021 e 2022 - di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30. Tali proventi saranno a valere sulla quota di pertinenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che viene versata all'entrata del bilancio dello Stato.

L'importo fissato, che resta acquisito dall'erario, è pari a 150 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni.

Il comma 86 ha previsto la concessione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di una o più garanzie a titolo oneroso e nella misura massima dell'80%, per sostenere specifici programmi di investimento e operazioni, anche in partenariato pubblico/privato, e anche realizzati con l'intervento di università e organismi privati di ricerca, volti a realizzare progetti economicamente sostenibili con i seguenti obiettivi: decarbonizzazione dell'economia; economia circolare; rigenerazione urbana; turismo sostenibile; adattamento e mitigazione dei rischi derivanti dal cambiamento climatico.

Sono inclusi anche, più in generale, i programmi e i progetti innovativi, con elevata sostenibilità ambientale che tengano conto degli impatti sociali.

Si prevedono anche la finalità di supporto all'imprenditoria giovanile e femminile, di riduzione dell'uso della plastica e per la sostituzione della plastica con materiali alternativi.

La concessione di garanzie è riferita anche ad un portafoglio collettivo di operazioni.

Il comma 87 ha previsto la partecipazione indiretta in capitale di rischio e/o debito, anche di natura subordinata, sempre del Ministro dell'economia e delle finanze, a sostegno delle operazioni di cui al comma 86.

Il comma 88 ha demandato uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche in coordinamento con gli strumenti incentivanti e di sostegno alla politica industriale gestiti dal MISE per la partecipazione indiretta in quote di capitale di rischio e/o di debito di cui al comma 87, la ripartizione dell'intervento tra i diversi strumenti di supporto agli investimenti privati di cui ai commi 86 e 87 e quello di cui al comma 89, anche al fine di escludere che da tali interventi possano derivare oneri non previsti in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Per le attività connesse all'attuazione dei commi 86 e 87, il Ministero dell'economia e delle finanze può operare attraverso società in house o attraverso il Gruppo BEI quale banca dell'Unione europea. Per ciascuna delle finalità di cui ai commi 86 e 87 è autorizzata l'istituzione di un apposito conto corrente di tesoreria centrale. Le specifiche iniziative da avviare nelle zone economiche ambientali sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

 

L’articolo 64 del D.L. n. 76/2020 (L. 120/2020) ha previsto al comma 1 che le garanzie e gli interventi previsti dall’articolo 1, comma 86, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), potessero riguardare, tenuto conto degli indirizzi che il CIPE può emanare entro il 28 febbraio di ogni anno e conformemente alla Comunicazione della Commissione n. 640 dell’11 dicembre 2019, in materia di Green deal europeo: progetti tesi ad agevolare la transizione verso un’economia pulita e circolare e ad integrare i cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi sostenibili; progetti tesi ad accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente, con particolare riferimento a progetti volti a favorire l’avvento della mobilità multimodale automatizzata e connessa, idonei a ridurre l’inquinamento e l’entità delle emissioni inquinanti, anche attraverso lo sviluppo di sistemi intelligenti di gestione del traffico, resi possibili dalla digitalizzazione.

Il comma 2 ha previsto l'assunzione delle garanzie da parte di SACE S.p.A., nel limite di 2.500 milioni di euro per il 2020 e, per gli anni successivi, nei limiti di impegno assumibili fissati annualmente dalla legge di bilancio, nell’esercizio delle attribuzioni assegnate alla SACE dall’articolo 2 del d.lgs. n. 143/1998, conformemente ai termini e alle condizioni previsti nella convenzione stipulata tra il MEF e SACE S.p.A. e approvata con delibera del CIPE da adottare entro il 30 settembre 2020, che disciplina:

a) lo svolgimento da parte di SACE S.p.A. dell'attività istruttoria delle operazioni, anche con riferimento alla selezione e alla valutazione delle iniziative in termini di rispondenza agli obiettivi sopra illustrati e di efficacia degli interventi in relazione ai medesimi obiettivi;

b) le procedure per il rilascio delle garanzie e delle coperture assicurative da parte di SACE S.p.A. anche al fine di escludere che da tali garanzie e coperture assicurative possano derivare oneri non previsti in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche;

c) la gestione delle fasi successive al pagamento dell'indennizzo, incluse le modalità di esercizio dei diritti nei confronti del debitore e l'attività di recupero dei crediti;

d) le modalità con le quali è richiesto al MEF il pagamento dell'indennizzo a valere sul fondo di cui al comma 5 e le modalità di escussione della garanzia dello Stato relativa agli impegni assunti da SACE S.p.A., nonché la remunerazione della garanzia stessa;

e) ogni altra modalità operativa rilevante ai fini dell'assunzione e gestione degli impegni;

f) le modalità con cui SACE S.p.A. riferisce periodicamente al MEF degli esiti della rendicontazione cui i soggetti finanziatori sono tenuti nei riguardi di SACE S.p.A., ai fini della verifica della permanenza delle condizioni di validità ed efficacia della garanzia.

Con deliberazioni del CIPE n. 55/2020 e n. 56/2020 del 29 settembre 2020 sono stati, rispettivamente, approvati l'atto di indirizzo per le attività di cui all'articolo 64, comma 1, del D.L. 76/2020, e la convenzione MEF-SACE per le attività di cui all'articolo 64, comma 2, del D.L. 76/2020.

Il comma 3 prevede che il rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie di importo pari o superiore a 200 milioni di euro, è subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A.

Il comma 4 prevede che sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie.

Il comma 5 prevede che per il 2020 le risorse disponibili del fondo istituito dall’articolo 1, comma 85, della L. n. 160/2019 (sul quale si veda supra), sono interamente destinate alla copertura delle garanzie dello Stato previste sulle obbligazioni di SACE S.p.A. mediante versamento sull’apposito conto di tesoreria centrale, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 88, quarto periodo, della citata L. n. 160 del 2019. Sul medesimo conto sono versati i premi riscossi da SACE S.p.A. al netto delle commissioni trattenute da SACE S.p.A. per le attività svolte ai sensi dell'articolo in esame e risultanti dalla contabilità di SACE S.p.A., salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio. Per gli esercizi successivi, le risorse del predetto fondo destinate alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. sono determinate con il decreto istitutivo dell'apposito conto corrente di tesoreria centrale, tenuto conto dei limiti di impegno definiti con la legge di bilancio.

Il comma 7 ha previsto che per il 2020, le garanzie potessero essere assunte anche in assenza degli indirizzi del CIPE.

 

 


Comma 232
(
Proroga della misura in favore delle assicurazioni
sui crediti commerciali)

 

 

Il comma 232 interviene sulla norma che autorizza SACE S.p.A. a concedere - in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito - una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati, entro il limite massimo di 2 miliardi di euro, dal 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre 2020 (novella al comma 1, dell’art. 35 del D.L. n. 34/2020).

Il comma, in particolare, alla lettera a), proroga tale temine al 30 giugno 2021, così estendendo la durata temporale della misura.

Alla lettera b), conseguentemente, dispone che le previsioni contenute nei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze attuativi della misura, che dispongono effetti o scadenze relativi alla data del 31 dicembre 2020 si intendono riferite alla nuova data del 30 giugno 2021 (nuovo comma 3-bis nell’art. 35 del D.L. n. 34/2020).

 

L’articolo 35, del D.L. n. 34/2014, al comma 1 e 4 autorizza SACE S.p.A. a concedere una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati dalla data di entrata in vigore del D.L. e fino al 31 dicembre 2020 ed entro il limite massimo di 2 miliardi di euro, nel rispetto della normativa europea.

La garanzia è concessa da SACE in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito, che abbiano aderito ad apposita convenzione stipulata con SACE.

La norma è esplicitamente finalizzata a preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e a garantire che i servizi di assicurazione del credito commerciale continuino ad essere disponibili per le imprese colpite dagli effetti economici dell’epidemia Covid-19.

Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto – ai sensi del comma 2 - la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività è registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile.

A SACE S.p.A. è demandato inoltre il compito di svolgere - anche per conto del Ministero dell’economia e delle finanze - le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che la Società può delegare alle imprese di assicurazione del ramo credito. SACE S.p.A. è tenuta ad operare con la dovuta diligenza professionale.

Ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è rimessa la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi, dei criteri e delle condizioni previsti dall’articolo in esame.

Il comma 3 ha demandato poi ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore decreto-legge, le ulteriori modalità attuative e operative, gli eventuali elementi e requisiti integrativi, per l’esecuzione delle operazioni e il modello di convenzione tra SACE e le imprese di assicurazione.

Ai sensi del comma 5, per le finalità di cui all’articolo in esame, è istituita - nell’ambito del Fondo a copertura degli oneri derivanti dalle garanzie assunte da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 - una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile.

La sezione speciale, specificamente dedicata alla copertura delle garanzie SACE relative alle imprese di assicurazione del ramo credito, dispone di una dotazione - stabilita ai sensi dell’articolo 31, comma 1 del medesimo D.L. n. 34/2020, pari a 1.700 milioni di euro per il 2020. La sezione speciale è alimentata, altresì, con le risorse finanziarie versate dalle compagnie di assicurazione a titolo di remunerazione della garanzia, al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A. per le attività svolte, come risultanti dalla contabilità di SACE stessa, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.

Il 13 agosto 2020, la Commissione europea ha autorizzato il regime di aiuti in esame, in quanto ritenuto compatibile con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.  Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza. Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro). Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

L’estensione dell’operatività della misura in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali, disposta dall’articolo qui in esame è stata dunque adottata alla luce della proroga del Quadro temporaneo.

 


Commi 233-243
(Incentivi fiscali alle operazioni di aggregazione aziendale)

 

 

I commi 233-242, per incentivare i processi di aggregazione aziendale realizzati attraverso fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda da deliberare nel 2021, consente al soggetto risultante dall’operazione straordinaria, al beneficiario e al conferitario di trasformare in credito d’imposta una quota di attivita? per imposte anticipate (deferred tax asset - DTA) riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE (aiuto alla crescita economica). La trasformazione avviene in due momenti distinti, per un ammontare complessivo non superiore al 2 per cento della somma delle attivita? dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione.

Per fruire dell’incentivo le societa? che partecipano alle operazioni devono essere operative da almeno due anni e non devono far parte dello stesso gruppo societario, ne? in ogni caso essere legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20 per cento o controllate anche indirettamente ai sensi delle norme del codice civile. Sono escluse dall’agevolazione le societa? per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi della disciplina delle crisi bancarie ovvero lo stato di insolvenza ai sensi delle norme sulla crisi d’impresa.

La trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d'imposta e? condizionata al pagamento di una commissione, pari al 25 per cento delle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate, da versare in due soluzioni.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato inserito il comma 243, ai sensi del quale il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce preventivamente al Parlamento in ordine ad eventuali operazioni di aggregazione societaria o di variazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze in Monte dei Paschi di Siena.

 

 

Con l'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010 il legislatore ha consentito di trasformare in crediti di imposta le attivita? per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA) iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli enti creditizi e finanziari rispetto a quelli europei.

L’impossibilita? di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualita? (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, e? stato previsto un meccanismo di conversione in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e pertanto concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo e? previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attivita? immateriali.

Il richiamato articolo 2, commi 55 e seguenti del decreto-legge n. 225 del 2010 ha consentito dunque di trasformare in credito di imposta le attivita? per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attivita? immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in piu? periodi d'imposta.

Sul punto e? intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR; l’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilita? 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 – e specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilita? 2016 (legge n. 208 del 2015) - dal decreto-legge n. 59 del 2016, dalla legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) e, da ultimo, dai provvedimenti emergenziali per fronteggiare le conseguenze economiche dell’epidemia da COVID-19. Sulla disciplina delle DTA sono intervenuti il decreto-legge n. 34 del 2019 e, successivamente, l’articolo 55 del decreto-legge n. 18 del 2020 e l’articolo 72, comma 1-ter del decreto-legge n. 104 del 2020, con particolare riferimento alla disciplina sulla trasformazione in crediti di imposta delle attivita? per imposte anticipate – DTA che derivano dalla cessione di crediti deteriorati.

 

Il comma 233 prevede che, in caso di operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione, scissione o conferimento d’azienda e deliberate dall’assemblea dei soci, o dal diverso organo competente per legge, tra il primo gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021 al soggetto, rispettivamente, risultante dalla fusione o incorporante, beneficiario e conferitario e? consentita la trasformazione in credito d'imposta delle attivita? per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti:

§  perdite fiscali maturate fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione, non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile (ai sensi dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che reca la disciplina del computo e del riporto delle perdite fiscali) alla medesima data;

§  importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddette eccedenze ACE, maturato fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione e non ancora dedotto ne? trasformato in credito d'imposta alla medesima data.

 

La legge di bilancio 2020 ha ripristinato, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica - ACE, sopprimendo le predette misure di incentivo alle imprese, legate al reinvestimento degli utili, disposte durante l'anno 2019.

L’ACE, istituito per la prima volta dal decreto-legge n. 201 del 2011 e la cui disciplina è stata ritoccata più volte negli anni successivi, consiste nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Pertanto, l’agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva, allo scopo di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Per il calcolo dell'importo deducibile si effettua la somma dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. A tale base si applica un’aliquota percentuale, fissata all'1,3 per cento dalla legge di bilancio 2020.

Il comma 4 del menzionato articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che la parte di rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato sia computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi; in alternativa, si consente di fruire di un credito d'imposta, applicando alla suddetta eccedenza le aliquote delle imposte sui redditi stabilite dal TUIR (per IRPEF e IRES, di cui agli articoli 11 e 77 del TUIR medesimo). Tale credito d'imposta e? utilizzato in diminuzione dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo.

 

Le attivita? per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono essere trasformate in credito d'imposta anche se non iscritte in bilancio.

 

Il comma 234 disciplina le modalità di trasformazione delle DTA in crediti di imposta e i relativi effetti.

In particolare, la trasformazione in credito d'imposta avviene per un quarto alla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie di cui al comma 1.

Per i restanti tre quarti essa avviene al primo giorno dell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni stesse, per un ammontare complessivo non superiore al 2 per cento della somma delle attivita? dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione, come risultanti dalla situazione patrimoniale (di cui all'articolo 2501-quater del codice civile), senza considerare il soggetto che presenta le attivita? di importo maggiore, ovvero al 2 per cento della somma delle attivita? oggetto di conferimento.

In caso di aggregazioni realizzate mediante conferimento d’azienda, le perdite e le eccedenze ACE del conferitario rilevano, ai fini della trasformazione, negli stessi limiti e alle stesse condizioni previsti per le perdite che possono essere portate in diminuzione del reddito della societa? risultante dalla fusione o incorporante, di cui al comma 7 dell’articolo 172 del TUIR.

 

Ai sensi del richiamato articolo 172, comma 7, le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l'ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Tra i predetti versamenti non si comprendono i contributi erogati a norma di legge dallo Stato a da altri enti pubblici. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall'impresa che le ha ad essa cedute dopo l'esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell'atto di fusione. In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, le limitazioni si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.

 

Le disposizioni in esame, a tal fine, rendono obbligatoria la redazione della situazione patrimoniale (ai sensi dell'articolo 2501-quater, commi primo e secondo, del codice civile).

 

Ai sensi del richiamato articolo, l’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige, con l'osservanza delle norme sul bilancio d'esercizio, la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non anteriore di oltre centoventi giorni al giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della società ovvero pubblicato sul sito Internet di questa; la situazione patrimoniale può essere sostituita dal bilancio dell'ultimo esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito o della pubblicazione indicato nel primo comma, ovvero, nel caso di società quotata in mercati regolamentati, dalla relazione finanziaria semestrale prevista dalle leggi speciali, purché non riferita ad una data antecedente sei mesi dal giorno di deposito o pubblicazione.

 

Dalla data di efficacia giuridica dell’operazione di aggregazione, per i soggetti di cui al comma 1:

§  non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite (di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, che ne reca la disciplina), relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente articolo;

§  non sono deducibili ne? trasformabili in credito d'imposta le eccedenze ACE (più precisamente, le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente articolo.

 

Il comma 235 disciplina l’ipotesi di opzione per la tassazione di gruppo (consolidato nazionale, di cui all’articolo 117 del TUIR) da parte dei soggetti coinvolti nell’operazione straordinaria o nel conferimento.

 

In estrema sintesi, il consolidato nazionale e? una particolare regime di determinazione del reddito complessivo IRES per tutte le societa? partecipanti, rappresentato dalla somma algebrica delle singole basi imponibili che risultano dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. Le societa? che intendono adottare la tassazione consolidata di gruppo (articoli 117-129 TUIR) devono esercitare la specifica opzione che dura per un triennio ed e? irrevocabile.

 

In tal caso, ai fini della trasformazione rilevano prioritariamente, se esistenti:

§  le eccedenze del rendimento nozionale del soggetto partecipante e le perdite fiscali dello stesso relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo;

§  a seguire, le perdite trasferite al soggetto controllante e non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile da parte dello stesso.

 

Dalla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie e dei conferimenti, per il soggetto controllante non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite complessivamente riportate a nuovo dal soggetto controllante ai sensi dell’articolo 118 TUIR, relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta ai sensi delle norme in esame.

 

Il comma 236 disciplina l’operatività delle DTA trasformabili in credito d’imposta nel caso della tassazione per trasparenza, di cui all’articolo 115 TUIR.

Le societa? di capitali possono scegliere di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per “trasparenza”, adottando, cioe?, lo stesso sistema previsto per le societa? di persone. Il regime di trasparenza e? applicabile: alle societa? di capitali partecipate da altre societa? di capitali (articolo 115 TUIR); alle srl a ristretta base azionaria (articolo 116 TUIR).

 

In tal caso rilevano prioritariamente, se esistenti:

§  le eccedenze del rendimento nozionale e le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della trasparenza della societa? partecipata congiuntamente a quelle non attribuite ai soci ai sensi dell’articolo 115, comma 3, TUIR (secondo il quale le perdite della partecipata relative a periodi in cui e? efficace l'opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile della societa? partecipata; le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle societa? partecipate);

§  a seguire, le perdite fiscali attribuite ai soci partecipanti e non ancora computate in diminuzione dei loro redditi o trasformate in credito d’imposta.

 

Dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, per i soci partecipanti non sono computabili in diminuzione dell’imponibile imponibili le perdite, riportabili nei periodi di imposta successivi (ai sensi dell’articolo 84 TUIR), relative alle DTA da crediti deteriorati complessivamente trasformate in credito d’imposta.

Inoltre, non sono deducibili ne? fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo che godono dell’ACE relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta.

 

Il comma 237 dispone che, per fruire dell’incentivo, le societa? che partecipano alle operazioni descritte al comma 1 devono essere operative da almeno due anni e, alla data di effettuazione dell’operazione e nei due anni precedenti, non devono far parte dello stesso gruppo societario ne? in ogni caso essere legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20 per cento o controllate anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), c.c., secondo cui sono considerate società controllate le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.

Le norme in esame non si applicano a societa? per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi della disciplina delle crisi bancarie (in particolare, dell'articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180), ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell'articolo 5 della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), o dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

 

Ai sensi del comma 238, l’incentivo in commento si applica ai soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo societario ai sensi del menzionato articolo 2359, primo comma, n. 1), c.c.), ovvero nel caso in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria. L’incentivo in questo caso si applica se il controllo e? stato acquisito attraverso operazioni diverse da quelle di cui al comma 1 tra il primo gennaio 2021 ed il 31 dicembre 2021 e, entro un anno dalla data di acquisizione di tale controllo, abbia avuto efficacia giuridica una delle operazioni straordinarie di cui al comma 1.

In tal caso, le perdite fiscali e l’importo del rendimento nozionale eccedente si riferiscono a quelli maturati fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data in cui e? stato acquisito il controllo; le condizioni di applicazione dell’incentivo, previste dal già commentato comma 5, devono intendersi riferite alla data in cui e? effettuata l’operazione di acquisizione del controllo.

 

Il comma 239 chiarisce che il credito d’imposta derivante dalla trasformazione di cui al presente articolo non e? produttivo di interessi; puo? essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione mediante F24 (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), ovvero essere ceduto (secondo quanto previsto dall'articolo 43-bis o dall'articolo 43-ter del D.P.R 29 settembre 1973, n. 602), ovvero essere chiesto a rimborso.

 

Si ricorda che l’articolo 43-bis disciplina, in linea generale, la cessione dei crediti d’imposta. Alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi sono applicabili le disposizioni che, nell’ambito della contabilità dello Stato, consentono la cessione dei crediti vantati nei confronti di una PA (articoli 69 e 70, regio decreto 2440/1923); il cessionario risponde in solido con il cedente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, sempre che gli siano stati notificati gli atti con i quali l’ufficio effettua il recupero; l’atto di cessione (redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata da notaio) deve essere notificato all’ufficio dell’Agenzia delle entrate e all’Agente della riscossione presso il quale è tenuto il conto fiscale. Il successivo articolo 43-ter consente cedere le eccedenze risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o degli enti appartenenti ad un gruppo, in tutto o in parte, a una o più società o enti dello stesso gruppo.

 

Il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d'impresa ne? della base imponibile dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e non rileva ai fini del rapporto tra componenti positive e negative di reddito (di cui all’articolo 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi).

Ai sensi del comma 240, indipendentemente dal numero di operazioni societarie straordinarie realizzate, le disposizioni agevolative possono essere applicate una sola volta per ciascun soggetto di cui al comma 1.

Il comma 241 chiarisce che la trasformazione delle attivita? per imposte anticipate in credito d'imposta e? condizionata al pagamento di una commissione pari al 25 per cento delle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate.

Il versamento della commissione e? effettuato per il quaranta per cento entro trenta giorni dalla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie e per il restante sessanta per cento entro i primi trenta giorni dell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni stesse. La commissione e? deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP nell'esercizio in cui avviene il pagamento. Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della riscossione della commissione, nonche? per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Il comma 242 chiarisce che, ai fini delle norme in esame, per attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate s’intende l’ammontare complessivo delle attivita? per imposte anticipate oggetto di trasformazione e non rileva che la trasformazione avvenga in parte nell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni per cui si chiede l’agevolazione.

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato inserito il comma 243, ai sensi del quale il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce preventivamente al Parlamento in ordine ad eventuali operazioni di aggregazione societaria o di variazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze in Monte dei Paschi di Siena.

Si ricorda che il MEF attualmente detiene una quota pari al 68,25 per cento del capitale di Banca MPS SpA.

 

L’articolo 13, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 ha autorizzato il MEF a sottoscrivere o acquistare anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, azioni emesse da banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o da società italiane capogruppo di gruppi bancari. Con la decisione del 4 luglio 2017 la Commissione europea ha ritenuto la ricapitalizzazione precauzionale di Banca Monte dei Paschi di Siena (BMPS) compatibile con il mercato interno, e approvato il Piano di ristrutturazione 2017-2021 di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a.

Il MEF all'esito delle operazioni di sottoscrizione dell'aumento di capitale di MPS e di riacquisto di azioni, disposte con appositi decreti, detiene 778.215.325 azioni ordinarie di Banca MPS, pari al 68,25% del capitale, per un importo complessivo corrisposto di circa euro 5,4 miliardi.

 

 


Commi 244-247
(Rifinanziamento del Fondo di garanzia PMI)

 

 

Il comma 244 proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività dell’intervento straordinario in garanzia del Fondo di garanzia PMI, previsto dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020, per sostenere la liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica da COVID. Fanno eccezione, ai sensi del comma 245, le garanzie di cui al medesimo articolo 13, comma 1, a favore delle imprese cd. “mid cap”, le quali sono concesse dal Fondo, alle condizioni ivi previste, fino al 28 febbraio 2021. Queste, ai sensi di quanto previsto dal comma 209 del disegno di legge, saranno invece rilasciate a valere sullo strumento “Garanzia ItaliaSACE di cui all’articolo 1, del citato D.L. 23/2020, sino al 30 giugno 2021.

Il comma 246 incrementa la dotazione del Fondo di garanzia PMI di 500 milioni di euro per l’anno 2022 e di 1000 milioni di euro per l’anno 2023, di 1.500 milioni di euro per l’anno 2024, di 1.000 milioni di euro per l’anno 2025 e di 500 milioni di euro per l’anno 2026.

Nel corso dell’esame in prima lettura è stato inserito un nuovo comma 247, il quale prevede che alla copertura derivante dai commi da 244 a 246, concorrono, per 500 milioni di euro per l’anno 2022, anche le risorse del Programma Next Generation EU.

 

Segnatamente, il comma 244 prevede che le disposizioni straordinarie in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia PMI a supporto della liquidità delle piccole e medie ai sensi dell’articolo 13, comma 1 decreto-legge n. 23/2020 (L. n. 40/2020) si applicano sino al 30 giugno 2021, anziché sino al 31 dicembre 2020.

Come evidenzia la relazione tecnica, tale proroga è disposta ai sensi di quanto consentito dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19- Comunicazione della Commissione (2020/C 340 I/01), e ss. mod. e int. (cfr. box di ricostruzione normativa, infra)

 

Il comma 245 dispone che le garanzie straordinarie del Fondo di garanzia PMI di cui all’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020, sono concesse, alle condizioni ivi previste, in favore delle imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap), fino al 28 febbraio 2021.

 

Tale disposizione, come rileva anche la relazione illustrativa e tecnica del provvedimento in esame, va letta in combinato disposto con il nuovo articolo 1-bis.1 del D.L. n. 23/2020, inserito dal comma 209 del disegno di legge in esame, il quale dispone a decorrere dal 1° marzo 2020 la “migrazionedelle garanzie per finanziamenti concessi in favore delle cd. mid-cap sullo strumento “Garanzia Italia” SACE di cui all’articolo 1, del citato D.L. 23/2020, anch’esso prorogato al 30 giugno 2021.

 

Le imprese “mid-cap” sono peraltro ammesse, ai sensi del citato comma 209, a decorrere dal 1° luglio 2021, alle garanzie che possono essere concesse da SACE, in virtù delle attribuzioni ad essa riconosciute di sostegno e rilancio dell’economia, dall’articolo 6, comma 14-bis, del decreto legge n. 269/2003, anch’esso modificato dal comma 209 (per le mid cap è previsto un massimale superiore di copertura in garanzia).

Si rinvia, sul punto, alla scheda di lettura relativa al comma 209.

 

Il comma 245 – secondo la relazione tecnica - consente una graduale riconduzione dell’operatività del Fondo di garanzia per le PMI alla sua ordinaria vocazione, attraverso la progressiva migrazione delle garanzie per finanziamenti concessi in favore delle cd. mid-cap sullo strumento “Garanzia Italia” SACE e sull’ulteriore strumento di cui all’articolo 6, comma 14-bis della L. n. 269/2003, recante la disciplina generale di SACE.

La transizione, oltre che per esigenze di razionale allocazione degli strumenti agevolativi e delle risorse stanziate a copertura dei medesimi, risponderebbe – afferma la relazione tecnica - alla necessità di alleggerire la notevole pressione sulla sostenibilità delle operatività a valere sul Fondo PMI che, per via degli interventi ampliativi apportati dai decreti emergenziali succedutisi negli ultimi mesi, ha visto proporzionalmente aumentare l’entità e la rischiosità delle proprie esposizioni, necessitando di ingenti stanziamenti a copertura del fabbisogno necessario a garantirne l’operatività di breve e medio termine.

 

Il comma 246 incrementa la dotazione del Fondo di garanzia PMI di 500 milioni di euro per l’anno 2022 e di 1000 milioni di euro per l’anno 2023, di 1.500 milioni di euro per l’anno 2024, di 1.000 milioni di euro per l’anno 2025 e di 500 milioni di euro per l’anno 2026.

 

Nel corso dell’esame in prima lettura è stato inserito un nuovo comma 247, il quale prevede che alla copertura derivante dai commi da 244 a 246, concorrono, per 500 milioni di euro per l’anno 2022, anche le risorse del Programma Next Generation EU

 

Il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Recentemente, con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale temporanea e derogatoria, contenuta nell’articolo 13, comma 1 del D.L. 23/2020- destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020. Sono stati così estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per una esame analitico degli interventi del Fondo, autorizzati sino al 31 dicembre 2020 in deroga alla disciplina ordinaria, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese", ricordandone in questa sede le misure principali (richiamate anche dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica al provvedimento in esame). In particolare, le disposizioni dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), successivamente trasfuse ed estese dall’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020 (Legge n. 40/2020) hanno previsto l’accesso al fondo delle cd. imprese “mid-cap”, l’innalzamento a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per impresa; l’innalzamento della garanzia diretta del Fondo al 90% dell'ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi e l’accesso al Fondo senza valutazione, così consentendo l’accesso anche alle PMI più rischiose; l’accesso automatico e senza valutazione, con garanzia al 100%, per i finanziamenti di importo fino a 25.000 euro – poi innalzato, in sede di conversione del D.L. n. 23/2020 a 30.000 euro – con durata non superiore a 120 mesi (anche tale importo è stato innalzato in sede di conversione), concessi a PMI e a persone fisiche esercenti arti e professioni la cui attività sia stata colpita dall’emergenza da Covid-19.

Le misure straordinarie di potenziamento del Fondo hanno considerevolmente incrementato, per numero, tipologia e percentuale di copertura, il basket dei finanziamenti suscettibili di essere garantiti (e contro garantiti, in ultima istanza, dallo Stato), incrementandone il fabbisogno, a fronte dell’aumento delle posizioni garantite e, correlativamente, dell’esposizione complessiva del Fondo stesso.

Per le predette finalità, il Fondo è stato consistentemente rifinanziato. Dapprima l'articolo 25 del D.L. n. 9/2020 poi trasfuso nell'articolo 49-bis del D.L. n. 18/2020), l’ha rifinanziato di  50 milioni di euro per il 2020 (le risorse sono state finalizzate all'estensione, sino al massimo consentito in via ordinaria, della garanzia e riassicurazione a favore di PMI con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni maggiormente colpiti dall'epidemia di COVID-19, individuati nell'allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020).

Successivamente, l'articolo 49 del D.L. n. 18/2020 ha rifinanziato il Fondo di 1.500 milioni di euro per il 2020 per gli interventi ivi previsti. Come detto, le misure dell’articolo 49 sono state trasfuse ed estese dall’articolo 13 del D.L. n. 34/2020, che ha autorizzato, per esse, ulteriori 229 milioni per il 2020 rispetto alla somma già stanziata dal D.L. n. 18.

Il D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020) cd. D.L. Rilancio, ha, infine, rifinanziato, all’articolo 31, comma 2, il Fondo di ulteriori 3.950 milioni di euro per il 2020, per le già previste finalità di potenziamento ed estensione dell'ambito del suo ambito di operatività del Fondo sino al 31 dicembre 2020.

Lo stesso articolo 31, con il comma 2, ha poi previsto che - al fine di garantire una maggior efficienza nella gestione delle risorse del Fondo, adeguando le sue disponibilità al profilo temporale delle perdite attese - possano essere assunti impegni a carico del medesimo Fondo anche a fronte di autorizzazioni di spesa pluriennali del bilancio dello Stato, in base alla valutazione della probabilità di escussione delle garanzie, articolata per annualità, effettuata dagli organi di gestione dello stesso Fondo[67].

Il D.L. n. 104/2020 (D.L. n. 126/2020), all’articolo 64, ha rifinanziato il Fondo di 3.100 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.635 milioni di euro per l'anno 2024 e di 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.

Infine, si evidenzia il recente rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese attraverso la Riserva PON Imprese e Competitività-IC ad esso dedicata. La relativa dotazione è stata incrementata dal D.M. 6 ottobre 2020 (pubblicato in G.U. 23 novembre 2020) di 1,4 miliardi euro di risorse FESR, così distribuiti:

a) 1,3 miliardi destinati alle «Regioni meno sviluppate» (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);

b) 66,9 milioni destinati alle «Regioni in transizione» (Abruzzo, Molise e Sardegna);

c)47,6 milioni di euro destinati alle «Regioni più sviluppate» del restante territorio nazionale.

Le risorse del programma operativo attribuite alla Riserva PON IC sono rendicontabili al tasso di cofinanziamento del 100 percento a carico dei fondi strutturali dell'Unione europea, in relazione alle spese dichiarate nelle domande di pagamento del periodo contabile che decorre dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate al contrasto e alla mitigazione degli effetti sanitari, economici e sociali generati dall'epidemia di Covid-19. Ciò ai sensi della disciplina europea sulla flessibilità dei fonti strutturali nell'attuale pandemia, Regolamento (UE) 2020/558, attuata con le previsioni del D.L. n. 34/2020 (articolo 242).

Si ricorda che l'azione 3.6.1 del suddetto programma operativo Imprese e Competitività ha previsto la possibilità di istituire, mediante l'utilizzo di risorse del programma, una riserva speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, al fine di rafforzare, nelle regioni del Mezzogiorno, gli ordinari interventi del Fondo di garanzia, sostenere l'accesso al credito e lo sviluppo delle PMI nel territorio di interesse, anche attraverso il rilascio di garanzie su portafogli di finanziamenti.

A valere sulla Riserva PON IC, a decorrere dal 1 aprile 2020 (giorno successivo alla data di pubblicazione in GUUE del Regolamento (UE) 2020/4609, il Fondo concede sia garanzie su singole operazioni finanziarie che su portafogli di finanziamenti in favore delle PMI delle regioni sopra indicate, con le modalità straordinarie di funzionamento del Fondo fissate dall'art. 13 del D.L. n. 23/2020) e, laddove compatibili, con le modalità previste dalla disciplina ordinaria del Fondo stesso (D.M. 13 marzo 2017).

La Riserva PON IC può altresì intervenire, a decorrere dal 1 aprile 2020, per sostenere operazioni finanziarie connesse a esigenze di liquidità dei beneficiari, al fine di contrastare gli effetti della crisi economica innescati dall'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Il regime di aiuti disciplinato dall’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020 è stato autorizzato dalla Commissione europea (regime di aiuto n. 56966 (2020/N). Esso è stato ritenuto compatibile con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.

Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza.

Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro).

Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

Infine, quanto ai dati attuativi della misura, si rinvia al comunicato (qui il link) del 9 dicembre, della Task Force per le misure sostegno della liquidità (MEF, MISE, BANCA D'ITALIA, ABI, MEDIO CREDITO CENTRALE, SACE).

 


Commi 248-254
(Proroga delle misure di sostegno alle micro,
piccole e medie imprese)

 

 

I commi 248-254 - non modificati dalla Camera - prorogano dal 31 gennaio 2021 al 30 giugno 2021 le misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese relative all'apertura di credito e concessione di prestiti non rateali o prestiti e finanziamenti a rimborso rateale. La proroga della moratoria opera automaticamente senza alcuna formalità, salva l’ipotesi di rinuncia espressa da parte dell’impresa beneficiaria, da far pervenire al soggetto finanziatore entro il termine del 31 gennaio 2021 o, per talune imprese del comparto turistico, entro il 31 marzo 2021. Tale disposizione riguarda le imprese già ammesse, alla data di entrata in vigore della legge in esame, alle misure predette di sostegno. Le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge in esame, presentino esposizioni debitorie a fronte delle predette operazioni finanziarie e che non siano state ancora ammesse alle predette misure di sostegno, possono esservi ammesse, entro il 31 gennaio 2021, secondo le medesime condizioni e modalità previste dalla legislazione vigente. Nei confronti delle imprese che hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste il termine di diciotto mesi per l’avvio delle procedure esecutive decorre dal termine delle stesse, come prorogato al 30 giugno 2021. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame possono essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia per le PMI. Incrementa per le predette finalità la dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI di 300 milioni di euro per il 2021.

 

Le misure oggetto di proroga sono contenute nell'articolo 56, comma 2, lettere a), b) e c), comma 6, lettere a) e c) e comma 8, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020).

 

In particolare, l'art. 56, co. 2, ha previsto che, al fine di sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall'epidemia di COVID-19 le micro, le piccole e le medie imprese possono avvalersi dietro comunicazione - in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari autorizzati previsti dall'articolo 106 del TUF, e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia - delle seguenti misure di sostegno finanziario: a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se successivi, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 gennaio 2021; b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 gennaio 2021 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 31 gennaio 2021 alle medesime condizioni; c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 gennaio 2021 è sospeso sino al 30 gennaio 2021 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l'assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle Imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.

Il co. 6 dell'art. 56 ha previsto che, su richiesta telematica del soggetto finanziatore con indicazione dell'importo massimo garantito, le operazioni oggetto delle misure di sostegno di cui al comma 2 sono ammesse, senza valutazione, alla garanzia di un'apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI. La sezione speciale, con una dotazione di 1730 milioni di euro, garantisce: a) per un importo pari al 33 per cento i maggiori utilizzi, alla data del 31 gennaio 2021, rispetto all'importo utilizzato alla data di pubblicazione del D.L. 18/2020 dei prestiti di cui al comma 2, lettera a); c) per un importo pari al 33 per cento le singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di leasing che siano in scadenza entro il 31 gennaio 2021 e che siano state sospese ai sensi del comma 2, lettera c)

Il co. 8 ha previsto che l'escussione della garanzia può essere richiesta dai soggetti finanziatori se siano state avviate, nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno di cui al comma 2, le procedure esecutive in relazione: 1) all'inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a); 2) al mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b); 3) all'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c). In tal caso, i soggetti finanziatori possono inviare al Fondo di garanzia per le PMI la richiesta di escussione della garanzia riferita ai prestiti e agli altri finanziamenti di cui al comma 2, lettere a), b) e c) corredata da una stima della perdita finale a carico del Fondo. Per la fattispecie di cui al comma 2, lettera c), la garanzia è attivabile, con i medesimi presupposti di cui sopra, nei limiti dell'importo delle rate o dei canoni di leasing sospesi sino al 31 gennaio 2021. Il Fondo di garanzia, verificata la legittimità della richiesta, provvede ad aggiornare i relativi accantonamenti.

 

Il comma 249 prevede che la proroga della moratoria opera automaticamente senza alcuna formalità, salva l’ipotesi di rinuncia espressa da parte dell’impresa beneficiaria, da far pervenire al soggetto finanziatore entro il termine del 31 gennaio 2021 o, per talune imprese del comparto turistico (individuate dall’articolo 77, comma 2, del D.L. n. 104/2020), entro il 31 marzo 2021. Tale disposizione riguarda le imprese già ammesse, alla data di entrata in vigore della legge in esame, alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), come modificato dal D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020).

Il comma 250 prevede che le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge in esame, presentino esposizioni di cui all’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), che non siano state ancora ammesse alle misure di sostegno, possono essere ammesse, entro il 31 gennaio 2021, alle predette misure di sostegno finanziario secondo le medesime condizioni e modalità previste dallo stesso articolo 56, come novellato dal comma 1 dell'articolo qui in commento.

Il comma 251 prevede che nei confronti delle imprese che hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 il termine di diciotto mesi per l’avvio delle procedure esecutive di cui al medesimo articolo 56, comma 8, decorre dal termine delle misure di sostegno di cui al citato comma 2, prorogato al 30 giugno 2021.

Il comma 252 prevede che le disposizioni recate dai commi da 248 a 251 operano in conformità all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Il comma 253 prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame possono essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia per le PMI, previsto dall’articolo 2, comma 100, lettera a), della L. n. 662/1996.

Il comma 254 incrementa per le finalità di cui ai commi da 248 a 255 (in relazione a quest'ultimo si veda l'apposita scheda di lettura) la dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI - di cui all’articolo 56, comma 6, del D.L. n. 18/2020 - di 300 milioni di euro per il 2021.

 


Comma 255
(Avvio o esercizio attività di lavoro autonomo o di microimpresa)

 

 

Autorizza la spesa annua di 800.000 euro, a decorrere dal 2021, a favore dell'Ente nazionale per il microcredito per le attività istituzionali finalizzate all'avvio o all'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, con particolare riguardo alla promozione ed al rafforzamento della microimprenditoria femminile.

 

L'Ente è stato costituito quale ente pubblico non economico dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, patrimoniale, contabile e finanziaria, a seguito del riordino del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito disposto dall'articolo 8, comma 4-bis, del DL n. 70 del 2011 (conv. dalla legge n. 106 del 2011). Esso svolge funzioni di coordinamento nazionale in materia con compiti, tra l’altro, di valutazione e monitoraggio degli strumenti microfinanziari promossi in sede europea.

Per quanto riguarda l'attività dell'Ente, cfr. la delibera della Corte dei conti n. 12/2020 ("Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale del Microcredito (E.N.M.) per l'esercizio 2018").

 

Riguardo alla disciplina del microcredito, si ricorda che l'art. 111 del TUB (d.lgs. n. 385 del 1993), richiamato dalle disposizioni in esame, prevede che i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche:

a) siano di ammontare non superiore a euro 40 mila euro (come previsto dall’articolo 13, comma 9 del decreto legge in esame, cfr. relativa scheda di lettura) e non siano assistiti da garanzie reali;

b) siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro;

c) siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.

Sono quindi dettate le condizioni cui è subordinata l'iscrizione dei predetti soggetti nell'elenco (forma di società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperativa; capitale versato, requisiti di onorabilità dei soci di controllo o rilevanti, stabiliti con regolamento ministeriale attuativo, D.M. 17 ottobre 2014, n. 176, oggetto sociale limitato alle sole attività di micro credito, nonché alle attività accessorie e strumentali, presentazione di un programma di attività).

 

Per quanto concerne la promozione dell'imprenditorialità femminile, le disposizioni in esame richiamano i commi da 97 a 106 del presente articolo 1, alla cui scheda si rinvia.


Commi 256-258
(Estensione dell'ambito di operatività del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura)

 

 

I commi in esame ampliano le possibilità di utilizzo dei contributi che confluiscono in fondi speciali antiusura, separati dai fondi rischi ordinari concessi a Confidi.

 

In particolare, il comma 256 prevede, in primo luogo, che i contributi concessi a Confidi che confluiscono in fondi speciali antiusura, separati dai fondi rischi ordinari (ai sensi della lettera a) del comma 2 dell'articolo 15 della legge n. 108 del 1996), non necessari per le finalità di cui alla lettera a) su richiamata (cioè per garantire fino all'80% le banche e gli istituti di credito che concedono finanziamenti a medio termine e all'incremento di linee di credito a breve termine a favore delle piccole e medie imprese a elevato rischio finanziario),  possono essere utilizzati anche per:

·        concedere nuove garanzie su operazioni per liquidità a favore delle micro piccole e medie imprese ad elevato rischio finanziario (tale elevato rischio dovrà essere determinato sulla base di criteri definiti da convenzioni tra istituti bancari ed intermediari finanziari);

·        concedere garanzie alle micro e piccole imprese per operazioni di rinegoziazione del debito e/o di allungamento del finanziamento e/o di sospensione delle rate su operazioni in essere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio (in tal caso il soggetto beneficiario ha diritto ad un credito aggiuntivo di almeno il 20% del debito residuo del finanziamento oggetto di rinegoziazione, se il nuovo finanziamento è concesso dallo stesso gruppo bancario del finanziamento rinegoziato);

·        erogare credito fino a un importo massimo, per singola operazione, di 40.000 euro a favore di micro piccole e medie imprese.

 

L’erogazione di credito può essere concessa dai Confidi iscritti nell’elenco dei Confidi (ex art. 112 TU bancario) solo nel rispetto degli ulteriori requisiti (patrimoniali, di governance, organizzativi e di trasparenza) che dovranno essere individuati da un DM, non avente natura regolamentare, del Ministro dell'economia. (commi 257 e 258).

 


Commi 259-262
(Rafforzamento degli strumenti di sostegno all’azione di recupero di aziende in crisi da parte dei lavoratori)

 

 

I commi 259-262 – introdotti nel corso dell’esame in prima lettura della Camera – recano norme volte alla salvaguardia dei livelli occupazionali attraverso agevolazioni alle società cooperative.

Il comma 259 arricchisce gli strumenti concessi alle società finanziarie partecipate dal MISE e costituite per salvaguardare ed incrementare l'occupazione mediante lo sviluppo di PMI cooperative. Tali società possono svolgere, su incarico del Ministero dello sviluppo economico, attività di assistenza e consulenza a iniziative volte alla costituzione di società cooperative promosse da lavoratori provenienti da aziende in crisi o da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse ai lavoratori medesimi. Il comma 260 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico il compito di definire le modalità di individuazione e conferimento degli incarichi nonché la determinazione dei relativi compensi.

Il comma 261 rifinanzia il Fondo per la crescita sostenibile di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, destinando le risorse alla promozione della nascita e dello sviluppo delle società cooperative di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 (cd. “Nuova Marcora”).

Il comma 262, infine, consente alle società finanziarie partecipate dal MISE di essere destinatarie di fondi pubblici nazionali e regionali, nonché di svolgere attività di promozione, servizi e assistenza nella gestione dei fondi, affidati ad enti o amministrazioni pubbliche aventi la finalità di sostenere l’occupazione attraverso la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative e di lavoro sociali.

 

 

 

La legge 27 febbraio 1985 n. 49 (cd. legge Marcora), e successive modifiche, contiene un regime di aiuto finalizzato a sostenere la crescita di attività economiche e dei livelli occupazionali attraverso lo sviluppo di società cooperative.

In particolare, la legge n. 49 del aveva previsto l'istituzione - in regime di contabilità speciale separata - di un Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, denominato Foncooper.

Le risorse e la gestione del Foncooper sono state successivamente devolute alle Regioni ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. n. 112/1998 e dal relativo D.P.C.M. attuativo 6 agosto 1999, il quale, ha disposto che rimanessero conservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti la concessione delle sovvenzioni del solo Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, sempre istituito dalla legge Marcora, all'articolo 17. Si tratta di una misura che rientra nel modello definito Workers Buy Out (WBO), basato su un'operazione di acquisto di una società realizzata dai dipendenti dell'impresa stessa, allo scopo di garantire e preservare i livelli occupazionali. In particolare, l’articolo 17 appena richiamato istituisce un Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, prevedendo che le risorse dello stesso Fondo siano utilizzate dal Ministero dello sviluppo economico per la partecipazione al capitale di società finanziarie appositamente costituite al fine di salvaguardare ed incrementare l'occupazione mediante lo sviluppo di PMI cooperative, incluse quelle costituite nella forma di cooperativa sociale appartenenti al settore di produzione e lavoro.

La disciplina è stata poi completata da altre misure:

·         il DM 4/12/2014 (c.d. "Nuova Marcora"), al fine di favorire lo sviluppo economico e la crescita dei livelli di occupazione nel Paese, ha istituito, in attuazione dell’art. 1, comma 845, della legge n. 296 del 2006, un apposito regime di aiuto finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative, ha istituito un nuovo regime di aiuti per la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccola e media dimensione, che si affianca ai finanziamenti di cui alla precedente legge Marcora. Il D.M. autorizza le società finanziarie a concedere alle società cooperative finanziamenti a tasso agevolato, a fronte della realizzazione di iniziative concesse al fine di sostenere sull'intero territorio nazionale, la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di società cooperative sociali e di società cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata. Nelle Regioni del Mezzogiorno è consentito anche lo sviluppo o la ristrutturazione di società cooperative esistenti. I finanziamenti concessi hanno una durata massima di 10 anni, sono concessi per un importo non superiore a 4 volte il valore della partecipazione detenuta dalla società finanziaria nella società cooperativa beneficiaria e, in ogni caso, per un importo non superiore a un milione di euro. Nel caso in cui i finanziamenti vengano concessi a fronte di investimenti, possono coprire fino al 100 per cento dell'importo del programma di investimento;

·         l'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, prevede che nel caso di affitto o di vendita di aziende, rami d'azienda o complessi di beni e contratti di imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, abbiano diritto di prelazione per l'affitto o per l'acquisto le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell'impresa sottoposta alla procedura;

·         la legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto un rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile da destinare all'erogazione di finanziamenti agevolati a società cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali e di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata, nonché allo sviluppo e al consolidamento di società cooperative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno;

·         il comma 5 dell’articolo 60 del D.L. n. 104/2020, ha da ultimo rifinanziato il Fondo per la crescita sostenibile di 10 milioni di euro per l'anno 2020, destinando le risorse alla promozione della nascita e dello sviluppo delle società cooperative di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 (cd. “Nuova Marcora”).

 

Il comma 260 arricchisce gli strumenti concessi alle società finanziarie costituite ai sensi del citato articolo 17, comma 2, della legge 27 febbraio 1985, n. 49 (attualmente, le società sono Cooperazione Finanza Impresa - Cfi Scpa) per salvaguardare ed incrementare l'occupazione mediante lo sviluppo di PMI cooperative. In base al comma in esame, tali società possono svolgere, su incarico del Ministero dello sviluppo economico, attività di assistenza e consulenza a iniziative volte alla costituzione di società cooperative promosse da lavoratori provenienti da aziende in crisi o da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse ai lavoratori medesimi.

 

Una disposizione complementare è contenuta nel comma 270 (alla cui scheda di lettura si rinvia), il quale consente di sostenere interventi diretti a salvaguardare l’occupazione e a dare continuità all’esercizio delle attività imprenditoriali tramite finanziamenti in favore di piccole imprese in forma di società cooperativa costituite da lavoratori provenienti da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse, in cessione o affitto, ai lavoratori medesimi.

 

Il comma 260 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico il compito di definire le modalità di individuazione e conferimento degli incarichi nonché la determinazione dei relativi compensi.

 

Gli oneri per tali incarichi vengono posti a carico delle risorse di cui all'articolo 11, comma 6, della legge 31 gennaio 1992, n. 59. L’articolo 11 citato c prevede un contributo a carico delle società cooperative non altrimenti tenute a versare il 3 per cento dei propri utili per costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Tale obbligo sussiste per le società cooperative che aderiscono ad associazioni riconosciute per il finanziamento dei fondi in questione. Se invece le società non aderiscono alle associazioni riconosciute, ovvero aderiscono ad associazioni che non abbiano costituito tali fondi, l’articolo 11, comma 6, prevede un contributo che affluisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro.

 

Al fine di favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione, l’articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (art. 14, legge n. 46/1982), istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico, in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente abrogati.

Con l’istituzione del Fondo in questione è stata dunque operata una razionalizzazione del sistema di agevolazione alle imprese.

Il «Fondo per la crescita sostenibile» è destinato sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'ordinamento comunitario, al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo, con particolare riguardo alle seguenti finalità, enunciate nel citato articolo 23, al comma 2 :

·         la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese;

·         il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma;

·         la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con azioni attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;

·         interventi in favore di imprese in crisi di grande dimensione (finalità aggiunta dall'art. 11, comma 1, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148),

·         la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata (finalità aggiunta dall'art. 15 della legge 17 ottobre 2017, n. 161).

Il comma 3 dello stesso art. 23 stabilisce che le priorità, le forme e le intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del medesimo Fondo per il perseguimento delle finalità del Fondo, sono individuate, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

A tal fine, è stato emanato il decreto ministeriale 8 marzo 2013 (“Individuazione delle priorità, delle forme e delle intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo per la crescita sostenibile”), che specifica i criteri per le finalità precedentemente riportate (sinteticamente, promozione di progetti di ricerca, rafforzamento della struttura produttiva, promozione della presenza internazionale delle imprese), nonché di progetti speciali.

Per ciascuna delle finalità indicate è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo, che opera come fondo rotativo. Infatti, i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.

 

Con la finalità di sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative costituite dai lavoratori per il recupero di aziende in crisi e i processi di ristrutturazione o riconversione industriale di cui al ricordato decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014, il comma 261 incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Il comma 262 modifica la disciplina della legge Marcora, riformulando la possibilità per le imprese partecipate dal MISE di essere destinatarie di fondi pubblici e di svolgere attività di servizi e di promozione.

Pertanto, la lettera a) sopprime tale previsione dal comma 5-bis dell’articolo 17 della legge 27 febbraio 1985 n. 49, mentre la lettera b) introduce un nuovo comma 5-ter che razionalizza tali facoltà.

Nella sostanza, da un lato si precisa che i fondi pubblici di cui possono essere destinatarie le società in questione possono essere “nazionali e regionali”.

Dall’altro, la facoltà di svolgere attività di servizi e di promozione viene estesa anche alla “assistenza”, ma soprattutto viene espressamente chiarito che tali attività riguardano “la gestione di fondi, affidati a enti o amministrazioni pubbliche, aventi la finalità di sostenere l'occupazione attraverso la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative di lavoro e sociali”.


Commi 263-264
(Modifiche all'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, sul rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni)

 

 

I commi prorogano al 30 giugno 2021 alcune delle misure di aiuto (crediti di imposta) previste dall'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, con riferimento agli investimenti effettuati fino al 30 dicembre 2020. Tale disposizione ha previsto tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni. L’articolo consente di eseguire l'aumento di capitale previsto entro il 30 giugno 2021, invece che entro il 31 dicembre 2020.

 

 

Il comma 263 reca modifiche puntuali all’articolo 26 del D.L. n. 34 del 2020.

Il comma 264 prevede espressamente che le modifiche si applicano alle istanze presentate successivamente al 31 dicembre 2020.

 

 

L'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, ha previsto tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni.

La prima attribuisce un credito di imposta pari al 20 per cento dell'investimento a favore dei soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando all'aumento del capitale sociale di una o più società che soddisfano le condizioni previsti nei commi 1 e 2 del medesimo articolo, di cui si dirà più avanti.

La seconda è rappresentata, in favore delle medesime società, dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020 a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020. Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale.

La terza è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI. Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione.

Per una illustrazione completa dell’articolo, si rinvia al dossier di documentazione sul decreto-legge n. 34 del 2020. Le ricordate misure di sostegno sono volte al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di:

·        società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società per azioni europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001);

·        società cooperative (comprese le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) aventi sede legale e amministrativa in Italia.

Dalle misure sono esclusi gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria e non finanziaria elencati all’articolo 162-bis del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), nonché le imprese di assicurazione.

 

Il D.L. n. 34/2020 prevede alcune condizioni per l’accesso alle agevolazioni sopra ricordate.  In particolare, ai sensi del comma 1 di tale articolo, si deve trattare di società che:

1.      presentino un ammontare di ricavi superiore a 5 milioni di euro (nel caso del Fondo Patrimonio PMI, 10 milioni) e fino a 50 milioni di euro, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all'interno del gruppo;

2.      abbiano subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei medesimi ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento.

3.      abbiano deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto n. 34 ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale; per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI l’aumento di capitale deve essere non inferiore a 250.000 euro.

Rispetto a quest’ultimo requisito, il comma 263, lettera a), estende la portata normativa agli aumenti di capitale che intervengano entro il 30 giugno 2021, con esclusione dell’agevolazione consistente nel credito di imposta per conferimenti in denaro volti all’aumento del capitale sociale.

 

 

Il comma 2 del richiamato articolo 26 del D.L. n. 34/2020 detta altre condizioni per la applicabilità della seconda e della terza delle agevolazioni ricordate (credito d'imposta su perdite registrate nel 2020 e Fondo Patrimonio PMI). Esso richiede che le società beneficiarie:

a)      al 31 dicembre 2019 non rientrassero nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento (UE) n. 702/2014 e del regolamento (UE) n. 1388/2014. Tali regolamenti, che dichiarano alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), escludono dal relativo campo di applicazione gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà (tali aiuti devono essere valutati alla luce deglii specifici orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà o degli orientamenti successivi al fine di evitarne l'elusione);

b)     si trovino in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

c)      si trovino in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente;

d)     non abbiano ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

e)      non si trovino nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia)

f)      non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici;

g)     solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12, presentino un numero di occupati inferiore a 250 persone.

Rispetto al primo dei requisiti appena richiamati, il comma 263, lettera b), fermo restando quanto già previsto nel D.L. n. 34, precisa che la società non deve essere sottoposta o ammessa a procedura concorsuale ovvero non deve essere stata presentata o depositata, nei confronti di essa o da essa stessa, istanza volta a far dichiarare lo stato di insolvenza, l'avvio di una procedura fallimentare o altra procedura concorsuale.

 

Il comma 263, lettera c), sostituisce il comma 2-bis del ricordato art. 26, precisando che sono ammessi ai benefici del credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020 e le prestazioni del Fondo Patrimonio PMI le società non in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019 (coerentemente con l’articolo 2, comma 2, lettera a) dell’art. 26 del D.L. n. 34), ammesse successivamente a tale data al concordato preventivo con continuità aziendale, purché il decreto di omologa sia anteriore alla approvazione del bilancio (per il credito di imposta sulle perdite) ovvero alla presentazione dell'istanza alle prestazioni del Fondo Patrimonio PMI, sempre che le medesime società (ma era già previsto nel D.L. n. 34) si trovinoin situazione di regolarità contributiva e fiscale all'interno dei piani di rientro e rateizzazione”.

 

Per quanto riguarda il credito di imposta sulle perdite, il comma 263, lettera d), dispone due modifiche.

La lettera d), n. 1), prevede una estensione: la norma vigente circoscrive il credito d’imposta “al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale”. Questo ultimo limite viene ampliato al 50 per cento per gli aumenti di capitale deliberati ed eseguiti nel primo semestre del 2021.

La lettera d), n. 2), modifica conseguentemente l’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 26, il quale prevede la decadenza dal beneficio nel caso di distribuzione di qualsiasi tipo di riserve prima del 1° gennaio 2024 da parte della società. Se l’aumento di capitale si è registrato nel primo semestre dell'esercizio 2021, il termine del 1° gennaio 2024 si sposta al 1° gennaio 2025.

 

Il comma 9 dell’art. 26 del D.L. n. 34 consente di utilizzare in compensazione il credito d’imposta sulle perdite registrate nel 2020 “a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento”.

Il comma 263, lettera e), dettaglia con maggiore precisione questa decorrenza temporale, prevedendo la compensazione “a partire dal decimo giorno successivo a quello di effettuazione dell'investimento, successivamente all'approvazione del bilancio per l'esercizio 2020 ed entro la data del 30 novembre 2021”.

 

La relazione tecnica precisa che “le modifiche apportate ai commi 8 e 9 non comportano nuovi o maggiori oneri tenuto conto che le misure agevolative previste restano fruibili nel limite di spesa pari a 2 miliardi di euro per il 2021”.

 

Il comma 263, lettera f) interviene sul comma 12 dell’art. 26 D.L. n. 34. Siamo in questo caso, nell’ambito della disciplina sul Fondo Patrimonio PMI. Si ricorda che il Fondo è finalizzato alla sottoscrizione entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione entro i limiti di dotazione del fondo. La gestione del fondo è affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - Invitalia, o a società da questa interamente controllate.

La prima modifica consiste nel prorogare al 30 giugno 2021 la possibilità di sottoscrizione dei prestiti obbligazionari subordinati.

La seconda prevede un limite specifico per le sottoscrizioni da effettuare nell'anno 2021, pari a 1 miliardo di euro. La relazione tecnica chiarisce che somme complessivamente stanziate per il Fondo Patrimonio PMI sono adeguate anche a fronte dell'estensione temporale dell'operatività del Fondo, per cui non sono necessari rifinanziamenti.

La terza modifica appare di carattere tecnico-normativo e prevede la soppressione dell’inciso “il fabbisogno di liquidità della società per i diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da autocertificazione del rappresentante legale”, che mal si collega alla restante parte della disposizione.

 

Il comma 16 dell’art 26 del D.L. n. 34 affida ad un decreto ministeriale il compito di definire le caratteristiche, le condizioni e le modalità del finanziamento e degli strumenti finanziari.

Il comma 263, lettera g), sopprime nel predetto comma 16 la disposizione in base alla quale “gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso”.

 

Il comma 18 dell’art 26 del D.L. n. 34 prevede che il Gestore alla sottoscrizione degli strumenti finanziari entro il 2020. Anche a seguito delle proroghe previste nei commi precedenti, il comma 263, lettera h), estende tale periodo al primo semestre del 2021.

 

Il comma 19 dell’art 26 del D.L. n. 34 disciplina le forme di compenso per il Gestore (INVITALIA), prevedendo una trattenuta in suo favore di un importo massimo per operazione pari, nell'anno 2020, allo 0,4 e allo 0,2 per gli successivi.

Anche a seguito delle proroghe previste nei commi precedenti, il comma 263, lettera i), prevede una trattenuta pari allo 0,4 anche nell’anno 2021.

 

Ai sensi del comma 264, le modifiche puntuali all’articolo 26 del D.L. n. 34 previste dal comma 263 si applicano alle istanze presentate successivamente al 31 dicembre 2020, presumibilmente per non intralciare l’iter delle domande presentate o in via di presentazione prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio.


Comma 265
(Ampliamento dell’operatività della finanza mutualistica e solidale)

 

 

La disposizione, introdotta alla Camera, consente agli operatori di finanza mutualistica e solidale adeguatamente patrimonializzati di erogare credito alle imprese che presentino specifici requisiti in termini di occupati, attivo patrimoniale, ricavi lordi e indebitamento, più elevati rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente.

 

La norma in esame consente agli operatori di microcredito costituiti in forma di cooperativa a mutualità prevalente (operatori di finanza mutualistica e solidale), adeguatamente patrimonializzati, di includere nell'ambito dei beneficiari dei propri finanziamenti le imprese che hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro (definite "microimprese" dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, e dal D.M. n. 238 del 18 aprile 2005) che rispettino i seguenti ulteriori requisiti:

a) aver avuto, nei tre esercizi precedenti o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 600.000 euro;

b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi precedenti o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 400.000 euro;

c) un livello di indebitamento non superiore a 200.000 euro.

I requisiti dimensionali di cui alle precedenti lettere a) e b) sono riferiti all'attivo patrimoniale e ai ricavi lordi (che non devono risultare superiori al doppio di quelli previsti dall’articolo 1, secondo comma, lettere a) e b), del regio decreto n. 267 del 1942, cosiddetta "legge fallimentare") e hanno dunque l'effetto di restringere l'insieme delle microimprese rientranti fra i potenziali beneficiari della norma.

 

L'articolo 111 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB), in deroga all'articolo 106 del medesimo testo unico, che disciplina l'albo degli intermediari finanziari, stabilisce che i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa. Gli operatori del microcredito possono concedere tali finanziamenti a condizione che essi siano di ammontare non superiore a 40.000 euro e non siano assistiti da garanzie reali; siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro e siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati. L'iscrizione nell'elenco è subordinata a specifiche condizioni relative alla forma giuridica dell'operatore, all'ammontare del capitale versato, al rispetto di requisiti di onorabilità e professionalità applicabili ai soci (i primi) e agli esponenti aziendali (entrambi), alla limitazione dell'oggetto sociale e alla presentazione di un programma di attività. Gli operatori del microcredito possono erogare in via non prevalente finanziamenti anche a favore di persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché i finanziamenti concessi siano di importo massimo di 10.000 euro, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare, abbiano lo scopo di consentire l'inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato.

Le disposizioni attuative della disciplina sono state dettate dal MEF, sentita la Banca d'Italia, con regolamento di cui al decreto n. 176 del 17 ottobre 2014. Al riguardo, il comma 265 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, apporti a tale atto le modifiche necessarie ad adeguarlo a quanto disposto dalla norma in esame.

L'articolo 16 del regolamento attuativo vigente ha stabilito che, nell'ambito degli operatori del microcredito, sono operatori di finanza mutualistica e solidale i soggetti, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 111 del TUB, costituiti in forma di cooperativa a mutualità prevalente, il cui statuto preveda che:

a) partecipanti al capitale, dipendenti e collaboratori siano esclusivamente soci;

b) l'assemblea dei soci abbia la competenza esclusiva di deliberare in ordine alle scelte strategiche e gestionali;

c) siano resi pubblici i nominativi dei partecipanti al capitale, l'ammontare dei finanziamenti concessi e la natura dei beneficiari;

d) la società non abbia scopo di lucro e non possano essere distribuiti dividendi in misura superiore al tasso di inflazione dell'anno di riferimento;

e) per ogni finanziamento sia condotta un'istruttoria socio-ambientale alla quale è attribuito lo stesso valore di quella economica ai fini dell'erogazione.

 

Tali operatori possono concedere finanziamenti anche in deroga ai limiti previsti per il microcredito ai propri soci fino a un ammontare massimo di 75.000 euro e per una durata massima di dieci anni. Il tasso effettivo globale applicato a tali finanziamenti non può eccedere la somma dei costi di gestione della struttura e del costo di remunerazione del capitale in misura non superiore al tasso d'inflazione.

 

Per quanto riguarda i beneficiari dei finanziamenti, l'articolo 1 del decreto n. 176 del 17 ottobre 2014 stabilisce che rientra nel microcredito l'attività di finanziamento finalizzata a sostenere l'avvio o lo sviluppo di un'attività di lavoro autonomo o di microimpresa, organizzata in forma individuale, di associazione, di società di persone, di società a responsabilità limitata semplificata o di società cooperativa, ovvero a promuovere l'inserimento di persone fisiche nel mercato del lavoro. Sono esclusi i finanziamenti ai seguenti soggetti:

a) lavoratori autonomi o imprese titolari di partita IVA da più di cinque anni;

b) lavoratori autonomi o imprese individuali con un numero di dipendenti superiore alle 5 unità;

c) società di persone, società a responsabilità limitata semplificata, o società cooperative con un numero di dipendenti non soci superiore alle 10 unità;

d) imprese che al momento della richiesta presentino, anche disgiuntamente, requisiti dimensionali superiori a quelli previsti dall'articolo 1, secondo comma, lettere a) e b) della legge fallimentare, ed un livello di indebitamento superiore a 100.000 euro. Tali requisiti vengono raddoppiati per effetto della norma in esame.

Ai sensi dell'articolo 5 del medesimo decreto attuativo, rientra nell'attività di microcredito anche l'attività di finanziamento finalizzata a promuovere progetti di inclusione sociale e finanziaria destinati a persone fisiche che si trovino in una delle seguenti condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale:

a) stato di disoccupazione;

b) sospensione o riduzione dell'orario di lavoro per cause non dipendenti dalla propria volontà;

c) sopraggiungere di condizioni di non autosufficienza propria o di un componente il nucleo familiare;

d) significativa contrazione del reddito o aumento delle spese non derogabili per il nucleo familiare.


Comma 266
(Ulteriori misure a sostegno delle imprese)

 

 

La disposizione, introdotta alla Camera, sostituisce integralmente l’articolo 6 del decreto-legge n. 23 del 2020, ampliandone l'ambito di applicazione. Il primo comma, che conferma la sostanza del citato articolo 6, disapplica gli obblighi previsti dal codice civile per le società di capitali in relazione alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020, specificando che non operano le cause di scioglimento delle società di capitali per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale e delle cooperative per perdita del capitale. Gli ulteriori commi inseriti nell'articolo 6 del decreto legge n. 23 del 2020 integrano tale previsione specificando che il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo non è l’esercizio immediatamente successivo, bensì il quinto esercizio successivo. Inoltre, nelle ipotesi in cui la perdita riduca il capitale sociale al di sotto del minimo legale, l'assemblea è convocata senza indugio dagli amministratori e in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale (come previsto ordinariamente), può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo, fino al quale non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Le perdite emerse nell'esercizio in corso al 31 dicembre 2020 devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell'esercizio.

 

Il comma 266 sostituisce integralmente l'articolo 6 del decreto legge n. 23 del 2020 per effetto del quale sono stati sospesi dal 9 aprile (data di entrata in vigore del citato decreto legge) al 31 dicembre 2020, gli obblighi previsti dal codice civile per le società di capitali in tema di perdita del capitale sociale, in relazione alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data del 31 dicembre. È inoltre specificato che per il medesimo arco temporale non operino le cause di scioglimento delle società di capitali per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale e delle cooperative per perdita del capitale.

 

Il nuovo comma 1 fa riferimento le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020, in relazione alle quali disapplica gli obblighi previsti dal codice civile in funzione delle diverse regole esistenti rispettivamente per le società per azioni (articoli 2446 e 2447 c.c.) e per le società a responsabilità limitata (articoli 2482-bis e ter c.c.).

 

In particolare il comma 1 prevede che non si applichino alle società per azioni:

§  le disposizioni del codice civile relative alla riduzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, che prevedono l’obbligo di riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate;

Più specificamente la disposizione in commento dispone che non si applichino i commi secondo e terzo dell’articolo 2446 c.c. i quali prevedono che se entro l'esercizio successivo la perdita (di oltre un terzo del capitale) non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori. Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione.

§  le disposizioni del codice civile relative all’obbligo per l’assemblea - in caso la perdita riducesse il capitale sociale al di sotto del minimo legale (50.000 euro per le S.p.A.) - di deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo.

L’articolo 2447 c.c. detta la disciplina in merito alla riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, prevedendo che se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo 2327 (cinquantamila euro per le Spa), gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società

 

Analogamente, in relazione alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 non si applicheranno alle società a responsabilità limitata le disposizioni del codice civile:

§  relative alla riduzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, che prevedono l’obbligo di riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate;

Più specificamente la disposizione in commento dispone che non si applichino i commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 2482-bis c.c., i quali, in caso di diminuzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, prevedono che, se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l'assemblea per l'approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti, devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale, anche su istanza di qualsiasi interessato, provvede con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori Si applica, in quanto compatibile, l'ultimo comma dell'articolo 2446 (vedi supra).

§  relative all’obbligo per le S.r.l. di deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale (10.000 euro);

L’articolo 2482-ter c.c. contiene la disciplina della riduzione del capitale al di sotto del minimo legale prevedendo che, nel caso in cui la perdita ammonti a oltre un terzo del capitale, se questo si riduce al disotto della soglia minima stabilita dal numero 4) dell'articolo 2463 (10.000 euro), gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. È comunque fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società.

 

Ancora con riferimento alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020, non operano le cause di scioglimento:

§  delle società di capitali per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (di cui all’articolo 2484, primo comma, numero 4) c.c.)

L’articolo 2484 c.c. prevede la disciplina in materia di cause di scioglimento di tutte le società di capitali, disponendo in particolare, al comma primo, n. 4), lo scioglimento in conseguenza di una riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter (vedi supra).

§  delle cooperative per perdita di capitale sociale (articolo 2545-duodecies c.c.).

L’articolo 2545-duodecies c.c. prevede tra le cause di scioglimento della società cooperativa anche la perdita del capitale sociale.

 

Il nuovo comma 2 dell'articolo 6 del decreto legge n. 23 del 2020 stabilisce il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo (in deroga agli articoli 2446, secondo comma, e 2482-bis, quarto comma, del c.c.) posticipandolo al quinto esercizio successivo. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.

 

Il nuovo comma 3 stabilisce che, nelle ipotesi di riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale (articoli 2447 o 2482-ter c.c.), l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, possa deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli articoli 2447 o 2482-ter del codice civile (riduzione del capitale e aumento al di sopra del minimo). Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile (vedi supra)

 

Il nuovo comma 4 prevede infine che le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 debbano essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio.


Comma 267
(Ammissione alla negoziazione dei titoli di Stato)

 

 

L’articolo 1, comma 267 modifica l'articolo 67 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF) al fine di specificare che anche soggetti quali Poste Italiane S.p.A. e le equivalenti strutture degli altri Paesi europei, possono svolgere attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi di negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato.

 

L'articolo 67 del TUF reca i criteri generali di accesso degli operatori alle sedi di negoziazione di strumenti finanziari. Il comma 7-bis stabilisce che possono essere ammessi alle negoziazioni per conto proprio sulle sedi di negoziazione all'ingrosso in titoli di Stato, in qualità di membri o di partecipanti, i soggetti di cui all'articolo 2, paragrafo 5, punti da 4) a 22), della direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD). Si tratta di una serie di soggetti che sono esclusi dall'ambito di applicazione della normativa sui requisiti prudenziali applicabile agli enti creditizi e a specifiche imprese di investimento, fra i quali Cassa depositi e prestiti.

 

La modifica in esame introduce fra gli operatori ammessi alle negoziazioni anche gli uffici dei conti correnti postali citati all'articolo 2, paragrafo 5, punto 3) della CRD, consentendo che soggetti quali Poste Italiane S.p.A. e le equivalenti strutture degli altri Paesi europei, possano svolgere attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato.

 

Si segnala che la traduzione italiana della direttiva riporta la dizione "uffici dei conti correnti postali", la quale parrebbe mettere in dubbio la possibilità che le singole unità operative della struttura produttiva fornitrice di servizi di conto corrente postale possano effettivamente essere identificate come operatori che svolgono attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi di negoziazione all'ingrosso dei titoli di Stato. Il testo inglese della direttiva CRD riporta la dizione "post office giro institutions" che appare più correttamente riferibile agli enti, fra i quali è certamente inquadrabile Poste italiane S.p.A., che gestiscono conti correnti postali.

 


Commi 268-269
(Tassi di interesse massimi per mutui dello Stato e degli enti locali)

 

 

I commi 268-269 semplificano le modalità di determinazione e comunicazione dei tassi massimi di interesse applicabili ai mutui concessi agli enti locali, nonché ai mutui e alle obbligazioni con onere a totale carico dello Stato di importo fino a 51.645.689,91 euro.

 

Il comma 268 sostituisce il comma 22 dell’articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 1989, il quale nell’attuale formulazione prevede che il Ministro del tesoro, con proprio decreto, determina periodicamente le condizioni massime applicabili ai mutui da concedere agli enti locali territoriali o altre modalità tendenti ad ottenere una uniformità di trattamento, dandone comunicazione da pubblicare in Gazzetta Ufficiale.

La nuova disposizione attribuisce tale compito al Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF, con determina da pubblicare sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro.

La Direzione generale Debito pubblico emette i titoli di Stato e gestisce le passività delle amministrazioni centrali dello Stato. In particolare svolge le seguenti funzioni: emissione e gestione del debito pubblico interno ed estero; gestione della liquidità; gestione del fondo per l'ammortamento dei titoli di stato; analisi del funzionamento dei mercati finanziari relativi al debito pubblico; partecipazione all'elaborazione dei documenti programmatici di finanza pubblica per le materie di competenza; coordinamento e monitoraggio dell'accesso ai mercati finanziari di enti pubblici, enti territoriali ed enti locali; rapporti con le istituzioni dell'Unione europea e con gli organismi internazionali nelle materie di competenza.

 

Il comma 269 modifica il primo periodo del comma 32 dell’articolo 45 della legge n. 448 del 1998, attribuendo allo stesso Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF il compito di indicare periodicamente, sulla base delle condizioni di mercato, il tasso di interesse di riferimento per i mutui e per le obbligazioni da stipulare con onere a totale carico dello Stato, di importo pari o inferiore a 100 miliardi di lire (51.645.689,91 euro), con determina da pubblicare sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro

 

Tale indicazione è attualmente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, con apposita comunicazione da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

L’ultima comunicazione del tasso di interesse massimo da applicare ai mutui da stipulare con onere a carico dello Stato di importo pari o inferiore ad euro 51.645.689,91 è contenuta nel comunicato 8 giugno 2020, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’8 giugno 2020, n. 144.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa afferma che le modifiche hanno natura meramente semplificatoria e di adeguamento alle più attuali modalità di comunicazione web, attraverso l’utilizzo del sito del Ministero, rendendo efficace e rapida la comunicazione dei provvedimenti che, proprio perché adottati su impulso dell’andamento delle condizioni di mercato, necessitano di una più immediata azione e comunicazione. La determinazione periodica dei tassi affidata al Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF realizza un efficace allineamento con le tempistiche dei mercati.

 

 

 


Commi 270-273
(Interventi diretti a favorire la successione e la trasmissione delle imprese)

 

 

Il comma 270 è stato inserito nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera dei deputati. Introduce, quale ulteriore finalità del Fondo crescita sostenibile di cui all’articolo 23 del D.L. n. 83/2012, il finanziamento di interventi diretti a salvaguardare l’occupazione e a dare continuità all’esercizio delle attività imprenditoriali.

Per tale nuova finalità, possono essere concessi finanziamenti in favore di piccole imprese in forma di società cooperativa costituite da lavoratori provenienti da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse, in cessione o affitto, ai lavoratori medesimi.

Per la gestione degli interventi il MISE si avvale, attraverso apposita convenzione, degli investitori istituzionali destinati alle società cooperative.

Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, sono stabiliti, nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, le modalità e criteri per la concessione, erogazione e rimborso dei predetti finanziamenti.

I commi 271-273, anch’essi inseriti durante l’esame parlamentare, prevedono specifiche agevolazioni fiscali per le predette società.

In particolare, gli importi di TFR che vengono destinati dai lavoratori alla sottoscrizione del capitale sociale delle cooperative in questione non concorrono alla formazione del reddito imponibile dei medesimi lavoratori (comma 271).

Si prevede che le agevolazioni sull'imposta di successione e donazione per i trasferimenti di aziende, di quote sociali e di azioni, nonché l’esenzione fiscale delle plusvalenze relative alle medesime operazioni, trovino applicazione anche nel caso di cessione di azienda relativa alle piccole società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse, in cessione o affitto, ai lavoratori medesimi (comma 272).

Ai sensi del comma 273, le predette società cooperative sono tenute a rispettare la condizione di prevalenza (di cui all'articolo 2513 del codice civile; e cioè delle caratteristiche che qualificano la cooperativa come "a mutualità prevalente", in ragione del tipo di scambio mutualistico) a decorrere dal quinto anno successivo alla loro costituzione.

 

Nel dettaglio, il comma 270 aggiunge un’ulteriore finalità a quelle già previste nella disciplina del Fondo crescita sostenibile di cui al citato articolo 23 del decreto-legge n. 83/2012.

 

Con l’introduzione della nuova lettera c-ter) nel comma 2 dell’articolo 23 viene consentito il finanziamento di interventi diretti a salvaguardare l’occupazione e a dare continuità all’esercizio delle attività imprenditoriali tramite finanziamenti in favore di piccole imprese in forma di società cooperativa costituite da lavoratori provenienti da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse, in cessione o affitto, ai lavoratori medesimi.

 

Una ratio analoga alla norma in commento è contenuta nel comma 260, alla cui scheda di lettura si rinvia, che consente alle società finanziarie partecipate dal MISE e costituite per salvaguardare ed incrementare l'occupazione mediante lo sviluppo di PMI cooperative di svolgere attività di assistenza e consulenza a iniziative volte alla costituzione di società cooperative promosse da lavoratori provenienti da aziende in crisi o da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse ai lavoratori medesimi.

 

Con l’introduzione del nuovo comma 3-quater) nell’articolo 23 del D.L. n. 83 del 2012, per la finalità aggiuntiva appena illustrata si prevede che – ai fini della gestione degli interventi - il MISE si avvalga, attraverso apposita convenzione, degli investitori istituzionali destinati alle società cooperative di cui all’articolo 11-octies[68] delle disposizioni di attuazione e transitorie del codice civile, ossia quelli costituiti ai sensi della legge 25 febbraio 1985, n. 49 (legge Marcora, illustrata nella scheda relativa al comma 260), i fondi mutualistici e i fondi pensione costituiti da società cooperative.

L’ultimo periodo del comma demanda ad uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, il compito di stabilire, nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, le modalità e criteri per la concessione, erogazione e rimborso dei finanziamenti in questione.

 

Al fine di favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione, l’articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (art. 14, legge n. 46/1982), istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico, in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente abrogati.

Con l’istituzione del Fondo in questione è stata dunque operata una razionalizzazione del sistema di agevolazione alle imprese.

Il «Fondo per la crescita sostenibile» è destinato sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'ordinamento comunitario, al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo, con particolare riguardo alle seguenti finalità, enunciate nel citato articolo 23, al comma 2 :

·         la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese;

·         il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma;

·         la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con azioni attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;

·         interventi in favore di imprese in crisi di grande dimensione (finalità aggiunta dall'art. 11, comma 1, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148),

·         la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata (finalità aggiunta dall'art. 15 della legge 17 ottobre 2017, n. 161).

Il comma 3 dello stesso art. 23 stabilisce che le priorità, le forme e le intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del medesimo Fondo per il perseguimento delle finalità del Fondo, sono individuate, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

A tal fine, è stato emanato il decreto ministeriale 8 marzo 2013 (“Individuazione delle priorità, delle forme e delle intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo per la crescita sostenibile”), che specifica i criteri per le finalità precedentemente riportate (sinteticamente, promozione di progetti di ricerca, rafforzamento della struttura produttiva, promozione della presenza internazionale delle imprese), nonché di progetti speciali.

Per ciascuna delle finalità indicate è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo, che opera come fondo rotativo. Infatti, i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.

 

I successivi commi da 271 a 273 recano talune agevolazioni fiscali per le piccole società cooperative sopra indicate.

In particolare, gli importi di TFR richiesti dai lavoratori, che vengono destinati dagli stessi alla sottoscrizione del capitale sociale delle piccole cooperative sopra menzionate, non concorrono alla formazione del reddito imponibile dei medesimi lavoratori (comma 271) e dunque sono esenti dalle imposte sui redditi.

Nel caso di cessione di azienda che riguardi le società cooperative di cui al nuovo comma 3-quater (società cooperative costituite da lavoratori provenienti da aziende i cui titolari intendano trasferire le stesse, in cessione o affitto, ai lavoratori medesimi), si applicano le seguenti misure di favore fiscale (comma 272):

-         le agevolazioni sull'imposta di successione e donazione per i trasferimenti di aziende, di quote sociali e di azioni (di cui all’articolo 3, comma 4-ter del TU sulle successioni e donazioni, D.Lgs. n. 346 del 1990);

-         agevolazioni sulla tassazione delle plusvalenze relative alle medesime operazioni, di cui all’articolo 58 del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR.

 

Il richiamato comma 3-ter esenta da imposta sulle successioni e sulle donazioni i trasferimenti, effettuati anche tramite patti di famiglia a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni. In caso di quote sociali e azioni di soggetti IRES residenti in Italia (tra cui le cooperative, ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi del codice civile, a specifiche condizioni legate tra l’altro all’esercizio dell’attività dell’impresa e al mantenimento del controllo societario.

L’articolo 58 TUIR chiarisce, al comma 1, che il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze (soggette a imposta sui redditi) dell'azienda stessa; l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. Tali criteri si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall'apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi.

 

Ai sensi del comma 273, le predette società cooperative sono tenute a rispettare la condizione di prevalenza (di cui all'articolo 2513 del codice civile; si tratta delle caratteristiche che qualificano la cooperativa come "a mutualità prevalente", in ragione del tipo di scambio mutualistico) a decorrere dal quinto anno successivo alla loro costituzione.

 

Ai sensi dell’articolo 2512 c.c., le cooperative a mutualità prevalente sono tali in ragione del tipo di scambio mutualistico, e cioè se:

1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Il successivo articolo 2513, richiamato dalle norme in esame, prevede che gli amministratori e i sindaci documentino la condizione di prevalenza nella nota integrativa al bilancio, nella quale evidenziano gli specifici parametri da cui si evince la “mutualità prevalente” della società cooperativa.


Comma 274
(Modifiche all’articolo 43 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130)

 

 

Il comma 274 - introdotto dalla Camera - interviene sulle vigenti misure in favore dei soggetti beneficiari di mutui agevolati. In particolare, possono beneficiare di un allungamento dei termini di restituzione fino a un massimo di 84 rate mensili i soggetti beneficiari dei mutui agevolati concessi ai sensi di una serie di disposizioni legislative. I suddetti benefìci si applicano anche nel caso in cui sia stata già adottata da Invitalia Spa la risoluzione del contratto di finanziamento agevolato in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non risulti già iscritto a ruolo ovvero non siano stati avviati contenziosi per il recupero dello stesso; Invitalia Spa, su richiesta dei soggetti beneficiari, da presentare entro il 31 marzo 2021, procede, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, costituito dalla quota del mutuo non restituita aumentata delle spese legali nei limiti di quanto giudizialmente liquidato, tenendo conto delle somme a qualsiasi titolo versate a Invitalia Spa dai soggetti richiedenti.

 

 

Il comma 274 reca una serie di novelle all’articolo 43 del D.L. n. 109/2018 (L. n. 130/2018).

 

Al riguardo, si ricorda che il comma 1 del predetto articolo ha previsto che i soggetti beneficiari dei mutui agevolati possono beneficiare:

- della sospensione di 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate con scadenza non successiva al 30 giugno 2018

- e di un allungamento della durata dei piani di ammortamento, il cui termine non può essere successivo al 31 dicembre 2026.

I suddetti benefici si applicano anche nel caso in cui sia stata già adottata da INVITALIA S.p.A. la risoluzione del contratto di finanziamento agevolato in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non risulti già iscritto a ruolo ovvero non siano incardinati contenziosi per il recupero dello stesso.

INVITALIA, su richiesta dei beneficiari da presentare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, procede, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito (comprensivo di sorte capitale ed interessi), da rimborsare al tasso di interesse legale e con rate semestrali posticipate. Sono fatte salve le transazioni già perfezionate alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Gli oneri, in termini di fabbisogno, sono pari a € 30 mln per il 2018 e a € 10 mln per il 2019; ad essi si provvede ai sensi dell’articolo 45, alla cui scheda si rinvia.

Il comma 2 ha autorizzato INVITALIA, previa acquisizione di parere favorevole dell’Avvocatura dello Stato, ad aderire a proposte transattive per importi non inferiori al 25 per cento del debito, comprensivo di sorte capitale, interessi ed interessi di mora, avanzate dai soggetti beneficiari o da altro soggetto interessato alla continuità aziendale, nell’ambito delle soluzioni negoziali giudizialmente assistite delle crisi d’impresa ovvero nell’ambito delle attività giudiziali pendenti alla data di entrata in vigore del decreto per il recupero dei crediti in ragione della morosità sulla restituzione delle rate.

Nel mese di maggio 2019 sono state approvate dal Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali e sulla scorta del parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato, le linee guida per l’applicazione dell’articolo 43.

Successivamente, l’articolo 32-bis del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) ha esteso le transazioni sul debito complessivo, consentite dal decreto-legge “Genova” (articolo 43, comma 2, del D.L. n. 109/2018) a favore dei beneficiari di mutui agevolati per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità (Legge 185/2000 titoli I e II), ammettendo tali transazioni anche sulle somme da questi dovute a INVITALIA contenute nelle cartelle di pagamento e nelle ingiunzioni fiscali. Si ricorda che INVITALIA è il soggetto competente a stipulare i contratti di finanziamento in questione.

Secondo il comma 1, che ha introdotto il comma 2-bis nell'articolo 43 del D.L. 109/2018, le predette transazioni sono estese anche alle somme contenute in cartelle di pagamento e ingiunzioni fiscali adottate secondo la disciplina generale sull’ingiunzione (R.D. n. 639 del 1910) e ai sensi del D.M. 8 febbraio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2008: il decreto ha autorizzato la riscossione coattiva mediante ruolo (ai sensi della disciplina generale della riscossione delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602) dei crediti, derivanti dalla concessione dei benefici delle agevolazioni per l'autoimpiego, vantati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a. (già Sviluppo Italia S.p.a.), ora INVITALIA.

Il comma 2, per le attività relative alla predetta transazione, ha esteso il termine di adesione alla procedura transattiva alle attività pendenti, ovvero alle cartelle di pagamento e alle ingiunzioni fiscali notificate al 1° maggio 2019 (data di entrata in vigore del decreto-legge in commento).

Le linee guida sono state quindi aggiornate per tener conto del nuovo comma 2-bis dell'articolo 43.

 

In particolare, la lettera a) inserisce il nuovo comma 1-bis, il quale prevede che possono beneficiare di un allungamento dei termini di restituzione fino a un massimo di 84 rate mensili i soggetti beneficiari dei mutui agevolati concessi ai sensi di una serie di disposizioni legislative[69].

I suddetti benefìci si applicano anche nel caso in cui sia stata già adottata da Invitalia Spa la risoluzione del contratto di finanziamento agevolato in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non risulti già iscritto a ruolo ovvero non siano stati avviati contenziosi per il recupero dello stesso; Invitalia Spa, su richiesta dei soggetti beneficiari, da presentare entro il 31 marzo 2021, procede, nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, costituito dalla quota del mutuo non restituita aumentata delle spese legali nei limiti di quanto giudizialmente liquidato, tenendo conto delle somme a qualsiasi titolo versate a Invitalia Spa dai soggetti richiedenti.

La lettera b) sostituisce il comma 2.

Nella nuova formulazione, il comma 2 prevede che, nell’ambito delle soluzioni negoziali giudizialmente assistite delle crisi d’impresa ovvero nell’ambito delle attività giudiziali pendenti per il recupero dei crediti in ragione della revoca o della risoluzione del contratto di finanziamento agevolato, purché il soggetto beneficiario non abbia cessato l’attività alla data del 31 dicembre 2020, Invitalia Spa, previa acquisizione del parere favorevole dell’Avvocatura dello Stato, è obbligata ad aderire tempestivamente, e comunque non oltre trenta giorni dall’acquisizione del parere dell’Avvocatura, a proposte transattive presentate dai soggetti beneficiari o da altro soggetto interessato alla continuità aziendale, per importi pari al 25 per cento del debito in un’unica soluzione oppure pari al 100 per cento del debito in 84 rate mensili costanti; al mancato pagamento di tre rate mensili, anche non consecutive, la predetta proposta transattiva decade. Ai fini dell'articolo 43, come qui modificato, per debito deve intendersi, in caso di risoluzione, la quota del mutuo non restituita, aumentata degli interessi calcolati al tasso legale vigente dal momento dell’inadempimento e dalle spese legali sostenute da Invitalia Spa fino al momento del perfezionamento dell’accordo, tenendo conto delle somme a qualsiasi titolo versate a Invitalia Spa che comunque sono imputate prima a conto interessi e poi a sorte capitale; analogamente in caso di revoca delle agevolazioni, la quale ordinariamente comporterebbe anche la restituzione dei contributi, per debito deve intendersi quanto previsto nella fattispecie della risoluzione, ovvero la sola quota del mutuo non restituita, aumentata degli interessi calcolati al tasso legale vigente dal momento dell’inadempimento e dalle spese legali sostenute da Invitalia Spa fino al momento del perfezionamento dell’accordo, tenendo conto delle somme a qualsiasi titolo versate a Invitalia Spa che comunque sono imputate prima a conto interessi e poi a sorte capitale.

 

Nell'attuale formulazione, il comma 2 prevede che nell'ambito delle soluzioni negoziali giudizialmente assistite delle crisi d'impresa ovvero nell'ambito delle attività giudiziali pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto per il recupero dei crediti in ragione della morosità sulla restituzione delle rate, INVITALIA S.p.A., previa acquisizione di parere favorevole dell'Avvocatura dello Stato, è autorizzata ad aderire a proposte transattive per importi non inferiori al 25 per cento del debito, comprensivo di sorte capitale, interessi ed interessi di mora, avanzate dai suddetti soggetti beneficiari o da altro soggetto interessato alla continuità aziendale.

 

La lettera c) introduce il nuovo comma 2-ter. La nuova disposizione prevede che Invitalia Spa sospende le procedure esecutive pendenti nei confronti dei soggetti che hanno presentato domanda ai sensi dell'articolo 43 qui in commento per un periodo di 12 mesi dalla data di ricezione della domanda. Invitalia Spa deve rivolgere tempestivamente istanza all’autorità competente, in base alle norme in vigore, per la sospensione delle procedure esecutive che siano in atto a carico dei richiedenti l’adesione transattiva ai sensi del presente articolo, al fine di non arrecare pregiudizio irreversibile alla continuità aziendale.

 


Comma 275
(F
ondo occupazione e formazione)

 

 

Il comma 275 rifinanzia il Fondo sociale per occupazione e formazione di 600 milioni di euro per il 2021 e di 200 milioni di euro per il 2022.

 

Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall’articolo 18, comma 1, lett. a), del DL n. 185/2008, recante Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

In particolare, la norma aveva previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con riferimento alle risorse destinate alle infrastrutture – provvedesse ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi. Il comma 1, alla lettera a), indicava proprio il Fondo sociale per occupazione e formazione, appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Si specifica, al riguardo, che in tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

Come risulta da un’interrogazione effettuata nel Sistema informativo della Ragioneria Generale dello Stato in relazione al Fondo in questione, le somme allo stato disponibili sono pari a circa 695,560 milioni di euro (capitolo 2230/1).

 

 


Commi 276-277
(Fondo per il sostegno della parità salariale di genere)

 

 

I commi 276-277, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, istituiscono presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere - con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 – demandando a un successivo decreto l’individuazione delle modalità di attuazione della norma.

 

Più in dettaglio, il Fondo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è destinato alla copertura finanziaria, nei limiti della dotazione del Fondo – pari, come detto, a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 – di interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro (comma 276).

Si demanda a un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’individuazione delle modalità di attuazione della norma (comma 277).

 

 

Si ricorda, al riguardo, che sul tema è in corso di discussione presso l’XI Commissione (Lavoro) della Camera dei deputati il testo unificato “Modifiche all'articolo 46 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, in materia di rapporto sulla situazione del personale” (AA.CC. 522 Ciprini, 615 Gribaudo, 1320 Boldrini, 1345 Benedetti, 1675 Gelmini, 1732 Vizzini, 1925 CNEL, 2338 Carfagna, 2424 Fusacchia e 2454 Carfagna). Il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto, adottato dalla Commissione come testo base nella seduta del 4 novembre 2020, reca disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi, attraverso la previsione, tra l’altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, nonché di nuove modalità per la redazione da parte delle aziende del rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, concernente, tra l’altro, le differenze salariali tra i sessi e la composizione delle rispettive retribuzioni.

Per una panoramica sulle principali misure vigenti in materia di conciliazione vita-lavoro e di occupazione femminile si rinvia al documento di sintesi in allegato (consultabile anche al seguente link).

 


Comma 278
(Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale
per cessazione di attività)

 

 

Il comma 278 proroga per il 2021 e il 2022, entro determinati limiti di spesa, la possibilità per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere, in deroga ai limiti generali di durata vigenti e qualora ricorrano determinate condizioni, ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, per un periodo massimo di 12 mesi. Tale possibilità è attualmente prevista sino alla fine del 2020.

 

La disposizione in commento fa salva la disciplina prevista dall’articolo 44 del D. L. 109/2018 (vedi infra) in materia di condizioni e presupposti per l’accesso al suddetto intervento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività.

In particolare l’autorizzazione, come accennato, è ammessa:

§  qualora sussista una delle seguenti ipotesi:

-     risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;

-     sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;

-     siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;

§  per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;

§  anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;

§  subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in cui viene altresì verificata la sostenibilità finanziaria del trattamento straordinario e indicato il relativo onere finanziario. Tali accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze e all'INPS per il monitoraggio mensile del rispetto dei limiti di spesa pari a 200 milioni di euro per il 2021 e 50 milioni di euro per il 2022 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 18/2008). Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.

 

In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.

Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 - come modificato, da ultimo, dal comma 493 della L. 160/2019 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per il periodo dal 29 settembre 2018 al 31 dicembre 2020, nel limite di spesa costituito dalle risorse stanziate ai sensi del predetto art. 21, c. 4, del D.Lgs. 148/2015 e non utilizzate, nonché (come disposto dai decreti legge nn. 124 e 162 del 2019) nel limite di 45 milioni di euro per il 2019 e di 28,7 milioni di euro per il 2020.

Inoltre, il medesimo art. 44 prevede, ferme restando le risorse stanziate, la possibilità per il 2020 di prorogare ulteriormente per un massimo di sei mesi l’intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in oggetto. Sul punto, si ricorda che l'art. 60, c. 3, lett. c), del D.L. 104/2020 dispone che la procedura di licenziamento eventualmente già avviata è sospesa per la durata della suddetta proroga.

 

 


Comma 279
(Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato)

 

 

Il comma 279 concerne le proroghe ed i rinnovi dei contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato, differendo dal 31 dicembre 2020 al 31 marzo 2021 il termine finale di applicazione di una disciplina transitoria in materia (di cui all'articolo 93, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni). La novella consente, dunque, che i contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato siano rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta[70], mediante un atto intervenuto entro il 31 marzo 2021 (anziché, come nella norma vigente, entro il 31 dicembre 2020), anche in assenza delle condizioni poste dall'articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

 

Si ricorda che il suddetto articolo 19, comma 1, alle lettere a) e b), fa riferimento alla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria; l'articolo 21, comma 01, dello stesso D.Lgs. n. 81 richiede la sussistenza[71] di una di tali esigenze per: i rinnovi dei contratti a termine; le proroghe dei contratti a termine che determinino una durata complessiva del rapporto superiore ai dodici mesi[72].

Riguardo agli altri limiti e condizioni posti dalla disciplina vigente[73] per i rinnovi o le proroghe dei contratti di lavoro a termine, la novella richiama (confermandone l'applicazione) la norma in base alla quale - fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi e con l'eccezione delle attività stagionali - la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato (intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore), per effetto di un contratto o di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i ventiquattro mesi.

 

Si ricorda che, qualora il suddetto limite di ventiquattro mesi sia superato, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento. Tuttavia, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici del lavoro competenti per territorio.

 

La norma transitoria - sulla quale interviene la novella di cui al presente comma 279 - limita l’ambito della propria deroga ad un solo rinnovo o proroga; in merito, la nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 16 settembre 2020, prot. n. 713[74], ha interpretato nel senso che i precedenti rinnovi o proroghe non escludono la possibilità di ricorso alla deroga in esame (ai fini dell'ulteriore rinnovo o proroga). Sempre secondo l'interpretazione della suddetta nota, la norma transitoria in oggetto consente altresì che: la proroga sia in deroga al numero massimo di proroghe, previsto dalla normativa generale sui contratti di lavoro a termine; il rinnovo possa essere stipulato anche senza il rispetto dei termini dilatori minimi (previsti dalla suddetta normativa per il rinnovo medesimo)[75].

 

 


Comma 280
(Settore call center)

 

 

Il comma 280 rifinanzia anche per l’anno 2021 le misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center previste dall’articolo 44, comma 7, del d.lgs. 148 del 2015, nel limite di spesa di 20 milioni di euro.  

 

Agli oneri quantificati dalla norma, pari a 20 milioni di euro, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione e la formazione (di cui all'art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008).

 

In base all’articolo 44, comma 7, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e al relativo DM attuativo n. 22763/2015, le citate  misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center consistono in un’indennità, riconosciuta in favore dei lavoratori di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015[76], appartenenti alle aziende del settore dei call center, non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda, con unità produttive site in diverse regioni o province autonome, e che, come ricorda la relazione illustrativa, abbiano attuato, entro la scadenza prevista del 31 dicembre 2013, le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto[77].

Tale indennità, pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria, può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una crisi aziendale ed il relativo programma contenga un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri creatisi.

Si ricorda, inoltre, che, da ultimo, la misura è stata rifinanziata, per il 2020, dall’art. 11-quater, c 2, del DL 162/2019 per un importo pari a 20 milioni di euro.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 45 del disegno di legge in esame, alla cui scheda si fa rinvio, prevede un rifinanziamento del citato Fondo nella misura di 600 milioni di euro per il 2021 e di 200 milioni di euro per il 2022.

 

 


Comma 281
(Disposizioni in materia di lavoro portuale)

 

 

Il comma 281, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, aggiunge il limite massimo di 2 milioni di euro per il 2021 al limite massimo, già previsto, di 4 milioni di euro per l'anno 2020, entro il quale può essere riconosciuto al lavoratore, dalle Autorità di sistema portuale e dall’Autorità portuale di Gioia Tauro, un contributo di 90 euro per ogni lavoratore in relazione a ciascuna giornata di lavoro prestata in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019, per le mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale conseguenti all'emergenza da COVID-19.

 

Più in dettaglio, la norma interviene sull’articolo 199, comma 1, lettera b), del D.L. n. 34/2020, con particolare riferimento alla facoltà, ivi prevista per le Autorità di sistema portuale, di corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto degli equilibri di bilancio, un contributo, nel limite massimo di 4 milioni di euro per l'anno 2020, pari a 90 euro per ogni lavoratore in relazione a ciascuna giornata di lavoro prestata in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019, riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COVID-19.

La norma in commento aggiunge al limite massimo di 4 milioni di euro già previsto per l'anno 2020, entro il quale il contributo in questione può essere riconosciuto, il limite massimo di 2 milioni di euro per il 2021.

 

Si ricorda, al riguardo, che sul richiamato articolo 199, comma 1, lettera b), del D.L. n. 34/2020 è intervenuto l'art. 93, comma 1, lett. 0a), del D.L. n. 104/2020, introducendo misure di sostegno agli operatori portuali e alle imprese che operano nel settore portuale e marittimo, nonché misure a sostegno dell’operatività degli scali nazionali, in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall'emergenza connessa alla diffusione del COVID-19.

In particolare, il D.L. n. 104/2020, al comma 1, lett. 0a), ha previsto la facoltà per le Autorità di sistema portuale di riconoscere un contributo, pari almeno a 90 euro per ogni turno lavorativo prestato in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019, riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COVID-19, in favore delle imprese autorizzate ai sensi dell'articolo 16 della L. 28 gennaio 1994, n. 84 e che operino con contratti di appalto di attività comprese nel ciclo operativo ai sensi dell'articolo 18, comma 7 ultimo periodo, della medesima legge n. 84/1994.

 


Commi 282 e 283
(Sostegno al reddito lavoratori settore pesca)

 

 

I commi 282 e 283 recano uno stanziamento di risorse per l’erogazione, anche per il 2021, dell’indennità onnicomprensiva prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio.

 

Nel dettaglio, il comma 282 stanzia 12 milioni di euro per il 2021 - a valere sul Fondo sociale per l’occupazione e formazione[78] - per il finanziamento dell’indennità onnicomprensiva, pari a trenta euro giornaliere per il 2021, riconosciuta ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima (compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca), nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio.

Si ricorda che l’art. 1, comma 515, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) ha riconosciuto, per il 2020, per i medesimi soggetti, una identica misura, con gli stessi presupposti, ma nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il 2021.

 

Analogamente, il comma 283 stanzia 7 milioni di euro per il 2021 - a valere sul medesimo Fondo sociale per l’occupazione e formazione - per il finanziamento della suddetta indennità onnicomprensiva, pari a trenta euro giornaliere per il 2021, riconosciuta in favore dei medesimi soggetti nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo non obbligatorio.

Si ricorda che la legge di bilancio 2017 (art. 1, c. 346, della L. 232/2016) ha previsto, a decorrere dall’anno 2018, il riconoscimento per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, di una indennità giornaliera onnicomprensiva, fino ad un importo massimo di 30 euro, nel periodo di sospensione derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio (valevole per un periodo non superiore, complessivamente, a quaranta giorni in corso d'anno).

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, c. 803, della L. 145/2018, dal 2019 il suddetto riconoscimento opera nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui, incrementato di 2,5 milioni di euro per il solo 2021 dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 516, L. 160/2019).

Per la disciplina delle modalità relative al pagamento delle predette indennità, con riferimento all’anno 2019, sono stati emanati il decreto interministeriale del 22 gennaio 2020, n. 1 e il decreto direttoriale del 10 luglio 2020, n. 11.

 


Comma 284
(Sostegno  al reddito dei lavoratori di imprese
sequestrate o confiscate)

 

 

Il comma 284 proroga, per il triennio 2021-2023, il trattamento di sostegno al reddito, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, a favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati ad orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria.

 

In dettaglio, la disposizione proroga il suddetto trattamento, previsto per il triennio 2018-2020 dall'articolo l, comma l, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 72[79], alle medesime condizioni: per una durata massima complessiva di 12 mesi nel triennio e nel limite di spesa di euro l.000.000 per ciascuna annualità.

 

Il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 72, all'articolo l, ha introdotto (nel caso non sia possibile il ricorso ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148) un sostegno al reddito pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, a favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati ad orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria, per le quali è stato approvato il programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività ai sensi dell'art. 41 del c.d. Codice Antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011).

 

All’onere derivante dalla disposizione, pari a euro 1.000.000 per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma l, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185.

 


Comma 285
(Trattamenti di integrazione salariale straordinaria per le imprese con rilevanza economica strategica)

 

 

Il comma 285 proroga per il biennio 2021-2022 – entro determinati limiti di spesa - la possibilità per le imprese con rilevanza economica strategica, anche a livello regionale e con rilevanti problematiche occupazionali, di richiedere un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale straordinaria. Tale possibilità è attualmente riconosciuta sino alla fine del 2020.

 

Più in dettaglio, alle suddette imprese è riconosciuta anche per il 2021 e il 2022 la possibilità (di cui all’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015 - vedi infra) di chiedere la proroga dell’intervento di CIGS, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa vigente[80].

Tale ulteriore periodo di CIGS può avere una durata di 12 mesi in caso di riorganizzazione aziendale o di contratto di solidarietà oppure di 6 mesi in caso di crisi aziendale.

 

La suddetta proroga opera nel limite di 130 milioni per il 2021 e di 100 milioni di euro per il 2022. Ai relativi oneri si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a) del D.L. 185/2008).

 

La disposizione in commento non interviene sulla disciplina in materia di condizioni e presupposti per l’accesso alla proroga del richiamato trattamento straordinario di integrazione salariale.

In base al richiamato art. 22-bis l’autorizzazione dell’ulteriore periodo di CIGS da parte delle imprese di rilevanza economica strategica è subordinata alla presentazione di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale e alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

1.    il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;

2.    il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

3.    per la causale contratto di solidarietà;

4.    il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le ipotesi da 1 a 3 si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la quarta ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.

Per il complesso delle suddette proroghe è fissato un limite massimo di spesa per il 2020 pari a 95 milioni di euro (come previsto dal medesimo art. 22-bis del D.Lgs. 148/2015 e dall’art. 11-quater, c. 6, del D.L. 162/2019), a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

 


Commi 286-288
(Trattamenti di integrazione salariale in deroga per crisi aziendali)

 

 

I commi in esame - inseriti dalla Camera - consentono, a determinate condizioni, che le regioni e le province autonome riconoscano, nel 2021, ulteriori periodi di trattamento di integrazione salariale in deroga - per un periodo massimo di dodici mesi, anche non continuativi -, in relazione all'attuazione dei piani di nuova industrializzazione, di recupero o di tenuta occupazionale, relativi a crisi aziendali incardinate presso le unità di crisi del Ministero dello sviluppo economico o delle regioni.

Il trattamento in oggetto può essere concesso dalle regioni o dalle province autonome solo previa verifica da parte dell'INPS dell'effettiva disponibilità finanziaria, nei limiti delle risorse, già assegnate al medesimo ente territoriale e richiamate dal comma 287, che residuino rispetto agli utilizzi anch'essi ivi richiamati[81], e in ogni caso nel rispetto di un limite massimo pari a 10 milioni di euro per il 2021.

I medesimi enti territoriali assicurano ai beneficiari dei suddetti trattamenti di integrazione salariale l’applicazione di misure di politica attiva, individuate, a valere sulle risorse proprie e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).

Le risorse finanziarie in oggetto erano state stanziate - in favore delle regioni e delle province autonome - per trattamenti anche in deroga di integrazione salariale o di mobilità, ovvero per misure di politica attiva del lavoro. Gli utilizzi richiamati concernono alcune fattispecie di riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale in deroga.

 

 


Comma 289
(Piani di recupero occupazionale)

 

 

Il comma 289 stanzia ulteriori risorse pari a 180 milioni di euro sul Fondo sociale per occupazione e formazione volte al completamento dei piani di recupero occupazionale nelle aree di crisi industriale complessa, destinate ai trattamenti di CIGS e di mobilità in deroga nell’anno 2021.

 

In dettaglio, la disposizione prevede il rifinanziamento delle misure relative ai piani di recupero occupazionale di cui all'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per il 2021 mediante ulteriori 180 milioni di euro per tale anno 2021 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (analogo intervento, da ultimo, per l’anno 2020, è stato disposto dall’art. 1, comma 492, l.160/2019 (Legge di bilancio per il 2020)).

Tali risorse, ripartite tra le Regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere destinate nell'anno 2021, dalle predette regioni, alle medesime finalità del richiamato articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148/2015, nonché a quelle dell'articolo 53- ter del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

 

L’articolo 44, comma 11-bis autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che, a tal fine, debbono presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni del presente decreto né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Le risorse stanziate all’uopo, coperte a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate.

L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e trasmette relazioni semestrali al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Ai sensi dell’articolo 53 ter del dl 50/2017, le risorse finanziarie di cui sopra, come ripartite ai sensi del predetto art. 44, comma 11-bis,  possono essere destinate dalle regioni medesime, nei limiti della parte non utilizzata, alla prosecuzione, senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, n. 83473 del 1º agosto 2014, del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale da comunicare all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 


Comma 290
(Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa)

 

 

Il comma 290, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, istituisce il “Fondo per il sostegno al reddito dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con una dotazione pari a 10 milioni di euro per l’anno 2021.

 

 

In dettaglio, il Fondo è istituito al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa individuate dalle Regioni per il 2020 e non autorizzate per mancanza di copertura finanziaria

I criteri e le modalità di riparto tra le Regioni delle risorse di cui al predetto Fondo sulla base dei fabbisogni comunicati, anche al fine del rispetto del limite di spesa previsto, sono stabiliti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio.

Le aree di crisi industriale complessa sono territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale. La complessità può derivare o da crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto, o da grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione sul territorio.

In queste aree, l'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha previsto la possibilità di concedere un intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa.

 


Comma 291
(Indennità per i lavoratori della regione Campania)

 

 

Il comma 291, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, modifica l’articolo 1-ter del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, estendendo a tutti i lavoratori della regione Campania l’indennità prevista per i lavoratori delle aree di crisi complessa della regione Campania stessa, e prorogandone, altresì, gli effetti al 2021.

 

 

L’articolo 1-ter del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, prevede, al comma 1, in favore dei lavoratori delle aree di crisi complessa della regione Campania che hanno cessato la mobilità ordinaria dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2016, la concessione, fino al 31 dicembre 2020, di un'indennità pari al trattamento dell'ultima mobilità ordinaria percepita, comprensiva della contribuzione figurativa, nel limite massimo di 2,43 milioni di euro per l'anno 2020. A tale indennità non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 67, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che subordina l’accesso a tutte le forme di integrazione del reddito al conseguimento di una anzianità lavorativa presso l'impresa. L'indennità, ai sensi del comma 2, non è compatibile con il reddito di emergenza nè è altresì compatibile con la presenza di una delle seguenti condizioni:

a) essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente;

b) essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell'assegno ordinario di invalidità;

c) essere percettori dell'indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (DIS-COLL);

d) essere percettori di reddito di cittadinanza o di misure aventi finalità analoghe.

 

In particolare, al comma 1, dell’articolo 1-ter, viene soppresso il riferimento alle aree di crisi complessa (e di conseguenza viene modificata la rubrica dell’articolo, che a tali aree fa riferimento) e la data del «31 dicembre 2020», sostituito con la nuova scadenza della misura al « 31 dicembre 2021 ». Viene, altresì, soppressa la quantificazione finanziaria presente nell’articolo 1-ter , prevista « nel limite massimo di 2,43 milioni di euro per l’anno 2020 ».

Al comma 2 dell’articolo 1-ter, è aggiunto un ulteriore requisito, oltre a quelli già esistenti, per beneficiare dell’indennità: aver percepito o essere percettori dell’indennità di disoccupazione denominata Nuova prestazione di Assicura- zione Sociale per l’impiego (NASpI) (nuova lettera d-bis));

Dopo il comma 3 dell’articolo, è inserito il comma 3-bis, con il quale, ai lavoratori di cui al comma 1, dal 1° gennaio 2021, sono applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL).


Commi 292-293 e 295-296
(Assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità)

 

 

I commi in esame sono stati inseriti dalla Camera.

I commi 292 e 293 modificano la disciplina transitoria e speciale relativa alle assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità. Le modifiche concernono l'anno 2021, che è l'ultimo anno in cui opera tale disciplina speciale.

I commi 295 e 296 concernono la possibilità di procedere, per alcune delle assunzioni in oggetto, in deroga ad alcune condizioni.

Le modifiche di cui ai commi 292 e 293 riguardano esclusivamente i profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo.

In tale ambito, mentre la lettera a) del comma 292 e il comma 293 confermano disposizioni già vigenti (della suddetta disciplina transitoria), le lettere b) e c) del comma 292 prevedono: che le assunzioni siano operate in via diretta (senza selezione) per i casi in cui i lavoratori siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure selettive pubbliche, anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione; che per i lavoratori non rientranti in quest'ultima fattispecie resti possibile (come già previsto) lo svolgimento di selezioni riservate, mediante prova di idoneità; che tali procedure di selezione possano essere espletate anche presso pubbliche amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione. Rispetto a tale quadro, si valuti l'opportunità di chiarire la portata della successiva lettera d) e se in particolare essa consenta la doppia possibilità di procedura (assunzione diretta o di selezione riservata) per tutti i casi in cui i soggetti siano stati in precedenza utilizzati mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione in forma coordinata e continuativa o altre tipologie contrattuali.

 

Si ricorda che, in base alla disciplina di cui ai commi da 446 a 449 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2018,  n. 145, e successive modificazioni - disciplina posta con riferimento al triennio 2019-2021 -[82], le assunzioni a tempo indeterminato - che possono essere anche a tempo parziale - sono effettuate anche da parte di pubbliche amministrazioni diverse da quelle che abbiano utilizzato in precedenza i soggetti in esame; le assunzioni sono ammesse nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, nonché delle risorse finanziarie richiamate dai suddetti commi; fatte salve le nuove previsioni di cui ai commi 292 e 293 in esame, le assunzioni sono effettuate mediante selezioni riservate (con prova di idoneità) per i profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo e mediante procedure concorsuali riservate (per titoli ed esami) per gli altri profili. Entrambe le tipologie di procedure sono organizzate (per figure professionali omogenee) dal Dipartimento della funzione pubblica, mediante la Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), la quale si avvale dell'Associazione Formez PA.

 

Le novelle di cui ai commi 295 e 296 estendono la possibilità di procedere, per alcune delle assunzioni oggetto dei precedenti commi 292 e 293, in deroga ad alcune condizioni.

Le deroghe concernono le condizioni del rispetto del piano di fabbisogno del personale e dei limiti stabiliti per le assunzioni dalla normativa vigente e consentono altresì che, fino al termine ora prorogato dal 31 dicembre 2020 al 31 marzo 2021, ovvero al 31 dicembre 2020 per i lavoratori socialmente utili di cui al comma 296, i soggetti assunti siano in posizione di lavoratori sovrannumerari (in deroga alla dotazione organica). Le deroghe concernono le assunzioni effettuate dalle pubbliche amministrazioni già utilizzatrici dei lavoratori socialmente utili e di quelli impegnati in attività di pubblica utilità, nei limiti delle risorse finanziarie già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296 - risorse stanziate per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni -.

 


Comma 294
(Convenzioni relative ai lavoratori socialmente utili)

 

 

Il comma 294 - inserito dalla Camera - prevede la proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 di alcune convenzioni relative ai lavoratori socialmente utili.

Le convenzioni oggetto della proroga sono stipulate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con alcune regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna), al fine di garantire il pagamento dei sussidi nonché l'attuazione di misure di politiche attive per il lavoro in favore dei lavoratori socialmente utili appartenenti alla "platea storica"; la proroga concerne anche le convenzioni  La proroga è disposta nei limiti della spesa annua già sostenuta e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Comma 297
(Sistema duale)

 

 

Il comma 297 – modificato nel corso dell’esame alla Camera - incrementa di 55 milioni di euro per il 2021 e di 50 milioni di euro per il 2022 le risorse destinate ai percorsi formativi di apprendistato e di alternanza scuola-lavoro.

 

La norma in commento incrementa nella suddetta misura le risorse destinate ai percorsi formativi relativi all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di quelli relativi all'alternanza tra scuola e lavoro disposto dall’articolo 110 della L. 205/2017 (pari a 75 milioni di euro a decorrere dal 2018) portando così il relativo finanziamento a 130 mln di euro per il 2021 e a 125 mln di euro per il 2022.

Agli oneri così quantificati si provvede, quanto a 50 milioni di euro per ciascuno dei medesimi anni, a valere sul Fondo sociale per l’occupazione e la formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008).

 

L’articolo 1, comma 110, della L. 205/2017 ha previsto specifici finanziamenti nel settore della formazione e dell'apprendistato, a decorrere dal 2018, a carico del richiamato Fondo sociale per occupazione e formazione.

In particolare il comma 110, lettera b), ha stanziato 75 milioni per il finanziamento dei percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, nonché dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro. Tale stanziamento è stato incrementato di 50 milioni di euro per il 2019 dall’art. 1, c. 281, della L. 145/2018 e di 46,7 milioni di euro per il 2020 dall’art. 1, c. 494, della L. 160/2019.

 


Comma 298
(Incremento del Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore)

 

 

Il comma 298, introdotto durante l’esame alla Camera, incrementa di € 20 mln per il 2021 il Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore.

 

Preliminarmente, si ricorda che il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) – istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 – è stato riorganizzato, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il DPCM 25 gennaio 2008, che ha previsto tre differenti tipologie di intervento: percorsi di IFTS, poli tecnico-professionali e Istituti tecnici superiori (ITS: per essi, v. infra).

 

A sua volta, il Fondo per l’istruzione e formazione tecnica superiore è stato istituito dall’art. 1, co. 875, della stessa L. 296/2006 ed è allocato sul cap. 1464 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione.

In particolare, al Fondo confluiscono somme a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 634, della medesima L. 296/2006 (contenente diverse finalità, tra cui la riorganizzazione dell’istruzione e formazione tecnica superiore, prevista dal già citato art. 1, co. 631, della stessa L. 296/2006) – che, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 7, co. 37-ter, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), ammontano a € 14 mln annui e sono specificatamente destinate ai percorsi svolti dagli Istituti tecnici superiori (ITS) –, nonché le risorse assegnate dal CIPE, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, per progetti finalizzati alla realizzazione dell'istruzione e formazione tecnica superiore[83].

Successivamente, l’art. 1, co. 67, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha disposto che il Fondo è incrementato di € 10 mln nel 2018, € 20 mln nel 2019 e € 35 mln annui dal 2020, per consentire al sistema degli ITS di aumentare la propria offerta formativa e, conseguentemente, di aumentare il numero di soggetti in possesso di competenze abilitanti all’utilizzo degli strumenti avanzati di innovazione tecnologica e organizzativa correlati anche al processo Industria 4.0.

Da ultimo, l’art. 1, co. 412, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha stabilito che, per il 2020, una quota del Fondo per l’istruzione e formazione tecnica superiore, pari a € 15 mln, è destinata a investimenti in conto capitale non inferiori a € 400.000 per la infrastrutturazione di sedi e laboratori coerenti con i processi di innovazione tecnologica 4.0, al fine di favorire, mediante il sistema degli ITS, la diffusione della cultura tecnica e scientifica, necessaria per accompagnare e sostenere in modo sistematico le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo italiano.

 

Da ultimo, sulla base dei criteri previsti dal DM 63 del 14 luglio 2020, il pagamento delle risorse 2020 in favore delle regioni, pari complessivamente a € 32.079.747,00, è stato disposto con D.D. 863 del 23 luglio 2020.

 

Gli Istituti tecnici superiori

 

Il DPCM 25 gennaio 2008 ha previsto che gli ITS - istituiti dall’art. 13 del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) - possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza.

Gli ITS sono realizzati secondo il modello organizzativo della Fondazione di partecipazione, alla quale – in base all’allegato A del DPCM – possono partecipare: un istituto tecnico o professionale, statale o paritario, che risulti ubicato nella provincia sede della Fondazione; una struttura formativa accreditata dalla regione per l’alta formazione, anch’essa ubicata nella provincia; un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l’ITS; un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica; un ente locale. Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto all’ITS.

Ai percorsi si accede, previa selezione, con il diploma di istruzione secondaria di secondo grado, ovvero, a seguito, dell’art. 1, co. 46, della L. 107/2015, con un diploma professionale conseguito al termine dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale, integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore conseguito all’esito di un percorso IFTS, la cui struttura e i cui contenuti sono stati definiti con D.I. (MIUR-Lavoro) 27 aprile 2016, n. 272.

In particolare, gli ITS realizzano percorsi finalizzati al conseguimento di diplomi di tecnico superiore con riferimento alle seguenti aree tecnologiche: efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnologie per il Made in Italy; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Gli indirizzi in cui le aree tecnologiche si articolano sono deliberati dalle regioni, nell'ambito delle priorità della loro programmazione territoriale.

I percorsi rispondono a standard minimi riferiti, tra gli altri, ai seguenti criteri:

§  hanno durata di quattro semestri, per un totale di 1800/2000 ore; per particolari figure, i percorsi possono avere anche una durata superiore, nel limite massimo di sei semestri;

§  ciascun semestre comprende ore di attività teorica, pratica e di laboratorio;

§  i docenti provengono per non meno del 50% dal mondo del lavoro con una specifica esperienza professionale maturata nel settore per almeno cinque anni;

§  la conduzione scientifica di ciascun percorso è affidata ad un comitato di progetto.

A seguito dell’art. 1, co. 47, lett. f), della L. 107/2015, è stato previsto che gli ITS esistenti alla data della sua entrata in vigore, purché dotati di un patrimonio non inferiore a € 100.000, possono attivare nel territorio provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse, fermo restando il rispetto dell'iter di autorizzazione e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Successivamente, l’art. 1, co. 467, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha disposto che gli ITS possono comprendere nei piani triennali di attività anche ulteriori percorsi e attività, coerenti con l'ambito tecnologico di riferimento, finanziati da soggetti pubblici e privati per potenziare la propria offerta formativa, previa comunicazione al competente assessorato della regione e all'ufficio scolastico.

Da ultimo, l’art. 1, co. 410 e 411, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – novellando l'art. 1, co. 468, della L. 145/2018 – ha previsto che, a partire dal 2020, si procede, con frequenza biennale, all'attualizzazione degli standard organizzativi delle strutture e dei percorsi degli ITS, nonché dei criteri di valutazione dei piani di attività realizzati. L’attualizzazione è finalizzata all'istituzione di nuovi ITS o all'eventuale accorpamento di quelli già istituiti. A tali fini, deve intervenire un decreto (ora) del Ministro dell'istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, nonché con l'Autorità politica delegata per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Qui i dati di sintesi del monitoraggio nazionale 2020 sugli ITS effettuato dall’INDIRE.

 


Commi da 299 a 308 e da 312 a 314
(Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 e sgravi contributivi per i datori di lavoro che non richiedano
gli interventi di integrazione salariale)

 

 

I commi da 299 a 305 prevedono - con riferimento ai trattamenti ordinari di integrazione salariale, agli assegni ordinari di integrazione salariale e ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, già riconosciuti secondo una disciplina transitoria, posta in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 - la concessione di ulteriori periodi di trattamento. Questi ultimi vengono ammessi - in relazione ai casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa - nella misura massima complessiva di: dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-31 marzo 2021, per i trattamenti ordinari di integrazione salariale; dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per gli assegni ordinari di integrazione salariale (commi 300 e 303), sia per quelli dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS sia per quelli dei Fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi[84] (relativamente a questi ultimi, il concorso finanziario statale è definito dal comma 303); dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per i trattamenti di integrazione salariale in deroga (comma 300 citato); novanta giorni, relativi al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per i trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA) (comma 304).

Sempre con riferimento agli interventi di integrazione salariale in oggetto (con causale COVID-19), il comma 299 istituisce un fondo nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 5.333,8 milioni di euro per il 2021 (dotazione che in sostanza assorbe anche l'importo, richiamato nel medesimo comma 299, pari a 1.503,8 milioni, derivante, per il medesimo anno 2021, dalle precedenti norme di spesa in materia, importo che viene, in base al medesimo comma, versato all'entrata del bilancio dello Stato e acquisito all'erario). Una quota del suddetto fondo - quota pari a 4.982,1 milioni di euro - è destinata (commi 313 e 314) alla copertura degli interventi di cui ai commi da 299 a 305 nonché alla copertura dell'esonero contributivo di cui al comma 306; la quota residua (pari a 351,7 milioni) è intesa a garantire (comma 299 citato) la possibilità di ulteriori interventi normativi in materia di integrazione salariale, in relazione all'emergenza da COVID-19.

Il comma 312 definisce i limiti di spesa per i nuovi trattamenti in esame (diversi da quelli oggetto del summenzionato comma 303). I limiti vengono posti distintamente con riferimento alle seguenti tipologie: trattamenti ordinari di integrazione salariale ed assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS; trattamenti di integrazione salariale in deroga; trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA).

Il suddetto comma 306 prevede, in favore dei datori di lavoro del settore privato[85], con esclusione di quello agricolo, un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di otto settimane, fruibile entro il 31 marzo 2021 e a condizione che i medesimi datori non richiedano i suddetti interventi di integrazione salariale. L'esonero è attribuito nei limiti delle ore di integrazione salariale riconosciute nei mesi di maggio e giugno 2020 ed è, entro tale ambito, riparametrato ed applicato su scala mensile[86]. Il beneficio è concesso per un periodo aggiuntivo rispetto a quello eventuale di godimento dello sgravio omologo concesso da norme precedenti. Il riconoscimento dello sgravio di cui al comma 306 è subordinato all'autorizzazione della Commissione europea (comma 308).

Il comma 307 prevede che i datori che abbiano richiesto lo sgravio in base all'omologa norma precedente possano rinunciare alla frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda di intervento di integrazione salariale ai sensi dei precedenti commi 300 e 303.

 

Riguardo ai suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale, assegni ordinari di integrazione salariale a carico dei Fondi di solidarietà bilaterale istituiti presso l'INPS e trattamenti di integrazione salariale in deroga, i periodi di integrazione (o le relative frazioni) precedentemente richiesti e autorizzati (con causale COVID-19) con riferimento ai mesi del 2021 sopra menzionati sono imputati (comma 300) alle dodici settimane suddette, che costituiscono, come accennato, il limite massimo di fruizione (con causale COVID-19) per il complesso dei medesimi mesi (quest'ultimo periodo temporale, come detto, varia a seconda del tipo di trattamento).

Per i trattamenti di integrazione salariale concessi ai sensi dei commi in esame non è previsto alcun contributo addizionale. Si valuti l'opportunità di chiarire se anche per le domande presentate in base alle norme già vigenti (in materia di interventi di integrazione con causale COVID-19) operi, con riferimento ai periodi o frazioni di periodo decorrenti dal 1° gennaio 2021, tale esenzione.

Le domande relative ai suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale, assegni ordinari di integrazione salariale a carico dei Fondi di solidarietà bilaterale istituiti presso l'INPS e trattamenti di integrazione salariale in deroga devono essere presentate all’INPS[87], a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa (comma 301); in fase di prima applicazione, il termine di decadenza scade il 28 febbraio 2021 (la norma transitoria fa infatti riferimento alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge).

In caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS (ivi compreso il trattamento di CISOA)[88], il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[89], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione (comma 302); tuttavia, qualora il termine così determinato sia anteriore al 31 gennaio 2020, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico (in via definitiva) del datore di lavoro inadempiente.

Riguardo al suddetto termine relativo all’invio per il pagamento o per il saldo, si ricorda che, nel caso di pagamento diretto dei trattamenti in esame (con la causale COVID-19), la normativa[90] (che già pone il principio di decadenza summenzionato) prevede che la domanda del datore di lavoro contenga anche i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda -. In merito, si segnala che, secondo l'interpretazione seguita dalla circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020, nella richiesta del datore di lavoro relativa alla prestazione si può rinunziare al meccanismo dell'acconto. Si ricorda inoltre che, nel caso di decadenza summenzionata, l'INPS provvede al recupero, nei confronti del datore di lavoro, dell'acconto eventualmente corrisposto[91].

Il comma 303 prevede che i Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS[92] garantiscano l’erogazione dell’assegno ordinario di integrazione salariale con le medesime modalità summenzionate. Il concorso del bilancio dello Stato agli oneri finanziari relativi alla suddetta prestazione - con causale COVID-19 e per le sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa comprese nel periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 - è stabilito nel limite massimo di 900 milioni di euro per il 2021 ed è assegnato ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse sono successivamente trasferite ai rispettivi Fondi con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell’andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Riguardo al trattamento di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA)[93], richiesto per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, il comma 304 ammette i suddetti novanta giorni massimi di trattamento (per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021) in deroga ai limiti di fruizione relativi al singolo lavoratore e al numero minimo di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda. Si ricorda che tali deroghe concernono le norme - poste dalla disciplina specifica sul trattamento di integrazione salariale relativo alla categoria in oggetto[94] - che prevedono: un limite di durata del trattamento pari a 90 giorni nell'anno; la condizione dello svolgimento annuale di almeno 181 giornate lavorative presso lo stesso datore.

Ai fini della valutazione delle successive richieste di intervento di integrazione salariale (a titolo di CISOA) in base alle suddette norme ordinarie, si segnala che: i trattamenti di integrazione salariale riconosciuti per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 non vengono considerati ai fini del limite di durata di 90 giorni nell’anno[95]; sono computati come giornate lavorative, ai fini del suddetto requisito di 181 giornate (quest’ultima specificazione è posta dal presente comma 304).

La domanda di trattamento di cui al presente comma 304 deve essere presentata, a pena di decadenza, entro la fine del periodo successivo a quello in cui abbia inizio il periodo di sospensione dell’attività lavorativa; qualora il termine così determinato sia anteriore al 28 febbraio 2020, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data[96].

Il comma 304 fa anche riferimento all'ipotesi in cui gli interventi di integrazione a titolo di CISOA (con causale COVID-19) siano stati già richiesti e autorizzati per periodi successivi al 31 dicembre 2020 ai sensi dell'articolo 1, comma 8, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126. Si consideri l'opportunità di valutare se tale norma di chiusura sia superflua, dal momento che il suddetto articolo 1, comma 8, fa riferimento esclusivamente alla concessione di trattamenti fino al 31 dicembre 2020.

Il comma 305 specifica che gli interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 concessi ai sensi dei commi precedenti si applicano con riferimento ai lavoratori che siano alle dipendenze del datore di lavoro (richiedente la prestazione) alla data del 1° gennaio 2021.

 

Riguardo all’ambito dei datori di lavoro interessati dalle varie tipologie di intervento summenzionate, si ricorda che, anche in virtù del carattere residuale e di chiusura dei trattamenti di integrazione salariale in deroga[97], esse, nel loro complesso, coprono quasi tutti i rapporti di lavoro dipendente del settore privato[98].

Si ricorda che - mentre, in generale, i trattamenti di integrazione salariale non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148) - i trattamenti in deroga in esame sono ritenuti applicabili (cfr. la circolare dell'INPS n. 86 del 15 luglio 2020, emanata d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) a tutti i lavoratori apprendisti ed ai lavoratori a domicilio; restano esclusi i dirigenti.

Per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in deroga sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro (comma 1 dell'articolo 22 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni). Si ricorda altresì che: per i trattamenti in deroga - così come per gli altri trattamenti in oggetto con causale COVID-19 - l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto può essere adempiuto, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi alla comunicazione preventiva circa la richiesta di intervento medesimo[99]; anche per i trattamenti in deroga (così come per gli altri interventi di integrazione salariale in oggetto) sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato dell’articolo 22 del D.L. n. 18).

Si ricorda altresì che i trattamenti ordinari e gli assegni ordinari di integrazione salariale, concessi con la causale COVID-19 in oggetto, non sono computati ai fini del calcolo dei limiti di durata previsti dalle norme generali (relative alle medesime tipologie di trattamento) e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste[100].

 

Il comma 312 definisce i limiti di spesa per i nuovi trattamenti in oggetto (diversi dagli assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS, assegni che sono invece oggetto del suddetto comma 303). I limiti vengono posti distintamente con riferimento alle seguenti tipologie: trattamenti ordinari di integrazione salariale ed assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS; trattamenti di integrazione salariale in deroga; trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA). Tali limiti sono pari, rispettivamente, a 2.576,8 milioni di euro, 1.067,7 milioni e 282,0 milioni, per un totale pari a 3.926,5 milioni. Ai sensi del medesimo comma 312, l’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa; qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Si valuti l’opportunità di chiarire se le clausole di monitoraggio e salvaguardia in esame si applichino con riferimento a ciascuno dei limiti di spesa di cui al comma 312.

Come accennato, il comma 306 prevede, in favore dei datori di lavoro del settore privato[101], con esclusione di quello agricolo, un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di otto settimane, fruibile entro il 31 marzo 2021 e a condizione che i medesimi datori non richiedano i suddetti interventi di integrazione salariale (di cui ai commi 300 e 303). L'esonero è attribuito nei limiti delle ore di integrazione salariale riconosciute nel mese di maggio e giugno 2020[102] ed è, entro tale ambito, riparametrato ed applicato su scala mensile[103]. Si valuti l’opportunità di chiarire se il riferimento concerna i soli interventi di integrazione concessi con causale COVID-19.

Il beneficio è concesso per un periodo aggiuntivo rispetto a quello eventuale di godimento dello sgravio omologo concesso dalle norme precedenti, di cui all'articolo 3 del citato D.L. n. 104 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 126 del 2020) e all'articolo 12, comma 14, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Il presente comma 306 conferma altresì che: lo sgravio non concerne i premi e i contributi dovuti all’INAIL[104]; resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Si ricorda che la circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020 - emanata con riferimento al citato articolo 3 del D.L. n. 104 - ha specificato che l’esonero contributivo in esame è compatibile con le richieste dei suddetti interventi di integrazione salariale con causale COVID-19[105], qualora queste ultime concernano una o più unità produttive diverse dall’unità o dalle unità per le quali si opti per l’esonero.

Peraltro, il comma 307 prevede che i datori i quali abbiano richiesto lo sgravio in base al suddetto articolo 12, comma 14, del D.L. n. 137 possano rinunciare alla frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda di intervento di integrazione salariale ai sensi dei precedenti commi 300 e 303.

Si valuti l’opportunità di chiarire se, per i datori di lavoro che avessero fatto (prima dell’entrata in vigore della presente legge) richiesta di intervento di integrazione salariale (con causale COVID-19) per periodi compresi in quello oggetto dei precedenti commi 300 e 303, il trattamento di integrazione sia compatibile con lo sgravio o se, in ipotesi contraria, i datori possano revocare (ai fini del godimento dello sgravio) la richiesta di intervento di integrazione.

Dal richiamo del citato articolo 3 del D.L. n. 104 deriva altresì che:

-         l’eventuale violazione dei divieti e delle sospensioni di cui ai commi da 309 a 311 del presente articolo 1, in materia di risoluzioni del rapporto di lavoro, comporta la revoca dell’esonero contributivo, con efficacia retroattiva, e l’impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale con causale COVID-19[106];

-         l'esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente (nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta).

Il comma 308 subordina l'applicazione del beneficio di cui al comma 306 all'autorizzazione della Commissione europea (in base al richiamato articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni, e nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione, e successive modificazioni[107]. Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[108] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[109].

Il comma 313 quantifica gli oneri in materia di integrazione salariale derivanti dai commi 303 e 312 in 4.826,5 milioni di euro, per l'anno 2021, in termini di saldo netto da finanziare e in 3.034,8 milioni, sempre per l'anno 2021, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Il successivo comma 314 quantifica le minori entrate derivanti dallo sgravio contributivo di cui al comma 316 in 155,6 milioni di euro per l'anno 2021. Sia il comma 313 sia il comma 314 pongono i rispettivi oneri a carico del fondo di cui al comma 299.

 


Commi 309-311
(D
isposizioni in materia di licenziamento)

 

 

I commi da 309 a 311 estendono fino al 31 marzo 2021 il periodo entro il qual resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, salvo specifiche eccezioni. Sono, altresì, dichiarate sospese di diritto, con alcune eccezioni, le procedure di licenziamento già avviate successivamente al 23 febbraio 2020 e le procedure già avviate inerenti l’esercizio della facoltà di recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

 

La disposizione estende dal 31 gennaio 2021[110] al 31 marzo 2021 le preclusioni e le sospensioni in oggetto, in relazione a quanto previsto dall’articolo 54 in ordine alla concessione dell’ulteriore periodo di dodici settimane di trattamenti di integrazione salariale (per periodi intercorrenti tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 con riferimento ai trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di Assegno ordinario e di Cassa integrazione in deroga).

In particolare, le disposizioni in commento prevedono che:

§  resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223[111] (cfr. infra, scheda di approfondimento sull’istituto del licenziamento collettivo) e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto (comma 309);

§  resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604[112] e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[113](comma 310).

 

In base al comma 311, le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 309 e 310 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

§  dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

§  nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[114].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 

 


Commi 315-319
(Sostegno al reddito in favore dei lavoratori della pesca)

 

 

I commi da 315 a 319, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, riconoscono – nel limite di spesa di 31,1 mln di euro per il 2021 - un trattamento di sostegno al reddito in favore dei lavoratori adibiti alla pesca che hanno subito una sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, o una riduzione del reddito, a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Tale misura è riconosciuta per una durata massima di 90 giorni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 ed il 30 giugno 2021.

 

 

Nel dettaglio, la suddetta misura è riconosciuta in favore:

§  dei lavoratori marittimi, di cui all’art. 115 del codice della navigazione, imbarcati su navi adibite alla pesca marittima e alla pesca in acque interne e lagunari (comma 315);

§  degli armatori e dei proprietari armatori, imbarcati sulla nave da essi gestita, dei pescatori autonomi non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie ad esclusione della Gestione separata INPS (di cui all’art. 2, c. 26, della L. 335/1995) e dei soci lavoratori autonomi di cooperative della piccola pesca (di cui alla L. 250/1958). Per tali soggetti, al fine del presente beneficio, la riduzione del reddito del primo semestre 2021 deve essere almeno pari al 33 per cento rispetto al reddito del primo semestre del 2019. Per tale scopo, il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute per l’esercizio dell’attività (comma 316).

 

La misura in esame è incompatibile con i trattamenti di integrazione salariale e di assegno ordinario concessi, per periodi compresi tra il 1° gennaio 2021 ed il 31 marzo 2021 a seguito dell’emergenza epidemiologica (previsti dall’art. 54 del ddl in esame), nonché con le prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale (di cui al DM 94343/2016) e dagli altri Fondi di solidarietà bilaterali (di cui al D.Lgs. 148/2015) (comma 315, ultimo periodo).

La relativa domanda deve essere presentata all’INPS (comma 317):

§  per i lavoratori subordinati, a pena di decadenza entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa;

§  per i lavoratori autonomi, entro il 30 settembre 2021.

 

Il presente beneficio non concorre alla formazione del reddito, non dà luogo all’accredito della contribuzione figurativa, né al pagamento dell’assegno per il nucleo familiare ed è riconosciuto (comma 318):

§  per i lavoratori subordinati, nella misura pari agli importi massimi mensili del trattamento di CIG;

§  per gli autonomi, nella misura di 40 euro netti al giorno.

 

L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa – pari, come detto, a 31,1 mln di euro per il 2021 – e, qualora dal monitoraggio emerga che il raggiungimento di tale limite anche in via prospettica, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande (comma 319).

 

Misure introdotte per il settore della pesca a seguito dell’emergenza epidemiologica

Tra le misure attualmente vigenti previste in favore del predetto settore – introdotte a seguito dell’emergenza da Covid-19 – si segnala lo sgravio previsto dagli artt. 16 e 16-bis del D.L. 137/2020 (cd. decreto Ristori), che riconosce anche a favore delle aziende appartenenti alle filiere della pesca, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per la quota a carico dei datori di lavoro per le mensilità relativa a novembre e dicembre 2020. L'esonero è riconosciuto nei limiti della contribuzione dovuta al netto di altre agevolazioni o riduzioni delle aliquote di finanziamento della previdenza obbligatoria, previsti dalla normativa vigente e spettanti nel periodo di riferimento dell'esonero.

Inoltre, l’art. 10-bis del D.L. 104/2020 ha esteso ai marittimi che esercitano la pesca quale esclusiva e prevalente attività lavorativa e che siano associati in qualità di soci di cooperative di pesca l'applicazione del trattamento previdenziale ed assistenziale previsto per i pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne.

Infine, si ricorda che l’art. 222, c. 8, del D.L. 34/2020 ha riconosciuto un’indennità per il mese di maggio 2020, pari a 950 euro, in favore dei pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca.

 

 


Comma 320
(Contributo per il funzionamento di Anpal Servizi S.p.A.)

 

 

Il comma 320 autorizza lo stanziamento di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’esercizio finanziario 2021 in favore dell’ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), quale contributo per il funzionamento di ANPAL Servizi S.p.a.

 

Si ricorda che l’articolo 11, comma 1, del DL 162/2019 ha disposto, per il 2020, uno stanziamento pari a 10 milioni di euro, sempre come contributo per il funzionamento di ANPAL Servizi S.p.a. Come specificato nella relazione tecnica, quindi, la norma in commento stabilizza un contributo finora finanziato anno per anno.

Il successivo comma 1-bis del medesimo articolo 11 ha, inoltre, destinato ulteriori risorse in favore di ANPAL Servizi S.p.a., per le spese di personale e in particolare per nuove assunzioni a tempo indeterminato, nella misura di 1 milione di euro per il 2020 e di 2 milioni annui a decorrere dal 2021.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 1, comma 258, della L. n. 145/2018 e dell’articolo 4 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, è previsto, inoltre, un contributo permanente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, per le "ulteriori spese di personale" di ANPAL Servizi S.p.a.

Si ricorda che ANPAL Servizi S.p.a. (originariamente denominata Italia Lavoro Spa[115]) è una società in totale controllo pubblico che opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

Con l’istituzione, ai sensi dell’articolo del decreto legislativo n. 150 del 2015, dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – Agenzia dotata di personalità giuridica, autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio, vigilata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali – ANPAL Servizi S.p.a ha mutato assetto societario, divenendo ente in house dell’Agenzia. Recentemente, il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni -  all’articolo 12, comma 3, ha specificato il ruolo di ANPAL Servizi per “garantire l'avvio e il funzionamento del Rdc”. A tal riguardo, la norma ha assegnato alla Società un significativo ruolo nell’attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro approvato in sede di Conferenza Stato Regioni il 16 aprile 2019.

Si ricorda, infine, che il capitale di ANPAL Servizi S.p.a. è posseduto dall'ANPAL.

 


Comma 321
(Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale)

 

 

Il comma 321 assegna per il 2021 ulteriori risorse pari a 15 milioni di euro per il finanziamento degli Istituti di patronato e assistenza sociale, che si aggiungono a quelle già previste dal cosiddetto “decreto Agosto” nella misura di 20 milioni di euro.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame assegna, limitatamente all’esercizio finanziario 2021, ulteriori risorse pari a complessivi 15 milioni di euro per il finanziamento dei suddetti Istituti, ad incremento di quanto disposto dall’art. 18 del DL 104/2020 (cd “decreto Agosto”) che ha previsto un finanziamento aggiuntivo di 20 milioni di euro annui dal 2020.

 

La suddetta somma è erogata interamente entro il primo semestre del 2021, con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze), da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’articolo 13, della legge n. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,199%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS e dall'INAIL.

L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali:

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.

Si ricorda, inoltre, che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno in passato subito riduzioni per effetto di diversi provvedimenti, da ultimo l’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 che, con riferimento all’esercizio finanziario 2016, ha disposto una riduzione delle suddette risorse pari a 15 milioni di euro.

Anche l’aliquota di finanziamento degli istituti in questione è stata oggetto di ripetute modifiche, passando dallo 0,226% inizialmente previsto a decorrere dal 2001, allo 0,199% previsto dall’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 a decorrere dal 2015.

Parimenti, si è provveduto anche alla rimodulazione della quota di acconto del finanziamento statale, fissata dal 2019 al 78% dall’art. 1, c. 134, della L. 205/2017.

La ripartizione del finanziamento ai sensi del richiamato art. 13 della L. 152/2001 avviene con decreti della Direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative. L’ultimo di tali decreti, il n. 36 del 18 marzo 2020 (integrato poi da successivi decreti direttoriali) ha disposto la ripartizione tra gli  Istituti  di patronato e di assistenza sociale di 328 milioni di euro a titolo di prima anticipazione per il 2019

 

 


Commi 322 e 323
(Fondo per il finanziamento dell'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia)

 

 

Il comma 322 istituisce nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un apposito fondo, per finanziare la predisposizione di case famiglia protette. Al riparto delle risorse tra le Regioni è chiamato a provvedere il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e sentita la Conferenza Unificata (comma 323).

 

Il comma 322 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un apposito fondo, dotato di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio (2021-2023), al fine di garantire il finanziamento dell'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette ai sensi dell'articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, ed in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino.

Entro due mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, il Ministro della giustizia, con decreto, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e sentita la Conferenza Unificata, provvede al riparto delle risorse tra le regioni. La definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione è demandata allo stesso decreto ministeriale (comma 323). ?

La legge n. 62 del 21 aprile 2011(legge che ha dettato disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori) ha previsto l'istituzione di case famiglia protette, quali strutture residenziali destinate all'accoglienza di:

 

I requisiti delle case famiglia protette sono stati definiti dal Decreto 8 marzo 2013. In base a tale decreto le case famiglia protette:

·         sono collocate in località dove sia possibile l'accesso ai servizi territoriali, socio-sanitari ed ospedalieri, e che possano fruire di una rete integrata a sostegno sia del minore sia dei genitori; le strutture hanno caratteristiche tali da consentire agli ospiti una vita quotidiana ispirata a modelli familiari, tenuto conto del prevalente interesse del minore;

 


Commi 324-328
(Fondo per le politiche attive del lavoro)

 

 

I commi da 324 a 328, introdotti nel corso dell’esame alla Camera (sostitutivi dell’art. 57 del disegno di legge di Bilancio), dispongono la istituzione di un “Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive rientranti tra quelle ammissibili dalla Commissione europea nell'ambito del programma React EU” - con una dotazione di 500 milioni di euro nell'anno 2021.

 

 

Nel dettaglio, le risorse di tale Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da trasferirsi successivamente alla Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL). – sono in parte utilizzate, per un importo pari a 233 milioni di euro per l’anno 2021, per l’istituzione di un Programma nazionale denominato Garanzia di occupabilità (GOL), finalizzato all’inserimento occupazionale, volto all’inserimento occupazionale mediante l’erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro, nell’ambito del Patto di servizio personalizzato stipulato tra i soggetti disoccupati e i centri per l’impiego al fine dell’inserimento lavorativo (ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 150/2015). Le misure di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro sono rideterminate nell’ambito del Programma in esame.

L’individuazione delle prestazioni connesse al Programma - individuate tra quelle ammissibili al finanziamento del Programma React EU (vedi infra) -, nonché la declinazione dei medesimi a seconda della tipologia di beneficiari, è demandata ad apposito decreto ministeriale, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 324).

Nelle more dell’istituzione del Programma GOL e nel limite di 267 mln di euro per il 2021, la disposizione in commento (comma 325) prevede che l’assegno di ricollocazione – che consiste in un importo da utilizzare presso i soggetti che forniscono servizi di assistenza personalizzata per la ricerca di occupazione – è riconosciuto anche ai soggetti che si trovino in una delle seguenti condizioni, ad esclusione di coloro che, beneficiando degli ammortizzatori sociali sono in grado di raggiungere i requisiti per l’accesso al pensionamento al termine della fruizione degli stessi:

?         collocazione in cassa integrazione;

?         sospensione del rapporto di lavoro con collocazione in cassa integrazione per cessazione di attività;

?         percezione di NASpI o DIS-COLL da oltre 4 mesi. Conseguentemente, viene soppresso il comma 7 dell’art. 9 del D.L. 4/2019 che sospende sino al 31 dicembre 2021 l’erogazione di tale assegno in favore dei percettori di NASpI.

Sul punto, si segnala che, in base alla normativa vigente, il predetto assegno di ricollocazione è riconosciuto ai percettori del reddito di cittadinanza e ai lavoratori in Cassa integrazione straordinaria, a condizione che i profili e ambiti di questi ultimi siano previsti dall’Accordo di ricollocazione sottoscritto dalla loro azienda e dalle organizzazioni sindacali.

Le modalità di erogazione del predetto assegno di ricollocazione – che deve prevedere anche un piano di riqualificazione diretto a colmare il fabbisogno formativo del beneficiario - sono definite da apposita delibera del Cda di ANPAL, previa approvazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con la presa in carico del beneficiario da parte dei centri per l’impiego o dai servizi per il lavoro accreditati (comma 326).

Infine, si precisa che l’efficacia delle misure previste dall’articolo in commento è subordinata all’approvazione dell’ammissibilità delle stesse al finanziamento nell’ambito del Programma React EU (comma 328).

Si ricorda che l’iniziativa REACT-EU (47,5 miliardi di euro, previsti tramite Next generation EU) è specificamente adottata per gli anni 2021-2022 per assegnare risorse supplementari volte a rafforzare l'economia e l'occupazione nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia COVID-19.

 


Comma 329
(Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica)

 

 

Il comma 329 opera il rifinanziamento del fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica. Si dispone che la dotazione del fondo sia pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

 

Si ricorda che il fondo è stato istituito dall'articolo 1, comma 338, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, con una dotazione finanziaria limitata al triennio 2018-2020 - pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e (in base all'incremento disposto dall'articolo 25, comma 4-octies, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8) a 7 milioni di euro per il 2020[116] -.

Al fondo in esame (istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria (in tutte le forme) in favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie.

Il regolamento sull'utilizzo delle risorse del fondo è stato adottato con il D.M. 9 ottobre 2019, n. 175[117].

 

In base a tale regolamento, il fondo è destinato a sostenere, attraverso l'erogazione di contributi finanziari, lo svolgimento delle summenzionate attività, attraverso progetti promossi dalle associazioni sopra indicate, anche in partenariato tra di esse. I progetti devono prevedere "lo svolgimento di una o più delle seguenti azioni:

a)    segretariato sociale in favore dei nuclei familiari;

b)   attività strutturate di sostegno psicologico sia ai bambini che ai loro familiari;

c)    accoglienza integrata temporanea per i periodi di cura;

d)   accompagnamento verso e dai luoghi di cura;

e)    attività di ludoterapia e clownterapia presso i reparti ospedalieri onco-ematologici pediatrici;

f)    riabilitazione psicomotoria dei bambini;

g)   attività ludiche e didattiche presso le strutture di accoglienza, compreso il sostegno scolastico;

h)   sostegno al reinserimento sociale dei bambini e dei loro familiari".

Per la realizzazione dei progetti possono essere attivate forme di collaborazione tra le associazioni suddette ed altri enti, pubblici o privati, i quali non possono essere beneficiari delle risorse del fondo, ma possono cofinanziare l'iniziativa o il progetto.

 


Commi 330-332
(
Fondo per l’Alzheimer e le demenze)

 

 

I commi 330-332, introdotti durante l’esame alla Camera, istituiscono nello stato di previsione del Ministero della salute un “Fondo per l'Alzheimer e le demenze”, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, destinato al finanziamento delle linee di azione previste dalle Regioni e delle Province autonome in applicazione del Piano nazionale demenze.

 

Il comma 330, allo scopo di migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza e di garantire in tal modo la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone affette da malattia di Alzheimer, istituisce nello stato di previsione del Ministero della salute un “Fondo per l'Alzheimer e le demenze”, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, a valere sul Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 209 del presente disegno di legge.

Il comma 331 precisa che tale fondo è destinato al finanziamento delle linee di azione previste dalle Regioni e delle Province autonome in applicazione del Piano nazionale demenze per le strategie di promozione e miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze. Il Fondo è volto inoltre a finanziare gli investimenti effettuati delle Regioni e delle Province autonome anche mediante l'acquisto di apparecchiature sanitarie, finalizzati al potenziamento della diagnosi precoce del trattamento del monitoraggio dei pazienti con malattia di Alzheimer, anche al fine di migliorare il processo di presa in carico dei pazienti stessi.

Il comma 411, articolo 1, della legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232 del 2016) ha stabilito che, in sede di revisione dei criteri di riparto del fondo per le non autosufficienze, con riferimento alla condizione di disabilità molto grave, sia compresa la condizione delle persone affette dal morbo di Alzheimer. Peraltro, il successivo decreto di riparto 27 novembre 2017 del fondo per le non autosufficienze ha attribuito le risorse, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, alla disabilità grave, oltre che gravissima (nella quale è compresa, tra l’altro, la sclerosi laterale amiotrofica).

 

Il comma 332 demanda ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, l’individuazione dei criteri e delle modalità di riparto del predetto Fondo, oltre che il sistema di monitoraggio dell'impiego delle somme.


Comma 333
(Detrazioni per spese veterinarie)

 

 

Il comma 333, introdotto durante l’esame parlamentare, innalza a 550 euro (rispetto ai previgenti 500 euro) la spesa massima detraibile per   spese veterinarie.

 

 

La normativa in materia (articolo 15, comma 1, lettera c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi) prevede che per le spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva spetta una detrazione dall’imposta lorda, pari al 19 per cento, delle spese medesime calcolata nel limite massimo di 500 euro (limitatamente alla parte che eccede 129,11 euro).

La disposizione in esame innalza tale soglia portandola a 550 euro.

Si ricorda che la detrazione spetta per le spese relative alle prestazioni professionali del medico veterinario, per gli importi corrisposti per l’acquisto dei medicinali prescritti dal veterinario, nonché per le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie (circolare n. 19/E, 8 luglio 2020 dell’Agenzia delle entrate).

 

Inoltre la detrazione d’imposta, come stabilito dal decreto del Ministero delle finanze 6 giugno 2001, n. 289 (regolamento per l'individuazione delle tipologie di animali per le quali le spese veterinarie danno diritto ad una detrazione d'imposta), non compete per le spese veterinarie sostenute per la cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite.


Comma 334
(
Fondo caregiver)

 

 

Il comma 334, come modificato durante l’esame alla Camera, istituisce un Fondo per la copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività di cura a carattere non professionale del cd. caregiver (prestatore di cure) familiare, con una dotazione nel triennio di programmazione 2021-2023 pari a 30 milioni di euro per ciascun anno.

 

Il comma 334 dispone l’istituzione di un Fondo cd. caregiver destinato alla copertura finanziaria degli interventi legislativi per il riconoscimento dell’attività non professionale del prestatore di cure familiare, come definita dall’articolo 1, comma 255, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) (v. box), con una dotazione di 30 milioni per ciascun anno del triennio di programmazione di bilancio 2021-2023. La dotazione è stata incrementata di 5 milioni nel corso dell’esame alla Camera.

La relazione illustrativa indica che l’istituendo Fondo sarà iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

In proposito si deve sottolineare che il decreto legge 86/2018 (L. 97/2018) per il riordino delle attribuzioni ministeriali, per quanto qui interessa, in materia di famiglia e disabilità, novellando con l’articolo 3 la disposizione del comma 254, articolo 1, della citata legge di bilancio 2018, ha destinato il Fondo denominato “per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare” - con risorse stanziate nel bilancio della Presidenza del Consiglio (e non più presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) - ad interventi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del caregiver familiare, prevedendo che la definizione dei criteri di riparto e le modalità dell’utilizzo del medesimo fondo siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero del Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni.

In base alla normativa vigente disposta ai commi 254-256, articolo 1, della citata legge di bilancio per il 2018, per il triennio di programmazione di bilancio 2018-2020 era stata perciò disposta l’istituzione di un analogo Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio, anche in quel caso finalizzato a sostenere gli interventi per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare. La norma, istituendo il predetto Fondo (comma 254), ha dettato la definizione dei soggetti interessati (comma 255), con l’onere previsto di 20 milioni di euro per ciascun anno coperto a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili.

Il Fondo è stato poi rifinanziato di ulteriori 5 milioni per il triennio di programmazione 2019-2021 dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 483-484, della legge 145/2018). Per la gestione della procedura di pagamento delle somme residue, il citato comma 484 ha inoltre previsto che al termine di ciascun esercizio finanziario le stesse, qualora non impiegate, siano versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo. Ciò in quanto, non essendo gli interventi legislativi stati ancora approvati, le risorse risultano attualmente inutilizzate.

In proposito, considerate le caratteristiche dell’istituendo Fondo, analoghe a quelle del Fondo cd. caregiver istituito a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio e già finanziato con uno stanziamento di 25 milioni di euro anche per il 2021, si valuti l’opportunità di un coordinamento delle risorse stanziate dalla norma in esame con particolare riferimento all’anno 2021.

 

Si sottolinea, peraltro, che sul sito del Governo si dà notizia dell’Intesa raggiunta in Conferenza unificata Stato-regioni il 16 ottobre 2020 sul decreto di riparto (non ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale) delle risorse del predetto Fondo per un ammontare di 68.314.662 euro (suddivisi in 20 milioni per il 2018 e circa 24,5 milioni per il 2019 e 23,9 milioni per il 2020), con l’indicazione che le risorse siano destinate alle Regioni che le utilizzano per interventi di sollievo e sostegno destinati al caregiver familiare, dando priorità alle seguenti destinazioni: caregiver che assistono persone in condizione di disabilità gravissima (v. art. 3 D.M. 26 settembre 2016 di riparto del Fondo nazionale per le non autosufficienze, anno 2016); caregiver di coloro che non hanno avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative durante l’emergenza sanitaria (comprovata da idonea documentazione); programmi di accompagnamento finalizzati alla deistituzionalizzazione e al ricongiungimento del caregiver con la persona assistita.

Le Regioni successivamente saranno chiamate a destinare le risorse ai comuni e agli ambiti territoriali in base agli interventi presentati. Inoltre, il Dipartimento per le politiche della famiglia è chiamato a monitorare la realizzazione degli interventi finanziati.

 

La figura a fini giuridici del caregiver familiare è stata definita al comma 255 della citata legge di bilancio 2018, come persona che assiste e si prende cura dei seguenti soggetti:

coniuge;

una delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, ai sensi della L. n. 76/2016;

In proposito, la legge n. 76 del 2016 – si ricorda - regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, che possono riguardare sia coppie omosessuali che coppie eterosessuali. L'unione civile tra persone dello stesso sesso, che può essere considerata "formazione sociale" ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione, avviene mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Sono invece considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale e coabitanti o aventi dimora abituale nello stesso comune. Sono estesi ai conviventi di fatto alcune prerogative spettanti ai coniugi (in buona parte così codificati in base ad alcuni orientamenti giurisprudenziali).

familiare o affine entro il secondo grado;

anche di un familiare entro il terzo grado, nei casi individuati dall’art. 33, comma 3, della L. 104/1992[118], che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative:

- sia non autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé;

- sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata continuativa ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 104/1992;

Quest’ultimo riferimento normativo individua l’handicap grave, in termini di riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

- sia titolare di indennità di accompagnamento.

Al riguardo si rileva che la legge n. 18/1980 ha disciplinato l’indennità di accompagnamento quale sostegno economico a carico di risorse statali erogate dall’Inps in 12 mensilità, indipendentemente dal reddito del beneficiario e in regime di esenzione fiscale. Esso è corrisposto a persone per le quali viene accertato uno stato di totale invalidità o incapacità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore. L’accertamento mediante certificazione dell’invalidità del 100% non occorre per i minorenni e per gli ultrasessantacinquenni per i quali basta anche la sola difficoltà nel deambulare da soli e la necessità di assistenza continua in quanto incapaci di svolgere da soli i comuni atti della vita quotidiana.


Comma 335
(Care leavers)

 

 

Il comma 335, inserito nel corso dell’esame alla Camera, integra di 5 milioni di euro il Fondo Povertà per ciascun anno del triennio 2021-2023, riservando tale stanziamento a interventi sperimentali in favore dei giovani che, al compimento dei 18 anni, in base ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria, vivono fuori dalla propria famiglia di origine (Care leavers).

 

 

Il comma in esame rinnova una misura introdotta dalla legge di bilancio 2018 (commi 250 e 251 della legge 205/2017).

Più in particolare, al fine di prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, la quota del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (Fondo Povertà), è integrata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Tale stanziamento è riservato, in via sperimentale, a interventi, da effettuare anche in un numero limitato di ambiti territoriali, volti a permettere di completare il percorso di crescita verso l'autonomia garantendo la continuità dell'assistenza nei confronti degli interessati, fino al compimento del ventunesimo anno d'età.

La misura è finanziata a valere sulle risorse del Fondo  di cui all’art. 209 del provvedimento in esame (Fondo esigenze indifferibili).

 

La legge di bilancio 2018 (commi 250 e 251 della legge 205/2017) ha introdotto in via sperimentale una misura finanziata per 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020, da destinare ad interventi per il sostegno dei Care leavers. Gli interventi, anche limitati sul piano territoriale, hanno la finalità di garantire la continuità dell'assistenza riferita al percorso di crescita dei giovani verso l'autonomia, fino al 21° anno di età.

La misura, denominata “Fondo per la crescita e l'assistenza dei giovani fuori famiglia per provvedimenti dell'autorità giudiziaria”, è stata finanziata mediante quote riservate a valere sul Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Per il 2018, i criteri di riparto del Fondo sono stati indicati all'interno del decreto del 18 maggio 2018 di riparto del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Inoltre, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto il documento   Interventi in via sperimentale in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivano fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, per affiancare gli operatori dei servizi sociali, nonché degli altri servizi territoriali che con essi collaborano, nella predisposizione dei progetti individualizzati di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, da definire con l’attiva partecipazione del ragazzo/ragazza. La definizione del progetto, che prevede specifici impegni da parte del beneficiario e sostegni da parte dei servizi territoriali, richiede sia svolta preventivamente una valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del ragazzo che lascia la presa in carico da parte dei servizi, tenuto conto delle risorse e dei fattori di vulnerabilità, nonché dei fattori ambientali e di supporto presenti.

Si ricorda infine, che l'art. 67-bis del Decreto Rilancio (decreto legge 34/2020) ha inserito i Care leavers fra i soggetti beneficiari delle assunzioni obbligatorie gravanti sulla quota di riserva di cui all'art. 18, comma 2, della legge 68/1999.??


Comma 336
(Proroga opzione donna)

 

 

Il comma 336 reca disposizioni concernenti l’istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne (cd. opzione donna), estendendone la possibilità di fruizione alle lavoratrici che abbiano maturato determinati requisiti entro il 31 dicembre 2020, in luogo del 31 dicembre 2019 attualmente previsto.

 

La norma in commento – modificando l’articolo 16, comma 1, del D.L. 4/2019 - prevede che il diritto al trattamento pensionistico anticipato delle donne secondo le regole di calcolo del sistema contributivo[119] venga riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2020 - in luogo del 31 dicembre 2019 (vedi infra) e indipendentemente dal momento della decorrenza della pensione che dovrà comunque avvenire successivamente a tale data - un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Si ricorda che, in base a quanto previsto dal richiamato art. 16, c. 1, del D.L. 4/2019, i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita, mentre al suddetto trattamento pensionistico si applica quanto disposto dall’art. 12 del D.L. 78/2010, secondo cui il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (cd. finestra) si consegue trascorsi 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le lavoratrici autonome (v. infra).

Conseguentemente, la medesima disposizione in esame - modificando l’articolo 16, comma 3, del D.L. 4/2019 - posticipa al 28 febbraio 2021 (in luogo del 29 febbraio 2020) la data entro cui il personale a tempo indeterminato delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico.

Sul punto, si ricorda che il richiamato art. 16, c. 3, del D.L. 4/2019 dispone che al suddetto personale si applica la speciale disciplina delle decorrenze (cd. finestre) dei trattamenti pensionistici di cui all’art. 59, c. 9, della L. 559/1997). In base a quest'ultima, per i soggetti che maturino i requisiti entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza è posta all'inizio dell'anno scolastico dello stesso anno[120].

 

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame evidenzia, nella tabella seguente, gli effetti complessivi per le lavoratrici dipendenti del settore privato, pubblico e autonome che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2020

 

Anno

Maggiore numero di pensioni alla fine dell'anno

Onere (+)/risparmio (-)

Effetti finanziari complessivi

 

(milioni di euro)

(milioni di euro)

 (migliaia di unità)

Pensioni

TFS/TFR

Totale

Totale

2021

13,7

83,5

-

83,5

83,5

2022

24,4

267,7

-

267,7

267,7

2023

24,8

365,3

101,4

466,7

448,4

2024

18,5

312,1

137,7

449,8

425,0

2025

11,7

194

92,1

286,1

269,5

2026

3,5

82,6

34,1

116,7

110,6

2027

0,8

9,4

-3,8

5,6

6,3

2028

-

-31

-119,5

-150,5

-129,0

2029

-

-31

-152,7

-183,7

-156,2

2030

-

-31

-99,2

-130,2

-112,3

 

 

La cosiddetta opzione donna è una misura sperimentale introdotta dall’art. 1, c. 9, della L. 243/2004 che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età, per le lavoratrici dipendenti, o 58 anni, per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico da adeguarsi periodicamente all'aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

La previsione che i requisiti anagrafici e contributivi previsti per l'esercizio dell'opzione donna dovessero essere maturati entro il 31 dicembre 2015 ha posto significativi problemi interpretativi. L'INPS, infatti (con le circolari 35 e 37 del 2012 e con il messaggio 219/2013), ha dato a tale previsione un'interpretazione restrittiva, ritenendo che la data del 31 dicembre 2015 andasse interpretata come termine di decorrenza della prestazione, non essendo sufficiente la semplice maturazione dei requisiti entro tale data. Sulla questione sono intervenute le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che hanno approvato risoluzioni (rispettivamente la 7-00159/2013 e la 7-00040/2013) volte ad escludere l'applicazione della finestra mobile e degli incrementi legati all'aspettativa di vita, ritenendo sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

Successivamente, l’art. 1, c. 281, della L. 208/2015 (Legge di stabilità per il 2016) ha posto fine ai suddetti problemi interpretativi, precisando l'ambito temporale di applicazione dell'istituto (comunque transitorio e sperimentale). La nuova norma ha previsto, infatti, che l'accesso all'istituto è possibile anche qualora la decorrenza del trattamento sia successiva al 31 dicembre 2015, essendo sufficiente la maturazione dei requisiti entro tale data.

L’art. 1, c. 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti a causa degli incrementi determinati dall'adeguamento dei medesimi all'aumento della speranza di vita. Più specificamente, si estende, a decorrere dal 2017, l'applicabilità dell'istituto alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, non avessero raggiunto la frazione di 3 mesi (nell'età anagrafica). Di conseguenza, all'istituto possono far ricorso le lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, avessero un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni, se autonome (fermi restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale).

Successivamente, l'articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, mentre i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

Il suddetto termine del 31 dicembre 2018 è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2019 dall’art. 1, c. 476, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020)[121].

 


Commi 337-338
(Disposizioni in  materia di Pensioni di cittadinanza e Isee)

 

 

I commi 337 e 338, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, dispongono misure di semplificazione in materia di pensioni di cittadinanza e di Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)

 

 

In dettaglio, la disposizione del comma 337 sostituisce il comma 6-bis dell’articolo 5 del dl 4/2019, prevedendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2021 ai beneficiari di Pensione di cittadinanza che risultino titolari di altra prestazione pensionistica erogata dall'INPS, il beneficio è erogato insieme a detta prestazione pensionistica per la quota parte di spettanza di cui all'articolo 3, comma 7 del medesimo decreto legge, in base al quale la pensione di cittadinanza è suddivisa in parti uguali tra i componenti il nucleo familiare.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 7 del dl 104/2019, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità di erogazione del Rdc suddiviso per ogni singolo componente maggiorenne del nucleo familiare, con la decorrenza prevista dall'articolo 5, comma 6, terzo periodo. La Pensione di cittadinanza è suddivisa in parti uguali tra i componenti il nucleo familiare.

 

Nei confronti dei titolari della Pensione di cittadinanza non valgono i limiti di utilizzo di cui al comma 6 dell’articolo 5.

In base a tale disposizione, la Carta Rdc permette di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore ad euro 100 per un singolo individuo, di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell'intermediario che ha concesso il mutuo. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere individuati ulteriori esigenze da soddisfare attraverso la Carta Rdc, nonché diversi limiti di importo per i prelievi di contante. Al fine di prevenire e contrastare fenomeni di impoverimento e l'insorgenza dei disturbi da gioco d'azzardo (DGA), è in ogni caso fatto divieto di utilizzo del beneficio economico per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità.

 

Il comma 338 sostituisce, infine, all’articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n.159, la lettera a), in base alla quale, ai fini del calcolo dell'ISEE, in presenza di genitori non conviventi con lo studente che ne fa richiesta, il richiedente medesimo fa parte del nucleo familiare dei genitori, a meno che non ricorra, tra gli altri, il requisito della “residenza fuori dall'unità abitativa della famiglia di origine, da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione per la prima volta a ciascun corso di studi, in alloggio non di proprietà di un suo membro, con la seguente: «a) residenza fuori dall'unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della Dichiarazione sostituiva unica di cui all’articolo 10, in alloggio non di proprietà di un suo membro”.

           

 

 


Commi 339 e 340
(Proroga Ape sociale)

 

 

I commi 339 e 340 prorogano a tutto il 2021 la sperimentazione della cosiddetta Ape sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

 

A seguito della suddetta proroga - mediante modifica della norma istitutiva dell’Ape sociale (art. 1, c. 179 della L. 232/2016) – vengono incrementati i limiti di spesa di cui all’articolo 1, comma 186, della medesima L. 232/2016, che stabilisce i limiti annuali di spesa per la fruizione del beneficio, che, in base alla modifica operata dalla norma in esame, diventano i seguenti: 411,1 milioni di euro per il 2021, 285,1 per il 2022, 169,3 per il 2023, 119,9 per il 2024, 71,5 per il 2025 e 8,9 per il 2026 (comma 339).

Sul punto, la Relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio precisa che il maggiore onere derivante dal suddetto incremento della relativa autorizzazione di spesa, che costituisce in ogni caso limite di spesa, è parametrato a circa 13.900 nuovi soggetti, con anzianità contributiva inferiore ai 38 anni, in considerazione del canale di uscita con 62 anni di età e 38 (quota 100) che rientreranno nella proroga dell’attuale norma, per un importo medio dell’indennità pari 1.140 euro mensili.

 

Inizialmente, il richiamato comma 186 ha disposto che il beneficio dell’indennità fosse riconosciuto, a domanda, entro i seguenti limiti annuali di spesa (già incrementati dall’art 1, c. 162, lett. h), della L. 205/2017 a decorrere dal 1° gennaio 2018): 300 milioni di euro per il 2017, 630 milioni di euro per il 2018, 666,5 milioni di euro per il 2019, 530,7 milioni di euro per il 2020, 323,4 milioni di euro per il 2021, 101,2 milioni di euro per il 2022 e 6,5 milioni di euro per l'anno 2023.

A seguito della proroga dell’Ape sociale per il 2019 disposta dall’art. 18 del D.L. 4/2019, i suddetti limiti di spesa sono poi stati ulteriormente incrementati, dal medesimo art. 18, nella misura di: 16,2 milioni di euro per il 2019, 131,8 milioni di euro per il 2020, 142,8 milioni di euro per il 2021, 104,1 milioni di euro per il 2022, 51,0 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni di euro per il 2024. Conseguentemente, il medesimo art. 18 del D.L. 4/2019 ha contestualmente soppresso l’art. 1, c. 167, della L. 205/2017, che aveva istituito il Fondo APE sociale nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del concorso al finanziamento dell'eventuale estensione del beneficio.

A seguito della proroga dell’Ape sociale per il 2020 disposta dall’art. 1, c. 473, della L. 160/2019[122], i suddetti limiti di spesa sono poi stati ulteriormente incrementati, dal medesimo comma 473, nella misura di 108 milioni di euro per il 2020, di 218,7 milioni di euro per il 2021, di 184,6 milioni di euro per il 2022, di 124,4 milioni di euro per il 2023, di 57,1 milioni di euro per il 2024 e di 2,2 milioni di euro per il 2025

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (definiti con il D.P.C.M. 23 maggio 2017, n. 88) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

Infine, la norma in commento prevede che le disposizioni che semplificano la procedura per l'accesso all’APE sociale (di cui al secondo e terzo periodo dell’articolo 1, comma 165, della L. 205/2017 – vedi infra), si applichino anche con riferimento ai soggetti che verranno a trovarsi nelle condizioni indicate nel corso del 2021 (comma 340).

Pertanto, devono ritenersi conseguentemente adeguati i termini e le scadenze attualmente previsti, per cui i soggetti che possono usufruire dell’istituto possono presentare domanda per il loro riconoscimento entro il 31 marzo 2021, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2021. Le domande presentate successivamente a tale data (e comunque non oltre il 30 novembre 2021) sono prese in considerazione solamente nel caso in cui ci siano le risorse finanziarie.

Il richiamato comma 165 semplifica la procedura per l'accesso all’APE sociale, sempre per le attività gravose, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

In particolare, il secondo periodo del comma 165 stabilisce che i soggetti che si trovavano nelle condizioni per la fruizione dell’istituto nel corso dell'anno 2018 dovevano presentare domanda per il loro riconoscimento entro il 31 marzo 2018, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2018. Ai sensi del terzo periodo, restava comunque fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2018 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2018 venissero prese in considerazione esclusivamente se all'esito dello specifico monitoraggio e ordinamento delle domande per l’accesso all’istituto e l’eventuale clausola di salvaguardia residuavano le necessarie risorse finanziarie.

 

 

L'articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2019 (termine da ultimo prorogato dal DL 4/2019), l'istituto dell'APE sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. Successivamente, l'articolo 1, commi 162-167, della L. 205/2017, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell'indennità.

In base a quanto disposto dai richiamati commi da 179 a 186 della L. 232/2016 (come modificati sostanzialmente dalla L. 205/2017) possono accedere all'APE sociale i soggetti con un'età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

-    soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 604/1966 e successive modificazioni) che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni. Lo stato di disoccupazione si configura anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;

-    soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave (ai sensi dell'articolo 3, c. 3, della L. 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a condizione di possedere un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

-    soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile) e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

-    lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell'APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative "gravose" (indicate negli appositi Allegati) da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni. È stata inoltre semplificata la procedura per l'accesso all'indennità per tali attività, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

Inoltre:

-    per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso all'APE sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna);

-    per quanto concerne l'accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell'agricoltura e della zootecnia, si è assunto come riferimento per il computo integrale dell'anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all'anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente.

Si ricorda anche l’istituzione, ad opera della L. 205/2017, del Fondo APE sociale nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del concorso al finanziamento dell'estensione dell'indennità, Fondo successivamente soppresso dall’art. 18 del D.L. 4/2019.

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

-    mancata cessazione dell'attività lavorativa;

-    titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

-    soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

-    soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);

-    soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale;

-    raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L'indennità, erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno, è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non soggetto a rivalutazione, e non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro.

Per i dipendenti pubblici che cessano l'attività lavorativa e richiedono l'APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Con il D.P.C.M. 88/2017 sono stati definiti i requisiti e le modalità per accedere all'APE sociale.

Si segnala che l’art. 53, c. 1, del D.L. 50/2017 attraverso un'interpretazione autentica, definisce le caratteristiche che devono avere determinate attività lavorative ai fini della corresponsione dell'indennità riconosciuta, fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni (cd APE sociale).Le attività lavorative gravose si considerano svolte in via continuativa (che, come detto, se svolte da almeno sei anni e insieme al requisito anagrafico di 63 anni, danno diritto all'APE sociale) quando nei sei anni precedenti il momento di decorrenza della predetta indennità le medesime attività lavorative non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente la predetta decorrenza per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell'articolo 1, comma 150, della L. 205/2017, l'esclusione dell'adeguamento dei requisiti pensionistici all'incremento della speranza di vita, prevista per alcune categorie di lavoratori, non si applica ai soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell'APE sociale.

 


Commi 341-344
(Fondo per la promozione della partecipazione delle persone con disabilità alla vita democratica e raccolta sottoscrizioni referendum con modalità digitale)

 

 

I commi 341-344introdotti nel corso dell’esame della Camera - istituiscono nello stato di previsione del Ministero dell’economia un fondo, da destinare alla Presidenza del Consiglio, per la realizzazione di una piattaforma per la raccolta delle firme digitali ai fini degli adempimenti necessari per la richiesta di referendum ai sensi dell’articolo 8 della L. 352/1970.

Si prevede inoltre che, a partire dal 1° gennaio 2022, per le richieste di referendum la raccolta, tramite la piattaforma, delle sottoscrizioni e dei dati possa avvenire in forma digitale ovvero con le modalità previste dal codice per l’amministrazione digitale (CAD). Le sottoscrizioni per i referendum tramite firma digitale sono inoltre esentate dall’autenticazione del pubblico ufficiale.

 

La legge 352/1970 stabilisce che la richiesta di referendum sia effettuata con la firma di 500.000 elettori apposta su fogli recanti il testo della richiesta di referendum e che le sottoscrizioni debbano essere autenticate dai soggetti previsti dalla legge (notaio, cancelliere di tribunale, segretario comunale ecc.).

 

Secondo quanto evidenziato al comma 341 e nella rubrica la norma avrebbe l’obiettivo di “contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantirne il diritto alla partecipazione democratica”.

 

La dotazione del fondo è di 100.000 euro all’anno a decorrere del 2021 (comma 342); conseguentemente il fondo di cui al comma 1141 è ridotto di 100 mila euro annui dal 2021.

Il termine per l’entrata in funzione della piattaforma, a cui provvede la Presidenza del Consiglio, è fissata al massimo al 31 dicembre 2021 (comma 343).

 

A sua volta, il comma 344 prevede che, a partire dal 1° gennaio 2022, per le richieste di referendum la raccolta, tramite la piattaforma, delle sottoscrizioni e dei dati (di cui al secondo comma dell’art. 8 della L. 352/1970, ossia nome, cognome luogo e data di nascita del sottoscrittore e comune di iscrizione nelle liste elettorali) possa avvenire in forma digitale ovvero con le modalità previste dal codice per l’amministrazione digitale (CAD).

 

Il CAD (art. 20, comma 1-bis) prevede i seguenti casi in cui un documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta:

-       quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata;

-       quando è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore.

 

L’articolo 8 della L. 352/1970 fa espresso riferimento alle richieste di referendum costituzionale ma la disposizione in esame si applica anche al referendum abrogativo in virtù del rinvio operato dall’articolo 40 della medesima legge 352, che dispone l’applicazione a tale tipologia di referendum delle disposizioni, in quanto compatibili, del Titolo I della legge relativo al referendum previsto dall’articolo 138 Cost.

 

L’articolo in esame, oltre a consentirne la raccolta digitale, dispone che le sottoscrizioni per i referendum tramite firma digitale sono esentate dall’autenticazione del pubblico ufficiale (notaio, cancelliere di tribunale, segretario comunale ecc.) come previsto per le firme apposte su fogli cartacei dal terzo comma dell’art. 8 della L. 352/1970.

 

Si ricorda che la legge n. 165 del 2017 ha demandato (articolo 3, comma 7) ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione, in via sperimentale, della raccolta con modalità digitale delle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle candidature e delle liste in occasione di consultazioni elettorali, anche attraverso l'utilizzo della firma digitale e della firma elettronica qualificata.

Si ricorda, altresì, che l'articolo 1, commi 627-628 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha istituito il Fondo per il voto elettronico con uno stanziamento di 1 milione di euro per l'anno 2020. Il Fondo è finalizzato all'introduzione in via sperimentale del voto in via digitale nelle elezioni europee, politiche e per i referendum. La sperimentazione è riferita al voto degli italiani all'estero e degli elettori temporaneamente fuori dal comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche.

 


Comma 345
(Isopensione)

 

 

Il comma 345 introdotto nel corso dell’esame alla Camera - estende sino al 2023 la possibilità, attualmente prevista in via sperimentale fino al 2020, per i lavoratori interessati da eccedenze di personale di accedere al pensionamento anticipato (cd isopensione) qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 7 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.

 

La predetta possibilità è stata introdotta - limitatamente al triennio 2018-2020 - dall’art. 1, c. 160, della L. 205/2017 che ha modificato la disciplina dell’istituto dell’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione, di cui all’art. 4, c. 1-7, della L. 92/2012 - vedi infra), fruibile per i lavoratori interessati da eccedenze di personale i quali raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, elevando tale limite da 4 a 7 anni.

 

L’articolo 4, commi 1-7, della L. 92/2012, ha introdotto l’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione), utilizzato nei casi di eccedenza di personale, con specifici accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In base a tali accordi, che devono essere validati dall’INPS, il lavoratore può ricevere, a condizione che raggiunga i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) entro i 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, una prestazione, a carico del datore di lavoro, di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, fino a che non si siano perfezionati i requisiti per il pensionamento.

 

 


Commi 346-348
(Disposizioni speciali sui requisiti e le decorrenze dei trattamenti pensionistici - cosiddetta nona salvaguardia pensionistica)

 

 

I commi in esame - inseriti dalla Camera - consentono l'applicazione delle norme sui requisiti per il trattamento pensionistico e sulle relative decorrenze iniziali vigenti prima del 6 dicembre 2011, in favore di un contingente di 2.400 soggetti, rientranti in alcune fattispecie, nel rispetto di un limite massimo di spesa di 34,9 milioni di euro per il 2021, di 33,5 milioni per il 2022, di 26,8 milioni per il 2023, di 16,1 milioni per il 2024, di 3,2 milioni per il 2025 e di 0,6 milioni per il 2026.

L'introduzione di tale contingente costituisce la cosiddetta nona salvaguardia pensionistica, in quanto si aggiunge ad altri contingenti analoghi, previsti da norme precedenti.

Il nuovo contingente può concernere i soggetti che rientrano in una delle seguenti categorie, a condizione che la prima decorrenza virtuale del trattamento pensionistico, determinata secondo la suddetta disciplina previgente, non sia successiva al 4 aprile 2012[123]. In ogni caso, il trattamento pensionistico riconosciuto nell'ambito del contingente non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2021.

Le suddette categorie riguardano:

-         i soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 e che possano far valere almeno un contributo volontario, accreditato o accreditabile, alla data del 6 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

-         i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 - ancorché al 6 dicembre 2011 non avessero un contributo volontario accreditato (o accreditabile alla predetta data) -, a condizione che avessero almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgessero attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

-         i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, dopo il 30 giugno 2012, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

-         i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto nel periodo 1° luglio 2012-31 dicembre 2012, in ragione di accordi individuali, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, dopo la cessazione, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

-         i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, successivamente alla data di cessazione, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

-         i lavoratori che nel corso del 2011 fossero in congedo per assistere figli in situazione di handicap grave[124];

-         i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e i lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato; da tale fattispecie sono esclusi, tuttavia, i lavoratori del settore agricolo e quelli con qualifica di stagionali.

Le domande per l'applicazione della disciplina previgente in oggetto devono essere presentate entro il 2 marzo 2021, ai sensi del comma 347; quest'ultimo disciplina la procedura (anche facendo rinvio alle disposizioni del D.M. 14 febbraio 2014) e reca le clausole di monitoraggio e salvaguardia finanziaria, ai fini del rispetto (anche in via prospettica) dei summenzionati limiti, relativi al numero di soggetti e alla spesa. Il criterio di priorità nell'accoglimento delle domande (nell'ambito del contingente unico in esame) è costituito dalla data di cessazione del rapporto di lavoro oggetto delle fattispecie summenzionate; a tali fini, per i lavoratori che fossero nella suddetta fattispecie di congedo e che siano ancora in attività di lavoro, si fa riferimento alla data del 1° gennaio 2021.

 

 

 


Comma 349
(Contratto di espansione interprofessionale)

 

 

Il comma 349, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, modifica l’articolo 62 del disegno di legge di bilancio, prorogando al 2021 le disposizioni relative alla applicazione sperimentale del contratto di espansione estendendolo, in particolare, per il solo anno 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti e, entro specifici limiti, fino a 250 unità. La disposizione interviene, altresì, sul versamento a carico del datore di lavoro per la NASPI e sul versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata, riducendone gli importi.

 

In dettaglio, la disposizione prevede la proroga al 2021 delle disposizioni relative al contratto di espansione di cui all’art 41, d.lgs. n. 148/2015, che viene in tal senso modificato, estendendolo alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti (tale previsione era già presente nel testo originario del disegno di legge) e, limitatamente agli effetti di cui al comma 5-bis (introdotto dalla disposizione in esame), fino a 250 unità, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi (lett. a) e b)).

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 41 del d.lgs/ 148/2015, ai commi da 1 a 3, prevede, in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, per le imprese con un organico superiore a 1.000 unità, la possibilità di avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In deroga agli articoli 4 e 22 del medesimo d.lgs, relativi alla durata complessiva degli interventi di integrazione salariale nel quinquennio mobile, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.

 

Viene, altresì, introdotto il comma 5-bis all’articolo 41 (lett. c)), prevedendo, per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata, nell'ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, che il datore di lavoro riconosca per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un'indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'INPS. Qualora la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto.

Per l’intero periodo di spettanza teorica della NASPI al lavoratore, il versamento a carico del datore di lavoro per l'indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione della stessa NASPI (di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22), mentre la formulazione attualmente vigente del comma 5 prevede un'indennità mensile, ove spettante comprensiva dell'indennità NASpI. Inoltre, il versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa, in base all’’articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 22, fermi restando in ogni caso i criteri di computo della contribuzione figurativa.

In base all’articolo 12, comma 1, la contribuzione figurativa è rapportata alla retribuzione di cui all'articolo 4, comma 1, entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l'importo massimo mensile della NASpI per l'anno in corso.

 

Per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione e/o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, e che si impegnino ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, di cui sopra, opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione NASPI al lavoratore.

Allo scopo di dare attuazione al contratto di espansione, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all'INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all'INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui sopra, l'INPS è tenuto a non erogare le prestazioni. I benefici di cui al presente comma sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 117,2 milioni di euro per l’anno 2021, 132,6 milioni di euro per l’anno 2022, 40,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 3,7 milioni per l’anno 2024 (la lett. c) del disegno di legge originario quantificava, invece, ulteriori risorse per di 36,1 milioni di euro per l’anno 2021, di 33,10 milioni di euro per l’anno 2022 e di 7,5 milioni di euro per l’anno 2023).

 

 Se nel corso della procedura di consultazione di cui sopra emerge il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può procedere alla sottoscrizione dell'accordo governativo e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso ai benefici di cui al presente comma. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, fornendo i risultati dell'attività di monitoraggio al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Con la lettera c-bis del comma, inoltre, si estende al comma 5-bis, introdotto dalla disposizione in esame, quanto previsto dal comma 6 dell’art. 41 e cioè che la prestazione di cui al comma 5 può essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all'articolo 26 già costituiti o in corso di costituzione, senza l'obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi.

Infine, viene incrementata, già dall’articolo 62 del disegno di legge originario, la provvista finanziaria del comma 7 dell’articolo 41, che viene modificata di 101 milioni di euro per l’anno 2021 e di 102 milioni di euro per l’anno 2022 (lett. d)). Tali risorse sono utilizzate a copertura degli oneri di cui ai commi 5 e 5-bis dell’articolo 41.

Ai sensi del comma 7, per i lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare della prestazione prevista dal comma 5 è consentita una riduzione oraria, che non può essere superiore al 30 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100 per cento nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. I benefici di cui al comma 3 e al presente comma sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 15,7 milioni di euro per l'anno 2019 e di 31,8 milioni di euro per l'anno 2020.

 


Comma 350
(Calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico)

 

 

Il comma 350 concerne il calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale in cui alcune settimane non sono interessate da attività lavorativa (lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico). L'intervento normativo in esame è inteso a recepire l'indirizzo giurisprudenziale costante, in base al quale anche le settimane in oggetto sono da includere nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico (nella misura in cui il rapporto tra l'ammontare della contribuzione annua ed il numero complessivo delle settimane sia almeno pari al minimale contributivo settimanale).

Più in particolare, la norma in esame prevede che: per i contratti di lavoro a tempo parziale in oggetto, che siano in corso dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2021) o che abbiano decorrenza iniziale successiva, il numero delle settimane da includere nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico si determini rapportando il totale della contribuzione annua al minimale contributivo settimanale; per i contratti di lavoro a tempo parziale già esauriti prima della suddetta data, il riconoscimento delle settimane in oggetto è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell'interessato, corredata da idonea documentazione. In ogni caso, i trattamenti pensionistici liquidati in base alla nuova norma non possono avere decorrenza anteriore alla suddetta data di entrata in vigore.

L'intervento normativo in esame non concerne i dipendenti pubblici, per i quali, ai fini del diritto al trattamento pensionistico, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi utili per intero, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della L. 29 dicembre 1988, n. 554 (come ricordano le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge di bilancio).

 

Si ricorda che, per i lavoratori dipendenti privati, in base all'articolo 7 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni, e all'articolo 1, comma 2, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, il numero dei contributi settimanali da accreditare nel corso dell'anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell'INPS, è pari a quello delle settimane dell'anno stesso retribuite (o riconosciute in base alle norme che disciplinano l'accreditamento figurativo), sempre che risulti erogata, dovuta o accreditata figurativamente per ognuna di tali settimane una retribuzione non inferiore al 40% dell'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1° gennaio dell'anno considerato[125].

La giurisprudenza, tuttavia, come detto, in base al principio di parità di trattamento, ha riconosciuto il diritto alla suddetta riparametrazione dei contratti di lavoro a tempo parziale in esame.

 


Commi 351-355
(Misure per la funzionalità delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e disposizione in materia di personale dell'Amministrazione civile dell'interno)

 

 

I commi 351-355introdotti nel corso dell’esame della Camera – recano autorizzazioni di spesa per il pagamento delle indennità di ordine pubblico e delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia, compreso il Corpo di polizia penitenziaria, per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dei Vigili del fuoco, nonché per il pagamento degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali.

Inoltre, incrementa il Fondo risorse decentrate (+ 10 milioni) e l'indennità di amministrazione (+ 5 milioni) del personale contrattualizzato non dirigente dell'amministrazione civile dell'Interno.

 

Per quanto riguarda le Forze di polizia e i Vigili del fuoco, al fine di garantire le attività connesse all'emergenza epidemiologica anche per il periodo dal 1° al 31 gennaio 2021, sono autorizzate le seguenti spese:

·        40.762.392 euro per il pagamento delle indennità di ordine pubblico del personale delle Forze di polizia e degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali (comma 351);

·        11.478.200 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia (comma 351);

·        2.633.971 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dei Vigili del fuoco (comma 352);

·        1.454.565 euro per il pagamento, anche in deroga ai limiti vigenti, delle prestazioni di lavoro straordinario del personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria (comma 353).

 

Inoltre, incrementa di 10 milioni di euro dal 2021 il Fondo risorse decentrate del personale contrattualizzato non dirigente dell'amministrazione civile dell'Interno, attraverso una modifica della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018, art. 1, comma 149) che aveva già incrementato di 18 milioni il Fondo, al fine di incentivare le maggiori attività rese in particolare nel settore della depenalizzazione e dell'immigrazione dal predetto personale. Il Fondo risulta quindi incrementato di 28 milioni a partire dal 2021 (comma 354).

 

Viene incrementata di 5 milioni a decorrere dal 2021 anche l'indennità di amministrazione spettante al medesimo personale, da determinarsi in sede di contrattazione collettiva per il triennio 2019-2021. Tali risorse si vanno ad aggiungere a quelle di pari importo autorizzate dall'articolo 21-bis del D.L. 162/2019 (comma 355).


Commi 356-361
(Disposizioni in favore dei lavoratori esposti all’amianto)

 

 

I commi da 356 a 361 riguardano disposizioni in parte introdotte nel corso dell’esame alla Camera (commi 356-359) e in parte presenti nel testo originario del disegno di legge (commi 360 e 361). Il primo gruppo di disposizioni, prevede a decorrere dal 1° gennaio 2021, che l’INAIL, attraverso il Fondo vittime amianto eroghi una prestazione aggiuntiva, nella misura percentuale del 15 per cento della rendita già in godimento, ai soggetti che abbiano contratto patologia asbesto correlata e, per i nuovi eventi accertati dal 1° gennaio 2021, ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale, una prestazione di importo fisso pari ad euro 10.000; il secondo gruppo di norme, prevede disposizioni volte ad accelerare le operazioni di lavorazione delle domande di riconoscimento dei benefici previdenziali, presso INPS ed INAIL, per i lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario.

 

 

In dettaglio, le disposizioni di cui ai commi 356-359 prevedono, a decorrere dal 1° gennaio 2021, che l’INAIL, attraverso il Fondo vittime amianto (di cui all'articolo 1, comma 241, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), eroghi una prestazione aggiuntiva, nella misura percentuale del 15 per cento della rendita già in godimento, ai soggetti che abbiano contratto patologia asbesto correlata riconosciuta dall'Istituto e dal soppresso Istituto di Previdenza del Settore Marittimo e in caso di premorte agli eredi (indicati ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124). Essa è erogata unitamente al rateo di rendita corrisposto mensilmente ed è cumulabile al resto delle prestazioni spettanti a qualsiasi titolo sulla base delle norme generali dell'ordinamento (comma 356).

Per i nuovi eventi accertati dal 1° gennaio 2021 l'INAIL, sempre tramite il Fondo vittime amianto, eroga ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale, una prestazione di importo fisso pari ad euro 10.000 da corrispondere in un'unica soluzione su istanza dell'interessato o degli eredi in caso di decesso (comma 357).

Le risorse del predetto Fondo alla data del 31/12/2020, vengono utilizzate per far fronte sia alle prestazioni aggiuntive in favore dei lavoratori esposti all’amianto previste dal comma 243 del medesimo art. 1, con riferimento agli eventi denunciati fino alla predetta data, sia per il pagamento della prestazione di importo fisso in un'unica soluzione di 10 mila euro a favore dei malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale, o dei loro eredi, sempre con riferimento ad eventi accertati fino al 31 dicembre 2020 e per i quali non sia decorso, a pena di decadenza, il termine di tre anni dalla data di accertamento della malattia. A decorrere dal 1° gennaio 2021 non si applica l'addizionale a carico delle imprese di cui all'articolo 1, comma 244 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e l’autorizzazione di spesa di cui al medesimo comma 244, secondo periodo, è soppressa (comma 358).

Ai sensi del predetto comma, infatti, il finanziamento del Fondo di cui al comma 241 è a carico, per un quarto, delle imprese e, per tre quarti, del bilancio dello Stato. L'onere a carico dello Stato è determinato in 30 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009 e 22 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010. Agli oneri a carico delle imprese si provvede con una addizionale sui premi assicurativi relativi ai settori delle attività lavorative comportanti esposizione all'amianto.

 

Agli oneri derivanti dai commi 356 e 357, valutati rispettivamente in 39 milioni di euro per l’anno 2021, 40,5 milioni di euro per l’anno 2022, 42,15 milioni di euro per l’anno 2023, 43,8 milioni di euro per l’anno 2024, 45,3 milioni di euro per l’anno 2025, 46,8 milioni di euro per l’anno 2026, 48,15 milioni di euro per l’anno 2027, 49,35 milioni di euro per l’anno 2028, 50,4 milioni di euro per l’anno 2029, e in 51,45 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2030 relativamente al comma 356 e in 4,8 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021 relativamente al comma 357, si provvede quanto a 22 milioni annui a decorrere dal 2021 mediante le economie derivanti dalla soppressione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 244 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (comma 359).

 

Il comma 360 interviene, invece, sulla disciplina di cui all’articolo 1, comma 277 della L. 208/2015, che prevede, in favore dei suddetti lavoratori che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, durante le operazioni di bonifica dall'amianto poste in essere mediante sostituzione del tetto, il riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della l. 257/1992 (si veda, infra, scheda di ricostruzione).

In base a tale disposizione, per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25.

 

Il comma 360 in commento, introduce, all’articolo 1, comma 277 di cui sopra, i commi da bis a sexies, prevedendo:

al comma 277–bis, termini perentori per la presentazione della documentazione fornita dal datore di lavoro, su richiesta dell’INPS, a integrazione delle domande già presentate ai sensi dell’articolo 1, comma 277, della richiamata legge n. 208 del 2015. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento. Il datore di lavoro adempie entro il termine perentorio di novanta giorni dalla ricezione della richiesta. Entro i successivi quindici giorni l’lNPS trasmette le istanze complete della relativa documentazione all’INAIL, che entro sessanta giorni, invia all’INPS le certificazioni tecniche attestanti la sussistenza o meno dei requisiti di legge.

al comma 277-ter, che l’INPS, una volta acquisite le certificazioni tecniche da parte dell’INAIL, decorsi non oltre 60 giorni, debba eseguire un monitoraggio delle domande, secondo i seguenti criteri: a) la data di perfezionamento, nell’anno di riferimento, dei requisiti pensionistici per ciascun lavoratore interessato; b) l’onere previsto per l’esercizio finanziario dell’anno di riferimento, connesso all’anticipo pensionistico e all’eventuale incremento di misura dei trattamenti; c) la data di presentazione della domanda di accesso al beneficio.

al comma 277-quater, ai fini dell’individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, entro trenta giorni dalla conclusione delle operazioni di monitoraggio, e comunque con cadenza annuale, le modalità di redazione della graduatoria dei lavoratori aventi diritto al beneficio di cui al comma 277, tenendo conto prioritariamente della data di maturazione dei requisiti pensionistici agevolati e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda di accesso al beneficio. Nel caso in cui l’onere finanziario accertato sulla base della graduatoria sia superiore allo stanziamento previsto per l’anno di riferimento, la decorrenza dei trattamenti pensionistici riconosciuti ai sensi del comma 277 è differita in ragione della data di maturazione dei requisiti, in base alla posizione ricoperta da ciascun lavoratore all’interno della graduatoria. 

al comma 277 quinquies, per i profili non espressamente disciplinati, il rinvio alle disposizioni contenute nel decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 12 maggio 2016, in quanto compatibili.

al comma 277 sexies l’immediato accesso a pensione con il beneficio di cui all’articolo 1, comma 277, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, senza attendere l’esito della procedura di monitoraggio sopra descritta, ai soggetti che hanno ottenuto la certificazione tecnica da parte di INAIL entro il 30 giugno 2020 e che hanno maturato, tenendo conto del riconoscimento del beneficio di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, la decorrenza teorica del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2021[126]. Infine, si stabilisce che la decorrenza dei trattamenti pensionistici erogati in applicazione del presente comma non può essere antecedente al 1° gennaio 2021.

 

Con il comma 361 vengono,, conseguentemente adeguati i limiti di spesa di cui all’articolo 1, comma 277 della legge 28 dicembre 2015, n. 208:  le parole “, 8,3 milioni di euro per l’anno 2024 e 2,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025” sono sostituite dalle seguenti: “, 11,5 milioni di euro per l’anno 2024, 12,6 milioni di euro per l’anno 2025, 13,5 milioni di euro per l’anno 2026, 13,2 milioni di euro per l’anno 2027, 12,3 milioni di euro per l’anno 2028, 11,8 milioni di euro per l’anno 2029 e 11,0 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2030”.

 

Con riferimento agli oneri recati dalla disposizione, si allega la seguente tabella prodotta dalla relazione tecnica al disegno di legge di bilancio.

 

 

Le norme adottate in relazione ai benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto sono state dirette ad estendere la platea dei soggetti beneficiari e a riconoscere maggiori facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata.

 

In generale, l'articolo 13, commi 6, 7 e 8, della legge numero 257 del 1992 ha disposto la concessione di un beneficio previdenziale a determinate categorie di lavoratori che durante l'attività lavorativa siano stati esposti all'amianto. Tale beneficio consiste nell'applicazione ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all'esposizione all'amianto di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare: ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5; al periodo di esposizione all'amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall'INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5; all'intero periodo di esposizione all'amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25, utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. Si ricorda che, sino al 1° ottobre 2003, era invece previsto per tale ultima fattispecie un coefficiente pari all'1,5, che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione.

Oltre a ciò, il comma 2 dello stesso articolo 13, ha riconosciuto (con validità limitata a 730 giorni dalla dal 28 aprile 1992), ai lavoratori delle imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva (anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari) un trattamento di pensione a condizione che possano far valere almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva, con una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni (così come prescritto dall'articolo 22 della legge numero 153 del 1969), e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne.

Si fa presente, inoltre, che l'articolo 47 del decreto legge numero 269 del 2003 ha esteso la rivalutazione del periodo di esposizione all'amianto ai fini pensionistici anche ai lavoratori non coperti dall'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL. In tal senso, il beneficio viene riconosciuto in favore dei lavoratori (anche quelli non assicurati presso l'INAIL) che siano stati esposti per un periodo superiore a 10 anni all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

 

 Interventi effettuati nel corso della XVII Legislatura

La materia è stata interessata anche nel corso della XVII Legislatura, da diversi provvedimenti.

In primo luogo, la legge di stabilità per il 2015 numero 190 del 2014 ha recato una serie di norme in materia di amianto.

Più specificamente:

l'articolo 1, comma 112, ha disposto che per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori esposti all'amianto in servizio (cioè non beneficiari di trattamenti pensionistici), con effetto dal 1° gennaio 2015 e senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto (salvo il caso di dolo da parte del soggetto interessato, accertato giudizialmente con sentenza definitiva) dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall'INAIL per il conseguimento dei benefici pensionistici previsti dalla normativa vigente per gli stessi lavoratori (dal citato articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992);

l'articolo 1, commi 116 e 117, ha esteso la platea di lavoratori esposti all'amianto ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali ed assistenziali. Più specificamente, sono state estese (in via sperimentale per il triennio dal 2015 al 2017) le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo per le vittime dell'amianto (nel limite delle risorse disponibili nel Fondo stesso) ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare ai lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto, ovvero per comprovata esposizione ambientale. Inoltre, in deroga alla normativa previdenziale vigente, è stata applicata la maggiorazione contributiva (di cui al richiamato articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (nel corso del 2015 e senza la corresponsione di ratei arretrati), anche agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese (esercenti attività di scoibentazione e bonifica e con attività di lavoro cessata per chiusura, dismissione o fallimento e il cui sito sia interessato dal Piano di Bonifica da parte dell'Ente territoriale), che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto correlata (accertata e riconosciuta ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della legge numero 257 del 1992);

l'articolo 1, comma 115, ha individuato la data del 31 gennaio 2015 (termine successivamente prorogato 31 dicembre 2016 dalla legge di stabilità 2016) come termine ultimo per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente per l'esposizione all'amianto, da parte di soggetti (assicurati INPS e INAIL) collocati in mobilità dall'azienda per cessazione dell'attività lavorativa, che avevano presentato domanda dopo il 2 ottobre 2003 (data dell'entrata in vigore del decreto legge numero 269 del 2003), a condizione che abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l'accertamento dell'avvenuta esposizione all'amianto per un periodo superiore a 10 anni e in quantità maggiori dei limiti di legge. In sostanza, la disposizione è volta a consentire a tali soggetti di accedere ai benefici secondo il più vantaggioso regime previsto fino al 2 ottobre 2003 (ai sensi dell'articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992, in precedenza illustrato). In ogni caso, le conseguenti prestazioni non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015.

 

Successivamente in materia è intervenuta la legge di stabilità per il 2016 che ha prorogato per il triennio dal 2016 al 2018 l'applicazione della maggiorazione contributiva (di cui all'articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) riconosciuta (ai sensi dell'articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese, che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto-correlata. Inoltre, è stata estesa la platea a cui si applicano le disposizioni richiamate, comprendendovi anche i lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell'INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, derogando alla norma (articolo 1, comma 115, della legge numero 190 dl 2014) che aveva fissato al 31 giugno 2015 il termine ultimo per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali. Contestualmente, è stato istituito un apposito Fondo, finalizzato all'accompagnamento alla quiescenza, entro il 2018, dei lavoratori (individuati dall'articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014), che non abbiano maturato i requisiti pensionistici ivi previsti. Inoltre, il beneficio previdenziale di cui dall'articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992 è stato esteso ai lavoratori del settore della produzione di materia rotabile ferroviario che hanno svolto operazioni di bonifica dall'amianto senza essere dotati degli adeguati equipaggiamenti di protezione. Infine, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell'amianto, in favore degli eredi dei soggetti deceduti in seguito a patologie asbesto correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali attuate per realizzare la cessazione dell'impiego dell'amianto (con conseguente applicazione della legge numero 257 del 1992), che concorre al pagamento di quanto spettante ai superstiti a titolo di risarcimento del danno (patrimoniale e non).

 

In materia è intervenuta anche la legge di bilancio per il 2017 che ha attribuito, a decorrere dal 2017, entro specifici limiti finanziari, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto, anche per i casi in cui manchi il presupposto dell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Per il relativo trattamento, il requisito contributivo - pari, secondo la disciplina generale in materia di pensione di inabilità, a 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la domanda - sussiste anche in presenza della sola condizione del versamento di 5 anni di contribuzione. Le patologie in esame sono le seguenti (purché riconosciute di origine professionale, ovvero quale causa di servizio): mesotelioma pleurico; mesotelioma pericardico; mesotelioma peritoneale; mesotelioma della tunica vaginale del testicolo; carcinoma polmonare; asbestosi. I benefìci in esame - che concernono i soggetti iscritti alle forme obbligatorie di base relative ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, e non sono cumulabili con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente - sono riconosciuti, a domanda (nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 30 milioni annui a decorrere dal 2018). Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie summenzionate, il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell'età anagrafica, dell'anzianità contributiva e, a parità dei precedenti criteri, della data di presentazione della domanda.

In attuazione delle disposizioni in oggetto è stato emanato il decreto ministeriale del 31 maggio 2017.

Per ulteriori chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 7 del 2018.

 

Infine, l'articolo 13-ter del decreto legge numero 91 del 2017 (cosiddetto decreto per il mezzogiorno) ha previsto benefici pensionistici o sussidi di accompagnamento alla quiescenza per lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata, provvedendo alla copertura finanziaria dei relativi oneri.

In particolare:

sono ampliati i termini temporali per l'applicazione di un requisito pensionistico più favorevole per alcuni lavoratori, affetti da patologia asbesto-correlata, estendendo l'applicazione del beneficio per il biennio dal 2019 al 2020 (consistente nel diritto al pensionamento sulla base del requisito di 35 anni di anzianità contributiva, requisito che si intende raggiunto - purché in possesso di almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva - anche con una maggiorazione, non superiore a 5 anni, della medesima anzianità, e dei requisiti inerenti sia alla somma di età anagrafica e anzianità contributiva sia all'età anagrafica minima, previgenti rispetto alla riforma Fornero del 2011 in materia pensionistica). Usufruiscono del beneficio i lavoratori affetti dalla richiamata patologia (accertata e riconosciuta) a causa dell'esposizione all'amianto, occupati nelle imprese che abbiano svolto attività di scoibentazione e bonifica, qualora essi abbiano cessato il rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell'impresa e a condizione che il sito dell'impresa sia interessato da piano di bonifica da parte dell'ente territoriale;

vengono ampliati i termini temporali (anche in questo caso per il biennio dal 2019 al 2020) di applicazione del sussidio di accompagnamento alla quiescenza, previsto, in via transitoria, per i lavoratori interessati dalle norme in precedenza richiamate e ai quali le stesse non siano applicabili per l'impossibilità di maturazione del requisito contributivo ivi stabilito.

 

Interventi effettuati nel corso della XVIII Legislatura

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 279, della legge numero 145 del ;2018) ha esteso ulteriormente la platea ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali in virtù dell'esposizione all'amianto (già ampliata, come detto, dalla richiamata legge di bilancio 2016), disponendo che nei lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell'INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, siano ricompresi  (sempre ai fini della fruizione dei benefici pensionistici), i lavoratori che, transitati nel pubblico impiego ovvero nella gestione ex-IPOST (gestione dei postelegrafonici, attualmente gestita all'interno dell'INPS) abbiano effettuato la ricongiunzione contributiva (ai sensi dell'articolo 2 della legge numero 29 del 1979) e risultino iscritti a forme previdenziali obbligatorie diverse dall'Assicurazione Generale Obbligatoria.

Per chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 34 del 2019.

Da ultimo, l'articolo 41-bis  del decreto legge numero 34 del 2019 ha esteso ad altre fattispecie l'ambito di applicazione della normativa che riconosce, in favore di lavoratori esposti all'amianto, il diritto alla pensione di inabilità a prescindere dalla condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

 

 


Comma 362
(Assegno di natalità- Bonus bebè)

 

 

Il comma 362 rinnova per il 2021 l’assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) con le stesse modalità previste a normativa vigente.

L'onere per il riconoscimento del bonus bebè è valutato in 340 milioni di euro per il 2021 e in 400 milioni di euro per il 2022. A tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa a valere sul “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”.

 

Più in particolare, la disposizione in commento riconosce l’assegno per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 con le modalità previste dal comma 340 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), pertanto è corrisposto esclusivamente fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione.

Per le nascite, adozioni ed affidamenti preadottivi la prestazione è stata rimodulata dalla legge di bilancio 2020 con nuove soglie di ISEE e spetta, in applicazione del principio dell’accesso universale, nei limiti di un importo minimo, anche per ISEE superiori alla soglia di 40.000 euro o anche in assenza dell’indicatore ISEE. Più precisamente, l’importo dell’assegno annuo è così modulato:

a)   1.920 euro (160 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui;

b)   1.440 euro (120 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore alla soglia di 7.000 euro e non superiore a 40.000 euro;

c)   960 euro (80 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore a 40.000 euro;

d)   in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021, l'importo dell'assegno di cui alle lettere a), b) e c) è aumentato del 20 per cento.

 

Il Bonus bebè, istituito dalla legge di stabilità 2015 (commi 125-129 della legge 190/2014) per un periodo di tre anni a favore dei nati o dei minori adottati nel triennio 2015-2017, è stato in seguito riconosciuto soltanto per la durata di un anno anche per i nati o adottati nel 2018 (art. 1, commi 248-249 della legge 205/2017). Successivamente, è stato esteso (art. 23-quater, commi da 1 a 3 del decreto legge 119/2018) anche ai nati o adottati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, fino al compimento del primo anno di età o di ingresso nel nucleo familiare. L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il decreto legge 119/2018 ha anche previsto una maggiorazione del 20 per cento dell'importo dell'assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relativamente ai figli successivi al primo.

Fino al 2019, l'importo del Bonus bebè, calcolato sull’ISEE, veniva erogato con i seguenti importi: con ISEE uguale o inferiore a 25.000 euro annui (soglia ISEE di accesso), ammontava a 80 euro al mese per un massimo di 12 mesi (960 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 1.152 euro annui); con un valore ISEE non superiore a 7.000 euro annui, ammontava a 160 euro al mese per un massimo di 12 mesi (1.920 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 2.304 euro annui). L'art. 1, comma 249, della legge n. 205/2017 ha introdotto obbligo di monitoraggio da parte dell'INPS mediante relazioni mensili al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dell'Economia e delle finanze e al Ministro per la Famiglia e le disabilità, al fine di segnalare rischi di scostamento dai limiti di spesa.

 

La norma in commento valuta l'onere per il riconoscimento del bonus bebè in 340 milioni di euro per l'anno 2021 e in 400 milioni di euro per l'anno 2022, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa a valere sul “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”di cui all'art. 1, comma 339 della legge n. 160 del 2019.

 

Il comma 339 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2020) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo denominato “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l’anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono state indirizzate all’attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Con le risorse del Fondo, si è provveduto al rinnovo del Bonus bebè e al finanziamento del Bonus asili nido per il 2020.

 

Si ricorda, che il comma 7, della legge in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia) incrementa il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia di 3.012,1 milioni di euro per l'anno 2021 e di 5.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2022.

Pertanto, la consistenza del Fondo nel 2021 è pari a 4.056,1 milioni di euro, a decorrere dal 2022 la consistenza a regime del Fondo è invece pari a 6.744 milioni di euro.

 

L'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, inviando relazioni mensili al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Nel caso in cui, in sede di attuazione del presente comma, si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di 340 milioni di euro per l'anno 2021 e di 400 milioni di euro per l'anno 2022, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri per le pari opportunità e la famiglia e del lavoro e delle politiche sociali, si provvede a rideterminare l'importo annuo dell'assegno e i valori dell'ISEE di riferimento.

 


Commi 363-364
(Congedo di paternità)

 

 

I commi 363 e 364 – modificati nel corso dell’esame alla Camera - prorogano per il 2021 il congedo obbligatorio di paternità, elevando da sette a dieci giorni la durata.

 

Più nel dettaglio, la disposizione in esame - modificando l’articolo 1, comma 354, della legge n. 232 del 2016 (legge di stabilità per il 2017) - proroga per il 2021 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente (di cui all’articolo 4, comma 24, lett. a), della L. n. 92/2012, come prorogato da successivi provvedimenti – vedi infra), elevando da sette a dieci giorni la durata  (comma 363, lett. a) e b))[127].

Inoltre, si dispone che anche per il 2021 il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima) (comma 363, lett. c)).

Sul tema, si segnala che il comma 27 del disegno di legge in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda) estende anche ai casi di morte perinatale la fruizione del congedo di paternità, obbligatorio e facoltativo.

 

Alla copertura del relativo onere - valutato in 151,6 milioni di euro per il 2021 - si provvede, quanto a 106,1 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, di cui all’art.1, c. 339, della L. 160/2019, come rifinanziata dal comma 7 del presente disegno di legge (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 364).

 

Il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotto in via sperimentale dall’art. 4, c. 24, lett. a), della L. n. 92/2012, è stato oggetto di successive proroghe, da ultima quella disposta per il 2020 dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 342, della L. n. 160/2019) che ne ha anche elevato la durata a sette giorni.

Si ricorda che il suddetto congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e che la durata dello stesso era pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016), a 4 giorni per il 2018 (elevabile a 5 in sostituzione della madre, in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante), a 5 giorni per il 2019 (elevabili a 6 in sostituzione della madre in relazione al medesimo periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante) e a 7 giorni per il 2020 (elevabili a 8 in sostituzione della madre in relazione al medesimo periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante)

 

Si fa presente, infine, che anche  la recente direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE, stabilisce una disposizione minima europea che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi al livello del congedo per malattia.

La citata Direttiva, infatti, all’articolo 4, dispone che gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore.

La suddetta Direttiva – il cui termine di recepimento è fissato al 2 agosto 2022 – è contenuta nell’Allegato A del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, attualmente all’esame delle Camere.

 

 


Commi 365 e 366
(Sostegno alle madri con figli disabili)

 

 

I commi 365 e 366, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, autorizzano la spesa di 5 mln di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 – che costituisce al contempo limite massimo di spesa – per il riconoscimento di un contributo mensile, fino ad un massimo di 500 euro netti, in favore delle madri disoccupate o monoreddito, che fanno parte di nuclei familiari monoparentali, con figli disabili a carico.

 

Per il riconoscimento del suddetto contributo, la disabilità deve essere riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento (comma 365).

 

La definizione dei criteri di individuazione dei destinatari del predetto contributo, nonché delle modalità di presentazione delle relative domande e di erogazione, è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 366).

 


Commi 367-368
(Supporto all’Osservatorio nazionale sulla
condizione delle persone con disabilità)

 

 

I commi 367 e 368 prorogano fino al 31 dicembre 2023 la Segreteria tecnica dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità. Gli oneri della proroga sono posti a valere sulle risorse disponibili del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Più nel dettaglio viene previsto (comma 367) che allo scopo di continuare ad assicurare il supporto tecnico necessario allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui all’articolo 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18[128] e all’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito dal D.p.c.m. del 21 ottobre 2019, viene prorogata fino al 31 dicembre 2023 la Segreteria tecnica già costituita presso la soppressa Struttura di missione per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui al DPCM 25 ottobre 2018.

 

Va ricordato che la citata segreteria tecnica era già stata prorogata fino al 31 dicembre 2020 ad opera dell’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 162/2019[129].

Con la costituzione dell’attuale Governo la delega in materia di disabilità non è più stata conferita al Ministro per la famiglia e, pertanto, il Presidente del Consiglio, con propri decreti (DPCM 4 ottobre 2019 e DPCM 21 ottobre 2019 di modifica dell’ordinamento delle strutture generali della Presidenza) ha prorogato fino al 31 dicembre 2019 la Struttura di missione e previsto dal 1° gennaio 2020 un apposito Ufficio autonomo della Presidenza del Consiglio che possa assicurare, in via permanente, le attività volte alla tutela e alla promozione dei diritti delle persone con disabilità.

 L’Ufficio, in particolare, cura gli adempimenti necessari per la realizzazione degli interventi connessi all’attuazione delle politiche volte a garantire la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità e a favorire la loro piena ed effettiva partecipazione ed inclusione sociale, nonché la loro autonomia, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; cura la gestione e il supporto amministrativo per il funzionamento e l’esercizio dei compiti dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità di cui al comma 5 dell’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18; svolge le attività istruttorie connesse all’adozione degli atti, anche normativi, di competenza in materia di disabilità; svolge l’attività istruttoria ai fini della promozione di intese in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dirette a sviluppare una governance coordinata tra i diversi livelli di governo delle prestazioni e dei servizi socio-sanitari ed educativi in favore delle persone con disabilità; cura l’attività di informazione e di comunicazione istituzionale nelle materie di propria competenza, ivi compresa la divulgazione delle azioni positive e delle migliori pratiche; assicura la rappresentanza del Governo negli organismi nazionali, europei e internazionali competenti negli ambiti sopra indicati.

L’organizzazione interna del citato ufficio è stata disciplinata dal D.S.G. del 4 marzo 2020 che, all’articolo 4, prevede che la segreteria tecnica operi alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento.

 

La legge 3 marzo 2009, n. 18, articolo 3, disponendo la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ha istituito, presso il Ministero del lavoro l’Osservatorio in parola, allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata Convenzione. L’Osservatorio è presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con componenti nominati in numero non superiore a quaranta, nel rispetto del principio di pari opportunità. In base alla norma istitutiva, la Segreteria tecnica deve essere composta da non più di 10 esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del D.Lgs. n. 303/1999, per i cui compensi è stabilito un importo complessivo non superiore a 240.000 euro annui.

 

Viene poi previsto (comma 368) che agli oneri per i compensi degli esperti della segreteria tecnica di cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri si avvale ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303[130], in numero non superiore a dieci, per un importo per ciascun anno, pari a 700.000 euro omnicomprensivi, si provvede a valere sulle risorse disponibili del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Più specificamente la RT precisa che le spese da sostenere per i suddetti compensi troveranno la loro copertura finanziaria tramite le risorse allocate sull'apposito capitolo di spesa “839-Spesa per gli esperti della Segreteria tecnica di supporto all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità” iscritto nel CRI "Segretariato generale".

Il citato comma 2 dell’articolo 9 prevede che la Presidenza si avvalga per le prestazioni di lavoro di livello non dirigenziale: di personale di ruolo, entro i limiti di cui all'articolo 11, comma 4; di personale di prestito, proveniente da altre amministrazioni pubbliche, ordini, organi, enti o istituzioni, in posizione di comando, fuori ruolo, o altre corrispondenti posizioni disciplinate dai rispettivi ordinamenti; di personale proveniente dal settore privato, utilizzabile con contratti a tempo determinato per le esigenze delle strutture e delle funzioni individuate come di diretta collaborazione; di consulenti o esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, nominati per speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente.

 


Comma 369
(Contributo all’Unione italiana ciechi e ipovedenti)

 

 

Il comma 369, inserito nel corso dell’esame alla Camera, destina un contributo di un milione di euro per l’anno 2021 all’Unione Italiana dei ciechi e degli Ipovedenti Onlus.

 

 

L'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ONLUS (UICI), è un ente morale con personalità giuridica di diritto privato, cui la legge e lo statuto affidano la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali dei non vedenti e degli ipovedenti nei confronti della pubblica amministrazione. L'UICI è un'associazione costituita esclusivamente da non vedenti e ipovedenti. Per associarsi occorre infatti avere un visus non superiore ai 3/10 (inteso con correzione). Tuttavia, per raggiungere i suoi obiettivi, essa ha bisogno del supporto di persone vedenti che possono lavorare al suo interno come dipendenti o volontari.

L’associazione ha creato strumenti e strutture operativi come il Centro Nazionale del Libro Parlato, l'I.Ri.Fo.R. (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione), il centro studi e riabilitazione "Le Torri" di Tirrenia, l'U.N.I.Vo.C. (Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi), l’INVAT (Istituto Nazionale di valutazione ausili e tecnologie) e la IURA (Agenzia per i diritti delle persone con disabilità). L'Unione ha anche istituito la Sezione Italiana della Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità e fa parte, quale membro fondatore, della Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità (FAND) e dal 2019 fa parte del Comitato Testamento Solidale.

 

 


Comma 370
(Sostegno all’ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi)

 

 

Il comma 370, inserito nel corso dell’esame alla Camera, autorizza la spesa di un milione di euro per l’anno 2021 al fine di sostenere l’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi.

 

 

L’Ens Onlus è l’ente nazionale preposto alla protezione e l’assistenza dei sordi in Italia nonché Associazione di promozione sociale iscritta nel relativo registro nazionale con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 10.10.2002. La missione dell’ENS è l’integrazione delle persone sorde nella società, la promozione della loro crescita, autonomia e piena realizzazione umana.  Ai sensi della L. 12 maggio 1942 n. 889 l’ENS è stato eretto ad ente morale ed ai sensi della L. 21 agosto 1950 n. 698 è stato riconosciuto quale ente morale per la protezione e l’assistenza dei sordi con l’espresso scopo, tra gli altri, di avviare i sordi alla vita sociale, aiutandoli a partecipare all’attività produttiva ed intellettuale, di agevolare, nel periodo post-scolastico, lo sviluppo della loro attività e capacità alle varie attività professionali, di agevolare il loro collocamento al lavoro, di collaborare con le competenti Amministrazioni dello Stato, nonché con gli Enti e gli Istituti che hanno per oggetto l’assistenza, l’educazione e l’attività dei sordi, nonché di rappresentare e difendere gli interessi morali, civili, culturali ed economici dei minorati dell’udito e della favella presso le pubbliche Amministrazioni.

 


Comma 371
(Reddito di cittadinanza)

 

 

Il comma 371 incrementa, per gli anni dal 2021 fino al 2028 ed a decorrere dal 2029, l’autorizzazione di spesa per il finanziamento della misura di sostegno al reddito denominata “Reddito di cittadinanza”.

 

Nel dettaglio, la disposizione incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12 del dl 4/2019, recante disposizioni finanziarie per l’attuazione del programma del reddito di cittadinanza (si veda, al riguardo, la successiva scheda di lettura), di un importo pari a 196,3 milioni di euro per l'anno 2021, 473,7 milioni di euro per l’anno 2022, 474,1 milioni di euro per l’anno 2023, 474,6 milioni di euro per l’anno 2024, 475,5 milioni di euro per l’anno 2025, 476,2 milioni di euro per l’anno 2026, 476,7 milioni di euro per l’anno 2027, 477,5 milioni di euro per l’anno 2028 e 477,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2029.

 

La disposizione dell’art. 12 del dl 4/2019, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza (di cui agli articoli 1, 2 e 3 e 8 del medesimo dl), nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione, autorizzava limiti di spesa nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Fondo per il reddito di cittadinanza». Tale dotazione è stata ridetreminata, da ultimo, dall’articolo 41-bis del dl 34/2019 nella misura di 7,7 milioni di euro per il 2019 e di 1,1 milioni per il 2020 a copertura delle misure che estendono l'ambito di applicazione della normativa che riconosce, in favore di lavoratori esposti all'amianto, il diritto alla pensione di inabilità a prescindere dalla condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

 

L’onere recato dalla disposizione, come sopra quantificato, è coperto mediante soppressione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 30 dicembre 2018, n. 145.

 

Tale ultima disposizione istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza», con una dotazione pari a 7.100 milioni di euro per l'anno 2019, a 8.055 milioni di euro per l'anno 2020 e a 8.317 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. In seguito, tale dotazione è stata più volte rideterminata nel corso del tempo.

 

 

Il Reddito di cittadinanza, introdotto dal D.L. 4/2019 e definito come strumento di politica attiva del lavoro, assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita). Si prevede la possibilità che la pensione di cittadinanza possa essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.

Il Rdc assorbe la misura finora vigente del Reddito di inclusione, che non potrà più essere richiesto dal 1° marzo 2019 e a decorrere dal successivo mese di aprile non è più riconosciuto, né rinnovato. Se riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019, il beneficio continua ad essere erogato per la durata prevista e secondo le modalità disciplinate dalla disposizioni istitutive (più specificamente, ai sensi dell'art. 9, D.Lgs. 147/2017), salva la possibilità di far domanda per il Reddito di cittadinanza e fermo restando la incompatibilità di contemporanea fruizione del Reddito di cittadinanza e del Reddito di inclusione nell'ambito dello stesso nucleo familiare.

Per avere diritto al Rdc è necessario il possesso congiunto di determinati requisiti di residenza, reddituali e patrimoniali (tra gli altri, essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa ed un ISEE inferiore a 9.360 euro annui), riferiti al nucleo familiare. Il richiedenete il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o aver riportato condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

In relazione alla definizione di nucleo familiare, si specifica che il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare ricorrendo determinate condizioni (minore di 26 anni, a loro carico, non è coniugato e non ha figli) e che i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, l'eventuale cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale

E' stata inoltre introdotta la previsione secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (fatte salve determinate eccezioni) debbano produrre una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare che deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana.

 

Importo

Il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito da un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro (moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, secondo una determinata scala di equivalenza), a cui si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui.

Nel caso della Pensione di cittadinanza la suddetta soglia base è pari, anziché a 6.000 euro, a 7.560 euro, mentre la misura massima dell'integrazione per il contratto di locazione è pari a 1.800 euro.

Qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato contratto un mutuo da parte di membri del medesimo nucleo, l'integrazione suddetta (del Reddito o della Pensione di cittadinanza) è concessa nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui

Il beneficio economico del Rdc, esente dal pagamento dell'IRPEF, non può essere superiore ad una soglia di 9.360 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e ridotta per il valore del reddito familiare. In ogni caso il valore minimo del beneficio non può essere inferiore a 480 euro annui.

 

Durata ed esclusioni

Il RdC può essere goduto per un periodo di diciotto mesi, rinnovabile a condizione che lo stesso venga sospeso per un mese. La sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza.

E' escluso dal diritto al reddito di cittadinanza il soggetto (e non l'intero nucleo familiare) disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa, riducendo altresì nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza.

Si dispone, altresì, l'esclusione dal beneficio del Rdc per i soggetti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati in via definitiva, nei 10 anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

Si prevede, inoltre, la sospensione dell'erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale.

Carta Rdc

  Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc che permette di soddisfare le esigenze previste per la carta acquisti, nonché di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per un individuo singolo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza determinato in base alla composizione del nucleo familiare, di cui all'art. 2, c. 5), nonché di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell'intermediario che ha concesso il mutuo nel caso delle integrazioni previste dal presente provvedimento per i nuclei familiari residenti in abitazione in locazione o in proprietà.

Sul punto, il Decreto interministeriale del 19 aprile 2019 , pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2019, definisce gli utilizzi della suddetta Carta.

Obblighi

L'erogazione del Reddito di cittadinanza è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale (nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali).

Taluni soggetti sono esclusi dai suddetti obblighi, come, tra gli altri, i componenti con disabilità che possono manifestare la loro disponibilità al lavoro ed essere destinatari di offerte di lavoro secondo le modalità stabilite in materia di collocamento obbligatorio. Sul punto, si fa salva la possibilità per il componente con disabilità di richiedere la volontaria adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che deve tenere conto delle condizioni specifiche dell'interessato.

Tra gli obblighi in capo al beneficiario vi è quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate). Ai fini della valutazione della congruità della distanza, rileva anche la circostanza che nel nucleo familiare siano presenti componenti con disabilità oppure figli minori. E' stato inoltre specificato che la congruità dipende anche dall'importo della retribuzione, che deve essere superiore al 10 per cento della misura massima del beneficio fruibile dal beneficiario del Rdc:

Vengono inoltre autorizzate delle spese in favore di ANPAL Servizi SpA anche al fine di selezionare figure professionali con il compito di seguire personalmente il beneficiario del Rdc nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale.

Sanzioni

Vengono previste una serie di sanzioni, graduate in base alla natura della violazione degli obblighi inerenti al riconoscimento e al godimento del RdC, prevedendo, nei casi più gravi, la pena della reclusione fino a sei anni.

Sono altresì contemplati casi che comportano la decadenza o la revoca del beneficio.

 

Incentivi occupazione

Sono previsti incentivi (consistenti nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore fino ad un massimo di 780 euro mensili) a favore dei datori di lavoro privati e degli enti di formazione accreditati per le assunzioni, a tempo pieno e indeterminato, di soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza, nonché in favore dei beneficiari del Rdc che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 36 mesi di fruizione del RdC.

Sono esclusi dai suddetti incentivi i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione relativi alle categorie protette.

 

Compatibilità

Ricorrendo determinate condizioni, il RdC è compatibile con altri aiuti già percepiti dal nucleo familiare, come la NASpI e della DIS-COLL. In linea generale, infatti, comportano un taglio dell'importo del RdC tutti i benefici già percepiti che richiedono la prova dei mezzi (il calcolo dell'ISEE o la valutazione del reddito) e che quindi aumentano il reddito disponibile del nucleo familiare. Per espressa previsione normativa, il cd bonus bebè rimane escluso dalle prestazioni che comportano la suddetta riduzione.

Rafforzamento politiche attive del lavoro e reinserimento occupazionale

Al fine di favorire il reinserimento occupazionale del beneficiario di Rdc, si prevede l'adozione di un Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, triennale e aggiornabile annualmente, di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro che individua specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del RdC.

Tale Piano è stato adottato con DM 28 giugno 2019, a seguito dell'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni

Parte delle risorse del Piano sono utilizzate da ANPAL Servizi S.p.A per consentire la stipulazione, previa procedura selettiva pubblica, di contratti con le professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del RdC, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, per la selezione, la formazione e l'equipaggiamento, nonché per la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome.

Prima delle modifiche apportate dal D.L. 101/2019, era stato sanziato un milione di euro annui dal 2019 in favore della stessa ANPAL Servizi S.p.A. per la stabilizzazione del personale a tempo determinato. Il richiamato D.L. 101/2019 conferma la misura dello stanziamento, ma destinandolo solo ad ulteriori spese di personale della società in oggetto.  

Col medesimo obiettivo di rafforzare le politiche attive del lavoro, le regioni, le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, le province e le città metropolitane (se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale), sono autorizzate ad assumere personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica, fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021, fermo restando quanto previsto legge di bilancio 2019 (che ha autorizzato le regioni ad assumere fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego).

Il suddetto Piano, tra l'altro:

§  definisce il ruolo delle figure che dovranno affiancare i beneficiari del Rdc nel reinserimento lavorativo (cd navigator), che dovranno supportare gli operatori dei Cpi svolgendo, una funzione di assistenza tecnica. In tal senso è previsto un accordo con la singola Regione che intende avvalersene in sede di convenzione bilaterale con la definizione delle azioni che si intendono realizzare e degli specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni;

§  sblocca le assunzioni, gestite dalle Regioni, per potenziare gli organici dei Cpi: 4.000 previste dalla legge di Bilancio 2019, fino a 3.000 dal 2020 e ulteriori 4.600 unità di personale dal 2021 (quest'ultima quota include la stabilizzazione delle 1.600 unità di personale reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato). A tale contingente di personale, par a 11.600 unità, vanno aggiunte le 1.600 oggetto dell'intesa del 2017 in Conferenza Unificata. Il predetto limite di 11.600 unità viene incrementato dal DM 22 maggio 2020, che apporta modifiche al suddetto Piano di potenziamento, disponendo l'assunzione fino a 5.600 unità nel 2019 e fino a 8.600 unità nel 2020;

§  opera un rinvio ad apposite linee guida, da concordare tra Governo e autonomie territoriali, per quanto riguarda la convocazione dei percettori del Rdc presso i Cpi.

Al fine di consentire l'attuazione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 479-481) dispone lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 suddivisi nel modo seguente:

35 milioni di euro per consentire la presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di cittadinanza, anche attraverso i centri di assistenza fiscale (CAF) in convenzione con l'INPS, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione delle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU) ai fini della determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), affidate ai medesimi CAF;

incremento di 5 milioni di euro del Fondo per gli istituiti di patronato.

 

 

Dati statistici

In base all'ultima appendice statistica pubblicata dall'Osservatorio sul Rdc dell'INPS e relativa al periodo aprile 2019-settembre 2020, "a fronte di 1,3milioni di nuclei percettori sono state coinvolte 3,1 milioni di persone, di cui 2milioni nelle regioni del Sud e nelle Isole, 650mila nelle regioni del Nord e 433mila in quelle del Centro".

 


Comma 372
(Autorizzazione di spesa per la copertura degli effetti finanziari della sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2020)

 

 

Il comma 372 reca un’autorizzazione di spesa pari a 157,7 milioni di euro per il 2022 e a 163,4 milioni per il 2023 ai fini della copertura degli effetti finanziari derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 22 ottobre-9 novembre 2020. Tale sentenza ha ridotto da 5 anni a 3 anni la durata del periodo di applicazione delle misure di cui all’articolo 1, commi da 261 a 268, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, concernenti una riduzione dell’importo dei trattamenti pensionistici eccedenti una determinata soglia, pari originariamente a 100.000 euro lordi annui, mediante specifiche aliquote, crescenti per specifiche fasce di importo[131].

 

Si ricorda che l’applicazione delle suddette misure decorre dal 1° gennaio 2019 e cessa, in base alla citata sentenza, il 31 dicembre 2021 (anziché il 31 dicembre 2023); i risparmi derivanti dalle medesime misure confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati.

La previsione di un periodo di applicazione quinquennale - anziché triennale - è stato dichiarato illegittimo dalla suddetta sentenza, con riferimento agli artt. 3, 23, 36 e 38 della Costituzione, relativamente alle esigenze di ragionevolezza delle prestazioni patrimoniali imposte, in particolare nell’ambito della previdenza dei lavoratori.

 

Si ricorda che le misure di riduzione in esame si applicano ai trattamenti pensionistici a carico delle gestioni previdenziali obbligatorie relative ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, delle gestioni speciali INPS relative ai lavoratori autonomi e della cosiddetta Gestione separata INPS[132].

Le misure di riduzione non si applicano ai trattamenti liquidati esclusivamente secondo il sistema di calcolo contributivo nonché ai trattamenti individuati dal comma 268 citato.

 


Commi 373 e 374
(Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti
o razziali e dei loro familiari superstiti)

 

 

I commi 373 e 374 dettano novelle alla legge n. 96 del 1955 circa provvidenza a favore dei perseguitati politici antifascisti e dei perseguitati per motivi razziali.

 

Il comma 373 detta novelle alla legge n. 96 del 1955, recante "Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti".

In particolare, incide sull'articolo 1 di quella legge.

Quest'ultimo ha previsto l'attribuzione di un assegno vitalizio di benemerenza a carico del bilancio dello Stato, ai cittadini italiani perseguitati a seguito dell'attività politica contro il fascismo da loro svolta anteriormente all'8 settembre 1943, i quali abbiano subito una perdita di capacità lavorativa almeno del 30 per cento.

Ed ha tipizzato, per tale fattispecie, le cause di perdita di capacità lavorativa, cui consegua la concessione del beneficio[133].

Così come ha disposto l'attribuzione di un assegno di pari misura, per le medesime cause, se la persecuzione sia stata dettata da motivi di ordine razziale, dopo il 7 luglio 1938.

Ebbene, su tale impianto normativo il comma in esame incide per alcuni riguardi.

Agisce sul termine (riferito alla persecuzione politica fascista) dell'8 settembre 1943, sostituendo ad esso quello del 25 aprile 1945 (anniversario della Liberazione, prevede la legge sulle ricorrenze festive n. 260 del 1949).

Inoltre modifica - in senso estensivo del beneficio - previsioni relative alle cause della perdita di capacità lavorativa.

La legge del 1955 vi annovera (all'art. 1, co. 2, lettera b)) l'assegnazione a confino di polizia o a casa di lavoro, inflitta in dipendenza dell'attività politica antifascista, ovvero la carcerazione preventiva congiunta a fermi di polizia, causati dalla stessa attività politica, "quando per il loro reiterarsi abbiano assunto carattere persecutorio continuato".

La novella sopprime quel riferimento alla reiterazione ed alla connotazione quale persecuzione continuata (ossia le parole riportate in corsivo).

Ancora, la legge annovera (all'art. 1, co. 2, lettera d)) condanne inflitte da tribunali ordinari per fatti connessi a scontri avvenuti in occasione di manifestazioni dichiaratamente antifasciste, che abbiano comportato un periodo di reclusione non inferiore ad un anno.

La novella sopprime la condizione della condanna al periodo di reclusione di almeno un anno (parole in corsivo).

Inoltre la legge del 1955 riconosce la provvidenza ai cittadini italiani i quali abbiano subìto persecuzioni per motivi d'ordine razziale, qualora la persecuzione si sia configurata con le medesime modalità sopra ricordate per la persecuzione politica (dunque una determinata perdita di capacità lavorativa conseguente a determinata tipologia di fatti persecutori).

La novella fa venir meno questo 'parallelismo' in ordine alle due diverse fattispecie persecutorie, politica e razziale. Le condizioni sopra ricordate (nonché le altre cause di perdita della capacità lavorativa, enumerate dalla legge e qui non modificate) sono mantenute (con le modificazioni sopra dette) per la persecuzione politica, vengono meno per la persecuzione razziale.

Tale l'effetto della novella, soppressiva delle parole riportate in corsivo entro il seguente periodo (art. 1, comma 3 della legge n. 96): "un assegno nella stessa misura sarà attribuito, nelle identiche ipotesi, ai cittadini italiani che dopo il 7 luglio 1938, abbiano subìto persecuzioni per motivi d'ordine razziale".

Connessa a tale modificazione, infine, è altra novella, introduttiva di un terzo comma entro questo articolo 1 della legge n. 96 del 1955.

Essa prevede che nel caso di persecuzioni per motivi di ordine razziale, gli atti di violenza o sevizie subiti in Italia o all'estero, si presumono, salvo prova contraria.

 

L'insieme di tali modifiche relative al comma 2 dell'articolo 1 della legge del 1955, è previsto - dal comma 374 del presente articolo del disegno di legge - decorrere dall'entrata in vigore della presente legge di bilancio.

Non vi è titolo alla corresponsione di arretrati riferiti ad annualità precedenti.

 

La legge n. 96 del 1955, approvata nel corso della II legislatura, discese dal disegno di legge A.S. n. 101, sottoscritto dai senatori Terracini, Amadeo, Benedetti, Carmagnola, L.C. Caron, Cerabona, Grammatico, Jannuzzi, A. Merlin, Nacucchi, Nasi, Pannullo, Perrier, Smith, Spallicci, Zanotti Bianco. Riproduceva, salvo lievi mutamenti formali, il testo di un disegno di legge presentato nella precedente legislatura (la cui cessazione ne aveva interrotto l'iter).

Il riferimento alla data del 7 luglio 1938 (di una settimana successiva, il 14 luglio 1938, fu la pubblicazione su "Il Giornale d'Italia" del cd. Manifesto della razza, preannunzio della legislazione razziale fascista) conseguiva all'approvazione in Assemblea del Senato, nella seduta del 20 dicembre 1954, di un ordine del giorno presentato da Umberto Merlin, De Bosio, Sartori, a seguito del quale il disegno di legge tornò in Commissione per una conseguente riformulazione, infine approvata dall'Assemblea il 21 dicembre 1954, e di lì trasmessa alla Camera dei deputati.

 

Le disposizioni della legge n. 96 del 1955 - la quale equipara persecuzione politica e persecuzione razziale quanto a tipizzazione degli atti persecutori, pur nella diversità di situazioni lesive (posto che "la legislazione antiebraica individua una comunità di minoranza, che colpisce con la 'persecuzione dei diritti', sulla quale si innesterà, poi la 'persecuzione delle vite'": così la sentenza n. 268 del 1998 della Corte costituzionale)[134] - hanno registrato talune incertezze in sede di applicazione (tanto che si sono succedute apposite Commissioni di studio, istituite nel 2002 e nel 2019 presso la Presidenza del Consiglio, per approfondire la materia).

Diversità di orientamenti interpretativi tra il vaglio amministrativo delle richieste di beneficio ed il successivo giudizio contabile (nonché all'interno della stessa giurisprudenza contabile) sono emerse specie riguardo agli atti di persecuzione razziale, che il mero dettato della legge del 1955 pare configurare in modo più circoscritto rispetto alla persecutorietà ed efferata violenza morale pur insita in alcuni provvedimenti (si pensi, ad esempio, all'esclusione dalla scuola frequentata). Altro profilo dibattuto è se l'istante debba provare o meno l'atto di violenza subìto con l'applicazione ai suoi danni delle normative razziali.

Le disposizioni del disegno di legge sopra commentate (sulla falsariga di proposte elaborate dalla Commissione di studio ultima ricordata) mirano a por fine a tale diversità di orientamenti applicativi.

La relazione tecnica allegata al disegno di legge stima la possibile estensione della platea dei beneficiari diretti della provvidenza in duecento persone - cui si aggiungono orfani e vedove a particolari condizioni (tenuto conto dei parametri definiti dagli articoli 45 e 70 del d.P.R. n. 915 del 1978, il quale reca il Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra).

Essa quantifica l'onere di spesa conseguente alle disposizioni in complessivi 2,5 milioni di euro annui, dal 2021 (al 2025; negli anni successivi, è previsto un progressivo decremento).

 


Comma 375
(Rifinanziamento del Fondo indigenti)

 

 

Il comma 375 è volto ad incrementare di 40 milioni di euro, per l’anno 2021, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti.

 

Tale finanziamento - come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge iniziale - è disposto al fine di consentire il consolidamento delle misure di tutela adottate a favore delle persone più bisognose, mediante la distribuzione di derrate alimentari, e, al tempo stesso, per scongiurare il pericolo di spreco alimentare.

 

In proposito, si ricorda, che il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo nazionale indigenti), istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, è stato previsto dal comma 1 dell'art. 58, del decreto legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012). Le sue risorse sono allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Il Fondo Nazionale Indigenti è stato finanziato dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 131, legge 190/2014) con 12 milioni di euro per il predetto anno, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi in favore della famiglia (articolo 1, comma 131, legge 190/2014) e dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 399 , legge 208/2015) con 2 milioni di euro per il 2016 e 5 milioni di euro a decorrere dal 2017.

La legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 59-64, legge 232/2016) ha previsto incentivi per l'acquisto di beni mobili strumentali da parte degli enti pubblici e privati senza scopo di lucro, comprese le ONLUS, per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari agli indigenti a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 20192020 e 2021 lo stanziamento del Fondo nazionale indigenti, il quale già presentava risorse - nel relativo capitolo 1526 del MIPAAF - per 5 milioni di euro annui (art. 1, comma 668).

L'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha ulteriormente incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati quindi stanziati 14 milioni di euro per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora, con stagionatura minima di 5 mesi e massima 10 mesi, con contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento, con umidità superiore al 30 per cento e con cloruro di sodio inferiore al 5 per cento.

Inoltre, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (art. 1, comma 511), dopo che il disegno di legge iniziale aveva previsto un definanziamento - per il medesimo triennio - di 100 mila euro annui.

 

E' stato quindi emanato il decreto ministeriale 17 marzo 2020, che ha adottato il "Programma nazionale 2020 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti", destinando 6 milioni di euro all'acquisto di latte crudo da destinare alla trasformazione in latte UHT.

 

Successivamente, il decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha incrementato di ulteriori 50 milioni di euro per il 2020 il suddetto Fondo, al fine di assicurare la distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19 (art. 78, comma 3). In attuazione di tale ultima disposizione, è stato emanato il decreto ministeriale 8 aprile 2020, recante "Integrazione al decreto di ripartizione del «Fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti» per l'anno 2020". Il predetto decreto ha destinato: 14,5 milioni di euro per l'acquisto di formaggi DOP; 4 milioni di euro per conserve di verdure appertizzate ottenute da prodotto fresco; 2 milioni di euro per zuppe di legumi da verdura fresca; 2 milioni di euro per minestrone da verdura fresca; 2,5 milioni di euro per succhi di frutta; 2 milioni di euro per omogeneizzato d'agnello; 9 milioni di euro per prosciutto DOP; 4 milioni di euro per salumi IGP e/o DOP e 10 milioni di euro per carne bovina in scatola.

 

Da ultimo, l'art. 226 del  decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto Rilancio (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020) ha incrementato di 250 milioni di euro le risorse destinate alla distribuzione di derrate di alimentari agli indigenti. Nello specifico, il comma 1 – così come risultante da un avviso di rettifica del testo del predetto decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 20 maggio 2020 – prevede che, a valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, (art. 5) sia destinato l'importo di 250 milioni di euro, ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19, e con le procedure previste dal Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012, cui concorre il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) 2014/2020, istituito dal  regolamento (UE) n. 223/2014. Il comma 2 prevede che alle erogazioni delle risorse di cui sopra provveda l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). E' stato quindi adottato il decreto ministeriale 6 ottobre 2020, che reca un'ulteriore integrazione al programma annuale 2020, ripartendo - tra diversi prodotti - le restanti risorse del Fondo per tale anno, pari a 250,9 milioni di euro. 


Commi 376-379
(Procedure esecutive su immobili siti in piani di zona)

 

 

Il comma 376 prevede la nullità delle procedure esecutive aventi ad oggetto immobili in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche. Nel caso in cui l'esecuzione sia già iniziata il giudice della esecuzione deve sospendere il procedimento esecutivo (comma 377). Una specifica disciplina è prevista nel caso in cui la procedura abbia avuto inizio su istanza dell'istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario (comma 378). Nel caso in cui vi siano pendenti procedure concorsuali il giudice competente deve sospendere il relativo procedimento (comma 379).

 

 

Nel dettaglio il comma 376 prevede la nullità delle procedure esecutive aventi ad oggetto immobili in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche nel caso di mancata previa formale comunicazione tramite PEC da parte del creditore procedente, agli uffici competenti del comune dove sono ubicati gli immobili e all’ente erogatore del finanziamento territorialmente competente.

La nullità è rilevabile d’ufficio, su iniziativa delle parti, degli organi vigilanti avvisati ovvero dell’inquilino detentore, prenotatario o socio della società soggetta alla procedura esecutiva.

 

 

Come espressione edilizia residenziale convenzionata si fa riferimento a quegli interventi di edilizia residenziale posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale a fronte di concessioni da parte dell’amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione o la cessione di aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti l’urbanizzazione del comparto e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale inoltre discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati.


 In passato si è spesso posto il problema di stabilire se potessero essere sottoposti ad esecuzione forzata gli alloggi di edilizia economica popolare.
La tematica sorgeva in quanto le norme che ne disciplinano la concessione (si veda, ad esempio, l'articolo 28 della legge 8 agosto 1977, n. 513) prevedono un vincolo decennale di inalienabilità diretto ad evitare che le agevolazioni concesse dallo Stato possano favorire intenti speculativi. Ci si chiedeva allora se il vincolo di inalienabilità valesse anche per i trasferimenti coattivi a seguito di vendita forzata. All'interrogativo ha risposto in senso negativo Cass. civ., sez. III,
5 agosto 1987, n. 6748, affermando che, "gli alloggi di edilizia economica e popolare assegnati e ceduti senza riserva di proprietà possono essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori degli assegnatari e, quindi, possono anche essere venduti all'asta a qualsiasi partecipante alla gara a conclusione della procedura esecutiva, ancor prima che sia trascorso il decennio di cui agli artt. 29 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 28 quinto comma, legge 8 agosto 1977, n. 513 ed indipendentemente dal possesso, da parte dell'acquirente, dei requisiti prescritti per la cessione originaria di quei medesimi alloggi, atteso che la nullità stabilita dalle disposizioni contenute nelle norme sopracitate riguarda esclusivamente gli atti volontari di disposizione compiuti dagli stessi assegnatari".

 

Nel caso in cui l'esecuzione sia già iniziata il giudice dell’esecuzione procede alla sospensione del procedimento esecutivo per consentire ai soggetti predetti di intervenire nella relativa procedura al fine di tutelare la finalità sociale degli immobili e sospendere la vendita degli stessi (comma 377).

 

Nel caso in cui la procedura abbia avuto inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario il giudice deve verificare sia la rispondenza del contratto di mutuo stipulato ai criteri previsti per gli immobili siti in piani di zona (ai sensi dell'articolo 44 della legge n. 457 del 1978), sia l’inserimento dell’ente creditore nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero dell’infrastrutture e dei trasporti. E' prevista l’immediata improcedibilità per mancanza dei requisiti della procedura esecutiva ovvero della procedura concorsuale avviata (comma 378).

 

L'art.44 della legge n. 457 del 1978 dispone che i mutui concessi per la realizzazione di programmi costruttivi localizzati su aree concesse in diritto di superficie in piani di zona usufruiscono della garanzia sussidiaria dello Stato per il rimborso integrale del capitale, degli interessi ed oneri concessi. La ratio della norma è da ricercarsi nella necessità di garantire appieno gli istituti mutuanti in caso di insolvenza dei soggetti che realizzano interventi edilizi, privi di contributo dello Stato, su aree concesse in diritto di superficie, per i quali l'alea degli Istituti stessi appare eccessiva perché non possono iscrivere ipoteca sull'area stessa in quanto di proprietà del Comune, anche se il diritto di superficie è anch'esso capace di ipoteca che però è soggetta ad estinguersi in caso di devoluzione della superficie al proprietario del suolo (art.2810, n.3 e 2186 codice civile).

 

Infine nel caso in cui vi siano pendenti procedure concorsuali il giudice competente deve sospendere il relativo procedimento al fine di procedere alle verifiche previste dalle disposizioni testè illustrate (comma 379).


Comma 380
(Indennizzo per cessazione attività commerciale)

 

 

Il comma 380 dispone che, dal 1° gennaio 2022, l’aliquota contributiva aggiuntiva prevista a carico degli iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali presso l’INPS al fine di far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, è dovuta nella misura dello 0,48 per cento, in luogo dello 0,09 per cento attuale.

 

Nel dettaglio, la suddetta contribuzione (di cui all’art. 5, c. 2, del D.Lgs. 207/1996 – vedi infra) è destinata:

§  per la quota dello 0,46 per cento, al finanziamento del Fondo per la razionalizzazione della rete commerciale istituito per far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale;

§  per la quota dello 0,02 per cento, alla Gestione degli esercenti attività commerciali.

 

La disposizione in commento fa salvo il meccanismo di adeguamento introdotto dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 284, L. 145/2018) in base al quale, se dal monitoraggio degli oneri per le prestazioni dovute agli iscritti alla suddetta Gestione e delle entrate contributive derivanti dalla richiamata aliquota emerga, anche in via prospettica, il mancato conseguimento dell’equilibrio tra contributi e prestazioni, si procede all’adeguamento della medesima aliquota con specifico decreto interministeriale, in mancanza del quale l’INPS non riconosce ulteriori prestazioni.

Per effetto della mancata osservazione del suddetto meccanismo di adeguamento non si è proceduto all’aggiornamento dell’aliquota contributiva in questione per il 2021, malgrado, come evidenziato nella Relazione illustrativa al provvedimento, l’analisi della situazione economico-patrimoniale del Fondo di Razionalizzazione della Rete Commerciale abbia evidenziato, nel decennio di proiezione 2020-2029, una situazione di squilibrio tra entrate per contributi e uscite per prestazioni.

Conseguentemente, a causa del mancato adeguamento contributivo per il 2021, la norma in esame consente il riconoscimento delle relative prestazioni mediante trasferimento a carico del bilancio dello Stato, di 167,1 milioni di euro per la medesima annualità al suddetto Fondo.

 

Si ricorda che l’articolo 5 del d.lgs. 207/1996 ha disposto il versamento obbligatorio dell’aliquota contributiva aggiuntiva dello 0,09% (prevista a carico degli iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali presso l’INPS) al fine di far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione del richiamato indennizzo, inizialmente per il triennio 1996-1998. Il termine è stato prorogato più volte, da ultimo l’articolo 1, comma 409, lettera b), della L. 147/2013, ne ha disposto il nuovo termine al 31 dicembre 2018.

 

Per quanto concerne l’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale, questo è stato istituito dal richiamato D.Lgs. 207/1996. La misura è stata più volte temporalmente estesa: tra i recenti interventi, l’articolo 19-ter del D.L. n. 185/2009, che ha concesso il beneficio ai soggetti in possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 207/1996 nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2009 e il 31 dicembre 2016, e l’art. 11-ter del D.L. 101/2019 che lo ha esteso anche ai soggetti in possesso dei suddetti requisiti nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2018

La legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), ha poi reintrodotto l'indennizzo, facendolo divenire strutturale a decorrere dall’anno 2019, in favore dei soggetti che, alla data di presentazione della domanda, abbiano più di 62 anni (se uomini) o più di 57 anni (se donne), e siano stati iscritti, al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l'INPS.

 

 


Commi 381-384
(
Contributi per la sostenibilità del pagamento degli affitti di unità immobiliari residenziali)

 

 

I commi 381-384, introdotti dalla Camera, attribuiscono un contributo a fondo perduto, per l'anno 2021, al locatore di immobile adibito a uso abitativo (solo abitazione principale) situato in un comune ad alta tensione abitativa in caso di riduzione del canone di locazione. Il contributo è pari al 50% della riduzione del canone entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore. Per tale finalità è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2021.

 

I commi 381-384 in esame sono stati inseriti nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati.

 

Nel dettaglio, il comma 381 attribuisce un contributo a fondo perduto, per l'anno 2021, al locatore di un immobile ad uso abitativo, ubicato in un comune ad alta tensione abitativa, che costituisca l'abitazione principale del locatario, in caso di riduzione del canone di locazione.

Il contributo è riconosciuto nel limite massimo di spesa di cui al comma 384 ed è pari al 50% della riduzione del canone entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore.

 

Il comma 382 stabilisce l'obbligo per il locatore, ai fini del riconoscimento del contributo di cui al comma 381, di comunicare, in via telematica, all'Agenzia delle entrate la rinegoziazione del canone di locazione e ogni altra informazione utile ai fini dell'erogazione del contributo.

 

Il comma 383 rinvia a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'individuazione delle modalità di attuazione dei commi 381 e 382 anche ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al comma 384, nonché delle modalità di monitoraggio delle comunicazioni di cui al comma 382.

 

Il comma 384 autorizza la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2021 per le finalità di cui al comma 381.

 

Si segnala che i commi in esame riproducono quasi integralmente il testo dell'articolo aggiuntivo 9-quater (Fondo per la sostenibilità del pagamento degli affitti di unità immobiliari residenziali) introdotto nel corso dell'esame al Senato del decreto-legge n. 137 del 2020 (c.d. "ristori"), approvato definitivamente dalla Camera il 18 dicembre 2020 ma non ancora pubblicato.

La formulazione in esame appare più generale di quella dell'articolo 9-quater citato, il quale limita l'intervento ai contratti in essere alla data del 29 ottobre 2020. Non prevede, inoltre, a differenza dell'articolo 9-quater, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo denominato "Fondo per la sostenibilità degli affitti di unità immobiliari residenziali" con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2021.

 

Si valuti l'opportunità di un coordinamento tra le disposizioni in commento e il citato articolo 9-quater.


Comma 385
(
Contributo per il Progetto Filippide)

 

Il comma 385, introdotto durante l’esame alla Camera, stabilizza, a decorrere dal 2021, il contributo annuo di € 500.000 attribuito per il 2020 alle attività del “progetto Filippide”.

 

Il contributo per il 2020 è stato previsto dall’art. 1, co. 333, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – che ora viene novellato - al fine di favorire la realizzazione di progetti di integrazione dei disabili attraverso lo sport.

 

Dal sito ufficiale si evince che il “Progetto Filippide” è una derivazione dell’Associazione Sport e Società, società sportiva dilettantistica affiliata alla FISDIR (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali) e riconosciuta dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP), che svolge attività di allenamento e preparazione a competizioni sportive per soggetti affetti da autismo e sindromi rare ad esso correlate.

Il progetto è nato a Roma grazie al sostegno e al contributo del Comune di Roma – Assessorato alle Politiche sociali – Ufficio Handicap. Tale sostegno, iniziato nel 2002, prosegue tuttora.


Commi 386-401
(Indennità di continuità reddituale per lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata)

 

 

I commi da 386 a 401 introdotti nel corso dell’esame alla Camera - istituiscono in via sperimentale, per il triennio 2021-2023, l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO), in favore dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS in possesso di determinati requisiti. Tale indennità è riconosciuta per sei mensilità.

 

 

La suddetta indennità – istituita nelle more della riforma degli ammortizzatori sociali - è riconosciuta in favore dei soggetti iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni (ex art. 53, c. 1, del D.P.R. 917/1986) (commi 386 e 387).

Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

 

Beneficiari (commi 388, 390 e 397)

La suddetta indennitàerogata dall’INPS nel limite di spesa di 70,4 mln di euro per il 2021, di 35,1 mln per il 2022, di 19,3 mln per il 2023 e di 3,9 mln per il 2024 – è riconosciuta in favore dei soggetti di cui sopra che presentano i seguenti requisiti:

1.      non sono titolari di trattamento pensionistico diretto e non sono assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;

2.      non sono beneficiari di reddito di cittadinanza;

3.      hanno prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente la presentazione della domanda, inferiore al 50 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti all’anno precedente a quello di presentazione della domanda;

4.      hanno dichiarato nell’anno precedente alla presentazione della domanda un reddito non superiore a 8.145 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente;

5.      sono in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;

6.      sono titolari di partita Iva attiva da almeno quattro anni alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso.

I requisiti di cui ai numeri 1 e 2 devono essere mantenuti anche durante la percezione dell’indennità.

 

Importo, durata e decorrenza (commi 391-393 e 396)

L’indennità è erogata per sei mensilità ed è pari al 25%, su base semestrale, dell’ultimo reddito liquidato dall’Agenzia delle entrate. Il relativo importo non può, in ogni caso, superare il limite di 800 euro mensili e non può essere inferiore a 250 euro mensili.

I suddetti limiti di importo sono annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente

Il beneficio spetta a decorrere dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, non dà luogo ad accredito di contribuzione figurativa e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR.

 

Domanda (commi 389 e 394)

La domanda – recante l’autocertificazione dei redditi prodotti per gli anni di interesse - è presentata dal lavoratore all’INPS in via telematica entro il termine del 31 ottobre di ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

L'Inps comunica all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato domanda per la verifica dei requisiti, mentre l'Agenzia delle entrate comunica all'Inps l'esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti reddituali con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione tra le parti.

Si prevede che la prestazione può essere richiesta una sola volta nel triennio.

 

Misure di condizionalità (comma 400)

L’erogazione dell’indennità in esame è accompagnata dalla partecipazione a percorsi di aggiornamento professionale, la cui definizione – anche con riferimento al finanziamento dei medesimi percorsi - è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano), da adottare entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del provvedimento in esame,

Il monitoraggio relativo alla partecipazione dei beneficiari dell’indennità ai percorsi di aggiornamento è affidato all’ANPAL.

Si valuti l’opportunità di specificare se la mancata partecipazione ai predetti percorsi di aggiornamento professionale comporti la decadenza dal beneficio in commento.

 

Cause di cessazione (comma 395)

La cessazione della Partita Iva nel corso della erogazione dell’indennità determina l’immediata cessazione della stessa, con recupero delle mensilità eventualmente erogate successivamente alla data in cui è cessata l’attività.

 

Monitoraggio (commi 397 e 399)

L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del predetto limite di spesa, comunicando i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al suddetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Inoltre, si dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali effettua annualmente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi in commento, al fine di valutarne gli effetti sulla continuità e la ripresa delle attività dei lavoratori autonomi e proporre eventuali revisioni in base all'evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale.

 

Oneri (commi 398 e 401)

Per la copertura dei suddetti oneri, si prevede, per i predetti soggetti – ossia gli iscritti alla Gestione separata INPS che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni -, un incremento dell’aliquota aggiuntiva dovuta alla Gestione separata (di cui all’art. 59, c. 16, della L. 449/1997) pari a 0,26 punti percentuali nel 2021 e a 0,51 punti percentuali per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Il contributo è applicato sul reddito da lavoro autonomo (di cui all’art. 53, c. 1, del D.P.R 917/1986), con gli stessi criteri stabiliti ai fini IRPEF, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi

Si dispone, inoltre, che le amministrazioni pubbliche provvedono alle attività previste dalle disposizioni in commento con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


Comma 402
(Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura)

 

 

Il comma 402 incrementa di 1 milione di euro, a decorrere dal 2021, le risorse del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura.

 

 

La disposizione, inserita nel corso dell’esame alla Camera, interviene sul Fondo per la prevenzione dell’usura di cui all’art. 15 della legge n. 108 del 1996.

 

Si ricorda che la legge n. 108 del 1996 (Disposizioni in materia di usura) ha disciplinato, all’art. 15, il Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura, istituito presso il Ministero dell’Economia, e finalizzato a far accedere al credito più agevolmente le imprese e le famiglie in difficoltà economica. Il Fondo è gestito dal Dipartimento del Tesoro tramite i Confidi, le fondazioni e le associazioni che, grazie ai contributi del Fondo (il 30% delle risorse del fondo va a queste organizzazioni), riescono ad arrivare capillarmente sul territorio. Le garanzie prestate dagli enti gestori del fondo per la prevenzione dell’usura favoriscono l’accensione di prestiti del circuito bancario sviluppando il circuito legale del credito e prevenendo così l’esclusione finanziaria di soggetti deboli che altrimenti potrebbero rivolgersi agli usurai (il 70% delle risorse del fondo è destinato a questa finalità). L’ammontare del Fondo varia di anno in anno e si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative antiriciclaggio e valutarie. Il Rapporto sul Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura illustra in dettaglio il funzionamento del Fondo, i criteri di assegnazione delle risorse ai soggetti gestori, le attività di comunicazione e di divulgazione, la distribuzione territoriale degli enti e le loro performance a livello di macro aree e a livello nazionale.

 

Le risorse del fondo sono incrementate di 1 milione di euro a decorrere dal 2021.

 

Si ricorda che per quanto riguarda l’esercizio 2020, l’art. 26-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 ha destinato al Fondo 10 milioni di euro per interventi a favore di soggetti esposti al rischio di usura, che sono andati ad aggiungersi alle maggiori risorse previste per il fondo dall’art. 13-bis del decreto-legge n. 23 del 2020, che, sempre per il 2020, ha previsto la riassegnazione al Fondo di prevenzione del fenomeno dell’usura del 20% dell'attivo di esercizio del Fondo di solidarietà alle vittime dell’usura.

 



[1]     Si veda la Documentazione di finanza pubblica n. 22 curata dai Servizi di documentazione del Senato e della Camera per un'illustrazione della Relazione.

[2]     In base all’interpretazione seguita dall’INPS nel settore degli sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici (cfr., per esempio, la circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020).

[3]     Riguardo alle ipotesi in cui l'aliquota dell'esonero sia già a regime pari al 100 per cento, cfr. infra.

[4]     Riguardo a tali casi, cfr. infra.

[5]     Secondo l'interpretazione della circolare INPS n. 40 del 2 marzo 2018, nella suddetta fattispecie non si applicano le ipotesi di elevamento transitorio del limite anagrafico (cfr. il paragrafo 5 della circolare). 

[6]     Riguardo a tali princìpi generali, nonché riguardo ad altri profili dello sgravio contributivo in esame, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020.

[7]     La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[8]     Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[9]     Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[10]   Per l’individuazione dei suddetti settori per il 2021 cfr. il DM 16 ottobre 2020, n. 234.

[11]   Si ricorda che in tale Gestione sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

[12]   Per la disciplina relativa al registro nazionale degli aiuti di Stato, cfr. il regolamento di cui al D.M. 31 maggio 2017, n. 115.

[13]   La richiamata norma generale fa riferimento anche al concerto con altri Ministeri competenti (non sussistenti nel caso dell'INPGI).

[14]   Non sono specificati le procedure di individuazione dei programmi oggetto di accantonamento e di indisponibilità (nonché di determinazione dei relativi importi) né i termini e le modalità per l'eventuale ripristino delle risorse (per l'ipotesi in cui le norme regolamentari non vengano adottate nel relativo anno di riferimento).

[15]   Si ricorda che la contribuzione I.V.S. dovuta da questa categoria di lavoratori si determina applicando l’aliquota contributiva vigente al prodotto tra il numero di giornate corrispondenti alla fascia di reddito convenzionale in cui è inserita l’azienda ed il reddito medio convenzionale, stabilito annualmente con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base della media delle retribuzioni medie giornaliere degli operai agricoli.

      L’aliquota contributiva vigente è pari al 24%.

[16]   Legge di conversione, con modificazioni, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18.

[17]   Cfr. Servizio studi del Senato, "Le misure di contenimento del contagio nei Dpcm di attuazione con Testo a fronte tematico dei Dpcm dal 7 agosto al 3 novembre 2020", Dossier n. 306/1, novembre 2020.

[18]   Il 14 gennaio 2020 la Commissione europea ha adottato la proposta legislativa COM(2020) 22  che istituisce il Fondo per una transizione giusta. In linea con l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica dell'UE entro il 2050 in modo equo ed efficace (Green Deal Europeo), il Fondo per una transizione giusta mira a ridurre i costi economici, ambientali e sociali della transizione verso la neutralità climatica, a beneficio dei territori maggiormente danneggiati dalla transizione. Il sostegno del Fondo si concentra sulle misure di riconversione economica, sulla riqualificazione professionale dei lavoratori interessati e sull'assistenza nella ricerca di lavoro. Il testo è stato modificato dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2020) 460 Final.

[19]   Per la programmazione 2014-20202, alla luce delle precedenti esperienze relative ai ritardi nell'utilizzo delle risorse comunitarie, la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013, art. 1, co. 242) ha previsto che le risorse di cofinanziamento concorrono altresì al finanziamento di interventi c.d. complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato. Si tratta di quei programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020.

[20]   Tale disposizione disciplina il Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19).

[21]   Programmazione che si concluderà nel 2023, ai sensi della regola dell’n+3).

[22]   L’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E.) è stata istituita con L. 470/1988 e contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all’estero per un periodo superiore ai dodici mesi. Essa è gestita dai Comuni sulla base dei dati e delle informazioni provenienti dalle Rappresentanze consolari all’estero.

[23]   Esso è pari all'ammontare degli interessi calcolati con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: il contributo è concesso dal MISE e determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale su un finanziamento quinquennale di importo pari all'investimento al tasso del 2,75% (commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013, DD.MM. attuativi 27 novembre 2013 e 25 gennaio 2016 e Circolare 23 marzo 2016, n. 26673). Per gli investimenti "Industria 4.0", il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. Dunque, il tasso convenzionale su cui calcolare il beneficio è elevato al 3,575% annuo rispetto al 2,75% annuo riservato ai beni ordinari (Circolare 15 febbraio 2017, n. 14036).

[24]  Commissione europea Bruxelles, 26 febbraio 2020 SWD(2020) 511 final.

[25]  Si veda la Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica depositata il 12 novembre 2020 presso la XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera in relazione all’esame delle proposte di legge 1818 (Murelli) e 1885 (De Maria) in materia di lavoro, occupazione e produttività.

[26]   Si veda, in particolare, l’audizione informale di Unioncamere del 10 novembre 2020 (https://webtv.camera.it/evento/17074).

[27]   Vedi nota 2.

[28]   Come definiti dall'art. 31, comma 2, del D.L. n. 98/2011.

[29]   Contemporaneamente, il D.M. ha destinato agli investimenti nei Fondi per il venture capital istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, la somma di 200 milioni di euro già previsti con delibera CIPE n. 14 del 28 febbraio 2018, e assegnati al MISE dal comma 121 della legge di bilancio 2019.

[30]   Per un quadro completo della disciplina in materia, corredato delle disposizioni emanate per fronteggiare la pandemia, si rinvia allo specifico tema dell’attività parlamentare.

[31]   L’art. 1, co. 608, della L. 145/2018 aveva autorizzato, ai medesimi fini, la spesa di € 1 mln per il 2019, disponendo che con un bando del Ministero per i beni e le attività culturali dovevano essere definiti i termini, le modalità e la procedura per l’individuazione dei soggetti e dei progetti ammessi al finanziamento e per il riparto delle relative risorse. Nulla aveva disposto circa le modalità di riparto delle risorse. E’, pertanto, intervenuto il DM 215 del 3 maggio 2019, che all’art. 3, co. 8, ha previsto che i contributi sono concessi con decreto del Direttore generale Spettacolo.
In precedenza, già l’art. 1, co. 359, della L. 208/2015 aveva autorizzato la spesa di € 1 mln per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 per il sostegno di festival, cori e bande, disponendo che, ai fini dell'accesso alle relative risorse, i soggetti interessati dovevano trasmettere al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo i propri progetti, nei termini e secondo le modalità e la procedura stabiliti con apposito bando. Era stato conseguentemente emanato il
DM 26 febbraio 2016, n. 108, che aveva disciplinato l’indizione di una pubblica selezione per la partecipazione al progetto "Salvaguardia del patrimonio musicale tradizionale". Con successivo decreto interministeriale MIBACT-MEF si è provveduto, annualmente, all'individuazione dei progetti ammessi al finanziamento e al riparto delle risorse.

[32]   Ha inoltre stabilito che agli oneri derivanti si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, co. 371, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), che aveva istituito nello stato di previsione del MIBACT il Fondo per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle bande musicali, con una dotazione di € 1 mln annui per ciascuno degli anni 2020, 2021, 2022.

[33]   Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) è un organo collegiale del Governo presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dai Ministri con rilevanti competenze in materia di crescita economica.

[34]   Cfr www.lavoro.gov.it

[35]   Riguardo all’ambito di queste ultime categorie escluse, cfr. il suddetto comma 162.

[36]   Cfr. il citato comma 1 dell'articolo 27 del D.L. n. 104.

[37]   Per tale rettifica, cfr. a pag. 186 della versione in pdf dell’A.S. n. 1925.

[38]   Con riferimento a tale periodo, lo sgravio è stato già autorizzato dalla Commissione europea (cfr. la citata circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020).

[39]   La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[40]   Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[41]   Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[42]   Ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

[43]   Per la disciplina relativa al registro nazionale degli aiuti di Stato, cfr. il regolamento di cui al D.M. 31 maggio 2017, n. 115.

[44]   Nel testo originario del disegno di legge, tali quote erano pari a 3.500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

[45]   Per maggiori dettagli, si rinvia alla Nota tematica del Parlamento europeo: "Politica della concorrenza", febbraio 2020.

[46]   Per una ricostruzione dell'impatto che l'epidemia da Covid 19 ha avuto sul regime degli aiuti di Stato, si rinvia alla Nota su Atti dell'Unione europea n. 52 "Aiuti di Stato: misure approvate dalla Commissione europea nell'emergenza del coronavirus", giugno 2020.

[47]   Si ricorda che le aree tematiche relative al ciclo FSC 2014-2020 sono state individuate dal CIPE con delibera n. 25 del 2016: Infrastrutture; Ambiente; Sviluppo economico e produttivo; Agricoltura; Turismo, cultura e valorizzazione risorse naturali; Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione; Rafforzamento PA.

[48]   La Cabina di regia, prevista dall’art. 1, co. 703, lett. c,) della legge n. 190 del 2014, è stata istituita con D.P.C.M. del 25 febbraio 2016.

[49]   Una analoga procedura transitoria era prevista per le risorse FSC del ciclo 2014-2020 dall’art. 1, co. 703, lett. d) attraverso l’approvazione da parte del CIPE dei c.d. Piani stralcio.

[50]   Contenuto analogo a quanto previsto alla lettera i) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[51]   Analogo contenuto era previsto dalla lettera f) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[52]   Analogo contenuto era previsto dalla lettera g) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[53]   Analoghe previsioni erano contenute alla lettera h) del comma 703 per il ciclo 2014-2020.

[54]   Contenuto analogo a quanto previsto alla lettera i) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[55]   Lettera l) del comma 703, della legge 190/2014.

[56]   L’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

[57]   L’articolo 242 autorizza le Autorità di gestione di Programmi Operativi 2014-2020, attuativi dei fondi strutturali europei, a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia di Covid-19. Poiché gli interventi “originari” del PON rimarrebbero senza finanziamento, l’art. 242 ne prevede il rifinanziamento provvisorio a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC) tramite delibera CIPE. Dopo che l’Unione europea avrà provveduto al rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali da Covid-19, le risorse “erogate” sono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi, assicurando così la salvaguardia delle finalità proprie della politica di coesione.

[58]   Su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata.

[59]   Il richiamato art. 3, c. 6, della L. 56/2019 dispone che, al fine di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, le procedure concorsuali si svolgono con modalità semplificate per quanto concerne, in particolare: la nomina e la composizione della commissione d'esame, prevedendo la costituzione di sottocommissioni anche per le prove scritte e stabilendo che a ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero di candidati inferiore a duecentocinquanta; la tipologia e le modalità di svolgimento delle prove di esame.

[60]   In tema di stabilizzazione del personale precario delle PA, si ricorda che l’art. 20, c. 2, del D.L. 75/2017 prevede condizioni parzialmente diverse. In particolare, dispone che nel triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

a)   risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

b)   abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2020, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso

[61]   Per una ricostruzione della Strategia nazionale per le aree interne del Paese, si rinvia al Focus curato dal Servizio Studi della Camera..

[62]   La Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza tali aree. L’obiettivo è creare nuove possibilità di reddito e assicurare agli abitanti l’accessibilità ai servizi essenziali (trasporto pubblico locale, istruzione e servizi socio-sanitari), nonché migliorare la manutenzione del territorio stesso. La governance è affidata a un Comitato Tecnico Aree Interne (CTAI), coordinato dal Dipartimento per le Politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le aree selezionate dalla SNAI sono 72; ne fanno parte complessivamente 1077 comuni per circa 2.072.718 abitanti. Qui maggiori informazioni.

 

[63]   Rimane fermo che lo Stato “copre” esposizioni per 200 miliardi di euro (il limite è comprensivo dunque delle esposizioni CDP e delle esposizioni di SACE autorizzate dall’articolo 1 del D.L. n. 23).

[64]   Gli aiuti concessi sulla base di regimi approvati ai sensi della sezione e rimborsati prima del 30 giugno 2021 non sono presi in considerazione nel determinare se il massimale pertinente è superato.

[65]   In favore di tali soggetti beneficiari l'intervento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese è concesso automaticamente, gratuitamente e senza valutazione e il soggetto finanziatore eroga il finanziamento coperto dalla garanzia del Fondo, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l'esito definitivo dell'istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo. La garanzia è altresì concessa in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni che, anche prima del 31 gennaio 2020, sono state classificate come inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, a condizione che le predette esposizioni alla data della richiesta del finanziamento non siano più classificabili come esposizioni deteriorate ai sensi dell'articolo 47-bis, par. 4, del Reg. UE n. 575/2013.

[66] In favore di tali soggetti beneficiari l'intervento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese è concesso automaticamente, gratuitamente e senza valutazione e il soggetto finanziatore eroga il finanziamento coperto dalla garanzia del Fondo, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l'esito definitivo dell'istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo. La garanzia è altresì concessa in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni che, anche prima del 31 gennaio 2020, sono state classificate come inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, a condizione che le predette esposizioni alla data della richiesta del finanziamento non siano più classificabili come esposizioni deteriorate ai sensi dell'articolo 47-bis, par. 4, del Reg. UE n. 575/2013.

[67]   Il Fondo di garanzia PMI è inoltre chiamato ad intervenire in garanzia su una quota degli importi oggetto della moratoria ex lege sui finanziamenti in essere concessa, ai sensi del D.L. n. 18/2020 cd. "Cura Italia", alle micro piccole e medie imprese (MPMI) che autocertifichino di avere subito temporanea carenza di liquidità in seguito all'emergenza COVID (articolo 56 ). A tale fine, il D.L. ha rifinanziato il Fondo di ulteriori 1.730 milioni di euro per il 2020 (successivamente rideterminati in circa 1.430 milioni di euro dal D.L. n. 23/2020) destinandoli ad una apposita Sezione speciale istituita per le garanzie concesse dal Fondo sulle moratorie dei finanziamenti in essere a favore delle PMI sino al 30 settembre 2020 (ora 31 gennaio 2021 ai sensi della proroga contenuta nell’articolo 65 del D.L. in esame).

[68]   Articolo aggiunto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall'art. 9, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6.

[69]   Si tratta del D.L. n. 786/1985 (L. n. 44/1986 - Misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno), del D.L. n. 26/1995 (L. n. 95/1995; Disposizioni urgenti per la ripresa delle attività imprenditoriali), del D.L. n. 510/1996 (L. n. 608/1996; Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale) e del d.lgs. n. 185/2000 (Incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego).

[70]   Riguardo alla portata di quest'ultima locuzione, cfr. il seguito della presente scheda.

[71]   La condizione non si applica per le proroghe e i rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali. Si ricorda che la medesima condizione si applica - per quanto riguarda la fattispecie di primo contratto di lavoro a termine (fattispecie che è fuori dall'ambito della presente normativa transitoria) - ai fini della stipulazione di un termine di durata (del contratto) superiore a dodici mesi (in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi).

[72]   In caso di violazione di tali disposizioni, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

[73]   Riguardo a tali limiti e condizioni, cfr. i citati articoli 19 e 21 del D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni; cfr. altresì il seguito della scheda per quanto riguarda - in merito ai rapporti tra le suddette norme generali e la disciplina transitoria in esame - le interpretazioni seguite dalla nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 16 settembre 2020, prot. n. 713. Si ricorda inoltre che, ai sensi dell'articolo 19-bis del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, durante il periodo di fruizione di ammortizzatori sociali con causale COVID-19, non trovano applicazione le norme (di cui al comma 2 del citato articolo 21 del D.Lgs. n. 81) che richiedono la decorrenza di termini dilatori minimi, prima del rinnovo del contratto a tempo determinato.

[74]   Sulla nota è stato acquisito il nulla osta dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[75]   Riguardo ai riferimenti delle suddette norme generali, cfr. supra, in nota.

[76]   Si tratta dei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio.

[77]   Tali misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto sono previste dall’articolo 1, comma 1202, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.

[78]   Di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008.

[79]   Recante "Tutela del lavoro nell'ambito delle imprese sequestrate e confiscate in attuazione dell'articolo  34 della legge 17 ottobre 2017, n. 161".

[80]   Si ricorda che i limiti di durata della CIGS (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. 148/2015) sono, per ogni unità produttiva, pari a: 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale; 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).

[81]   Le risorse finanziarie in oggetto erano state stanziate - in favore delle regioni e delle province autonome - per trattamenti anche in deroga di integrazione salariale o di mobilità, ovvero per misure di politica attiva del lavoro. Gli utilizzi richiamati concernono alcune fattispecie di riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale in deroga.

[82]   In merito a tali norme, cfr. altresì le circolari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell'11 gennaio 2019, n. 15 del 1° agosto 2019 e n. 9 del 15 giugno 2020.

[83]   A sua volta, l’art. 12 del DPCM 25 gennaio 2008 – intervenuto in attuazione del citato art. 1, co. 631, della L. 296/2006 – ha disposto che, ai fini dell’ammissibilità alle risorse del Fondo, resta fermo l’obbligo del cofinanziamento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per almeno il 30% dello stanziamento ad esse destinato sul Fondo medesimo e che per la realizzazione delle misure nazionali di sistema, compresi il monitoraggio e la valutazione, è riservata una quota non superiore al 5% delle risorse complessivamente disponibili sul Fondo.

[84]   I Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[85]   In base all’interpretazione seguita costantemente dall’INPS in materia di sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici - cfr. la circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020, che esclude dall’ambito in oggetto le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni (nozione che non ricomprende gli enti pubblici economici) -. Si ricorda che la suddetta circolare n. 105 concerne l'articolo 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, il quale disciplina lo sgravio contributivo di cui il comma 306 in esame prevede una possibilità di prosecuzione. Cfr., in merito, infra.

[86]   Riguardo al calcolo del beneficio, cfr. infra.

[87]   Riguardo alle modalità di presentazione della domanda, cfr. la circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020, il messaggio dell'INPS n. 3525 del 1°-10-2020 ed il messaggio dell'INPS n. 3729 del 15 ottobre 2020, emanati con riferimento ai precedenti trattamenti con causale COVID-19.

[88]   Si ricorda che la forma del pagamento diretto al dipendente è tassativa nelle richieste del datore di lavoro relative ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, fatta salva la possibilità di anticipo della prestazione da parte del datore di lavoro per i casi di aziende con unità produttive site in cinque o più regioni o province autonome (cfr. il messaggio dell'INPS n. 3144 del 25 agosto 2020).

[89]   Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[90]   Cfr. l’articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[91]   Cfr., al riguardo, la citata circolare dell'INPS n. 78 del 2020.

[92]   Come già ricordato, i Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l'INPS (cosiddetti Fondi di solidarietà bilaterali alternativi) sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[93]   Si ricorda che il trattamento di integrazione salariale di cui all’articolo 8 della L. 8 agosto 1972, n. 457, concerne i lavoratori agricoli (quadri, impiegati e operai) assunti (anche da parte di coltivatori diretti) con contratto a tempo indeterminato, ovvero con contratto di apprendistato professionalizzante, nonché i soci di cooperative agricole che prestino attività retribuita come dipendenti. Per una ricognizione in materia, nonché per la possibilità, per i lavoratori agricoli a tempo determinato (che non rientrino nelle suddette nozioni), di usufruire dei summenzionati trattamenti di integrazione salariale in deroga, cfr. la circolare dell’INPS n. 84 del 10 luglio 2020. Si ricorda altresì che i periodi dei suddetti trattamenti in deroga, limitatamente ai lavoratori del settore agricolo - in sostanza, come detto, lavoratori agricoli a tempo determinato -, sono equiparati a lavoro ai fini del calcolo delle specifiche prestazioni di disoccupazione agricola (comma 1 dell'articolo 22 del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni).

[94]   Cfr. supra, in nota.

[95]   Ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 19 del citato D.L. n. 18 del 2020.

[96]   Si ricorda che, in base al citato comma 3-bis dell’articolo 19 del D.L. n. 18, le integrazioni salariali (a titolo di trattamento di CISOA) con causale COVID-19 sono concesse dalla sede dell'INPS territorialmente competente, in deroga all’articolo 14 della citata L. n. 457 del 1972.

[97]   Questi ultimi concernono i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Cfr. anche infra.

[98]   Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti, i trattamenti di integrazione salariale in deroga (con la causale COVID-19 in oggetto) sono stati concessi secondo un’autonoma disciplina e non sono oggetto dei commi in esame. Per la relativa disciplina, cfr. la novella di cui all'articolo 2, comma 1, del citato D.L. n. 104 del 2020 ed il comma 2 del medesimo articolo 2.   

[99]   Cfr. il comma 2 dell'articolo 19 e il comma 6 dell'articolo 22 del citato D.L. n. 18, e successive modificazioni, nonché il paragrafo 4 della citata circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020 (anche per quanto riguarda le modalità particolari relative ad alcuni Fondi di solidarietà bilaterali).

[100] Cfr. il comma 3 del citato articolo 19 del D.L. n. 18 nonché il paragrafo 3 della circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020.

[101] Riguardo a tale nozione, cfr. supra, in nota.

[102] In particolare, in conformità con l’interpretazione della circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020 (emanata, come detto, con riferimento al citato articolo 3 del D.L. n. 104 del 2020), l’importo massimo del beneficio è pari alla contribuzione a carico del datore di lavoro non versata in relazione alle suddette ore di fruizione nei mesi di maggio e giugno 2020. Per alcune tipologie di contributi escluse dal beneficio, cfr. infra.

[103] Riguardo al calcolo del beneficio, cfr. infra.

[104] Per ulteriori tipologie di contributi escluse dallo sgravio, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 105.

[105] Gli interventi di integrazione salariale ammessi in base alla relativa normativa generale (anziché con causale COVID-19) sono pienamente compatibili con l’esonero contributivo in esame, come specifica la citata circolare dell’INPS n. 105.

[106] Riguardo ad altre condizioni per la fruizione dell’esonero in esame, derivanti da norme generali, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 105.

[107] La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[108] Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[109] Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[110] Ai sensi dell’art. 12, c. 9-11, del D.L. 137/2020.

[111] Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[112] Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[113] Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione .

[114] Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[115] Il cambio di denominazione è stato stabilito dall'articolo 1, comma 595, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[116] La dotazione originaria per il 2020 era pari a 5 milioni di euro.

[117] Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (in base alla procedura prevista dal citato articolo 1, comma 338, della L. n. 205).

[118] Per quanto qui interessa, si tratta dell’assistenza consentita al lavoratore dipendente, pubblico o privato, per parenti o affini entro il terzo grado con handicap grave, purché non ricoverati a tempo pieno, qualora i genitori o il coniuge di questi abbiano compiuto i 65 anni d’età oppure siano a loro volta affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti; in tali casi è consentito al lavoratore un permesso di tre giorni al mese retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.

[119] Così come previste dal D.Lgs. 180/1997, il quale, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 24, della L. 335/1995, ha definito le modalità esplicative in caso di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo.

[120] Con riferimento all’accesso ad opzione donna con i requisiti maturati entro il 31 dicembre 2018, cfr. la Nota del MIUR 4644/2019 secondo cui tutte le relative domande valgono, per gli effetti, dal 1° settembre 2019.

[121] Per ulteriori dettagli cfr. circolare INPS 18/2020.

[122] Per ulteriori dettagli, si veda la circolare INPS 35/2020.

[123] Si ricorda che, in base a tale disciplina, vigevano termini dilatori di decorrenza iniziale (cosiddette finestre), pari in genere a dodici mesi per i lavoratori dipendenti e a diciotto mesi per i lavoratori autonomi rispetto alla data di maturazione dei requisiti per il trattamento (cfr. l'articolo 12, commi 1 e 2, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni); per il diritto al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica, il termine dilatorio era incrementato (comma 2 citato dell'articolo 12) di un ulteriore mese per coloro che maturavano i requisiti nell'anno 2012, di due mesi per coloro che maturavano i requisiti nell'anno 2013 e di tre mesi per coloro che maturavano i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2014.

[124] Per la situazione di handicap grave, cfr. l'articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104.

 

[125] Si ricorda che, per il 2021, il valore provvisorio mensile del suddetto trattamento minimo di pensione è pari a 515,58 euro mensili.

[126] Sulla base della relazione illustrativa del provvedimento, la nozione di “decorrenza teorica” individuata dalla norma è connessa al fatto che gran parte dei lavoratori interessati dalla proposta risultano ancora alle dipendenze delle rispettive aziende.

[127] Si ricorda che tale congedo è attualmente operativo per i dipendenti privati, mancando per i dipendenti pubblici il relativo provvedimento attuativo di cui all’art. 1, c. 8, della L. 92/2012.

[128] Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

[129] Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonchè di innovazione tecnologica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 8/2020.

[130] Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

[131] La soglia e le altre fasce di importo suddette sono soggette a rivalutazione automatica annua.

[132] Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

[133] La legge n. 932 del 1980 ("Integrazioni e modifiche alla legislazione recante provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti e razziali") peraltro ammette (all'articolo 3, modificativo dell'articolo 4 della legge n. 261 del 1967) a godere dell'assegno di benemerenza anche chi abbia raggiunto il limite di età pensionabile, senza che abbia riportato una perdita della capacità lavorativa.

[134] La sentenza n. 268 del 1998 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 della legge n. 96 del 1955 e successive modificazioni, nella parte in cui non prevede che della Commissione istituita per esaminare le domande per conseguire i benefici previsti da quella legge, faccia parte anche un rappresentante dell'Unione delle comunità ebraiche italiane.