Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2021 - Volume I - Articoli da 1 a 105
Riferimenti: AC N.2790-bis/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 382/Volume I
Data: 20/11/2020
Organi della Camera: V Bilancio

LEGGE DI BILANCIO 2021

Schede di lettura

 

A.C. 2790-bis

Volume I

Articoli 1-105

 

Novembre 2020

 

 

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 323 - Volume I

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

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Progetti di legge n. 382 - Volume I

 

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Volume I - Articoli 1-105;

§  Volume II – Articoli 106-229;

§  Volume III – Stati di previsione dei Ministeri

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

 

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I N D I C E

 

 

SEZIONE I – PARTE I. 9

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI DEL BILANCIO DELLO STATO.. 9

Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato) 9

TITOLO II – RIDUZIONE DELLA PRESSIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA.. 12

Articolo 2 (Fondo delega riforma fiscale e fedeltà fiscale, assegno unico) 12

Articolo 3 (Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente) 17

Articolo 4 (Sgravi contributivi per favorire l'occupazione giovanile) 20

Articolo 5 (Sgravio contributivo per l’assunzione di donne) 24

Articolo 6 (Esonero contributivo giovani coltivatori diretti e imprenditori agricoli) 26

Articolo 7 (Sgravi contributivi nel settore dilettantistico) 28

Articolo 8 (Esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali) 30

Articolo 9 (Modifiche alla disciplina fiscale della tassazione dei ristorni) 32

Articolo 10 (Riduzione della tassazione dei dividendi per gli enti non commerciali) 35

TITOLO III – CRESCITA E INVESTIMENTI. 40

Articolo 11 (Cofinanziamento nazionale fondi EU periodo 2021-2027) 40

Articolo 12 (Proroga detrazioni per le spese di riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia) 46

Articolo 13 (Proroga bonus verde) 52

Articolo 14 (Rifinanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi) 54

Articolo 15 (Sostegno al settore turistico tramite i contratti di sviluppo) 57

Articolo 16 (Erogazione in unica quota del contributo “Nuova Sabatini”) 61

Articolo 17 (Fondo impresa femminile) 67

Articolo 18 (Fondo per le imprese creative) 72

Articolo 19 (Fondo d’investimento per lo sviluppo delle PMI del settore aeronautico e della green economy) 76

Articolo 20 (Rifinanziamento agevolazioni sotto forma di finanziamenti a favore di imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata) 81

Articolo 21 (Istituzione del Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura) 83

Articolo 22 (Lavoro autonomo start up - STRALCIATO) 86

Articolo 23 (Promozione dei marchi collettivi e di certificazione all’estero) 87

Articolo 24 (Piani di sviluppo per gli investimenti nelle aree dismesse) 90

Articolo 25 (Accordi per l’innovazione) 96

Articolo 26 (Interventi straordinari per il potenziamento infrastrutturale delle articolazioni penitenziarie del Ministero della giustizia) 98

TITOLO IV – SUD E COESIONE TERRITORIALE.. 102

Articolo 27 (Agevolazioni contributive in favore di datori di lavoro operanti in alcune aree territoriali) 102

Articolo 28 (Proroga al 2022 del credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno) 106

Articolo 29 (Fondo sviluppo e coesione – Ciclo di programmazione 2021-2027) 108

Articolo 30 (Semplificazione del processo di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne - STRALCIATO) 117

Articolo 31 (Rigenerazione amministrativa per il rafforzamento delle politiche di coesione territoriale nel Mezzogiorno) 118

Articolo 32 (Proroga del credito d'imposta potenziato per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno) 122

Articolo 33 (Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno) 125

Articolo 34 (Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali) 126

TITOLO V – LIQUIDITÀ E RICAPITALIZZAZIONE IMPRESE.. 129

Articolo 35 (Misure per il sostegno alla liquidità delle imprese) 129

Articolo 36 (Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI) 141

Articolo 37 (Determinazione del limite di impegno assumibile in materia di garanzie sui finanziamenti a favore di progetti del green new deal) 143

Articolo 38 (Proroga della misura in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali) 147

Articolo 39 (Incentivi fiscali alle operazioni di aggregazione aziendale) 150

Articolo 40 (Rifinanziamento del Fondo di garanzia PMI) 159

Articolo 41 (Proroga delle misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese) 164

Articolo 42 (Modifiche all'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, sul rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni) 167

Articolo 43 (Ammissione alla negoziazione dei titoli di Stato) 172

Articolo 44 (Tassi di interesse massimi per mutui dello Stato e degli enti locali) 173

TITOLO VI – LAVORO, FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI. 175

Articolo 45 (Fondo occupazione e formazione) 175

Articolo 46 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività) 176

Articolo 47 (Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato) 178

Articolo 48 (Settore call center) 180

Articolo 49 (Sostegno al reddito lavoratori settore pesca) 181

Articolo 50 (Sostegno  al reddito dei lavoratori di imprese sequestrate o confiscate) 183

Articolo 51 (Trattamenti di integrazione salariale straordinaria per le imprese con rilevanza economica strategica) 184

Articolo 52 (Piani di recupero occupazionale) 186

Articolo 53 (Sistema duale) 188

Articolo 54, commi da 1 a 10 e da 14 a 16 (Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 e sgravi contributivi per i datori di lavoro che non richiedano gli interventi di integrazione salariale) 189

Articolo 54, commi 11-13 (Disposizioni in materia di licenziamento) 198


 

Articolo 55 (Contributo per il funzionamento di Anpal Servizi S.p.A.) 201

Articolo 56 (Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale) 202

Articolo 57 (Fondo per le politiche attive del lavoro) 204

Articolo 58 (Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica) 206

Articolo 59 (Fondo caregiver) 208

Articolo 60 (Proroga opzione donna) 211

Articolo 61 (Proroga Ape sociale) 215

Articolo 62 (Contratto di espansione interprofessionale) 220

Articolo 63 (Calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico) 222

Articolo 64 ((Disposizioni in favore dei lavoratori esposti all’amianto) 224

Articolo 65 (Assegno di natalità- Bonus bebè) 231

Articolo 66 (Congedo obbligatorio di paternità) 234

Articolo 67 (Supporto all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità) 236

Articolo 68 (Reddito di cittadinanza) 239

Articolo 69, comma 1 (Autorizzazione di spesa per la copertura degli effetti finanziari della sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2020) 245

Articolo 69, commi 2 e 3 (Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti) 246

Articolo 70 (Rifinanziamento del Fondo indigenti) 249

Articolo 71 (Indennizzo per cessazione attività commerciale) 252

TITOLO VII – SANITÀ.. 254

Articolo 72 (Fabbisogno sanitario standard anno 2021) 254

Articolo 73 (Disposizioni in materia di indennità di esclusività della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria) 259

Articolo 74 (Disposizioni in materia di retribuzione degli infermieri del Servizio sanitario nazionale) 261

Articolo 75 (Disposizioni per l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta) 262


 

Articolo 76 (Contratti di formazione specialistica dei medici specializzandi) 267

Articolo 77 (Proroga di disposizioni sull’impiego di personale sanitario nel Servizio sanitario nazionale) 272

Articolo 78 (Disposizioni volte a eliminare il contenzioso in materia di indennizzi dovuti alle persone danneggiate da vaccinazioni obbligatorie e talidomide) 282

Articolo 79 (Integrazione del livello del finanziamento del programma di investimenti per l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico) 287

Articolo 80 (Fondo sanità e vaccini) 290

Articolo 81 (Rimodulazione tetti di spesa farmaceutica) 292

Articolo 82 (Finanziamento della Croce Rossa italiana) 295

Articolo 83 (Personale transitato in amministrazioni pubbliche dall'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana) 298

Articolo 84 (Norme in materia di mobilità sanitaria interregionale, linee guida sul controllo dell'appropriatezza degli erogatori di prestazioni sanitarie e programmi di sviluppo dei servizi sanitari di prossimità) 299

Articolo 85 (Disposizioni in materia di conoscenze linguistiche per il riconoscimento di qualifiche professionali in ambito sanitario) 301

TITOLO VIII – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA.. 304

Articolo 86 (Incremento del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa) 304

Articoli 87 e 165, commi 10 e 11 (Misure per l’innovazione didattica e digitale nelle scuole) 306

Articolo 88 (Edilizia scolastica - STRALCIATO) 310

Articolo 89, commi 1 e 2 (Interventi a sostegno del diritto allo studio nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica statali) 311

Articolo 89, comma 3 (Interventi a sostegno delle università non statali legalmente riconosciute) 319

Articolo 89, comma 4 (Interventi a sostegno delle residenze universitarie statali e dei collegi di merito accreditati) 320

Articolo 89, comma 5 (Progressione di carriera dei ricercatori universitari a tempo indeterminato) 323

Articolo 89, comma 6 (Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca) 326

Articolo 90, commi 1-4 (Fondi per la ricerca) 328

Articolo 90, comma 5 (Valutazione dei progetti di ricerca) 333

Articolo 90, comma 6 (Programma nazionale di ricerche in Antartide) 335

Articolo 91 (Recupero e sviluppo del complesso sportivo "Città dello sport") 338

Articolo 92 (Promozione dell'attività sportiva di base sui territori) 339

Articolo 93 (Contribuzione pensionistica dei professori e ricercatori delle università private) 340

Articolo 94 (Fondazione per il futuro delle città) 341

Articolo 95 (Proposta completamento lavori del progetto "Mantova HUB" - STRALCIATO) 342

TITOLO IX – CULTURA, TURISMO, INFORMAZIONE E INNOVAZIONE.. 343

Articolo 96, comma 1 (Risorse per l’esercizio della facoltà di prelazione da parte del MIBACT) 343

Articolo 96, comma 2 (Incremento delle risorse per il funzionamento di musei e luoghi della cultura statali) 344

Articoli 96, comma 3, e 101, comma 4 (Card cultura per i diciottenni) 345

Articolo 96, comma 4 (Contributo per la Fondazione Orchestra giovanile Luigi Cherubini - STRALCIATO) 348

Articolo 96, comma 5 (Incremento delle risorse per i soggetti giuridici creati o partecipati dal MIBACT) 349

Articolo 97 (Interventi per il settore del cinema e dell’audiovisivo) 351

Articolo 98 (Istituto Luce Cinecittà S.p.A.) 357

Articolo 99 (Interventi per la prosecuzione del risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche) 359

Articolo 100 (Misure in materia di strutture ricettive) 367

Articolo 101, commi 1-3 (Misure a sostegno della filiera della stampa) 372

Articolo 101, commi 5 e 6 (Bonus per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, riviste e periodici anche in formato digitale) 377

Articolo 102 (Destinazione delle entrate a titolo di canone di abbonamento alla televisione) 379

Articolo 103 (Digitalizzazione dei pagamenti degli indennizzi da irragionevole durata del processo - STRALCIATO) 382

Articolo 104 (Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri - STRALCIATO) 383

Articolo 105 (Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale; Piattaforma per il tracciamento dei contatti) 384

 

 


SEZIONE I – PARTE I

TITOLO I – RISULTATI DIFFERENZIALI
DEL BILANCIO DELLO STATO

Articolo 1
(
Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

L'articolo 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l'articolo in esame determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento (2021, 2022 e 2023).

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.


 

Tabella 1                                                          (importi in milioni di euro)

 

2021

2022

2023

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

-196.000

-157.000

-138.500

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

-279.000

-208.500

-198.000

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

483.235

431.297

493.550

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

566.365

482.797

553.050

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

Si rammenta inoltre che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dal presente articolo coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche recati dall'ultimo Documento di economia e finanza (DEF). Tali obiettivi sono stati aggiornati da ultimo lo scorso settembre dalla Nota di aggiornamento al DEF 2020 (cfr. le pagine 10 e 11 della NADEF 2020). La Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio presenta e illustra una tavola di raccordo tra il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, quale risulta dal Quadro generale riassuntivo, e l'indebitamento netto programmatico dello Stato, ossia comprensivo degli effetti della manovra di finanza pubblica, e tra questo e quello programmatico delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso.

 


 

TITOLO II – RIDUZIONE
DELLA PRESSIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA

Articolo 2
(Fondo delega riforma fiscale e fedeltà fiscale, assegno unico)

 

 

L’articolo 2 istituisce un Fondo con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 per interventi di riforma del sistema fiscale, da realizzare con appositi provvedimenti normativi. Al Fondo sono destinate altresì, risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo. Una quota del Fondo non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e ai servizi alla famiglia.

E’, infine, incrementato il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia di 3.012,1 milioni di euro per l'anno 2021.

 

L’articolo 2 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 per interventi di riforma del sistema fiscale, volto a dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale. Gli interventi sono disposti con appositi provvedimenti normativi, a valere sulle risorse del Fondo (comma 1)

 

Si ricorda che già nel Programma Nazionale di Riforma di luglio 2020 il Governo ha individuato tra le sue priorità il perseguimento di politiche fiscali a sostegno della crescita, qualificando l’alleggerimento della pressione fiscale come una delle componenti piu? importanti del programma di Governo. Per superare le criticità principali del sistema fiscale italiano (cuneo fiscale troppo elevato sul lavoro; disparita? di trattamento tra le diverse fonti di reddito; eccessiva complessità del sistema) il PNR preannunciava tra l’altro:

§  una revisione complessiva del sistema fiscale;

§  misure di contrasto all’evasione;

§  valorizzazione del patrimonio pubblico.

Con le risoluzioni sul DEF e sul PNR il Parlamento ha impegnato il Governo ad adottare interventi di riforma fiscale incentrati, oltre che sulla riforma delle imposte dirette, sulla semplificazione degli adempimenti e sulla riforma della giustizia tributaria, sul miglioramento del rapporto tra contribuente ed amministrazione finanziaria, nonché sul contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, anche mediante il potenziamento della tracciabilità dei pagamenti; e ad assicurare la piena attuazione dell'assegno unico, quale primo step di una complessiva riforma delle politiche familiari.

Le Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza indicano la riforma fiscale come una delle componenti principali del Piano. In risposta a quanto suggerito dal Consiglio europeo si intende, quindi, procedere ad una revisione della tassazione per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e trasferire l’onere fiscale ad altre voci e in generale “dalle persone alle cose”. Nell’ambito della riforma si ribadisce l’intento di razionalizzare le spese fiscali e, in particolare, rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD).

Nel medesimo orizzonte temporale, secondo la Nota di aggiornamento al DEF, si intende inoltre perseguire politiche di contrasto alle frodi e all’evasione fiscale e, in generale, di miglioramento della compliance (adempimento spontaneo dell’obbligo tributario) che, a parere dell’esecutivo, negli ultimi anni hanno conseguito risultati notevoli e superiori alle aspettative. In via prudenziale, le proiezioni programmatiche della Nota non includono aumenti del gettito derivanti dal contrasto all’evasione. Si prevede, invece, la costituzione di un fondo da alimentare con le entrate effettivamente generate da tale attività antievasione, da destinare al finanziamento di interventi di riforma fiscale e alla riduzione del debito pubblico.

 

Una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e ai servizi alla famiglia, per il quale vedi oltre.

 

Il comma 2 prevede che, a decorrere dal 2022, al Fondo sono destinate altresì, risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo.

 

Ai fini della determinazione delle risorse che debbono affluire nel Fondo, il comma 3 disciplina le modalità di calcolo delle maggiori entrate permanenti.

In particolare, per ciascun anno esse sono indicate, con riferimento al terzo anno precedente alla predisposizione della legge di bilancio, nell’Aggiornamento della Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva.

Si ricorda che l’articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 24 settembre 2015, in attuazione dell’articolo 4 della legge n. 23 dell’11 marzo 2014 (legge delega sulla riforma tributaria), disciplina il monitoraggio annuale delle spese fiscali. In particolare, si dispone che, per la redazione del Rapporto annuale sulle spese fiscali, il Governo si avvale di una Commissione istituita con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze. La Commissione è stata istituita con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze il 28 aprile 2016 (modificato dal decreto ministeriale del 22 giugno 2016) ed è composta da 14 membri. La Commissione può avvalersi del contributo di esperti delle associazioni di categoria, degli ordini professionali, delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale e delle associazioni familiari. La partecipazione alla Commissione, a qualunque titolo, non dà diritto a compensi, emolumenti o altre indennità, tantomeno a rimborsi di spese.

 

Le maggiori entrate sono quindi considerate permanenti se per i tre anni successivi a quello oggetto di quantificazione, la somma algebrica della stima della variazione delle entrate derivanti in ciascun anno dal miglioramento dell'adempimento spontaneo risulta non negativa. Qualora tale somma algebrica risultasse negativa, l'ammontare delle maggiori entrate permanenti è dato dalla differenza, se positiva, tra l'ammontare delle maggiori entrate di cui al primo periodo e il valore negativo della somma algebrica della variazione delle entrate da miglioramento dell'adempimento spontaneo stimata con riferimento ai tre anni successivi. Se la differenza di cui al periodo precedente è negativa o pari a zero, l'ammontare delle maggiori entrate permanenti è pari a zero.

 

Il comma 4 dispone che la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza indica la quota delle maggiori entrate permanenti, rispetto alle previsioni tendenziali formulate per il Documento di economia e finanza, derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo, da destinare al Fondo.

 

Il comma 5 abroga - a decorrere dal 2022 - i commi da 431 a 435 della legge di stabilità 2014 (n. 147/2013) che avevano istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Il Fondo per la riduzione della pressione fiscale è stato istituito dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) (cap. 3833/MEF).

La norma prevede che ad esso siano destinate le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché l’ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente e a quelle effettivamente incassate nell’ultimo esercizio consuntivato, derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

Si ricorda che la Nadef 2020, circa la valutazione delle maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale rispetto alle corrispondenti previsioni di bilancio dell'anno in corso da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, indica che la stima degli incassi attesi per il 2020 è sensibilmente inferiore agli incassi realizzati nel 2019 per circa 6,8 miliardi di euro. Il Governo segnala che tale dato è conseguenza della sospensione dell’attività di accertamento e controllo da parte dell’Amministrazione fiscale durante la situazione di emergenza legata allo shock pandemico. Pertanto, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio 2021, non saranno iscritte risorse aggiuntive nel predetto Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

Il comma 6 incrementa di 3.012,1 milioni di euro per il 2021 il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia.

Il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia è stato istituito dal comma 339 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2020), nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono state indirizzate all’attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Con le risorse del Fondo, si è provveduto al rinnovo del Bonus bebè e al finanziamento del Bonus asili nido per il 2020.

 

Si ricorda che è ora all'esame della Commissione 11ª del Senato il disegno di legge (S. 1892). "Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi" approvato all’unanimità il 21 luglio 2020 dall'Assemblea della Camera (C. 687 Delrio e abb.), che propone l’istituzione di un beneficio economico attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia e delle risorse rinvenienti dal riordino delle misure vigenti per i figli a carico. In tal senso, come sottolineato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, nel corso della seduta dell’Assemblea del 1 luglio 2020, l’assegno unico e universale è il primo tassello di un riordino delle politiche familiari, di cui il Governo si è fatto carico con la presentazione del c.d. Family Act, e delle politiche di riforma e semplificazione fiscale.

 

Il disegno di legge S. 1892 (composto da quattro articoli) reca la delega al Governo per l'adozione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, di uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale. Il provvedimento intende pertanto superare l'attuale polverizzazione delle misure a sostegno della genitorialità (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali) mediante una complessiva razionalizzazione e una parziale soppressione degli istituti vigenti, finalizzando le risorse così reperite per l'istituzione dell'assegno unico.

Per il raggiungimento delle finalità sopra illustrate, viene istituito l'assegno unico, misura di sostegno economico per i figli a carico, il cui ammontare è modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, come individuata attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) o sue componenti, tenendo conto dell'età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare.

L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle seguenti misure: assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori; assegno di natalità (c.d. bonus bebè); premio alla nascita (Bonus mamma domani) e fondo di sostegno alla natalità (fondo rotativo inteso a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 2017). Inoltre, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, si intendono utilizzare anche le risorse rinvenienti dal graduale superamento o dalla soppressione delle detrazioni IRPEF per i figli a carico e degli assegni per il nucleo familiare (per maggiori informazioni si rinvia al paragrafo dedicato all’Assegno nel Tema web Le Misure a sostegno della famiglia e fondi per le politiche sociali sul Portale della documentazione del sito istituzionale Camera dei Deputati).

 


 

Articolo 3
(Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente)

 

 

L'articolo 3 stabilizza la detrazione spettante ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di talune fattispecie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente prevista, per il solo secondo semestre 2020, dall’articolo 2 del decreto legge 5 febbraio 2020, n. 3.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 2 del sopra citato decreto legge n. 3 del 2020 istituisce una detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente, con esclusione delle pensioni, e ai titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. L'importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro. La detrazione ha carattere temporaneo, in quanto si applica limitatamente alle prestazioni rese nel semestre che va dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni.

La detrazione spetta ai medesimi soggetti destinatari del trattamento integrativo di cui all'articolo 1 del citato decreto legge n. 3 del 2020. Si tratta, in particolare, di:

§  titolari di redditi di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 49 del TUIR), con esclusione delle pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparati (comma 2, lettera a) del medesimo articolo 49 del TUIR);

§  titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 50 del TUIR):

-     i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le remunerazioni dei sacerdoti, nonché le congrue e i supplementi di congrua (lettera d) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     le prestazioni derivanti dall'adesione a forme pensionistiche complementari (lettera h-bis) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);

-     i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR).

 

L'importo della detrazione dipende dal reddito complessivo ed è determinato sulla base di due diverse equazioni:

§     fra 28.000 e 35.000 euro l'importo è pari a:     per r = reddito complessivo;

§     fra 35.000 e 40.000 euro l'importo è pari a:               per r = reddito complessivo.

 

Di conseguenza, l'importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro.

Per una ricostruzione dettagliata della norma si rinvia al dossier Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

Il comma 1 stabilisce quindi l’applicazione a regime della richiamata misura agevolativa. La norma pertanto dispone che, nelle more di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni fiscali, la detrazione spetta per le prestazioni rese a decorrere dal 1° luglio 2020 (non più pertanto solo per le prestazioni rese dal 1°luglio 2020 al 31 dicembre 2020).

Ai sensi del comma 2, agli oneri derivanti dalla norma in commento si provvede mediante riduzione del Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti nella misura di 1.150 milioni di euro nell’anno 2021 e di 1.426 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

 

Si ricorda che il Fondo è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), al fine di dare attuazione a interventi finalizzati alla riduzione del carico fiscale sulle persone fisiche, con una dotazione pari a 3.000 milioni di euro per l'anno 2020 e a 5.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.

La disposizione rinvia ad appositi provvedimenti normativi l'attuazione di tali interventi, nei limiti delle risorse stanziate nel Fondo medesimo, eventualmente incrementate nel rispetto dei saldi di finanza pubblica nell’ambito dei medesimi provvedimenti.

 


 

Articolo 4
(Sgravi contributivi per favorire l'occupazione giovanile)

 

 

L’articolo 4 modifica la disciplina sulla riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati[1], relativamente alle assunzioni (esclusi i dirigenti e i lavoratori domestici) con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato di soggetti di età inferiore a determinati limiti e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Le modifiche concernono le assunzioni in oggetto effettuate nel 2021 e nel 2022. In particolare, i commi 1 e 2 prevedono: un esonero contributivo pari al 100 per cento ed un relativo limite in valori assoluti pari a 6.000 euro su base annua, in luogo dei valori già previsti a regime, pari, rispettivamente, al 50 per cento[2] ed a 3.000 euro su base annua (resta fermo che sono esclusi dall'esonero i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); il riconoscimento dell'esonero, come nella norma vigente a regime, per un periodo massimo di 36 mesi, che viene, tuttavia, elevato a 48 mesi per le assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna; l'elevamento del limite di età anagrafica, ai fini in oggetto, del lavoratore assunto, richiedendo che il medesimo non abbia compiuto 36 anni alla data della prima assunzione a tempo indeterminato (mentre la norma vigente a regime richiede che non abbia compiuto 30 anni). Il successivo comma 3 concerne alcune condizioni per l'applicazione delle norme transitorie più favorevoli, mentre il comma 4 esclude dall'ambito di queste ultime norme alcune fattispecie. Il comma 5 subordina l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 all'autorizzazione della Commissione europea.

 

La disciplina sulla riduzione dei contributi oggetto delle modifiche transitorie in esame è posta dall'articolo 1, commi da 100 a 108 e da 113 a 115, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, e successive modificazioni. Tali norme prevedono una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (a tutele crescenti), effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018, di soggetti aventi i requisiti anagrafici summenzionati e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Sono esclusi, come detto, i datori di lavoro domestico e le assunzioni di dirigenti.

Si ricorda che l'aliquota dello sgravio è pari già a regime al 100 per cento per le assunzioni, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio, di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro (per un determinato minimo di ore) o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione. Le suddette assunzioni, per le quali già opera, come accennato, l'aliquota del 100 per cento, sono escluse, ai sensi del comma 4 del presente articolo 4, dall'ambito delle norme transitorie di cui ai commi 1 e 2; ne consegue che, per tali assunzioni, nonché per tutti i casi di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto dopo la fase dell'apprendistato (casi anch'essi richiamati dal comma 4)[3], il limite dello sgravio in valori assoluti e il limite di età anagrafico restano pari, rispettivamente, a 3.000 euro su base annua e a 29 anni e 364 giorni.

 

La riduzione contributiva, anche in base alla disciplina a regime:

-      si applica anche ai casi di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato (il requisito anagrafico, ai fini del beneficio in esame, deve essere posseduto al momento della conversione);

-      trova applicazione, con criteri specifici, per i contratti di apprendistato solo con riferimento all'eventuale fase (successiva all'apprendistato) di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto, a condizione che il lavoratore abbia un'età inferiore a 30 anni alla data di inizio della prosecuzione[4];

-      non è cumulabile con altri sgravi contributivi nello stesso periodo di applicazione.

Qualora la riduzione relativa ad un determinato lavoratore sia stata applicata per un periodo inferiore alla durata massima, un altro datore può usufruire dello sgravio per il periodo residuo, nell'ipotesi di assunzione a tempo indeterminato del medesimo soggetto, indipendentemente dall'età anagrafica di quest'ultimo al momento della nuova assunzione.

L'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati.

 

Il comma 1 del presente articolo 4 specifica che anche la misura più elevata del beneficio - disposta dalle nuove norme transitorie in esame - si applica pure in caso di trasformazione (negli anni 2021 e 2022) di un contratto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato; resta fermo, ai fini in oggetto, che deve trattarsi, per il lavoratore, della prima assunzione a tempo indeterminato e che il medesimo non deve aver compiuto 36 anni alla data di tale assunzione. Il comma 1 conferma altresì che l'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati.

Il comma 3 del presente articolo 4, con riferimento alle assunzioni operate nei suddetti anni 2021 e 2022 e rientranti nelle norme transitorie più favorevoli di cui ai commi 1 e 2:

§  eleva da sei a nove mesi - successivi all'assunzione medesima - il periodo di tempo in cui l'effettuazione di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o di licenziamenti collettivi (di soggetti che, nella stessa unità produttiva, siano inquadrati con la medesima qualifica del lavoratore assunto) è incompatibile con il riconoscimento dello sgravio. Si ricorda che il limite suddetto di sei mesi è posto dal comma 105 del citato articolo 1 della L. n. 205;

§  esclude il diritto allo sgravio qualora il datore di lavoro abbia proceduto ai medesimi licenziamenti - di lavoratori che, nella stessa unità produttiva, siano inquadrati nella suddetta qualifica - nei sei mesi precedenti all'assunzione. Tale condizione ostativa è già posta dalla norma vigente a regime per il beneficio in oggetto, ma, per le assunzioni in esame effettuate negli anni 2021 e 2022, viene circoscritta ai casi di lavoratori inquadrati nella medesima qualifica - la norma viene posta esplicitamente in deroga alla corrispondente disposizione a regime, di cui al comma 104 del citato articolo 1 della L. n. 205 -.

Sotto il profilo redazionale, si valuti l'opportunità di esplicitare che il comma 3 si pone in deroga anche al summenzionato comma 105.

Il medesimo comma 3 conferma, inoltre, l'applicazione dei princìpi generali vigenti ai fini della fruizione degli incentivi alle assunzioni (princìpi posti dall'articolo 31 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e già richiamati dal citato comma 104 dell'articolo 1 della L. n. 205)[5].

Il comma 5 del presente articolo 4 subordina l'applicazione del beneficio in oggetto all'autorizzazione della Commissione europea (in base al richiamato articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni, e nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione, e successive modificazioni[6]. Le suddette clausole di cui al comma 5 sembrano riferirsi alla sola durata più elevata prevista per le regioni di cui al comma 2, in quanto per gli altri profili lo sgravio - come rilevato dalla circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020 -, non determinando "un vantaggio a favore di talune imprese, settori produttivi o aree geografiche del territorio nazionale", non rientra nell'ambito della disciplina restrittiva europea sugli aiuti statali alle imprese. Si valuti l'opportunità di chiarire il riferimento delle clausole di cui al comma 5.

 

Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C/2020/1863, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[7] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[8].


 

Articolo 5
(Sgravio contributivo per l’assunzione di donne)

 

 

In via sperimentale per il biennio 2021-2022, l’articolo 5 estende alle assunzioni di tutte le lavoratrici donne, effettuate nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo attualmente previsto a regime solo per le assunzioni di donne in determinate condizioni, al contempo elevando, limitatamente al suddetto biennio, dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro. La durata dello sgravio è pari a dodici mesi, elevabili a diciotto in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato.

 

Nel dettaglio, il suddetto sgravio – che è attualmente previsto in via strutturale limitatamente alle assunzioni di donne rientranti in determinate categorie dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della L. 92/2012 (vedi infra) – è riconosciuto in via sperimentale per le assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato di donne effettuate nel suddetto arco temporale, nella misura del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche), per la durata di dodici mesi (elevabili a diciotto in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato) e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui (comma 1).

Il richiamato art. 4, c. 8-11, della L. 92/2012, riconosce una riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro, per la durata di 12 mesi, per le assunzioni di donne di qualsiasi età:

§  prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e occupate in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna (ex art. 2, punto 18, lett. e) del Regolamento CE 800/2008)[9];

§  prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti;

§  disoccupate da oltre 12 mesi con almeno 50 anni di età, ovunque residenti.

§  Il suddetto esonero parziale è pari a 18 mesi nei casi di assunzione a tempo indeterminato o di trasformazione a tempo indeterminato del contratto a tempo determinato (in tale ultimo caso i 18 mesi decorrono dalla data della assunzione a tempo determinato).

Dal punto di vista redazionale, si valuti l’opportunità di richiamare anche il comma 8 del citato articolo 4 della L. 92/2012 che reca la disciplina puntuale dello sgravio in questione.

 

Condizione per la fruizione dello sgravio in commento è che le assunzioni comportino un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese ed il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti e al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.) o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. I dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono ponderati in base al rapporto tra le ore pattuite e l’orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno (comma 2).

 

Il beneficio in commento – la cui efficacia è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea - è concesso nei limiti e alle  condizioni stabiliti dalla medesima Commissione con il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato adottato il 19 marzo scorso, la cui durata è stata successivamente prorogata al 30 giugno 2021, che reca misure dirette a consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere l'economia nel contesto dell'epidemia di COVID-19 (comma 3).

In particolare, le disposizioni richiamate dal comma 3 in commento sono quelle contenute nella sezione 3.1 del suddetto Quadro temporaneo che definisce le condizioni in presenza delle quali possono essere considerati compatibili con il mercato interno aiuti di importo limitato alle imprese che si trovano di fronte ad un'improvvisa carenza o indisponibilità di liquidità.

Sulla base della richiamata sezione 3.1, perché l’aiuto sia compatibile con il mercato interno la Commissione richiede, in particolare:

§  che l'importo complessivo dell'aiuto non superi 800.000 euro per impresa;

§  che l’aiuto sia concesso entro e non oltre il 30 giugno 2021 e sulla base di un regime con budget previsionale;

§  che l'aiuto non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà il 31 dicembre 2019.

 


 

Articolo 6
(Esonero contributivo giovani coltivatori diretti
e imprenditori agricoli)

 

 

L'articolo 6 prevede in favore dei giovani coltivatori diretti e imprenditori agricoli di l’esonero dal versamento del 100 per cento dell’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti per un periodo di 24 mesi, con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola effettuate tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021.

 

In dettaglio, la disposizione modifica l'articolo l, comma 503, della legge 27 dicembre 2019, n.160 (legge di bilancio per il 2020), prorogandone gli effetti al 2021.

In base all’articolo 1, comma 503 , ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[10] e per  un periodo massimo  di 24 mesi, si dispone l'esonero dal versamento del l00 per cento dell'accredito  contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con riferimento alle iscrizioni nella previdenza agricola dei coltivatori diretti e degli imprenditori  agricoli professionali effettuate tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020.

La modifica interviene sul termine finale per effettuare le iscrizioni, prorogandolo al 31 dicembre 2021.

L’esonero contributivo in esame, a norma del predetto comma 503, non è cumulabile con altri sgravi previsti dalla normativa vigente.

 

La relazione tecnica rappresenta che nella valutazione degli effetti finanziari sono stati mantenute prudenzialmente le ipotesi di ricorso valutate in sede di relazione tecnica all’articolo 1, comma 503 della legge n. 160/2019, di cui la disposizione in esame rappresenta una proroga per gli accessi 2021 (una platea di circa 10.000 nuovi iscritti con età inferiore a 40 anni per l’anno 2021).

 

 

Nella tavola che segue sono riportati i risultati della valutazione.

 

 


 

Articolo 7
(Sgravi contributivi nel settore dilettantistico)

 

 

L’articolo 7 introduce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo, avente una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, ai fini del riconoscimento - nel rispetto di tali limiti - di un esonero, anche parziale, della contribuzione previdenziale relativa ai rapporti di lavoro sportivo, instaurati da parte delle federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive dilettantistiche con atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara. Lo sgravio concerne la contribuzione a carico dei suddetti enti, associazioni e società. Dall'ambito del beneficio sono esclusi i premi e i contributi dovuti all'INAIL. Lo sgravio è cumulabile con gli esoneri o le riduzioni delle aliquote previdenziali previsti da altre norme.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio fa riferimento, riguardo alla destinazione del fondo e al riconoscimento dei relativi sgravi, al solo settore dilettantistico. Si valuti l'opportunità di inserire una limitazione esplicita a tale settore, considerato che la formulazione letterale fa un riferimento generale anche ai rapporti di lavoro sportivo (instaurati con le suddette figure) da parte delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva.

Riguardo al settore dilettantistico, si rileva che, nella normativa vigente, i compensi corrisposti ai relativi operatori sono esclusi da contribuzione previdenziale e che quest'ultima potrebbe essere introdotta da una riforma del lavoro sportivo, alla quale fa riferimento esplicito il presente articolo 7.

Si ricorda, in merito, che la disciplina di delega di cui all'articolo 5 della L. 8 agosto 2019, n. 86, prevede, al comma 1, lettera c), l'individuazione, "senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (...) della figura del lavoratore sportivo, ivi compresa la figura del direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta" e la "definizione della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza".

Lo schema o gli schemi di decreto legislativo relativi a tale delega - la quale, in generale, concerne il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché del rapporto di lavoro sportivo - devono essere inviati alle Camere entro il termine perentorio del 30 novembre 2020, in base al combinato disposto del comma 1, alinea, del citato articolo 5 della L. n. 86 e dell'articolo 1, comma 3, della L. 24 aprile 2020, n. 27[11].

Riguardo ad alcune linee possibili di riforma per quanto riguarda l'aspetto della contribuzione previdenziale, cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio.

Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità di attuazione del fondo di cui al presente articolo 7, considerato anche che la suddetta disciplina di delega pone, riguardo alla riforma in oggetto, una clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica e che i relativi schemi devono essere inviati alle Camere prima dell'entrata in vigore della presente legge.

 


 

Articolo 8
(Esenzione IRPEF redditi dominicali e agrari
dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali)

 

 

L'articolo 8 prevede per l'anno 2021 l’esenzione ai fini Irpef - già prevista per gli anni 2017-2020 e nella misura del 50% per il 2021 - dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

 

La disposizione stabilisce che, con riferimento all'anno d'imposta 2021, non concorrano alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e delle relative addizionali, i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (come individuati dall'art. 1, d.lgs. n. 99 del 2004) iscritti nella previdenza agricola.

A tal fine è novellato l'articolo 1, comma 44, primo periodo, della legge di bilancio 2017 (l. n. 232 del 2016) ed è abrogato il secondo (e ultimo) periodo del medesimo comma. Quest'ultimo stabilisce che i medesimi redditi concorrano alla formazione della base imponibile ai fini Irpef nella misura del 50% per l'anno 2021.

Si ricorda che il citato comma 44 prevede già l'esenzione con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018, 2019 e 2020.

 

L'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 definisce l'imprenditore agricolo professionale come colui che sia in possesso di competenze e conoscenze professionali specifiche e dedichi alle attività agricole (di cui al di cui all’articolo 2135 del codice civile) almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando dalle attività così svolte almeno il 50% del proprio reddito globale. Ai fini del calcolo del reddito globale, vengono esclusi una serie di redditi, tra cui anche le somme percepite in società, associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo.

Inoltre, vengono considerati imprenditori agricoli professionali anche i soci o amministratori di società di persone, di capitali e cooperative che, oltre all’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, presentino i seguenti requisiti:

§  nel caso di società di persone, che almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per la società in accomandita la qualifica è riferita ai soci accomandatari);

§  per le società di capitali o cooperative, che almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.

 

I redditi dominicali e i redditi agrari costituiscono, insieme ai redditi dei fabbricati, due delle tre categorie in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) suddivide i redditi fondiari (cfr. in particolare il capo II del Titolo I, artt. 25-43). L’articolo 25 definisce fondiari i redditi (di seguito: r.) inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono iscritti o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Si prescinde dal fatto che il possessore sia residente o meno nel territorio dello Stato. Limitando il campo di analisi alle due categorie oggetto della presente disposizione i r. fondiari sono determinati sulla base delle risultanze catastali e si distinguono per l'appunto in: r. dominicale dei terreni, attribuibile al proprietario del terreno o al titolare di un diritto reale di godimento (artt. 27-31) e r. agrario, attribuibile al soggetto che coltiva il terreno, direttamente o avvalendosi di dipendenti, a prescindere dal fatto che sia il proprietario del terreno, il titolare di un diritto reale di godimento sul terreno medesimo ovvero l’affittuario (artt. 32-35).

Nell'ordinamento fiscale l’esistenza di due diverse tipologie di reddito associata ai terreni è motivata dalla possibilità che, su di essi, sia svolta un’attività agricola e nella conseguente necessità di distinguere il reddito derivante dal possesso dell’immobile (il reddito dominicale) da quello derivante dall’esercizio dell'attività agricola, anche ad opera di un soggetto diverso dal possessore (il r. agrario).

I redditi fondiari sono dunque determinati con un sistema forfetario basato sulle risultanze catastali, oggetto dell’imposizione non è il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, ma la astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua effettiva entità. Tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo del possessore a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, indipendentemente dalla loro percezione e in relazione alla durata del possesso.


 

Articolo 9
(Modifiche alla disciplina fiscale della tassazione dei ristorni)

 

 

L’articolo 9 modifica il regime fiscale di ristorni attribuiti ai soci di società cooperative.

Viene concessa a tali società, previa delibera assembleare, la facoltà di ridurre dal 26 per cento al 12,5 per cento la ritenuta applicabile sulle somme attribuite ad aumento del capitale sociale, anticipando in tal caso il momento della tassazione dei ristorni all'atto dell'attribuzione al capitale sociale, in luogo del momento di rimborso dello stesso, come previsto dalle disposizioni generali. L’applicazione del regime è facoltativa ed è applicabile anche alle somme attribuite ad aumento di capitale deliberate prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame.

 

Si ricorda preliminarmente che i ristorni sono i profitti netti della cooperativa derivanti dall’attivita? con i soci, attribuiti ai soci stessi in proporzione agli scambi mutualistici intercorsi con la cooperativa nel corso dell’anno; si tratta di quei distinti contratti aventi per oggetto la cessione o l’acquisto alla/dalla cooperativa dei beni, dei servizi o delle energie lavorative che di volta in volta sono necessarie per lo svolgimento dell’attivita?.

Con riferimento alla società i ristorni sono deducibili dal reddito imponibile, non costituiscono dividendi, e si distinguono da questi ultimi in quanto sono attribuiti in proporzione al valore dello scambio mutualistico tra soci e cooperativa e non in base al capitale conferito da ciascun socio.

Da un punto di vista fiscale, i ristorni sono configurati come:

somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, erogati in sede di approvazione del bilancio d’esercizio in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (articolo 3, comma 2, lettera b), della legge n. 142 del 2001);

somme attribuite dalle societa? cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973).

Il vantaggio mutualistico puo? essere attribuito ai soci in maniera diretta oppure indiretta. L’attribuzione diretta del vantaggio mutualistico viene realizzata mediante un risparmio di spesa (minor prezzo) per i beni ed i servizi che il socio acquista dalla cooperativa (di consumo) oppure mediante una maggiore retribuzione che il socio percepisce per i beni ed i servizi ceduti alla cooperativa (di produzione e lavoro).

L’attribuzione indiretta del vantaggio mutualistico si verifica quando la societa? pratica nei confronti dei soci il prezzo di mercato (nelle cooperativa di consumo) oppure corrisponde ai soci stessi una retribuzione ordinaria (nella cooperativa di produzione e lavoro) e poi versa la differenza nella forma di ristorno alla chiusura dell’esercizio. In pratica, anche la modalita? indiretta di erogazione del vantaggio mutualistico si traduce, per la cooperativa, in una diminuzione dei ricavi o in un aumento di costi; cosi? come per la modalita? diretta anche in questo caso si riduce il reddito imponibile.

I ristorni sono deducibili dal reddito delle cooperative e dei loro consorzi e rilevano per la quota di competenza a carico dell’esercizio con riferimento al quale sono maturati gli elementi di reddito presi a base di commisurazione dei ristorni.

 

Con riferimento alla tassazione dei ristorni in capo ai soci percipienti, il decreto-legge n. 63 del 2002 prevede che le somme destinate ad aumento del capitale sociale non concorrano a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, né il valore della produzione netta dei soci. Le stesse somme, se imponibili al momento della loro attribuzione, sono soggette ad ritenuta a titolo di imposta, giusto rinvio alla disciplina dell’articolo 7, comma 3 della legge n.59 del 1992, con aliquota al 26 per cento.

Si prevede poi, un regime analogo alla sospensione d’imposta, ove il ristorno non sia erogato al socio, ma venga destinato ad aumento del capitale sociale. L’imponibilita? fiscale in tal caso è rinviata ad un secondo momento, ovvero in sede di restituzione del capitale sociale, comprensivo della quota di ristorno.

 

L’articolo 9 in esame interviene sulla predetta disciplina della tassazione dei ristorni in capo al socio di società cooperative, in particolare aggiungendo alcuni periodi alla fine del comma 2 dell’illustrato articolo 6 del decreto-legge n. 63 del 2002.

Nel dettaglio le norme in commento (comma1) prevedono che, per le somme attribuite ad aumento del capitale sociale nei confronti di soci persone fisiche, la cooperativa abbia la facolta? di applicare, previa delibera assembleare, la ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’imposta all’atto della loro attribuzione a capitale sociale.

In tal modo, viene ridotta l’aliquota dal 26 al 12,5 per cento, consentendo però di anticipare il momento della tassazione dei ristorni all'atto dell'attribuzione al capitale sociale, piuttosto che al rimborso dello stesso.

Le disposizioni chiariscono che tra i soci persone fisiche non sono compresi gli imprenditori (di cui all’articolo 65, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) nonche? i detentori di partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) del medesimo TUIR.

 

Il richiamato articolo 65, comma 1 dispone che per le imprese individuali, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano relativi all'impresa oltre ad alcune categorie di ricavi, anche quelli strumentali per l'esercizio dell'impresa stessa e i crediti acquisiti nell'esercizio dell'impresa stessa, nonché i beni appartenenti all'imprenditore che siano indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario.

Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) TUIR, è cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio delle società qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

 

La facolta? si esercita con il versamento della ritenuta, da effettuarsi entro il 16 del mese successivo a quello di scadenza del trimestre solare in cui e? avvenuta la delibera assembleare.

Ai sensi del comma 2, l’applicazione della ritenuta del 12,50 per cento è retroattiva: essa puo? essere applicata con le medesime modalita? e termini alle somme attribuite ad aumento del capitale sociale deliberate anteriormente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, in luogo della tassazione prevista dalla previgente normativa.


 

Articolo 10
(Riduzione della tassazione dei dividendi
per gli enti non commerciali
)

 

 

L’articolo 10 intende detassare il 50 per cento degli utili degli enti non commerciali, dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali enti esercitino, in via esclusiva o principale, una o piu? attivita? di interesse generale per il perseguimento di finalita? civiche, solidaristiche e di utilita? sociale, in alcuni settori individuati ex lege.

Il risparmio d’imposta deve essere destinato al finanziamento delle predette attivita? di interesse generale. Sono esclusi dall’agevolazione gli utili derivanti dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Le fondazioni bancarie, infine, destinano l’imposta sul reddito non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale, accantonandola in un apposito fondo.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che gli utili percepiti dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché dai trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, D.P.R. n.917 del 1986), ovvero dalle stabili organizzazioni di tali enti nel territorio dello Stato (ai sensi della successiva lettera d) del medesimo articolo 73, comma 1) siano esenti da IRES, o più precisamente non concorrano alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50 per cento a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021.

Condizione per l’accesso all’agevolazione è che esercitino, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale una o piu? attivita? di interesse generale per il perseguimento di finalita? civiche, solidaristiche e di utilita? sociale nei settori indicati dal successivo comma 2.

Sono esclusi da tale misura gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del TUIR.

 

La richiamata disposizione prevede che i regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all'Unione europea, ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a)   nel caso in cui l'impresa o l'ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove siano assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia (condizione di cui al comma 4, lettera a), dell’articolo 167 TUIR);

b)   in mancanza del requisito del controllo, laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell'impresa o dell'ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull'aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell'attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l'attività ricompresa nell'ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto.

 

Per usufruire della detassazione degli utili, gli enti non commerciali devono svolgere attività nei settori di interesse generale nei seguenti ambiti (comma 2):

a)   famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza;religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;

b)  prevenzione della criminalita? e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualita?; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attivita? sportiva, prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali;

c)   ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualita? ambientale;

d)  arte, attivita? e beni culturali.

 

Ai sensi del comma 3, i destinatari della detassazione devono destinare l’imposta sul reddito delle societa? non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale ivi indicate, accantonando l’importo non ancora erogato in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.

 

Il comma 4 prevede che le fondazioni bancarie (di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153) destinano l’imposta sul reddito non dovuta al finanziamento delle attivita? di interesse generale, accantonandola in un apposito fondo destinato all’attivita? istituzionale.

 

Si ricorda in questa sede che il legislatore, nel tempo, ha perseguito l’intento di agevolare fiscalmente il settore del no profit. La legge 6 giugno 2016, n. 106 ha conferito al Governo una delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.  In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 111 - Codice del Terzo settore, integrato e corretto successivamente dal decreto legislativo n. 105 del 2018, con il quale si provvede tra l'altro al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti.

In estrema sintesi, il Titolo X del codice (artt. 79-89) disciplina il regime fiscale degli enti del Terzo settore. Sostanzialmente si dispone l'applicazione agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice, il quale reca specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti si applicano inoltre le norme del TUIR relative all'IRES, in quanto compatibili. Si introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale, basato sui coefficienti di redditività. Le norme individuano le attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non commerciali. In particolare, si presume che tali attività si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 10 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi di imposta consecutivi. Viene attribuito un credito d'imposta per coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore non commerciali. Sono poi introdotte disposizioni che attribuiscono ulteriori benefici, non previsti dalle previgenti norme tributarie; viene introdotta una disciplina unitaria per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali.

Con riferimento alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale, sono elencate una serie di attività che, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato. Anche le organizzazioni di volontariato usufruiscono della detraibilità del 35 per cento delle erogazioni liberali eseguite in loro favore; gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta di registro. Sono esenti da IRES i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali.

Viene disciplinato il regime tributario delle associazioni di promozione sociale, iscritte nell'apposita sezione speciale del Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostanziale continuità con le previgenti norme ma con alcuni interventi di aggiornamento e razionalizzazione. Si prevede per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale la possibilità di applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare il limite di ricavi di 130.000 euro nel periodo d'imposta precedente. E’ poi introdotta una disciplina specifica relativa agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore.

Con il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112 (successivamente modificato dal D.Lgs. N. 95 del 2018) si è proceduto a revisionare la disciplina dell'impresa sociale: si consente tra l'altro all'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (entro certi limiti) e si estende il novero di attività che configurano una "utilità sociale" a fini di legge, con l'attribuzione inoltre di alcuni incentivi fiscali.

 

Al riguardo si ricorda che il Codice del terzo settore definisce come enti del Terzo settore (articolo 4) le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Il successivo articolo 5 del Codice chiarisce che gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attività aventi una molteplicità di oggetti, tra cui gli interventi e servizi sociali, educazione, istruzione e formazione professionale, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, e così via.

Tali attività sembrano, dunque, parzialmente sovrapponibili con le “attività nei settori di interesse generale” individuate nell’articolo in esame.

 

Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni specifiche del Codice nonché le norme IRES di cui al titolo II del TUIR, in quanto compatibili (articolo 79, comma 1 del Codice).

Le attività di interesse generale di un ETS si considerano di natura non commerciale (dunque non tassabili) quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto anche degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento (articolo 79, comma 2).

Inoltre si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore (articolo 79, comma 5) che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di interesse generale indicate dal Codice (di cui all'articolo 5), in conformità ai criteri indicati dalla legge. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di interesse generale, svolte in forma d'impresa e non in conformità ai criteri indicati dalla legge, nonché le attività diverse da quelle di interesse generale nel medesimo periodo d'imposta, superano le entrate derivanti da attività non commerciali

 

Come chiarito dall’Agenzia delle entrate, in linea teorica gli enti non commerciali si caratterizzano per non avere quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un'attività di natura commerciale, che non determina reddito d'impresa. Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell'ente non commerciale la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l'assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati di gestione.

Tuttavia, la presenza del comma 2 nella norma in commento - che prescrive, quale condizione per l’accesso all’agevolazione, lo svolgimento di attività in settori “di interesse generale” – non consente di individuare con precisione la platea dei destinatari della misura.

In particolare, occorrerebbe chiarire se la detassazione degli utili coinvolge anche gli Enti del Terzo Settore – ETS “non commerciali” secondo le disposizioni del relativo Codice. Più in generale, occorrerebbe valutare l’opportunità di un coordinamento normativo con le disposizioni del Codice.

 


 

TITOLO III – CRESCITA E INVESTIMENTI

Articolo 11
(Cofinanziamento nazionale fondi EU periodo 2021-2027)

 

 

L’articolo 11 stabilisce le modalità di copertura degli oneri per il cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027 a valere sulle risorse dei fondi strutturali (FSE e FESR) e del Fondo per la giusta transizione, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP) a titolarità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (comma 2), a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato (comma 3) e dei c.d. “interventi complementari” (comma 4); vengono inoltre definite le attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei programmi ed interventi cofinanziati, effettuate per mezzo del sistema informatico della Ragioneria generale dello Stato (commi 5-7).

 

Il comma 1 stabilisce che a seguito dell’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale del periodo di programmazione 2021-2027 - ormai in fase avanzata - e dei relativi regolamenti, il CIPE, con apposita deliberazione, definisce i tassi di cofinanziamento nazionale massimi applicabili e l’onere a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie per i programmi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027.

Il comma precisa che il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, previsto dalla legge n. 183 del 1987 (c.d. Fondo IGRUE), concorre alla copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027, a valere sulle risorse dei fondi strutturali (FSE e FESR), del Fondo per la giusta transizione (JTF)[12], del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP).

 

In particolare:

§  per il cofinanziamento nazionale pubblico relativo agli interventi a titolarità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (i c.d. Programmi operativi regionali – POR), il Fondo IGRUE concorre nella misura massima del 70 per cento degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli programmi.

La restante quota massima del 30 per cento è posta a carico ai bilanci delle Regioni e delle Province Autonome, nonché degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi (comma 2).

§  per gli interventi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato (c.d. Programmi operativi nazionali - PON), la copertura è integralmente posta a carico del Fondo IGRUE (comma 3, primo periodo).

§  gli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica dei programmi dell'Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”, dei quali l’Italia è partner ufficiale, dei programmi “Strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale” e dei programmi di “Assistenza alla pre-adesione” con Autorità di gestione italiana, sono a totale carico del Fondo IGRUE (comma 3, secondo periodo).

 

Il comma 4 stabilisce, inoltre, che il Fondo IGRUE concorre altresì, nei limiti delle proprie disponibilità, al finanziamento degli oneri relativi all’attuazione di eventuali “interventi complementari[13] rispetto ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali UE 2021-2027, inseriti nell’ambito della programmazione strategica definita con il prossimo Accordo di partenariato 2021-2027, il documento strategico che fissa gli obiettivi dei fondi europei per il ciclo 2021-2027, per il quale è stato avviato il percorso di definizione tra lo Stato italiano e la Commissione europea.

Al fine di massimizzare le risorse destinabili agli interventi complementari, il comma prevede che le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano possono concorrere al finanziamento degli interventi complementari con risorse a carico dei propri bilanci.

L’erogazione delle risorse, a fronte di spese rendicontate, ha luogo previo inserimento, da parte dell’Amministrazione titolare, dei dati di attuazione sul sistema informatico previsto dal successivo comma 6.

 

Alla luce delle disposizioni di cui ai commi 1-4 in esame, il Fondo di rotazione viene incrementato dell’importo necessario a garantire al Fondo le risorse per la copertura degli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale pubblica relativa agli interventi cofinanziati dall’UE per il periodo 2021-2027, dell’importo indicato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari delle disposizioni del disegno di legge di bilancio.

Al riguardo, nella Relazione tecnica al d.d.l di bilancio si riporta che “l’intervento complessivo massimo del Fondo di rotazione di cui alla legge 183/1987, in forza dei suddetti criteri, è stimato in relazione al ciclo 2021/2027, in 2 miliardi per il 2021, 2,5 miliardi per il 2022, 4,624 miliardi per il 2023, 5 miliardi per ciascuno degli anni dal 2024 al 2027, 3,3 miliardi per ciascuno degli anni 2028 e 2029 e 3,276 miliardi per l’anno 2030”, per un importo complessivo pari a 39 miliardi per il periodo 2021-2030

 

Nella successiva tabella sono riportate le risorse del Fondo IGRUE (iscritto al cap. 7493 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), come incrementate per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 11 in esame. Contestualmente, la Sezione II del d.d.l. di bilancio opera una riprogrammazione delle risorse a legislazione vigente, con una posticipazione di 3,2 miliardi dal 2023 al 2024.

(milioni di euro)

Fondo IGRUE (cap. 7493/MEF)

2021

2022

2023

2024 e ss

Bilancio a legislazione vigente

4.125,0

5.375,0

6.475,0

19.525,0

Art. 11 - Risorse 2021-27

2.000,0

2.500,0

4.624,0

29.876,0

Riprogrammazione II Sezione

-

-

-3.199,0

3.199,0

D.D.L. BILANCIO 2021

6.125,0

7.875,0

7.900,0

52.600,0

 

Il comma 5 disciplina le attività di monitoraggio degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per la programmazione 2021-2027, a valere sui Fondi strutturali, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), sul Fondo per una transizione giusta (JTF), sul Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (FEAMP), sugli altri strumenti finanziari previsti, ivi compresi quelli attinenti la cooperazione territoriale europea, nonché degli interventi complementari previsti nell’ambito dell’Accordo di partenariato.

Il monitoraggio è assicurato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello StatoIGRUE (Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea).

La Ragioneria generale è altresì competente per il monitoraggio degli interventi a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2021-2027.

 

Il comma dispone che le Amministrazioni centrali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano assicurano, per gli interventi di rispettiva competenza (PON e POR), la rilevazione dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale a livello di singolo progetto, secondo le specifiche tecniche definite congiuntamente tra la Ragioneria generale e le Amministrazioni centrali dello Stato responsabili del coordinamento per i singoli fondi.

A tal fine, per garantire la standardizzazione delle relative procedure attuative previste dai sistemi di gestione e controllo, la Ragioneria generale dello Stato (Ispettorato generale per l’informatica e l’innovazione tecnologica - IGIT) sviluppa e rende disponibile per le amministrazioni responsabili un apposito sistema informatico per il supporto nelle fasi di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei programmi ed interventi cofinanziati (comma 6).

Gli oneri per la realizzazione del suddetto sistema informatico sono valuti dalla Relazione tecnica in 10 milioni di euro.

 

Il comma 7 provvede alla copertura dell’onere derivante dalla realizzazione di tale sistema informatico – che la Relazione tecnica valuta in 10 milioni di euro – a valere sulle risorse già stanziate per il “Programma complementare di azione e coesione per la Governance dei Sistemi di Gestione e controllo 2014-2020”.

A tal fine viene modificato l’articolo 242, comma 7, del D.L. n. 34 del 2020[14]. Nello specifico si prevede che il “Programma complementare di azione e coesione per la Governance dei Sistemi di Gestione e controllo 2014-2020” (delibera CIPE n. 114 del 2015) sia integrato con “interventi di rafforzamento della capacità amministrativa e tecnica per assicurare la chiusura della programmazione 2014/2020[15]  e l’efficace avvio del nuovo ciclo di programmazione UE 2021-2027”, utilizzando  le risorse già stanziate per il finanziamento di tale Programma complementare.

Per quanto riguarda i programmi della futura politica di coesione, sono tuttora in corso i negoziati tra le Istituzioni europee nell’ambito di quelli più generali sul nuovo bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027 e su Next Generation EU, il nuovo strumento dell'UE che raccoglierebbe fondi sui mercati e li canalizzerebbe verso i programmi destinati a favorire la ripresa economica e sociale.

I negoziati proseguono sulla base dell’accordo raggiunto dai leader dell’UE al Consiglio europeo di luglio 2020 che prevede (prezzi 2018) 330,9 miliardi di euro per la coesione economica, sociale e territoriale gestita dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR - circa 200,3 miliardi di euro), dal Fondo di coesione (circa 42,6 miliardi di euro) e dal Fondo sociale europeo plus (FSE+ - circa 88 miliardi di euro), cui si aggiunge la nuova iniziativa REACT-EU (47,5 miliardi di euro, tutti tramite Next generation EU) specificamente adottata, per gli anni 2021-2022, per assegnare risorse supplementari volte a rafforzare l'economia e l'occupazione nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia COVID-19.

Al riguardo, si segnala che i negoziati stanno proseguendo con difficoltà a causa di una serie di criticità e divergenze che si stanno registrando su diversi elementi dell’accordo. Ciò sta inevitabilmente comportando un allungamento dei tempi per la finalizzazione dell'iter legislativo, con il conseguente rischio di ritardare l'avvio dei nuovi programmi, non solo della coesione, e la messa a disposizione dei fondi di Next Generation EU.

In particolare, da ultimo, i Governi di Polonia e Ungheria hanno messo il proprio veto in Consiglio sull’approvazione del bilancio e della decisione sulle risorse proprie (che richiedono l’unanimità) in ragione della loro contrarietà all’introduzione di una condizionalità per l’erogazione dei fondi legata al rispetto dello Stato di diritto.

Secondo quanto concordato, i futuri programmi della politica di coesione dovranno offrire sostegno in particolare agli strumenti della ripresa, ad esempio sul piano della resilienza dei sistemi sanitari nazionali e in settori quali il turismo e la cultura; dovranno sostenere anche le piccole e medie imprese, l'occupazione giovanile, l'istruzione, le competenze e contrastare la povertà minorile.

In particolare, venendo più nello specifico, le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" ammonterebbero complessivamente a circa 322,2 miliardi di euro e sarebbero così ripartite: circa 202,3 miliardi per le regioni meno sviluppate; circa 47,8 miliardi per le regioni in transizione; circa 27,2 miliardi per le regioni più sviluppate; 42,5 miliardi per gli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione; 1,9 miliardi destinati ai finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche; 500 milioni di euro destinati agli investimenti interregionali in materia di innovazione. L'ammontare delle risorse disponibili per l'FSE+ a titolo dell'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" dovrebbe essere pari a 87,3 miliardi di euro. Le risorse destinate all'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (Interreg) ammonterebbero complessivamente a circa 7,9 miliardi di euro.

Le risorse del FESR e dell'FSE+ destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" dovrebbero essere assegnate a tre tipi di regioni di livello NUTS 2:

-      regioni meno sviluppate, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

-      regioni in transizione, il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 100% della media del PIL dell'UE a 27;

-      regioni più sviluppate, il cui PIL pro capite è superiore al 100% della media del PIL dell'UE a 27.

Il Fondo di coesione dovrebbe continuare a sostenere gli Stati membri il cui reddito nazionale lordo (RNL) pro capite è inferiore al 90% dell'RNL medio pro capite dell'UE a 27 (l'Italia, quindi, ne resterebbe esclusa).

Per quanto riguarda il metodo di ripartizione per le regioni meno sviluppate ammissibili nell'ambito dell'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita", l'indice di prosperità relativa, misurato in SPA rispetto alla media dell'UE a 27, dello Stato membro in cui è situata la regione ammissibile, sarebbe:

-      per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è inferiore all'82% della media dell'UE: 2,85% (rispetto al 3,15% dell'attuale bilancio pluriennale);

-      per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è compreso tra l'82% e il 99% della media dell'UE: 1,25% (rispetto al 2,7% dell'attuale bilancio pluriennale);

-      per le regioni situate in Stati membri il cui livello di RNL pro capite è superiore al99% della media dell'UE: 0,75% (rispetto all'1,65% dell'attuale bilancio pluriennale).

Infine, il tasso di cofinanziamento per l'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" non dovrebbe essere superiore: all’85% per le regioni meno sviluppate; al 70% per le regioni in transizione che nel periodo di programmazione 2014-2020 erano classificate come regioni meno sviluppate; al 60% per le regioni in transizione; al 40% per le regioni più sviluppate (per il periodo di programmazione vigente i tassi di cofinanziamento sono, invece, i seguenti: l'80 o l'85% per le regioni meno sviluppate; il 60% per le regioni in transizione; il 50% per le regioni più sviluppate).

 


 

Articolo 12
(Proroga detrazioni per le spese di riqualificazione
energetica e di ristrutturazione edilizia)

 

 

L'articolo 12 dispone la proroga per l’anno 2021 delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia, per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, nonché per il recupero o il restauro della facciata esterna degli edifici.

Detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica

L’articolo 12, comma 1, lettera a) proroga al 31 dicembre 2021 il termine previsto per avvalersi della detrazione fiscale (dall’Irpef e dall’Ires) nella misura del 65% per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus) disposta ai commi 1 e 2 dell’articolo 14, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di efficienza energetica.

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo da numerosi provvedimenti, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo) delle spese sostenute entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione; la realizzazione di interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi; l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università (articolo 1, commi da 344-347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296);

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (articolo 1, comma 48, legge 13 dicembre 2010, n. 220);

§  per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006 (articolo 14, decreto legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

La disposizione proroga altresì a tutto il 2021 la detrazione per le spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti (fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro) nonché la detrazione nella misura del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro. (comma 2-bis dell’articolo 14, D.L. 63/2013).

 

Per una dettagliata ricognizione delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico si consiglia la lettura della Guida dell’Agenzia delle entrate. Per una panoramica della materia si rinvia alle pagine web Riqualificazione energetica degli edifici: l'ecobonus e Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

Si segnala, inoltre, che il Servizio studi della Camera, in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME ha pubblicato un dossier in materia di recupero e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio da cui emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2019, 19,5 milioni di interventi, ossia - considerando che le abitazioni sono il principale oggetto degli interventi di rinnovo - oltre il 62,5% delle abitazioni italiane stimate dall'ISTAT (31,2 milioni). In venti anni le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a quasi 322 miliardi di euro. Il dato a consuntivo per il 2018 indica un volume di investimenti pari a 28.487 milioni di euro veicolati dagli incentivi, riconducibili a 3.331 milioni di euro per la riqualificazione energetica e a 25.156 milioni di euro per il recupero edilizio.

 

Sulla materia si ricorda inoltre che l’articolo 121 del decreto-legge n.34 del 2020-Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. decreto Rilancio) stabilisce che i soggetti che negli anni 2020 e 2021 sostengono spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

§  per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari

§  per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Ai fini della cessione o dello sconto in luogo della detrazione l’Agenzia delle entrate ha pubblicato una circolare e due provvedimenti che ne definiscono le disposizioni di attuazione:

Circolare 8 agosto 2020, n. 24/E, nella quale viene chiarito che tra gli interventi per i quali è possibile optare per la cessione o lo sconto rientrano quelli di efficienza energetica indicati nell'articolo 14 del decreto legge n. 63 del 2013.

Provvedimento 8 agosto 2020, n. 283847 recante disposizioni di attuazione per l'esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici;

Provvedimento del 12 ottobre 2020, n. 326047 recante modifiche al modello per la comunicazione dell'opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica.

Sono stati altresì pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 5 ottobre 2020 i decreti del MISE recanti i requisiti tecnici e delle asseverazioni per l'accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici. In sintesi, il primo decreto definisce gli interventi che rientrano nelle agevolazioni ecobonus, bonus facciate e superbonus al 110%, in particolare specificando i requisiti tecnici, nonché i costi massimali per singola tipologia di intervento e i soggetti ammessi alla detrazione. Il secondo decreto disciplina la modulistica e le modalità di trasmissione dell'asseverazione agli organi competenti, tra cui Enea, le verifiche ai fini dell'accesso al beneficio della detrazione diretta, alla cessione o allo sconto di cui all'art. 121 del decreto rilancio, nonché i controlli a campione sulla regolarità dell'asseverazione e le eventuali sanzioni.

Si ricorda, inoltre, che l'articolo 119 del sopra citato decreto legge 34 del 2020 introduce una detrazione pari al 110% (Superbonus) delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali su unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari, nonché sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due). A queste tipologie di spese, dette trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione però che siano eseguiti congiuntamente (trainati) ad almeno un intervento trainante. A tale proposito, nella richiamata circolare 24/E, viene chiarito che il Superbonus spetta anche per le spese sostenute per tutti gli interventi di efficientamento energetico indicati nell'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 nei limiti di detrazione o di spesa previsti da tale articolo per ciascun intervento. La maggiore aliquota si applica tuttavia solo se gli interventi sono eseguiti congiuntamente con almeno uno degli interventi di isolamento termico o di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale previsti dall’articolo 119 e sempreché assicurino, nel loro complesso, il miglioramento di due classi energetiche oppure, ove non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta e a condizione che gli interventi siano effettivamente conclusi.

Sul tema si consiglia la lettura del dossier Il superbonus edilizia al 110 per cento nei decreti Rilancio e Agosto e nei provvedimenti attuativi realizzato dal servizio Studi della Camera dei deputati.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La lettera b), n. 1, del comma 1, modifica l’articolo 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di ristrutturazione edilizia, prorogando al 31 dicembre 2021 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR ovvero interventi di:

§  manutenzione ordinaria (solo sulle parti comuni di edifici residenziali), straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia (sulle parti comuni di edificio residenziale e sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale);

§  ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;

§  realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali;

§  eliminazione delle barriere architettoniche;

§  prevenzione del compimento di atti illeciti da parte di terzi;

§  cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;

§  risparmio energetico con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

 

Per un approfondimento delle agevolazioni fiscali previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia si rinvia alla Guida dell’Agenzia delle entrate nonché alla pagina web Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica del Portale della documentazione della Camera dei deputati.

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

La lettera b), n. 2), del comma 1 proroga al 2021 la detrazione al 50 per cento (ripartita in dieci quote annuali di pari importo e calcolata su un importo massimo di 10.000 euro) prevista per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici di classe non inferiore ad A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. Si ricorda che le spese per l'acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l'acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro.

 

Per una ricognizione completa delle detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici si suggerisce la consultazione della Guida dell’Agenzia delle entrate.

Detrazioni fiscali per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici

Infine, il comma 2 dell’articolo in esame proroga per l’anno 2021 la detrazione per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici (cd. bonus facciate).

Si ricorda che il comma 219 della legge di bilancio 2020 ha introdotto la detraibilità dall'imposta lorda del 90 per cento delle spese documentate, sostenute nell’anno 2020, relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici ubicati in specifiche zone (cd bonus facciate).

In particolare la norma stabilisce che per le spese documentate, sostenute nel 2020 per interventi, anche di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici ubicati in zona A o B ai sensi del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 90 per cento.

L'articolo 2 del citato decreto ministeriale n. 1444 del 1968, prevede la definizione di zone territoriali omogenee, per cui:

§  la zona A include le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

§  la zona B include le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5 per cento (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.

L’agevolazione può essere usufruita da inquilini e proprietari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, persone fisiche e imprese.

 

Per una dettagliata panoramica sulla materia si consiglia la lettura della guida Bonus facciate realizzata dall’Agenzia delle entrate.


 

Articolo 13
(Proroga bonus verde)

 

 

L'articolo 13 proroga di un anno (a tutto il 2021) l’agevolazione fiscale inerente la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36 per cento della spesa sostenuta, nel limite di spesa di 5.000 euro annui e - pertanto - entro la somma massima detraibile di 1.800 euro.

 

La misura prorogata è stata introdotta nella legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi da 12 a 15). La disposizione in vigore specifica che gli interventi per cui è possibile ottenere la detrazione sono:

§  la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;

§  la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

 

Condizioni per la detraibilità della spesa sono che:

§  le spese siano documentate ed effettuate con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni;

§  le spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.

 

Ai sensi del comma 13 della citata legge di bilancio per il 2018, la detrazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, entro il medesimo importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale ipotesi la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che essa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi ivi indicati.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli aspetti applicativi la disposizione in esame rinvia alle norme sulla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 16-bis, commi 5, 6 e 8 del testo unico delle imposte sui redditi (d. P. R. n. 917 del 1986).

 

Si ricorda, infine, che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato è disciplinata dall'articolo 12 della legge 28 luglio 2016, n. 154. È rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la regolazione delle modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione necessari per ottenere i relativi titoli abilitativi.


 

Articolo 14
(
Rifinanziamento degli interventi di riconversione
e riqualificazione produttiva di aree di crisi
)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 14 incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 150 milioni di euro per l’anno 2021, di 110 milioni di euro per l’anno 2022 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, destinando le relative risorse alla riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale di cui all’articolo 27 del D.L. n. 83/2012.

Il comma 2 demanda ad un decreto ministeriale il riparto delle risorse tra gli interventi nelle aree di crisi industriale complessa e nelle aree di crisi non complessa.

 

La relazione tecnica al provvedimento evidenzia che lo strumento agevolativo è risultato di elevato interesse per il sistema delle imprese, in particolare delle PMI, localizzate in tutto il territorio nazionale, confermando un trend di crescita degli investimenti produttivi, soprattutto in determinate zone, anche del Mezzogiorno. Difatti, la dotazione finanziaria attualmente disponibile, al netto delle risorse di cui alla legge di bilancio 2020 (L. n. 162/2019), è da considerarsi esaurita.

 

Il meccanismo di sostegno delineato dalla legge n. 181/1989, riformato dal successivo D.L. n. 83/2012 e dal D.L. n. 145/2013, consiste nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale nelle aree – soggette a recessione economica e crisi occupazionale - dichiarate dal MiSE di crisi complessa o non complessa.

I progetti promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

Per l’approvazione dei progetti, si prevede lo strumento degli accordi di programma. Gli accordi di programma disciplinano gli interventi agevolativi per investimenti produttivi nelle aree di crisi.

 

Le aree di crisi industriale complessa riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio. L'articolo 27, comma 8, del D.L. n. 83/2012 demanda al MiSE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza presentata dalla regione interessata. Il Ministero cura l'attuazione di politiche e programmi per la reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori colpiti dalla crisi mediante l'adozione di PRRI -Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. I PRRI promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi. I progetti sono adottati tramite appositi accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi. E’ stato demandato ad un decreto di natura non regolamentare la disciplina delle modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale (D.M. 31 gennaio 2013).

Quanto alle aree di crisi non complessa, l'articolo 27, comma 8-bis, del D.L. n. 83/2012 (introdotto dal successivo D.L. n. 145/2013) ha anch’esso demandato ad un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione. Il Decreto ministeriale 4 agosto 2016 ha proceduto all'individuazione delle aree di crisi industriale non complessa che riguardano i territori individuati dal decreto direttoriale 19 dicembre 2016. Con decreto direttoriale 24 febbraio 2017 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande per l'accesso alle agevolazioni.

Quanto ai benefici concedibili alle imprese nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa, il nuovo Decreto ministeriale 30 agosto 2019 – adottato ai sensi dell'articolo 29, commi 3 e 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (cd. D.L. Crescita)- e la circolare Circolare 16 gennaio 2020 n. 10088 della Direzione generale incentivi alle imprese del MISE, come successivamente modificata dalla Circolare 26 maggio 2020 n. 153147 stabiliscono i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni, in sostituzione della originaria disciplina attuativa recata dal decreto ministeriale 9 giugno 2015 . I soggetti beneficiari dei benefici sono le imprese costituite in forma di società di capitali, ivi incluse le società cooperative di cui all’articolo 2511 e seguenti del codice civile, e le società consortili di cui all’articolo 2615-ter del codice civile, nonché le reti di imprese mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete, i cui programmi d’investimento riguardano unità produttive ubicate in territori riconosciuti di crisi industriale complessa o non complessa. In merito alle attività ammesse, sono ricomprese tutte le attività economiche appartenenti alla sezione C dell’ATECO 2007 ad eccezione delle attività non ammissibili per divieti e limitazioni derivanti dalle vigenti disposizioni europee (cfr. meglio, .

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. – Invitalia, è soggetto gestore della misura, al cui sito istituzionale si rinvia, relativamente alle aree di crisi attive.

Si rammenta che il D.L. n. 76/2020 (articolo 39) ha incluso tra i programmi di investimento nelle aree di crisi industriali agevolati a valere sulla misura, la fabbricazione di gas industriali, limitatamente ai programmi di investimento per la tutela ambientale, in conformità e alle condizioni di cui alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

Per ciò che concerne le risorse per gli interventi (sia in aree di crisi industriale complessa che in quelle di crisi non complessa), l’articolo 27, comma 10, del D.L. n. 83 ha disposto che le risorse già destinate al finanziamento degli interventi del D.L. n. 120/1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni già assunti, affluissero all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreti del Ministro dell'economia, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MiSE per la successiva assegnazione al Fondo per la crescita sostenibile. Contestualmente, la norma ha disposto che all'attuazione degli interventi previsti dai Progetti si provveda a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo per la crescita sostenibile, una finalità delle quali è appunto il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (art. 23, co. 2, lett. b) D.L. n. 83/2012). Le attività sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili (comma 9).

Per le aree di crisi complessa e non complessa affluiscono anche risorse a valere sui Fondi strutturali, in particolare le risorse del PON «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, Asse III-Competitività PMI

La legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018, articolo 1, commi 204 e 205) ha incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo crescita sostenibile destinando tali risorse al finanziamento degli interventi nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa.

La successiva legge di bilancio 2020 (Legge n. 162/2019, articolo 1, comma 230) ha ulteriormente incrementato la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 50 milioni per l’anno 2020 e di 100 milioni di euro per l’anno 2021 destinando le relative risorse alla riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale, complessa e non complessa di cui all’articolo 27 del D.L. n. 83/2012.

Articolo 15
(
Sostegno al settore turistico tramite i contratti di sviluppo)

 

 

L'articolo 15 interviene sulla vigente disciplina concernente l’accesso ai contratti di sviluppo. Esso prevede che la soglia di accesso ai contratti di sviluppo pari a 20 milioni di euro è ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l’importo minimo dei progetti d’investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro. I programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all’ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all’accoglienza dell’utente, finalizzati all’erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Ai predetti investimenti si applicano le rispettive discipline agevolative vigenti. Il MISE è chiamato a impartire al Soggetto Gestore (all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia) le direttive eventualmente necessarie ai fini della corretta attuazione delle nuove disposizioni

 

Nel dettaglio, il comma 1, al fine di sostenere il settore del turismo, promuovendo la realizzazione di programmi in grado di ridurre il divario socio-economico tra aree territoriali del Paese e di contribuire ad un utilizzo efficiente del patrimonio immobiliare nazionale, nonché di favorire la crescita della catena economica e l’integrazione settoriale, prevede che:

a)   la soglia di accesso ai contratti di sviluppo pari a 20 milioni di euro è ridotta a 7,5 milioni di euro per i programmi di investimento che prevedono interventi da realizzare nelle aree interne del Paese ovvero il recupero e la riqualificazione di strutture edilizie dismesse. Per i medesimi programmi, l’importo minimo dei progetti d’investimento del proponente è conseguentemente ridotto a 3 milioni di euro;

b)  i programmi di sviluppo riguardanti esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli possono essere accompagnati da investimenti finalizzati alla creazione, alla ristrutturazione e all’ampliamento di strutture idonee alla ricettività e all’accoglienza dell’utente, finalizzati all’erogazione di servizi di ospitalità, connessi alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Ai predetti investimenti si applicano le rispettive discipline agevolative vigenti.

La vigente disciplina concernente l’accesso ai contratti di sviluppo è dettata dall’articolo 3, comma 4-bis, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013).

 

Si veda l'apposito approfondimento dei temi dell'attività parlamentare.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 3 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013) ha attribuito 150 milioni di euro una tantum - a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile - per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, riguardanti territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria.

In particolare, lo stanziamento di 150 milioni di euro è stato destinato a finanziare, nel quadro degli interventi di cui all’articolo 43, del D.L. n. 112/2008, i programmi di sviluppo nel settore industriale, ivi inclusi quelli relativi alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Tali programmi dovevano esser realizzati nei territori regionali che, sulla base delle fonti finanziarie disponibili alla data di entrata in vigore del D.L. 69/2013, non fossero destinatari di risorse per la concessione delle agevolazioni.

Il D.M. 9 dicembre 2014, più volte modificato, reca la disciplina vigente in materia di contratti di sviluppo, in attuazione dell'art. 43 del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008).

Il comma 2 ha previsto che detti programmi fossero agevolati tramite la concessione del solo finanziamento agevolato, nel limite massimo del 50% dei costi ammissibili.

Alla concessione del contributo a fondo perduto si provvede, conformemente a quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del decreto interministeriale del 24 settembre 2010, nel limite finanziario dell'eventuale cofinanziamento regionale disposto in favore dei singoli programmi d'investimento.

Si ricorda che il comma 1, dell’articolo 8 ha previsto che la proposta definitiva di contratto di sviluppo è presentata dal proponente all’Agenzia (Invitalia), che ne invia immediatamente copia alla Regione o alle Regioni interessate, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all’articolo 7, comma 3, prorogabile una sola volta di non oltre 30 giorni. Decorso tale termine perentorio, senza che la documentazione prevista sia stata presentata o qualora quella presentata risulti incompleta, la stessa non è più ricevibile e la relativa istanza di accesso è considerata decaduta. La Regione o le Regioni, entro 30 giorni dal ricevimento della proposta comunica/no le proprie osservazioni ed il proprio parere ed eventualmente la disponibilità al cofinanziamento, specificandone la misura, all’Agenzia, che li trasmette immediatamente al MISE. Nel caso in cui la Regione o le Regioni non trasmettano entro il termine sopra indicato le proprie osservazioni ed il proprio parere, quest’ultimo si considera positivo.

Il comma 3 ha previsto che le risorse (150 milioni) volte a finanziare i tali programmi di sviluppo nel settore industriale e agricolo fossero a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile (articolo 23, D.L. n. 83/2012 e D.M. 8 marzo 2013). Le somme che non risultino impegnate entro il 30 giugno 2014 per le finalità previste dal medesimo comma ritornano nella disponibilità del Fondo per la crescita sostenibile.

Il comma 4 ha previsto che le modalità e i criteri per l'attuazione degli interventi di cui all’art. 43 del D.L. n. 112/2008 fossero definite con un decreto del Ministro dello sviluppo economico con riguardo a specifiche priorità in favore dei programmi ricadenti nei territori oggetto di accordi, stipulati dal medesimo Ministero, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

In attuazione della precedente disposizione è stato adottato il DM 14 febbraio 2014.

Il comma 4-bis ha specificato che il decreto del Ministro dello sviluppo economico - di cui al comma 4 - dovesse prevedere che l'importo complessivo delle spese e dei costi ammissibili degli investimenti oggetto del contratto di sviluppo, non fosse inferiore a 20 milioni di euro con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1 lettera a), dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 7,5 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

È inoltre specificato che nell'ambito del programma di sviluppo oggetto del contratto, i progetti di investimento del proponente devono prevedere spese ammissibili di importo non inferiore a dieci milioni di euro a parte eventuali progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, con riferimento ai programmi di sviluppo industriale di cui al comma 1, lettera a) dell'articolo 3 del D.M. 24 settembre 2010, ovvero 3 milioni di euro quando tali programmi riguardino esclusivamente attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

L'articolo 3, comma 1, del citato D.M. ha specificato che la proposta di contratto di sviluppo può avere ad oggetto diversi programmi. In particolare la lettera a) del medesimo comma riguarda il programma di sviluppo industriale definendolo come un'iniziativa imprenditoriale finalizzata alla produzione di beni e/o servizi, per la cui realizzazione sono necessari uno o più progetti d'investimento e, eventualmente, progetti di ricerca industriale e prevalente sviluppo sperimentale, come individuati nel Titolo IV, strettamente connessi e funzionali tra di loro in relazione al processo di produzione dei prodotti finali.

Il titolo IV stabilisce nel dettaglio la disciplina dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale specificando, tra l'altro che le agevolazioni relative ai progetti di sviluppo industriale possono essere concesse a fronte di progetti di sviluppo sperimentale che possono prevedere anche attività di ricerca industriale. In ogni caso, la parte di sviluppo sperimentale deve essere, in termini di costi agevolabili, prevalente rispetto a quella di ricerca industriale.

Ai sensi del D.M. 24 settembre 2010 per “ricerca industriale” si intende: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera b). Per “sviluppo sperimentale” si intende: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.

 

Il comma 2 chiama il MISE a impartire al Soggetto Gestore (all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia) le direttive eventualmente necessarie ai fini della corretta attuazione delle nuove disposizioni.

Il comma 3 autorizza la spesa di euro 100 milioni per il 2021 e 30 milioni per il 2022.

 


 

Articolo 16
(Erogazione in unica quota del contributo “Nuova Sabatini”)

 

 

L’articolo 16 interviene sulla “Nuova Sabatini”, misura di sostegno alle micro, piccole e medie imprese volta alla concessione, da parte di banche o intermediari finanziari, di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali "Industria 4.0", nonché di un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti.

Il comma 1 dell’articolo dispone che il contributo statale sia erogato in un’unica soluzione secondo modalità da determinare in sede attuativa con decreto ministeriale. Ai sensi della normativa vigente invece, la corresponsione in un’unica soluzione del contributo è prevista solo in caso di finanziamento di importo non superiore a 200.000 euro.

Il comma 2 rifinanzia la misura, per le finalità di cui al comma 1, di 370 milioni di euro per l’anno 2021.

 

 

La relazione tecnica al provvedimento evidenzia la rilevanza della misura agevolativa per il sistema produttivo italiano,  confermata dal forte interesse mostrato – fin dall’avvio del 2014 – sia da parte delle PMI beneficiarie che dai soggetti finanziatori.

 

Con la modifica normativa introdotta dal comma 1 all’articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013, si intende dunque semplificare ulteriormente l’accesso alla misura e, in particolare, variare l’attuale meccanismo di funzionamento– che prevede la ripartizione su 6 annualità delle agevolazioni (10% il primo anno, 20% dal secondo al quinto anno e 10% il sesto anno) – estendendo a tutte le iniziative l’erogazione in un’unica soluzione ad oggi prevista, come sopra accennato, per le domande con finanziamento di importo non superiore a euro 200.000,00 per effetto della recente modifica introdotta dall’art. 39, comma 1, del D.L. n. 76/2020 (cd. D.L. Semplificazioni, conv. con mod. in L. n. 120/2020).

 

La relazione tecnica evidenzia come la proposta di modifica si inserisca nel solco già segnato dal legislatore che è già intervenuto, a più riprese, disponendo deroghe alla iniziale regola di erogazione in sei quote annuali del contributo. Si rinvia, per la ricostruzione normativa, al box, infra.

L’eliminazione della predetta soglia del finanziamento consentendo l’erogazione del contributo in un’unica soluzione in favore di tutte le PMI beneficiarie indipendentemente dall’importo del finanziamento, costituirebbe un importante intervento semplificativo, con vantaggi in termini di efficienza, efficacia, economicità e rapidità nella gestione dello strumento per le imprese beneficiarie, che potranno introitare l’intero contributo riconosciuto subito dopo l’avvenuta realizzazione dell’investimento, senza dover attendere, per l’incasso della totalità del contributo, il lungo arco temporale di sei anni.

Infine, considerando le domande trasmesse negli anni 2019-2020, la relazione evidenzia che le operazioni con finanziamenti di importo non superiore a euro 200.000,00 rappresentano oltre il 73% rispetto al totale delle operazioni “Nuova Sabatini” e il contributo corrispondente a tali finanziamenti, ad oggi, rappresenta circa il 36% del totale. Pertanto, l’erogazione in un’unica soluzione delle agevolazioni, già oggi, riguarda la larga parte dell’operatività della misura agevolativa ed è pienamente rodata sul piano operativo-gestionale.

 

Per le finalità di cui al comma 1, il successivo comma 2 rifinanzia di 370 milioni di euro per l'anno 2021 l'autorizzazione di spesa relativa alla Nuova Sabatini, di cui all'articolo 2, comma 8, del D.L. n. 69/2013.

 

Lo strumento agevolativo cd. "Nuova Sabatini" – istituito dall'articolo 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziato ed esteso – costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle PMI all'acquisto, o all’acquisizione in leasing, di beni materiali (macchinari, impianti, beni strumentali d'impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware) o immateriali (software e tecnologie digitali) a uso produttivo.

La misura è finalizzata a migliorare l'accesso al credito per tali investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente:

§  l'accesso a finanziamenti agevolati per investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario). I finanziamenti sono concessi, dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing, nonché – a seguito della novella apportata dal D.L. n. 34/2019 - anche gli altri intermediari finanziari iscritti al relativo albo di cui all'articolo 106 del TUB (D.Lgs. 385/1993), che statutariamente operano nei confronti delle PMI

§  l’accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione, parametrato a un tasso di interesse convenzionalmente assunto (pari al 2,75% annuo per gli investimenti "ordinari" e al 3,575% per gli investimenti "Impresa 4.0").

La tipologia degli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio – inizialmente individuata in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013) - è stata estesa dalla legge di bilancio per il 2017 (Legge n. 232/2016) ai seguenti investimenti cd. "Industria 4.0": macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (articolo 1, comma 55 della legge di bilancio 2017 e circolare attuativa 15 febbraio 2017, n. 14036, allegati 6/A e 6/B). Per gli investimenti in beni strumentali cd. "Industria 4.0", la legge di bilancio 2017 ha costituito apposita riserva di risorse ed una maggiorazione del contributo statale in conto impianti concedibile a valere sulle nuove risorse dalla medesima legge stanziate.

La legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) oltre a rifinanziare, all’articolo 1, comma 40, la misura, ha mantenuto il meccanismo preferenziale, introdotto nell’anno precedente, per gli investimenti “Industria 4.0”. Ad essi ha riservata una quota pari al 30 per cento delle nuove risorse stanziate dalla medesima legge e ha disposto che il relativo contributo statale in conto impianti rimanga maggiorato del 30% rispetto alla misura massima concessa per le altre tipologie di investimento ammissibili. La legge ha altresì disposto che le risorse risultanti non utilizzate per la predetta riserva alla data del 30 settembre 2018, rientrino nella disponibilità complessiva della misura (articolo 1, comma 41). Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulla misura in questione dal 31 dicembre 2018 fino alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).

La legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018, articolo 1, comma 200) ha anch’essa rifinanziato la misura, mantenendo le percentuali di riserva, la maggiorazione per gli investimenti in beni 4.0. e il termine della concessione dei finanziamenti fino ad esaurimento delle risorse, già previsti dalla legge di bilancio per il 2018.

La legge di bilancio per il 2020 (L. n. 162/2019, articolo 1, commi 226-229) ha ulteriormente rifinanziato la misura, mantenendo sempre la riserva del 30% delle risorse e la maggiorazione del contributo statale del 30% per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”.

In più, ha disposto che a valere sulle risorse dalla stessa legge stanziate, per gli investimenti realizzati dalle PMI nel Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), la maggiorazione del contributo statale per investimenti “Industria 4.0” sia del 100%, nel limite complessivo di 60 milioni di euro. Il successivo D.L. 76/2020 (articolo 39) ha inoltre previsto che il contributo maggiorato alle MPMI del Mezzogiorno sia corrisposto in un’unica soluzione e che, in aggiunta allo stanziamento di 60 milioni di euro (di cui all’articolo 1, comma 226, terzo periodo, della legge di bilancio per il 2020: vedi supra), l’intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei, anche per sostenere, applicando la medesima maggiorazione del 100 per cento, investimenti diversi da quelli relativi a “Industria 4.0”.

Una ulteriore riserva pari al 25% delle risorse autorizzate dalla legge di bilancio 2020 è stata poi destinata alle micro, piccole e medie imprese a fronte dell’acquisto, anche mediante leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale. Anche per tali operazioni opera una maggiorazione del contributo statale, che viene rapportato, in via convenzionale, sul finanziamento a un tasso annuo del 3,575% (dunque, il contributo statale è maggiorato del 30% rispetto al contributo ordinario).

Le risorse delle riserve non utilizzate alla data del 30 settembre di ciascun anno rientrano nella disponibilità della misura.

La legge di bilancio 2020 ha inoltre disposto che sui finanziamenti concessi , la garanzia del Fondo di garanzia PMI operi in favore delle micro, piccole e medie imprese a titolo gratuito, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato.

 

Quanto ai finanziamenti agevolati concedibili per gli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio, la normativa istitutiva del 2013 aveva previsto che la concessione degli stessi avvenisse da parte di banche e società di leasing finanziario esclusivamente a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A. Successivamente, è intervenuto il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), che ha previsto la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento - compreso il leasing finanziario - non più necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).

I finanziamenti vengono concessi alle MPMI (micro, piccole e medie imprese) per un importo non superiore a 4 milioni di euro (e non inferiore a 20 mila euro), anche frazionato in più iniziative di acquisto, possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (art. 2, comma 3 del D.L. n. 69/2013, come novellato dall’articolo 20 del D.L. n. 34/2019).

Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell'ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo 29 settembre 2015.

Come detto, alle PMI beneficiarie è concesso - sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati - un contributo statale in conto impianti parametrato a un tasso di interesse convenzionalmente assunto e fissato dalla normativa secondaria attuativa della misura (2,75% annuo per gli investimenti "ordinari" e 3,575% per gli investimenti "Impresa 4.0")[16].

L'erogazione del contributo avviene sulla base delle dichiarazioni prodotte dalle imprese in merito alla realizzazione dell'investimento, in più quote determinate con il medesimo decreto. A fronte di finanziamenti di importo non superiore a 200.000 euro, l’erogazione del contributo avviene in un'unica soluzione (tale possibilità di erogazione unica è stata introdotta inizialmente dall’art. 20 del D.L. n. 34/2019, che l’ha consentita solo per finanziamenti fino a 100.000 euro. Il successivo D.L. n. 76/2020 (articolo 39) ha innalzato a 200.000 euro la soglia entro la quale il contributo è erogato in un’unica soluzione.

Il contributo “Nuova Sabatini”, anche quando riconosciuto in unica quota, è sempre erogato all’impresa a seguito dell’ultimazione del programma di investimenti agevolato.

Quanto alle risorse statali destinate alla concessione del citato contributo in conto impianti, si ricorda che il D.L. n. 69/2013, articolo 2, comma 8, ha inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9-bis, lett. b)) è stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiarie.

L’autorizzazione di spesa è stata poi rifinanziata dalla legge di stabilità 2015 (art.1, comma 243), che ha disposto, un incremento di 12 milioni di euro dello stanziamento per il 2015, di 31,6 milioni di euro di quello per l'anno 2016, di 46,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 39,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 31,3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 9,9 milioni di euro per l’anno 2021. Le risorse in questione, appostate sul capitolo di Bilancio 7489 pg. 1/MISE sono state oggetto, nel corso del tempo, anche di riduzioni lineari a copertura di norme sul contenimento della spesa.

La legge di bilancio 2017 ha stanziato ulteriori 28 milioni di euro per l’anno 2017, 84 milioni di euro per l’anno 2018, 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, 84 milioni per l’anno 2022 e 28 milioni per il 2023.

La legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017, articolo 1, comma 40) ha ulteriormente rifinanziato la misura per 33 milioni per il 2018, per 66 milioni per ciascuno degli anni dal 2019-2022 e 33 milioni per il 2023. Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati dal 31 dicembre 2018 fino alla data di avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).

L’articolo 1, comma 200 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018) rifinanzia da ultimo la misura per 48 milioni di euro per il 2019, di 96 per ciascuno degli anni dal 2020-2023 e 48 milioni per il 2024. Sulle somme autorizzate è mantenuta la riserva (30% delle risorse) e la maggiorazione del contributo statale (del 30%) per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”, nonché il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati (fino ad esaurimento delle risorse statali autorizzate) di cui alla legge di bilancio per il 2018. Le risorse non utilizzate per la riserva sopra citata al 30 settembre di ciascun anno, rientrano nelle disponibilità complessive della misura.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 226) ha rifinanziato l’autorizzazione di spesa di 105 milioni di euro per l’anno 2020, di 97 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e di 47 milioni di euro per l’anno 2025 la cd. Nuova Sabatini.

Secondo le informazioni diffuse dal MISE, alla data di ottobre 2020, il 90% delle risorse statali complessivamente stanziate per la misura risulta prenotato.

 

La Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, ha condotto un’analisi della misura di sostegno cd. “Nuova Sabatini” (Relazione approvata con deliberazione 25 ottobre 2018, n. 21/2018/G). Per quel che riguarda le considerazioni di sintesi della Corte circa i controlli propedeutici alle erogazioni condotti dal Mise, si rinvia a pagina 14 e ss. della Relazione.

Si rinvia alla Relazione della Corte dei Conti, sullo stato di attuazione della "Nuova Sabatini" del 25 ottobre 2018, nonché al sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico.

Quanto ai dati attuativi della misura, essi sono tenuti in costante aggiornamento e pubbicati dal Ministero dello sviluppo economico, sul suo sito istituzionale, cui si rinvia.


 

Articolo 17
(Fondo impresa femminile)

 

 

L'articolo 17 istituisce, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il “Fondo a sostegno dell’impresa femminile”, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, al fine di promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile. Il Fondo prevede il finanziamento di iniziative imprenditoriali e di azioni di promozione dei valori dell’imprenditoria tra la popolazione femminile. Viene inoltre istituito, presso il MISE, il Comitato Impresa Donna con il compito di attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo formulare raccomandazioni sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia.

 

Il comma 1 istituisce presso il Ministero dello Sviluppo economico, il “Fondo a sostegno dell’impresa femminile”, al fine di promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra la popolazione femminile e massimizzare il contributo, quantitativo e qualitativo, delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese. La dotazione finanziaria del Fondo è stabilita in 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Si tratta di un intervento volto ad intervenire sulla più ampia questione del lavoro femminile in Italia. Le politiche a favore del rafforzamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e il rispetto del principio costituzionale della parità di genere nelle retribuzioni sono state oggetto di attenzione nella comunicazione della Commissione europea recante la Relazione per paese relativa all'Italia 2020[17], dove si rivela come elemento critico il fatto che le politiche attive per il mercato del lavoro degli ultimi anni non abbiano inciso a sufficienza per incrementare l’occupazione femminile. La stessa relazione illustrativa ricorda che i dati – a livello nazionale e internazionale – rivelano che sono ancora troppo poche le donne “che scelgono di creare un’impresa, di avviare una start-up di intraprendere studi scientifici”.

 

Per quanto riguarda la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, un recentissimo intervento dell’ISTAT[18] sottolinea che “i dati sull’occupazione femminile in Italia permangono preoccupanti se confrontati con quelli del resto d’Europa. Nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile, il tasso di occupazione è molto più basso (nel II trimestre 2020 è il 48,4% contro il 66,6% maschile) e il divario di genere è più marcato rispetto alla media Ue (61,7% contro 72,1%) e agli altri grandi paesi europei”. Peraltro, nel corso delle audizioni informali sul rilancio del commercio alla luce della crisi causata dall'emergenza epidemiologica svolte dalla X Commissione (Attività produttive), è stato sottolineato che la crisi derivante dalla pandemia ha colpito in modo particolare i settori del commercio, della ricezione e della ristorazione, tutti settori in cui è maggiormente presente l’imprenditoria femminile (oltre che giovanile e straniera)[19].

 

Si ricorda che l'articolo 23, 2 co. della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea precisa che il principio della parità tra uomo e donna accolto al 1 co. «non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato».

 

I principali strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile consistono essenzialmente in misure volte a garantirne migliori condizioni di accesso al credito, o tramite i mutui a tasso zero per le micro e piccole imprese femminili ovvero tramite l’accesso alla Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese – Sezione Pari Opportunità. Per la ricostruzione degli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

L’articolo in esame, in luogo di strumenti di agevolazione ai fini dell’accesso al credito, contempla forme di sostegno diretto all’imprenditoria femminile, nonché azoni di comunicazione e sensibilizzazione sul tema. Il comma 2, infatti, così definisce le finalità e le azioni del Fondo:

a)   interventi per supportare l’avvio dell’attività, gli investimenti e il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili, con specifica attenzione ai settori dell’alta tecnologia;

b)  programmi ed iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile;

c)   programmi di formazione e orientamento verso materie e professioni in cui la presenza femminile va adeguata alle indicazioni di livello comunitario e nazionale.

 

Con riferimento alla lettera c), si osserva che è stato recentemente ribadito che “esiste ancora un forte svantaggio femminile se si considerano le lauree tecnico-scientifiche, le cosiddette lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics): il 37,3% degli uomini ha una laurea STEM contro il 16,2% delle donne”[20].

 

Il comma 3 chiarisce che gli interventi di supporto possono consistere in:

a)   contributi a fondo perduto per avviare imprese femminili (con particolare attenzione alle imprese individuali e alle attività libero professionali in generale e con specifica attenzione a quelle avviate da donne disoccupate di qualsiasi età);

b)  finanziamenti a tasso zero o comunque agevolati (è ammessa anche la combinazione di contributi a fondo perduto e finanziamenti) per avviare e sostenere le attività di imprese femminili;

c)   incentivi per rafforzare le imprese femminili, costituite da almeno 36 mesi, sotto la forma di contributo a fondo perduto del fabbisogno di circolante nella misura massima dell’ottanta per cento della media del circolante degli ultimi 3 esercizi;

d)  percorsi di assistenza tecnico-gestionale, per attività di marketing e di comunicazione durante tutto il periodo di realizzazione degli investimenti o di compimento del programma di spesa, anche attraverso un sistema di voucher per accedervi;

e)   investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle imprese a guida femminile tra le start-up innovative di cui all’articolo 25 del citato decreto-legge n. 179 del 2012 e delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;

f)   azioni di comunicazione per la promozione del sistema imprenditoriale femminile italiano.

 

Con riferimento alla lettera e), si ricorda che il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni in L. n. 221/2012), ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la start-up innovativa. La definizione di startup innovativa è contenuta nell’articolo 25, comma 2 del citato decreto n. 179. Ai sensi di tale disposizione, è startup innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, che abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, abbia un livello di spesa in attività di ricerca e sviluppo almeno pari al 15 per cento del valore maggiore tra costo e produzione, impieghi ricercatori per almeno un terzo della forza-lavoro, sia titolare (o depositaria o licenziataria) di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, oltre ad altri requisiti societari. A sua volta, l'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.

 

Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 4 chiarisce quali possano essere gli interventi di diffusione di cultura imprenditoriale tra la popolazione femminile o i programmi di formazione e orientamento di cui al comma 2, lettere b) e c).

In tal senso, si possono prevedere:

a)   iniziative per promuovere il valore dell’impresa femminile nelle scuole e nelle Università;

b)  iniziative per la diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne;

c)   iniziative di orientamento e formazione verso percorsi di studio STEM;

d)  iniziative di sensibilizzazione verso professioni tipiche dell’economia digitale;

e)   azioni di comunicazione per diffondere la cultura femminile d’impresa e promuovere i programmi finanziati dall’articolo in commento.

 

Il comma 5 fa riferimento alla possibilità di collaborazione, anche prevedendo forme di cofinanziamento, con le Regioni e gli enti locali, le associazioni di categoria, il Sistema camerale e i Comitati per l’imprenditoria femminile.

 

Il comma 6 prevede una relazione annuale al Parlamento, da predisporre ad opera del Ministero dello sviluppo.

 

Il comma 7 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dall’entra in vigore della legge di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il compito di ripartire la dotazione finanziaria tra i diversi interventi, di individuare le modalità di attuazione, nonché i criteri e i termini delle agevolazioni previste.

Peraltro nella relazione tecnica è riportato il seguente schema di ripartizione, che dovrà in caso essere confermato dal decreto previsto dal comma 7:

 

I commi da 8 a 10 disciplinano il Comitato Impresa Donna, che viene istituito presso il MISE. La partecipazione al Comitato è a titolo gratuito. Le funzioni attribuite al Comitato sono quella di:

a)   contribuire ad attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo;

b)  condurre analisi economiche, statistiche e giuridiche relative alla questione di genere nell’impresa;

c)   formulare raccomandazioni relative allo stato della legislazione e dell’azione amministrativa, nazionale e regionale, in materia di imprenditorialità femminile e sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia;

d)  contribuire alla redazione della Relazione annuale.


 

Articolo 18
(Fondo per le imprese creative)

 

 

L'articolo 18 istituisce, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Fondo per le piccole e medie imprese creative con una dotazione di 20 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 con l’obiettivo di sostenere le imprese creative, attraverso la concessione di contributi, l’agevolazione nell’accesso al credito e la promozione di strumenti innovativi di finanziamento, nonché altre iniziative per lo sviluppo del settore. Viene demandata ad un decreto del Ministro dello Sviluppo economico la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse e delle modalità e ai criteri per la concessione dei finanziamenti.

 

La disposizione introduce misure di favore per le “imprese creative”, tramite la istituzione di un apposito fondo presso il Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 (comma 1).

 

Il comma 4 fornisce la definizione di “settore creativo”. Rientrano in tale settore “tutte le attività dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative e, in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo, all’editoria, alla radio, alle arti visive, alla comunicazione e alla pubblicità”.

 

La questione della definizione di impresa (o attività) culturale è di particolare complessità. Si ricorda che la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), all’articolo 1, commi 57-60, aveva definito "imprese culturali e creative" quelle che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti letteratura, musica, arti figurative ed applicate, spettacolo dal vivo, cinematografia e audiovisivo, archivi, biblioteche, musei, patrimonio culturale e relativi processi di innovazione. A favore di tale categoria di imprese, la legge del 2017 aveva previsto l'istituzione di un credito di imposta per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi. Il tetto di spesa del credito di imposta fu fissato a 500 mila euro per il 2018 e ad 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Tuttavia, non è mai intervenuto il decreto interministeriale (MIBACT-MISE, previa intesa in Conferenza Stato-regioni e parere parlamentare), che avrebbe dovuto essere adottato - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - per la definizione della procedura per il riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa e per la definizione di prodotti e servizi culturali e creativi, per cui tale agevolazione non ha avuto seguito pratico.

 

In proposito, la difficoltà di definire in senso giuridico la “creatività” di una impresa può trovare fondamento anche nel carattere trasversale (la relazione illustrativa parla di “meta settore”) di una serie di ambiti, “che vanno dal design, all’architettura, al teatro, alla moda, al cinema, alla comunicazione e alla pubblicità, alla radio e televisione sino al software e altro”. Secondo la relazione illustrativa, il settore ha un valore stimato di 92 miliardi di Euro, pari al 6,1 per cento della ricchezza prodotta nel Paese, con un impatto occupazionale di 1,5 milioni di persone. Si tratta di un grande settore dell’economia, fortemente connesso al Made in Italy, che crea valore ed occupazione nel nostro Paese e contribuisce in maniera determinante al suo export.

 

La normativa dell’Unione europea sembra confortare la definizione presa a riferimento nell’articolo in esame. Il Regolamento (CE) 11/12/2013, n. 1295/2013 ha istituito il programma Europa creativa (2014-2020). In tale regolamento (art.2), tra le definizioni, viene chiarito che per "settori culturali e creativi" si intendono “tutti i settori le cui attività si basano su valori culturali e/o espressioni artistiche e altre espressioni creative, indipendentemente dal fatto che queste attività siano o meno orientate al mercato, indipendentemente dal tipo di struttura che le realizza, nonché a prescindere dalle modalità di finanziamento di tale struttura. Queste attività comprendono lo sviluppo, la creazione, la produzione, la diffusione e la conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative, nonché funzioni correlate quali l'istruzione o la gestione. I settori culturali e creativi comprendono, tra l'altro, l'architettura, gli archivi, le biblioteche e i musei, l'artigianato artistico, gli audiovisivi (compresi i film, la televisione, i videogiochi e i contenuti multimediali), il patrimonio culturale materiale e immateriale, il design, i festival, la musica, la letteratura, le arti dello spettacolo, l'editoria, la radio e le arti visive”.

 

Va peraltro anticipato che il comma 5 dell’articolo prevede che un decreto del Ministro dello sviluppo economico (di concerto con il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) individui i codici ATECO che classificano le attività dei settori creativi, per cui accanto alla definizione descrittiva interverranno indicazioni tecniche delle tipologie di imprese coinvolte. 

Si segnala in proposito la necessità che il comma 5 faccia riferimento al comma 4 e non al comma 3 dell’articolo.

 

Il comma 2 dispone che le risorse del Fondo siano utilizzate per:

a)   promuovere nuova imprenditorialità e lo sviluppo di imprese del settore, attraverso contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e loro combinazioni;

b)  promuovere la collaborazione delle imprese del settore creativo con le imprese di altri settori produttivi, in particolare quelli tradizionali, nonché con le Università e gli enti di ricerca, anche attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher da destinare all’acquisto di servizi prestati da imprese creative ovvero per favorire processi di innovazione;

c)   sostenere la crescita delle imprese del settore anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge n. 179 del 2012 e delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;

d)  consolidare e favorire lo sviluppo dell’ecosistema del settore attraverso attività di analisi, studio, promozione e valorizzazione.

 

Con riferimento alla lettera c), si ricorda che il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni in L. n. 221/2012), ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la start-up innovativa. La definizione di startup innovativa è contenuta nell’articolo 25, comma 2 del citato decreto n. 179. Ai sensi di tale disposizione, è startup innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, che abbia quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, abbia un livello di spesa in attività di ricerca e sviluppo almeno pari al 15 per cento del valore maggiore tra costo e produzione, impieghi ricercatori per almeno un terzo della forza-lavoro, sia titolare (o depositaria o licenziataria) di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, oltre ad altri requisiti societari.

A sua volta, l'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.

Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 3 prevede, al fine di massimizzarne l’efficacia e l’aderenza alle caratteristiche dei territori, forme di collaborazione con le Regioni, anche prevedendo forme di cofinanziamento tra i rispettivi programmi in materia. Il comma richiama gli interventi di cui al comma 2, con eccezione della lettera b), relativa alla collaborazione con le imprese di altri settori produttivi, nonché con le Università e gli enti di ricerca.

 

Il comma 5, già richiamato, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il compito di dettare le norme di attuazione, con particolare riferimento (oltre che ai codici ATECO delle imprese), alla ripartizione delle risorse, ai criteri per la concessione delle agevolazioni, alla definizione delle iniziative ammissibili, alle forme di aiuto, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato[21].

Peraltro nella relazione tecnica è riportato il seguente “presumibile” schema di ripartizione, che dovrà in caso essere confermato dal decreto previsto dal comma 5:

 

Il decreto potrebbe avere anche un contenuto ulteriore, potendo far riferimento ad “ulteriori condizioni per la fruizione dei benefici”, nonché ad altre forme di intervento del Fondo, volte a favorire l’accesso a canali alternativi di finanziamento.

 


 

Articolo 19
(Fondo d’investimento per lo sviluppo delle PMI
del settore aeronautico e della
green economy)

 

 

L'articolo 19 istituisce, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Fondo di investimento volto a sostenere lo sviluppo e la competitività del sistema delle piccole e medie imprese dei settori aeronautico nazionale, chimica verde, nonché della componentistica per la mobilità elettrica e per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il fondo ha una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. La dotazione dell’anno 2021 è destinata, nella misura di 50 milioni di euro, ad un’apposita sezione dedicata esclusivamente alle PMI del settore aeronautico nazionale.

Viene demandata ad un decreto del Ministro dello Sviluppo economico la definizione dei criteri di ripartizione delle risorse e delle modalità e ai criteri per la concessione dei finanziamenti.

 

Il comma 1 istituisce, presso il Ministero dello Sviluppo economico, il Fondo di investimento volto a sostenere lo sviluppo e la competitività del sistema delle piccole e medie imprese dei settori aeronautico nazionale, chimica verde, nonché della componentistica per la mobilità elettrica e per la produzione di energia da fonti rinnovabili

Il Fondo ha una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. La dotazione dell’anno 2021 è destinata, nella misura di 50 milioni di euro, ad un’apposita sezione dedicata esclusivamente alle PMI del settore aeronautico nazionale.

 

Il Fondo finanzia interventi di sviluppo delle PMI quali fusioni, aggregazioni, acquisizioni, riorganizzazioni, ristrutturazioni, rafforzamento del capitale per gli investimenti volti alla transizione tecnologica e alla sostenibilità ecologica ed ambientale dei processi produttivi (comma 2).

 

Il comma 3 attribuisce ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di ripartire le risorse tra le varie sezioni del fondo, nonché stabilire i criteri e le modalità di accesso al Fondo e le forme di partecipazione al Fondo da parte di investitori privati.

 

La relazione tecnica chiarisce che dalla disposizione non derivano effetti di indebitamento netto.

 

L’ultima Relazione sullo stato dell'industria aeronautica trasmessa al Parlamento il 9 agosto 2019 (ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 808) risale all’anno 2017. Nella relazione si riporta che il dell'aeronautica registra ricavi intorno ai 10 miliardi di euro.

Si tratta di un settore che compete e collabora con realtà industriali nazionali più ampie, come la Francia (53 miliardi di euro), il Regno Unito (40 miliardi di euro), la Germania (40 miliardi di euro).

Tuttavia la Relazione riporta casi di successo, come il fatto che oltre l’80% di tutti gli aerei commerciali al mondo volano con componenti prodotti da Avio Aero, azienda con un fatturato pari a 1,7 miliardi di dollari, per la stragrande maggioranza in export, e 4200 dipendenti in 6 siti produttivi in Italia.

L' industria aeronautica italiana dispone di un patrimonio di competenze e tecnologie, con riferimento sia all'ala rotante (elicotteri) che all'ala fissa (velivoli), aerostrutture ed elettronica dedicata.

Grazie a questo tipo di produzioni il comparto aerospaziale e difesa in Italia ha effetti elevati sull'economia, con un moltiplicatore del valore aggiunto calcolato in 2,6 e rilevanti riflessi occupazionali, di gettito fiscale e ricadute su altri settori economici con coinvolgimento di numerose e qualificate aziende piccole, medie e intermedie, con diversi gradi di specializzazione.

 

La legge n. 808 del 1985 rappresenta lo strumento fondamentale di politica industriale per il settore aeronautico. Tale legge sostiene progetti di ricerca e sviluppo delle imprese del settore aeronautico riguardanti sia il cosiddetto “ambito civile” che quello della “sicurezza nazionale”. L’articolo 3 di tale legge prevede tre tipologie di finanziamento: finanziamenti agevolati a tasso zero, contributo in conto interessi e contributi in conto interessi per allineare le condizioni del finanziamento a quelle delle imprese estere che partecipino ai medesimi programmi. Come rileva la Corte dei conti, di questa tipologia di interventi è sostanzialmente praticata solo la prima.

 

Per quanto riguarda la mobilità elettrica, si sottolinea che il comma 1 fa riferimento alla “componentistica” relativa a tale settore. La relazione tecnica specifica che con questa locuzione va “intesa come produzione di componenti per le auto e scooter elettrici come le batterie.

Più in generale, si ricorda che a livello europeo si sta accelerando la transizione verso la mobilità a zero emissioni, cercando di rendere il settore dei trasporti decarbonizzato ed efficiente dal punto di vista energetico.

 

In tal senso, già andavano le comunicazioni della Commissione "Strategia europea per una mobilità a basse emissioni", del luglio 2016, e " L'Europa in movimento" , del maggio 2017 . La Commissione UE ha quindi imposto normativamente limiti sempre più rigidi per le emissioni dei veicoli a motore ed ha introdotto dal 1° settembre 2017 nuove procedure di prova delle emissioni reali di guida (Real Driving Emissions, RDE).

L'11 dicembre 2019 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione "Il Green Deal Europeo" (COM(2019) 640 final). Successivamente, il Parlamento europeo con la risoluzione 15 gennaio 2020 ha chiesto una normativa ambiziosa in materia di clima e di portare al 55%, rispetto ai livelli del 1990, l'obiettivo dell'UE per il 2030 in materia di riduzione delle emissioni di gas serra. Il meccanismo di governance delineato in sede UE prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri obiettivi 2030, predisponendo i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (PNIEC).

 

In attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, il MISE, il MIT ed il Ministero dell'Ambiente hanno redatto e pubblicato il testo del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima. Il Piano stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché gli obiettivi in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell'energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile, delineando per ciascuno di essi le misure che saranno attuate per assicurarne il raggiungimento.

Per un approfondimento della materia, si rinvia al tema parlamentare relativo sulla mobilità sostenibile.

 

Per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, si tratta di uno dei temi che rientrano nella politica di sviluppo sostenibile che viene perseguita a livello comunitario e nazionale. In questo senso, si ricorda che il pacchetto legislativo adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 -cd. Winter package o Clean energy package - fissa il quadro regolatorio della governance dell'Unione per l'energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 in materia e al percorso di decarbonizzazione (economia a basse emissioni di carbonio) entro il 2050.

Il meccanismo di governance delineato in sede UE prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima - PNIEC, che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030.

Il Governo Italiano ha inviato il proprio PNIEC per gli anni 2021-2030 alle Istituzioni europee a gennaio 2020.

Il PNIEC si prefigge come obiettivo al 2030 il conseguimento di una quota di energia da FER nei consumi finali lordi di energia (CFL) pari al 30%, con una quota di energia da FER nei consumi finali lordi di energia nei trasporti pari al 22 %. Questi target sono più ambiziosi di quelli delineati nella Direttiva. Si ricorda, infatti, che l’articolo 25 della Direttiva dispone che ogni Stato membro fissi un obbligo in capo ai fornitori di carburante per assicurare che entro il 2030 la quota di energia da fonti rinnovabili sia almeno il 14% del consumo finale di energia nel settore (quota minima), in conformità di una traiettoria indicativa stabilita dallo Stato membro stesso e calcolata secondo una specifica metodologia (cfr. artt. 26 e 27 della Direttiva).

A livello legislativo interno, sono poi in corso di recepimento le Direttive europee del cd. Winter package.

È attualmente all’esame del Parlamento il disegno di legge di delegazione europea (A.C.2757), che reca la norma di delega (art. 5) per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.

A gennaio 2020, con la comunicazione sul Green Deal (COM(2019)640), la Commissione UE ha delineato una roadmap volta a rafforzare l'ecosostenibilità dell'economia dell'Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e interessano prevalentemente l'energia, l'industria (inclusa quella edilizia), la mobilità e l'agricoltura. Il Green Deal intende, in sostanza, superare quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l'energia, che dovrà conseguentemente essere rivisto.

Sull'attuazione del Green deal europeo e sulle risorse finanziarie destinate a realizzarlo, ha inciso la crisi pandemica e la necessità dell'UE di predisporre un piano di ripresa dell'economia europea per far fronte ai danni economici e sociali causati dall'epidemia. Le risorse per l'attuazione del Green deal rientrano nel Piano finanziario per la ripresa e la resilienza, costituendone una delle priorità: sostenere la transizione verde e digitale e promuovere una crescita sostenibile. I progetti e le iniziative nell'ambito dei Programmi nazionali di ripresa e resilienza dovranno dunque essere conformi alle priorità di policy legate alle transizioni verde e digitale, oltre che coerenti con i contenuti del Piano energia e clima (PNIEC). Per una compiuta illustrazione della materia, si rinvia al tema della attività parlamentare Governance europea e nazionale su energia e clima.

 

Per quanto riguarda la “chimica verde”, si tratta di una nozione che rientra nelle politiche per lo sviluppo sostenibile e in particolare dell’economia circolare, proponendosi – tra l’altro, l’utilizzo di residui e rifiuti come materie prime rinnovabili. Nel 2017, secondo quanto riportato in uno studio di  ENEA, in Italia le attività connesse alla bioeconomia “hanno fatturato oltre 312 miliardi di euro e impiegato circa 1,9 milioni di persone, rappresentando il 19,5% del PIL nazionale e l’8,2% degli occupati”.

Per definire la “chimica verde” si fa ricorso a “12 principi”:

Prevenire gli sprechi: progettare sintesi chimiche per evitare sprechi. Non lasciare rifiuti da trattare o pulire.

Massimizzare l’economia atomica: progettare sintesi in modo che il prodotto finale contenga la percentuale massima dei materiali di partenza. Pochi o nessun atomo vengono sprecati.

Progettare sintesi chimiche meno pericolose: progettare sintesi che utilizzino o generino sostanze con tossicità minima o nulla per l’uomo o l’ambiente.

Progettare prodotti chimici più sicuri: progettare prodotti chimici che siano completamente efficaci ma che abbiano una tossicità minima o nulla.

Utilizzare solventi e condizioni di reazione più sicure: evitare l’uso di solventi, agenti di separazione o altri prodotti chimici ausiliari. Se è necessario utilizzare questi prodotti chimici, utilizzare quelli più sicuri.

Aumentare l’efficienza energetica: eseguire reazioni chimiche a temperatura ambiente e pressione quando possibile.

Utilizzare materie prime rinnovabili: utilizzare materiali di partenza che siano rinnovabili anziché esauribili. Le fonti di materie prime rinnovabili sono spesso prodotti agricoli o rifiuti di altri processi; le fonti di materie prime esauribili sono spesso combustibili fossili (petrolio, gas naturale o carbone) o attività minerarie.

Evitare i derivati chimici: evitare l’uso di gruppi protettori o eventuali modifiche temporanee, se possibile. I derivati utilizzano reagenti aggiuntivi e generano rifiuti.

Usare catalizzatori, non reagenti stechiometrici: ridurre al minimo gli scarti utilizzando reazioni catalitiche. I catalizzatori sono efficaci in piccole quantità e possono eseguire una singola reazione molte volte. Sono preferibili ai reagenti stechiometrici, che sono usati in eccesso e svolgono una reazione solo una volta.

Design di prodotti chimici da degradare dopo l’uso: progettare prodotti chimici che riducano le sostanze non innocue dopo l’uso in modo che non si accumulino nell’ambiente.

Analizzare in tempo reale per prevenire l’inquinamento: includere il monitoraggio e il controllo in-process, in tempo reale durante le sintesi per minimizzare o eliminare la formazione di sottoprodotti.

Ridurre al minimo il rischio di incidenti: progettare prodotti chimici e le loro forme fisiche (solide, liquide o gassose) per minimizzare il potenziale di incidenti chimici tra cui esplosioni, incendi e rilasci nell’ambiente.


 

Articolo 20
(Rifinanziamento agevolazioni sotto forma di finanziamenti a favore di imprese sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata)

 

 

Al fine di assicurare il sostegno alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, l'articolo 20 incrementa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 l’autorizzazione di spesa - introdotta dalla legge di stabilità 2016 - relativa al supporto alle predette aziende.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 195, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018, al fine di assicurare alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata: la continuità del credito bancario e l’accesso al medesimo; il sostegno agli investimenti e agli oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale; la tutela dei livelli occupazionali; la promozione di misure di emersione del lavoro irregolare; la tutela della salute e della sicurezza del lavoro; il sostegno ad alcune tipologie di cooperative di alcune imprese affittuarie o cessionarie dei beni sequestrati o confiscati. Il supporto ha luogo nell’ambito dei procedimenti penali per una serie di gravi delitti e in procedimenti di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.

L'art. 1, co. 612, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha incrementato la predetta autorizzazione di spesa di ulteriori 10 milioni di euro per il 2019.

Ai sensi del comma 196, i dieci milioni di euro complessivamente stanziati per ciascun anno del triennio 2016-2018 confluiscono direttamente:

nella misura di 3 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (art. 2, co. 100, lett. a), della L. 662/1996), destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate al comma 195, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali di quelle sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata;

nella misura di 7 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, per l'erogazione di finanziamenti agevolati di importo non superiore a due milioni di euro e di durata non superiore a quindici anni comprensivi di cinque anni di preammortamento, in favore delle medesime imprese.

 

L'incremento confluisce in un’apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile (articolo 23 del D.L. n. 8372012 - L. n. 134/2012), per l’erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle imprese di cui al comma 195 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015.

Si veda la Deliberazione 1° marzo 2019, n. 3/2019/G della Corte dei conti, 93-94.


 

Articolo 21
(Istituzione del Fondo per lo sviluppo ed il sostegno
delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura)

 

 

L'articolo 21 istituisce, nello stato di previsione del MIPAAF, il "Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura", con una dotazione pari a 150 milioni di euro per l’anno 2021. Un decreto ministeriale definisce i criteri e le modalità di attuazione del Fondo.

 

Ciò viene disposto al fine di garantire lo sviluppo ed il sostegno del settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura. Come anticipato, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2021, con uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del Fondo.

 

Si ricorda, al proposito, che il decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto Rilancio (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020) ha incrementato di 5 milioni di euro per il 2020 la dotazione finanziaria del Fondo per la competitività delle filiere agricole, istituito dall'art. 1, comma 507, della legge n. 160 del 2019 (con una dotazione  finanziaria iniziale di 15 milioni di euro per l'anno 2020 e di 14,5 milioni  di euro per l'anno 2021), con la finalità di sostenere il settore agricolo e agroalimentare, anche attraverso l'erogazione di contributi a fondo perduto alle imprese (art. 31, comma 3-bis). Il medesimo provvedimento, all’art. 222, che reca “Disposizioni a sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura", prevede i seguenti interventi: a) al comma 2 l'esonero dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2020 dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per alcuni comparti agricoli (agrituristico, apistico, brassicolo, cerealicolo, florovivaistico, vitivinicolo, dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura). In attuazione della predetta disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 15 settembre 2020; b) al comma 3, l'istituzione «Fondo emergenziale per le filiere in crisi» di 90 milioni di euro per il 2020, a favore delle filiere in crisi del settore zootecnico. I criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del Fondo sono stati stabiliti dal decreto ministeriale 23 luglio 2020, modificato dal decreto ministeriale 11 settembre 2020; c) al comma 4, il finanziamento di 30 milioni di euro per il 2020 a favore di ISMEA, per la concessione di c.d. cambiale agraria;  d) al comma 5, l'aumento di 30 milioni di euro per il 2020 della dotazione del Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori, per il ristoro dai danni prodotti dalla cimice asiatica; e) al comma 6, la concessione di un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 100 mila euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per lo sviluppo di processi produttivi innovativi, mantenendo il limite di spesa di 1 milione di euro per il 2020, già previsto a legislazione vigente; f)  al comma 7, la previsione di 20 milioni di euro, per il 2020, per le imprese della pesca e dell'acquacoltura (sostituendo, con questa misura, il Fondo di 100 milioni di euro, per il 2020, previsto dal decreto-legge Cura Italia, all'art. 78, comma 2, destinato, inizialmente, alla copertura degli interessi su finanziamenti bancari e sui mutui contratti dalle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura); g) al comma 8, il riconoscimento di un'indennità di 950 euro, per il mese di maggio 2020, ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca, nel limite di spesa di 3,8 milioni di euro per il 2020.

 

In seguito, il decreto-legge n. 104 del 2020, cosiddetto decreto Agosto (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020), all’art. 58, commi 1-11, ha istituito - presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - il Fondo per la filiera della ristorazione, dotato di 600 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Ciò al fine di erogare un contributo a fondo perduto a favore degli operatori della ristorazione che abbiano subito una determinata perdita di fatturato. Le risorse finanziarie attribuite al Fondo sono a favore delle imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.11 (ristorazione con somministrazione), 56.29.10 (mense) e 56.29.20 (catering continuativo su base contrattuale), già in attività alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, per aver sostenuto l'acquisto di prodotti, inclusi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche DOP e IGP, valorizzando la materia prima di territorio. Durante l'esame del provvedimento presso il Senato sono state aggiunte, a tale elenco, le imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.12 (attività di ristorazione connesse alle aziende agricole), 56.21.00 (catering per eventi, banqueting) e, limitatamente alle attività autorizzate alla somministrazione di cibo, 55.10.00 (alberghi). Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi d'intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso (avvenuta il 15 agosto 2020), stabilisce i criteri, le modalità di erogazione e l'ammontare del contributo (art. 58, commi 1-11). È stato quindi emanato il decreto ministeriale 27 ottobre 2020, recante "Criteri e modalità di gestione del Fondo per la filiera della ristorazione istituito ai sensi dell'articolo 58 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2020 e ripubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 novembre 2020).

Da ultimo, il decreto-legge n. 137 del 2020, cosiddetto Ristori 1, aveva introdotto, all’art. 7, nel limite complessivo di 100 milioni di euro per l'anno 2020, contributi a fondo perduto a favore delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura operanti nei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte - per contenere la diffusione dell'epidemia "Covid-19" - dal DPCM 24 ottobre 2020. Tale articolo è stato soppresso dall’art. 21 del decreto-legge n. 149 del 2020, cosiddetto Ristori 2 (il cui testo si sta facendo confluire in quello del precedente decreto-legge n. 137 del 2020, in sede di conversione di quest’ultimo). Il medesimo art. 21, contestualmente, ha utilizzato le risorse di 100 milioni di euro per il 2020 rivenienti da tale abrogazione, per finanziare - in parte - l’esonero contributivo a favore delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, disposto dal medesimo articolo per il periodo retributivo del mese di dicembre 2020.


 

Articolo 22
(Lavoro autonomo start up - STRALCIATO)

 

L’articolo 22 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.


 

Articolo 23
(Promozione dei marchi collettivi e di certificazione all’estero)

 

 

L'articolo 23 abroga la disciplina relativa agli aiuti ai consorzi per la tutela dei prodotti di origine italiana contro fenomeni legati all’Italian sounding. Inoltre, l’agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi o di certificazione volontari italiani, da parte di associazioni rappresentative di categoria, è concessa nella misura massima di euro 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 2,5 milioni a decorrere dal 2021. La disciplina in vigore prevede che il MISE conceda tale agevolazione "nella misura massima di 1 milione di euro per anno". All'interno del codice della proprietà industriale scompare la definizione delle pratiche di Italian Sounding come pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell'origine italiana di prodotti. Viene quindi eliminato il riferimento all’attività di contrasto alla falsa evocazione dell’origine italiana (dei prodotti) nell’ambito delle competenze del Consiglio nazionale anticontraffazione, dalla cui denominazione scompare pertanto il richiamo all'Italian Sounding.

 

A tal fine, l’articolo 32 del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019) viene variamente novellato:

a)   i commi da 1 a 3 sono soppressi;

 

I commi 1-3 che qui si sopprimono hanno introdotto un’agevolazione in favore dei consorzi nazionali e delle organizzazioni collettive delle imprese operanti nei mercati esteri per le spese per la tutela legale dei prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian sounding. Contestualmente, la definizione di pratiche integranti il fenomeno dell’Italian sounding viene inserita nel Codice della proprietà industriale, dal successivo comma 5 dell’articolo.

Nel dettaglio, il comma 1 ha riconosciuto ai consorzi nazionali che operano nei mercati esteri un’agevolazione pari al 50 percento delle spese sostenute:

per la tutela legale dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding, la cui definizione viene introdotta nell’articolo 144 del Codice della proprietà industriale (CPI - d.lgs n. 10 febbraio 2005, n. 30) dal successivo comma 5, nonché

per la realizzazione di campagne informative e di comunicazione finalizzate a consentire l'immediata identificazione del prodotto italiano rispetto ad altri prodotti.

La misura è finalizzata ad assicurare la tutela del made in Italy, compresi i prodotti agroalimentari, nei mercati esteri.

L’articolo 144 CPI - che apre la Sezione II del Capo III del Codice, contenente misure di tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale contro la pirateria (artt. da 144 a 146) – qualifica, al comma 1, come atti di pirateria le contraffazioni e le usurpazioni di altrui diritti di proprietà industriale, realizzate dolosamente in modo sistematico.

Il comma 5 ha aggiunto un nuovo comma 1-bis all’articolo 144 CPI volto a definire– agli effetti delle norme contenute nella Sezione II del Capo III del Codice, della quale appunto l’articolo in questione fa parte - come pratiche di Italian Sounding le pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell'origine italiana di prodotti.

L’agevolazione riconosciuta dal comma 1 - pari al 50 per cento delle spese legali sostenute - è stata concessa fino ad un importo massimo annuale per soggetto beneficiario di 30 mila euro. La misura opera comunque entro il limite annuo di spesa - 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 - autorizzato dal successivo comma 3.

Si ricorda in proposito, che il D.L. 83/2012 (convertito, con modificazioni, in legge n. 134/2012) ha disciplinato i consorzi per l’internazionalizzazione. Ai sensi del comma 5 dell’articolo 42 del predetto D.L., i consorzi per l'internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi, agroalimentari, agricole e ittiche aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale.

Il comma 2 ha demandato ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico - da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, la definizione delle disposizioni di attuazione, inclusa l’indicazione delle spese ammissibili, le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione delle agevolazioni fruite indebitamente.

Il decreto avrebbe dovuto adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019.

 

b)  si specifica - mediante novella ai commi 12 e 15 - che l’agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi o di certificazione volontari italiani, da parte di associazioni rappresentative di categoria, è concessa nella misura massima di euro 1 milione per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 2,5 milioni a decorrere dal 2021.

La disciplina in vigore prevede che il Ministero dello sviluppo economico conceda tale agevolazione "nella misura massima 1 milione di euro per anno".

 

c)   si abrogano - mediante soppressione del comma 5 e delle lettere a) e b) del comma 6 - alcune novelle al codice della proprietà industriale (rispettivamente agli articoli 144 e 145).

In particolare:

§  scompare la definizione delle pratiche di Italian Sounding come pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell'origine italiana di prodotti;

§  viene ripristinata la previgente disciplina relativa al Consiglio nazionale anticontraffazione, contenuta nell’articolo 145 del Codice della proprietà industriale, eliminando quindi il riferimento all’attività di contrasto alla falsa evocazione dell’origine italiana (dei prodotti) nell’ambito delle competenze del Consiglio stesso. Conseguentemente dalla denominazione del Consiglio scompare il riferimento all'Italian Sounding.

 


 

Articolo 24
(Piani di sviluppo per gli investimenti nelle aree dismesse)

 

 

L'articolo 24 prevede la possibilità di definire piani di sviluppo per il finanziamento degli interventi necessari alla rigenerazione e riqualificazione di aree dismesse, nonché di infrastrutture e di beni immobili in disuso appartenenti alle amministrazioni pubbliche. Per il finanziamento dei piani è istituito nello stato di previsione del MEF un apposito fondo, con una dotazione di 36 milioni di euro per il 2021, 72 milioni per il 2022, 147 milioni per il 2023. Il compito di coordinare e supportare le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, coinvolte nella predisposizione e nella definizione dei piani di sviluppo e di proporre la graduatoria dei piani ai fini dell’accesso al finanziamento da parte del fondo è assegnato alla struttura di missione Investitalia. Specifiche disposizioni sono finalizzate a favorire lo sviluppo di iniziative di partenariato pubblico-privato.

 

Il comma 1 prevede che per favorire l'attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo nelle aree dismesse o in disuso, delle infrastrutture e dei beni immobili in disuso appartenenti alle amministrazioni pubbliche, possono essere definiti piani di sviluppo per il finanziamento degli interventi necessari alla rigenerazione, riqualificazione e infrastrutturazione, nonché per l’attrazione di investimenti privati per il rilancio economico.

 

Il comma 2 prevede che il compito di coordinare e supportare le amministrazioni centrali e locali coinvolte nella predisposizione e nella definizione dei piani di sviluppo, nonché di proporre l’elenco annuale delle proposte di piani secondo un ordine di graduatoria ai fini dell’accesso al finanziamento del Fondo di cui al comma 5, è assegnato alla struttura di missione Investitalia.

 

La Struttura di missione InvestItalia, istituita dall’articolo 1, comma 179, della legge n.145 del 2018 (legge di bilancio 2019) e con il DPCM del 15 febbraio 2019 (e confermata con DPCM 15 ottobre 2019), opera alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei Ministri per il coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati.

I compiti assegnati ad InvestItalia rientrano in un ampio contesto di azioni di coordinamento ed indirizzo per rendere più efficaci le politiche pubbliche finalizzate a rilanciare gli investimenti considerati leva imprescindibile per lo sviluppo sostenibile del Paese. Tali compiti includono le seguenti attività:

§  analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali;

§  valutazione delle esigenze di ammodernamento delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni;

§  verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali;

§  elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridica di progetti di investimento in collaborazione con i competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze;

§  individuazione di soluzioni operative in materia di investimento, in collaborazione con i competenti uffici dei Ministeri;

§  affiancamento delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei piani e programmi di investimento;

§  individuazione degli ostacoli e delle criticità nella realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni utili al loro superamento;

§  elaborazione di soluzioni, anche normative, per tutte le aree di intervento di cui al presente comma;

§  ogni altra attività o funzione che, in ambiti economici o giuridici, le sia demandata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

InvestItalia, per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati, si avvale di un contingente di personale di altre amministrazioni e di professionisti esterni, in qualità di esperti nei diversi settori scientifico-professionali, selezionati per competenza ed organizzati in gruppi di lavoro multidisciplinari.

La Struttura opera, inoltre, in raccordo con la cabina di regia Strategia Italia e, da aprile 2020, quale struttura di supporto alle attività del Contratto Istituzionale di Sviluppo dell’area di Taranto.

Infine, InvestItalia collabora in stretto rapporto con le istituzioni finanziarie nazionali ed europee – Cassa Depositi e Prestiti e Banca Europea per gli Investimenti - per attivare strumenti di finanziamento e assistenza tecnica utili alla programmazione e realizzazione di investimenti infrastrutturali, per la valutazione delle opportunità di utilizzo di risorse pubbliche e la promozione di investimenti privati.

 

Il comma 3 reca norme per favorire lo sviluppo del partenariato pubblico-privato. A tal fine si prevede che possono essere acquisite, nell’ambito della procedura di predisposizione dei piani, le proposte di investimento privato raccolte a seguito della pubblicazione di specifico avviso pubblico, predisposto su iniziativa dell’amministrazione titolare del bene o in risposta a specifica manifestazione di interesse. Tali proposte, inserite nei piani da sottoporre alla successiva valutazione, devono contenere il collegamento funzionale tra la rigenerazione, riqualificazione, infrastrutturazione del bene, finanziata con risorse pubbliche, e l’iniziativa economica privata derivante dall’insediamento produttivo proposto sulla medesima area, nonché il piano economico finanziario volto a dimostrare la redditività dell’investimento e la sua sostenibilità economico-finanziaria nonché a fornire gli elementi per massimizzare le ricadute economico-sociali e occupazionali sul territorio.

I contratti di partenariato pubblico privato (PPP) sono principalmente disciplinati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016). In particolare la Parte IV del Codice reca la disciplina generale di tali istituti, mentre la Parte III contiene le norme in materia di contratti di concessione di lavori e di servizi, che costituiscono le principali forme contrattuali di PPP, in attuazione della direttiva 2014/23/UE, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

Si ricorda che l’art. 180 del Codice specifica le caratteristiche del partenariato pubblico privato, prevedendo (comma 2) che nei contratti di partenariato pubblico privato i ricavi di gestione dell'operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall'ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna e che (comma 3) nel contratto di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell'opera. Il comma 8 dell’art. 180 del Codice include nella tipologia dei contratti di PPP la finanza di progetto; la finanza di progetto costituisce una delle modalità di finanziamento dei contratti di PPP le cui procedure di affidamento per le concessioni e gli altri contratti di PPP sono indicate all’art. 183.

In tale ambito, l’art. 183 del Codice dei contratti pubblici disciplina due peculiari modalità di affidamento delle concessioni di lavori e di servizi tramite finanza di progetto: a) l’affidamento di opere/servizi previsti nei documenti di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice (art. 183, commi 1-14); b) l’affidamento di opere/servizi non previsti nei documenti di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice (art. 183, comma 15).

Il comma 17-bis dell’art. 183 del Codice, introdotto dal D.L. 32/2019 (cd. sblocca cantieri), estende ora agli investitori istituzionali e agli istituti nazionali di promozione la possibilità di presentare proposte per l'affidamento di progetti di partenariato pubblico privato.  

 

Il comma 4 definisce il contenuto dei piani di sviluppo, stabilendo che essi debbano prevedere:

§  gli interventi pubblici e privati da attuare, identificati dal Codice Unico di Progetto (CUP) ai sensi dell’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n.3, nonché gli interventi di riconversione e di sviluppo economico da realizzarsi anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di ricerca specializzati;

§  il piano economico finanziario dell'investimento e il relativo cronoprogramma;

§  le risorse pubbliche e private destinate al programma;

§  le modalità per l’erogazione delle risorse pubbliche;

§  la causa di revoca dei contributi e di risoluzione dell'accordo;

§  l'individuazione dei soggetti, pubblici e privati, attuatori degli interventi, nonché degli altri soggetti coinvolti nel procedimento;

§  i tempi di realizzazione delle diverse fasi;

§  le modalità di verifica dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

 

Il comma 5 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo per l’attrazione di investimenti in aree dismesse e/o per beni dismessi, con una dotazione pari a 36 milioni di euro per il 2021, 72 milioni per il 2022, 147 milioni per il 2023.

 

Il comma 6 assegna al CIPE[22], su proposta del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alla programmazione economica e agli investimenti pubblici, sulla base dell’elenco predisposto da Investitalia (ai sensi del comma 2), il compito di approvare le proposte di piani di sviluppo, disponendone il finanziamento nei limiti delle risorse del Fondo (di cui al comma 5). Con la medesima delibera il CIPE definisce i tempi di attuazione e i criteri di valutazione dei risultati dei singoli piani.

Il comma 7, infine, stabilisce che il monitoraggio degli interventi ricompresi nei piani di sviluppo avviene ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011.

Il D.Lgs. n. 229/2011 ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche. Il D.Lgs. 229/2011 reca "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti". In esso sono delineati specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per tutti i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche. Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto prevede obblighi informativi a carico delle amministrazioni pubbliche e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. È prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti all’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti.

Il monitoraggio ha, tra l'altro, ad oggetto "le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti in relazione allo stato di avanzamento delle opere" (art.1, comma 1, lett.a)).

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 febbraio 2013 sono stati definiti i dati relativi alle opere pubbliche costituenti il contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori devono detenere e comunicare alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).

L’art. 4 del decreto legislativo n. 229 del 2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera, mentre l'art. 5 specifica che tali informazioni, in relazione alla singola opera, devono comunque includere i seguenti dati: "data di avvio della realizzazione, localizzazione, scelta dell'offerente, soggetti correlati, quadro economico, spesa e varie fasi procedurali di attivazione della stessa, valori fisici di realizzazione previsti e realizzati, stato di avanzamento lavori, data di ultimazione delle opere, emissione del certificato di collaudo provvisorio e relativa approvazione da parte della Stazione appaltante, il codice unico di progetto e il codice identificativo di gara".

Si ricorda, inoltre, che l’art. 13 del D.L. 109/2018 ha istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche (AINOP) al fine (esplicitato nel comma 8) di garantire un costante monitoraggio dello stato e del grado di efficienza delle opere pubbliche, in particolare per i profili riguardanti la sicurezza, anche tramite le informazioni rivenienti dal Sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali previsto (in via sperimentale) dall’art. 14 del medesimo decreto.

In base a quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, nell’AINOP sono indicati, per ogni opera pubblica, tra l’altro, i costi sostenuti e da sostenere, i finanziamenti disponibili, nonché lo stato dei lavori e il monitoraggio costante dell'opera.

Sulla base dei dati forniti, l'AINOP genera un codice identificativo della singola opera pubblica (IOP), che contraddistingue e identifica in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia, la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico, realizzativi, manutentivi, conclusi o meno, che insistono in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP), di cui all'articolo 11 della legge n. 3 del 2003. L'art. 11 della legge n. 3 del 2003 prevede, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, che ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, sia dotato del CUP. Con la delibera CIPE 27 dicembre 2002, n. 143, sono state definite le modalità di attribuzione del Codice.


 

Articolo 25
(Accordi per l’innovazione)

 

 

L'articolo 25 incrementa la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2035.

 

In particolare, tale incremento viene destinato al finanziamento degli interventi di cui al DM 24 maggio 2017, pubblicato nella GU n. 192 del 18 agosto 2017, destinati allo strumento agevolativo degli accordi per l’innovazione.

 

L'art. 2 del DM citato stabilisce che lo stesso provvede a ridefinire le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° aprile 2015, a favore dei progetti di ricerca e sviluppo realizzati nell'ambito di accordi sottoscritti dal Ministero con le regioni, le province autonome, le altre amministrazioni pubbliche eventualmente interessate e i soggetti proponenti. Tali accordi, che assumono la denominazione di «Accordi per l'innovazione», devono essere diretti a sostenere, attraverso la realizzazione di uno o più progetti di cui all'art. 4, interventi di rilevante impatto tecnologico in grado di incidere sulla capacità competitiva delle imprese anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e accrescere la presenza delle imprese estere nel territorio nazionale.

L'art. 4 del DM 1° aprile 2015 prevede che le agevolazioni sono concesse nelle misure previste dall'Accordo di programma, tenuto conto delle risorse finanziarie complessivamente disponibili, e nei limiti delle intensità massime di aiuto, comprensive delle eventuali maggiorazioni, stabilite dagli articoli 4 e 25 del regolamento (UE) n. 651/2014, nella forma del finanziamento agevolato e/o del contributo diretto alla spesa. L'Accordo di programma può prevedere che la prima erogazione sia disposta a titolo di anticipazione, nel limite massimo del 30 per cento del totale delle agevolazioni concesse, in favore delle imprese di ogni dimensione, esclusivamente previa presentazione di fideiussione bancaria o polizza assicurativa.

L'art. 4 del DM 24 maggio 2017 prevede che i progetti ammissibili alle agevolazioni nell'ambito degli accordi per l'innovazione devono prevedere la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale, strettamente connesse tra di loro in relazione all'obiettivo previsto dal progetto, finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti, tramite lo sviluppo delle tecnologie identificate dal Programma quadro dell'Unione europea per la ricerca e l'innovazione 2014-2020 «Orizzonte 2020» riportate in allegato al decreto 1° giugno 2016.

Relativamente al fondo per la crescita sostenibile, di cui all'articolo 23 del D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), si veda la Deliberazione 1° marzo 2019, n. 3/2019/G della Corte dei conti, 93-94.

 


 

Articolo 26
(Interventi straordinari per il potenziamento infrastrutturale delle articolazioni penitenziarie del Ministero della giustizia)

 

 

L'articolo 26 prevede una specifica autorizzazione di spesa per l’ampliamento e l’ammodernamento degli spazi e delle attrezzature destinate al lavoro dei detenuti, nonché per il cablaggio e la digitalizzazione degli istituti penitenziari.

 

Più nel dettaglio l'articolo 26, al fine di garantire la realizzazione di interventi straordinari per l’ampliamento e l’ammodernamento degli spazi e delle attrezzature destinate al lavoro dei detenuti, nonché per il cablaggio e la digitalizzazione degli istituti penitenziari, autorizza la spesa di:

§  euro 25.000.000 per l’anno 2021;

§  euro 15.000.000 per l’anno 2022 e

§  euro 10.000.000 per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.

 

L'art. 15 dell’ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975 n. 354), individua il lavoro come uno degli elementi del trattamento rieducativo stabilendo che, salvo casi di impossibilità, al condannato e all’internato è assicurata un’occupazione lavorativa. L'art. 20 della stessa legge del 1975, come modificato dal decreto legislativo n. 124 del 2018, definisce le principali caratteristiche del lavoro negli istituti penitenziari. Il lavoro penitenziario, in primo luogo, non ha carattere afflittivo. Si tratta di una previsione che ricalca i contenuti dell'art. 71 delle regole minime Onu ed è confermato dell’articolo 26,1 delle regole penitenziarie europee - adottate con la raccomandazione R 2006 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, (che considerano il lavoro elemento positivo del trattamento). Il lavoro penitenziario è inoltre remunerato. L'art. 22 O.P. sulla determinazione della remunerazione, stabilisce che la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è stabilita, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi. L'art. 25-ter O.P. sull' assistenza per l’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali prevede che l’amministrazione penitenziaria renda disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso apposite convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all’espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l’erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro. Devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale; possono essere organizzati e gestiti, all’interno e all’esterno dell’istituto, lavorazioni e servizi attraverso l’impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati; possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da enti pubblici o privati e corsi di formazione professionale organizzati e svolti da enti pubblici o privati.

 

L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale. La normativa vigente consente all’amministrazione penitenziaria di stipulare convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro a detenuti o internati.

Come si sottolinea nell'ultima relazione al Parlamento sullo svolgimento da parte dei detenuti di attività lavorative o di corsi di formazione professionale per qualifiche richieste da esigenze territoriali (anno 2019) - Doc.CXCIV, n. 2,  nel corso del 2019 l'amministrazione penitenziaria ha dato ulteriore impulso alle attività propedeutiche alla realizzazione di progetti volti ad incrementare l’offerta di lavoro qualificato e la formazione professionale a favore della popolazione detenuta. In particolare nella medesima relazione si ricordano: presso l’istituto di Biella il rinnovo dell’accordo di collaborazione con l’azienda Ermenegildo Zegna per la realizzazione di divise per il personale del corpo di polizia penitenziaria; presso l’Istituto di Perugia la stipula di intese con la azienda Cucinelli per la creazione di un laboratorio di maglieria artigianale per la realizzazione di una linea produttiva dedicata al confezionamento di maglioni in dotazione sempre al corpo della polizia penitenziaria. Si sottolinea nella medesima relazione poi, che sono stati presi accordi con la regione Lombardia, il tribunale di Milano e l’archivio di Stato, nonché con la regione Toscana, il tribunale di Firenze e l’archivio di Stato di Firenze per l’ampliamento del progetto già in atto presso la casa circondariale di Roma Rebibbia per la digitalizzazione degli atti dei procedimenti penali di interesse storico abbinando a tale attività detenuti opportunamente selezionati e formati presso laboratori appositamente allestiti

 

Al fine di garantire alla popolazione detenuta l’utilizzo delle tecnologie informatiche nel pieno rispetto delle esigenze della sicurezza il Dap ha adottato la circolare 2 novembre 2015.  Tale circolare detta le linee guida sulle seguenti materie: utilizzo dei personal computer; connessione internet per motivi di studio, per la formazione e l’aggiornamento professionale; uso di Skype per facilitare i rapporti tra detenuti e familiari. La circolare disciplina l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche a sostegno dei percorsi rieducativi dei singoli detenuti e per ampliare le potenzialità dei progetti trattamentali attivati in collaborazione con il mondo dell’imprenditoria, del privato sociale e con gli Enti Locali.

La stessa circolare consente la possibilità di tenere personal computer nelle camere di pernottamento e nelle sale destinate alle attività comuni; l’accesso ad internet avverrà esclusivamente dalle postazioni attivate nelle aree adibite allo svolgimento di progetti trattamentali, quali ad esempio le biblioteche. La configurazione delle postazioni e la predisposizione delle politiche di sicurezza saranno curate a livello centrale, mentre le limitazioni poste all’infrastruttura di rete consentiranno di instradare il singolo utente esclusivamente verso i siti (white list) per i quali è stato autorizzato. Successivamente  con la circolare del 29 gennaio 2019 è stato dato ulteriore impulso all'utilizzo della piattaforma "Skype for business" per i detenuti e internati con i familiari e/o conviventi.

E' opportuno ricordare, poi, che nel tentativo di evitare o quanto meno arginare il possibile contagio da Covid-19 all’interno delle strutture penitenziarie, nella prima fase dell'emergenza, con l'emanazione del  decreto-legge n. 11 del 2020, il Governo ha disposto che, sino al 22 marzo 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone fossero svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Lo stesso provvedimento d'urgenza aveva concesso al magistrato di sorveglianza - tenuto conto delle evidenze rappresentate dall'autorità sanitaria - di sospendere, tra l'8 marzo e il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà.

Questa disciplina - che ha scatenato violente proteste negli istituti penitenziari - è stata confermata dall'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 che l'ha però accompagnata con ulteriori misure.

In primo luogo, per quanto riguarda le strutture penitenziarie, l'articolo 86 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha autorizzato la spesa 20 milioni di euro nell'anno 2020, per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari danneggiati a causa delle suddette proteste dei detenuti autorizzando, per la realizzazione dei relativi interventi, l'esecuzione dei lavori con le procedure in caso di somma urgenza. Tali risorse sono state anche destinate all'attuazione delle specifiche misure di prevenzione, relative tra l'altro agli ingressi negli istituti penitenziari e alle modalità di svolgimento dei colloqui, previste dal DPCM 8 marzo 2020 (che ha previsto che i casi sintomatici dei nuovi ingressi in carcere fossero posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, raccomandando di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare; che i colloqui visivi si svolgessero in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti; che in casi eccezionali potesse essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che fosse garantita in modo assoluto una distanza pari a due metri). Si segnalano, in questa prima fase, fra le altre, la Circolare D.A.P. 21 marzo 2020 con la quale sono state previste puntuali misure volte a consentire i colloqui detenuti con i propri familiari da remoto e la precedente Circolare D.A.P. 12 marzo 2020 con la quale sono stati consentiti colloqui a distanza per motivi di studio ed utilizzo della posta elettronica. ,

Nella seconda fase dell'emergenza, l'art. 221, co. 10 del D.L. n. 34 del 2020, ha previsto - fino al 31 dicembre 2020 (decreto 125 del 2020 allegato 33-bis)- con specifico riguardo ai colloqui che negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone fossero svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica. Si tratta di una disposizione destinata a trovare applicazione solo su richiesta dell'interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate (si veda in proposito anche la Circolare 12 maggio 2020: "Ripresa dello svolgimento dei colloqui di cui agli artt. 18 legge 354 del 1975 e 37 del D.P.R. 230 del 2000")

 

 


 

TITOLO IV – SUD E COESIONE TERRITORIALE

Articolo 27
(Agevolazioni contributive in favore di datori di lavoro operanti
in alcune aree territoriali)

 

 

L’articolo 27 prevede, per il periodo 2021-2029, un esonero contributivo parziale in favore dei datori di lavoro del settore privato[23] operanti in alcune regioni, ponendo i relativi oneri, per gli anni 2022 e seguenti, a carico di risorse finanziarie di fonte europea. Le regioni che rientrano nel beneficio, in base al richiamo dell'articolo 27, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, sono l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia. Il comma 2 del presente articolo 27 specifica che, per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, la misura è concessa in conformità alla Comunicazione della Commissione europea ivi richiamata, mentre, per il periodo successivo (1° luglio 2021-31 dicembre 2029), il comma 3 subordina l'efficacia del beneficio all'autorizzazione della Commissione europea. I commi 4 e 6 pongono alcune norme finali, mentre i commi 5 e 7 concernono la quantificazione degli oneri finanziari in oggetto e il concorso alla relativa copertura. Riguardo a quest'ultimo, si dispongono l'utilizzo del Fondo di cui al successivo articolo 184 (fondo per l’attuazione del Programma Next Generation EU) e la riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

In particolare, il comma 1 del presente articolo 27 prevede, con riferimento alla contribuzione a carico del datore relativa a rapporti di lavoro dipendente aventi sede nelle suddette regioni - con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico -, uno sgravio pari a:

-     il 30 per cento dei contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025. Tale aliquota è identica a quella prevista, per la medesima fattispecie, per il periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020[24]. Si valuti l'opportunità di chiarire se l'aliquota riguardi anche quei contributi relativi all'anno 2025 che, in base alla normativa ordinaria, siano da versare entro un termine ricadente nell'anno 2026;

-     il 20 per cento dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027;

-     il 10 per cento dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.

Si valuti l'opportunità di esplicitare che, come già previsto dal citato articolo 27, comma 1, del D.L. n. 104 e come indicato anche nelle relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge di bilancio, dalla base di calcolo sono esclusi i premi e i contributi dovuti all'INAIL.

Si ricorda che l'articolo 27, comma 1, del D.L. n. 104, ai fini dell'individuazione dei territori interessati, fa riferimento alle regioni che, nell’anno 2018, avessero un prodotto interno lordo pro capite non superiore al 90 per cento di quello medio dei 27 Paesi attualmente facenti parte dell’Unione europea ed un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale. Tale ambito è costituito dalle otto regioni summenzionate, come indicato dalla rettifica dell’originaria relazione tecnica, allegata al disegno di legge di conversione del D.L. n. 104[25], nonché dalla circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020.

L'ambito dello sgravio resta riferito a tali regioni per l'intero periodo oggetto del comma 1 del presente articolo 27, a prescindere dalle variazioni dei parametri economici che interverranno. Si consideri l'opportunità di valutare tale aspetto, anche in relazione all'esame - da parte della Commissione europea - della disciplina in oggetto.

 

Riguardo alla disciplina dello sgravio in esame, si ricorda altresì che il comma 1 del citato articolo 27 del D.L. n. 104 specifica che l’esonero contributivo:

-      non comporta variazioni dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche;

-      si applica anche ai giornalisti lavoratori dipendenti - i quali sono iscritti (anziché ai regimi pensionistici gestiti dall'INPS) al regime pensionistico gestito dall'INPGI -. Si prevede, a tal fine, che l'INPGI trasmetta apposita rendicontazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del rimborso, a saldo, delle minori entrate contributive derivanti dallo sgravio in oggetto.

Riguardo alla disciplina del beneficio, cfr. altresì la citata circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020.

 

In base ai commi 2 e 3 del presente articolo 27:

-     per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, l'agevolazione è concessa (così come già previsto per il summenzionato periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020[26]) nel rispetto delle condizioni della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni[27];

    Si ricorda che, in base alla sezione 3.1 di quest’ultima Comunicazione, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[28] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[29];

-     per il periodo 1° luglio 2021-31 dicembre 2029, l'agevolazione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea[30] (nel rispetto delle condizioni previste dalla disciplina europea in materia di aiuti statali alle imprese).

Il comma 4 del presente articolo 27 specifica che, ai fini degli adempimenti relativi al registro nazionale degli aiuti di Stato[31], l’amministrazione responsabile, per l’esonero contributivo in esame, è il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre l'amministrazione concedente - che provvede altresì al monitoraggio finanziario - è l’INPS. Riguardo alle amministrazioni concedenti, la norma non fa riferimento anche all'INPGI, mentre quest'ultimo è menzionato (con riferimento ai propri iscritti) dalla norma corrispondente - per il periodo 1° ottobre 2020-31 dicembre 2020 - di cui al comma 3 del citato articolo 27 del D.L. n. 104. Si consideri l'opportunità di una valutazione di tale profilo.

Il successivo comma 5 opera, in primo luogo, una quantificazione degli oneri derivanti dallo sgravio di cui al comma 1. Gli oneri sono stimati pari a 4.836,5 milioni di euro per il 2021, 5.633,1 milioni per il 2022, 5.719,8 milioni per il 2023, 5.805,5 milioni per il 2024, 5.892,6 milioni per il 2025, 4.239,2 milioni per il 2026, 4.047,1 milioni per il 2027, 2.313,3 milioni per il 2028, 2.084,8 milioni per il 2029 e 267,2 milioni per il 2030. Per la copertura di una quota di tali oneri, relativa agli anni 2021 e 2022 e pari a 3.500 milioni, lo stesso comma 5 dispone l'utilizzo del Fondo di cui al successivo articolo 184 (fondo relativo all’attuazione del Programma Next Generation EU); inoltre, il comma 7 riduce per il 2023, nella misura di 3.500 milioni di euro, la dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Il comma 6 abroga - in relazione al nuovo sgravio di cui al comma 1 - il comma 2 del citato articolo 27 del D.L. n. 104, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari europei, l’individuazione di indicatori oggettivi di svantaggio socio-economico e di accessibilità al mercato unico europeo, utili per la definizione di misure agevolative di decontribuzione, costituenti accompagnamento, per il periodo 2021-2029, degli interventi di coesione territoriale del piano nazionale per la ripresa e la resilienza e dei piani nazionali di riforma.

 


 

Articolo 28
(Proroga al 2022 del credito di imposta
per investimenti nel Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 28 dispone la proroga al 31 dicembre 2022 del credito d'imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo).

 

La lettera a) del comma 1, modificando il comma 98 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022 la disciplina del credito di imposta (commi 98-110 della legge n. 208 del 2015) prevista per gli investimenti facenti parte di un progetto di investimento iniziale relativi all’acquisto, anche tramite leasing, di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive nuove o già esistenti.

Si ricorda che i soggetti destinatari dell’agevolazione sono le imprese che acquisiscono beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite:

§  delle regioni Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata e Sardegna: si tratta delle regioni meno sviluppate, che ricomprendono quelle in cui il Pil pro-capite è inferiore al 75% della media UE;

§  delle regioni Abruzzo e Molise, vale a dire quelle c.d. in transizione, in cui il Pil pro-capite è ricompreso tra il 75% ed il 90% della media UE.

Le zone assistite sono, quanto al primo gruppo di regioni, quelle ammissibili alle deroghe agli aiuti di Stato previste dall’articolo 107, par. 3, lettera a) del Trattato UE e, quanto al secondo gruppo, quelle ammissibili alle deroghe previste dalla lettera c) del medesimo paragrafo.

 

In base all’articolo 1, comma 98, della legge di stabilità 2016 il credito d'imposta compete nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, ovvero del 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e del 10 per cento per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise. Le intensità massime di aiuto applicabili alle grandi imprese possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 319, della legge di bilancio per il 2020 ha prorogato tale credito dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020.

Per una ricostruzione completa della disciplina del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno si rinvia alla scheda Articolo 1, commi 98-108 del dossier Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Stabilità 2016) realizzata dai Servizi Studi di Camera e Senato.

 

La lettera b) del comma 1, modifica il comma 108 della legge di stabilità, indica in 1.053,9 milioni l’ammontare dell’onere per tale proroga sia per il 2021 che per il 2022 (che va ad aggiungersi ai 617 milioni annui dal 2016 al 2020).

 

Il comma 2 pone l’onere a carico delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relative al ciclo di programmazione 2021-2027 (finanziato dal successivo articolo 29, i cui stanziamenti per il 2021 e per il 2022 sono parimente ridotti, fermo restando il complessivo criterio di ripartizione territoriale.

 

 


 

Articolo 29
(Fondo sviluppo e coesione – Ciclo di programmazione 2021-2027)

 

 

L’articolo 29 dispone una prima assegnazione aggiuntiva di risorse al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, per complessivi 50 miliardi. L’articolo definisce, altresì, i criteri e le procedure di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio delle risorse 2021-2027, in analogia con il precedente periodo di programmazione, ferma restando la chiave di riparto delle risorse dell’80 per cento alle aree del mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del centro-nord.

 

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione.

Nel Fondo - disciplinato dal D.Lgs. n. 88 del 2011 che lo ha così ridenominato rispetto al precedente Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) - sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle richiamate finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

 

L’articolo 29 dispone una prima assegnazione di risorse aggiuntive in favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, nell’importo di 50 miliardi di euro, destinate esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo, volti a ridurre i divari socio-economici e territoriali tra le diverse aree del Paese.

In analogia con i precedenti cicli di programmazione, le risorse sono destinate ai territori secondo la chiave di riparto dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord.

Il finanziamento è autorizzato secondo la seguente articolazione temporale: 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per l’anno 2030.

 

Il comma 1 dispone che al completamento delle risorse da destinare al FSC per il ciclo di programmazione 2021-2027 si provvederà mediante le successive leggi di bilancio, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009).

L’articolo 23, comma 3, della legge n. 196/2009 consente di incidere di incidere sulle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi, per poter modulare e/o rifinanziare le risorse autorizzate da leggi di spesa secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa, mediante interventi in Sezione II.

 

Al riguardo, si ricorda che – secondo quanto riportato nel Programma Nazionale di Riforma (PNR) 2020 di luglio 2020 - per il periodo di programmazione 2021-2027 l’ammontare complessivo delle risorse da destinare agli interventi a favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione è determinato in 73,5 miliardi, con un incremento della quota percentuale di PIL destinata al FSC dallo 0,5 dell’attuale ciclo di programmazione allo 0,6 per cento.

 

Per quel che concerne la programmazione e l’utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, l’articolo in esame definisce, alle lettere da a) a m) del comma 1, i meccanismi procedurali di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio dell’utilizzo delle risorse, in analogia con quelli precedentemente definiti per il FSC 2014-2020 dall’articolo 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014.

 

In particolare, la lettera a) prevede l'impiego della dotazione finanziaria del Fondo 2021-2027 per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, sulla base delle 5 missioni previste nel “Piano Sud 2030”, dando priorità alle azioni e agli interventi previsti nel Piano, inclusi quelli relativi al rafforzamento delle amministrazioni pubbliche.

L’impiego per obiettivi strategici è, altresì, disposto in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali e di investimento europei per il periodo di programmazione 2021-2027, nonché con le politiche settoriali e le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo principi di complementarietà e addizionalità delle risorse.

Per un approfondimento della programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei della programmazione 2021-2027 si rinvia all’articolo 11 del disegno di legge in esame.

Per approfondimento degli interventi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) si rinvia all’articolo 184 del disegno di legge in esame.

 

 

Il “Piano Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia”, presentato dal Governo il 14 febbraio 2020, costituisce lo strumento per un’azione coordinata di rilancio degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno in una prospettiva almeno decennale e di riprogrammazione delle risorse ordinarie ed aggiuntive destinate alla coesione.

In particolare, il Piano si pone come obiettivo di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno mediante:

-      il riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale, per mezzo dell’effettiva applicazione della clausola del 34%,

-      l’accelerazione della capacità di spesa delle risorse aggiuntive del Fondo Sviluppo e Coesione, attraverso la riprogrammazione degli interventi,

-      maggiore impulso all’attuazione e all’utilizzo dei Fondi SIE.

Il Piano per il Sud 2030 è articolato in cinque missioni che rispondono alle priorità individuate dal Country Report 2019 per l’Italia (Annex D) e sono coerenti con gli Obiettivi di policy (OP) indicati dalla Commissione Europea per le politiche di coesione 2021-2027. Le cinque missioni sono così definite: un Sud rivolto ai giovani; un Sud connesso e inclusivo; un Sud per la svolta ecologica; un Sud frontiera dell’innovazione; un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo.

Le cinque missioni del Piano sono in linea con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), delineati dall’Agenda ONU 2030.

 

Ai sensi della lettera b), spetta al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale il compito di individuare, in coerenza con i contenuti dei Fondi SIE e del PNRR, le aree tematiche e gli obiettivi strategici per ciascuna area, in collaborazione con le amministrazioni interessate, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni. Gli obiettivi strategici sono poi comunicati alle competenti Commissioni parlamentari.

Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, viene disposta la ripartizione della dotazione finanziaria del FSC 2021-2027 tra le diverse aree tematiche[32].

Il CIPE provvede altresì ad eventuali variazioni della ripartizione su proposta della cabina di regia, di cui alla successiva lettera d).

 

La lettera c) dispone che gli interventi del FSC 2021-27 siano attuati nell’ambito di “Piani Sviluppo e Coesione” a titolarità delle Amministrazioni Centrali, Regionali, Città Metropolitane, ovvero di altre amministrazioni pubbliche che possono essere individuate dal CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale.

 

I piani sono definiti secondo i principi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019, tenendo conto delle competenze attribute alla Cabina di regia dalla successiva lettera d) dell’articolo in esame.

I Piani sono approvati con delibere del CIPE.

 

L’articolo 44 del D.L. 34/2019 ha previsto, ai fini di una riclassificazione ed armonizzazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativi ai vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), la predisposizione da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale di unico Piano operativo per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, denominato «Piano sviluppo e coesione», articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, nonché una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo. In particolare, il comma 7 indica le tipologie dei vecchi interventi che possono rientrare nel Piano Sviluppo Coesione di competenza di ciascuna amministrazione: si tratta sostanzialmente degli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata, che siano individuati sulla base dei dati di monitoraggio presenti, alla data del 31 dicembre 2019, nel sistema di monitoraggio unitario.

L’articolo 241 del D.L. n. 34/2020 ha fissato il termine entro cui tali Piani di sviluppo e coesione dovranno essere approvati dal CIPE entro e non oltre il 31 luglio 2020 (termine che, si rammenta, era fissato dall’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. medesimo, vale a dire al 31 agosto2019).

 

La lettera d) delinea i compiti della Cabina di regia nell’ambito della programmazione del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027[33]. È attribuito alla cabina di regia il compito di definire i Piani di Sviluppo e Coesione di cui alla lettera c), ai fini della successiva proposta di approvazione da parte del CIPE, articolati per ciascuna area tematica e missione, con l’indicazione dei risultati attesi; delle azioni e degli interventi necessari per il loro conseguimento, con relativa stima finanziaria; dei soggetti attuatori a livello nazionale, regionale e locale; dei tempi di attuazione e delle modalità di monitoraggio.

I suddetti piani operativi sono redatti nel rispetto della chiave di riparto che prevede che la dotazione complessiva deve essere impiegata per un importo non inferiore all’80 per cento per interventi da realizzare nei territori delle regioni del Mezzogiorno.

Nei Piani è indicata, altresì, l’articolazione annuale dei fabbisogni finanziari fino al terzo anno successivo al termine della programmazione 2021-2027.

Tutte le informazioni di dettaglio in merito ai risultati conseguiti sono illustrate nella relazione sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF (art. 10, co. 3, L. 196/2009).

Alla Cabina di Regia spetta altresì la competenza in relazione ad eventuali riprogrammazioni dei Piani sviluppo e coesione.

 

Nelle more della definizione[34] dei “Piani di Sviluppo e Coesione” FSC 2021-27, il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale può sottoporre all'approvazione del CIPE l’assegnazione di risorse FSC per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori, nel limite degli stanziamenti iscritti in bilancio. Tali interventi confluiscono poi nei “Piani di Sviluppo e Coesione”, in coerenza con le aree tematiche cui afferiscono.

Come precisato nella successiva lettera h), le assegnazioni del CIPE di risorse ai sensi della lettera d) consentono a ciascuna amministrazione l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi finanziati[35].

 

Secondo quanto indicato dalla lettera e), i “Piani di Sviluppo e Coesione” FSC 2021-27, con i relativi fabbisogni finanziari, costituiscono la base per la predisposizione del Documento di economia e finanza (DEF) e della relativa Nota di aggiornamento, nonché per la definizione del disegno di legge di bilancio di previsione[36].

Al riguardo, la successiva lettera g) prevede che il Ministro presenti al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione 2021-2027 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e del disegno di legge di bilancio di previsione.

 

La lettera f) assegna al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale l’attività di coordinamento dell’attuazione dei “Piani di Sviluppo e Coesione”. Spetta altresì al Ministro la competenza di individuare i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo[37].

Viene altresì modificato il comma 3 dell’articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 (Misure urgenti per il potenziamento delle politiche di coesione), al fine di precisare che l’Agenzia per la coesione territoriale, nelle sue attività istituzionali, opera tenendo conto “delle direttive, delle priorità e degli obiettivi, anche in tema di organizzazione interna e gestionale”, come definite dal Ministro per il Sud, in quanto autorità politica delegata per le politiche di coesione (in luogo del più generico agli “atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei ministri”, previsto nel testo vigente).

 

La lettera g) attribuisce al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale ulteriori compiti: può proporre al CIPE, ai fini di una sua successiva deliberazione in merito, la rimodulazione delle quote annuali di spesa dei “Piani di Sviluppo e Coesione” e la revoca di assegnazioni, nei casi di di impossibilità sopravvenute, mancato rispetto dei tempi o inadempienze.

Inoltre, come già sopra ricordato, il Ministro è tenuto a presentare al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione 2021-2027 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e del disegno di legge di bilancio di previsione[38].

 

Le assegnazioni del CIPE di risorse ai sensi della lettera d) consentono a ciascuna amministrazione l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi finanziati (lettera h)[39].

 

Per quanto riguarda la gestione finanziaria delle risorse FSC 2021-2027, l’articolo 29, comma 1, alla lettera i) conferma le modalità già definite dalla precedente programmazione 2014-2020[40]; le risorse assegnate dal CIPE ai Piani di sviluppo e coesione – ovvero nelle more di definizione dei Piani - sono trasferite, nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, dal capitolo del bilancio dello Stato relativo al FSC (cap. 8000/MEF) in una apposita contabilità del c.d. Fondo di rotazione IGRUE (si tratta del conto corrente di tesoreria n. 25058) , sulla base dei profili finanziari previsti dalle delibere del CIPE di approvazione dei piani stessi.

Ai sensi della successiva lettera k), sono trasferite al Fondo di rotazione anche le risorse del FSC già iscritte in bilancio per i precedenti periodi di programmazione, che sono gestite secondo le modalità indicate alla presente lettera i).

 

Ai fini dell’erogazione delle somme, la lettera i) prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse, trasferite alla suddetta contabilità, in favore delle amministrazioni responsabili dell'attuazione dei “Piani di sviluppo e coesione” approvati dal CIPE, secondo l'articolazione temporale indicata dalle relative delibere, e provvede a effettuare i pagamenti a valere sulle medesime risorse in favore delle suddette amministrazioni, sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche di coesione.

Le procedure di pagamento sono disposte ai sensi della normativa per il Fondo IGRUE (art. 5 della legge n. 183 del 1987 e regolamento ex D.P.R. n. 568 del 1988).

Rispetto alla disciplina vigente per il ciclo 2024-2020, viene introdotta una novità contabile, prevedendo che per far fronte ad eventuali carenze di liquidità le risorse FSC assegnate in favore di un intervento e non ancora utilizzate possono essere riassegnate in favore di un intervento a titolarità di altra Amministrazione la cui realizzazione presenta carattere di urgenza. In tal caso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento politiche di coesione dispone la riassegnazione in favore del nuovo intervento, sentita l’Amministrazione titolare dell’intervento definanziato.

 

Ai sensi della lettera j), entro il 10 settembre di ciascun anno la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le Politiche di Coesione, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la coesione sullo stato di attuazione degli interventi, tenendo conto dei dati forniti dalle singole amministrazioni titolari degli interventi stessi e di eventuali decisioni assunte dal CIPE, aggiorna le previsioni di spesa.

Sulla base di tali comunicazioni il Ministero dell'economia e delle finanze può adottare, ove necessario, decreti di svincolo delle risorse riferite all'esercizio in corso e a quelli successivi. Le amministrazioni titolari degli interventi assicurano il tempestivo e proficuo utilizzo delle risorse assegnate e assicurano i controlli sulla regolarità delle spese sostenute dai beneficiari.

 

 

Per quel che concerne le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, si ricorda che per il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione aggiuntiva del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo di 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

Per quel che concerne, invece il nuovo ciclo 2021-2027, l’articolo 29 in esame, come sopra illustrato, autorizza un primo finanziamento per complessivi 50 miliardi, di cui 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per il 2030.

Nel disegno di legge di bilancio, nella Sezione II, la dotazione del capitolo 8000/MEF, il Fondo presenta una dotazione pari a circa 10,0 miliardi per il 2021, 11,5 miliardi per il 2022 e 9,0 miliardi per il 2903. Rispetto alla legislazione vigente (che reca le residuali risorse del ciclo 2014-2020), tali importi risultano determinati, oltre che dagli effetti dell’art. 29 in esame, anche dagli effetti determinati delle altre disposizioni dell’articolato, come riportato  nella tabella che segue:

(milioni di euro)

FSC (cap. 8000/MEF)

2021

2022

2023

2024 e ss

Bilancio a legislazione vigente

7.119,6

7.687,8

7.668,4

14.437,6

Art. 29 - Rifinanziamento FSC 2021-27

4.000,0

5.000,0

5.000,0

36.000,0

Art. 27 - Decontribuzione Sud

-

-

-3.500,0

-

Art. 28 - Credito imposta investimenti nel Mezzogiorno

-1.053,9

-1.053,9

-

-

Art. 32 - Credito d’imposta nel Mezzogiorno ricerca e innovazione

-

-52,0

-104,0

-156,0

Art. 34 - Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali

-30,0

-30,0

-30,0

-

D.D.L. BILANCIO 2021

10.035,7

11.551,9

9.034,4

50.281,6

Da assegnare con delibera CIPE

 

 

 

 

Art. 33 - Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno

-50,0

-50,0

-50,0

-

 

Per quanto riguarda le autorizzazioni di cassa si segnala che per il 2021 esse ammontano a 2.907,7 milioni.

Infine si ricorda che il d.d.l. di bilancio stima al 1° gennaio 2021 residui del FSC pari a 30,4 miliardi.

 


 

Articolo 30
(Semplificazione del processo di attuazione della Strategia Nazionale per le Aree Interne - STRALCIATO)

 

L’articolo 30 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.

 


 

Articolo 31
(Rigenerazione amministrativa per il rafforzamento
delle politiche di coesione territoriale nel Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 31 autorizza le amministrazioni pubbliche operanti nel Mezzogiorno ad assumere personale, a tempo determinato e a tempo indeterminato, attraverso l’espletamento di procedure concorsuali, al fine di rafforzare la capacità amministrativa delle medesime amministrazioni nell’ambito della gestione e utilizzazione dei fondi della politica di coesione.

 

Assunzioni a tempo determinato (commi da 1 a 4)

Il comma 1 - in deroga ai vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente, al fine di garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione comunitaria e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027 - autorizza, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, le amministrazioni pubbliche (come indicate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[41]) che, nell’ambito di tali interventi, rivestono ruoli di coordinamento nazionale e le Autorità di gestione, gli organismi intermedi o i soggetti beneficiari (cioè tutti i soggetti pubblici coinvolti nelle attività programmatorie e gestionali) delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, ad assumere personale non dirigenziale, in possesso delle correlate professionalità, con contratto di lavoro a tempo determinato, nel limite massimo di 2.800 unità, e di una spesa massima in ragione d’anno pari a 126 milioni annui per il triennio 2021-2023, di durata corrispondente ai programmi operativi complementari e comunque non superiore a trentasei mesi.

Gli oneri per l’assunzione di tale personale (indicati quale spesa massima in 126 milioni annui per il triennio 2021-2023) sono posti a carico delle disponibilità del Programma operativo complementare (POC) al Programma operativo nazionale PON “Governance e capacità istituzionale 2014 – 2020” previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5 del D.L. n. 34 del 2020.[42] (comma 1)

 

Il Programma Operativo Nazionale Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 è stato adottato con Decisione C (2015) 1343 del 23 febbraio 2015 che riconosce il sostegno del FSE e del FESR nell’ambito dell’obiettivo “Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione” in Italia, per il periodo dal 1º gennaio 2014 al 31 dicembre 2020.

Il Programma ha una dotazione finanziaria di 805 milioni, composta da risorse comunitarie (603 milioni) del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e da risorse pubbliche nazionali (202 milioni).

Con delibera n. 47 del 10 agosto 2016 il CIPE ha approvato il programma complementare al PON «Governance e capacità istituzionale 2014-2020» con una dotazione di 247,2 milioni.

Da ultimo, la delibera CIPE 28 luglio 2020, n. 36 ha disposto, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 242, commi 2 e 5, del D.L. n. 34 del 2020, una nuova assegnazione di risorse FSC 2014-2020, per complessivi 728,4 milioni all’Agenzia per la coesione territoriale di cui 283,4 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) “Città Metropolitane 2014- 2020” e 445 milioni per dare copertura agli interventi riprogrammati sul Programma operativo nazionale (PON) Governance e capacità istituzionale” 2014-2020.

 

La ripartizione tra le amministrazioni interessate delle risorse finanziarie e del personale assunto a tempo determinato ai sensi del precedente comma 1 è demandata, ai sensi del comma 2, ad apposito DPCM – da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame[43], sulla base della ricognizione del fabbisogno di personale operato dall’Agenzia per la coesione territoriale –, che individua altresì i profili professionali e le relative categorie del predetto personale.

Il comma 3 dispone che il reclutamento del personale assunto a tempo determinato ai sensi del comma 1 avviene:

§  per le amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie e gli enti pubblici non economici mediante concorsi pubblici unici, come stabilito dall’art. 4, c. 3-quinquies, del D.L. 101/2013 relativamente al reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni ai predetti soggetti;

§  per le restanti amministrazioni, mediante proprie procedure selettive con il possibile ausilio della Commissione RIPAM (Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni), ai sensi dell’art. 35, c. 5, del D.Lgs. 165/2001.

Le suddette procedure concorsuali pubbliche, per titoli ed esami, sono organizzate dal Dipartimento della funzione pubblica e si svolgeranno con le modalità semplificate previste dall’art. 3, c. 6, della L. 56/2019[44].

 

L’Agenzia per la coesione territoriale è chiamata, ai sensi del comma 4, a monitorare la corrispondenza delle attività svolte dai soggetti di cui al comma 1 agli obiettivi dei relativi Programmi operativi complementari

 

Assunzioni a tempo indeterminato (comma 5)

Il comma 5 riconosce alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 la possibilità di avviare procedure concorsuali pubbliche per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale con competenze coerenti con la finalità di garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione comunitaria e nazionale, di cui ai precedenti commi 1 e 2.

Le suddette procedure concorsuali devono avvenire:

§  nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, nonché del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni a tempo indeterminato;

§  previo espletamento della procedura di cui all’art. 35, c. 4, del D.Lgs. 165/2001 che demanda ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) l’autorizzazione dell’avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici;

§  con riserva dei posti, nel limite massimo del 50 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di contratto di lavoro a tempo determinato di cui al comma 1 che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato ventiquattro mesi di servizio alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando[45];

In tema di stabilizzazione del personale precario delle PA, si ricorda che l’art. 20, c. 2, del D.L. 75/2017 prevede, in linea generale e fino al 31 dicembre 2020, la possibilità per le amministrazioni pubbliche di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

-     risulti titolare, successivamente al 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della legge delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche n. 124 del 2015), di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

-     abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2020, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

 

§  per esami e titoli, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l’esperienza professionale maturata dal personale beneficiario della suddetta quota di riserva.

 

Infine, il comma 6 precisa che l’Agenzia per la coesione territoriale provvede all’attuazione della disposizione in commento nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 32
(Proroga del credito d'imposta potenziato per le attività di ricerca
e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 32 proroga per le annualità 2021 e 2022 il credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (inclusi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni), differenziandone la misura percentuale a seconda delle dimensioni delle imprese in termini occupazionali e di fatturato.

 

Nei confronti delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia il comma 1 estende anche alle annualità 2021 e 2022 il credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo (definito dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 160 del 2019 – legge di bilancio 2020).

Il credito di imposta viene disposto nelle medesime misure stabilite per tali investimenti nei medesimi territori come già determinate per il 2020 (periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019) dall’articolo 244 del decreto-legge n. 34 del 2020:

§  25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro (imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003).

 

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019.

Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

§  spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti);

§  strumentazioni e attrezzature;

§  costi relativi a immobili e terreni;

§  costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti;

§  spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

 

Sulla materia è poi intervenuto l’articolo 244 del D.L. n. 34 del 2020 incrementando la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo - introdotto con riferimento a tutto il territorio nazionale dall’articolo 1, commi da 198 a 209, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) – in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (nonché delle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017), al fine di incentivare l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo, ricomprendendovi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di Covid-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

La misura del credito d’imposta è aumentata, per le imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, nella seguente misura:

§  dal 12 al 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  dal 12 al 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  dal 12 al 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.

 

Il comma 2 precisa che la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare dall’articolo 25 del medesimo regolamento in materia di aiuti ai progetti di ricerca e sviluppo.

 

Il comma 3 provvede alla copertura dell’onere riducendo il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione - Programmazione 2021-2027 di 52 milioni per il 2022, di 104 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 52 milioni per il 2025.

 

 


 

Articolo 33
(Ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno)

 

 

L'articolo 33 promuove al comma 1 la costituzione di Ecosistemi dell’innovazione, attraverso la riqualificazione o la creazione di infrastrutture materiali e immateriali per lo svolgimento di attività di formazione, ricerca multidisciplinare e creazione di impresa, con la collaborazione di università, enti di ricerca, imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni del terzo settore, al fine di favorire, nell’ambito dell’economia della conoscenza, il perseguimento di obiettivi di sviluppo, coesione e competitività dei territori nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia

 

Il comma 2 assegna a tal fine al MUR, nell’ambito del Piano sviluppo e coesione (PSC) di competenza, risorse nel limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, a valere sul Fondo sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione 2021-27.

 

L'articolo 44 comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2019 (c.d. "decreto crescita") ha introdotto il "Piano di sviluppo e coesione", cioè un unico Piano operativo per ogni amministrazione in sostituzione della pluralità degli attuali documenti programmatori variamente denominati sottoposto all'approvazione del CIPE ad opera dell'Agenzia per la coesione territoriale. Ciò al fine di migliorare il coordinamento unitario e la qualità degli investimenti finanziati con le risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2007/2013 e 2014/2020, nonché di accelerarne la spesa, per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione.

 

Per la costituzione di tali strutture è quindi prevista la delibera del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Al finanziamento degli interventi relativi possono contribuire, altresì, le risorse relative ai fondi strutturali europei per il ciclo di programmazione 2021-27, nonché ulteriori risorse assegnate all’Italia nel contesto delle decisioni assunte dal Consiglio Europeo del 17-21 luglio 2021.

Il comma 3 prevede che per le suddette finalità, entro 60 giorni dalla delibera del CIPE di cui al comma 2, il Ministro per l’università e la ricerca, di concerto con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, stabilisce, con proprio decreto, i criteri per il riparto delle risorse, le modalità di accesso al finanziamento e l’ammontare del contributo concedibile.

Articolo 34
(Coesione sociale e sviluppo economico nei Comuni marginali)

 

 

L’articolo 34 è volto a ridenominare il Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne in “Fondo di sostegno ai comuni marginali”, destinandolo al finanziamento di interventi a supporto della coesione sociale e dello sviluppo economico nelle aree del Paese maggiormente colpite dal fenomeno dello spopolamento e con limitata offerta di servizi alle persone e alle attività economiche.

Il nuovo Fondo di sostegno viene inoltre rifinanziato nella misura di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. Rientrano nella dotazione del nuovo Fondo anche la quota parte delle risorse, già stanziate in favore dell’ex Fondo di sostegno delle attività economiche, destinate ad interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati (comma 3).

Resta fermo quanto disposto dalla normativa vigente in merito all’attuale Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, per gli anni 2020, 2021 e 2022 (comma 2).

 

Con il comma 1 dell’articolo in esame il vigente Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, istituito dal comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020, assume la nuova denominazione di “Fondo di sostegno ai comuni marginali”.

Il nuovo Fondo viene destinato al finanziamento di interventi volti a favorire la coesione sociale e lo sviluppo economico nei comuni particolarmente colpiti dal fenomeno dello spopolamento e per i quali si riscontrano particolari problematiche di attrattività per la limitata offerta di servizi materiali e immateriali alle persone e alle attività economiche, ponendosi come un intervento complementare alla SNAI, Strategia nazionale per le aree interne[46].

Al riguardo, la Relazione illustrativa precisa che i comuni marginali sono definiti in base all’individuazione di criteri di selezione complementari rispetto all’attuale classificazione dei comuni delle aree interne, basati sulla dimensione demografica dei comuni e sul loro grado di perifericità rispetto a contesti territoriali a più elevato sviluppo e di sofferenza nella locale offerta di servizi materiali e immateriali per cittadini e imprese.

Il comma 2 stabilisce che per gli anni 2020, 2021 e 2022 resta fermo quanto disposto dalla normativa vigente in merito alla disciplina del vigente Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, di cui ai commi 65-ter, 65-quater e 65-quinquies dell’articolo 1 della legge n. 205/2017, come introdotti dal comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020 e dall’articolo 243, comma 1, del D.L. n. 34/2020.

 

Si rammenta che il Fondo di sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne – che viene qui ridenominato - è stato istituito con la legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 1, co. 313, lett. d) legge n. 160 del 2019, che ha introdotto i commi 65-ter e 65-quater nell'articolo 1 della legge di bilancio n. 205 del 2017). La norma prevede che il Fondo sia ripartito tra i comuni rientranti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

A seguito dell’emergenza sanitaria, il Fondo è stato rifinanziato dal D.L. n. 34/2020 (articolo 243) nell’importo di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, per consentire ai comuni delle aree interne di fronteggiare le maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia di Covid-19 (a tal fine, è stato introdotto il comma 65-quinquies nell’art. 1, L. n. 205/2017).

Un ulteriore finanziamento del Fondo è stato disposto, dal medesimo art. 234 del D.L. n. 34/2020, nell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 destinati alla realizzazione interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati (comma 65-sexies, L. n. 205/2017). La norma prevede, per il riparto di queste somme, un apposito D.P.C.M. per l’individuazione degli enti beneficiari, su proposta del Ministro del sud e della coesione territoriale, sulla base di specifici criteri: spopolamento, deprivazione sociale, indicatori del reddito delle persone giuridiche e delle persone fisiche inferiori alle medie di riferimento. La norma destina le risorse in questione (30 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023) alla realizzazione di specifici interventi: a) adeguamento di immobili appartenenti al patrimonio disponibile da concedere in comodato d'uso gratuito per l'apertura di attività commerciali, artigianali o professionali per un periodo di cinque anni; b) contributi per l'avvio delle attività commerciali ed artigianali ed agricole; c) contributi a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, a titolo di concorso per le spese di acquisto, di ristrutturazione di immobili da destinare ad abitazione principale del beneficiario.

Le risorse complessive del Fondo in questione sono reperite a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC) della programmazione 2014-2020.

 

Il comma 3 dispone inoltre un incremento delle risorse del Fondo di sostegno di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

Tali risorse, unitamente a quelle già stanziate dal comma 65-sexies dell’art. 1 della legge n. 205/2017 sopra illustrato (pari a ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, destinati alla realizzazione interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati) sono ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione.

 

Agli oneri derivanti dall’incremento delle risorse del Fondo di sostegno dei comuni marginali, di cui al comma 3, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020 (comma 4).

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) - disciplinato dal D.Lgs. n. 88/2011 – reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.

Per quel che concerne il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo pari a 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

 


 

TITOLO V – LIQUIDITÀ E RICAPITALIZZAZIONE IMPRESE

Articolo 35
(Misure per il sostegno alla liquidità delle imprese)

 

 

L’articolo 35 proroga ed estende la disciplina sull’intervento straordinario in garanzia di SACE a supporto della liquidità delle imprese colpite dalle misure di contenimento dell’epidemia da COVID-19 (cd. “Garanzia Italia”), contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020. In particolare, il comma 1, lett. a) proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività della misura.

La lett. a) interviene anche sulle esposizioni che possono essere assunte da CDP S.p.A. derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza, prorogando anch’esse al 30 giugno 2020.

La lett. b) estende l’ambito di applicazione della garanzia SACE alle cessioni dei crediti effettuate dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari senza garanzia di solvenza del cedente (dunque alle cessioni pro soluto, mentre, attualmente, la garanzia SACE opera solo per le cessioni pro solvendo). Quanto disposto dalla lettera b) si applica per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020 (comma 5).

La lett. c) estende la garanzia SACE ad operazioni di finanziamento con rinegoziazione del debito, purché si preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo e/o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello rinegoziato. Quanto disposto dalla lettera c) si applica per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020 (comma 5).

Il comma 2 conseguentemente consente che, in caso di rinegoziazione del debito, la quota destinata al rimborso di finanziamenti erogati dai medesimi soggetti finanziatori non sia accreditata su apposito conto corrente dedicato.

Il comma 3 implementa ulteriormente l’operatività della garanzia SACE. A decorrere dal 1° gennaio 2021 e fino al 30 giugno 2021, le garanzie di SACE di cui all’articolo 1 del D.L. 23/2020, rilasciate a beneficio di imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap), sono concesse a titolo gratuito e fino alla copertura del 90 per cento del finanziamento, per un importo massimo garantito fino a 5 milioni di euro, o inferiore, tenuto conto dell’ammontare in quota capitale non rimborsato di eventuali finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI. Il comma in esame è in sostanza finalizzato a consentire alle imprese “mid-cap” di poter accedere allo strumento Garanzia Italia alle medesime condizioni agevolate offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo Centrale di garanzia ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020, la cui operatività straordinaria, per le imprese “mid cap”, è prevista fino al 28 febbraio 2021 dall’articolo 40, comma 2 del disegno di legge.

Inoltre, il comma 3 dispone che a decorrere dal 1° luglio 2021, le predette imprese “mid cap” possono accedere, con una percentuale di copertura fino all’80 per cento dell’importo del finanziamento, alle garanzie SACE rilasciate a condizioni di mercato, ai sensi di quanto previsto dalla disciplina ordinaria inerente le attribuzioni della stessa SACE, comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003.

Il comma 4 modifica peraltro tale ultima disciplina al fine di specificare la percentuale di copertura delle garanzie, di consentirne il rilascio, da parte di SACE, oltre che in favore di banche, istituzioni finanziarie e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, anche in favore delle imprese di assicurazione, nazionali o internazionali, autorizzate all’esercizio del ramo credito e cauzioni, nonché di consentire a SACE di rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia.

Ai sensi del comma 6, fanno capo a SACE S.p.a. gli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato delle misure di aiuto concesse ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.

 

Segnatamente, il comma 1, lett. a) proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività dell’intervento straordinario in garanzia di SACE previsto dall’articolo 1 del D.L. n. 23/2020 a supporto della liquidità delle imprese colpite dalle misure di contenimento dell’epidemia.

 

A tal fine, modifica il comma 1 e il comma 2, lett. a) del citato articolo 1 D.L. n. 23/2020, autorizzando SACE S.p.A. a concedere fino al 30 giugno 2021 (e non più fino al 31 dicembre 2020) le garanzie in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese, con sede in Italia, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

La garanzia SACE è dunque rilasciata entro il 30 giugno 2021 (e non più fino al 31 dicembre 2020), per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento di durata fino a 36 mesi.

 

Per far fronte alla grave emergenza economica determinata dalla pandemia da coronavirus, e sostenere la liquidità del sistema produttivo, fortemente colpito dalle misure restrittive di contrasto all’espansione del virus, il D.L. n. 23/2020 delinea uno schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI (articolo 1 e articolo 13).

In particolare, per quanto qui interessa, l'articolo 1 del D.L. n. 23/2020, come modificato dal D.L. n. 104/2020, autorizza SACE S.p.A.  a concedere - fino al 31 dicembre 2020 - garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dagli effetti dell'epidemia Covid-19. L'intervento in garanzia di SACE, non si sovrappone a quello del Fondo di garanzia PMI, bensì lo completa, in quanto interviene per categorie di imprese medio grandi e anche per PMI - ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti - che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Sono escluse dal beneficio le società che, direttamente o indirettamente, controllano o sono controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali.

Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti.

Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e a tal fine è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione iniziale pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il Decreto legge n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo, di 30.000 milioni di euro per l'anno 2020 (articolo 31).

La garanzia SACE è rilasciata, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti bancari accordati alle seguenti condizioni:

§  durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi;

§  impresa beneficiaria, che al 31 dicembre 2019 non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà, e che al 29 febbraio 2020 non aveva nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate. Possono comunque beneficiare delle garanzie anche le imprese che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non siano classificabili come deteriorate, non presentino importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente;

§  importo del prestito garantito che, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, non superiore al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;

§  percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 percento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese;

§  assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;

§  destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali. Secondo quanto inserito in sede di esame parlamentare, il finanziamento deve essere destinato, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID.

Le garanzie straordinarie SACE, si applicano, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente, effettuate dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari (comma 1-bis, dell’art. 1 del D.L. n. 23/2020).

SACE ha pubblicato un manuale operativo attuativo di quanto previsto dall'articolo 1 del D.L. n. 23/2020 (aggiornato al 9 luglio 2020).

Le misure previste dall'articolo 1 e dall'articolo 13 del Decreto Legge 23/2020 sono state autorizzate dalla Commissione europea in data 14 aprile 2020 (SA56963), in quanto ritenute compatibili con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.

Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza.

Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro).

L’intervento di proroga della garanzia SACE contenuto nell’articolo qui in esame è dunque adottato ai sensi di quanto consentito dalla recente quarta modifica del “Temporary framework”.

La versione consolidata del Temporary Framework è stata pubblicata dalla Commissione UE, sul sito istituzionale.

Per una illustrazione analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

Infine, si segnala che l'11 novembre, la Task Force per le misure sostegno della liquidità (MEF, MISE, BANCA D'ITALIA, ABI, MEDIO CREDITO CENTRALE, SACE) ha pubblicato un comunicato (qui il link) in cui ha diffuso i dati attuativi settimanali aggiornati. Quanto alle garanzie rilasciate da SACE, i volumi dei prestiti garantiti raggiungono 16,6 miliardi di euro, per un totale di 896 operazioni.

 

Il comma 1, lettera a) interviene, inoltre, sull’articolo 1, comma 13, del D.L. n. 23/2020. Ai sensi di tale norma, lo Stato può concedere garanzia sulle esposizioni[47] di Cassa depositi e prestiti assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 derivanti da garanzie (anche di prima perdita) su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese, con sede in Italia, che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza epidemiologica e che prevedano modalità tali da assicurare la concessione da parte dei finanziatori di nuovi finanziamenti in funzione dell'ammontare del capitale regolamentare liberato per effetto delle garanzie stesse.

Con la novella in esame, le esposizioni di Cassa depositi e prestiti garantite dallo Stato possono essere assunte da CDP sino al 30 giugno 2021.

 

Il comma 1, alla lett. b), estende l’ambito di applicazione delle garanzie SACE anche alle cessioni dei crediti effettuate dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari senza garanzia di solvenza del cedente.

A tal fine, la lettera novella l’articolo 1, comma 1-bis del D.L. n. 23/2020, il quale attualmente invece consente l’intervento in garanzia di SACE solo per le cessioni di crediti con garanzia di solvenza.

 

Quanto disposto dalla lettera b) si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 5, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge afferma che l’allargamento della garanzia pubblica alle cessioni di credito pro soluto consentirebbe di anticipare e assicurare i flussi monetari relativi alla transazione commerciale adottando un approccio flessibile che si adatti alla dinamica del fatturato, senza gravare il bilancio dell’impresa cedente di ulteriori debiti finanziari.

 

L’articolo 1, comma 1-bis del D.L. n. 23/2020 attualmente dispone l’applicazione della disciplina della garanzia SACE alle cessioni di crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate dalle imprese dopo il 7 giugno 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto) - anche ai sensi della legge sul factoring, o cessione in blocco dei crediti d’impresa, legge 21 febbraio 1991, n. 52 - a favore di banche e intermediari finanziari, iscritti all’albo di cui all’art. 106 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993).

Con tale previsione è stato fornito uno strumento di supporto complementare rispetto alle garanzie che SACE può prestare sui finanziamenti bancari, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 23.

Le imprese che possono beneficiare della garanzia sulla cessione dei crediti pro solvendo sono le stesse che possono beneficiare della garanzia SACE sui finanziamenti, dunque, imprese medio grandi e anche le PMI - ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti - che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA.

I limiti di importo del prestito garantito da SACE, e le percentuali di copertura della garanzia SACE, vanno riferiti all’importo del corrispettivo pagato al cedente per la cessione dei crediti.

Le modalità attuative ed operative della misura, nonché ulteriori elementi e requisiti integrativi, sono state demandate ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e finanze. La specificazione della procedura e la documentazione necessaria per il rilascio della garanzia è stata demandata a SACE.

 

La lett. c) del comma 1 amplia l’ambito di intervento della garanzia SACE sui finanziamenti bancari. A tal fine, modifica il comma 2 dell’articolo 1, del D.L. n. 23/2020, che elenca le condizioni in presenza delle quali tale garanzia è ammessa.

In particolare, integra la lettera n), la quale attualmente dispone che il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, nonché investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, e le medesime imprese si devono impegnare a non delocalizzare le produzioni.

La lett. c) dispone che ovvero”, il prestito deve essere destinato al rimborso di finanziamenti nell’ambito di operazioni di rinegoziazione del debito accordato in essere dell’impresa beneficiaria purché il finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo e/o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione.

Si valuti l’opportunità di meglio formulare la novella in esame, posto che l’uso della congiunzione “ovvero” – inserita dopo la previsione contenuta nella lettera n) relativa all’obbligo per le imprese beneficiarie di avere sede in Italia e di non delocalizzare le produzioni – potrebbe dare luogo a problemi di tipo interpretativo.

 

Quanto disposto dalla lettera c) si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 5, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020.

 

La relazione illustrativa afferma che la lettera c) in esame è finalizzata ad assicurare liquidità alle imprese colpite dall’epidemia COVID-19 consentendo loro, alle condizioni date, di poter impiegare lo strumento di “Garanzia Italia” SACE anche per rinegoziare/consolidare indebitamenti esistenti.

 

Il comma 2, attraverso una modifica all’articolo 1-bis, lettera d) del D.L. n. 23/2020, in sostanza consente che, in caso di rinegoziazione del debito, la quota destinata al rimborso di finanziamenti già erogati dai medesimi soggetti finanziatori (dunque, la quota destinata alla rinegoziazione dei debiti esistenti con il medesimo finanziatore) non sia accreditata su apposito conto corrente dedicato.

In tal modo, afferma la relazione illustrativa, si vuole consentire alla banca di effettuare eventuali compensazioni tra importi a debito e a credito.

 

Nel dettaglio, il comma 2 modifica l’articolo 1-bis del D.L. n. 23/2020, il quale prevede che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all’articolo 1 dello stesso decreto-legge, siano integrate da autocertificazione, con la quale l’istante dichiara i propri dati aziendali e la presenza di una serie di condizioni per il rilascio del finanziamento garantito, nonché dichiara che è consapevole che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati (comma 1, lett. d)).

Il comma 2 introduce un’eccezione alla previsione di un conto corrente dedicato su cui accreditare i finanziamenti garantiti da SACE, per l’eventuale quota di tali prestiti destinata al rimborso di finanziamenti erogati dai medesimi soggetti finanziatori.

 

Quanto disposto dal comma 2 si applica, ai sensi di quanto previsto dal comma 5, per le garanzie concesse successivamente al 31 dicembre 2020

 

In particolare l’articolo 1-bis, comma 1 del D.L. n. 23/2020 dispone che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all’articolo 1 del decreto legge in esame, siano integrate da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445/2000. Con tale dichiarazione il titolare o il legale rappresentante dell'impresa attestano:

a)   che l’attività d’impresa è stata limitata o interrotta dall’emergenza epidemiologica COVID-19 o dagli effetti derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una situazione di continuità aziendale;

b)  che i dati aziendali forniti su richiesta dell’intermediario finanziario sono veritieri e completi;

c)   che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera n), il finanziamento coperto dalla garanzia è richiesto per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che sono localizzati in Italia;

d)  di essere consapevoli che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati;

e)   di non trovarsi nelle condizioni ostative previste dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

f)   che nei confronti del titolare o del legale rappresentante non è intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni.

 

Il comma 3, introduce un nuovo articolo 1-bis.1 nel D.L. n. 23/2020, il quale implementa ulteriormente la garanzia SACE prevista nell’articolo 1 dello stesso decreto legge.

Ai sensi del comma 1 di tale nuovo articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2021 e fino al 30 giugno 2021, le garanzie di SACE di cui all’articolo 1 del medesimo D.L., rilasciate a beneficio di imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap) sono concesse a titolo gratuito e fino alla copertura del 90 per cento del finanziamento, per un importo massimo garantito fino a 5 milioni di euro, o inferiore, tenuto conto dell’ammontare in quota capitale non rimborsato di eventuali finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI.

Il numero di dipendenti è individuato sulla base delle unità di lavoro-anno rilevate per l'anno 2019.

 

La relazione illustrativa evidenzia che il comma in esame è finalizzato a consentire alle imprese “mid-cap” di poter accedere allo strumento Garanzia Italia alle medesime condizioni agevolate offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo Centrale di garanzia ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020, e segnatamente: concessione delle garanzie a titolo gratuito, percentuale di copertura del 90 per cento e importo massimo dei finanziamenti fissato a 5 milioni di euro.

Alla luce del perdurare delle difficoltà economiche nelle circostanze eccezionali della pandemia di Covid-19, si intende dunque consentire alle imprese mid-cap di poter continuare a beneficiare sino al 30 giugno 2021 delle garanzie sui finanziamenti suddetti alle medesime condizioni agevolate vigenti oggi ai sensi dell’art. 13, comma 1 del D.L. n. 23, allocando sullo strumento di Garanzia Italia, gestito da SACE S.p.A., il rilascio di tali specifiche garanzie, ora invece rilasciate dal Fondo di garanzia PMI.

Il comma, letto in combinato disposto con quanto prevede l’articolo 40, comma 2 del disegno di legge in esame, opera in sostanza una “migrazione” delle competenze nel rilascio delle suddette garanzie dal Fondo di garanzia PMI allo strumento “garanzia Italia” SACE, di cui all’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, che viene contestualmente prorogato sino al 30 giugno 2021.

Secondo quanto previsto dall’articolo 40, comma 2 del disegno di legge, il Fondo di garanzia PMI può rilasciare - ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020 - le predette garanzie sui finanziamenti alle imprese cd. “mid capsino al 28 febbraio. Successivamente, dunque, interverrebbe SACE.

Con riferimento al combinato disposto del comma 1 dell’articolo 1.bis.1 in esame e dell’articolo 40, comma 2, si valuti l’opportunità di specificare meglio il riparto di competenze tra SACE e Fondo di garanzia PMI nel periodo transitorio intercorrente tra il 1 gennaio 2020 e il 28 febbraio 2020.

 

Il comma 1 del nuovo articolo dispone che – in ordine alle predette garanzie rilasciate da SACE alle imprese “mid cap” - rimane fermo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 1, del D.L. n. 23, ai sensi del quale – ai fini dell'individuazione del limite di importo garantito - si fa riferimento al valore del fatturato in Italia e dei costi del personale sostenuti in Italia da parte dell'impresa ovvero su base consolidata qualora l'impresa appartenga ad un gruppo. Ai fini della verifica del limite, se l’impresa è beneficiaria di più finanziamenti assistiti dalla garanzia SACE o da altra garanzia pubblica, gli importi si cumulano. Analogamente, se l’impresa, ovvero il suo gruppo, siano beneficiari di più finanziamenti assistiti dalla garanzia SACE, gli importi si cumulano.

I benefici - accordati ai sensi del paragrafo 3.1 della disciplina quadro sugli aiuti di Stato «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» - non devono superare le soglie ivi previste, tenuto conto di eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1.

 

Il paragrafo 3.1 punti 21-23-bis del Temporary framework della Commissione UE consente agli Stati membri di adottare regimi aiuti di importo limitato, sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni. L'aiuto non deve superare 800 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o onere). L'aiuto non può essere concesso a imprese che, al 31 dicembre 2019, si trovavano già in difficoltà (ai sensi, dell'articolo 2, punto 18) del GBER) . L'aiuto è concesso entro e non oltre il 30 giugno 2021. Nel settore della pesca e dell'acquacoltura, l'aiuto non deve superare i 120 mila euro e non deve riguardare alcuna delle categorie già escluse dal regime "de minimis" (cfr. lett. da a) a k) dell'art.1 del Reg. 717/2014/UE). Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli l'aiuto non deve superare i 100 mila euro per impresa. Nel caso in cui un'impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, lo Stato membro interessato garantisce, con mezzi adeguati come la separazione contabile, che per ciascuna attività sia rispettato il massimale pertinente e che non sia superato l'importo massimo complessivo di 800 mila euro per impresa[48]. Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 1-bis.1, le predette imprese “mid cap” possono inoltre accedere, dal 1° luglio 2021, per l’80 per cento dell’importo del finanziamento, alle garanzie SACE rilasciate a condizioni di mercato - ai sensi di quanto previsto dalla disciplina ordinaria inerente le attribuzioni della Sace, di cui al comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003, introdotto dallo stesso D.L. n. 23/2020 con l’art. 2, comma 1, lett. c).

Il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003 viene contestualmente modificato dall’articolo qui in commento, con il successivo comma 4.

 

Il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 23/2020 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 1, lett. c) del D.L. n. 23/2020. Fermo restando il ruolo SACE S.p.A. di export credit agency italiana, ad essa, con tale intervento, è stata riconosciuta un’ulteriore funzione: concedere garanzie sui finanziamenti alle imprese italiane, assistite dalla controgaranzia statale. Si tratta dunque di garanzie, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato relative al settore dell’esportazione che rientrano già in via ordinaria nei compiti della Società.

Nel dettaglio, il comma 14-bis autorizza SACE a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell’Unione Europea, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

L'attività è svolta in regime di contabilità separata rispetto alle attività finalizzate all’internazionalizzazione del settore produttivo italiano svolte da SACE.

Sugli impegni assunti da SACE è accordata la garanzia dello Stato a prima richiesta. Non è ammesso il ricorso diretto dei finanziatori alla garanzia dello Stato.

Il comma demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico -  la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell’Unione europea. Con il decreto sono anche individuate le attività che SACE S.p.A. svolge per conto del Ministero dell’economia e delle finanze. Il decreo non risulta allo stato ancora adottato.

 

Il comma 4 modifica il comma 14-bis dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003 al fine di:

§  introdurre la percentuale di copertura delle garanzie rilasciabili da SACE, nella misura del 70 per cento, salvo specifiche deroghe previste con legge (lett. a)).

§  consentire il rilascio delle garanzie, oltre che in favore di banche, istituzioni finanziarie e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, anche in favore delle imprese di assicurazione, nazionali o internazionali, autorizzate all’esercizio del ramo credito e cauzioni (lett. b)).

§  La relazione illustrativa motiva tale intervento in virtù dell’importante ruolo svolto da tali soggetti a favore delle imprese italiane, sia in termini di sostegno alla liquidità aziendale che di supporto per l’ottenimento di commesse nazionali e internazionali.

§  consentire a SACE S.p.A. – entro l’importo massimo di esposizione già consentito (200 miliardi) - di rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia (lett. c)).

§  La relazione illustrativa afferma che, in tale modo, si consente anche alle imprese che intendano far fronte alle proprie esigenze di liquidità con strumenti alternativi ai finanziamenti, di accedere al supporto di SACE.

§  precisare che la garanzia statale è accordata di diritto sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie disciplinate dal comma (e non sugli impegni assunti).

 

Ai sensi del comma 6, fanno capo a SACE S.p.a. gli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato delle misure di aiuto concesse ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.


 

Articolo 36
(Proroga del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI)

 

 

L’articolo 36 prevede la proroga sino al 31 dicembre 2021 del credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle piccole e medie imprese (PMI) istituito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

 

I commi da 89 a 92 dell'unico articolo della legge di bilancio 2018 hanno istituito un credito d’imposta alle PMI in relazione alle spese di consulenza sostenute per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facility - MTF) europei, in misura pari al 50 per cento delle spese e fino a un massimo di 500.000 euro. Le citate disposizioni prevedono che il regime agevolativo abbia termine il 31 dicembre 2020 mentre, per effetto della proroga recata dalla disposizione in esame, lo stesso verrebbe esteso ai costi sostenuti fino al 31 dicembre 2021.

 

La misura è inserita in un complesso di interventi volti a potenziare strumenti per la concessione di finanziamenti al settore produttivo, alternativi rispetto al credito bancario: emissione di specifici strumenti di debito (cd. minibond), raccolta tramite portali on-line (cd. crowdfunding) e varie forme di incentivazione fiscale a favore dei soggetti che investono in strumenti finanziari emessi da PMI. Più in dettaglio, il comma 89 ha riconosciuto un credito d’imposta alle PMI (imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui attivo totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro), che abbiano iniziato, dopo l'entrata in vigore della legge di bilancio 2018, una procedura di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un MTF di uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, e siano state effettivamente ammesse agli scambi. Il credito d'imposta, concesso nei limiti previsti dalla disciplina UE degli aiuti alle imprese compatibili con il mercato interno, ammonta al 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti per l’ammissione alle negoziazioni, fino a un massimo di 500.000 euro.

 

Il successivo comma 90, come modificato dalla norma in esame, stabilisce che il credito d'imposta è riconosciuto nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2019 e 30 milioni di euro per il 2020, 2021 e 2022, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata ottenuta la quotazione.

 

Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui è maturato e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi, fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. L'agevolazione:

§  non concorre alla formazione della base imponibile IRPEF, IRES e IRAP;

§  non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi di cui all'articolo 61 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR)

§  non rileva rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all'articolo 109, comma 5, del TUIR.

 

Al credito d'imposta non si applicano inoltre il limite annuale di utilizzazione di 250.000 euro, previsto dall'articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007, e il limite massimo per la compensazione di 700.000 euro, previsto dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000.

 

 


 

Articolo 37
(Determinazione del limite di impegno assumibile in materia di garanzie sui finanziamenti a favore di progetti del green new deal)

 

 

L'articolo 37 conferma per il 2021 la destinazione delle risorse disponibili sul Fondo Green New Deal alla copertura delle garanzie concedibili dal MEF per sostenere specifici progetti economicamente sostenibili, nella misura di 470 milioni di euro, per un impegno massimo assumibile da SACE S.p.A. pari a 2.500 milioni di euro.

 

Si ricorda che il comma 85 dell'art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha istituito, nello stato di previsione del MEF, un Fondo da ripartire, con la seguente dotazione: 470 milioni di euro per l'anno 2020; 930 milioni di euro per l'anno 2021; 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Di tale dotazione, una quota non inferiore a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 sarà destinata ad interventi coerenti con le finalità previste dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, di cui fino a 20 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni destinati alle iniziative da avviare nelle Zone Economiche Ambientali.

Il comma 85 ha chiarito che il suddetto fondo sarà alimentato con i proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 - versati all'entrata del bilancio dello Stato negli anni 2020, 2021 e 2022 - di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30. Tali proventi saranno a valere sulla quota di pertinenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che viene versata all'entrata del bilancio dello Stato.

L'importo fissato, che resta acquisito dall'erario, è pari a 150 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni.

Il comma 86 ha previsto la concessione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di una o più garanzie a titolo oneroso e nella misura massima dell'80%, per sostenere specifici programmi di investimento e operazioni, anche in partenariato pubblico/privato, e anche realizzati con l'intervento di università e organismi privati di ricerca, volti a realizzare progetti economicamente sostenibili con i seguenti obiettivi: decarbonizzazione dell'economia; economia circolare; rigenerazione urbana; turismo sostenibile; adattamento e mitigazione dei rischi derivanti dal cambiamento climatico.

Sono inclusi anche, più in generale, i programmi e i progetti innovativi, con elevata sostenibilità ambientale che tengano conto degli impatti sociali.

Si prevedono anche la finalità di supporto all'imprenditoria giovanile e femminile, di riduzione dell'uso della plastica e per la sostituzione della plastica con materiali alternativi.

La concessione di garanzie è riferita anche ad un portafoglio collettivo di operazioni.

Il comma 87 ha previsto la partecipazione indiretta in capitale di rischio e/o debito, anche di natura subordinata, sempre del Ministro dell'economia e delle finanze, a sostegno delle operazioni di cui al comma 86.

Il comma 88 ha demandato uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche in coordinamento con gli strumenti incentivanti e di sostegno alla politica industriale gestiti dal MISE per la partecipazione indiretta in quote di capitale di rischio e/o di debito di cui al comma 87, la ripartizione dell'intervento tra i diversi strumenti di supporto agli investimenti privati di cui ai commi 86 e 87 e quello di cui al comma 89, anche al fine di escludere che da tali interventi possano derivare oneri non previsti in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Per le attività connesse all'attuazione dei commi 86 e 87, il Ministero dell'economia e delle finanze può operare attraverso società in house o attraverso il Gruppo BEI quale banca dell'Unione europea. Per ciascuna delle finalità di cui ai commi 86 e 87 è autorizzata l'istituzione di un apposito conto corrente di tesoreria centrale. Le specifiche iniziative da avviare nelle zone economiche ambientali sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

 

L’articolo 64 del D.L. n. 76/2020 (L. 120/2020) ha previsto al comma 1 che le garanzie e gli interventi previsti dall’articolo 1, comma 86, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), potessero riguardare, tenuto conto degli indirizzi che il CIPE può emanare entro il 28 febbraio di ogni anno e conformemente alla Comunicazione della Commissione n. 640 dell’11 dicembre 2019, in materia di Green deal europeo: progetti tesi ad agevolare la transizione verso un’economia pulita e circolare e ad integrare i cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi sostenibili; progetti tesi ad accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente, con particolare riferimento a progetti volti a favorire l’avvento della mobilità multimodale automatizzata e connessa, idonei a ridurre l’inquinamento e l’entità delle emissioni inquinanti, anche attraverso lo sviluppo di sistemi intelligenti di gestione del traffico, resi possibili dalla digitalizzazione.

Il comma 2 ha previsto l'assunzione delle garanzie da parte di SACE S.p.A., nel limite di 2.500 milioni di euro per il 2020 e, per gli anni successivi, nei limiti di impegno assumibili fissati annualmente dalla legge di bilancio, nell’esercizio delle attribuzioni assegnate alla SACE dall’articolo 2 del d.lgs. n. 143/1998, conformemente ai termini e alle condizioni previsti nella convenzione stipulata tra il MEF e SACE S.p.A. e approvata con delibera del CIPE da adottare entro il 30 settembre 2020, che disciplina:

a) lo svolgimento da parte di SACE S.p.A. dell'attività istruttoria delle operazioni, anche con riferimento alla selezione e alla valutazione delle iniziative in termini di rispondenza agli obiettivi sopra illustrati e di efficacia degli interventi in relazione ai medesimi obiettivi;

b) le procedure per il rilascio delle garanzie e delle coperture assicurative da parte di SACE S.p.A. anche al fine di escludere che da tali garanzie e coperture assicurative possano derivare oneri non previsti in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche;

c) la gestione delle fasi successive al pagamento dell'indennizzo, incluse le modalità di esercizio dei diritti nei confronti del debitore e l'attività di recupero dei crediti;

d) le modalità con le quali è richiesto al MEF il pagamento dell'indennizzo a valere sul fondo di cui al comma 5 e le modalità di escussione della garanzia dello Stato relativa agli impegni assunti da SACE S.p.A., nonché la remunerazione della garanzia stessa;

e) ogni altra modalità operativa rilevante ai fini dell'assunzione e gestione degli impegni;

f) le modalità con cui SACE S.p.A. riferisce periodicamente al MEF degli esiti della rendicontazione cui i soggetti finanziatori sono tenuti nei riguardi di SACE S.p.A., ai fini della verifica della permanenza delle condizioni di validità ed efficacia della garanzia.

Con deliberazioni del CIPE n. 55/2020 e n. 56/2020 del 29 settembre 2020 sono stati, rispettivamente, approvati l'atto di indirizzo per le attività di cui all'articolo 64, comma 1, del D.L. 76/2020, e la convenzione MEF-SACE per le attività di cui all'articolo 64, comma 2, del D.L. 76/2020.

Il comma 3 prevede che il rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie di importo pari o superiore a 200 milioni di euro, è subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A.

Il comma 4 prevede che sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie.

Il comma 5 prevede che per il 2020 le risorse disponibili del fondo istituito dall’articolo 1, comma 85, della L. n. 160/2019 (sul quale si veda supra), sono interamente destinate alla copertura delle garanzie dello Stato previste sulle obbligazioni di SACE S.p.A. mediante versamento sull’apposito conto di tesoreria centrale, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 88, quarto periodo, della citata L. n. 160 del 2019. Sul medesimo conto sono versati i premi riscossi da SACE S.p.A. al netto delle commissioni trattenute da SACE S.p.A. per le attività svolte ai sensi dell'articolo in esame e risultanti dalla contabilità di SACE S.p.A., salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio. Per gli esercizi successivi, le risorse del predetto fondo destinate alla copertura delle garanzie concesse da SACE S.p.A. sono determinate con il decreto istitutivo dell'apposito conto corrente di tesoreria centrale, tenuto conto dei limiti di impegno definiti con la legge di bilancio.

Il comma 7 ha previsto che per il 2020, le garanzie potessero essere assunte anche in assenza degli indirizzi del CIPE.

 


 

Articolo 38
(
Proroga della misura in favore delle assicurazioni
sui crediti commerciali
)

 

 

L’articolo 38 interviene sulla norma che autorizza SACE S.p.A. a concedere - in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito - una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati, entro il limite massimo di 2 miliardi di euro, dal 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre 2020 (novella al comma 1, dell’art. 35 del D.L. n. 34/2020).

L’articolo, in particolare, alla lettera a), proroga tale temine al 30 giugno 2021, così estendendo la durata temporale della misura.

Alla lettera b), conseguentemente, dispone che le previsioni contenute nei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze attuativi della misura, che dispongono effetti o scadenze relativi alla data del 31 dicembre 2020 si intendono riferite alla nuova data del 30 giugno 2021 (nuovo comma 3-bis nell’art. 35 del D.L. n. 34/2020).

 

L’articolo 35, del D.L. n. 34/2014, al comma 1 e 4 autorizza SACE S.p.A. a concedere una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati dalla data di entrata in vigore del D.L. e fino al 31 dicembre 2020 ed entro il limite massimo di 2 miliardi di euro, nel rispetto della normativa europea.

La garanzia è concessa da SACE in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito, che abbiano aderito ad apposita convenzione stipulata con SACE.

La norma è esplicitamente finalizzata a preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e a garantire che i servizi di assicurazione del credito commerciale continuino ad essere disponibili per le imprese colpite dagli effetti economici dell’epidemia Covid-19.

Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto – ai sensi del comma 2 - la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività è registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile.

A SACE S.p.A. è demandato inoltre il compito di svolgere - anche per conto del Ministero dell’economia e delle finanze - le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che la Società può delegare alle imprese di assicurazione del ramo credito. SACE S.p.A. è tenuta ad operare con la dovuta diligenza professionale.

Ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è rimessa la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi, dei criteri e delle condizioni previsti dall’articolo in esame.

Il comma 3 ha demandato poi ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore decreto-legge, le ulteriori modalità attuative e operative, gli eventuali elementi e requisiti integrativi, per l’esecuzione delle operazioni e il modello di convenzione tra SACE e le imprese di assicurazione.

Ai sensi del comma 5, per le finalità di cui all’articolo in esame, è istituita - nell’ambito del Fondo a copertura degli oneri derivanti dalle garanzie assunte da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 - una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile.

La sezione speciale, specificamente dedicata alla copertura delle garanzie SACE relative alle imprese di assicurazione del ramo credito, dispone di una dotazione - stabilita ai sensi dell’articolo 31, comma 1 del medesimo D.L. n. 34/2020, pari a 1.700 milioni di euro per il 2020. La sezione speciale è alimentata, altresì, con le risorse finanziarie versate dalle compagnie di assicurazione a titolo di remunerazione della garanzia, al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A. per le attività svolte, come risultanti dalla contabilità di SACE stessa, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.

Il 13 agosto 2020, la Commissione europea ha autorizzato il regime di aiuti in esame, in quanto ritenuto compatibile con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.  Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza. Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro). Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

L’estensione dell’operatività della misura in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali, disposta dall’articolo qui in esame è stata dunque adottata alla luce della proroga del Quadro temporaneo.


 

Articolo 39
(Incentivi fiscali alle operazioni di aggregazione aziendale)

 

 

L’articolo 39, per incentivare i processi di aggregazione aziendale realizzati attraverso fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda da deliberare nel 2021, consente al soggetto risultante dall’operazione straordinaria, al beneficiario e al conferitario di trasformare in credito d’imposta una quota di attivita? per imposte anticipate (deferred tax asset - DTA) riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE (aiuto alla crescita economica). La trasformazione avviene in due momenti distinti, per un ammontare complessivo non superiore al 2 per cento della somma delle attivita? dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione.

Per fruire dell’incentivo le societa? che partecipano alle operazioni devono essere operative da almeno due anni e non devono far parte dello stesso gruppo societario, ne? in ogni caso essere legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20 per cento o controllate anche indirettamente ai sensi delle norme del codice civile. Sono escluse dall’agevolazione le societa? per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi della disciplina delle crisi bancarie ovvero lo stato di insolvenza ai sensi delle norme sulla crisi d’impresa.

La trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d'imposta e? condizionata al pagamento di una commissione, pari al 25 per cento delle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate, da versare in due soluzioni.

 

Con l'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010 il legislatore ha consentito di trasformare in crediti di imposta le attivita? per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA) iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli enti creditizi e finanziari rispetto a quelli europei.

L’impossibilita? di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualita? (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, e? stato previsto un meccanismo di conversione in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e pertanto concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo e? previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attivita? immateriali.

Il richiamato articolo 2, commi 55 e seguenti del decreto-legge n. 225 del 2010 ha consentito dunque di trasformare in credito di imposta le attivita? per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attivita? immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in piu? periodi d'imposta.

Sul punto e? intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR; l’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilita? 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 – e specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilita? 2016 (legge n. 208 del 2015) - dal decreto-legge n. 59 del 2016, dalla legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) e, da ultimo, dai provvedimenti emergenziali per fronteggiare le conseguenze economiche dell’epidemia da COVID-19. Sulla disciplina delle DTA sono intervenuti il decreto-legge n. 34 del 2019 e, successivamente, l’articolo 55 del decreto-legge n. 18 del 2020 e l’articolo 72, comma 1-ter del decreto-legge n. 104 del 2020, con particolare riferimento alla disciplina sulla trasformazione in crediti di imposta delle attivita? per imposte anticipate – DTA che derivano dalla cessione di crediti deteriorati.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che, in caso di operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione, scissione o conferimento d’azienda e deliberate dall’assemblea dei soci, o dal diverso organo competente per legge, tra il primo gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021 al soggetto, rispettivamente, risultante dalla fusione o incorporante, beneficiario e conferitario e? consentita la trasformazione in credito d'imposta delle attivita? per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti:

§  perdite fiscali maturate fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione, non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile (ai sensi dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che reca la disciplina del computo e del riporto delle perdite fiscali) alla medesima data;

§  importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddette eccedenze ACE, maturato fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione e non ancora dedotto ne? trasformato in credito d'imposta alla medesima data.

 

La legge di bilancio 2020 ha ripristinato, dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica - ACE, sopprimendo le predette misure di incentivo alle imprese, legate al reinvestimento degli utili, disposte durante l'anno 2019.

L’ACE, istituito per la prima volta dal decreto-legge n. 201 del 2011 e la cui disciplina è stata ritoccata più volte negli anni successivi, consiste nella detassazione di una parte degli incrementi del patrimonio netto, o meglio nella deduzione di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Pertanto, l’agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva, allo scopo di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese. Per il calcolo dell'importo deducibile si effettua la somma dei componenti che hanno inciso positivamente (conferimenti, utili accantonati) e negativamente (riduzioni di patrimonio con attribuzione ai soci, acquisti di partecipazioni in società controllate, acquisti di aziende o rami di aziende) sul capitale. A tale base si applica un’aliquota percentuale, fissata all'1,3 per cento dalla legge di bilancio 2020.

Il comma 4 del menzionato articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che la parte di rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato sia computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi; in alternativa, si consente di fruire di un credito d'imposta, applicando alla suddetta eccedenza le aliquote delle imposte sui redditi stabilite dal TUIR (per IRPEF e IRES, di cui agli articoli 11 e 77 del TUIR medesimo). Tale credito d'imposta e? utilizzato in diminuzione dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo.

 

Le attivita? per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono essere trasformate in credito d'imposta anche se non iscritte in bilancio.

 

Il comma 2 disciplina le modalità di trasformazione delle DTA in crediti di imposta e i relativi effetti.

In particolare, la trasformazione in credito d'imposta avviene per un quarto alla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie di cui al comma 1.

Per i restanti tre quarti essa avviene al primo giorno dell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni stesse, per un ammontare complessivo non superiore al 2 per cento della somma delle attivita? dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione, come risultanti dalla situazione patrimoniale (di cui all'articolo 2501-quater del codice civile), senza considerare il soggetto che presenta le attivita? di importo maggiore, ovvero al 2 per cento della somma delle attivita? oggetto di conferimento.

In caso di aggregazioni realizzate mediante conferimento d’azienda, le perdite e le eccedenze ACE del conferitario rilevano, ai fini della trasformazione, negli stessi limiti e alle stesse condizioni previsti per le perdite che possono essere portate in diminuzione del reddito della societa? risultante dalla fusione o incorporante, di cui al comma 7 dell’articolo 172 del TUIR.

 

Ai sensi del richiamato articolo 172, comma 7, le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l'ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Tra i predetti versamenti non si comprendono i contributi erogati a norma di legge dallo Stato a da altri enti pubblici. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall'impresa che le ha ad essa cedute dopo l'esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell'atto di fusione. In caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, le limitazioni si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione.

 

Le disposizioni in esame, a tal fine, rendono obbligatoria la redazione della situazione patrimoniale (ai sensi dell'articolo 2501-quater, commi primo e secondo, del codice civile).

 

Ai sensi del richiamato articolo, l’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige, con l'osservanza delle norme sul bilancio d'esercizio, la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non anteriore di oltre centoventi giorni al giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della società ovvero pubblicato sul sito Internet di questa; la situazione patrimoniale può essere sostituita dal bilancio dell'ultimo esercizio, se questo è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito o della pubblicazione indicato nel primo comma, ovvero, nel caso di società quotata in mercati regolamentati, dalla relazione finanziaria semestrale prevista dalle leggi speciali, purché non riferita ad una data antecedente sei mesi dal giorno di deposito o pubblicazione.

 

Dalla data di efficacia giuridica dell’operazione di aggregazione, per i soggetti di cui al comma 1:

§  non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite (di cui all'articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, che ne reca la disciplina), relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente articolo;

§  non sono deducibili ne? trasformabili in credito d'imposta le eccedenze ACE (più precisamente, le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d'imposta ai sensi del presente articolo.

 

Il comma 3 disciplina l’ipotesi di opzione per la tassazione di gruppo (consolidato nazionale, di cui all’articolo 117 del TUIR) da parte dei soggetti coinvolti nell’operazione straordinaria o nel conferimento.

 

In estrema sintesi, il consolidato nazionale e? una particolare regime di determinazione del reddito complessivo IRES per tutte le societa? partecipanti, rappresentato dalla somma algebrica delle singole basi imponibili che risultano dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. Le societa? che intendono adottare la tassazione consolidata di gruppo (articoli 117-129 TUIR) devono esercitare la specifica opzione che dura per un triennio ed e? irrevocabile.

 

In tal caso, ai fini della trasformazione rilevano prioritariamente, se esistenti:

§  le eccedenze del rendimento nozionale del soggetto partecipante e le perdite fiscali dello stesso relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo;

§  a seguire, le perdite trasferite al soggetto controllante e non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile da parte dello stesso.

 

Dalla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie e dei conferimenti, per il soggetto controllante non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite complessivamente riportate a nuovo dal soggetto controllante ai sensi dell’articolo 118 TUIR, relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta ai sensi delle norme in esame.

 

Il comma 4 disciplina l’operatività delle DTA trasformabili in credito d’imposta nel caso della tassazione per trasparenza, di cui all’articolo 115 TUIR.

Le societa? di capitali possono scegliere di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per “trasparenza”, adottando, cioe?, lo stesso sistema previsto per le societa? di persone. Il regime di trasparenza e? applicabile: alle societa? di capitali partecipate da altre societa? di capitali (articolo 115 TUIR); alle srl a ristretta base azionaria (articolo 116 TUIR).

 

In tal caso rilevano prioritariamente, se esistenti:

§  le eccedenze del rendimento nozionale e le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della trasparenza della societa? partecipata congiuntamente a quelle non attribuite ai soci ai sensi dell’articolo 115, comma 3, TUIR (secondo il quale le perdite della partecipata relative a periodi in cui e? efficace l'opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile della societa? partecipata; le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle societa? partecipate);

§  a seguire, le perdite fiscali attribuite ai soci partecipanti e non ancora computate in diminuzione dei loro redditi o trasformate in credito d’imposta.

 

Dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, per i soci partecipanti non sono computabili in diminuzione dell’imponibile imponibili le perdite, riportabili nei periodi di imposta successivi (ai sensi dell’articolo 84 TUIR), relative alle DTA da crediti deteriorati complessivamente trasformate in credito d’imposta.

Inoltre, non sono deducibili ne? fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo che godono dell’ACE relative alle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta.

 

Il comma 5 dispone che, per fruire dell’incentivo, le societa? che partecipano alle operazioni descritte al comma 1 devono essere operative da almeno due anni e, alla data di effettuazione dell’operazione e nei due anni precedenti, non devono far parte dello stesso gruppo societario ne? in ogni caso essere legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20 per cento o controllate anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), c.c., secondo cui sono considerate società controllate le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.

Le norme in esame non si applicano a societa? per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi della disciplina delle crisi bancarie (in particolare, dell'articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180), ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell'articolo 5 della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), o dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

 

Ai sensi del comma 6, l’incentivo in commento si applica ai soggetti tra i quali sussiste il rapporto di controllo societario ai sensi del menzionato articolo 2359, primo comma, n. 1), c.c.), ovvero nel caso in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria. L’incentivo in questo caso si applica se il controllo e? stato acquisito attraverso operazioni diverse da quelle di cui al comma 1 tra il primo gennaio 2021 ed il 31 dicembre 2021 e, entro un anno dalla data di acquisizione di tale controllo, abbia avuto efficacia giuridica una delle operazioni straordinarie di cui al comma 1.

In tal caso, le perdite fiscali e l’importo del rendimento nozionale eccedente si riferiscono a quelli maturati fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data in cui e? stato acquisito il controllo; le condizioni di applicazione dell’incentivo, previste dal già commentato comma 5, devono intendersi riferite alla data in cui e? effettuata l’operazione di acquisizione del controllo.

 

Il comma 7 chiarisce che il credito d’imposta derivante dalla trasformazione di cui al presente articolo non e? produttivo di interessi; puo? essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione mediante F24 (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), ovvero essere ceduto (secondo quanto previsto dall'articolo 43-bis o dall'articolo 43-ter del D.P.R 29 settembre 1973, n. 602), ovvero essere chiesto a rimborso.

 

Si ricorda che l’articolo 43-bis disciplina, in linea generale, la cessione dei crediti d’imposta. Alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi sono applicabili le disposizioni che, nell’ambito della contabilità dello Stato, consentono la cessione dei crediti vantati nei confronti di una PA (articoli 69 e 70, regio decreto 2440/1923); il cessionario risponde in solido con il cedente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, sempre che gli siano stati notificati gli atti con i quali l’ufficio effettua il recupero; l’atto di cessione (redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata da notaio) deve essere notificato all’ufficio dell’Agenzia delle entrate e all’Agente della riscossione presso il quale è tenuto il conto fiscale. Il successivo articolo 43-ter consente cedere le eccedenze  risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o degli enti appartenenti ad un gruppo, in tutto o in parte, a una o più società o enti dello stesso gruppo.

 

Il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d'impresa ne? della base imponibile dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e non rileva ai fini del rapporto tra componenti positive e negative di reddito (di cui all’articolo 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi).

Ai sensi del comma 8, indipendentemente dal numero di operazioni societarie straordinarie realizzate, le disposizioni agevolative possono essere applicate una sola volta per ciascun soggetto di cui al comma 1.

Il comma 9 chiarisce che la trasformazione delle attivita? per imposte anticipate in credito d'imposta e? condizionata al pagamento di una commissione pari al 25 per cento delle attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate.

Il versamento della commissione e? effettuato per il quaranta per cento entro trenta giorni dalla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie e per il restante sessanta per cento entro i primi trenta giorni dell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni stesse. La commissione e? deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP nell'esercizio in cui avviene il pagamento. Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della riscossione della commissione, nonche? per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Il comma 10 chiarisce che, ai fini delle norme in esame, per attivita? per imposte anticipate complessivamente trasformate s’intende l’ammontare complessivo delle attivita? per imposte anticipate oggetto di trasformazione e non rileva che la trasformazione avvenga in parte nell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni per cui si chiede l’agevolazione.

 


 

Articolo 40
(Rifinanziamento del Fondo di garanzia PMI)

 

 

L’articolo 40, al comma 1, proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 l’operatività dell’intervento straordinario in garanzia del Fondo di garanzia PMI, previsto dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020, per sostenere la liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica da COVID. Fanno eccezione, ai sensi del comma 2, le garanzie di cui al medesimo articolo 13, comma 1, a favore delle imprese cd. “mid cap”, le quali sono concesse dal Fondo, alle condizioni ivi previste, fino al 28 febbraio 2021. Queste, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 35 del disegno di legge, saranno invece rilasciate a valere sullo strumento “Garanzia ItaliaSACE di cui all’articolo 1, del citato D.L. 23/2020, sino al 30 giugno 2021.

Il comma 3 incrementa la dotazione del Fondo di garanzia PMI di 500 milioni di euro per l’anno 2022 e di 1000 milioni di euro per l’anno 2023, di 1.500 milioni di euro per l’anno 2024, di 1.000 milioni di euro per l’anno 2025 e di 500 milioni di euro per l’anno 2026.

 

Segnatamente, il comma 1 prevede che le disposizioni straordinarie in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia PMI a supporto della liquidità delle piccole e medie ai sensi dell’articolo 13, comma 1 decreto-legge n. 23/2020 (L. n. 40/2020) si applicano sino al 30 giugno 2021, anziché sino al 31 dicembre 2020.

Come evidenzia la relazione tecnica, tale proroga è disposta ai sensi di quanto consentito dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19- Comunicazione della Commissione (2020/C 340 I/01), e ss. mod. e int. (cfr. box di ricostruzione normativa, infra)

 

Il comma 2 dispone che le garanzie straordinarie del Fondo di garanzia PMI di cui all’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020, sono concesse, alle condizioni ivi previste, in favore delle imprese con un numero di dipendenti non inferiore a 250 e non superiore a 499 (cd. mid-cap), fino al 28 febbraio 2021.

 

Tale disposizione, come rileva anche la relazione illustrativa e tecnica del provvedimento in esame, va letta in combinato disposto con il nuovo articolo 1-bis.1 del D.L. n. 23/2020, inserito dall’articolo 35, comma 3 del disegno di legge in esame, il quale dispone a decorrere dal 1° gennaio 2020 la “migrazionedelle garanzie per finanziamenti concessi in favore delle cd. mid-cap sullo strumento “Garanzia Italia” SACE di cui all’articolo 1, del citato D.L. 23/2020, anch’esso prorogato al 30 giugno 2021.

 

Le imprese “mid-cap” sono peraltro ammesse, ai sensi dell’articolo 35, a decorrere dal 1° luglio 2021, alle garanzie che possono essere concesse da SACE, in virtù delle attribuzioni ad essa riconosciute di sostegno e rilancio dell’economia, dall’articolo 6, comma 14-bis, del decreto legge n. 269/2003, anch’esso modificato dall’articolo 35 (per le mid cap è previsto un massimale superiore di copertura in garanzia).

Si rinvia, sul punto, alla scheda di lettura relativa all’articolo 35.

 

Il comma 2 in esame viene dunque qualificato dalla relazione tecnica “una norma transitoria” che consente una graduale riconduzione dell’operatività del Fondo di garanzia per le PMI alla sua ordinaria vocazione, attraverso la progressiva migrazione delle garanzie per finanziamenti concessi in favore delle cd. mid-cap sullo strumento “Garanzia Italia” SACE e sull’ulteriore strumento di cui all’articolo 6, comma 14-bis della L. n. 269/2003, recante la disciplina generale di SACE.

La transizione, oltre che per esigenze di razionale allocazione degli strumenti agevolativi e delle risorse stanziate a copertura dei medesimi, risponderebbe – afferma la relazione tecnica - alla necessità di alleggerire la notevole pressione sulla sostenibilità delle operatività a valere sul Fondo PMI che, per via degli interventi ampliativi apportati dai decreti emergenziali succedutisi negli ultimi mesi, ha visto proporzionalmente aumentare l’entità e la rischiosità delle proprie esposizioni, necessitando di ingenti stanziamenti a copertura del fabbisogno necessario a garantirne l’operatività di breve e medio termine.

Con riferimento al combinato disposto dell’articolo 40 comma 2 in esame e dell’articolo 35, comma 3, si valuti l’opportunità di specificare meglio il riparto di competenze tra SACE e Fondo di garanzia PMI nel periodo transitorio intercorrente tra il 1 gennaio 2020 e il 28 febbraio 2020.

 

Il comma 3 incrementa la dotazione del Fondo di garanzia PMI di 500 milioni di euro per l’anno 2022 e di 1000 milioni di euro per l’anno 2023, di 1.500 milioni di euro per l’anno 2024, di 1.000 milioni di euro per l’anno 2025 e di 500 milioni di euro per l’anno 2026.

 

 

 

Il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Recentemente, con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale temporanea e derogatoria, contenuta nell’articolo 13, comma 1 del D.L. 23/2020- destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020. Sono stati così estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per una esame analitico degli interventi del Fondo, autorizzati sino al 31 dicembre 2020 in deroga alla disciplina ordinaria, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese", ricordandone in questa sede le misure principali (richiamate anche dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica al provvedimento in esame). In particolare, le disposizioni dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), successivamente trasfuse ed estese dall’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020 (Legge n. 40/2020) hanno previsto l’accesso al fondo delle cd. imprese “mid-cap”, l’innalzamento a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per impresa; l’innalzamento della garanzia diretta del Fondo al 90% dell'ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi e l’accesso al Fondo senza valutazione, così consentendo l’accesso anche alle PMI più rischiose; l’accesso automatico e senza valutazione, con garanzia al 100%, per i finanziamenti di importo fino a 25.000 euro – poi innalzato, in sede di conversione del D.L. n. 23/2020 a 30.000 euro – con durata non superiore a 120 mesi (anche tale importo è stato innalzato in sede di conversione), concessi a PMI e a persone fisiche esercenti arti e professioni la cui attività sia stata colpita dall’emergenza da Covid-19.

Le misure straordinarie di potenziamento del Fondo hanno considerevolmente incrementato, per numero, tipologia e percentuale di copertura, il basket dei finanziamenti suscettibili di essere garantiti (e contro garantiti, in ultima istanza, dallo Stato), incrementandone il fabbisogno, a fronte dell’aumento delle posizioni garantite e, correlativamente, dell’esposizione complessiva del Fondo stesso.

Per le predette finalità, il Fondo è stato consistentemente rifinanziato. Dapprima l'articolo 25 del D.L. n. 9/2020 poi trasfuso nell'articolo 49-bis del D.L. n. 18/2020), l’ha rifinanziato di  50 milioni di euro per il 2020 (le risorse sono state finalizzate all'estensione, sino al massimo consentito in via ordinaria, della garanzia e riassicurazione a favore di PMI con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni maggiormente colpiti dall'epidemia di COVID-19, individuati nell'allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020).

Successivamente, l'articolo 49 del D.L. n. 18/2020 ha rifinanziato il Fondo di 1.500 milioni di euro per il 2020 per gli interventi ivi previsti. Come detto, le misure dell’articolo 49 sono state trasfuse ed estese dall’articolo 13 del D.L. n. 34/2020, che ha autorizzato, per esse, ulteriori 229 milioni per il 2020 rispetto alla somma già stanziata dal D.L. n. 18.

Il D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020) cd. D.L. Rilancio, ha, infine, rifinanziato, all’articolo 31, comma 2, il Fondo di ulteriori 3.950 milioni di euro per il 2020, per le già previste finalità di potenziamento ed estensione dell'ambito del suo ambito di operatività del Fondo sino al 31 dicembre 2020.

Lo stesso articolo 31, con il comma 2, ha poi previsto che - al fine di garantire una maggior efficienza nella gestione delle risorse del Fondo, adeguando le sue disponibilità al profilo temporale delle perdite attese - possano essere assunti impegni a carico del medesimo Fondo anche a fronte di autorizzazioni di spesa pluriennali del bilancio dello Stato, in base alla valutazione della probabilità di escussione delle garanzie, articolata per annualità, effettuata dagli organi di gestione dello stesso Fondo[49].

Infine, il D.L. n. 104/2020 (D.L. n. 126/2020), all’articolo 64, ha rifinanziato il Fondo di 3.100 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.635 milioni di euro per l'anno 2024 e di 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.

Il regime di aiuti disciplinato dall’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 23/2020 è stato autorizzato dalla Commissione europea, in quanto ritenuto compatibile con la disciplina contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. – cd. Temporary Framework.

Si tratta di una disciplina quadro degli aiuti di Stato, di carattere straordinario, volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico nazionale, fortemente colpito dalla crisi, in deroga ai limiti e alle condizioni ordinarie consentite dalla vigente normativa europea a tutela della concorrenza.

Il Temporary Framework è stato esteso ed integrato più volte, da ultimo, il 13 ottobre 2020, con la Comunicazione della Commissione C(2020)7127 final (cd. quarta modifica del Quadro temporaneo). Con tale comunicazione, le disposizioni del Quadro temporaneo sono state estese per altri sei mesi, fino al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione che vengono prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021 e sono state ulteriormente estese le tipologie di aiuti di Stato ammissibili. Il sostegno per i costi fissi delle imprese non coperti a causa della pandemia rientra ora, a date condizioni, nei regimi del Temporary Framework (cfr. Sezione 3.12, punti 86-87 del Quadro).

Per una illustrazione più analitica, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

Infine, quanto ai dati attuativi della misura, si rinvia al comunicato (qui il link) dell'11 novembre, della Task Force per le misure sostegno della liquidità (MEF, MISE, BANCA D'ITALIA, ABI, MEDIO CREDITO CENTRALE, SACE).


 

Articolo 41
(Proroga delle misure di sostegno alle micro,
piccole e medie imprese)

 

 

L'articolo 41 proroga dal 31 gennaio 2021 al 30 giugno 2021 le misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese relative all'apertura di credito e concessione di prestiti non rateali o prestiti e finanziamenti a rimborso rateale. La proroga della moratoria opera automaticamente senza alcuna formalità, salva l’ipotesi di rinuncia espressa da parte dell’impresa beneficiaria, da far pervenire al soggetto finanziatore entro il termine del 31 gennaio 2021 o, per talune imprese del comparto turistico, entro il 31 marzo 2021. Tale disposizione riguarda le imprese già ammesse, alla data di entrata in vigore della legge in esame, alle misure predette di sostegno. Le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge in esame, presentino esposizioni debitorie a fronte delle predette operazioni finanziarie e che non siano state ancora ammesse alle predette misure di sostegno, possono esservi ammesse, entro il 31 gennaio 2021, secondo le medesime condizioni e modalità previste dalla legislazione vigente. Nei confronti delle imprese che hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste il termine di diciotto mesi per l’avvio delle procedure esecutive decorre dal termine delle stesse, come prorogato al 30 giugno 2021. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame possono essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia per le PMI. Incrementa per le predette finalità la dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI di 300 milioni di euro per il 2021.

 

Le misure oggetto di proroga sono contenute nell'articolo 56, comma 2, lettere a), b) e c), comma 6, lettere a) e c) e comma 8, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020).

 

In particolare, l'art. 56, co. 2, ha previsto che, al fine di sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall'epidemia di COVID-19 le micro, le piccole e le medie imprese possono avvalersi dietro comunicazione - in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari autorizzati previsti dall'articolo 106 del TUF, e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia - delle seguenti misure di sostegno finanziario: a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se successivi, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 gennaio 2021; b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 gennaio 2021 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 31 gennaio 2021 alle medesime condizioni; c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 gennaio 2021 è sospeso sino al 30 gennaio 2021 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l'assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle Imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.

Il co. 6 dell'art. 56 ha previsto che, su richiesta telematica del soggetto finanziatore con indicazione dell'importo massimo garantito, le operazioni oggetto delle misure di sostegno di cui al comma 2 sono ammesse, senza valutazione, alla garanzia di un'apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI. La sezione speciale, con una dotazione di 1730 milioni di euro, garantisce: a) per un importo pari al 33 per cento i maggiori utilizzi, alla data del 31 gennaio 2021, rispetto all'importo utilizzato alla data di pubblicazione del D.L. 18/2020 dei prestiti di cui al comma 2, lettera a); c) per un importo pari al 33 per cento le singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di leasing che siano in scadenza entro il 31 gennaio 2021 e che siano state sospese ai sensi del comma 2, lettera c)

Il co. 8 ha previsto che l'escussione della garanzia può essere richiesta dai soggetti finanziatori se siano state avviate, nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno di cui al comma 2, le procedure esecutive in relazione: 1) all'inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a); 2) al mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b); 3) all'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c). In tal caso, i soggetti finanziatori possono inviare al Fondo di garanzia per le PMI la richiesta di escussione della garanzia riferita ai prestiti e agli altri finanziamenti di cui al comma 2, lettere a), b) e c) corredata da una stima della perdita finale a carico del Fondo. Per la fattispecie di cui al comma 2, lettera c), la garanzia è attivabile, con i medesimi presupposti di cui sopra, nei limiti dell'importo delle rate o dei canoni di leasing sospesi sino al 31 gennaio 2021. Il Fondo di garanzia, verificata la legittimità della richiesta, provvede ad aggiornare i relativi accantonamenti.

 

Il comma 2 prevede che la proroga della moratoria opera automaticamente senza alcuna formalità, salva l’ipotesi di rinuncia espressa da parte dell’impresa beneficiaria, da far pervenire al soggetto finanziatore entro il termine del 31 gennaio 2021 o, per talune imprese del comparto turistico (individuate dall’articolo 77, comma 2, del D.L. n. 104/2020), entro il 31 marzo 2021. Tale disposizione riguarda le imprese già ammesse, alla data di entrata in vigore della legge in esame, alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), come modificato dal D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020).

Il comma 3 prevede che le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge in esame, presentino esposizioni di cui all’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), che non siano state ancora ammesse alle misure di sostegno, possono essere ammesse, entro il 31 gennaio 2021, alle predette misure di sostegno finanziario secondo le medesime condizioni e modalità previste dallo stesso articolo 56, come novellato dal comma 1 dell'articolo qui in commento.

Il comma 4 prevede che nei confronti delle imprese che hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, del D.L. n. 18/2020 il termine di diciotto mesi per l’avvio delle procedure esecutive di cui al medesimo articolo 56, comma 8, decorre dal termine delle misure di sostegno di cui al citato comma 2, prorogato al 30 giugno 2021.

Il comma 5 prevede che la disposizione in commento opera in conformità all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Il comma 6 prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame possono essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia per le PMI, previsto dall’articolo 2, comma 100, lettera a), della L. n. 662/1996.

Il comma 7 incrementa per le predette finalità la dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI - di cui all’articolo 56, comma 6, del D.L. n. 18/2020 - di 300 milioni di euro per il 2021.


 

Articolo 42
(Modifiche all'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, sul rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni)

 

 

L'articolo 42 proroga al 30 giugno 2021 alcune delle misure di aiuto (crediti di imposta) previste dall'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, con riferimento agli investimenti effettuati fino al 30 dicembre 2020. Tale disposizione ha previsto tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, di seguito meglio illustrate. L’articolo consente di eseguire l'aumento di capitale previsto entro il 30 giugno 2021, invece che entro il 31 dicembre 2020.

 

 

L'articolo 42 reca modifiche puntuali all’articolo 26 del d.l. n. 34 del 2020. Il comma 2 prevede espressamente che le modifiche si applicano alle istanze presentate successivamente al 31 dicembre 2020.

L'articolo 26 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, ha previsto tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni.

La prima attribuisce un credito di imposta pari al 20 per cento dell'investimento a favore dei soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando all'aumento del capitale sociale di una o più società che soddisfano le condizioni previsti nei commi 1 e 2 del medesimo articolo, di cui si dirà più avanti.

La seconda è rappresentata, in favore delle medesime società, dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020 a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020. Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale.

La terza è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI. Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione.

Per una illustrazione completa dell’articolo, si rinvia al dossier di documentazione sul decreto-legge n. 34 del 2020.

 

Le ricordate misure di sostegno sono volte al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di:

§  società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società per azioni europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001);

§  società cooperative (comprese le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) aventi sede legale e amministrativa in Italia.

 

Dalle misure sono esclusi gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria e non finanziaria elencati all’articolo 162-bis del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), nonché le imprese di assicurazione.

 

In questo ambito, il d.l. n. 34 prevede alcune condizioni per l’accesso alle agevolazioni ricordate.

In particolare, ai sensi del comma 1 di tale articolo, si deve trattare di società che:

1.  presentino un ammontare di ricavi superiore a 5 milioni di euro (nel caso del Fondo Patrimonio PMI, 10 milioni) e fino a 50 milioni di euro, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all'interno del gruppo;

2.  abbiano subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei medesimi ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento.

3.  abbiano deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto n. 34 ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale; per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI l’aumento di capitale deve essere non inferiore a 250.000 euro.

 

Rispetto a quest’ultimo requisito, l’articolo 42, comma 1, lett. a), estende la portata normativa agli aumenti di capitale che intervengano entro il 30 giugno 2021, con esclusione dell’agevolazione consistente nel credito di imposta per conferimenti in denaro volti all’aumento del capitale sociale.

 

Il comma 2 del richiamato articolo 26 detta altre condizioni per la applicabilità della seconda e della terza delle agevolazioni ricordate (credito d'imposta su perdite registrate nel 2020 e Fondo Patrimonio PMI). Esso richiede che le società beneficiarie:

a)   al 31 dicembre 2019 non rientrassero nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento (UE) n. 702/2014 e del regolamento (UE) n. 1388/2014. Tali regolamenti, che dichiarano alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), escludono dal relativo campo di applicazione gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà (tali aiuti devono essere valutati alla luce deglii specifici orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà o degli orientamenti successivi al fine di evitarne l'elusione);

b)  si trovino in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

c)   si trovino in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente;

d)  non abbiano ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

e)   non si trovino nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia).

f)   non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici;

g)  solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12, presentino un numero di occupati inferiore a 250 persone.

 

Rispetto al primo dei requisiti appena richiamati, l’articolo 42 comma 1, lette. b), fermo restando quanto già previsto nel d.l. n. 34, precisa che la società non deve essere sottoposta o ammessa a procedura concorsuale ovvero non deve essere stata presentata o depositata, nei confronti di essa o da essa stessa, istanza volta a far dichiarare lo stato di insolvenza, l'avvio di una procedura fallimentare o altra procedura concorsuale.

 

L’articolo 42 comma 1, lette. c), sostituisce il comma 2-bis del ricordato art. 26, precisando che sono ammessi ai benefici del credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020 e le prestazioni del Fondo Patrimonio PMI le società non in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019 (coerentemente con l’articolo 2, comma 2, lettera a) dell’art. 26 del d.l. n. 34), ammesse successivamente a tale data al concordato preventivo con continuità aziendale, purché il decreto di omologa sia anteriore alla approvazione del bilancio (per il credito di imposta sulle perdite) ovvero alla presentazione dell'istanza alle prestazioni del Fondo Patrimonio PMI, sempre che le medesime società (ma era già previsto nel d.l. n. 34) si trovinoin situazione di regolarità contributiva e fiscale all'interno dei piani di rientro e rateizzazione”.

 

Per quanto riguarda il credito di imposta sulle perdite, l’art. 42, comma 1, lett. d), dispone due modifiche.

La lett. d), n. 1), prevede una estensione: la norma vigente circoscrive il credito d’imposta “al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale”. Questo ultimo limite viene ampliato al 50 per cento per gli aumenti di capitale deliberati ed eseguiti nel primo semestre del 2021.

La lett. d), n. 2), modifica conseguentemente l’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 26, il quale prevede la decadenza dal beneficio nel caso di distribuzione di qualsiasi tipo di riserve prima del 1° gennaio 2024 da parte della società. Se l’aumento di capitale si è registrato nel primo semestre dell'esercizio 2021, il termine del 1° gennaio 2024 si sposta al 1° gennaio 2025.

 

Il comma 9 dell’art. 26 d.l. n. 34 consente di utilizzare in compensazione il credito d’imposta sulle perdite registrate nel 2020 “a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento”. L’art. 42, comma 1, lett. e), dettaglia con maggiore precisione questa decorrenza temporale, prevedendo la compensazione “a partire dal decimo giorno successivo a quello di effettuazione dell'investimento, successivamente all'approvazione del bilancio per l'esercizio 2020 ed entro la data del 30 novembre 2021”.

 

La relazione tecnica precisa che “le modifiche apportate ai commi 8 e 9 non comportano nuovi o maggiori oneri tenuto conto che le misure agevolative previste restano fruibili nel limite di spesa pari a 2 miliardi di euro per il 2021”.

 

L’art. 42, comma 1, lett. f) interviene sul comma 12 dell’art. 26 d.l. n. 34. Siamo in questo caso nell’ambito della disciplina sul Fondo Patrimonio PMI. Si ricorda che il Fondo è finalizzato alla sottoscrizione entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione entro i limiti di dotazione del fondo. La gestione del fondo è affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - Invitalia, o a società da questa interamente controllate.

La prima modifica consiste nel prorogare al 30 giugno 2021 la possibilità di sottoscrizione dei prestiti obbligazionari subordinati.

La seconda prevede un limite specifico per le sottoscrizioni da effettuare nell'anno 2021, pari a 1 miliardo di euro. La relazione tecnica chiarisce che somme complessivamente stanziate per il Fondo Patrimonio PMI sono adeguate anche a fronte dell'estensione temporale dell'operatività del Fondo, per cui non sono necessari rifinanziamenti.

La terza modifica appare di carattere tecnico-normativo e prevede la soppressione dell’inciso “il fabbisogno di liquidità della società per i diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da autocertificazione del rappresentante legale”, che mal si collega alla restante parte della disposizione.

 

Il comma 16 dell’art 26 del d.l. n. 34 affida ad un decreto ministeriale il compito di definire le caratteristiche, le condizioni e le modalità del finanziamento e degli strumenti finanziari. L’art. 42, comma 1, lett. g), nell’ambito di tale comma, sopprime la disposizione in base alla quale “gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso”.

 

Il comma 18 dell’art 26 del d.l. n. 34 prevede che il Gestore alla sottoscrizione degli strumenti finanziari entro il 2020. Anche a seguito delle proroghe previste nei commi precedenti, l’art. 42, comma 1, lett. h), estende tale periodo al primo semestre del 2021.

 

Il comma 19 dell’art 26 del d.l. n. 34 disciplina le forme di compenso per il Gestore (Invitalia), prevedendo una trattenuta in suo favore di un importo massimo per operazione pari, nell'anno 2020, allo 0,4 e allo 0,2 per gli succesivi. Anche a seguito delle proroghe previste nei commi precedenti, l’art. 42, comma 1, lett. i), prevede una trattenuta pari allo 0,4 anche nell’anno 2021.

 

Ai sensi del comma 2, le modifiche puntuali all’articolo 26 del d.l. n. 34 del 2020 previste dall'articolo 42 si applicano alle istanze presentate successivamente al 31 dicembre 2020, presumibilmente per non intralciare l’iter delle domande presentate o in via di presentazione prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio.


 

Articolo 43
(Ammissione alla negoziazione dei titoli di Stato)

 

 

L’articolo 43 modifica l'articolo 67 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF) al fine di specificare che anche soggetti quali Poste Italiane S.p.A. e le equivalenti strutture degli altri Paesi europei, possono svolgere attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi di negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato.

 

L'articolo 67 del TUF reca i criteri generali di accesso degli operatori alle sedi di negoziazione di strumenti finanziari. Il comma 7-bis stabilisce che possono essere ammessi alle negoziazioni per conto proprio sulle sedi di negoziazione all'ingrosso in titoli di Stato, in qualità di membri o di partecipanti, i soggetti di cui all'articolo 2, paragrafo 5, punti da 4) a 22), della direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD). Si tratta di una serie di soggetti che sono esclusi dall'ambito di applicazione della normativa sui requisiti prudenziali applicabile agli enti creditizi e a specifiche imprese di investimento, fra i quali Cassa depositi e prestiti.

 

La modifica in esame introduce fra gli operatori ammessi alle negoziazioni anche gli uffici dei conti correnti postali citati all'articolo 2, paragrafo 5, punto 3) della CRD, consentendo che soggetti quali Poste Italiane S.p.A. e le equivalenti strutture degli altri Paesi europei, possano svolgere attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato.

 

Si segnala che la traduzione italiana della direttiva riporta la dizione "uffici dei conti correnti postali", la quale parrebbe mettere in dubbio la possibilità che le singole unità operative della struttura produttiva fornitrice di servizi di conto corrente postale possano effettivamente essere identificate come operatori che svolgono attività di negoziazione in conto proprio nelle sedi di negoziazione all'ingrosso dei titoli di Stato. Il testo inglese della direttiva CRD riporta la dizione "post office giro institutions" che appare più correttamente riferibile agli enti, fra i quali è certamente inquadrabile Poste italiane S.p.A., che gestiscono conti correnti postali.


 

Articolo 44
(Tassi di interesse massimi per mutui dello Stato e degli enti locali)

 

 

L’articolo 44 semplifica le modalità di determinazione e comunicazione dei tassi massimi di interesse applicabili ai mutui concessi agli enti locali, nonché ai mutui e alle obbligazioni con onere a totale carico dello Stato di importo fino a 51.645.689,91 euro.

 

Il comma 1 sostituisce il comma 22 dell’articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 1989, il quale nell’attuale formulazione prevede che il Ministro del tesoro, con proprio decreto, determina periodicamente le condizioni massime applicabili ai mutui da concedere agli enti locali territoriali o altre modalità tendenti ad ottenere una uniformità di trattamento, dandone comunicazione da pubblicare in Gazzetta Ufficiale.

La nuova disposizione attribuisce tale compito al Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF, con determina da pubblicare sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro.

La Direzione generale Debito pubblico emette i titoli di Stato e gestisce le passività delle amministrazioni centrali dello Stato. In particolare svolge le seguenti funzioni: emissione e gestione del debito pubblico interno ed estero; gestione della liquidità; gestione del fondo per l'ammortamento dei titoli di stato; analisi del funzionamento dei mercati finanziari relativi al debito pubblico; partecipazione all'elaborazione dei documenti programmatici di finanza pubblica per le materie di competenza; coordinamento e monitoraggio dell'accesso ai mercati finanziari di enti pubblici, enti territoriali ed enti locali; rapporti con le istituzioni dell'Unione europea e con gli organismi internazionali nelle materie di competenza.

 

Il comma 2 modifica il primo periodo del comma 32 dell’articolo 45 della legge n. 448 del 1998, attribuendo allo stesso Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF il compito di indicare periodicamente, sulla base delle condizioni di mercato, il tasso di interesse di riferimento per i mutui e per le obbligazioni da stipulare con onere a totale carico dello Stato, di importo pari o inferiore a 100 miliardi di lire (51.645.689,91 euro), con determina da pubblicare sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro

 

Tale indicazione è attualmente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, con apposita comunicazione da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

L’ultima comunicazione del tasso di interesse massimo da applicare ai mutui da stipulare con onere a carico dello Stato di importo pari o inferiore ad euro 51.645.689,91 è contenuta nel comunicato 8 giugno 2020, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’8 giugno 2020, n. 144.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa afferma che le modifiche hanno natura meramente semplificatoria e di adeguamento alle più attuali modalità di comunicazione web, attraverso l’utilizzo del sito del Ministero, rendendo efficace e rapida la comunicazione dei provvedimenti che, proprio perché adottati su impulso dell’andamento delle condizioni di mercato, necessitano di una più immediata azione e comunicazione. La determinazione periodica dei tassi affidata al Capo della Direzione competente in materia di Debito pubblico del MEF realizza un efficace allineamento con le tempistiche dei mercati.

 

 


 

TITOLO VI – LAVORO, FAMIGLIA E POLITICHE SOCIALI

Articolo 45
(F
ondo occupazione e formazione)

 

 

L'articolo 45 rifinanzia il Fondo sociale per occupazione e formazione di 600 milioni di euro per il 2021 e di 200 milioni di euro per il 2022.

 

Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall’articolo 18, comma 1, lett. a), del DL n. 185/2008, recante Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

In particolare, la norma aveva previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con riferimento alle risorse destinate alle infrastrutture – provvedesse ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi. Il comma 1, alla lettera a), indicava proprio il Fondo sociale per occupazione e formazione, appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Si specifica, al riguardo, che in tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

Come risulta da un’interrogazione effettuata nel Sistema informativo della Ragioneria Generale dello Stato in relazione al Fondo in questione, le somme allo stato disponibili sono pari a circa 695,560 milioni di euro (capitolo 2230/1).

 


 

Articolo 46
(Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale
per cessazione di attività)

 

 

L’articolo 46 proroga per il 2021 e il 2022, entro determinati limiti di spesa, la possibilità per le imprese che cessano l’attività produttiva di accedere, in deroga ai limiti generali di durata vigenti e qualora ricorrano determinate condizioni, ad un trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale finalizzato alla gestione degli esuberi di personale, per un periodo massimo di 12 mesi. Tale possibilità è attualmente prevista sino alla fine del 2020.

 

La disposizione in commento fa salva la disciplina prevista dall’articolo 44 del D. L. 109/2018 (vedi infra) in materia di condizioni e presupposti per l’accesso al suddetto intervento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività.

In particolare l’autorizzazione, come accennato, è ammessa:

§  qualora sussista una delle seguenti ipotesi:

-    risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;

-    sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;

-    siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;

§  per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;

§  anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;

§  subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in cui viene altresì verificata la sostenibilità finanziaria del trattamento straordinario e indicato il relativo onere finanziario. Tali accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze e all'INPS per il monitoraggio mensile del rispetto dei limiti di spesa pari a 200 milioni di euro per il 2021 e 50 milioni di euro per il 2022 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 18/2008). Qualora dal monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.

 

In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.

Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 - come modificato, da ultimo, dal comma 493 della L. 160/2019 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per il periodo dal 29 settembre 2018 al 31 dicembre 2020, nel limite di spesa costituito dalle risorse stanziate ai sensi del predetto art. 21, c. 4, del D.Lgs. 148/2015 e non utilizzate, nonché (come disposto dai decreti legge nn. 124 e 162 del 2019) nel limite di 45 milioni di euro per il 2019 e di 28,7 milioni di euro per il 2020.

Inoltre, il medesimo art. 44 prevede, ferme restando le risorse stanziate, la possibilità per il 2020 di prorogare ulteriormente per un massimo di sei mesi l’intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in oggetto. Sul punto, si ricorda che l'art. 60, c. 3, lett. c), del D.L. 104/2020 dispone che la procedura di licenziamento eventualmente già avviata è sospesa per la durata della suddetta proroga.

 


 

Articolo 47
(Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato)

 

 

L’articolo 47 concerne le proroghe ed i rinnovi dei contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato, differendo dal 31 dicembre 2020 al 31 marzo 2021 il termine finale di applicazione di una disciplina transitoria in materia (di cui all'articolo 93, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni). La novella consente, dunque, che i contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato siano rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta[50], mediante un atto intervenuto entro il 31 marzo 2021 (anziché, come nella norma vigente, entro il 31 dicembre 2020), anche in assenza delle condizioni poste dall'articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

 

Si ricorda che il suddetto articolo 19, comma 1, alle lettere a) e b), fa riferimento alla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria; l'articolo 21, comma 01, dello stesso D.Lgs. n. 81 richiede la sussistenza[51] di una di tali esigenze per: i rinnovi dei contratti a termine; le proroghe dei contratti a termine che determinino una durata complessiva del rapporto superiore ai dodici mesi[52].

Riguardo agli altri limiti e condizioni posti dalla disciplina vigente[53] per i rinnovi o le proroghe dei contratti di lavoro a termine, la novella richiama (confermandone l'applicazione) la norma in base alla quale - fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi e con l'eccezione delle attività stagionali - la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato (intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore), per effetto di un contratto o di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i ventiquattro mesi.

 

Si ricorda che, qualora il suddetto limite di ventiquattro mesi sia superato, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento. Tuttavia, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici del lavoro competenti per territorio.

 

La norma transitoria - sulla quale interviene la novella di cui al presente articolo 47 - limita l’ambito della propria deroga ad un solo rinnovo o proroga; in merito, la nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 16 settembre 2020, prot. n. 713[54], ha interpretato nel senso che i precedenti rinnovi o proroghe non escludono la possibilità di ricorso alla deroga in esame (ai fini dell'ulteriore rinnovo o proroga). Sempre secondo l'interpretazione della suddetta nota, la norma transitoria in oggetto consente altresì che: la proroga sia in deroga al numero massimo di proroghe, previsto dalla normativa generale sui contratti di lavoro a termine; il rinnovo possa essere stipulato anche senza il rispetto dei termini dilatori minimi (previsti dalla suddetta normativa per il rinnovo medesimo)[55].

 


 

Articolo 48
(Settore call center)

 

 

L'articolo 48 rifinanzia anche per l’anno 2021 le misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center previste dall’articolo 44, comma 7, del d.lgs. 148 del 2015, nel limite di spesa di 20 milioni di euro.  

 

Agli oneri quantificati dalla norma, pari a 20 milioni di euro, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione e la formazione (di cui all'art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008).

 

In base all’articolo 44, comma 7, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e al relativo DM attuativo n. 22763/2015, le citate  misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center consistono in un’indennità, riconosciuta in favore dei lavoratori di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015[56], appartenenti alle aziende del settore dei call center, non rientranti nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale con un organico superiore alle 50 unità nel semestre precedente alla presentazione della domanda, con unità produttive site in diverse regioni o province autonome, e che, come ricorda la relazione illustrativa, abbiano attuato, entro la scadenza prevista del 31 dicembre 2013, le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto[57].

Tale indennità, pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria, può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una crisi aziendale ed il relativo programma contenga un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri creatisi.

Si ricorda, inoltre, che, da ultimo, la misura è stata rifinanziata, per il 2020, dall’art. 11-quater, c 2, del DL 162/2019 per un importo pari a 20 milioni di euro.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 45 del disegno di legge in esame, alla cui scheda si fa rinvio, prevede un rifinanziamento del citato Fondo nella misura di 600 milioni di euro per il 2021 e di 200 milioni di euro per il 2022.

 


 

Articolo 49
(Sostegno al reddito lavoratori settore pesca)

 

 

L’articolo 49 reca uno stanziamento di risorse per l’erogazione, anche per il 2021, dell’indennità onnicomprensiva prevista per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio.

 

Nel dettaglio, il comma 1 stanzia 12 milioni di euro per il 2021 - a valere sul Fondo sociale per l’occupazione e formazione[58] - per il finanziamento dell’indennità onnicomprensiva, pari a trenta euro giornaliere per il 2021, riconosciuta ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima (compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca), nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa a causa delle misure di arresto temporaneo obbligatorio.

Si ricorda che l’art. 1, comma 515, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) ha riconosciuto, per il 2020, per i medesimi soggetti, una identica misura, con gli stessi presupposti, ma nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il 2021.

 

Analogamente, il comma 2 stanzia 7 milioni di euro per il 2021 - a valere sul medesimo Fondo sociale per l’occupazione e formazione - per il finanziamento della suddetta indennità onnicomprensiva, pari a trenta euro giornaliere per il 2021, riconosciuta in favore dei medesimi soggetti nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa, a causa delle misure di arresto temporaneo non obbligatorio.

Si ricorda che la legge di bilancio 2017 (art. 1, c. 346, della L. 232/2016) ha previsto, a decorrere dall’anno 2018, il riconoscimento per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, di una indennità giornaliera onnicomprensiva, fino ad un importo massimo di 30 euro, nel periodo di sospensione derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio (valevole per un periodo non superiore, complessivamente, a quaranta giorni in corso d'anno).

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, c. 803, della L. 145/2018, dal 2019 il suddetto riconoscimento opera nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui, incrementato di 2,5 milioni di euro per il solo 2021 dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 516, L. 160/2019).

Per la disciplina delle modalità relative al pagamento delle predette indennità, con riferimento all’anno 2019, sono stati emanati il decreto interministeriale del 22 gennaio 2020, n. 1 e il decreto direttoriale del 10 luglio 2020, n. 11.


 

Articolo 50
(Sostegno  al reddito dei lavoratori di imprese
sequestrate o confiscate)

 

 

L'articolo 50 proroga, per il triennio 2021-2023, il trattamento di sostegno al reddito, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, a favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati ad orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria.

 

In dettaglio, la disposizione proroga il suddetto trattamento, previsto per il triennio 2018-2020 dall'articolo l, comma l, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 72[59], alle medesime condizioni: per una durata massima complessiva di 12 mesi nel triennio e nel limite di spesa di euro l.000.000 per ciascuna annualità.

 

Il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 72, all'articolo l, ha introdotto (nel caso non sia possibile il ricorso ai trattamenti di integrazione salariale previsti dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148) un sostegno al reddito pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, a favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati ad orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate e confiscate, sottoposte ad amministrazione giudiziaria, per le quali è stato approvato il programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività ai sensi dell'art. 41 del c.d. Codice Antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011).

 

All’onere derivante dalla disposizione, pari a euro 1.000.000 per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma l, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185.


 

Articolo 51
(Trattamenti di integrazione salariale straordinaria per le imprese con rilevanza economica strategica)

 

 

L’articolo 51 proroga per il biennio 2021-2022 – entro determinati limiti di spesa - la possibilità per le imprese con rilevanza economica strategica, anche a livello regionale e con rilevanti problematiche occupazionali, di richiedere un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale straordinaria. Tale possibilità è attualmente riconosciuta sino alla fine del 2020.

 

Più in dettaglio, alle suddette imprese è riconosciuta anche per il 2021 e il 2022 la possibilità (di cui all’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015 - vedi infra) di chiedere la proroga dell’intervento di CIGS, in deroga ai limiti di durata posti dalla normativa vigente[60].

Tale ulteriore periodo di CIGS può avere una durata di 12 mesi in caso di riorganizzazione aziendale o di contratto di solidarietà oppure di 6 mesi in caso di crisi aziendale.

 

La suddetta proroga opera nel limite di 130 milioni per il 2021 e di 100 milioni di euro per il 2022. Ai relativi oneri si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a) del D.L. 185/2008).

 

La disposizione in commento non interviene sulla disciplina in materia di condizioni e presupposti per l’accesso alla proroga del richiamato trattamento straordinario di integrazione salariale.

In base al richiamato art. 22-bis l’autorizzazione dell’ulteriore periodo di CIGS da parte delle imprese di rilevanza economica strategica è subordinata alla presentazione di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale e alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

1.   il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;

2.   il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

3.   per la causale contratto di solidarietà;

4.   il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le ipotesi da 1 a 3 si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la quarta ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.

Per il complesso delle suddette proroghe è fissato un limite massimo di spesa per il 2020 pari a 95 milioni di euro (come previsto dal medesimo art. 22-bis del D.Lgs. 148/2015 e dall’art. 11-quater, c. 6, del D.L. 162/2019), a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.


 

Articolo 52
(Piani di recupero occupazionale)

 

 

L’articolo 52 stanzia ulteriori risorse pari a 180 milioni di euro sul Fondo sociale per occupazione e formazione volte al completamento dei piani di recupero occupazionale nelle aree di crisi industriale complessa, destinate ai trattamenti di CIGS e di mobilità in deroga nell’anno 2021.

 

In dettaglio, la disposizione prevede il rifinanziamento delle misure relative ai piani di recupero occupazionale di cui all'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per il 2021 mediante ulteriori 180 milioni di euro per tale anno 2021 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (analogo intervento, da ultimo, per l’anno 2020, è stato disposto dall’art. 1, comma 492, l.160/2019 (Legge di bilancio per il 2020)).

Tali risorse, ripartite tra le Regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere destinate nell'anno 2021, dalle predette regioni, alle medesime finalità del richiamato articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148/2015, nonché a quelle dell'articolo 53- ter del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

 

L’articolo 44, comma 11-bis autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che, a tal fine, debbono presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni del presente decreto né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Le risorse stanziate all’uopo, coperte a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate.

L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e trasmette relazioni semestrali al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Ai sensi dell’articolo 53 ter del dl 50/2017, le risorse finanziarie di cui sopra, come ripartite ai sensi del predetto art. 44, comma 11-bis,  possono essere destinate dalle regioni medesime, nei limiti della parte non utilizzata, alla prosecuzione, senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, n. 83473 del 1º agosto 2014, del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale da comunicare all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 


 

Articolo 53
(Sistema duale)

 

 

L’articolo 53 incrementa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 le risorse destinate ai percorsi formativi di apprendistato e di alternanza scuola-lavoro.

 

La norma in commento incrementa nella suddetta misura le risorse destinate ai percorsi formativi relativi all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di quelli relativi all'alternanza tra scuola e lavoro disposto dall’articolo 110 della L. 205/2017 (pari a 75 milioni di euro a decorrere dal 2018) portando così il relativo finanziamento a 125 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Agli oneri così quantificati si provvede a valere sul Fondo sociale per l’occupazione e la formazione (di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008).

 

L’articolo 1, comma 110, della L. 205/2017 ha previsto specifici finanziamenti nel settore della formazione e dell'apprendistato, a decorrere dal 2018, a carico del richiamato Fondo sociale per occupazione e formazione.

In particolare il comma 110, lettera b), ha stanziato 75 milioni per il finanziamento dei percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, nonché dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro. Tale stanziamento è stato incrementato di 50 milioni di euro per il 2019 dall’art. 1, c. 281, della L. 145/2018 e di 46,7 milioni di euro per il 2020 dall’art. 1, c. 494, della L. 160/2019.


 

Articolo 54, commi da 1 a 10 e da 14 a 16
(Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 e sgravi contributivi per i datori di lavoro che non richiedano
gli interventi di integrazione salariale)

 

 

I commi da 1 a 7 dell’articolo 54 prevedono - con riferimento ai trattamenti ordinari di integrazione salariale, agli assegni ordinari di integrazione salariale e ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, già riconosciuti secondo una disciplina transitoria, posta in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 - la concessione di ulteriori periodi di trattamento. Questi ultimi vengono ammessi - in relazione ai casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa - nella misura massima complessiva di: dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-31 marzo 2021, per i trattamenti ordinari di integrazione salariale; dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per gli assegni ordinari di integrazione salariale (commi 2 e 5), sia per quelli dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS sia per quelli dei Fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi[61] (relativamente a questi ultimi, il concorso finanziario statale è definito dal comma 5); dodici settimane, relative al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per i trattamenti di integrazione salariale in deroga (comma 2 citato); novanta giorni, relativi al periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021, per i trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA) (comma 6).

Sempre con riferimento agli interventi di integrazione salariale in oggetto (con causale COVID-19), il comma 1 istituisce un fondo nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 5.333,8 milioni di euro per il 2021 (dotazione che in sostanza assorbe anche l'importo, richiamato nel medesimo comma 1, pari a 1.503,8 milioni, derivante, per il medesimo anno 2021, dalle precedenti norme di spesa in materia, importo che viene, in base al medesimo comma, versato all'entrata del bilancio dello Stato e acquisito all'erario). Una quota del suddetto fondo - quota pari a 4.982,1 milioni di euro - è destinata (commi 15 e 16) alla copertura degli interventi di cui ai commi da 1 a 7 nonché alla copertura dell'esonero contributivo di cui al comma 8; la quota residua (pari a 351,7 milioni) è intesa a garantire (comma 1 citato) la possibilità di ulteriori interventi normativi in materia di integrazione salariale, in relazione all'emergenza da COVID-19.

Il comma 14 definisce i limiti di spesa per i nuovi trattamenti in esame (diversi da quelli oggetto del summenzionato comma 5). I limiti vengono posti distintamente con riferimento alle seguenti tipologie: trattamenti ordinari di integrazione salariale ed assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS; trattamenti di integrazione salariale in deroga; trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA).

Il suddetto comma 8 prevede, in favore dei datori di lavoro del settore privato[62], con esclusione di quello agricolo, un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di otto settimane, fruibile entro il 31 marzo 2021 e a condizione che i medesimi datori non richiedano i suddetti interventi di integrazione salariale. L'esonero è attribuito nei limiti delle ore di integrazione salariale riconosciute nei mesi di maggio e giugno 2020 ed è, entro tale ambito, riparametrato ed applicato su scala mensile[63]. Il beneficio è concesso per un periodo aggiuntivo rispetto a quello eventuale di godimento dello sgravio omologo concesso da norme precedenti. Il riconoscimento dello sgravio di cui al comma 8 è subordinato all'autorizzazione della Commissione europea (comma 10).

Il comma 9 prevede che i datori che abbiano richiesto lo sgravio in base all'omologa norma precedente possano rinunciare alla frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda di intervento di integrazione salariale ai sensi dei precedenti commi 2 e 5.

 

Riguardo ai suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale, assegni ordinari di integrazione salariale a carico dei Fondi di solidarietà bilaterale istituiti presso l'INPS e trattamenti di integrazione salariale in deroga, i periodi di integrazione (o le relative frazioni) precedentemente richiesti e autorizzati (con causale COVID-19) con riferimento ai mesi del 2021 sopra menzionati sono imputati (comma 2) alle dodici settimane suddette, che costituiscono, come accennato, il limite massimo di fruizione (con causale COVID-19) per il complesso dei medesimi mesi (quest'ultimo periodo temporale, come detto, varia a seconda del tipo di trattamento).

Per i trattamenti di integrazione salariale concessi ai sensi dei commi in esame non è previsto alcun contributo addizionale. Si valuti l'opportunità di chiarire se anche per le domande presentate in base alle norme già vigenti (in materia di interventi di integrazione con causale COVID-19) operi, con riferimento ai periodi o frazioni di periodo decorrenti dal 1° gennaio 2021, tale esenzione.

Le domande relative ai suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale, assegni ordinari di integrazione salariale a carico dei Fondi di solidarietà bilaterale istituiti presso l'INPS e trattamenti di integrazione salariale in deroga devono essere presentate all’INPS[64], a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa (comma 3); in fase di prima applicazione, il termine di decadenza scade il 28 febbraio 2021 (la norma transitoria fa infatti riferimento alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge).

In caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS (ivi compreso il trattamento di CISOA)[65], il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[66], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione (comma 4); tuttavia, qualora il termine così determinato sia anteriore al 31 gennaio 2020, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico (in via definitiva) del datore di lavoro inadempiente.

Riguardo al suddetto termine relativo all’invio per il pagamento o per il saldo, si ricorda che, nel caso di pagamento diretto dei trattamenti in esame (con la causale COVID-19), la normativa[67] (che già pone il principio di decadenza summenzionato) prevede che la domanda del datore di lavoro contenga anche i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda -. In merito, si segnala che, secondo l'interpretazione seguita dalla circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020, nella richiesta del datore di lavoro relativa alla prestazione si può rinunziare al meccanismo dell'acconto. Si ricorda inoltre che, nel caso di decadenza summenzionata, l'INPS provvede al recupero, nei confronti del datore di lavoro, dell'acconto eventualmente corrisposto[68].

Il comma 5 prevede che i Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS[69] garantiscano l’erogazione dell’assegno ordinario di integrazione salariale con le medesime modalità summenzionate. Il concorso del bilancio dello Stato agli oneri finanziari relativi alla suddetta prestazione - con causale COVID-19 e per le sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa comprese nel periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 - è stabilito nel limite massimo di 900 milioni di euro per il 2021 ed è assegnato ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse sono successivamente trasferite ai rispettivi Fondi con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell’andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Riguardo al trattamento di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA)[70], richiesto per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, il comma 6 ammette i suddetti novanta giorni massimi di trattamento (per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021) in deroga ai limiti di fruizione relativi al singolo lavoratore e al numero minimo di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda. Si ricorda che tali deroghe concernono le norme - poste dalla disciplina specifica sul trattamento di integrazione salariale relativo alla categoria in oggetto[71] - che prevedono: un limite di durata del trattamento pari a 90 giorni nell'anno; la condizione dello svolgimento annuale di almeno 181 giornate lavorative presso lo stesso datore.

Ai fini della valutazione delle successive richieste di intervento di integrazione salariale (a titolo di CISOA) in base alle suddette norme ordinarie, si segnala che: i trattamenti di integrazione salariale riconosciuti per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 non vengono considerati ai fini del limite di durata di 90 giorni nell’anno[72]; sono computati come giornate lavorative, ai fini del suddetto requisito di 181 giornate (quest’ultima specificazione è posta dal presente comma 6).

La domanda di trattamento di cui al presente comma 6 deve essere presentata, a pena di decadenza, entro la fine del periodo successivo a quello in cui abbia inizio il periodo di sospensione dell’attività lavorativa; qualora il termine così determinato sia anteriore al 28 febbraio 2020, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data[73].

Il comma 6 fa anche riferimento all'ipotesi in cui gli interventi di integrazione a titolo di CISOA (con causale COVID-19) siano stati già richiesti e autorizzati per periodi successivi al 31 dicembre 2020 ai sensi dell'articolo 1, comma 8, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126. Si consideri l'opportunità di valutare se tale norma di chiusura sia superflua, dal momento che il suddetto articolo 1, comma 8, fa riferimento esclusivamente alla concessione di trattamenti fino al 31 dicembre 2020.

Il comma 7 specifica che gli interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 concessi ai sensi dei commi precedenti si applicano con riferimento ai lavoratori che siano alle dipendenze del datore di lavoro (richiedente la prestazione) alla data del 1° gennaio 2021.

 

Riguardo all’ambito dei datori di lavoro interessati dalle varie tipologie di intervento summenzionate, si ricorda che, anche in virtù del carattere residuale e di chiusura dei trattamenti di integrazione salariale in deroga[74], esse, nel loro complesso, coprono quasi tutti i rapporti di lavoro dipendente del settore privato[75].

Si ricorda che - mentre, in generale, i trattamenti di integrazione salariale non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148) - i trattamenti in deroga in esame sono ritenuti applicabili (cfr. la circolare dell'INPS n. 86 del 15 luglio 2020, emanata d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) a tutti i lavoratori apprendisti ed ai lavoratori a domicilio; restano esclusi i dirigenti.

Per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in deroga sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro (comma 1 dell'articolo 22 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni). Si ricorda altresì che: per i trattamenti in deroga - così come per gli altri trattamenti in oggetto con causale COVID-19 - l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto può essere adempiuto, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi alla comunicazione preventiva circa la richiesta di intervento medesimo[76]; anche per i trattamenti in deroga (così come per gli altri interventi di integrazione salariale in oggetto) sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato dell’articolo 22 del D.L. n. 18).

Si ricorda altresì che i trattamenti ordinari e gli assegni ordinari di integrazione salariale, concessi con la causale COVID-19 in oggetto, non sono computati ai fini del calcolo dei limiti di durata previsti dalle norme generali (relative alle medesime tipologie di trattamento) e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste[77].

 

Il comma 14 definisce i limiti di spesa per i nuovi trattamenti in oggetto (diversi dagli assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS, assegni che sono invece oggetto del suddetto comma 5). I limiti vengono posti distintamente con riferimento alle seguenti tipologie: trattamenti ordinari di integrazione salariale ed assegni ordinari di integrazione salariale dei Fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS; trattamenti di integrazione salariale in deroga; trattamenti di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA). Tali limiti sono pari, rispettivamente, a 2.576,8 milioni di euro, 1.067,7 milioni e 282,0 milioni, per un totale pari a 3.926,5 milioni. Ai sensi del medesimo comma 14, l’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa; qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Si valuti l’opportunità di chiarire se le clausole di monitoraggio e salvaguardia in esame si applichino con riferimento a ciascuno dei limiti di spesa di cui al comma 14.

Come accennato, il comma 8 prevede, in favore dei datori di lavoro del settore privato[78], con esclusione di quello agricolo, un esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di otto settimane, fruibile entro il 31 marzo 2021 e a condizione che i medesimi datori non richiedano i suddetti interventi di integrazione salariale (di cui ai commi 2 e 5). L'esonero è attribuito nei limiti delle ore di integrazione salariale riconosciute nel mese di maggio e giugno 2020[79] ed è, entro tale ambito, riparametrato ed applicato su scala mensile[80]. Si valuti l’opportunità di chiarire se il riferimento concerna i soli interventi di integrazione concessi con causale COVID-19.

Il beneficio è concesso per un periodo aggiuntivo rispetto a quello eventuale di godimento dello sgravio omologo concesso dalle norme precedenti, di cui all'articolo 3 del citato D.L. n. 104 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 126 del 2020) e all'articolo 12, comma 14, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, D.L. attualmente in fase di conversione alle Camere.

Il presente comma 8 conferma altresì che: lo sgravio non concerne i premi e i contributi dovuti all’INAIL[81]; resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Si ricorda che la circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020 - emanata con riferimento al citato articolo 3 del D.L. n. 104 - ha specificato che l’esonero contributivo in esame è compatibile con le richieste dei suddetti interventi di integrazione salariale con causale COVID-19[82], qualora queste ultime concernano una o più unità produttive diverse dall’unità o dalle unità per le quali si opti per l’esonero.

Peraltro, il comma 9 del presente articolo 54 prevede che i datori i quali abbiano richiesto lo sgravio in base al suddetto articolo 12, comma 14, del D.L. n. 137 possano rinunciare alla frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda di intervento di integrazione salariale ai sensi dei precedenti commi 2 e 5.

Si valuti l’opportunità di chiarire se, per i datori di lavoro che avessero fatto (prima dell’entrata in vigore della presente legge) richiesta di intervento di integrazione salariale (con causale COVID-19) per periodi compresi in quello oggetto dei precedenti commi 2 e 5, il trattamento di integrazione sia compatibile con lo sgravio o se, in ipotesi contraria, i datori possano revocare (ai fini del godimento dello sgravio) la richiesta di intervento di integrazione.

Dal richiamo del citato articolo 3 del D.L. n. 104 deriva altresì che:

§  ai datori di lavoro beneficiari dell’esonero contributivo di cui al comma 8 in esame si applichino i divieti e le sospensioni di cui ai commi da 11 a 13 del presente articolo 54, in materia di risoluzioni del rapporto di lavoro. La violazione delle norme relative ai suddetti divieti e sospensioni comporta la revoca dell’esonero contributivo, con efficacia retroattiva, e l’impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale con causale COVID-19[83];

§  l'esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente (nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta).

Il comma 10 subordina l'applicazione del beneficio di cui al comma 8 all'autorizzazione della Commissione europea (in base al richiamato articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni, e nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione, e successive modificazioni[84]. Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1, e successive modificazioni, la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[85] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 30 giugno 2021[86].

Il comma 15 quantifica gli oneri in materia di integrazione salariale derivanti dai commi 5 e 14 in 4.826,5 milioni di euro, per l'anno 2021, in termini di saldo netto da finanziare e in 3.034,8 milioni, sempre per l'anno 2021, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Il successivo comma 16 quantifica le minori entrate derivanti dallo sgravio contributivo di cui al comma 8 in 155,6 milioni di euro per l'anno 2021. Sia il comma 15 sia il comma 16 pongono i rispettivi oneri a carico del fondo di cui al comma 1.

Articolo 54, commi 11-13
(D
isposizioni in materia di licenziamento)

 

 

I commi da 11 a 13 dell’articolo 54 estendono fino al 31 marzo 2021 il periodo entro il qual resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, salvo specifiche eccezioni. Sono, altresì, dichiarate sospese di diritto, con alcune eccezioni, le procedure di licenziamento già avviate successivamente al 23 febbraio 2020 e le procedure già avviate inerenti l’esercizio della facoltà di recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

 

La disposizione estende dal 31 gennaio 2021[87] al 31 marzo 2021 le preclusioni e le sospensioni in oggetto, in relazione a quanto previsto dall’articolo 54 in ordine alla concessione dell’ulteriore periodo di dodici settimane di trattamenti di integrazione salariale (per periodi intercorrenti tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 con riferimento ai trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di Assegno ordinario e di Cassa integrazione in deroga).

In particolare, le disposizioni in commento prevedono che:

§  resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223[88] (cfr. infra, scheda di approfondimento sull’istituto del licenziamento collettivo) e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto (comma 11);

§  resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604[89] e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[90](comma 12).

 

In base al comma 13, le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 11 e 12 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

§  dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

§  nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[91].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 


 

Articolo 55
(Contributo per il funzionamento di Anpal Servizi S.p.A.)

 

 

L'articolo 55 autorizza lo stanziamento di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’esercizio finanziario 2021 in favore dell’ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), quale contributo per il funzionamento di ANPAL Servizi S.p.a.

 

Si ricorda che l’articolo 11, comma 1, del DL 162/2019 ha disposto, per il 2020, uno stanziamento pari a 10 milioni di euro, sempre come contributo per il funzionamento di ANPAL Servizi S.p.a. Come specificato nella relazione tecnica, quindi, la norma in commento stabilizza un contributo finora finanziato anno per anno.

Il successivo comma 1-bis del medesimo articolo 11 ha, inoltre, destinato ulteriori risorse in favore di ANPAL Servizi S.p.a., per le spese di personale e in particolare per nuove assunzioni a tempo indeterminato, nella misura di 1 milione di euro per il 2020 e di 2 milioni annui a decorrere dal 2021.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 1, comma 258, della L. n. 145/2018 e dell’articolo 4 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, è previsto, inoltre, un contributo permanente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, per le "ulteriori spese di personale" di ANPAL Servizi S.p.a.

Si ricorda che ANPAL Servizi S.p.a. (originariamente denominata Italia Lavoro Spa[92]) è una società in totale controllo pubblico che opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

Con l’istituzione, ai sensi dell’articolo del decreto legislativo n. 150 del 2015, dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – Agenzia dotata di personalità giuridica, autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio, vigilata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali – ANPAL Servizi S.p.a ha mutato assetto societario, divenendo ente in house dell’Agenzia. Recentemente, il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni -  all’articolo 12, comma 3, ha specificato il ruolo di ANPAL Servizi per “garantire l'avvio e il funzionamento del Rdc”. A tal riguardo, la norma ha assegnato alla Società un significativo ruolo nell’attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro approvato in sede di Conferenza Stato Regioni il 16 aprile 2019.

Si ricorda, infine, che il capitale di ANPAL Servizi S.p.a. è posseduto dall'ANPAL.


 

Articolo 56
(Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale)

 

 

L’articolo 56 assegna per il 2021 ulteriori risorse pari a 15 milioni di euro per il finanziamento degli Istituti di patronato e assistenza sociale, che si aggiungono a quelle già previste dal cosiddetto “decreto Agosto” nella misura di 20 milioni di euro.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame assegna, limitatamente all’esercizio finanziario 2021, ulteriori risorse pari a complessivi 15 milioni di euro per il finanziamento dei suddetti Istituti, ad incremento di quanto disposto dall’art. 18 del DL 104/2020 (cd “decreto Agosto”) che ha previsto un finanziamento aggiuntivo di 20 milioni di euro annui dal 2020.

 

La suddetta somma è erogata interamente entro il primo semestre del 2021, con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze), da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’articolo 13, della legge n. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,199%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS e dall'INAIL.

L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali:

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.

Si ricorda, inoltre, che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno in passato subito riduzioni per effetto di diversi provvedimenti, da ultimo l’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 che, con riferimento all’esercizio finanziario 2016, ha disposto una riduzione delle suddette risorse pari a 15 milioni di euro.

Anche l’aliquota di finanziamento degli istituti in questione è stata oggetto di ripetute modifiche, passando dallo 0,226% inizialmente previsto a decorrere dal 2001, allo 0,199% previsto dall’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 a decorrere dal 2015.

Parimenti, si è provveduto anche alla rimodulazione della quota di acconto del finanziamento statale, fissata dal 2019 al 78% dall’art. 1, c. 134, della L. 205/2017.

La ripartizione del finanziamento ai sensi del richiamato art. 13 della L. 152/2001 avviene con decreti della Direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative. L’ultimo di tali decreti, il n. 36 del 18 marzo 2020 (integrato poi da successivi decreti direttoriali) ha disposto la ripartizione tra gli  Istituti  di patronato e di assistenza sociale di 328 milioni di euro a titolo di prima anticipazione per il 2019

 


 

Articolo 57
(Fondo per le politiche attive del lavoro)

 

 

L'articolo 57 istituisce il “Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive rientranti tra quelle ammissibili  dalla Commissione  europea nell'ambito del programma React EU", con  una dotazione pari a 500 milioni di euro nell'anno  2021.

 

In dettaglio, la disposizione istituisce il predetto Fondo nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’attuazione di misure rientranti tra quelle ammissibili dalla Commissione europea nell'ambito del programma React EU", al fine di favorire la transizione occupazionale  mediante il potenziamento delle politiche attive del lavoro e di sostenere il percorso di riforma degli ammortizzatori sociali.

L’utilizzo delle risorse è disciplinato con successivo  provvedimento legislativo  in  relazione  alle  misure  ritenute  ammissibili  al  finanziamento  del predetto strumento.

 

La iniziativa REACT-EU (47,5 miliardi di euro, previsti tramite Next generation EU) è specificamente adottata per gli anni 2021-2022 per assegnare risorse supplementari volte a rafforzare l'economia e l'occupazione nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia COVID-19.

I negoziati sono tuttora in corso ma il 18 novembre 2020 il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico sulla proposta, che dovrà essere formalmente approvato da entrambe le Istituzioni.

In particolare, in base a quanto concordato:

§  le risorse di REACT-EU (l'acronimo in inglese significa "assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa) saranno così ripartite: 37,5 miliardi di euro nel 2021 e 10 miliardi di euro nel 2022;

§  la ripartizione delle risorse tra gli Stati membri avverrà in funzione della gravità delle ripercussioni sociali ed economiche della crisi, incluso il livello di disoccupazione e la prosperità relativa di ciascuno Stato membro. Secondo le prime indicazioni della Commissione europea, per il 2021 l’Italia otterrà circa 10,7 miliardi di euro e pertanto sarà il principale beneficiario del programma;

§  il programma sosterrebbe in modo particolare i servizi sanitari e le PMI, il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, specie per le persone in situazioni di vulnerabilità, l'occupazione giovanile e l'accesso ai servizi sociali, stimolando, al contempo, le transizioni verde e digitale;

§  gli Stati membri avranno una ampia flessibilità nell'utilizzo delle risorse, procedure semplificate, la possibilità di trasferire risorse tra fondi e categorie di regioni e un allentamento delle norme sul cofinanziamento, così da permettere un finanziamento interamente a carico del bilancio dell'UE.

 


 

Articolo 58
(Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica)

 

 

L’articolo 58 opera il rifinanziamento del fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica. Si dispone che la dotazione del fondo sia pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

 

Si ricorda che il fondo è stato istituito dall'articolo 1, comma 338, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, con una dotazione finanziaria limitata al triennio 2018-2020 - pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e (in base all'incremento disposto dall'articolo 25, comma 4-octies, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8) a 7 milioni di euro per il 2020[93] -.

Al fondo in esame (istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica o sanitaria (in tutte le forme) in favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie.

Il regolamento sull'utilizzo delle risorse del fondo è stato adottato con il D.M. 9 ottobre 2019, n. 175[94].

In base a tale regolamento, il fondo è destinato a sostenere, attraverso l'erogazione di contributi finanziari, lo svolgimento delle summenzionate attività, attraverso progetti promossi dalle associazioni sopra indicate, anche in partenariato tra di esse. I progetti devono prevedere "lo svolgimento di una o più delle seguenti azioni:

a)   segretariato sociale in favore dei nuclei familiari;

b)   attività strutturate di sostegno psicologico sia ai bambini che ai loro familiari;

c)   accoglienza integrata temporanea per i periodi di cura;

d)   accompagnamento verso e dai luoghi di cura;

e)   attività di ludoterapia e clownterapia presso i reparti ospedalieri onco-ematologici pediatrici;

f)    riabilitazione psicomotoria dei bambini;

g)   attività ludiche e didattiche presso le strutture di accoglienza, compreso il sostegno scolastico;

h)   sostegno al reinserimento sociale dei bambini e dei loro familiari".

 

Per la realizzazione dei progetti possono essere attivate forme di collaborazione tra le associazioni suddette ed altri enti, pubblici o privati, i quali non possono essere beneficiari delle risorse del fondo, ma possono cofinanziare l'iniziativa o il progetto.


 

Articolo 59
(
Fondo caregiver)

 

 

L'articolo 59 istituisce un Fondo per la copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività di cura a carattere non professionale del cd. caregiver (prestatore di cure) familiare, con una dotazione nel triennio di programmazione 2021-2023 di 25 milioni di euro per ciascun anno.

 

Il comma 1 dispone l’istituzione di un Fondo cd. caregiver destinato alla copertura finanziaria degli interventi legislativi per il riconoscimento dell’attività non professionale del prestatore di cure familiare, come definita dall’articolo 1, comma 255, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) (v. box), con una dotazione di 25 milioni per ciascun anno del triennio di programmazione di bilancio 2021-2023.

La relazione illustrativa indica che l’istituendo Fondo sarà iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

In proposito si deve sottolineare che il decreto legge 86/2018 (L. 97/2018) per il riordino delle attribuzioni ministeriali, per quanto qui interessa, in materia di famiglia e disabilità, novellando con l’articolo 3 la disposizione del comma 254, articolo 1, della citata legge di bilancio 2018, ha destinato il Fondo denominato “per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare” - con risorse stanziate nel bilancio della Presidenza del Consiglio (e non più presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) - ad interventi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del caregiver familiare, prevedendo che la definizione dei criteri di riparto e le modalità dell’utilizzo del medesimo fondo siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero del Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni.

In base alla normativa vigente disposta ai commi 254-256, articolo 1, della citata legge di bilancio per il 2018, per il triennio di programmazione di bilancio 2018-2020 era stata perciò disposta l’istituzione di un analogo Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio, anche in quel caso finalizzato a sostenere gli interventi per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del prestatore di cure familiare. La norma, istituendo il predetto Fondo (comma 254), ha dettato la definizione dei soggetti interessati (comma 255), con l’onere previsto di 20 milioni di euro per ciascun anno coperto a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili.

Il Fondo è stato poi rifinanziato di ulteriori 5 milioni per il triennio di programmazione 2019-2021 dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 483-484, della legge 145/2018). Per la gestione della procedura di pagamento delle somme residue, il citato comma 484 ha inoltre previsto che al termine di ciascun esercizio finanziario le stesse, qualora non impiegate, siano versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo. Ciò in quanto, non essendo gli interventi legislativi stati ancora approvati, le risorse risultano attualmente inutilizzate.

In proposito, considerate le caratteristiche dell’istituendo Fondo, analoghe a quelle del Fondo cd. caregiver istituito a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio e già finanziato con uno stanziamento di 25 milioni di euro anche per il 2021, si valuti l’opportunità di un coordinamento delle risorse stanziate dalla norma in esame con particolare riferimento all’anno 2021.

 

Si sottolinea, peraltro, che sul sito del Governo si dà notizia dell’Intesa raggiunta in Conferenza unificata Stato-regioni il 16 ottobre 2020 sul decreto di riparto (non ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale) delle risorse del predetto Fondo per un ammontare di 68.314.662 euro (suddivisi in 20 milioni per il 2018 e circa 24,5 milioni per il 2019 e 23,9 milioni per il 2020), con l’indicazione che le risorse siano destinate alle Regioni che le utilizzano per interventi di sollievo e sostegno destinati al caregiver familiare, dando priorità alle seguenti destinazioni: caregiver che assistono persone in condizione di disabilità gravissima (v. art. 3 D.M. 26 settembre 2016 di riparto del Fondo nazionale per le non autosufficienze, anno 2016); caregiver di coloro che non hanno avuto accesso alle strutture residenziali a causa delle disposizioni normative durante l’emergenza sanitaria (comprovata da idonea documentazione); programmi di accompagnamento finalizzati alla deistituzionalizzazione e al ricongiungimento del caregiver con la persona assistita.

Le Regioni successivamente saranno chiamate a destinare le risorse ai comuni e agli ambiti territoriali in base agli interventi presentati. Inoltre, il Dipartimento per le politiche della famiglia è chiamato a monitorare la realizzazione degli interventi finanziati.

 

La figura a fini giuridici del caregiver familiare è stata definita al comma 255 della citata legge di bilancio 2018, come persona che assiste e si prende cura dei seguenti soggetti:

§  coniuge;

§  una delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, ai sensi della L. n. 76/2016;

In proposito, la legge n. 76 del 2016 – si ricorda - regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, che possono riguardare sia coppie omosessuali che coppie eterosessuali. L'unione civile tra persone dello stesso sesso, che può essere considerata "formazione sociale" ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione, avviene mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Sono invece considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale e coabitanti o aventi dimora abituale nello stesso comune. Sono estesi ai conviventi di fatto alcune prerogative spettanti ai coniugi (in buona parte così codificati in base ad alcuni orientamenti giurisprudenziali).

familiare o affine entro il secondo grado;

§  anche di un familiare entro il terzo grado, nei casi individuati dall’art. 33, comma 3, della L. 104/1992[95], che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative:

- sia non autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé;

- sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata continuativa ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 104/1992;

Quest’ultimo riferimento normativo individua l’handicap grave, in termini di riduzione dell'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

- sia titolare di indennità di accompagnamento.

Al riguardo si rileva che la legge n. 18/1980 ha disciplinato l’indennità di accompagnamento quale sostegno economico a carico di risorse statali erogate dall’Inps in 12 mensilità, indipendentemente dal reddito del beneficiario e in regime di esenzione fiscale. Esso è corrisposto a persone per le quali viene accertato uno stato di totale invalidità o incapacità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore. L’accertamento mediante certificazione dell’invalidità del 100% non occorre per i minorenni e per gli ultrasessantacinquenni per i quali basta anche la sola difficoltà nel deambulare da soli e la necessità di assistenza continua in quanto incapaci di svolgere da soli i comuni atti della vita quotidiana.


 

Articolo 60
(Proroga opzione donna)

 

 

L’articolo 60 reca disposizioni concernenti l’istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne (cd. opzione donna), estendendone la possibilità di fruizione alle lavoratrici che abbiano maturato determinati requisiti entro il 31 dicembre 2020, in luogo del 31 dicembre 2019 attualmente previsto.

 

La norma in commento – modificando l’articolo 16, comma 1, del D.L. 4/2019 - prevede che il diritto al trattamento pensionistico anticipato delle donne secondo le regole di calcolo del sistema contributivo[96] venga riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2020 - in luogo del 31 dicembre 2019 (vedi infra) e indipendentemente dal momento della decorrenza della pensione che dovrà comunque avvenire successivamente a tale data - un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Si ricorda che, in base a quanto previsto dal richiamato art. 16, c. 1, del D.L. 4/2019, i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita, mentre al suddetto trattamento pensionistico si applica quanto disposto dall’art. 12 del D.L. 78/2010, secondo cui il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (cd. finestra) si consegue trascorsi 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le lavoratrici autonome (v. infra).

Conseguentemente, la medesima disposizione in esame - modificando l’articolo 16, comma 3, del D.L. 4/2019 - posticipa al 28 febbraio 2021 (in luogo del 29 febbraio 2020) la data entro cui il personale a tempo indeterminato delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico.

Sul punto, si ricorda che il richiamato art. 16, c. 3, del D.L. 4/2019 dispone che al suddetto personale si applica la speciale disciplina delle decorrenze (cd. finestre) dei trattamenti pensionistici di cui all’art. 59, c. 9, della L. 559/1997). In base a quest'ultima, per i soggetti che maturino i requisiti entro il 31 dicembre di un determinato anno, la decorrenza è posta all'inizio dell'anno scolastico dello stesso anno[97].

 

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame evidenzia, nella tabella seguente, gli effetti complessivi per le lavoratrici dipendenti del settore privato, pubblico e autonome che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2020

 

Anno

Maggiore numero di pensioni alla fine dell'anno

Onere (+)/risparmio (-)

Effetti finanziari complessivi

 

(milioni di euro)

(milioni di euro)

 (migliaia di unità)

Pensioni

TFS/TFR

Totale

Totale

2021

13,7

83,5

-

83,5

83,5

2022

24,4

267,7

-

267,7

267,7

2023

24,8

365,3

101,4

466,7

448,4

2024

18,5

312,1

137,7

449,8

425,0

2025

11,7

194

92,1

286,1

269,5

2026

3,5

82,6

34,1

116,7

110,6

2027

0,8

9,4

-3,8

5,6

6,3

2028

-

-31

-119,5

-150,5

-129,0

2029

-

-31

-152,7

-183,7

-156,2

2030

-

-31

-99,2

-130,2

-112,3

 

 

La cosiddetta opzione donna è una misura sperimentale introdotta dall’art. 1, c. 9, della L. 243/2004 che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età, per le lavoratrici dipendenti, o 58 anni, per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico da adeguarsi periodicamente all'aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

La previsione che i requisiti anagrafici e contributivi previsti per l'esercizio dell'opzione donna dovessero essere maturati entro il 31 dicembre 2015 ha posto significativi problemi interpretativi. L'INPS, infatti (con le circolari 35 e 37 del 2012 e con il messaggio 219/2013), ha dato a tale previsione un'interpretazione restrittiva, ritenendo che la data del 31 dicembre 2015 andasse interpretata come termine di decorrenza della prestazione, non essendo sufficiente la semplice maturazione dei requisiti entro tale data. Sulla questione sono intervenute le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che hanno approvato risoluzioni (rispettivamente la 7-00159/2013 e la 7-00040/2013) volte ad escludere l'applicazione della finestra mobile e degli incrementi legati all'aspettativa di vita, ritenendo sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

Successivamente, l’art. 1, c. 281, della L. 208/2015 (Legge di stabilità per il 2016) ha posto fine ai suddetti problemi interpretativi, precisando l'ambito temporale di applicazione dell'istituto (comunque transitorio e sperimentale). La nuova norma ha previsto, infatti, che l'accesso all'istituto è possibile anche qualora la decorrenza del trattamento sia successiva al 31 dicembre 2015, essendo sufficiente la maturazione dei requisiti entro tale data.

L’art. 1, c. 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti a causa degli incrementi determinati dall'adeguamento dei medesimi all'aumento della speranza di vita. Più specificamente, si estende, a decorrere dal 2017, l'applicabilità dell'istituto alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, non avessero raggiunto la frazione di 3 mesi (nell'età anagrafica). Di conseguenza, all'istituto possono far ricorso le lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, avessero un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni, se autonome (fermi restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale).

Successivamente, l'articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere all'opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, mentre i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita.

Il suddetto termine del 31 dicembre 2018 è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2019 dall’art. 1, c. 476, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020)[98].


 

Articolo 61
(Proroga Ape sociale)

 

 

L’articolo 61 proroga a tutto il 2021 la sperimentazione della cosiddetta Ape sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

 

A seguito della suddetta proroga - mediante modifica della norma istitutiva dell’Ape sociale (art. 1, c. 179 della L. 232/2016) – vengono incrementati i limiti di spesa di cui all’articolo 1, comma 186, della medesima L. 232/2016, che stabilisce i limiti annuali di spesa per la fruizione del beneficio, che, in base alla modifica operata dalla norma in esame, diventano i seguenti: 411,1 milioni di euro per il 2021, 285,1 per il 2022, 169,3 per il 2023, 119,9 per il 2024, 71,5 per il 2025 e 8,9 per il 2026 (comma 1).

Sul punto, la Relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio precisa che il maggiore onere derivante dal suddetto incremento della relativa autorizzazione di spesa, che costituisce in ogni caso limite di spesa, è parametrato a circa 13.900 nuovi soggetti, con anzianità contributiva inferiore ai 38 anni, in considerazione del canale di uscita con 62 anni di età e 38 (quota 100) che rientreranno nella proroga dell’attuale norma, per un importo medio dell’indennità pari 1.140 euro mensili.

 

Inizialmente, il richiamato comma 186 ha disposto che il beneficio dell’indennità fosse riconosciuto, a domanda, entro i seguenti limiti annuali di spesa (già incrementati dall’art 1, c. 162, lett. h), della L. 205/2017 a decorrere dal 1° gennaio 2018): 300 milioni di euro per il 2017, 630 milioni di euro per il 2018, 666,5 milioni di euro per il 2019, 530,7 milioni di euro per il 2020, 323,4 milioni di euro per il 2021, 101,2 milioni di euro per il 2022 e 6,5 milioni di euro per l'anno 2023.

A seguito della proroga dell’Ape sociale per il 2019 disposta dall’art. 18 del D.L. 4/2019, i suddetti limiti di spesa sono poi stati ulteriormente incrementati, dal medesimo art. 18, nella misura di: 16,2 milioni di euro per il 2019, 131,8 milioni di euro per il 2020, 142,8 milioni di euro per il 2021, 104,1 milioni di euro per il 2022, 51,0 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni di euro per il 2024. Conseguentemente, il medesimo art. 18 del D.L. 4/2019 ha contestualmente soppresso l’art. 1, c. 167, della L. 205/2017, che aveva istituito il Fondo APE sociale nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del concorso al finanziamento dell'eventuale estensione del beneficio.

A seguito della proroga dell’Ape sociale per il 2020 disposta dall’art. 1, c. 473, della L. 160/2019[99], i suddetti limiti di spesa sono poi stati ulteriormente incrementati, dal medesimo comma 473, nella misura di 108 milioni di euro per il 2020, di 218,7 milioni di euro per il 2021, di 184,6 milioni di euro per il 2022, di 124,4 milioni di euro per il 2023, di 57,1 milioni di euro per il 2024 e di 2,2 milioni di euro per il 2025

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (definiti con il D.P.C.M. 23 maggio 2017, n. 88) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

Infine, la norma in commento prevede che le disposizioni che semplificano la procedura per l'accesso all’APE sociale (di cui al secondo e terzo periodo dell’articolo 1, comma 165, della L. 205/2017 – vedi infra), si applichino anche con riferimento ai soggetti che verranno a trovarsi nelle condizioni indicate nel corso del 2021 (comma 2).

Pertanto, devono ritenersi conseguentemente adeguati i termini e le scadenze attualmente previsti, per cui i soggetti che possono usufruire dell’istituto possono presentare domanda per il loro riconoscimento entro il 31 marzo 2021, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2021. Le domande presentate successivamente a tale data (e comunque non oltre il 30 novembre 2021) sono prese in considerazione solamente nel caso in cui ci siano le risorse finanziarie.

Il richiamato comma 165 semplifica la procedura per l'accesso all’APE sociale, sempre per le attività gravose, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

In particolare, il secondo periodo del comma 165 stabilisce che i soggetti che si trovavano nelle condizioni per la fruizione dell’istituto nel corso dell'anno 2018 dovevano presentare domanda per il loro riconoscimento entro il 31 marzo 2018, ovvero (in deroga a quanto previsto dal D.P.C.M. 88/2017), entro il 15 luglio 2018. Ai sensi del terzo periodo, restava comunque fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2018 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2018 venissero prese in considerazione esclusivamente se all'esito dello specifico monitoraggio e ordinamento delle domande per l’accesso all’istituto e l’eventuale clausola di salvaguardia residuavano le necessarie risorse finanziarie.

 

 

L'articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2019 (termine da ultimo prorogato dal DL 4/2019), l'istituto dell'APE sociale, consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. Successivamente, l'articolo 1, commi 162-167, della L. 205/2017, ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina dell'indennità.

In base a quanto disposto dai richiamati commi da 179 a 186 della L. 232/2016 (come modificati sostanzialmente dalla L. 205/2017) possono accedere all'APE sociale i soggetti con un'età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

-    soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale (avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 604/1966 e successive modificazioni) che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni. Lo stato di disoccupazione si configura anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;

-    soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave (ai sensi dell'articolo 3, c. 3, della L. 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, a condizione di possedere un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

-    soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile) e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni;

-    lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell'APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative "gravose" (indicate negli appositi Allegati) da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni. È stata inoltre semplificata la procedura per l'accesso all'indennità per tali attività, prevedendo che non sia più necessario il vincolo dell'assoggettamento alla Tariffa INAIL del 17 per mille, indicato come elemento necessario dal D.P.C.M. 88/2017 ai fini della validità della domanda da inoltrare per la concessione del beneficio.

Inoltre:

-    per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso all'APE sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna);

-    per quanto concerne l'accesso al beneficio dei lavoratori dipendenti operai dell'agricoltura e della zootecnia, si è assunto come riferimento per il computo integrale dell'anno di lavoro il numero minimo di giornate (pari a 156), relativo all'anno di contribuzione, previsto dalla normativa vigente.

Si ricorda anche l’istituzione, ad opera della L. 205/2017, del Fondo APE sociale nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del concorso al finanziamento dell'estensione dell'indennità, Fondo successivamente soppresso dall’art. 18 del D.L. 4/2019.

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

-    mancata cessazione dell'attività lavorativa;

-    titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

-    soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

-    soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);

-    soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale;

-    raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L'indennità, erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno, è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non soggetto a rivalutazione, e non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro.

Per i dipendenti pubblici che cessano l'attività lavorativa e richiedono l'APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Con il D.P.C.M. 88/2017 sono stati definiti i requisiti e le modalità per accedere all'APE sociale.

Si segnala che l’art. 53, c. 1, del D.L. 50/2017 attraverso un'interpretazione autentica, definisce le caratteristiche che devono avere determinate attività lavorative ai fini della corresponsione dell'indennità riconosciuta, fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni (cd APE sociale).Le attività lavorative gravose si considerano svolte in via continuativa (che, come detto, se svolte da almeno sei anni e insieme al requisito anagrafico di 63 anni, danno diritto all'APE sociale) quando nei sei anni precedenti il momento di decorrenza della predetta indennità le medesime attività lavorative non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente la predetta decorrenza per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell'articolo 1, comma 150, della L. 205/2017, l'esclusione dell'adeguamento dei requisiti pensionistici all'incremento della speranza di vita, prevista per alcune categorie di lavoratori, non si applica ai soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell'APE sociale.


 

Articolo 62
(Contratto di espansione interprofessionale)

 

 

L'articolo 62 proroga al 2021 le disposizioni relative alla applicazione sperimentale del contratto di espansione estendendolo, in particolare, per il solo anno 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti.

 

La disposizione in esame proroga al 2021 le disposizioni relative al contratto di espansione di cui all’art 41, d.lgs. n. 148/2015 (come modificato dall’art 26-quater, c. 1, del DL 34/2019: cfr. la relativa scheda di lettura al seguente link al dossier di riferimento https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/D19034c.Pdf),estendendolo, solo per il 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti (comma 1, lett. a) e b)).

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 41 del D.Lgs. 148/2015, ai commi da 1 a 3, prevede, in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, per le imprese con un organico superiore a 1.000 unità, la possibilità di avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione[100] con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In deroga agli articoli 4 e 22 del medesimo D.Lgs., relativi alla durata complessiva degli interventi di integrazione salariale nel quinquennio mobile, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.

Viene, altresì, modificato il comma 5 dell’articolo 41, aumentando le risorse previste dal predetto comma con riguardo alla possibilità, per il datore di lavoro, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro con riguardo ai lavoratori che si trovino in particolari condizioni (a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata) riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione,  un'indennità mensile, ove spettante comprensiva dell'indennità NASpI, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'INPS. Questa facoltà è ammessa previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati. Le maggiori risorse sono pari a 36,1milioni di euro per l’anno 2021 (anziché gli attuali 6,8 milioni di euro per l'anno 2021), a 33,10 milioni di euro per l’anno 2022 e a 7,5 milioni di euro per l’anno 2023.

Infine, si prevede, con un periodo aggiuntivo al medesimo comma 5, che, allo scopo di dare attuazione al contratto di cui al comma 1, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all'INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all'INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa (comma 1, lett. c)

Infine, si modifica il comma 7 dell’articolo 41, che, con riferimento ai lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare della prestazione prevista dal comma 5 consente una riduzione oraria complessiva per ciascun lavoratore interessato al contratto di espansione fino al 100 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. Per i benefici in esame, ferma restando la quantificazione in essere per il 2020, già disposta dal comma 7, pari a 31,8 milioni di euro, la novella autorizza una maggiore spesa pari a 101 milioni di euro per l'anno  2021 e di 102 milioni di euro per l'anno 2022 (comma 1, lett. d).

 


 

Articolo 63
(Calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico)

 

 

L’articolo 63 concerne il calcolo dell'anzianità di contribuzione pensionistica per i titolari di contratti di lavoro a tempo parziale in cui alcune settimane non sono interessate da attività lavorativa (lavoro a tempo parziale di tipo verticale e ciclico). L'intervento normativo in esame è inteso a recepire l'indirizzo giurisprudenziale costante, in base al quale anche le settimane in oggetto sono da includere nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico (nella misura in cui il rapporto tra l'ammontare della contribuzione annua ed il numero complessivo delle settimane sia almeno pari al minimale contributivo settimanale).

Più in particolare, la norma in esame prevede che: per i contratti di lavoro a tempo parziale in oggetto, che siano in corso dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2021) o che abbiano decorrenza iniziale successiva, il numero delle settimane da includere nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico si determini rapportando il totale della contribuzione annua al minimale contributivo settimanale; per i contratti di lavoro a tempo parziale già esauriti prima della suddetta data, il riconoscimento delle settimane in oggetto è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell'interessato, corredata da idonea documentazione. In ogni caso, i trattamenti pensionistici liquidati in base alla nuova norma non possono avere decorrenza anteriore alla suddetta data di entrata in vigore.

L'intervento normativo in esame non concerne i dipendenti pubblici, per i quali, ai fini del diritto al trattamento pensionistico, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi utili per intero, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della L. 29 dicembre 1988, n. 554 (come ricordano le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge di bilancio).

 

Si ricorda che, per i lavoratori dipendenti privati, in base all'articolo 7 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni, e all'articolo 1, comma 2, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, il numero dei contributi settimanali da accreditare nel corso dell'anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell'INPS, è pari a quello delle settimane dell'anno stesso retribuite (o riconosciute in base alle norme che disciplinano l'accreditamento figurativo), sempre che risulti erogata, dovuta o accreditata figurativamente per ognuna di tali settimane una retribuzione non inferiore al 40% dell'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1° gennaio dell'anno considerato[101].

La giurisprudenza, tuttavia, come detto, in base al principio di parità di trattamento, ha riconosciuto il diritto alla suddetta riparametrazione dei contratti di lavoro a tempo parziale in esame.


 

Articolo 64
(
(Disposizioni in favore dei lavoratori esposti all’amianto)

 

 

L’articolo 64 prevede disposizioni volte ad accelerare le operazioni di lavorazione delle domande di riconoscimento dei benefici previdenziali, presso INPS ed INAIL, per i lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario

 

In dettaglio, il comma 1 della norma interviene sulla disciplina di cui all’articolo 1, comma 277 della L. 208/2015, che prevede, in favore dei suddetti lavoratori che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, durante le operazioni di bonifica dall'amianto poste in essere mediante sostituzione del tetto, il riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della l. 257/1992 (si veda, infra, scheda di ricostruzione).

In base a tale disposizione, per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25.

 

Il comma 1 in commento, introduce, all’articolo 1, comma 277 di cui sopra, i commi da bis a sexies, prevedendo:

§  al comma 277–bis, termini perentori per la presentazione della documentazione fornita dal datore di lavoro, su richiesta dell’INPS, a integrazione delle domande già presentate ai sensi dell’articolo 1, comma 277, della richiamata legge n. 208 del 2015. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento. Il datore di lavoro adempie entro il termine perentorio di novanta giorni dalla ricezione della richiesta. Entro i successivi quindici giorni l’lNPS trasmette le istanze complete della relativa documentazione all’INAIL, che entro sessanta giorni, invia all’INPS le certificazioni tecniche attestanti la sussistenza o meno dei requisiti di legge.

§  al comma 277-ter, che l’INPS, una volta acquisite le certificazioni tecniche da parte dell’INAIL, decorsi non oltre 60 giorni, debba eseguire un monitoraggio delle domande, secondo i seguenti criteri: a) la data di perfezionamento, nell’anno di riferimento, dei requisiti pensionistici per ciascun lavoratore interessato; b) l’onere previsto per l’esercizio finanziario dell’anno di riferimento, connesso all’anticipo pensionistico e all’eventuale incremento di misura dei trattamenti; c) la data di presentazione della domanda di accesso al beneficio.

§  al comma 277-quater, ai fini dell’individuazione di eventuali scostamenti rispetto alle risorse finanziarie annualmente disponibili per legge, entro trenta giorni dalla conclusione delle operazioni di monitoraggio, e comunque con cadenza annuale, le modalità di redazione della graduatoria dei lavoratori aventi diritto al beneficio di cui al comma 277, tenendo conto prioritariamente della data di maturazione dei requisiti pensionistici agevolati e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda di accesso al beneficio. Nel caso in cui l’onere finanziario accertato sulla base della graduatoria sia superiore allo stanziamento previsto per l’anno di riferimento, la decorrenza dei trattamenti pensionistici riconosciuti ai sensi del comma 277 è differita in ragione della data di maturazione dei requisiti, in base alla posizione ricoperta da ciascun lavoratore all’interno della graduatoria. 

§  al comma 277 quinquies, per i profili non espressamente disciplinati, il rinvio alle disposizioni contenute nel decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze del 12 maggio 2016, in quanto compatibili.

§  al comma 277 sexies l’immediato accesso a pensione con il beneficio di cui all’articolo 1, comma 277, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, senza attendere l’esito della procedura di monitoraggio sopra descritta, ai soggetti che hanno ottenuto la certificazione tecnica da parte di INAIL entro il 30 giugno 2020 e che hanno maturato, tenendo conto del riconoscimento del beneficio di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, la decorrenza teorica del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2021[102]. Infine, si stabilisce che la decorrenza dei trattamenti pensionistici erogati in applicazione del presente comma non può essere antecedente al 1° gennaio 2021.

 

Con il comma 2 vengono conseguentemente adeguati i limiti di spesa di cui all’articolo 1, comma 277 della legge 28 dicembre 2015, n. 208:  le parole “, 8,3 milioni di euro per l’anno 2024 e 2,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025” sono sostituite dalle seguenti: “, 11,5 milioni di euro per l’anno 2024, 12,6 milioni di euro per l’anno 2025, 13,5 milioni di euro per l’anno 2026, 13,2 milioni di euro per l’anno 2027, 12,3 milioni di euro per l’anno 2028, 11,8 milioni di euro per l’anno 2029 e 11,0 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2030”.

 

Con riferimento agli oneri recati dalla disposizione, si allega la seguente tabella prodotta dalla relazione tecnica al provvedimento

 

 

Le norme adottate in relazione ai benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto sono state dirette ad estendere la platea dei soggetti beneficiari e a riconoscere maggiori facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata.

 

In generale, l'articolo 13, commi 6, 7 e 8, della legge numero 257 del 1992 ha disposto la concessione di un beneficio previdenziale a determinate categorie di lavoratori che durante l'attività lavorativa siano stati esposti all'amianto. Tale beneficio consiste nell'applicazione ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all'esposizione all'amianto di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare: ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5; al periodo di esposizione all'amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall'INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5; all'intero periodo di esposizione all'amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25, utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. Si ricorda che, sino al 1° ottobre 2003, era invece previsto per tale ultima fattispecie un coefficiente pari all'1,5, che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione.

Oltre a ciò, il comma 2 dello stesso articolo 13, ha riconosciuto (con validità limitata a 730 giorni dalla dal 28 aprile 1992), ai lavoratori delle imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva (anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari) un trattamento di pensione a condizione che possano far valere almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva, con una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni (così come prescritto dall'articolo 22 della legge numero 153 del 1969), e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne.

Si fa presente, inoltre, che l'articolo 47 del decreto legge numero 269 del 2003 ha esteso la rivalutazione del periodo di esposizione all'amianto ai fini pensionistici anche ai lavoratori non coperti dall'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL. In tal senso, il beneficio viene riconosciuto in favore dei lavoratori (anche quelli non assicurati presso l'INAIL) che siano stati esposti per un periodo superiore a 10 anni all'amianto "in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno". La sussistenza dell'esposizione all'amianto e la sua durata devono essere accertate e certificate dall'INAIL.

 

 Interventi effettuati nel corso della XVII Legislatura

La materia è stata interessata anche nel corso della XVII Legislatura, da diversi provvedimenti.

In primo luogo, la legge di stabilità per il 2015 numero 190 del 2014 ha recato una serie di norme in materia di amianto.

Più specificamente:

l'articolo 1, comma 112, ha disposto che per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori esposti all'amianto in servizio (cioè non beneficiari di trattamenti pensionistici), con effetto dal 1° gennaio 2015 e senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto (salvo il caso di dolo da parte del soggetto interessato, accertato giudizialmente con sentenza definitiva) dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall'INAIL per il conseguimento dei benefici pensionistici previsti dalla normativa vigente per gli stessi lavoratori (dal citato articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992);

l'articolo 1, commi 116 e 117, ha esteso la platea di lavoratori esposti all'amianto ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali ed assistenziali. Più specificamente, sono state estese (in via sperimentale per il triennio dal 2015 al 2017) le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo per le vittime dell'amianto (nel limite delle risorse disponibili nel Fondo stesso) ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare ai lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto, ovvero per comprovata esposizione ambientale. Inoltre, in deroga alla normativa previdenziale vigente, è stata applicata la maggiorazione contributiva (di cui al richiamato articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (nel corso del 2015 e senza la corresponsione di ratei arretrati), anche agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese (esercenti attività di scoibentazione e bonifica e con attività di lavoro cessata per chiusura, dismissione o fallimento e il cui sito sia interessato dal Piano di Bonifica da parte dell'Ente territoriale), che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto correlata (accertata e riconosciuta ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della legge numero 257 del 1992);

l'articolo 1, comma 115, ha individuato la data del 31 gennaio 2015 (termine successivamente prorogato 31 dicembre 2016 dalla legge di stabilità 2016) come termine ultimo per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla normativa vigente per l'esposizione all'amianto, da parte di soggetti (assicurati INPS e INAIL) collocati in mobilità dall'azienda per cessazione dell'attività lavorativa, che avevano presentato domanda dopo il 2 ottobre 2003 (data dell'entrata in vigore del decreto legge numero 269 del 2003), a condizione che abbiano ottenuto in via giudiziale definitiva l'accertamento dell'avvenuta esposizione all'amianto per un periodo superiore a 10 anni e in quantità maggiori dei limiti di legge. In sostanza, la disposizione è volta a consentire a tali soggetti di accedere ai benefici secondo il più vantaggioso regime previsto fino al 2 ottobre 2003 (ai sensi dell'articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992, in precedenza illustrato). In ogni caso, le conseguenti prestazioni non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015.

 

Successivamente in materia è intervenuta la legge di stabilità per il 2016 che ha prorogato per il triennio dal 2016 al 2018 l'applicazione della maggiorazione contributiva (di cui all'articolo 13, comma 2, della legge numero 257 del 1992) riconosciuta (ai sensi dell'articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese, che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto-correlata. Inoltre, è stata estesa la platea a cui si applicano le disposizioni richiamate, comprendendovi anche i lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell'INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, derogando alla norma (articolo 1, comma 115, della legge numero 190 dl 2014) che aveva fissato al 31 giugno 2015 il termine ultimo per la presentazione all'INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali. Contestualmente, è stato istituito un apposito Fondo, finalizzato all'accompagnamento alla quiescenza, entro il 2018, dei lavoratori (individuati dall'articolo 1, comma 117, della legge numero 190 del 2014), che non abbiano maturato i requisiti pensionistici ivi previsti. Inoltre, il beneficio previdenziale di cui dall'articolo 13, comma 8, della legge numero 257 del 1992 è stato esteso ai lavoratori del settore della produzione di materia rotabile ferroviario che hanno svolto operazioni di bonifica dall'amianto senza essere dotati degli adeguati equipaggiamenti di protezione. Infine, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell'amianto, in favore degli eredi dei soggetti deceduti in seguito a patologie asbesto correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali attuate per realizzare la cessazione dell'impiego dell'amianto (con conseguente applicazione della legge numero 257 del 1992), che concorre al pagamento di quanto spettante ai superstiti a titolo di risarcimento del danno (patrimoniale e non).

 

In materia è intervenuta anche la legge di bilancio per il 2017 che ha attribuito, a decorrere dal 2017, entro specifici limiti finanziari, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto, anche per i casi in cui manchi il presupposto dell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Per il relativo trattamento, il requisito contributivo - pari, secondo la disciplina generale in materia di pensione di inabilità, a 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la domanda - sussiste anche in presenza della sola condizione del versamento di 5 anni di contribuzione. Le patologie in esame sono le seguenti (purché riconosciute di origine professionale, ovvero quale causa di servizio): mesotelioma pleurico; mesotelioma pericardico; mesotelioma peritoneale; mesotelioma della tunica vaginale del testicolo; carcinoma polmonare; asbestosi. I benefìci in esame - che concernono i soggetti iscritti alle forme obbligatorie di base relative ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, e non sono cumulabili con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente - sono riconosciuti, a domanda (nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 30 milioni annui a decorrere dal 2018). Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie summenzionate, il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell'età anagrafica, dell'anzianità contributiva e, a parità dei precedenti criteri, della data di presentazione della domanda.

In attuazione delle disposizioni in oggetto è stato emanato il decreto ministeriale del 31 maggio 2017.

Per ulteriori chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 7 del 2018.

 

Infine, l'articolo 13-ter del decreto legge numero 91 del 2017 (cosiddetto decreto per il mezzogiorno) ha previsto benefici pensionistici o sussidi di accompagnamento alla quiescenza per lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata, provvedendo alla copertura finanziaria dei relativi oneri.

In particolare:

sono ampliati i termini temporali per l'applicazione di un requisito pensionistico più favorevole per alcuni lavoratori, affetti da patologia asbesto-correlata, estendendo l'applicazione del beneficio per il biennio dal 2019 al 2020 (consistente nel diritto al pensionamento sulla base del requisito di 35 anni di anzianità contributiva, requisito che si intende raggiunto - purché in possesso di almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva - anche con una maggiorazione, non superiore a 5 anni, della medesima anzianità, e dei requisiti inerenti sia alla somma di età anagrafica e anzianità contributiva sia all'età anagrafica minima, previgenti rispetto alla riforma Fornero del 2011 in materia pensionistica). Usufruiscono del beneficio i lavoratori affetti dalla richiamata patologia (accertata e riconosciuta) a causa dell'esposizione all'amianto, occupati nelle imprese che abbiano svolto attività di scoibentazione e bonifica, qualora essi abbiano cessato il rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell'impresa e a condizione che il sito dell'impresa sia interessato da piano di bonifica da parte dell'ente territoriale;

vengono ampliati i termini temporali (anche in questo caso per il biennio dal 2019 al 2020) di applicazione del sussidio di accompagnamento alla quiescenza, previsto, in via transitoria, per i lavoratori interessati dalle norme in precedenza richiamate e ai quali le stesse non siano applicabili per l'impossibilità di maturazione del requisito contributivo ivi stabilito.

 

Interventi effettuati nel corso della XVIII Legislatura

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 279, della legge numero 145 del ;2018) ha esteso ulteriormente la platea ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali in virtù dell'esposizione all'amianto (già ampliata, come detto, dalla richiamata legge di bilancio 2016), disponendo che nei lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell'INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, siano ricompresi  (sempre ai fini della fruizione dei benefici pensionistici), i lavoratori che, transitati nel pubblico impiego ovvero nella gestione ex-IPOST (gestione dei postelegrafonici, attualmente gestita all'interno dell'INPS) abbiano effettuato la ricongiunzione contributiva (ai sensi dell'articolo 2 della legge numero 29 del 1979) e risultino iscritti a forme previdenziali obbligatorie diverse dall'Assicurazione Generale Obbligatoria.

Per chiarimenti interpretativi sulla disposizione richiamata si veda la circolare INPS numero 34 del 2019.

Da ultimo, l'articolo 41-bis  del decreto legge numero 34 del 2019 ha esteso ad altre fattispecie l'ambito di applicazione della normativa che riconosce, in favore di lavoratori esposti all'amianto, il diritto alla pensione di inabilità a prescindere dalla condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.


 

Articolo 65
(Assegno di natalità- Bonus bebè)

 

 

L’articolo 65 rinnova per il 2021 l’assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) con le stesse modalità previste a normativa vigente.

L'onere per il riconoscimento del bonus bebè è valutato in 340 milioni di euro per il 2021 e in 400 milioni di euro per il 2022. A tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa a valere sul “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”.

 

Più in particolare, l’articolo in commento riconosce l’assegno per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 con le modalità previste dal comma 340 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), pertanto è corrisposto esclusivamente fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione.

Per le nascite, adozioni ed affidamenti preadottivi la prestazione è stata rimodulata dalla legge di bilancio 2020 con nuove soglie di ISEE e spetta, in applicazione del principio dell’accesso universale, nei limiti di un importo minimo, anche per ISEE superiori alla soglia di 40.000 euro o anche in assenza dell’indicatore ISEE. Più precisamente, l’importo dell’assegno annuo è così modulato:

a)   1.920 euro (160 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui;

b)  1.440 euro (120 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore alla soglia di 7.000 euro e non superiore a 40.000 euro;

c)   960 euro (80 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore a 40.000 euro;

d)  in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021, l'importo dell'assegno di cui alle lettere a), b) e c) è aumentato del 20 per cento.

 

Il Bonus bebè, istituito dalla legge di stabilità 2015 (commi 125-129 della legge 190/2014) per un periodo di tre anni a favore dei nati o dei minori adottati nel triennio 2015-2017, è stato in seguito riconosciuto soltanto per la durata di un anno anche per i nati o adottati nel 2018 (art. 1, commi 248-249 della legge 205/2017). Successivamente, è stato esteso (art. 23-quater, commi da 1 a 3 del decreto legge 119/2018) anche ai nati o adottati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, fino al compimento del primo anno di età o di ingresso nel nucleo familiare. L'assegno è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il decreto legge 119/2018 ha anche previsto una maggiorazione del 20 per cento dell'importo dell'assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relativamente ai figli successivi al primo.

Fino al 2019, l'importo del Bonus bebè, calcolato sull’ISEE, veniva erogato con i seguenti importi: con ISEE uguale o inferiore a 25.000 euro annui (soglia ISEE di accesso), ammontava a 80 euro al mese per un massimo di 12 mesi (960 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 1.152 euro annui); con un valore ISEE non superiore a 7.000 euro annui, ammontava a 160 euro al mese per un massimo di 12 mesi (1.920 euro annui, con la maggiorazione del 20 per cento, 2.304 euro annui). L'art. 1, comma 249, della legge n. 205/2017 ha introdotto obbligo di monitoraggio da parte dell'INPS mediante relazioni mensili al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dell'Economia e delle finanze e al Ministro per la Famiglia e le disabilità, al fine di segnalare rischi di scostamento dai limiti di spesa.

 

La norma in commento valuta l'onere per il riconoscimento del bonus bebè in 340 milioni di euro per l'anno 2021 e in 400 milioni di euro per l'anno 2022, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa a valere sul “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”di cui all'art. 1, comma 339 della legge n. 160 del 2019.

 

Il comma 339 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2020) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo denominato “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l’anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono state indirizzate all’attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Con le risorse del Fondo, si è provveduto al rinnovo del Bonus bebè e al finanziamento del Bonus asili nido per il 2020.

 

Si ricorda, che l’art. 2, comma 6, della legge in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia) incrementa il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia di 3.012,1 milioni di euro per l'anno 2021 e di 5.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2022.

Pertanto, la consistenza del Fondo nel 2021 è pari a 4.056,1 milioni di euro, a decorrere dal 2022 la consistenza a regime del Fondo è invece pari a 6.744 milioni di euro.

 

Ai sensi del comma 3, l'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, inviando relazioni mensili al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Nel caso in cui, in sede di attuazione del presente comma, si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di 340 milioni di euro per l'anno 2021 e di 400 milioni di euro per l'anno 2022, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri per le pari opportunità e la famiglia e del lavoro e delle politiche sociali, si provvede a rideterminare l'importo annuo dell'assegno e i valori dell'ISEE di riferimento.


 

Articolo 66
(Congedo obbligatorio di paternità)

 

 

L’articolo 66 proroga per il 2021 il congedo obbligatorio di paternità, confermandone la durata di sette giorni, come già disposto per il 2020 dalla normativa vigente. Ai relativi oneri, pari a 106,1 milioni di euro per il 2021, si provvede a valere sul Fondo assegno universale e servizi alla famiglia.

 

Più nel dettaglio, la disposizione in esame - modificando l’articolo 1, comma 354, della legge n. 232 del 2016 (legge di stabilità per il 2017) - proroga per il 2021 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente (di cui all’articolo 4, comma 24, lett. a), della L. n. 92/2012, come prorogato da successivi provvedimenti – vedi infra), confermandone la durata di sette giorni (come già previsto per il 2020) (comma 1, lett. a) e b))[103].

Inoltre, si dispone che anche per il 2021 il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima) (comma 1, lett. c)).

 

Alla copertura dei relativi oneri - valutati in 106,1 milioni di euro per il 2021 - si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, di cui all’art.1, c. 339, della L. 160/2019, come anche rifinanziato dall’articolo 2, comma 6, del presente disegno di legge (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

 

Il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotto in via sperimentale dall’art. 4, c. 24, lett. a), della L. n. 92/2012, è stato oggetto di successive proroghe, da ultima quella disposta per il 2020 dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 342, della L. n. 160/2019) che ne ha anche elevato la durata a sette giorni.

Si ricorda che il suddetto congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e che la durata dello stesso era pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016), a 4 giorni per il 2018 (elevabile a 5 in sostituzione della madre, in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante), a 5 giorni per il 2019 (elevabili a 6 in sostituzione della madre in relazione al medesimo periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante) e a 7 giorni per il 2020 (elevabili a 8 in sostituzione della madre in relazione al medesimo periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante)

 

Si fa presente, infine, che la recente direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE, stabilisce una disposizione minima europea che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi al livello del congedo per malattia.

La citata Direttiva, infatti, all’articolo 4, dispone che gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore.

La suddetta Direttiva – il cui termine di recepimento è fissato al 2 agosto 2022 – è contenuta nell’Allegato A del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, attualmente all’esame delle Camere.

 


 

Articolo 67
(Supporto all’Osservatorio nazionale sulla
condizione delle persone con disabilità)

 

 

L’articolo 67 proroga fino al 31 dicembre 2023 la Segreteria tecnica dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità. Gli oneri della proroga sono posti a valere sulle risorse disponibili del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Più nel dettaglio viene previsto (comma 1) che allo scopo di continuare ad assicurare il supporto tecnico necessario allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui all’articolo 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18[104] e all’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito dal D.p.c.m. del 21 ottobre 2019, viene prorogata fino al 31 dicembre 2023 la Segreteria tecnica già costituita presso la soppressa Struttura di missione per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui al DPCM 25 ottobre 2018.

 

Va ricordato che la citata segreteria tecnica era già stata prorogata fino al 31 dicembre 2020 ad opera dell’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 162/2019[105].

Con la costituzione dell’attuale Governo la delega in materia di disabilità non è più stata conferita al Ministro per la famiglia e, pertanto, il Presidente del Consiglio, con propri decreti (DPCM 4 ottobre 2019 e DPCM 21 ottobre 2019 di modifica dell’ordinamento delle strutture generali della Presidenza) ha prorogato fino al 31 dicembre 2019 la Struttura di missione e previsto dal 1° gennaio 2020 un apposito Ufficio autonomo della Presidenza del Consiglio che possa assicurare, in via permanente, le attività volte alla tutela e alla promozione dei diritti delle persone con disabilità.

 L’Ufficio, in particolare, cura gli adempimenti necessari per la realizzazione degli interventi connessi all’attuazione delle politiche volte a garantire la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità e a favorire la loro piena ed effettiva partecipazione ed inclusione sociale, nonché la loro autonomia, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; cura la gestione e il supporto amministrativo per il funzionamento e l’esercizio dei compiti dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità di cui al comma 5 dell’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18; svolge le attività istruttorie connesse all’adozione degli atti, anche normativi, di competenza in materia di disabilità; svolge l’attività istruttoria ai fini della promozione di intese in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dirette a sviluppare una governance coordinata tra i diversi livelli di governo delle prestazioni e dei servizi socio-sanitari ed educativi in favore delle persone con disabilità; cura l’attività di informazione e di comunicazione istituzionale nelle materie di propria competenza, ivi compresa la divulgazione delle azioni positive e delle migliori pratiche; assicura la rappresentanza del Governo negli organismi nazionali, europei e internazionali competenti negli ambiti sopra indicati.

L’organizzazione interna del citato ufficio è stata disciplinata dal D.S.G. del 4 marzo 2020 che, all’articolo 4, prevede che la segreteria tecnica operi alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento.

 

La legge 3 marzo 2009, n. 18, articolo 3, disponendo la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ha istituito, presso il Ministero del lavoro l’Osservatorio in parola, allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei principi sanciti dalla citata Convenzione. L’Osservatorio è presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con componenti nominati in numero non superiore a quaranta, nel rispetto del principio di pari opportunità. In base alla norma istitutiva, la Segreteria tecnica deve essere composta da non più di 10 esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del D.Lgs. n. 303/1999, per i cui compensi è stabilito un importo complessivo non superiore a 240.000 euro annui.

 

Viene poi previsto (comma 2) che agli oneri per i compensi degli esperti della segreteria tecnica di cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri si avvale ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303[106], in numero non superiore a dieci, per un importo per ciascun anno, pari a 700.000 euro omnicomprensivi, si provvede a valere sulle risorse disponibili del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Più specificamente la RT precisa che le spese da sostenere per i suddetti compensi troveranno la loro copertura finanziaria tramite le risorse allocate sull'apposito capitolo di spesa “839-Spesa per gli esperti della Segreteria tecnica di supporto all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità” iscritto nel CRI "Segretariato generale".

Il citato comma 2 dell’articolo 9 prevede che la Presidenza si avvalga per le prestazioni di lavoro di livello non dirigenziale: di personale di ruolo, entro i limiti di cui all'articolo 11, comma 4; di personale di prestito, proveniente da altre amministrazioni pubbliche, ordini, organi, enti o istituzioni, in posizione di comando, fuori ruolo, o altre corrispondenti posizioni disciplinate dai rispettivi ordinamenti; di personale proveniente dal settore privato, utilizzabile con contratti a tempo determinato per le esigenze delle strutture e delle funzioni individuate come di diretta collaborazione; di consulenti o esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, nominati per speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente.


 

Articolo 68
(Reddito di cittadinanza)

 

 

L'articolo 68 incrementa, per gli anni dal 2021 fino al 2028 ed a decorrere dal 2029, l’autorizzazione di spesa per il finanziamento della misura di sostegno al reddito denominata “Reddito di cittadinanza”.

 

Nel dettaglio, la disposizione incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12 del dl 4/2019, recante disposizioni finanziarie per l’attuazione del programma del reddito di cittadinanza (si veda, al riguardo, la successiva scheda di lettura), di un importo pari a 196,3 milioni di euro per l'anno 2021, 473,7 milioni di euro per l’anno 2022, 474,1 milioni di euro per l’anno 2023, 474,6 milioni di euro per l’anno 2024, 475,5 milioni di euro per l’anno 2025, 476,2 milioni di euro per l’anno 2026, 476,7 milioni di euro per l’anno 2027, 477,5 milioni di euro per l’anno 2028 e 477,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2029.

 

La disposizione dell’art. 12 del dl 4/2019, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza (di cui agli articoli 1, 2 e 3 e 8 del medesimo dl), nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione, autorizzava limiti di spesa nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Fondo per il reddito di cittadinanza». Tale dotazione è stata ridetreminata, da ultimo, dall’articolo 41-bis del dl 34/2019 nella misura di 7,7 milioni di euro per il 2019 e di 1,1 milioni per il 2020 a copertura delle misure che estendono l'ambito di applicazione della normativa che riconosce, in favore di lavoratori esposti all'amianto, il diritto alla pensione di inabilità a prescindere dalla condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

 

L’onere recato dalla disposizione, come sopra quantificato, è coperto mediante soppressione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 30 dicembre 2018, n. 145.

 

Tale ultima disposizione istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza», con una dotazione pari a 7.100 milioni di euro per l'anno 2019, a 8.055 milioni di euro per l'anno 2020 e a 8.317 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. In seguito, tale dotazione è stata più volte rideterminata nel corso del tempo.

 

    Il Reddito di cittadinanza, introdotto dal D.L. 4/2019 e definito come strumento di politica attiva del lavoro, assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita). Si prevede la possibilità che la pensione di cittadinanza possa essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.

Il Rdc assorbe la misura finora vigente del Reddito di inclusione, che non potrà più essere richiesto dal 1° marzo 2019 e a decorrere dal successivo mese di aprile non è più riconosciuto, né rinnovato. Se riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019, il beneficio continua ad essere erogato per la durata prevista e secondo le modalità disciplinate dalla disposizioni istitutive (più specificamente, ai sensi dell'art. 9, D.Lgs. 147/2017), salva la possibilità di far domanda per il Reddito di cittadinanza e fermo restando la incompatibilità di contemporanea fruizione del Reddito di cittadinanza e del Reddito di inclusione nell'ambito dello stesso nucleo familiare.

Per avere diritto al Rdc è necessario il possesso congiunto di determinati requisiti di residenza, reddituali e patrimoniali (tra gli altri, essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa ed un ISEE inferiore a 9.360 euro annui), riferiti al nucleo familiare. Il richiedenete il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o aver riportato condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

In relazione alla definizione di nucleo familiare, si specifica che il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare ricorrendo determinate condizioni (minore di 26 anni, a loro carico, non è coniugato e non ha figli) e che i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, l'eventuale cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale

E' stata inoltre introdotta la previsione secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (fatte salve determinate eccezioni) debbano produrre una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare che deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana.

 

Importo

Il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito da un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro (moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, secondo una determinata scala di equivalenza), a cui si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui.

Nel caso della Pensione di cittadinanza la suddetta soglia base è pari, anziché a 6.000 euro, a 7.560 euro, mentre la misura massima dell'integrazione per il contratto di locazione è pari a 1.800 euro.

Qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato contratto un mutuo da parte di membri del medesimo nucleo, l'integrazione suddetta (del Reddito o della Pensione di cittadinanza) è concessa nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui

Il beneficio economico del Rdc, esente dal pagamento dell'IRPEF, non può essere superiore ad una soglia di 9.360 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e ridotta per il valore del reddito familiare. In ogni caso il valore minimo del beneficio non può essere inferiore a 480 euro annui.

 

Durata ed esclusioni

Il RdC può essere goduto per un periodo di diciotto mesi, rinnovabile a condizione che lo stesso venga sospeso per un mese. La sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza.

E' escluso dal diritto al reddito di cittadinanza il soggetto (e non l'intero nucleo familiare) disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa, riducendo altresì nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza.

Si dispone, altresì, l'esclusione dal beneficio del Rdc per i soggetti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati in via definitiva, nei 10 anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

Si prevede, inoltre, la sospensione dell'erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale.

Carta Rdc

  Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc che permette di soddisfare le esigenze previste per la carta acquisti, nonché di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per un individuo singolo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza determinato in base alla composizione del nucleo familiare, di cui all'art. 2, c. 5), nonché di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell'intermediario che ha concesso il mutuo nel caso delle integrazioni previste dal presente provvedimento per i nuclei familiari residenti in abitazione in locazione o in proprietà.

Sul punto, il Decreto interministeriale del 19 aprile 2019 , pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2019, definisce gli utilizzi della suddetta Carta.

Obblighi

L'erogazione del Reddito di cittadinanza è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale (nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali).

Taluni soggetti sono esclusi dai suddetti obblighi, come, tra gli altri, i componenti con disabilità che possono manifestare la loro disponibilità al lavoro ed essere destinatari di offerte di lavoro secondo le modalità stabilite in materia di collocamento obbligatorio. Sul punto, si fa salva la possibilità per il componente con disabilità di richiedere la volontaria adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che deve tenere conto delle condizioni specifiche dell'interessato.

Tra gli obblighi in capo al beneficiario vi è quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate). Ai fini della valutazione della congruità della distanza, rileva anche la circostanza che nel nucleo familiare siano presenti componenti con disabilità oppure figli minori. E' stato inoltre specificato che la congruità dipende anche dall'importo della retribuzione, che deve essere superiore al 10 per cento della misura massima del beneficio fruibile dal beneficiario del Rdc:

Vengono inoltre autorizzate delle spese in favore di ANPAL Servizi SpA anche al fine di selezionare figure professionali con il compito di seguire personalmente il beneficiario del Rdc nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale.

Sanzioni

Vengono previste una serie di sanzioni, graduate in base alla natura della violazione degli obblighi inerenti al riconoscimento e al godimento del RdC, prevedendo, nei casi più gravi, la pena della reclusione fino a sei anni.

Sono altresì contemplati casi che comportano la decadenza o la revoca del beneficio.

 

Incentivi occupazione

Sono previsti incentivi (consistenti nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore fino ad un massimo di 780 euro mensili) a favore dei datori di lavoro privati e degli enti di formazione accreditati per le assunzioni, a tempo pieno e indeterminato, di soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza, nonché in favore dei beneficiari del Rdc che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 36 mesi di fruizione del RdC.

Sono esclusi dai suddetti incentivi i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione relativi alle categorie protette.

 

Compatibilità

Ricorrendo determinate condizioni, il RdC è compatibile con altri aiuti già percepiti dal nucleo familiare, come la NASpI e della DIS-COLL. In linea generale, infatti, comportano un taglio dell'importo del RdC tutti i benefici già percepiti che richiedono la prova dei mezzi (il calcolo dell'ISEE o la valutazione del reddito) e che quindi aumentano il reddito disponibile del nucleo familiare. Per espressa previsione normativa, il cd bonus bebè rimane escluso dalle prestazioni che comportano la suddetta riduzione.

Rafforzamento politiche attive del lavoro e reinserimento occupazionale

Al fine di favorire il reinserimento occupazionale del beneficiario di Rdc, si prevede l'adozione di un Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, triennale e aggiornabile annualmente, di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro che individua specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del RdC.

Tale Piano è stato adottato con DM 28 giugno 2019, a seguito dell'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni

Parte delle risorse del Piano sono utilizzate da ANPAL Servizi S.p.A per consentire la stipulazione, previa procedura selettiva pubblica, di contratti con le professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del RdC, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, per la selezione, la formazione e l'equipaggiamento, nonché per la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome.

Prima delle modifiche apportate dal D.L. 101/2019, era stato sanziato un milione di euro annui dal 2019 in favore della stessa ANPAL Servizi S.p.A. per la stabilizzazione del personale a tempo determinato. Il richiamato D.L. 101/2019 conferma la misura dello stanziamento, ma destinandolo solo ad ulteriori spese di personale della società in oggetto.  

Col medesimo obiettivo di rafforzare le politiche attive del lavoro, le regioni, le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, le province e le città metropolitane (se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale), sono autorizzate ad assumere personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica, fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021, fermo restando quanto previsto legge di bilancio 2019 (che ha autorizzato le regioni ad assumere fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego).

Il suddetto Piano, tra l'altro:

§  definisce il ruolo delle figure che dovranno affiancare i beneficiari del Rdc nel reinserimento lavorativo (cd navigator), che dovranno supportare gli operatori dei Cpi svolgendo, una funzione di assistenza tecnica. In tal senso è previsto un accordo con la singola Regione che intende avvalersene in sede di convenzione bilaterale con la definizione delle azioni che si intendono realizzare e degli specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni;

§  sblocca le assunzioni, gestite dalle Regioni, per potenziare gli organici dei Cpi: 4.000 previste dalla legge di Bilancio 2019, fino a 3.000 dal 2020 e ulteriori 4.600 unità di personale dal 2021 (quest'ultima quota include la stabilizzazione delle 1.600 unità di personale reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato). A tale contingente di personale, par a 11.600 unità, vanno aggiunte le 1.600 oggetto dell'intesa del 2017 in Conferenza Unificata. Il predetto limite di 11.600 unità viene incrementato dal DM 22 maggio 2020, che apporta modifiche al suddetto Piano di potenziamento, disponendo l'assunzione fino a 5.600 unità nel 2019 e fino a 8.600 unità nel 2020;

§  opera un rinvio ad apposite linee guida, da concordare tra Governo e autonomie territoriali, per quanto riguarda la convocazione dei percettori del Rdc presso i Cpi.

Al fine di consentire l'attuazione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 479-481) dispone lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 suddivisi nel modo seguente:

35 milioni di euro per consentire la presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di cittadinanza, anche attraverso i centri di assistenza fiscale (CAF) in convenzione con l'INPS, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione delle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU) ai fini della determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), affidate ai medesimi CAF;

incremento di 5 milioni di euro del Fondo per gli istituiti di patronato.

 

Dati statistici

In base all'ultima appendice statistica pubblicata dall'Osservatorio sul Rdc dell'INPS e relativa al periodo aprile 2019-settembre 2020, "a fronte di 1,3milioni di nuclei percettori sono state coinvolte 3,1 milioni di persone, di cui 2milioni nelle regioni del Sud e nelle Isole, 650mila nelle regioni del Nord e 433mila in quelle del Centro".


 

Articolo 69, comma 1
(Autorizzazione di spesa per la copertura degli effetti finanziari della sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 2020)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 69 reca un’autorizzazione di spesa pari a 157,7 milioni di euro per il 2022 e a 163,4 milioni per il 2023 ai fini della copertura degli effetti finanziari derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 234 del 22 ottobre-9 novembre 2020. Tale sentenza ha ridotto da 5 anni a 3 anni la durata del periodo di applicazione delle misure di cui all’articolo 1, commi da 261 a 268, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, concernenti una riduzione dell’importo dei trattamenti pensionistici eccedenti una determinata soglia, pari originariamente a 100.000 euro lordi annui, mediante specifiche aliquote, crescenti per specifiche fasce di importo[107].

 

Si ricorda che l’applicazione delle suddette misure decorre dal 1° gennaio 2019 e cessa, in base alla citata sentenza, il 31 dicembre 2021 (anziché il 31 dicembre 2023); i risparmi derivanti dalle medesime misure confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati.

La previsione di un periodo di applicazione quinquennale - anziché triennale - è stato dichiarato illegittimo dalla suddetta sentenza, con riferimento agli artt. 3, 23, 36 e 38 della Costituzione, relativamente alle esigenze di ragionevolezza delle prestazioni patrimoniali imposte, in particolare nell’ambito della previdenza dei lavoratori.

 

Si ricorda che le misure di riduzione in esame si applicano ai trattamenti pensionistici a carico delle gestioni previdenziali obbligatorie relative ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, delle gestioni speciali INPS relative ai lavoratori autonomi e della cosiddetta Gestione separata INPS[108].

Le misure di riduzione non si applicano ai trattamenti liquidati esclusivamente secondo il sistema di calcolo contributivo nonché ai trattamenti individuati dal comma 268 citato.


 

Articolo 69, commi 2 e 3
(Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti
o razziali e dei loro familiari superstiti)

 

 

All’articolo 69, commi 2 e 3 sono dettate novelle alla legge n. 96 del 1955 circa provvidenza a favore dei perseguitati politici antifascisti e dei perseguitati per motivi razziali.

 

Il comma 2 detta novelle alla legge n. 96 del 1955, recante "Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti".

In particolare, incide sull'articolo 1 di quella legge.

Quest'ultimo ha previsto l'attribuzione di un assegno vitalizio di benemerenza a carico del bilancio dello Stato, ai cittadini italiani perseguitati a seguito dell'attività politica contro il fascismo da loro svolta anteriormente all'8 settembre 1943, i quali abbiano subito una perdita di capacità lavorativa almeno del 30 per cento.

Ed ha tipizzato, per tale fattispecie, le cause di perdita di capacità lavorativa, cui consegua la concessione del beneficio[109].

Così come ha disposto l'attribuzione di un assegno di pari misura, per le medesime cause, se la persecuzione sia stata dettata da motivi di ordine razziale, dopo il 7 luglio 1938.

Ebbene, su tale impianto normativo il comma in esame incide per alcuni riguardi.

Agisce sul termine (riferito alla persecuzione politica fascista) dell'8 settembre 1943, sostituendo ad esso quello del 25 aprile 1945 (anniversario della liberazione, prevede la legge sulle ricorrenze festive n. 260 del 1949).

Inoltre modifica - in senso estensivo del beneficio - previsioni relative alle cause della perdita di capacità lavorativa.

La legge del 1955 vi annovera (all'art. 1, co. 2, lettera b)) l'assegnazione a confino di polizia o a casa di lavoro, inflitta in dipendenza dell'attività politica antifascista, ovvero la carcerazione preventiva congiunta a fermi di polizia, causati dalla stessa attività politica, "quando per il loro reiterarsi abbiano assunto carattere persecutorio continuato".

La novella sopprime quel riferimento alla reiterazione ed alla connotazione quale persecuzione continuata (ossia le parole riportate in corsivo).

Ancora, la legge annovera (all'art. 1, co. 2, lettera d)) condanne inflitte da tribunali ordinari per fatti connessi a scontri avvenuti in occasione di manifestazioni dichiaratamente antifasciste, che abbiano comportato un periodo di reclusione non inferiore ad un anno.

La novella sopprime la condizione della condanna al periodo di reclusione di almeno un anno (parole in corsivo).

Inoltre la legge del 1955 riconosce la provvidenza ai cittadini italiani i quali abbiano subìto persecuzioni per motivi d'ordine razziale, qualora la persecuzione si sia configurata con le medesime modalità sopra ricordate per la persecuzione politica (dunque una determinata perdita di capacità lavorativa conseguente a determinata tipologia di fatti persecutori).

La novella fa venir meno questo 'parallelismo' in ordine alle due diverse fattispecie persecutorie, politica e razziale. Le condizioni sopra ricordate (nonché le altre cause di perdita della capacità lavorativa, enumerate dalla legge e qui non modificate) sono mantenute (con le modificazioni sopra dette) per la persecuzione politica, vengono meno per la persecuzione razziale.

Tale l'effetto della novella, soppressiva delle parole riportate in corsivo entro il seguente periodo (art. 1, comma 3 della legge n. 96): "un assegno nella stessa misura sarà attribuito, nelle identiche ipotesi, ai cittadini italiani che dopo il 7 luglio 1938, abbiano subìto persecuzioni per motivi d'ordine razziale".

Connessa a tale modificazione, infine, è altra novella, introduttiva di un terzo comma entro questo articolo 1 della legge n. 96 del 1955.

Essa prevede che nel caso di persecuzioni per motivi di ordine razziale, gli atti di violenza o sevizie subiti in Italia o all'estero, si presumono, salvo prova contraria.

 

L'insieme di tali modifiche relative al comma 2 dell'articolo 1 della legge del 1955, è previsto - dal comma 3 del presente articolo del disegno di legge - decorrere dall'entrata in vigore della presente legge di bilancio.

Non vi è titolo alla corresponsione di arretrati riferiti ad annualità precedenti.

 

La legge n. 96 del 1955, approvata nel corso della II legislatura, discese dal disegno di legge A.S. n. 101, sottoscritto dai senatori Terracini, Amadeo, Benedetti, Carmagnola, L.C. Caron, Cerabona, Grammatico, Jannuzzi, A. Merlin, Nacucchi, Nasi, Pannullo, Perrier, Smith, Spallicci, Zanotti Bianco. Riproduceva, salvo lievi mutamenti formali, il testo di un disegno di legge presentato nella precedente legislatura (la cui cessazione ne aveva interrotto l'iter).

Il riferimento alla data del 7 luglio 1938 (di una settimana successiva, il 14 luglio 1938, fu la pubblicazione su "Il Giornale d'Italia" del cd. Manifesto della razza, preannunzio della legislazione razziale fascista) conseguiva all'approvazione in Assemblea del Senato, nella seduta del 20 dicembre 1954, di un ordine del giorno presentato da Umberto Merlin, De Bosio, Sartori, a seguito del quale il disegno di legge tornò in Commissione per una conseguente riformulazione, infine approvata dall'Assemblea il 21 dicembre 1954, e di lì trasmessa alla Camera dei deputati.

 

Le disposizioni della legge n. 96 del 1955 - la quale equipara persecuzione politica e persecuzione razziale quanto a tipizzazione degli atti persecutori, pur nella diversità di situazioni lesive (posto che "la legislazione antiebraica individua una comunità di minoranza, che colpisce con la 'persecuzione dei diritti', sulla quale si innesterà, poi la 'persecuzione delle vite'": così la sentenza n. 268 del 1998 della Corte costituzionale)[110] - hanno registrato talune incertezze in sede di applicazione (tanto che si sono succedute apposite Commissioni di studio, istituite nel 2002 e nel 2019 presso la Presidenza del Consiglio, per approfondire la materia).

Diversità di orientamenti interpretativi tra il vaglio amministrativo delle richieste di beneficio ed il successivo giudizio contabile (nonché all'interno della stessa giurisprudenza contabile) sono emerse specie riguardo agli atti di persecuzione razziale, che il mero dettato della legge del 1955 pare configurare in modo più circoscritto rispetto alla persecutorietà ed efferata violenza morale pur insita in alcuni provvedimenti (si pensi, ad esempio, all'esclusione dalla scuola frequentata). Altro profilo dibattuto è se l'istante debba provare o meno l'atto di violenza subìto con l'applicazione ai suoi danni delle normative razziali.

Le disposizioni del disegno di legge sopra commentate (sulla falsariga di proposte elaborate dalla Commissione di studio ultima ricordata) mirano a por fine a tale diversità di orientamenti applicativi.

La relazione tecnica allegata al disegno di legge stima la possibile estensione della platea dei beneficiari diretti della provvidenza in duecento persone - cui si aggiungono orfani e vedove a particolari condizioni (tenuto conto dei parametri definiti dagli articoli 45 e 70 del d.P.R. n. 915 del 1978, il quale reca il Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra).

Essa quantifica l'onere di spesa conseguente alle disposizioni in complessivi 2,5 milioni di euro annui, dal 2021 (al 2025; negli anni successivi, è previsto un progressivo decremento).


 

Articolo 70
(Rifinanziamento del Fondo indigenti)

 

 

L’articolo 70 è volto ad incrementare di 40 milioni di euro, per l’anno 2021, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti.

 

Tale finanziamento - come si legge nella Relazione illustrativa - è disposto al fine di consentire il consolidamento delle misure di tutela adottate a favore delle persone più bisognose, mediante la distribuzione di derrate alimentari, e, al tempo stesso, per scongiurare il pericolo di spreco alimentare.

 

In proposito, si ricorda, che il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo nazionale indigenti), istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, è stato previsto dal comma 1 dell'art. 58, del decreto legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012). Le sue risorse sono allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Il Fondo Nazionale Indigenti è stato finanziato dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 131, legge 190/2014) con 12 milioni di euro per il predetto anno, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi in favore della famiglia (articolo 1, comma 131, legge 190/2014) e dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 399 , legge 208/2015) con 2 milioni di euro per il 2016 e 5 milioni di euro a decorrere dal 2017.

La legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 59-64, legge 232/2016) ha previsto incentivi per l'acquisto di beni mobili strumentali da parte degli enti pubblici e privati senza scopo di lucro, comprese le ONLUS, per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari agli indigenti a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 20192020 e 2021 lo stanziamento del Fondo nazionale indigenti, il quale già presentava risorse - nel relativo capitolo 1526 del MIPAAFT - per 5 milioni di euro annui (art. 1, comma 668).

L'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha ulteriormente incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati quindi stanziati 14 milioni di euro per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora, con stagionatura minima di 5 mesi e massima 10 mesi, con contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento, con umidità superiore al 30 per cento e con cloruro di sodio inferiore al 5 per cento.

Inoltre, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (art. 1, comma 511), dopo che il disegno di legge iniziale aveva previsto un definanziamento - per il medesimo triennio - di 100 mila euro annui.

E' stato quindi emanato il decreto ministeriale 17 marzo 2020, che ha adottato il "Programma nazionale 2020 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti", destinando 6 milioni di euro all'acquisto di latte crudo da destinare alla trasformazione in latte UHT.

Successivamente, il decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha incrementato di ulteriori 50 milioni di euro per il 2020 il suddetto Fondo, al fine di assicurare la distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19 (art. 78, comma 3). In attuazione di tale ultima disposizione, è stato emanato il decreto ministeriale 8 aprile 2020, recante "Integrazione al decreto di ripartizione del «Fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti» per l'anno 2020". Il predetto decreto ha destinato: 14,5 milioni di euro per l'acquisto di formaggi DOP; 4 milioni di euro per conserve di verdure appertizzate ottenute da prodotto fresco; 2 milioni di euro per zuppe di legumi da verdura fresca; 2 milioni di euro per minestrone da verdura fresca; 2,5 milioni di euro per succhi di frutta; 2 milioni di euro per omogeneizzato d'agnello; 9 milioni di euro per prosciutto DOP; 4 milioni di euro per salumi IGP e/o DOP e 10 milioni di euro per carne bovina in scatola.

Da ultimo, l'art. 226 del  decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto Rilancio (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020) ha incrementato di 250 milioni di euro le risorse destinate alla distribuzione di derrate di alimentari agli indigenti. Nello specifico, il comma 1 – così come risultante da un avviso di rettifica del testo del predetto decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 20 maggio 2020 – prevede che, a valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, (art. 5) sia destinato l'importo di 250 milioni di euro, ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19, e con le procedure previste dal Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012, cui concorre il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) 2014/2020, istituito dal  regolamento (UE) n. 223/2014. Il comma 2 prevede che alle erogazioni delle risorse di cui sopra provveda l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). E' stato quindi adottato il decreto ministeriale 6 ottobre 2020, che reca un'ulteriore integrazione al programma annuale 2020, ripartendo - tra diversi prodotti - le restanti risorse del Fondo per tale anno, pari a 250,9 milioni di euro. 


 

Articolo 71
(Indennizzo per cessazione attività commerciale)

 

 

L’articolo 71 dispone che, dal 1° gennaio 2022, l’aliquota contributiva aggiuntiva prevista a carico degli iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali presso l’INPS al fine di far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, è dovuta nella misura dello 0,48 per cento, in luogo dello 0,09 per cento attuale.

 

Nel dettaglio, la suddetta contribuzione (di cui all’art. 5, c. 2, del D.Lgs. 207/1996 – vedi infra) è destinata:

§  per la quota dello 0,46 per cento, al finanziamento del Fondo per la razionalizzazione della rete commerciale istituito per far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale;

§  per la quota dello 0,02 per cento, alla Gestione degli esercenti attività commerciali.

 

La disposizione in commento fa salvo il meccanismo di adeguamento introdotto dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 284, L. 145/2018) in base al quale, se dal monitoraggio degli oneri per le prestazioni dovute agli iscritti alla suddetta Gestione e delle entrate contributive derivanti dalla richiamata aliquota emerga, anche in via prospettica, il mancato conseguimento dell’equilibrio tra contributi e prestazioni, si procede all’adeguamento della medesima aliquota con specifico decreto interministeriale, in mancanza del quale l’INPS non riconosce ulteriori prestazioni.

Per effetto della mancata osservazione del suddetto meccanismo di adeguamento non si è proceduto all’aggiornamento dell’aliquota contributiva in questione per il 2021, malgrado, come evidenziato nella Relazione illustrativa al provvedimento, l’analisi della situazione economico-patrimoniale del Fondo di Razionalizzazione della Rete Commerciale abbia evidenziato, nel decennio di proiezione 2020-2029, una situazione di squilibrio tra entrate per contributi e uscite per prestazioni.

Conseguentemente, a causa del mancato adeguamento contributivo per il 2021, la norma in esame consente il riconoscimento delle relative prestazioni mediante trasferimento a carico del bilancio dello Stato, di 167,1 milioni di euro per la medesima annualità al suddetto Fondo.

 

Si ricorda che l’articolo 5 del d.lgs. 207/1996 ha disposto il versamento obbligatorio dell’aliquota contributiva aggiuntiva dello 0,09% (prevista a carico degli iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali presso l’INPS) al fine di far fronte agli oneri derivanti dall’introduzione del richiamato indennizzo, inizialmente per il triennio 1996-1998. Il termine è stato prorogato più volte, da ultimo l’articolo 1, comma 409, lettera b), della L. 147/2013, ne ha disposto il nuovo termine al 31 dicembre 2018.

 

Per quanto concerne l’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale, questo è stato istituito dal richiamato D.Lgs. 207/1996. La misura è stata più volte temporalmente estesa: tra i recenti interventi, l’articolo 19-ter del D.L. n. 185/2009, che ha concesso il beneficio ai soggetti in possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 207/1996 nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2009 e il 31 dicembre 2016, e l’art. 11-ter del D.L. 101/2019 che lo ha esteso anche ai soggetti in possesso dei suddetti requisiti nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2018

La legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), ha poi reintrodotto l'indennizzo, facendolo divenire strutturale a decorrere dall’anno 2019, in favore dei soggetti che, alla data di presentazione della domanda, abbiano più di 62 anni (se uomini) o più di 57 anni (se donne), e siano stati iscritti, al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l'INPS

 


 

TITOLO VII – SANITÀ

Articolo 72
(
Fabbisogno sanitario standard anno 2021)

 

 

L'articolo 72 stabilisce che per l’anno 2021, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia pari a 121.370,1 milioni di euro, anche per consentire l’attuazione di quanto previsto dagli articoli da 73 a 76, in materia, rispettivamente, di indennità di esclusività della dirigenza medica, indennità di specificità infermieristica, tamponi antigenici rapidi eseguiti da medici di base e pediatri, nuovi contratti per medici specializzandi, e al netto dell’importo trasferito al Ministero della salute di cui all’articolo 82, in tema di finanziamento della Croce rossa italiana. Si prevede inoltre, anche per gli anni successivi al 2020, un incremento di detto livello di finanziamento pari a 822,870 milioni di euro per il 2022, 527,070 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 e 417,870 milioni a decorrere dal 2026, anche tenendo conto della razionalizzazione della spesa a decorrere dall’anno 2023.

 

Il comma 1 stabilisce che per l’anno 2021, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia pari a 121.370,1 milioni di euro,  anche per l’attuazione di quanto previsto dagli articoli da 73 a 76, per specifiche norme riguardanti, rispettivamente, le indennità di esclusività per la dirigenza medica (art. 73) e per la specificità infermieristica (art. 74), il finanziamento anche per il 2021 dei test antigenici rapidi presso il MMG e PLS per decongestionare i canali per la diagnosi della positività al virus Sars-CoV-2 (art. 75) e l’ulteriore aumento del numero dei contratti per i medici specializzandi (art. 76) - per il cui esame si rinvia alle corrispondenti schede di lettura del presente dossier -, al netto dell’importo di cui all’articolo 82, trasferito al Ministero della salute in tema di finanziamento della Croce rossa italiana.

L’incremento del fabbisogno[111] è volto, nel suo complessivo ammontare, a dare copertura anche alle citate norme.

 

Al riguardo, si fa presente che l’articolo 82, comma 1, del presente ddl di bilancio, che dispone circa il finanziamento della Croce rossa italiana (CRI), aggiungendo l’articolo 8-bis al D.Lgs. n. 178/2012 in materia di riorganizzazione della CRI, a decorrere dal 2021 trasferisce al Ministero della salute le competenze della stessa Croce rossa in materia di assegnazione di propri finanziamenti agli enti interessati e pertanto istituisce, a decorrere dal 2021, presso il medesimo Ministero, un apposito fondo per il finanziamento annuo di tali enti, con uno stanziamento pari a 117. 130.194 euro, coperto a valere su una corrispondente riduzione del livello del finanziamento corrente standard del SSN cui concorre lo Stato per il 2021.

 

Inoltre, il comma 2 prevede, quale concorso per il finanziamento di quanto previsto dai citati articoli da 73 a 76, anche per gli anni successivi al 2020, un incremento di detto livello di finanziamento pari a 822,870 milioni di euro per il 2022, 527,070 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 e 417,870 milioni a decorrere dal 2026, anche tenendo conto della razionalizzazione della spesa a decorrere dall’anno 2023, in quanto, come chiarito dalla RT sono in atto alcuni processi connessi alla riorganizzazione dei servizi sanitari anche attraverso il potenziamento dei processi di digitalizzazione, che determinerebbero una minore spesa di 300 milioni di euro annui, con conseguente riduzione del livello del finanziamento.

In proposito si valuti l’opportunità di chiarire all’interno di quest’ultima disposizione un riferimento normativo più puntuale relativo ai processi di razionalizzazione genericamente indicati dalla stessa.

 

La relazione tecnica all’articolo chiarisce che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario standard per l’anno 2021 è attualmente pari a 119.477,2 milioni di euro. Il livello del 2020 è quantificato per un importo pari a 120.517 milioni di euro, date le risorse straordinarie che sono state stanziate a seguito dell’emergenza sanitaria, e pertanto nel 2021 esso risulterebbe inferiore di circa un miliardo di euro. L’incremento disposto dall’articolo, pertanto, provvede ad incrementare tale livello per i seguenti importi per gli anni successivi al 2020, pur dovendosi precisare che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario standard è normativamente stabilito solo fino all’anno 2021:

a)   500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 per la copertura degli oneri conseguenti all’incremento dell’indennità di esclusività della dirigenza medica (articolo 73);

b)   335 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 per la copertura degli oneri conseguenti all’istituzione dell’indennità di specificità infermieristica (articolo 74);

c)   70 milioni di euro per l’anno 2021 per la copertura della nuova spesa, anche per tale anno, relativa all’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei MMG e PLS (articolo 75);

d)   105 milioni di euro per gli anni 2021 e 2022 e 109,2 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025 per il finanziamento dei contratti di formazione specialistica (articolo 76);

e)   ulteriori 1.000 milioni di euro per l’anno 2021 per l’adeguamento del livello del finanziamento al valore dell’anno 2020, in conseguenza del protrarsi dell’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus SARS-COV-2.

Viene peraltro chiarito che la rideterminazione del livello del finanziamento di cui al comma 1, tiene anche conto del trasferimento al Ministero della salute delle risorse per il finanziamento della Croce Rossa italiana, previsto dall’articolo 82 (v. scheda nel presente dossier).

Di seguito la tabella che riassume gli effetti finanziari netti previsti dal presente articolo:

 

Il livello di finanziamento del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è fissato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).

Tale livello è stato determinato, antecedentemente all'emergenza epidemiologica da Sars-COV2 di inizio 2020, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021, con accesso da parte delle Regioni agli incrementi del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario, rispettivamente di 2.000 e 3.500 milioni di euro, solo dopo la sottoscrizione dell'Intesa in Conferenza Stato-Regioni del Patto per la salute 2019-2021 volto a prevedere, per gli anni 2020 e 2021, misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati, oltre che di efficientamento dei costi, tra cui, segnatamente, interventi infrastrutturali e di ammodernamento tecnologico e di riduzione delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie.

Per l'anno 2019, il riparto delle e quote di fabbisogno sanitario indistinto tra regioni e province autonome è stata approvato in Conferenza Stato-regioni in data 6 giugno 2019 (Rep. Atti n. 88/CSR) Il decreto di riparto (Delibera CIPE n. 82 del 20 dicembre 2019  , consulta anche il comunicato pubblicato il 17 aprile 2020) pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 marzo 2020. E' seguita poi la pubblicazione delle delibere sul riparto tra le regioni delle risorse vincolate alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale (Del. n. 83/2019), degli importi per il finanziamento borse di studio in medicina generale (Del. n. 84/2019), delle risorse destinate al finanziamento della sanità penitenziaria (Del. n. 85/2019) e della quota destinata al finanziamento di parte corrente degli oneri relativi al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) (Del. n. 86/2019).

 

In relazione al riparto per il 2020, in seguito all'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19, il CIPE ha definito con delibere del 14 maggio 2020, rispettivamente, il riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale ed il riparto tra le regioni delle risorse vincolate alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale e alla remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali delle farmacie (in 9 regioni in fase sperimentale), come segue:

- la Delibera n. 20 del 2020, preso atto dell'importo relativo al livello del finanziamento del SSN ordinario per l'anno 2020 incrementato a 117.407,2 milioni di euro, definisce l'articolazione delle singole componenti del riparto, considerata la contingenza che si è determinata con lo stato di emergenza per il rischio sanitario COVID-19 dichiarato dal Consiglio dei ministri con delibera del 31 gennaio 2020;

§  la Delibera n. 21 del 2020 definisce le risorse vincolate alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2020 di cui alla precedente Del. n. 20/2020 per un ammontare pari a 1.500 milioni;

§  la Delibera n. 22 del 2020 completa il riparto per l'anno 2020 (18 milioni) del finanziamento per la sperimentazione in 9 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia) dei nuovi servizi erogati dalle farmacie, il cui accantonamento è stato disposto dalla sopra richiamata Delibera n. 21/2020. La somma complessiva a carico del Servizio sanitario nazionale è di 36.000.000 euro per il triennio 2018-2020 (6 milioni nel 2018 e 12 milioni nel 2019, accantonati, rispettivamente, con Del. 73/2018 e Del. 83/2019).

Con la Delibera del 25 giugno 2020, inoltre, il CIPE ha disposto il riparto del Fondo sanitario nazionale 2019, in relazione alle somme stanziate per la formazione dei medici di medicina generale, di cui all'art. 12, comma 3, del DL. n. 35/2019 (c.d. decreto Calabria - L. n. 60/2019). La Delibera del 29 settembre 2020 ha invece disposto il riparto tra le regioni delle somme accantonate per l'esenzione delle percentuali di sconto per le farmacie con fatturato inferiore a 150.000 euro.

 

Si segnala inoltre che il comma 8 dell'articolo 29 del DL. 104/2020 (cd. decreto Agosto - L. 126/2020) ha disposto l'incremento per complessivi 478.218.772  euro, per l'anno 2020, del livello del finanziamento statale del fabbisogno sanitario per sostenere le autorizzazioni delle spese derivanti dai commi 2 e 3 del medesimo articolo 29 riguardanti, rispettivamente, il ricorso in maniera flessibile, da parte di regioni e province autonome, di prestazioni aggiuntive in ambito sanitario riferite in particolare ai ricoveri ospedalieri - per una quota-parte di 112.406.980 euro - e a prestazioni aggiuntive di specialistica ambulatoriale e di screening - per una quota-parte di 365.811.792, che include la specialistica convenzionata interna, fino al 31 dicembre 2020. Si prevede, in particolare, che per l'incremento del monte ore dell'assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata interna sia destinata una quota di 10 milioni di euro.

A tale finanziamento accedono tutte le regioni (e pertanto non solo quelle a statuto ordinario) e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2020.

Si deve rilevare che il presente riparto tra regioni e province autonome deroga – come già è avvenuto per il recente riparto del Fondo sanitario nazionale 2020 effettuato a seguito dell’emergenza COVID-19 -  alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali (regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano) il differente concorso al finanziamento sanitario corrente, che prevede la compartecipazione di tale autonomie speciali al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno standard non soddisfatto dalle fonti ordinarie (quali entrate proprie degli enti del SSN, tra cui ticket sanitari e ricavi per attività intramoenia, e fiscalità generale delle regioni, quale IRAP - nella componente di gettito destinata alla sanità - e addizionale regionale all'IRPEF), tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura fissa del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario. Tale compartecipazione viene commisurata in relazione alla parte indistinta del finanziamento del fabbisogno sanitario corrente, in base alle quote rilevate per l'anno precedente.  Le autonomie speciali sono conseguentemente escluse dal riparto delle somme da erogare alle regioni a titolo di compartecipazione all'IVA e dal Fondo sanitario nazionale che finanzia le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi, oltre che la quota residuale da destinare alla Regione siciliana (qui un approfondimento).

 


 

Articolo 73
(Disposizioni in materia di indennità di esclusività
della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria)

 

 

L’articolo 73 dispone un incremento, nella misura del ventisette per cento, della misura lorda annua, comprensiva della tredicesima mensilità, dell'indennità di esclusività dei dirigenti medici, veterinari e sanitari degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale[112]. Al relativo onere, quantificato in 500 milioni di euro annui (a decorrere dal 2021), si provvede a valere sul finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato.

 

Si ricorda che, per i dirigenti in esame, alla scelta del rapporto di lavoro esclusivo sono connesse l'indennità in oggetto nonché la possibilità di svolgere attività libero-professionale intramuraria (all'interno delle strutture del Servizio sanitario nazionale)[113] - con divieto di svolgimento di attività libero-professionali all'esterno -.

L'incremento di cui al presente articolo 73 decorre dal 1° gennaio 2021 e si applica sulla misura prevista, per l'indennità in oggetto, dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo alla dirigenza dell'area sanità per il periodo 2016-2018. Si ricorda che quest'ultimo importo varia a seconda che si rientri nella dirigenza medica e veterinaria o in quella sanitaria e a seconda dell'incarico svolto e dell'anzianità di esperienza professionale nel Servizio sanitario nazionale.

 

In particolare, in base all'articolo 89 del suddetto contratto, la misura annua lorda (comprensiva della tredicesima mensilità) dell'indennità, per la dirigenza sanitaria, è pari a:

§  18.473,29 euro per i titolari di incarichi di direzione di struttura complessa;

§  13.461,36 euro, 5.784,38 euro o 1.708,05 euro per i titolari di altri incarichi, rispettivamente con esperienza professionale nel Servizio sanitario nazionale, superiore a quindici anni, tra cinque e quindici anni o inferiore a cinque anni.

Per la dirigenza medica e veterinaria, il medesimo importo (in base al citato articolo 89) è pari a:

§  18.473,29 euro per i titolari di incarichi di direzione di struttura complessa;

§  13.857,58 euro, 10.167,99 euro e 2.519,19 euro, per i titolari di altri incarichi, rispettivamente con esperienza professionale nel Servizio sanitario nazionale, superiore a quindici anni, tra cinque e quindici anni o inferiore a cinque anni.

L'articolo 73 in esame specifica che l'incremento dell'indennità è inteso alla valorizzazione del servizio svolto dai suddetti dirigenti.


 

Articolo 74
(Disposizioni in materia di retribuzione degli infermieri del Servizio sanitario nazionale)

 

 

L’articolo 74 reca uno stanziamento, pari a 335 milioni di euro annui, a decorrere dal 2021, ai fini della definizione, da parte della contrattazione collettiva nazionale, di un'indennità di specificità infermieristica, da corrispondere agli infermieri dipendenti dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale. Al relativo onere annuo si provvede a valere sul finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato.

 

Si dispone che l'indennità decorra dal 1° gennaio 2021 e che costituisca una parte del trattamento economico fondamentale.

La definizione della misura e della disciplina dell'indennità sono demandate, nei limiti del suddetto stanziamento, alla contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021, relativa al comparto sanità (nonché agli omologhi contratti successivi).

La norma in esame specifica che l'introduzione dell'indennità è intesa al riconoscimento ed alla valorizzazione delle competenze e delle specifiche attività svolte dagli infermieri (dipendenti dal Servizio sanitario nazionale).


 

Articolo 75
(
Disposizioni per l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta)

 

 

L'articolo 75 estende anche al 2021 il finanziamento per l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte di medici di base e pediatri, stanziando una spesa di 70 milioni a valere sul Finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, per il potenziamento del sistema diagnostico del virus SARS-CoV-2, prevedendo la corrispondente comunicazione dei dati come già disposta dal decreto legge cd. Ristori (D.L. 137/2020)[114].

 

Il comma 1 dispone l’autorizzazione di una spesa di 70 milioni di euro prevista per l’anno 2021 per le finalità già previste per il periodo di novembre e dicembre 2020 dall’articolo 18, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. Ristori, in corso di conversione), per l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale (MMG) e dei pediatri di libera scelta (PLS) allo scopo di decongestionare il sistema diagnostico dei casi di positività al virus SARS-CoV-2, secondo le modalità definite dagli Accordi collettivi nazionali di settore.

 

In materia di comunicazione dei dati si applicano le disposizioni di cui all’articolo 19 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137.

Il citato articolo 19 dispone specifiche misure per l’implementazione del sistema diagnostico distrettuale del virus SARS-CoV-2 di cui al precedente articolo 18, per la comunicazione dei casi di positività del test antigenico rapido erogato dal medico di medicina generale (MMG) o dal pediatra di libera scelta (PLS). Le modalità attuative sono state successivamente definite con D.M. Finanze del 3 novembre 2020. Più in dettaglio, si evidenzia che il presupposto normativo della predetta comunicazione è definito nell’articolo 17-bis del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (cd. Cura Italia, L. 27/2020) che ha previsto una serie di disposizioni relative al trattamento dei dati personali nel contesto dall’emergenza sanitaria a carattere transfrontaliero determinata dalla diffusione del Covid-19, stabilendo regole semplificate in materia di comunicazione e diffusione dei dati, designazione dei soggetti autorizzati ed informativa.

Al Sistema Tessera Sanitaria (TS) è attribuito il compito di rendere immediatamente disponibili alcuni dati in modo da garantire con tempestività la coerenza dei contenuti informativi dei diversi sistemi interessati, quali:

§  all’assistito, il referto elettronico (indipendentemente dall’esito), nel Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE);

§  il solo referto elettronico con esito positivo, al Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria locale territorialmente competente. Le ASL successivamente dovranno trasmettere i dati relativi ai casi di positività, acquisiti dai MMG e dai PLS, alle regioni e alle province autonome, che, a loro volta, li invieranno alla piattaforma istituita per la sorveglianza epidemiologica presso l’ISS;

§  il numero dei tamponi antigenici rapidi effettivamente eseguiti, aggregato per regione o provincia autonoma, al Commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica di cui all'articolo 122 del citato D.L. Cura Italia (v. approfondimento), in relazione ai compiti di approvvigionamento dei dispositivi necessari all’effettuazione dei test;

§  il numero dei tamponi antigenici rapidi effettuati, aggregati per tipologia di assistito, con l’indicazione degli esiti, positivi o negativi, alla piattaforma istituita presso l'Istituto Superiore di Sanità - ISS ai sensi dell'Ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 27 febbraio 2020, n. 640 che differenzia i casi per sintomaticità/asintomaticità e contatto stretto, per la successiva trasmissione al Ministero della salute, per l’espletamento dei compiti affidatagli in materia di prevenzione e controllo delle malattie infettive, ai sensi dell’art. 47-ter del D.lgs. n. 300 del 1999.

 

Ai sensi del comma 2, gli oneri della disposizione trovano copertura a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, nelle stesse modalità previste dal citato articolo 18. Infatti, si prevede anche in questo caso che al finanziamento accedano tutte le Regioni e le Province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario.

La ripartizione complessiva dell’incremento di cui al presente articolo è riportata nella tabella di cui all’allegato A al presente disegno di legge:

 

Regione o Provincia autonoma

Importo da ripartire

PIEMONTE

5.157.974

VALLE D'AOSTA

147.165

LOMBARDIA

11.654.330

Prov. Aut. BOLZANO

601.185

Prov. Aut. TRENTO

623.834

VENETO

5.702.059

FRIULI

1.445.510

LIGURIA

1.877.472

EMILIA-ROMAGNA

5.226.360

TOSCANA

4.411.138

UMBRIA

1.043.872

MARCHE

1.794.191

LAZIO

6.773.374

ABRUZZO

1.532.592

MOLISE

358.997

CAMPANIA

6.505.752

PUGLIA

4.631.280

BASILICATA

654.230

CALABRIA

2.231.025

SICILIA

5.707.544

SARDEGNA

1.920.116

Totale complessivo

70.000.000

 

La RT precisa che si è utilizzato il costo medio pari a 15 euro per ciascun tampone come già indicato per definire lo stanziamento della spesa con riferimento al periodo novembre-dicembre 2020 (v. box), potendosi prevedere, con l’importo di 70 milioni di euro, la somministrazione potenziale di circa 4,6 milioni di tamponi antigenici rapidi, fabbisogno ritenuto soddisfacente per il primo semestre 2021, tenuto conto della presumibile evoluzione della pandemia.

Come indicato all’articolo 72 (v. ante), si prevede la copertura della spesa per l’anno 2021 mediante corrispondente incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard. Anche in questo caso, tale finanziamento è concesso a tutte le regioni e le province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario.

 

Per potenziare la capacità di risposta dell’assistenza territoriale, anche per allentare la pressione sui Dipartimenti di prevenzione delle ASL e per ridurre i tempi di attesa dei numerosi assistiti nel caso in cui siano identificati quali “contatti stretti” di casi confermati di COVID-19 l’articolo 18 del DL. 137 del 2020 (cd. Ristori, in corso di conversione in prima lettura al Senato) ha autorizzato la spesa di 30 milioni di euro per l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale (MMG) e dei pediatri di libera scelta, (PLS), secondo le modalità definite dagli Accordi collettivi nazionali di settore.

In proposito si sottolinea che sul testo delle due ipotesi di Accordo con i MMG e di Accordo con i PLS è stata sancita l’Intesa in Conferenza Stato-regioni e Province autonome il 30 ottobre 2020 (pubblicata in G.U. del 6 novembre 2020).

La copertura di questa nuova autorizzazione di spesa (comma 2) per far fronte al rapido peggioramento dei tassi epidemiologici della pandemia in corso, è corrispondentemente fissata, per l’anno 2020, in 30 milioni a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per il medesimo anno, in base alla seguente tabella di riparto (Allegato 1 al D.L. n. 137/2020).

 

Regioni

Quota accesso 2020

RISORSE PER MMG TAMPONI RAPIDI

 PIEMONTE

7,36%

2.209.433,59

 V. D'AOSTA

0,21%

63.013,50

 LOMBARDIA

16,64%

4.993.267,96

 BOLZANO

0,86%

257.461,47

 TRENTO

0,89%

267.069,57

 VENETO

8,14%

2.442.545,00

 FRIULI V.G.

2,06%

619.330,03

 LIGURIA

2,68%

804.230,97

E.ROMAGNA

7,46%

2.237.377,56

 TOSCANA

6,30%

1.889.704,34

 UMBRIA

1,49%

447.008,12

 MARCHE

2,56%

769.003,80

 LAZIO

9,68%

2.903.510,03

 ABRUZZO

2,19%

656.940,83

 MOLISE

0,51%

153.958,45

 CAMPANIA

9,30%

2.790.545,16

 PUGLIA

6,62%

1.986.526,10

 BASILICATA

0,93%

280.312,58

 CALABRIA

3,19%

957.153,68

 SICILIA

8,16%

2.448.426,26

 SARDEGNA

2,74%

823.181,00

 TOTALE

100%

30.000.000,00

 

Si deve rilevare che il presente riparto tra regioni e province autonome deroga – come già è avvenuto per il recente riparto del Fondo sanitario nazionale 2020 effettuato a seguito dell’emergenza COVID-19 -  alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali (regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano) il differente concorso al finanziamento sanitario corrente, che prevede la compartecipazione di tale autonomie speciali al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno standard non soddisfatto dalle fonti ordinarie (quali entrate proprie degli enti del SSN, tra cui ticket sanitari e ricavi per attività intramoenia, e fiscalità generale delle regioni, quale IRAP - nella componente di gettito destinata alla sanità - e addizionale regionale all'IRPEF), tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura fissa del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario. Tale compartecipazione viene commisurata in relazione alla parte indistinta del finanziamento del fabbisogno sanitario corrente, in base alle quote rilevate per l'anno precedente.  Le autonomie speciali sono conseguentemente escluse dal riparto delle somme da erogare alle regioni a titolo di compartecipazione all'IVA e dal Fondo sanitario nazionale che finanzia le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi, oltre che la quota residuale da destinare alla Regione siciliana (qui un approfondimento).

 La somma stimata di 30 milioni di euro nel 2020, in base alla RT, è stata calcolata quale costo unitario medio ipotizzato per ciascun test antigenico rapido (15 euro) per il numero dei tamponi, pari a 2 milioni, che si valuta verranno richiesti nei mesi di novembre e dicembre 2020 per la somministrazione sia presso gli studi medici  - per un costo di 18 euro considerato il maggior costo organizzativo -, sia al di fuori degli stessi studi medici per un costo unitario minore - 12 euro, stimato il minore impatto delle misure di prevenzione e protezione da adottare. Con riferimento ai luoghi al di fuori degli studi medici, si nota che gli accordi raggiunti citano espressamente le sedi messe a disposizione dalle Aziende sanitarie e Agenzie - incluse eventuali strutture fisse e/o mobili rese disponibili dalla Protezione Civile o dal Comune ovvero da forme organizzative complesse dell’assistenza primaria - ovvero, ove possibile e se vi è l’adesione del medico, presso il domicilio del paziente.

L’Accordo chiarisce inoltre che il target affidato al personale medico convenzionato riguarda per i propri assistiti: a) i contatti stretti asintomatici individuati dal medico di medicina generale oppure individuati e segnalati dal Dipartimento di Prevenzione in attesa di tampone rapido; b) i casi sospetti di contatto che il medico di medicina generale si trova a dover visitare e che decide di sottoporre a test rapido. Qualora il medico si trovi ad operare in strutture rese disponibili dall’Azienda sanitaria, per gli assistiti di altri medici di medicina generale, il target è rappresentato dai contatti stretti asintomatici allo scadere dei 10 giorni di isolamento identificati in base ad una lista trasmessa dal Dipartimento di Sanità Pubblica/Igiene e Prevenzione al medico individuato che si è reso disponibile alla somministrazione del tampone rapido. In proposito si deve fare riferimento alla Circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 che ha definito la differente durata dei periodi di isolamento fiduciario (casi di infezione) e quarantena (contatti stretti non positivi) per i casi sintomatici e asintomatici.

La scelta di individuare il target sopra definito che raggruppa segnatamente i casi asintomatici risiede anche nel valore diagnostico del test rapido antigenico volto sicuramente ad escludere le infezioni da Sars-CoV-2 per i casi sospetti, in quanto non vi è la possibilità di falsi negativi (mentre, viceversa, non assicura la diagnosi di positività, essendo possibili falsi positivi).

La norma pertanto detta un obbligo e non una facoltà per i medici interessati alla somministrazione del test antigenico rapido. Si segnala peraltro, che i contenuti dei citati Accordi, come definiti dall’apposito Atto di indirizzo della Conferenza Stato-Regioni per il rafforzamento delle attività territoriali di diagnostica per la prevenzione dei contagi COVID19, sono stati sottoscritti tra Sisac - Struttura Interregionale dei Sanitari Convenzionati per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale -, e alcune sigle sindacali, senza raggiungere l’unanimità delle rappresentanze delle parti interessate.

Articolo 76
(
Contratti di formazione specialistica dei medici specializzandi)

 

 

L'articolo 76 dispone l’ulteriore aumento del numero dei contratti di formazione dei medici specializzandi con uno stanziamento di spesa aggiuntivo rispetto alla normativa vigente pari a 105 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e di 109,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, a valere corrispondentemente sul finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per gli anni dal 2021 al 2025.

 

Il comma 1 prevede l’ulteriore spesa di 105 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e di 109,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, per aumentare il numero dei contratti di formazione specialistica dei medici di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (v. box).

La RT alla disposizione in esame precisa che, essendo l’importo del singolo contratto pari a 25.000 euro lordi nei primi 2 anni di corso e 26.000 euro lordi nel successivo triennio, la prevista autorizzazione di spesa consentirà la stipula di 4.200 nuovi contratti per l’anno 2021.

Come indicato all’articolo 72 (v. ante) ai relativi oneri si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per gli anni dal 2021 al 2025.

 

I contratti di formazione medica specialistica, disciplinati dall'articolo 37 del D.Lgs. 368/1999 che ha attuato, per quanto qui interessa, alcune direttive comunitarie in materia di circolazione dei medici, prevedono la stipula da parte dei medici specializzandi di un contratto annuale di formazione specialistica che non dà diritto all'accesso ai ruoli del SSN e dell'università o della ASL ove si svolge la formazione, finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali con frequenza delle attività didattiche programmata insieme allo svolgimento di attività assistenziali.

Il contratto di formazione è stipulato dallo specializzando con l'università sede della scuola di specializzazione e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie facenti parte della rete formativa della scuola di specializzazione.

Nel corso degli ultimi anni le risorse complessive per il finanziamento di tali contratti sono state progressivamente incrementate. Per semplificare, indichiamo innanzitutto le più recenti risorse stanziate nel periodo pre-COVID19.

La legge di bilancio 2020 (Legge n. 160 del 2019), al comma 271 dell'art. 1, è intervenuta disponendo l'incremento del numero dei contratti di formazione specialistica dei medici a regime - numero stimato in 900 borse di specializzazione - mediante l'aumento di 5,425 milioni nel 2020, 10,850 milioni nel 2021, 16,492 milioni nel 2022, 22,134 milioni nel 2023 e 24,995 dal 2024 della spesa autorizzata dal comma 521, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge 145/2018). Quest'ultima autorizzazione, a sua volta, ha incrementato la spesa prevista all'articolo 1, comma 252, della legge di stabilità del 2016 (L. 208/2015), che aveva già disposto un incremento degli stanziamenti aventi la medesima finalità ai sensi dell'art. 1, comma 424 della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013).

Inoltre, il comma 518, art. 1, della citata legge di bilancio 2019 ha previsto l'integrazione, con la finalità di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione specifica, delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale per un importo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019. L'incremento rappresenta comunque un limite di spesa.

Più in dettaglio, l'articolo 35, comma 1, del D. Lgs. n. 368 prevede che, con cadenza triennale ed entro il 30 aprile del terzo anno di programmazione dei contratti di specializzazione, le Regioni e le Province autonome individuino il fabbisogno dei medici specialisti da formare. E' compito del Ministero della salute, entro il 30 giugno del terzo anno, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni per ogni tipologia di specializzazione, determinare il numero globale dei medici da formare annualmente.

Con riferimento al triennio accademico 2017-2020, in data 21 giugno 2018 è stato sancito l'Accordo Stato-Regioni nel quale, per l'anno accademico 2019/2020 (con inizio il 1° novembre 2020) prevedendo un fabbisogno complessivo di medici specialisti da formare pari a complessive 8.604 unità, compatibilmente con le risorse statali messe a disposizione.

 All'incremento dei contratti di formazione specialistica che intendono migliorare la copertura dei ruoli della funzione medica del Servizio sanitario, si è affiancato uno specifico intervento volto a garantire una rappresentanza degli specializzandi dei profili professionali sanitari diversi da quello di medico, in aggiunta alla rappresentanza eletta dei medici in formazione specialistica. Infatti, i commi 470-472, articolo 1, della citata legge di bilancio per il 2020, dispongono l'istituzione con una spesa annua di 3 milioni di euro dal 2020, di una tecnostruttura per supportare le attività dell'Osservatorio nazionale e degli Osservatori regionali per la formazione medica specialistica di cui agli articoli 43 e 44 del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, nonché all'estensione delle competenze dello stesso Osservatorio nazionale - con conseguente cambio della sua denominazione in ''Osservatorio nazionale per la formazione sanitaria specialistica''-, con riferimento alle scuole di specializzazione destinate alla formazione degli ulteriori profili professionali sanitari.

Riguardo lo studio del fabbisogno anche di nuovi specializzanti in campo medico, è stata inoltre autorizzata una spesa di 3 milioni di euro nell'anno 2020 e di 2 milioni annui dal 2021 da destinare all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AgeNaS), per il supporto alle attività del Ministero della salute e delle regioni concernenti la definizione del fabbisogno di medici e professionisti sanitari, nonché per il supporto all'Osservatorio nazionale ed agli Osservatori regionali summenzionati e per lo sviluppo e l'adozione di metodologie e strumenti per la definizione di una distribuzione dei posti relativi ai corsi di medicina e chirurgia e delle professioni sanitarie e alle scuole di specializzazione di area sanitaria rispondenti alle effettive esigenze del Servizio sanitario nazionale.

Da notare che il comma 859 della citata legge di bilancio 2020 ha inoltre disposto che per l'ammissione di medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria,  riordinate ed accreditate ai sensi dei decreti ministeriali D.M. n. 68 del 4 febbraio 2015 e D.M. n. 402 del 13 giugno 2017, è autorizzata l'ulteriore spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 26 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022.

La tabella evidenzia i rispettivi incrementi delle risorse stanziate per i contratti di formazione medica specialistica previsti dai diversi atti normativi richiamati (in milioni di euro):

 

Finanziamento borse di formazione specialistica

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026 e ss

D.Lgs. 368/1999 (art. 37) - Legislazione vigente, di cui:

708

702

702

702

702

702

702

702

L. 147/2013 (co. 424)

50

50

50

50

50

50

50

50

L. 208/2015 (co. 252)

70

90

90

90

90

90

90

90

L.B. 145/2018 (co. 521) - MMG

10

10

10

10

10

10

10

10

L.B. 145/2018 (co. 521)

22,5

45

68,4

91,8

100

100

100

100

L.B. 160/2019 (co. 271)

            -

5,425

10,85

16,492

22,134

24,995

24,995

24,995

L.B. 160/2019 (co. 859)

          -

25

25

26

26

26

26

26

Totale risorse

   860,500

       927,425

       956,250

       986,292

   1.000,134

   1.002,995

   1.002,995

   1.002,995

Stanziamenti a seguito dell'emergenza COVID-19

 

D.L. Crescita 34/2020 (art. 5, co. 1)

                 -

105

105

109,2

109,2

109,2

                     -

                     -

D.L. Crescita 34/2020 (art. 5, co. 1-bis)

-

-

-

         25

25

26

26

26

Totale risorse con incrementi per emergenza COVID-19

 860,500  

 1.032,425  

 1.061,250  

 1.120,492  

 1.134,334  

 1.138,195  

 1.028,995  

 1.028,995  

 

Sulle risorse autorizzate a seguito dell'emergenza COVID-19, come riferito dal Governo in risposta ad una interrogazione al Senato, tenuto conto dell'incremento del numero dei posti letto di terapia intensiva e sub intensiva di cui all'articolo 2 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (L. n. 77/2020), il Ministero della salute, nel mese di maggio 2020, ha appositamente chiesto al Coordinamento tecnico della Commissione Salute di sapere se, per l'anno accademico 2019/2020, le Regioni e Province autonome ritenessero che il fabbisogno, a suo tempo definito, dovesse essere oggetto di rivalutazioni.

Sul punto, la Regione Veneto, in qualità di soggetto preposto al coordinamento del tavolo tecnico interregionale, sentite in via preliminare tutte le Regioni e Province autonome, ha fornito lo scorso giugno la rideterminazione del fabbisogno di medici specialisti da formare per l'anno accademico 2019/2020, stimata in 12.867 unità, ossia 4.263 unità in più rispetto al fabbisogno determinato per il medesimo anno accademico con il richiamato Accordo Stato-Regioni del 21 giugno 2018.  Il Ministero dell'economia e finanze ha peraltro comunicato che, per l'anno accademico 2019-2020, risultava finanziariamente sostenibile l'ammissione al primo anno di formazione specialistica di 9.200 nuovi specializzandi. A seguito delle disposizioni di cui all'articolo 5 del D.L. n. 34/2020 (cd. decreto Rilancio, L. 77/2020) è stata autorizzata un'ulteriore spesa di 105 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 109,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, da destinare al finanziamento dei contratti di formazione medico-specialistica, in modo da consentire di finanziare, per l'anno accademico 2019/2020, ulteriori 4.200 contratti di formazione specialistica per un intero ciclo di studi, per un numero complessivo di 13.400 contratti (9.200 + 4.200), al netto dei finanziamenti regionali o di altri Enti.

Per accogliere in via prioritaria totalmente le richieste delle Regioni, una volta soddisfatto il suddetto fabbisogno di 12.857 unità, si è valutato di distribuire gli ulteriori 533 contratti (dati dalla differenza tra i 13.400 contratti finanziabili ed i 12.867 contratti che rappresentano il fabbisogno regionale) tra le scuole di specializzazione maggiormente coinvolte nella emergenza Covid 19 e tenendo conto dell'art. 2 del citato decreto-legge.

In considerazione della circostanza che con l'Accordo Stato - Regioni del 21 giugno 2018 il fabbisogno di specialisti da formare per l'anno accademico 2019-2020 era stato fissato in 8.604 unità, a seguito della rideterminazione del fabbisogno, viste le disposizioni di cui all'articolo 35,  comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 1999, si è reso necessario procedere ad un nuovo Accordo Stato – Regioni del 9 luglio 2020 (Rep Atti 111/CSR), specificamente volto a definire il nuovo fabbisogno di medici specialisti da formare per l'anno accademico 2019/2020. In tal modo, oltre ad essere stato soddisfatto - sia in termini assoluti sia per ogni singola specialità-, per complessive 12.867 unità, il fabbisogno di medici specialisti da formare come richiesto dalle Regioni, si è ulteriormente incrementato per complessive 533 unità il numero dei contratti da assegnare alle scuole di specializzazione ritenute di particolare impatto nell'emergenza Covid-19, quali quelle di anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore, malattie dell'apparato cardiovascolare, malattie dell'apparato respiratorio, malattie infettive e tropicali, medicina di emergenza ed urgenza, medicina interna, microbiologia e virologia, patologia clinica e biochimica clinica, radiodiagnostica, igiene e medicina preventiva, ematologia, geriatria. Per tali specializzazioni è stato utilizzato, come criterio di distribuzione, anche il peso del disavanzo del fabbisogno - rispetto al numero di contratti assegnati - cumulato negli anni accademici 2017/2018 e 2018/2019 per ciascuna delle predette specializzazioni.

In merito alle norme autorizzatorie delle maggiori spese relative ai nuovi contratti di specializzazione a seguito dell'emergenza COVID-19, si fa notare che l'articolo 1-bis del D.L. 34/2020 (cd. Rilancio) prevede inoltre di accantonare, a decorrere dal 2021, 20 milioni di euro annui a valere sul finanziamento statale del fabbisogno sanitario nazionale, allo scopo di attivare ulteriori borse di studio per medici che partecipano ai corsi di formazione specifica in medicina generale.

L'articolo 5, comma 1, del citato D.L. 34 dispone l'ulteriore l'incremento dell'autorizzazione di spesa relativa al numero dei contratti di formazione specialistica destinati ai medici specializzandi per un importo di 105 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 109,2 milioni per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Viene corrispondentemente incrementato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per la parte statale. 

Peraltro, il comma 1-bis del sopra citato articolo 5 prevede un ulteriore incremento delle risorse destinate a finanziare l'aumento del numero dei contratti di formazione medica specialistica, per ulteriori 25 milioni per il 2022 e 2023 e di 26 milioni per ciascuno degli anni 2024, 2025, 2026, mediante corrispondente incremento del finanziamento statale del fabbisogno nazionale sanitario, in relazione ad un ulteriore aumento del numero dei contratti di circa 960 unità, a partire dal 2022.

Al riguardo, è stata peraltro segnalata l'opportunità, per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, di accorpare l'identica autorizzazione di spesa di cui al precedente comma 1, considerato il già previsto incremento di 109,2 milioni di euro per ciascun anno. La differenza tra le due autorizzazioni di spesa infatti risiede esclusivamente nella diversa copertura: la prima è a valere sulle risorse stanziate per il decreto-legge Crescita, la seconda sul Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili (L. 190/2014, art. 1, comma 200).

 

Per ulteriori approfondimenti, si segnala lo studio dell'Associazione medici dirigenti (ANAAO - Assomed) che ha fornito un quadro sintetico dei numeri relativi al cd. "imbuto formativo" riguardante la formazione post-lauream, considerando solo i contratti di formazione specialistica che risultano già finanziati sia per il 2019/2020 che per il 2021/2022. Il calcolo dei laureati è eseguito tenendo conto di un tasso stimato di laurea dell'89,8% degli studenti di medicina entrati tramite concorso 6 anni prima. Qui il documento.

Articolo 77
(Proroga di disposizioni sull’impiego di personale sanitario
nel Servizio sanitario nazionale)

 

 

Verificata l'impossibilità di utilizzare personale già in servizio, nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, e ferma restando la compatibilità con il fabbisogno sanitario standard dell’anno 2021, l’articolo 77, nei limiti di spesa per singola regione e provincia autonoma indicati nella tabella 1 allegata alla presente legge (per un totale complessivo di 1.100 milioni di euro per il 2021), permette agli enti del Ssn di avvalersi nell’anno 2021, anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2021, delle seguenti misure:

§  conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici; alcune specifiche disposizioni sono stabilite per i medici in formazione specialistica;

§  deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto;

§  ricorso alla stipulazione nell'ambito del Ssn, di contratti di lavoro autonomo con personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza (la possibilità è ammessa anche qualora il soggetto non sia iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale).

§  conferimento di incarichi individuali a tempo determinato a personale medico e sanitario, mediante avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio orale. Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Ssn.

Inoltre il comma 2 proroga al 31 dicembre 2021 le seguenti disposizioni relative a.

§  Unità speciali di continuità assistenziale (USCA), la cui disciplina è prorogata nei limiti di spesa per singola regione e provincia autonoma indicati nella tabella 2 (per un totale complessivo di 210 milioni) allegata alla presente legge;

§  trattenimento in servizio dei dirigenti medici e sanitari, nonché del personale del ruolo sanitario del comparto sanità e degli operatori socio-sanitari, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza.

Alla copertura degli oneri si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per l’anno 2021, anche utilizzando eventuali economie di risorse destinate all’attuazione delle medesime disposizioni, non impiegate nell’anno 2020.

 

Al fine di garantire l'erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria in ragione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19, il comma 1, dà facoltà, agli enti del Ssn, verificata l'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, di avvalersi anche nell’anno 2021 (anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2021), del personale reclutato grazie alle misure a tal fine previste dal decreto legge n. 18 del 2020. Tali misure possono essere adottate in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa di personale.

 

 

 

Rispetto al 2009, anno con il numero massimo di occupati nella sanità pubblica (693.716 occupati), a fine 2018 risultavano impiegati nel SSN 648.507 dipendenti, con un decremento del 6,50 per cento (Istat, L’occupazione nella sanità pubblica, maggio 2020).

Le ragioni di tale dinamica sono da individuare in molteplici fattori. A differenza di altre amministrazioni pubbliche, gli enti del Ssn non sono stati sottoposti ad un limite assunzionale da turn over, bensì ad un vincolo di spesa, rafforzato nelle regioni in piano di rientro, ma presente anche in quelle non sottoposte ai piani di rientro (RGS, Monitoraggio della spesa sanitaria: rapporto n.3). In ultimo, l'introduzione delle disposizioni sul pensionamento anticipato (quota 100) ha acuito la grave carenza di personale, rischiando di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

Pertanto, l'articolo 11, commi da 1 a 4-ter, del decreto legge 35/2019 (c.d. Decreto Calabria) ha operato una revisione della disciplina sui limiti di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale. Il nuovo limite (decorrente dal 2019) non può superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal Tavolo di verifica degli adempimenti, o, se superiore, il corrispondente ammontare riferito al 2004, diminuito dell'1,4 per cento. I predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Successivamente, il decreto legge 124/2019 (c.d. Decreto Fiscale), articolo 45, co. 1-bis,  ha aumentato, nel triennio 2019-2021, il limite dal 5 al 10% in ciascun anno sulla base dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Un ulteriore incremento del 5% può essere previsto per ogni singola regione sulla base di una specifica valutazione di ulteriori fabbisogni di personale.

La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 269, della legge 160/2019) ha poi specificato che i limiti annui di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome. Dal 2021, il medesimo incremento è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale. Le regioni, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze, hanno facoltà di incrementare ulteriormente i limiti di spesa di cui sopra, di un ammontare non superiore alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell'entrata in vigore del Decreto Calabria. Con riferimento ai nuovi limiti, sono estese le procedure previste per la verifica del rispetto dei limiti finora vigenti nonché il principio secondo cui la regione si considera comunque adempiente qualora abbia assicurato l'equilibrio economico. Di conseguenza, il nuovo vincolo di spesa per il personale è assoggettato alle verifiche del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che dovrà certificare l'effettivo conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa. L'articolo 11, comma 4-bis, del Decreto Calabria specifica poi che i limiti non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato (rientrano in tale fattispecie tutti gli enti territoriali suddetti, ad eccezione della Regione Sicilia). Infine, il successivo comma 4-ter sopprime la norma che dispone il blocco automatico del turn over del personale del Servizio sanitario regionale per l'ipotesi di mancata adozione, entro un determinato termine, dei provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione.

 

Verificata l'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore e ferma restando la compatibilità con il fabbisogno sanitario standard dell’anno 2021, nei limiti di spesa per singola regione e provincia autonoma indicati nella tabella 1 allegata alla presente legge, il comma 1 consente l’estensione, anche mediante proroga, non oltre il 31 dicembre 2021, degli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 2-bis), commi 1 e 5, (misure straordinarie per l'assunzione degli specializzandi e per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario) e di cui all’art. 2-ter), commi 1 e 5 del decreto legge n. 18 del 2020 (misure urgenti per l'accesso del personale sanitario e socio-sanitario al Ssn).

 

In premessa si ricorda che le disposizioni recate dai suddetti art. 2-bis, commi 1 e 5, e 2-ter, commi 1e 5, inizialmente previste per la c.d. Fase I emergenziale, sono state già prorogate al 31 dicembre 2020 dal decreto legge n. 125 del 2020.

Più in particolare, il citato art. 2-bis consente il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa di durata non superiore a sei mesi - a soggetti iscritti agli albi delle professioni sanitarie[115], nonché agli operatori socio-sanitari.

Tali incarichi possono essere conferiti anche ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali, nonché ai medici specializzandi, iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione. A quest’ultimo proposito, la norma specifica che i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante gli incarichi in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione; le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche ed assistenziali necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti. Infine, il citato art. 2-bis consente il conferimento di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa a dirigenti medici, veterinari e sanitari nonché al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza, anche ove non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo, nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza.

Infine il medesimo articolo 2-bis, derogando alla disciplina transitoria posta dall'art. 1, comma 548-bis, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha permesso, entro il 31 dicembre 2022, l'assunzione, con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e con orario a tempo parziale, di professionisti sanitari regolarmente iscritti a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica, utilmente collocati nella graduatoria delle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario.

La deroga di cui sopra consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale previsto dalla medesima disciplina transitoria.

Si ricorda che la norma richiamata di cui al comma 548-bis prevede, in materia di formazione specialistica a tempo parziale, la stipulazione di specifici accordi tra le regioni, le province autonome e le università interessate, sulla base di un accordo quadro, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato- regioni e le province autonome[116]. Tuttavia, ai sensi del citato art. 2-bis, gli accordi tra la regione o la provincia autonoma e le università interessate possono essere operanti anche in assenza dell'accordo quadro summenzionato[117].

 

Viene inoltre specificato che le assunzioni devono essere effettuate in ogni caso nell’ambito delle strutture accreditate della rete formativa e che l'attività dei soggetti così assunti deve essere coerente con il progetto formativo deliberato dal consiglio della scuola di specializzazione. Restano fermi i limiti e le altre modalità posti dalla suddetta disciplina transitoria, anche con riferimento al trattamento economico (relativo ai soli medici in formazione specialistica).

Peraltro l’art. 2-ter, commi 1 e 5, del decreto legge n. 18 del 2020 consente, in via transitoria, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie[118] e ad operatori socio-sanitari, mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale, estendendo tale possibilità anche per i medici specializzandi iscritti regolarmente all'ultimo e penultimo anno di corso della scuola di specializzazione.

Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

 

 

Il comma 2 dell’articolo in commento, proroga al 31 dicembre 2021 le ulteriori seguenti disposizioni:

 

§  misure di cui all’art. 4-bis, comma 4, del decreto legge n. 18 del 2020 e art. 1, comma 6, del decreto legge n. 34 del 2020, relative alle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA). Tali misure sono prorogate nei limiti di spesa per singola regione e provincia autonoma indicati nella tabella 2 allegata alla presente legge (per un totale complessivo di 210 milioni).

In premessa si ricorda che le disposizioni recate dal suddetto art. 4-bis, comma 4, inizialmente previste per la c.d. Fase I emergenziale, sono state già prorogate al 31 dicembre 2020 dal decreto legge n. 125 del 2020.

 

 

 

Le USCA, istituite presso una sede di continuità assistenziale già presente, con un rapporto di una ogni 50.000 abitanti, sono state costituite per consentire ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) di garantire l'attività di assistenza territoriale ordinaria, indirizzando alle USCA, a seguito del controllo a distanza attraverso triage telefonico, i pazienti sospetti di essere affetti da COVID-19.

A seguito della segnalazione, tali pazienti possono essere presi in carico dall'Unità speciale. La norma del Cura Italia specifica inoltre che, per i pazienti che si recano autonomamente in pronto soccorso, il triage deve essere effettuato in un ambiente diverso e separato dai locali adibiti all'accettazione del medesimo pronto soccorso.

L'unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta.

Possono far parte dell'unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza. Per l'attuazione dell'intervento sono stati stanziati 104 milioni di euro dal Decreto Cura Italia.

In considerazione della necessità di rafforzare, nella cd. fase 2, le attività di sorveglianza e monitoraggio presso le Residenze sanitarie assistite (RSA) e di incrementare al contempo le prestazioni domiciliari nei confronti dei soggetti fragili, l'art. 1, comma 6, del Decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020), ha integrato la composizione delle Unità con medici specialisti convenzionati. Inoltre, in considerazione delle funzioni assistenziali svolte sul territorio, ogni Unità è stata tenuta a redigere apposita rendicontazione trimestrale di attività, da consegnare all'ente sanitario di competenza, per essere a sua volta trasmessa alla regione di riferimento. Per l'intervento sono state stanziate risorse pari a 61 milioni di euro per il 2020, complessivamente impegnati per spese di personale.

 

Per l'incarico di natura convenzionale è previsto un compenso orario pari a 40 euro lordi. L'unità speciale è attiva sette giorni su sette, dalle 8.00 alle 20.00, e ai medici per le attività svolte nell'ambito della stessa è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora.

 

Si osserva che, nella proroga in commento, non viene compresa la disposizione recata dal successivo comma 7 dell’art. 1 del Decreto Rilancio (D.L. 34/2020[119]) che consente, alle aziende e agli enti del Ssn, di conferire, fino al 31 dicembre 2020, incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a professionisti del profilo di assistente sociale, regolarmente iscritti all'albo professionale. Gli incarichi sono conferiti affinché gli assistenti sociali supportino le USCA nella valutazione multidimensionale dei bisogni dei pazienti e nell'integrazione con i servizi sociali e socio sanitari territoriali. Gli incarichi possono essere conferiti in numero non superiore ad un assistente sociale ogni due Unità, per un monte ore settimanale massimo di 24 ore. Per le attività svolte è riconosciuto agli assistenti sociali un compenso lordo orario di 30 euro, inclusivo degli oneri riflessi. Il conferimento di incarichi avviene in deroga alla normativa vigente.

E’ invece già prevista a legislazione vigente, fino al 31 dicembre 2021, la possibilità, di cui al successivo comma 7-bis, di conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a professionisti del profilo di psicologo, regolarmente iscritti nell'albo professionale. Gli incarichi sono conferiti a supporto delle USCA, in numero non superiore ad uno psicologo ogni due Unità per un monte settimanale massimo di 24 ore. L'intervento è finalizzato ad una corretta gestione delle implicazioni piscologiche generate dalle particolari condizioni seguite all'evento pandemico da COVID-19.

Per l'intervento operato dal decreto legge n. 34 del 2020 sono state stanziate risorse pari a 61 milioni di euro, complessivamente impegnati per spese di personale.

 

 

§  misure di cui all’art. 12, comma 1, del decreto legge n. 18 del 2020, in virtù delle quali, le aziende e gli enti del Ssn nazionale, verificata l'impossibilità di procedere al reclutamento di personale, anche facendo ricorso agli incarichi previsti dagli articoli 2-bis e 2-ter (come visto prorogate anch’esse al 31 dicembre 2021 dalla norma in commento) possono trattenere in servizio i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto sanità e gli operatori socio-sanitari, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza.

 


 

 

Nella disciplina vigente (15-nonies del D.Lgs. 502/1992), la prosecuzione del servizio dei dirigenti medici del Ssn è consentita oltre il limite del sessantacinquesimo anno, su richiesta dell'interessato, fino al raggiungimento del quarantesimo anno di servizio effettivo - purché non si superi il limite dei 70 anni di età. Per fronteggiare la carenza di medici specialisti, l'articolo 5-bis, comma 2, del D.L. 162/2019 (c.d. Decreto proroga termini) ha modificato in via transitoria i limiti di età massima per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Ssn (la deroga non riguarda infatti il personale medico a rapporto convenzionale). In base alla nuova norma, tali soggetti, entro il 31 dicembre 2022, possono fare domanda per proseguire il servizio fino al settantesimo anno di età anche se, prima di tale limite anagrafico, maturano i quarant'anni di servizio effettivo. La disciplina transitoria instaurata dal Decreto proroga termini prevede altresì che l'amministrazione di appartenenza possa autorizzare la prosecuzione del rapporto di servizio fino all'assunzione di nuovi dirigenti medici specialisti. La procedura di assunzione di tali ultimi soggetti deve peraltro essere adottata senza ritardo e comunque non oltre centottanta giorni dalla data di adozione del provvedimento di trattenimento in servizio.

Per i medici docenti universitari o ricercatori - che svolgono attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura facenti parte del Ssn -, il limite di età è posto a 67 anni, anziché a 65. Peraltro, per tali soggetti, la cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, non è obbligatoria qualora il limite di età per il collocamento a riposo come docente o ricercatore sia più elevato e manchino i protocolli d'intesa tra università e regioni, previsti dalla normativa ai fini della definizione delle modalità e dei limiti per l'utilizzo del medesimo personale universitario per specifiche attività assistenziali, strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca.

 

Come disposto dal comma 3, alla copertura degli oneri delle disposizioni fin qui illustrate, le regioni e le province autonome provvedono a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per l’anno 2021, anche utilizzando eventuali economie di risorse destinate all’attuazione delle medesime disposizioni, non impiegate nell’anno 2020.

 


 

Articolo 78
(
Disposizioni volte a eliminare il contenzioso in materia di indennizzi dovuti alle persone danneggiate da
vaccinazioni obbligatorie e talidomide
)

 

 

L'articolo 78 prevede due distinte autorizzazioni di spesa, pari a 9,9 milioni dal 2021 e a 71 milioni, per gli anni dal 2021 al 2023, volte a consentire al Ministero della salute di corrispondere agli aventi diritto gli indennizzi per danni subiti da vaccinazioni obbligatorie e da sindrome da talidomide, rispettivamente, per i ratei futuri derivanti dalla rivalutazione dell’indennità integrativa speciale e per gli arretrati da corrispondere ai soli danneggiati da talidomide nati nel 1958 e nel 1996. Complessivamente pertanto la disposizione comporta maggiori oneri pari a 80,9 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e a 9,9 milioni a decorrere dall’anno 2024.

 

Il comma 1 autorizza il Ministero della salute a corrispondere agli aventi diritto, in ragione dell’adeguamento dei ratei futuri, le maggiori somme dovute agli indennizzi derivanti dalla rivalutazione dell’indennità integrativa speciale relativa alla nuova base di calcolo a favore dei soggetti danneggiati, rispettivamente, da vaccinazioni obbligatorie ai sensi della legge n. 229 del 2005[120], e da sindrome da talidomide, ai sensi della L. n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), per un ammontare complessivo di 9,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 per ruoli di spesa futuri a 20 anni.

 

Con riferimento agli importi arretrati a seguito della rivalutazione dell’indennità integrativa speciale di cui al precedente comma, il comma 2, dispone l’ulteriore autorizzazione per il Ministero della salute a corrispondere le somme dovute a tale titolo maturate dagli aventi diritto, oltre che gli arretrati dell’indennizzo per la sola sindrome da talidomide di cui alla citata legge finanziaria 2008 (v. infra), dovuti, a far data dall’entrata in vigore della stessa, ai soggetti interessati nati nel 1958 e nel 1966, fino ad un ammontare annuo pari ad 71 milioni, per gli anni dal 2021 al 2023 (v. infra).

Gli arretrati possono essere corrisposti nel termine massimo di prescrizione ordinaria di 10 anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame. Corrispondentemente viene incrementato di 71 milioni il pertinente capitolo dello stato di previsionale del Ministero della salute per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023.

 

Nel bilancio 2020-2022, allo stato di previsione del Ministero della salute, missione Tutela della salute (20), Programma: 1.7 - Vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure, è presente l’azione “Indennizzi e risarcimenti a soggetti danneggiati da trasfusioni, emoderivati e vaccinazioni obbligatorie. Accertamenti medico-legali” con stanziamenti di competenza di circa 447 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio di previsione, di cui, più nello specifico, al capitolo 2409 “Somme dovute a titolo di indennizzo e risarcimento ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”, al piano di gestione (pg) 2. “Somme dovute a titolo di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a seguito di vaccinazioni obbligatorie” un ammontare di competenza pari a 45 milioni nel 2020, e al pg. 3. “Somme dovute a titolo di indennizzo ai soggetti danneggiati dal farmaco talidomide”, 34 milioni di competenza.

 

La norma si è resa necessaria dato il notevole contenzioso scaturito da una diversa interpretazione giurisprudenziale successivamente intervenuta rispetto alla norma originaria in relazione all’importo della base di calcolo dell’indennizzo riconosciuto dalla citata legge n. 229/2005 a favore dei soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie. Pertanto, l’intervento normativo è dettato dalla necessità di adeguare in via amministrativa gli indennizzi al fine di deflazionare un contenzioso crescente, considerate le ulteriori spese di giudizio e riconoscimento di interessi legali e la necessità di dare certezze alle situazioni giuridiche in essere.

 

Infatti, la norma del 2005, volta ad erogare un ulteriore beneficio, aveva quantificato l’importo dell’indennizzo come multiplo dell’indennizzo ex lege n. 210 del 1992 considerato all’epoca certo e fisso. Tuttavia, nel 2011, la Corte Costituzionale (Sentenza n. 293/2011, v. anche box) ha riconosciuto la rivalutazione dell’indennizzo in base alla citata legge n. 210 del 1992 anche per la componente relativa all’indennità integrativa speciale, modificando di fatto la base di calcolo dell’ulteriore indennizzo previsto dalla legge n. 229 del 2005.

Il Ministero della salute, tramite il MEF, ha continuato ad applicare la norma nella sua interpretazione originaria, considerando fisso l’importo dell’indennizzo alla data di entrata in vigore della legge n. 229/2005[121] mantenendo questa linea anche nella difesa in giudizio.

Alla sentenza della Corte costituzionale cha deciso in modo sfavorevole riguardo tale linea, è stato necessario adeguare tutti gli indennizzi già erogati nel corso degli anni, prevedendo stanziamenti per coprire gli arretrati, ed ulteriori somme per gli adeguamenti per il futuro.

L’onere aggiuntivo è stato perciò quantificato in 150.705.547 euro per la rivalutazione decennale comprensiva degli interessi legali ex articolo della legge 229/2005 (assegno mensile vitalizio, v. ante cap. 2409, p.g.2 stato previsione Min. Salute, per 670 circa posizioni da retribuire) e 5.444.643 euro ai sensi dell’articolo 4 della medesima legge (rivalutazione dell’assegno una tantum per circa 645 indennizzi).

 

Anche nel caso degli indennizzi per sindrome da talidomide previsti dalla legge di bilancio 2008 (L. n. 244/2007, art. 2, comma 363) in relazione alle indicate quantificazioni di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, per somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia, il Ministero delle finanze è stato chiamato ad adeguare tutti gli indennizzi erogati nel corso degli anni e per il futuro, con un onere aggiuntivo stimato in 54.737.424 euro per gli arretrati (cap. 2409, p.g. 3 Min. Salute, circa 530 posizioni da retribuire) e in 4.429.388 euro per i ratei annuali futuri (rivalutazione di circa 516 indennizzi).

 

La relazione illustrativa in particolare evidenzia che, considerato il carico di lavoro ordinario che l’ufficio del Ministero è chiamato a svolgere e il fatto che la prevista liquidazione degli arretrati sui richiamati indennizzi porterebbe a istruire nuovamente circa 1200 posizioni, con l’attuale dotazione organica l’ufficio può garantire la liquidazione di un numero di posizioni la cui spesa corrisponde ad un importo di arretrati fino a 71 milioni annui per il triennio 2021-2023, anche in funzione deflattiva del contenzioso in corso.

Inoltre, si deve considerare l’ulteriore sentenza della Corte Costituzionale n. 55/2019 che ha riconosciuto il diritto a percepire l’indennizzo per i danni da talidomide ai nati nel 1958 e nel 1966, a far data dell’entrata in vigore della citata legge di bilancio 2008 (1° gennaio 2008), quindi retroattivamente rispetto alla liquidazione dell’indennizzo ai sensi del DL. n. 113/2016, art. 21-ter (convertito dalla L. n. 160/2016)[122] che aveva ampliato la platea degli aventi diritto, definita ai sensi del decreto legge 207/2008 per i nati nella fascia temporale compresa tra il 1959 e il 1965, anche ai nati negli anni 1958 e 1966, oltre che ai soggetti, ancorché nati al di fuori di tali periodi, che avessero presentato malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide, facendo però decorrere l’indennizzo solo dall’entrata in vigore della stessa legge n. 160/2016. A seguito di detta sentenza l’onere stimato in base agli indennizzi già riconosciuti è stata quantificata in 7.331.575 euro (cap. 2409, p.g. 3., circa 14 posizioni da retribuire).

 

Con riferimento alla previsione del concorso dello Stato alla funzione di concessione degli indennizzi trasferita alle Regioni si veda anche la scheda relativa all’articolo 153 del presente Dossier.

 

La finalità delle citate leggi n. 210/1992, n. 229/2005 e n. 244/2007 è quella di riconoscere un indennizzo, posto a carico dello Stato, e ispirato al principio della solidarietà sociale, a coloro che abbiano riportato gravi danni in conseguenza dell’essersi sottoposti a determinati trattamenti sanitari.

I benefici economici sono erogati a prescindere dal reddito del richiedente, sono esenti dalle imposte sui redditi e sono cumulabili con altre eventuali provvidenze economiche percepite a qualsiasi titolo.

Con riferimento agli indennizzi riconosciuti dalla legge n. 210 del 1992 per vaccinazioni obbligatorie, il ristoro consiste in un assegno composto da una somma determinata nella misura stabilita dalla tabella B allegata alla legge 177/76, cumulabile con qualsiasi altro emolumento percepito, e da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 324/59.

L'indennizzo si compone quindi di due parti: la prima rappresenta il vero e proprio indennizzo mentre la seconda, detta appunto indennità integrativa speciale (IIS), integra la prima.

La Corte costituzionale con la citata sentenza n. 293 del 7 novembre 2011 (che ha dichiarato illegittimo l'art. 11, commi 13 e 14, del D.L. 78/2010 convertito dalla L. 122/2010), ha stabilito che l’importo dell’indennizzo di cui alla Legge 210/1992, deve essere rivalutato nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento all'indennità integrativa speciale.

I soggetti beneficiari interessati al riconoscimento dell’indennizzo sono chiamati ad inoltrare la domanda al competente Ministero della salute. Al pagamento dell’indennizzo provvede la Direzione dei servizi erogati alle amministrazioni e ai terzi – Ufficio V in applicazione di uno specifico provvedimento di riconoscimento del diritto emesso emanato dal Ministero della Salute.

Il DPCM 26 maggio 2000 ha previsto, tra l'altro, a decorrere dall’anno 2001, l’attribuzione delle competenze in materia di indennizzi alle Regioni a statuto ordinario (v. anche scheda articolo 152 del presente ddl bilancio). Le competenze in materia di indennizzi per le Regioni a statuto speciale sono rimaste di competenza statale. Pertanto per coloro che risiedono nelle Regioni a statuto speciale il Ministero della Salute provvede al completamento della procedura amministrativa di riconoscimento del diritto all’indennizzo e all’adozione del relativo provvedimento di liquidazione delle somme dovute. In base all’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001, al Ministero della salute spetta anche la gestione degli indennizzi già concessi al momento del trasferimento delle funzioni alle Regioni a statuto ordinario.

La citata legge n. 229/2005 sugli indennizzi dispone che ai soggetti beneficiari sia riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico-ospedaliera un ulteriore indennizzo. Esso è corrisposto nelle modalità di seguito indicate:

§  soggetto capace di intendere e di volere che non beneficia di assistenza prevalente e continuativa (l'indennizzo viene corrisposto integralmente al danneggiato);

§  soggetto capace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto per il 50% al danneggiato e per il 50% ai congiunti che prestano assistenza;

§  soggetto minore e/o incapace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto integralmente ai congiunti conviventi che prestano assistenza.

Ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.M. 6 ottobre 2006, con il termine "conviventi" si intendono coloro che dall’anagrafe comunale risultano iscritti nello stesso stato di famiglia.

Infine, con riferimento alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, come integrata dal decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 207 (L. n. 14 del 2009), relativa agli indennizzi per sindrome da talidomide, la procedura per la richiesta dell’indennizzo è analoga a quella prevista per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.


 

Articolo 79
(Integrazione del livello del finanziamento del programma
di investimenti per l’edilizia sanitaria
e l’ammodernamento tecnologico)

 

 

L’articolo 79 incrementa di 2 miliardi lo stanziamento per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, fermo restando, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità del bilancio statale. La disposizione ripartisce detto incremento tra le Regioni.

 

L’articolo 79 incrementa di 2 miliardi lo stanziamento per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, con rideterminazione a 32 miliardi di euro dell’ammontare fissato dall’art. 20 della legge n. 67 del 1988.

 

Come ricordato dalla stessa norma in commento, l’ultimo intervento in materia di edilizia sanitaria è stato operato dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 81 e 82 della legge n. 160 del 2019) che ha previsto un incremento delle risorse pluriennali per gli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico pari a 2 miliardi di euro, con rideterminazione a 30 miliardi di euro dell’ammontare fissato dall’art. 2 della legge n. 67 del 1988. Si ricorda che gli interventi precedenti sono stati operati dall’art. 2, comma 69, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), che ha elevato di 1 miliardo (da 23 a 24 miliardi di euro) le risorse destinate al proseguimento del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico di cui al citato art. 20 della legge n. 67/1988, e all’art. 1, comma 555, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), che ha elevato di 4 miliardi complessivi (da 24 a 28 miliardi di euro) l’importo delle predette risorse.

 

La norma specifica che resta comunque fermo, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità del bilancio statale. Sul punto la RT al provvedimento chiarisce che le risorse incrementali sono da ripartire secondo le seguenti annualità:

§  100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024;

§  140 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029;

§  150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2030 al 2035.

La relativa realizzazione, a seguito della ripartizione delle risorse con delibere del CIPE alle regioni e agli enti interessati, si realizza mediante la sottoscrizione degli Accordi di programma che avviano il complessivo iter di realizzazione delle opere. I trasferimenti di risorse avvengono per stati di avanzamento dei lavori.

 

A tale proposito appare utile ricordare che la legge di bilancio 2020 non ha definito l’articolazione annua dell’incremento dei due miliardi di cui al comma 81, ad eccezione della quota di incremento per il 2022, pari a 100 milioni di euro (in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa). Inoltre, la sezione II della legge di bilancio 2020 (unità di voto 9.1, che consta del solo capitolo 7464 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) prevede una rimodulazione delle risorse annue per gli investimenti sanitari in oggetto, con una riduzione per il 2020 e il 2021, rispettivamente nella misura di 400 milioni di euro e di 1.420 milioni (in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa), ed un conseguente incremento delle somme relative ad anni successivi al triennio di riferimento (incremento la cui articolazione annua non è rilevabile).

 

La ripartizione complessiva dell’incremento di cui al presente articolo, tenuto conto della composizione percentuale del fabbisogno sanitario regionale corrente prevista per l’anno 2020, è stabilita nei termini riportati nella tabella di cui all’allegato B, annesso alla presente legge, di cui si riproduce il contenuto qui di seguito:

 


 

Articolo 80
(
Fondo sanità e vaccini)

 

 

L'articolo 80 dispone, per l’anno 2021, l’istituzione di un Fondo per la sanità e i vaccini nello stato di previsione del Ministero della salute, con una dotazione di 400 milioni, finalizzato all’acquisto dei vaccini per contrastare il virus SARS-CoV-2 e dei farmaci specifici per la cura dei pazienti con l’infezione COVID-19. E’ previsto che l’acquisto sia effettuato per il tramite del Commissario straordinario per il contrasto dell’emergenza epidemiologica.

 

Il comma 1 dispone l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della salute, di un Fondo da destinare, per l’anno 2021, all’acquisto dei vaccini anti SARS-COV-2 e dei farmaci per la cura dei pazienti con COVID-19 con una dotazione di 400 milioni di euro per tale anno.

 

Si segnala che la Commissione europea ha finora condotto diversi colloqui esplorativi e firmato contratti per l'acquisto di dosi iniziali di diversi vaccini, da fornire in ulteriori dosi non appena dimostrata la sicurezza e la completa efficacia contro il virus Sars-CoV-2, con le società AstraZeneca, Sanofi-GSK, BioNTech-Pfizer, CureVac e Maderna.

Il Ministero della salute, ai sensi del comma 2, si avvale per l’acquisto e la distribuzione sul territorio nazionale dei predetti vaccini e farmaci, del Commissario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto all’emergenza epidemiologica COVID-19, previsto dall’articolo 122 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. Cura Italia, L. n. 27/2020).

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 122, con DPCM 18 marzo 2020 è stato nominato in qualità di Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 il dott. Domenico Arcuri, che, in raccordo con il Capo del Dipartimento del Servizio nazionale della Protezione civile, oltre che del Comitato tecnico scientifico. È chiamato a riferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri e può avvalersi di soggetti attuatori e di centrali di acquisto. Al fine di coordinare al meglio le azioni di gestione dell’emergenza, con Ordinanza del medesimo Commissario (la n. 7 del 1° aprile 2020) è stata istituita, di concerto con il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile, la struttura di supporto alle dirette  dipendenze  del Commissario  straordinario. A questo indirizzo è possibile consultare l’attività finora svolta da parte del Commissario straordinario (tra cui acquisti di dispositivi e attrezzature, mascherine e gel, oltre che l’attività di distribuzione degli aiuti e i bandi di gara).


 

Articolo 81
(Rimodulazione tetti di spesa farmaceutica)

 

 

L'articolo 81 rimodula, a decorrere dal 2021, i valori percentuali dei tetti della spesa farmaceutica convenzionata territoriale e della spesa farmaceutica per acquisti diretti (ex ospedaliera), fissandoli rispettivamente al 7,30 e 7,55 per cento. Sulla base dell’andamento del mercato dei medicinali e del fabbisogno assistenziale, tali percentuali possono essere rideterminate annualmente, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, su proposta del Ministero della salute, sentita l’AIFA, d’intesa con il Ministero dell’economia. Resta fermo il valore complessivo della spesa farmaceutica al valore percentuale del 14,85 per cento.

Vengono infine regolamentate le procedure di payback a carico delle aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti 2018 e 2019. L’intervento intende instaurare un meccanismo virtuoso in grado di limitare il contenzioso già attivato dalle aziende farmaceutiche per il payback riferito alla spesa farmaceutica ospedaliera 2018.

 

Fermo restando il valore complessivo della spesa farmaceutica al 14,85 per cento del fabbisogno sanitario nazionale standard, l’articolo in esame rimodula, a decorrere dal 2021, i valori percentuali dei tetti della spesa farmaceutica convenzionata territoriale (dal 7,96 per cento al 7, 30 per cento) e della spesa farmaceutica per acquisti diretti (ex ospedaliera dal 6,89 per cento al 7,55 per cento).

Nell’ambito della spesa per acquisti diretti, resta fermo allo 0,20 per cento il valore percentuale del tetto per acquisti diretti di gas medicinali (di cui all’art. 1, comma 575, della legge n. 145 del 2018 – legge di bilancio 2019).

 

Si ricorda che attualmente, i valori delle componenti della spesa farmaceutica sono fissati al 7,96 per cento per la farmaceutica convenzionata e al 6,89 per cento per la spesa per acquisti diretti.

Tali valori percentuali sono stati fissati dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, co. 397-408, della legge n. 232 del 2016) che, ferma restando al 14,85 per cento la percentuale di incidenza della spesa farmaceutica sul Fondo sanitario nazionale, ha rideterminato in aumento il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, passato dal 3,5% al 6,89% (definita spesa farmaceutica per acquisti diretti) e in diminuzione il tetto della spesa farmaceutica territoriale passato dall’11,35% al 7,96% (definita spesa farmaceutica convenzionata). Tali rimodulazioni sono avvenute anche perché, negli ultimi anni, la spesa farmaceutica per acquisti diretti ha sempre superato il tetto di spesa imposto, con conseguente onere di ripiano (payback) a carico delle aziende farmaceutiche. Tale tendenza è confermata dai dati dei Rapporti di monitoraggio Aifa della spesa farmaceutica nazionale e regionale.

 

Ai sensi del comma 2, sulla base dell’andamento del mercato dei medicinali e del fabbisogno assistenziale, tali percentuali possono essere rideterminate annualmente, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, su proposta del Ministero della salute, sentita l’AIFA, d’intesa con il Ministero dell’economia. Resta fermo il valore complessivo della spesa farmaceutica al valore percentuale del 14,85 per cento.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento regolamenta le procedure di payback a carico delle aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti 2018 e 2019. L’intervento intende instaurare un meccanismo virtuoso in grado di limitare il contenzioso già attivato dalle aziende farmaceutiche con riferimento al ripiano dello scostamento dal tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti dell’anno 2018.

 

Il termine payback identifica la particolare procedura (introdotta dall'art. 5 del decreto legge n. 159 del 2007 per l'assistenza farmaceutica territoriale, ed estesa successivamente anche alla farmaceutica ospedaliera dall'art. 15, comma 8, del decreto legge n. 95 del 2012) per effetto della quale le aziende del comparto farmaceutico sono chiamate a ripianare - per intero per quanto riguarda la farmaceutica territoriale e per metà relativamente all'ospedaliera - l'eccedenza della spesa farmaceutica, allorché sia superato il  tetto stabilito per legge. Più precisamente, nel caso in cui venga accertato dall'Aifa uno sforamento della soglia, le norme richiamate prevedono che il ripiano sia effettuato dalle imprese mediante versamenti disposti direttamente a favore delle Regioni e delle Province autonome. Tali somme sono calcolate sui prezzi dei farmaci al lordo dell'Iva.

 

Più precisamente, nel 2021, il comma 3 subordina la rimodulazione dei tetti di spesa, all’integrale pagamento da parte delle aziende farmaceutiche degli oneri di ripiano relativi al superamento del tetto degli acquisti diretti della spesa farmaceutica SSN dell’anno 2018 entro il 31 gennaio 2021 come certificato dall’Aifa entro il 10 febbraio 2021. In caso di certificazione negativa restano in vigore i valori percentuali dei tetti previsti dalla normativa vigente. Tali pagamenti si intendono corrisposti a titolo definitivo e ne consegue l'estinzione di diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo.

 

Si ricorda che l’AIFA, con la determinazione n. 128 del 28 gennaio 2020, ha attribuito alle aziende farmaceutiche gli oneri di ripiano della spesa farmaceutica 2018 per acquisti diretti (medicinali di fascia A e H a carico del Ssn acquistati dalle strutture sanitarie ad esclusione dei vaccini e dei medicinali di fascia C e C bis, delle preparazioni magistrali ed officinali effettuate nelle farmacie ospedaliere, dei farmaci esteri e dei plasmaderivati di produzione regionale).

La determina Aifa chiarisce che, nel 2018, il tetto programmato (6,89%) della spesa farmaceutica per acquisti diretti è stato sforato per 2.245,3 milioni di euro, con conseguente ripiano di 1.1074,1 milioni di euro a carico delle aziende farmaceutiche. La determina rammenta che le aziende titolari dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) tenute al versamento dei suddetti oneri di ripiano, avrebbero dovuto provvedere al pagamento degli importi spettanti, secondo la ripartizione effettuata da Aifa (allegato C), entro il 15 febbraio 2020.

A seguito di numerosi provvedimenti cautelari del TAR Lazio, avviati dalle aziende farmaceutiche per l’annullamento della citata Determinazione n. 128 del 2020, l’Aifa ha avviato, in autotutela, un procedimento di riesame della metodologia di cui alla medesima determinazione (qui il comunicato Aifa del 26 giugno 2020).

 

Nel 2022, il possibile aggiornamento delle percentuali (ai sensi del comma 2) è subordinato all’integrale pagamento da parte delle aziende farmaceutiche degli oneri di ripiano relativi al superamento del tetto degli acquisti diretti della spesa farmaceutica SSN per l’anno 2019 entro il 30 giugno 2021, come certificato dall’Aifa entro il 10 luglio 2021.

Tali pagamenti si intendono corrisposti a titolo definitivo e ne consegue l'estinzione di diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo.

 


 

Articolo 82
(Finanziamento della Croce Rossa italiana)

 

 

L'articolo 82, comma 1, trasferisce, a decorrere dall'anno 2021, al Ministero della salute le competenze in materia di assegnazione (ai sensi del D.Lgs. 28 settembre 2012, n. 178) del finanziamento concernente la Croce Rossa italiana (CRI) alle regioni, all'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana (ente pubblico in liquidazione coatta amministrativa) e all'Associazione della Croce Rossa italiana (associazione di diritto privato). Il Ministro della salute provvede con propri decreti. A tal fine, il comma in esame istituisce un apposito fondo, a decorrere dal 2021, nello stato di previsione del medesimo Ministero. La dotazione del fondo è fissata in 117.130.194 euro e il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato - finanziamento nel cui ambito rientrano attualmente le risorse in esame - è ridotto nella misura corrispondente. Sono riservate al Ministero della salute e al Ministero della difesa le competenze relative alla definizione e sottoscrizione delle convenzioni mediante le quali è attribuito il finanziamento statale alla suddetta Associazione (di diritto privato). Ogni decreto di assegnazione ed ogni convenzione può disporre per un periodo massimo di tre anni.

Il comma 2 autorizza il Ministero della salute a concedere anticipazioni di cassa ai suddetti enti destinatari delle risorse in esame, nella misura massima dell'80 per cento della quota assegnata a ciascun ente (ivi compresa l'Associazione di diritto privato) dall'ultimo decreto adottato.

Il comma 3 demanda ad uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione del finanziamento, destinato alla copertura degli oneri relativi al personale trasferito dall'Ente strumentale ad amministrazioni diverse dagli enti del Servizio sanitario nazionale, che deve essere trasferito alle medesime amministrazioni (ai fini dell'esaurimento della gestione liquidatoria). Il summenzionato fondo, istituito ai sensi del precedente comma 1 presso lo stato di previsione del Ministero della salute, viene corrispondentemente ridotto da parte dei medesimi decreti ministeriali.

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio, con propri decreti.

 

Si ricorda che il citato D.Lgs. n. 178 del 2012 ha previsto, con decorrenza dal 1° gennaio 2016[123], la trasformazione in associazione di diritto privato, denominata Associazione della Croce Rossa italiana, del precedente ente pubblico, denominato Associazione italiana della Croce rossa (CRI), con la contestuale trasformazione di quest'ultimo in un ente pubblico strumentale (non più associativo) e la successiva estinzione del medesimo, mediante procedura di liquidazione coatta amministrativa.

In particolare, l'ente strumentale è stato costituito per svolgere funzioni di supporto tecnico e logistico dell'attività della nuova Associazione, operando altresì come intestatario di beni e del personale[124].

L'art. 2, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 178/2012 prevede che le risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato (diverse da quelle derivanti dall'erogazione di fondi per attività di volontariato di cui all'articolo 1, comma 6, del medesimo decreto legislativo) che sarebbero state erogate alla Croce rossa nell'anno 2014 ai sensi della normativa vigente in materia, sono attribuite all'Ente e all'Associazione, con decreti del Ministro della salute, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della difesa, ciascuno in relazione alle proprie competenze, ripartendole tra Ente e Associazione in relazione alle funzioni di interesse pubblico ad essi affidati[125].

Ai sensi dell'articolo 8, comma 2, il finanziamento statale è attribuito mediante convenzioni annuali tra i Dicasteri ivi indicati[126] e l'Associazione. Tali convenzioni stabiliscono, altresì, procedure di verifica dell'impiego dei beni pubblici trasferiti all'Associazione. Il medesimo art. 8, comma 2 prevede, dal 1° aprile 2018, il trasferimento - con corrispondente trasferimento anche delle risorse finanziarie - presso pubbliche amministrazioni che presentino carenze in organico nei corrispondenti profili professionali ovvero anche in sovrannumero, del personale (della vecchia Associazione) individuato come funzionale alle attività propedeutiche alla gestione liquidatoria in oggetto. Si prevede che il finanziamento annuale statale della nuova Associazione non possa superare l'importo complessivamente attribuito, in base alla normativa vigente, per l'anno 2014, ad essa ed all'Ente strumentale, decurtato del 10 per cento per il 2017 e del 20 per cento a decorrere dal 2018.

 

Si ricorda, inoltre, che i commi 1-bis e 1-ter dell'art. 16 del D.L. n. 148 del 2017, (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 172 del 2017) prevedono il trasferimento, mediante mobilità volontaria, presso pubbliche amministrazioni di dirigenti inquadrati (nella vecchia Associazione) nell'area dei professionisti o nell'area medica (così inquadrati nell'àmbito del contratto collettivo nazionale relativo ai dirigenti degli enti pubblici non economici e delle agenzie fiscali, contratto applicato alla vecchia Associazione). Tali norme, al fine di garantire la ricollocazione del personale dipendente dalla vecchia Associazione che risulti eccedentario rispetto al fabbisogno di personale della nuova Associazione, consente ai dirigenti suddetti, che abbiano svolto compiti e funzioni in materia di sanità pubblica, di accedere, mediante mobilità volontaria, nel rispetto delle disponibilità in organico e dei limiti alle assunzioni previsti dalla disciplina vigente, alle pubbliche amministrazioni ed alle qualifiche ivi individuate, anche qualora siano in possesso di una specializzazione diversa da quella richiesta per il corrispondente inquadramento. La deroga in oggetto concerne le seguenti destinazioni: dirigenza delle professionalità sanitarie del Ministero della salute e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA); dirigenza medica dell'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) - per tale destinazione, la deroga concerne esclusivamente gli incarichi rientranti nella dirigenza di seconda fascia -; dirigenza medica e della professione infermieristica di due Centri dell'Istituto superiore di sanità, Centro nazionale per i trapianti (CNT) e Centro Nazionale sangue (CNS); qualifiche di ricercatore e tecnologo degli enti pubblici di ricerca.

 


 

Articolo 83
(Personale transitato in amministrazioni pubbliche dall'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana)

 

 

L’articolo 83, insieme con la tabella di cui all'allegato C, trasferisce ad alcuni enti pubblici le risorse finanziarie corrispondenti ad alcune quote di trattamento di fine rapporto o di fine servizio di personale che è transitato alle dipendenze dei medesimi, mediante meccanismo di mobilità, dall'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 28 settembre 2012, n. 178, ha previsto, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, la trasformazione in associazione di diritto privato, denominata Associazione della Croce Rossa italiana, del precedente ente pubblico, denominato Associazione italiana della Croce rossa (CRI), con la contestuale trasformazione di quest'ultimo in un ente pubblico strumentale (non più associativo) e la successiva estinzione del medesimo, mediante procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Nell'ambito di tale procedura, una quota del personale dell'ente pubblico è transitato in mobilità - secondo la disciplina di cui all'articolo 6 del citato D.Lgs. n. 178, e successive modificazioni - presso altre amministrazioni pubbliche. In particolare, gli enti pubblici che figurano nell'allegato C, come destinatari delle risorse finanziarie suddette, sono: l'INPS, l'INAIL, l'ENAC, l'ACI, il CREA, l'ENEA, l'ISTAT. Il medesimo allegato individua, per ciascuno di tali enti, a valere sul finanziamento previsto a legislazione vigente per la Croce Rossa italiana per i corrispondenti anni, un importo relativo alle quote accantonate per il periodo 2018-2020 e un importo relativo a ciascuno degli anni 2021-2023. Il complesso di tali importi costituisce un debito dell'Ente strumentale, che finora il medesimo, come ricorda la relazione tecnica del disegno di legge di bilancio, non è stato in grado di onorare per via dell'andamento della liquidazione.

Il commissario liquidatore del suddetto Ente strumentale è di conseguenza autorizzato a cancellare le corrispondenti poste dallo stato passivo dell'ente.

Si ricorda che, a regime, il trasferimento di risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle procedure di mobilità in oggetto è disciplinato dal comma 3 del precedente articolo 82.


 

Articolo 84
(Norme in materia di mobilità sanitaria interregionale, linee guida sul controllo dell'appropriatezza degli erogatori di prestazioni sanitarie e programmi di sviluppo dei servizi sanitari di prossimità)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 84 recano norme in materia di mobilità sanitaria interregionale, con particolare riguardo ai criteri temporali relativi alla regolazione dei flussi finanziari e all'obbligo di stipulazione di accordi bilaterali. I commi 3 e 4 demandano al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza[127] l'adozione di linee guida sui sistemi di controllo di appropriatezza degli erogatori di prestazioni sanitarie accreditati e l'elaborazione di un programma nazionale di valutazione e miglioramento dei processi di mobilità nonché di specifici programmi inerenti alle aree di confine ed ai flussi interregionali, al fine di migliorare e sviluppare i servizi di prossimità.

 

Il comma 1 prevede che, dall'anno 2021, la regolazione dei flussi finanziari tra le singole regioni e province autonome, derivanti dalle prestazioni sanitarie rese a carico del Servizio sanitario regionale in favore di cittadini residenti in un'altra regione, sia operata sulla base dei dati relativi all'erogazione delle prestazioni nell'anno precedente rispetto a quello oggetto di riparto delle risorse del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Si specifica che tale regolazione avviene su proposta del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con le regioni e le province autonome, in sede di riparto delle suddette risorse relative al fabbisogno sanitario nazionale standard[128]. La relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio osserva che, di norma, la regolazione dei flussi finanziari relativi alla mobilità sanitaria interregionale è avvenuta finora il secondo anno successivo rispetto a quello di erogazione delle prestazioni e che il nuovo criterio temporale potrebbe consentire agli enti territoriali una programmazione tempestiva e più efficiente.

Il comma 1 specifica altresì che la regolazione in esame deve essere operata anche tenendo conto dei controlli in materia di appropriatezza del ricorso alla mobilità, comunicati dalle singole regioni e province autonome. Il comma opera anche un richiamo alle schede 4 e 11 allegate all’intesa relativa al patto per la salute per gli anni 2019-2021[129], schede concernenti, rispettivamente, la mobilità in oggetto e la ricerca sanitaria.

Il comma 2 prevede che la stipulazione degli accordi bilaterali per il governo della mobilità sanitaria interregionale - prevista in via obbligatoria dall'articolo 1, comma 576, della L. 28 dicembre 2015, n. 208[130] - costituisca uno degli adempimenti ai quali la normativa vigente subordina il riconoscimento di una quota del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard. Si demanda la verifica dell'adempimento in oggetto al suddetto Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.

Il successivo comma 3 prevede che il medesimo Comitato paritetico adotti linee guida e set di indicatori oggettivi e misurabili, anche attraverso i dati del Sistema Tessera Sanitaria[131], al fine di armonizzare i sistemi di controllo di appropriatezza degli erogatori di prestazioni sanitarie accreditati (pubblici e privati), con l’obiettivo di migliorare l'efficienza e l'appropriatezza nell'uso dei fattori produttivi e l'ordinata programmazione del ricorso ai medesimi erogatori accreditati, nonché di mantenere elevati standard nell’attività resa dagli stessi.

Il comma 4 prevede che il suddetto Comitato elabori: un programma nazionale di valutazione e miglioramento dei processi di mobilità sanitaria, al fine di salvaguardare i normali livelli di mobilità e di superare, nell'ottica di un più equo e trasparente accesso alle cure, fenomeni di mobilità non fisiologici; specifici programmi inerenti alle aree di confine nonché ai flussi interregionali, per migliorare e sviluppare i servizi di prossimità, al fine di evitare criticità di accesso nonché rilevanti costi sociali e finanziari a carico dei cittadini.


 

Articolo 85
(Disposizioni in materia di conoscenze linguistiche per il riconoscimento di qualifiche professionali in ambito sanitario)

 

 

L'articolo 85 opera alcune novelle nell'articolo 7 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, e successive modificazioni, al fine di introdurvi disposizioni relative ai requisiti linguistici per l'esercizio delle professioni sanitarie nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano, nonché disposizioni sull'uso delle lingue italiana e tedesca nello svolgimento dei servizi sanitari di pubblico interesse.

 

Il citato decreto legislativo n. 206 del 2007 concerne la disciplina, per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, del riconoscimento del possesso di una qualifica professionale (conseguita in altri Paesi dell’Unione)[132].

In particolare, l'articolo 7 (e successive modificazioni) - oggetto di novella da parte dell'articolo 85 in esame - reca disposizioni in ordine alle conoscenze linguistiche che i beneficiari del riconoscimento delle qualifiche professionali sono tenuti a possedere per l'esercizio della professione.

In tale ambito, la novella di cui al comma 1, capoverso 1-sexies, del presente articolo 85 prevede che nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano la conoscenza della lingua tedesca costituisca requisito sufficiente di conoscenza linguistica per l'esercizio delle professioni sanitarie e che i controlli linguistici previsti dalle norme di cui al citato decreto legislativo n. 206 del 2007 siano svolti in conformità alla suddetta disposizione.

In base al successivo capoverso 1-septies, il presidente dell'ordine dei medici della Provincia autonoma di Bolzano è autorizzato ad istituire, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, una sezione speciale dell'albo dei medici, alla quale possono essere iscritti, su domanda, fermi restando gli altri requisiti, i professionisti che siano a conoscenza della sola lingua tedesca. L'iscrizione nella sezione speciale autorizza all'esercizio della professione medica esclusivamente nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano.

Il capoverso 1-octies fa salva l'applicazione del principio vigente[133], in base al quale nei servizi sanitari di pubblico interesse (così come negli altri servizi di pubblico interesse) l'attività, nel territorio della suddetta Provincia, deve essere organizzata in modo che sia garantito agli utenti l'uso sia della lingua italiana sia di quella tedesca[134].

Si ricorda che l'articolo 53 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, e successive modificazioni, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, prevede che i controlli dello Stato sulla conoscenza linguistica del professionista (interessato da un atto di riconoscimento di qualifica professionale) siano limitati alla conoscenza di una lingua ufficiale dello Stato membro ospitante, o di una lingua amministrativa dello Stato membro ospitante, a condizione che quest'ultima sia anche una delle lingue ufficiali dell'Unione.

Considerato che, ai sensi dell'articolo 99 dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige[135], la lingua tedesca è parificata a quella italiana, la quale ultima (come specifica il medesimo articolo 99) è la lingua ufficiale dello Stato, si valuti l'opportunità di un esame circa la compatibilità della disposizione introdotta dal capoverso 1-sexies con la suddetta disciplina europea - la quale non contempla esplicitamente la possibilità di un riconoscimento di qualifica limitato ad un'area del territorio dello Stato membro -.

Riguardo al summenzionato capoverso 1-septies, si rileva che esso fa riferimento solo ai medici e non anche alle altre professioni sanitarie. Si consideri l'opportunità di una valutazione di tale profilo.

Si ricorda che è attualmente pendente presso la Corte costituzionale il ricorso n. 115/2019, con cui il Governo ha impugnato l'articolo 4 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 17 ottobre 2019, n. 10.

La disposizione in questione ha previsto che l'ordine o collegio professionale competente per la Provincia di Bolzano possa iscrivere professionisti interessati da atti di riconoscimento delle qualifiche professionali ai sensi del citato decreto legislativo n. 206 del 2007 anche qualora questi ultimi conoscano soltanto la lingua tedesca, con conseguente limitazione degli effetti dell'iscrizione alla possibilità di esercizio della professione nel solo territorio della Provincia di Bolzano.

Il Governo contesta la legittimità costituzionale di tale previsione, sulla base della quale potrebbero operare nella Provincia di Bolzano professionisti in  grado  di  esprimersi soltanto in lingua tedesca e non anche  in  lingua  italiana, in violazione dell'obbligo della Provincia di legiferare in armonia con la Costituzione e con gli impegni internazionali dell'Italia, e in particolare con l'obbligo, ex articolo 117, primo comma, della Costituzione, di osservare i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo.

 

In merito ai summenzionati controlli linguistici, si ricorda che l'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 206, e successive modificazioni, prevede che essi siano proporzionati all'attività professionale da eseguire e siano svolti da parte delle autorità competenti al riconoscimento delle qualifiche professionali, definite dall'articolo 5 del medesimo decreto legislativo n. 206, e successive modificazioni.

In relazione alle professioni sanitarie, l'articolo 5 prevede che il Ministero della salute sia l'autorità competente per il riconoscimento della libera prestazione di servizi sul territorio nazionale a carattere temporaneo e occasionale (titolo II, e successive modificazioni) e per il riconoscimento professionale in regime di stabilimento, tanto per le professioni coperte dal titolo III, capo II, e successive modificazioni, quanto per le professioni cui si applica il principio del riconoscimento automatico di cui al titolo III, capo IV, e successive modificazioni.

Più in particolare, le medesime autorità competenti a riconoscere le qualifiche professionali sono tenute a verificare la conoscenza della lingua italiana nel caso in cui la professione abbia ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti, nonché nei casi in cui sussista un serio e concreto dubbio in merito alla sussistenza di una conoscenza sufficiente della lingua italiana, con riguardo all'attività che il professionista intenda svolgere (articolo 7 citato, comma 1-bis). I controlli linguistici in oggetto sono svolti successivamente al riconoscimento della qualifica professionale (o successivamente al rilascio della tessera professionale europea).

 

 


 

TITOLO VIII – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

Articolo 86
(Incremento del Fondo per l'arricchimento
e l'ampliamento dell'offerta formativa)

 

 

L'articolo 86 incrementa il Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi  per gli anni 2021, 2023, 2024, 2025 e 2026.

 

La disposizione aumenta il Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'art. 1 della L. 440/1997, di 117,8 milioni di euro per il 2021, di 106,9 milioni di euro per il 2023 (non è previsto un incremento per l'annualità 2022), di 7,3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e di 3,4 milioni per l’anno 2026.

La finalità dell'incremento è ridurre le disuguaglianze e favorire l'ottimale fruizione del diritto all'istruzione, anche per i soggetti privi di mezzi.

 

Originariamente, l'art. 1 della L. 440/1997 ha istituito, nello stato di previsione dell'allora Ministero della pubblica istruzione, un fondo denominato «Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi» destinato:

§  alla piena realizzazione dell'autonomia scolastica;

§  all'introduzione dell'insegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie;

§  all'innalzamento del livello di scolarità e del tasso di successo scolastico;

§  alla formazione del personale della scuola;

§  alla realizzazione di iniziative di formazione post-secondaria non universitaria;

§  allo sviluppo della formazione continua e ricorrente;

§  agli interventi per l'adeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e gradi;

§  ad interventi per la valutazione dell'efficienza e dell'efficacia del sistema scolastico;

§  alla realizzazione di interventi perequativi in favore delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione degli organici provinciali, l'incremento dell'offerta formativa;

§  alla realizzazione di interventi integrati;

§  alla copertura della quota nazionale di iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell'Unione europea.

Successivamente, il d.lgs. 77/2005 ha inserito anche l'alternanza scuola-lavoro (dal 2019 denominata "percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento -PCTO) tra le destinazioni delle risorse di cui alla L. 440/1997.

In seguito, l'art. 5, co. 4, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha inserito una ulteriore destinazione delle risorse di cui all'art. 1 della L. 440/1997, stabilendo che dall'anno scolastico 2013/2014 parte del Fondo è destinata al finanziamento di progetti volti alla costituzione o all'aggiornamento, presso le istituzioni scolastiche statali, di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi, necessari a connotare l'attività didattica laboratoriale secondo parametri di alta professionalità.

 

Si ricorda che in virtù dell'art. 1, co. 601, della L. 296/2006, a decorrere dal 2007, l'autorizzazione di spesa di cui alla L. 440/1997, unitamente a quella di cui all'art. 1, co. 634, della medesima L. 296/2006 nonché quota parte delle risorse finanziarie destinate alla realizzazione del piano programmatico di cui all'art. 1, co. 3 della L 53/2003 sono confluite nel Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (allocato sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194, 2394 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione).

 

Nella Nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili. I criteri per l'assegnazione alle scuole delle risorse a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche sono definiti dal D.M. 633/2016.

 

Si segnala infine che gli strumenti per garantire l'effettività del diritto allo studio delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti fino al completamento del percorso di istruzione secondaria di secondo grado sono disciplinati dal d.lgs. 63/2017.

 


 

Articoli 87 e 165, commi 10 e 11
(Misure per l’innovazione didattica e digitale nelle scuole)

 

 

L'articolo 87, al comma 1, incrementa di 8.184.000 euro annui, a decorrere dall’anno 2021, il Fondo per l’innovazione digitale e la didattica laboratoriale per azioni di innovazione didattica e digitale nelle scuole mediante gli animatori digitali. Il comma 2 autorizza inoltre una spesa ulteriore di 12 milioni di euro per il 2021 per la realizzazione del sistema informativo integrato per il supporto alle decisioni nel settore dell'istruzione scolastica. L'articolo 165, commi 10 e 11, estende agli anni scolastici 2021/2022 e 2022/2023 la possibilità di costituire équipe formative territoriali con 20 docenti in comando per il supporto al Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD) e con 200 docenti in semi esonero dall'esercizio dell'attività didattica.

 

In dettaglio, l'articolo 87, comma 1, aumenta di 8,184 milioni di euro, a decorrere dal 2021, le risorse di cui all'art. 1, co. 62, della L. 107/2015 destinate all’innovazione digitale e alla didattica laboratoriale. Il relativo Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, al cap. 8107.

 

Per il 2020, tali risorse sono state già incrementate di 2 milioni di euro dall'art. 1, co. 257, della L. 160/2019, di 85 milioni di euro dall'art. 120 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), di 2 milioni di euro dall'art. 2, co. 3-bis, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) e di 85 milioni di euro dall'art. 21 del D.L. 137/2020 (A.S. 1994, in fase di conversione).

In attuazione dell'art. 21 del D.L. 137/2020 si veda il D.M.155/2020 e relativo Allegato.

 

L'incremento in esame è disposto al fine di potenziare le azioni per l’innovazione didattica e digitale nelle scuole attraverso il coinvolgimento degli animatori digitali in ciascuna istituzione scolastica.

 

Si ricorda che la L. 105/2017, all'art. 1, co. 56, ha previsto l'adozione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), in coerenza con il quale le scuole promuovono proprie azioni nell'ambito del Piano triennale dell'offerta formativa (PTOF). Il Piano, adottato con D.M. 851 del 27 ottobre 2015, persegue  i  seguenti

obiettivi:

§  sviluppo  delle competenze  digitali  degli  studenti,  anche  attraverso  la collaborazione con università, associazioni, organismi del terzo settore e imprese;

§  potenziamento degli strumenti didattici e  laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche;

§  adozione di strumenti organizzativi e tecnologici per favorire la governance, la trasparenza e la condivisione di dati, nonché lo scambio di informazioni tra dirigenti, docenti e studenti e tra istituzioni scolastiche ed educative e articolazioni amministrative del Ministero;

§  formazione dei docenti per l'innovazione didattica e sviluppo della cultura digitale per l'insegnamento, l'apprendimento e la formazione delle competenze lavorative, cognitive e sociali degli studenti;

§  formazione  dei  direttori  dei  servizi  generali  e amministrativi, degli assistenti amministrativi e degli assistenti tecnici per l'innovazione digitale nell'amministrazione;

§  potenziamento delle infrastrutture di rete, con particolare riferimento alla connettività nelle scuole;

§  valorizzazione delle migliori esperienze delle istituzioni scolastiche anche attraverso la promozione di una rete nazionale di centri di ricerca e di formazione;

§  definizione dei criteri e delle finalità per l'adozione di testi didattici in formato digitale e per la produzione e la diffusione di opere e materiali per la didattica, anche prodotti autonomamente dagli istituti scolastici.

 

L'azione#28 “Un animatore digitale in ogni scuola” del Piano nazionale per la scuola digitale prevede che in ogni scuola siano presenti gli animatori digitali” ossia docenti che, insieme ai dirigenti scolastici e ai direttori amministrativi, adeguatamente formati su tutti i suoi contenuti, provvedono ad attivare le politiche innovative contenute nel Piano e a coinvolgere tutto il personale, studenti e famiglie. Tale azione #28 stabilisce che, a decorrere dal 2016, siano destinati 1.000 euro in favore di ciascuna istituzione scolastica statale per la realizzazione di attività negli ambiti della formazione interna, del coinvolgimento della comunità scolastica e della creazione di soluzioni innovative.

Da ultimo, con nota n. 4203 del 20 marzo 2020 è stata comunicata l'erogazione del contributo per il 2020 per l'azione #28.

 

    La relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato in prima lettura precisa che la somma di 8,184 milioni di euro è calcolata sulla base del contributo di 1.000 euro per ciascuna delle 8.184 scuole.

 

    Il comma 2 autorizza l’ulteriore spesa di 12 milioni di euro per l’anno 2021 per le finalità di cui all'art. 234 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), che consistono nella realizzazione di un sistema informativo integrato volto:

§  al supporto alle decisioni nel settore dell'istruzione scolastica;

§  alla raccolta, la sistematizzazione e l'analisi multidimensionale dei relativi dati;

§  alla previsione di lungo periodo della spesa per il personale scolastico;

§  alla gestione giuridica ed economica del personale stesso anche attraverso le tecnologie dell'intelligenza artificiale;

§  alla didattica a distanza.

Tali interventi riguardano anche l'organizzazione e il funzionamento delle strutture ministeriali centrali e periferiche. Per gli interventi summenzionati, l'art. 234 del D.L. 34/2020 ha stanziato 10 milioni di euro per il 2020, stabilendo che il Ministero dell'istruzione avrebbe affidato la realizzazione di tale sistema informativo alla società di cui all’art. 83, co. 15, del D.L. 112/2008 - L. 133/2008 (ossia SOGEI - Società Generale d'Informatica S.p.A.).

 

L'articolo 165, comma 10, novella l'art. 1, co. 725, della L. 145/2018, al fine di promuovere misure e progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole. Tale disposizione consente, negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 di esonerare dall'esercizio delle attività didattiche 120 docenti, individuati dal Ministero dell'istruzione, che costituiscono le équipe territoriali formative, per garantire la diffusione di azioni legate al summenzionato Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), nonché per promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative.

 

Con avviso pubblico n. 24376 dell’11 luglio 2019 è stata indetta una procedura selettiva pubblica mediante comparazione per titoli, esperienze professionali e colloquio, finalizzata a individuare, per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021, un numero massimo di 120 docenti di ruolo e in servizio, a tempo indeterminato, presso le istituzioni scolastiche statali delle regioni ricomprese nella tabella A allegata, da esonerare dall’esercizio delle attività didattiche. I 120 docenti esonerati dal servizio costituiscono le équipe territoriali formative. Con D.D. n. 356 del 18 settembre 2019 sono state approvate le relative graduatorie.

 

    In virtù della novella, la possibilità di costituire équipe territoriali formative è estesa anche agli anni scolastici 2021/2020 e 2022/2023. Inoltre, si modifica la composizione delle citate équipe, che sono formate da 20 docenti da porre in posizione di comando presso gli Uffici scolastici regionali e presso l'Amministrazione centrale, da destinare esclusivamente ad azioni di supporto al PNSD, e da 200 docenti da porre in semi esonero dall'esercizio delle attività didattiche per il 50 per cento dell'orario di servizio. Tali docenti sono individuati dal Ministero dell'istruzione. La relazione illustrativa allegata al disegno di legge presentato in prima lettura aggiunge che i suddetti docenti saranno individuati "con una nuova procedura selettiva".

    Per l'attuazione del comma 10, il comma 11 autorizza la spesa di 1.446.158 euro per il 2021, 3.615.396 euro per il 2022 e 2.169.238 euro per il 2023.

 


 

Articolo 88
(Edilizia scolastica - STRALCIATO)

 

L’articolo 88 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.

 


 

Articolo 89, commi 1 e 2
(Interventi a sostegno del diritto allo studio nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica statali)

 

 

L’articolo 89, comma 1, conferma, a decorrere dal 2021, gli incrementi del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e del Fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM statali, già disposti, per il 2020, dal D.L. 34/2020 (L. 77/2020), al fine di ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

A sua volta, il comma 2, incrementa, sempre a decorrere dal 2021, il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, facendo seguito a quanto previsto, per il 2020, dalla L. di bilancio 2020 e dallo stesso D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

Interventi per ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale

 

Il comma 1 prevede che, al fine di ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, il FFO è incrementato di € 165 mln annui dal 2021 e il Fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM statali è incrementato di € 8 mln annui dal 2021.

Si tratta esattamente degli incrementi previsti per il 2020 dall’art. 236, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), che, in particolare, hanno consentito, con riferimento alle iscrizioni ai corsi di laurea e di laurea magistrale per l’a.a. 2020/2021, di aumentare la soglia reddituale per l’esonero totale dal contributo onnicomprensivo annuale per gli studenti meno abbienti da € 13.000 a € 20.000.

 

Relativamente ai criteri di riparto delle risorse e alle modalità di definizione degli esoneri, totali o parziali, da parte delle università e delle istituzioni AFAM, stabilisce – analogamente a quanto già previsto dall’art. 236, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) per il 2020 – che:

§  per le università, gli stessi devono essere definiti con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare, sentita la Conferenza dei Rettori delle università italiane (CRUI), entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

§  per le istituzioni AFAM, gli stessi devono essere definiti con altro decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare sempre entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Più nel dettaglio, si ricorda che l’art. 1, co. 252-266, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) - le cui disposizioni non si applicano alle università non statali, alle università telematiche e alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all'università degli studi di Trento[136] - nel ridefinire la disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali, con l’istituzione di un contributo annuale onnicomprensivo che, in particolare, comprende anche i contributi per attività sportive e assorbe la pregressa tassa di iscrizione[137] – ha disposto che sono totalmente esonerati dal pagamento dello stesso contributo (c.d. no tax area) – oltre a coloro che rientrano nelle fattispecie considerate dall’art. 9 del d.lgs. 68/2012[138] – gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti (co. 255):

a)   appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a € 13.000 (aumentati, come si è detto, a € 20.000 per l’a.a. 2020/2021);

b)   sono iscritti all’università da un numero di a.a. inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno;

c)   nel caso di iscrizione al secondo a.a., hanno conseguito almeno 10 crediti formativi universitari (CFU) entro il 10 agosto del primo anno; nel caso di iscrizione ad anni successivi, hanno conseguito almeno 25 CFU nei 12 mesi antecedenti il 10 agosto dell’a.a. precedente la relativa iscrizione.

Ai fini dell’esonero, gli studenti iscritti al primo a.a. devono soddisfare solo il requisito relativo all’ISEE (co. 256).

Ha, inoltre, fissato i criteri per la determinazione dell’importo massimo del contributo onnicomprensivo annuale per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di € 30.000 (c.d. esonero parziale).

In particolare:

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra € 13.001 e € 30.000, e che soddisfano i requisiti di cui alle precedenti lett. b) e c), il contributo non può superare il 7% della quota di ISEE eccedente € 13.000 (co. 257)[139];

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è inferiore a € 30.000, e che soddisfano solo il requisito di cui alla precedente lett. c), il contributo non può superare quello determinato ai sensi dei co. 255 e 257, aumentato del 50%, con un valore minimo di € 200[140] (co. 258).

A decorrere dall’a.a. 2020/2021, i limiti degli importi ISEE per usufruire dell’esonero o delle riduzioni devono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia di tali novità.

    Ha, inoltre, esonerato dal pagamento delle tasse e dei contributi universitari gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio.

Nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale, eventuali ulteriori casi di esonero o graduazione del contributo per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria o alla particolare situazione personale, possono essere disposti dal regolamento in materia di contribuzione studentesca che ogni università statale approva e che stabilisce anche l’importo stesso del contributo onnicomprensivo annuale.

Nel caso di studenti con nazionalità di paesi non appartenenti alla UE e residenti all’estero, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE ai sensi dell’art. 8, co. 5, del DPCM 159/2013, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università, anche in deroga ai criteri individuati dalla nuova disciplina.

Ai fini sopra indicati, la stessa L. di bilancio 2017 ha disposto un incremento del FFO di € 55 mln per il 2017 e di € 105 mln annui a decorrere dal 2018, stabilendo che tali somme sono ripartite tra le università statali, a decorrere dal 2017, con riferimento all'a.a. 2016/2017, e conseguentemente per gli anni successivi, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. 68/2012 e, dal 2018, della nuova disciplina in materia di esonero totale e parziale, moltiplicati per il costo standard di ateneo per studente in corso[141].

A sua volta, il co. 267 dello stesso art. 1 della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) ha previsto che le istituzioni AFAM dovevano adeguare i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca alle nuove disposizioni entro il 31 marzo 2017, applicandosi comunque le stesse disposizioni in caso di mancato adeguamento entro la data indicata. Ha, altresì, previsto che il (ora) MUR, nella ripartizione annuale delle risorse tra le istituzioni AFAM tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

Successivamente, l’art. 1, co. 283, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato le risorse destinate al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM di € 10 mln annui dal 2020, al fine di consentire il rimborso del mancato introito derivante dall’applicazione delle disposizioni in materia di esonero dalla contribuzione studentesca.

 

Da ultimo, come sopra accennato, allo scopo di ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, il già citato art. 236, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), ha previsto un incremento, per il 2020, del FFO di € 165 mln per il 2020 e del Fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM di € 8 mln.

In attuazione, sono intervenuti per le università il DM 234 del 26 giugno 2020 e, per le istituzioni AFAM, il DM 295 del 14 luglio 2020.

In particolare, il DM 234 del 26 giugno 2020 ha disposto che le università statali provvedono, con riferimento alle iscrizioni ai corsi di laurea e di laurea magistrale per l’a.a. 2020/2021:

a)   all’esonero totale dal contributo onnicomprensivo annuale degli studenti che appartengono a un nucleo familiare con ISEE non superiore a € 20.000. Al finanziamento di tale misura sono stati destinati € 50 mln;

b)   ad incrementare l’entità dell’esonero parziale dal contributo onnicomprensivo annuale degli studenti che appartengono a un nucleo familiare con ISEE superiore a € 20.000 e non superiore a € 30.000. Al finanziamento di tale misura sono destinati € 65 mln;

c)   a disporre ulteriori interventi di esonero autonomamente definiti. Al finanziamento di tale misura sono destinati € 50 mln.

Ai fini dell’erogazione delle risorse disponibili, le università sono tenute a comunicare entro il 15 novembre 2020 i dati parziali e, entro il 15 marzo 2021, i dati definitivi, necessari ai fini dell’erogazione di una prima quota e delle restanti risorse. Qui il riparto.

Il DM 295 del 14 luglio 2020 ha disposto che le istituzioni AFAM statali provvedono, con riferimento alle iscrizioni ai corsi di diploma accademico di primo e di secondo livello, per l’a.a. 2020/2021:

a)   all’esonero totale dal contributo onnicomprensivo annuale degli studenti che appartengono a un nucleo familiare con ISEE sia non superiore a € 20.000. Al finanziamento di tale misura sono destinati € 2,5 mln;

b)   ad incrementare l’entità dell’esonero parziale dal contributo onnicomprensivo annuale degli studenti che appartengono a un nucleo familiare con ISEE superiore a € 20.000 e non superiore a € 30.000. Al finanziamento di tale misura sono destinati € 3 mln;

c)   a disporre ulteriori interventi di esonero autonomamente definiti. Al finanziamento di tale misura sono destinati € 2,5 mln.

Ai fini dell’erogazione delle risorse disponibili, le università sono tenute a comunicare entro il 15 novembre 2020 i dati parziali e, entro il 15 marzo 2021, i dati definitivi, necessari ai fini dell’erogazione di una prima quota e delle restanti risorse. Qui il riparto.

 

Incremento del Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

 

Il comma 2 dispone che, al fine di promuovere il diritto allo studio universitario degli studenti capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, di cui all’art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012, è incrementato di € 70 mln annui dal 2021.

In particolare, l’incremento – che fa seguito a quanto previsto, da ultimo, per il 2020, dall’art. 1, co. 265, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) e dall’art. 236, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) – è finalizzato a sostenere gli interventi in favore degli studenti che presentino i requisiti di eleggibilità di cui all'art. 8 del d.lgs. 68/2012.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l'art. 3 del d.lgs. 68/2012 ha previsto un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell'ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti. In particolare:

§  lo Stato ha competenza esclusiva in materia di determinazione dei LEP;

§  le regioni a statuto ordinario esercitano la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio, disciplinando e attivando gli interventi per il concreto esercizio di tale diritto;

§  le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le competenze ad esse spettanti in base ai rispettivi statuti, tenendo conto dei LEP;

§  le università e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie risorse, organizzano i propri servizi – compresi quelli di orientamento e tutorato – al fine di realizzare il successo formativo degli studi e promuovono attività culturali, sportive e ricreative, nonché interscambi tra studenti di università italiane e straniere.

Inoltre, l'art. 6 – nell’indicare gli strumenti e i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo[142] – ha disposto che regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM possono definire altri servizi e che l'entità, le modalità di erogazione e i requisiti per l'accesso ai servizi (ad eccezione delle borse di studio) sono stabiliti dalle stesse regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM – per gli interventi di rispettiva competenzain coerenza con i requisiti economici fissati per l'accesso alle borse di studio (art. 8, co. 4, d.lgs. 68/2012). A tal fine, i soggetti indicati utilizzano risorse proprie (art. 18, co. 9, d.lgs. 68/2012).

In particolare, l’art. 8 ha disposto che la concessione delle borse di studio è assicurata, nei limiti delle risorse disponibili, a tutti gli studenti in possesso dei requisiti relativi al merito e alla condizione economica definiti con il decreto interministeriale che, ai sensi dell’art. 7, deve fissare con cadenza triennale l'importo delle stesse tenendo in considerazione le differenze territoriali correlate ai costi di mantenimento agli studi.

I requisiti di merito sono stabiliti tenendo conto della durata normale dei corsi di studio, anche con riferimento ai valori mediani della relativa classe di laurea.

Le condizioni economiche sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche tenendo conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università o l'istituzione AFAM. Sono previste modalità integrative di selezione, quali l'Indicatore della situazione economica all'estero (ISEE estero) e l'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente (ISPE).

Nelle more dell'emanazione del decreto interministeriale – finora non intervenuto – continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai requisiti di merito e di condizione economica recate dal DPCM 9 aprile 2001.

Da ultimo, il DM 6 maggio 2020, n. 63 – esplicitamente intervenuto nelle more dell’emanazione del decreto interministeriale previsto dall’art. 7 del d.lgs. 68/2012 – ha stabilito gli importi minimi delle borse di studio per l’a.a. 2020/2021, fissandole in misura pari a € 5.257,74 per gli studenti fuori sede, € 2.898,51 per gli studenti pendolari ed € 1.981,75per gli studenti in sede.

 

Con riguardo al finanziamento delle borse di studio, l’art. 18 dello stesso d.lgs. 68/2012 – come modificato dall’art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto che, nelle more della completa definizione dei LEP e dell'attuazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale (d.lgs. 68/2012), al fabbisogno finanziario necessario per garantire la concessione delle stesse si provvede attraverso, tra l’altro, un nuovo Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio – sul quale sono confluite, fra l’altro, le risorse del (precedente) Fondo integrativo per la concessione di borse di studio e prestiti d’onore (art. 16, L. 390/1991) – da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni e da ripartire secondo criteri e modalità definiti con il medesimo D.I. che fissa l’importo della borsa di studio[143].

Il Fondo integrativo statale è allocato sul cap. 1710 dello stato di previsione del MUR.

 

Con particolare riguardo alle ultime previsioni legislative che hanno inciso sulla dotazione del Fondo integrativo statale, si ricorda che il già citato art. 1, co. 265, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – al fine di promuovere il diritto allo studio universitario – ha disposto l’incremento del Fondo per € 31 mln per il 2020.

A sua volta, il già citato l’art. 236, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) – al fine di promuovere il diritto allo studio universitario degli studenti capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, che presentano i requisiti di eleggibilità di cui all'art. 8 del d.lgs. 68/2012 – ha incrementato le risorse del Fondo di ulteriori € 40 mln per il 2020. In particolare, tale incremento è stato finalizzato a sostenere prioritariamente gli ordinari interventi delle regioni in favore degli studenti che risultano idonei ai benefici per il diritto allo studio, nonché, fino alla concorrenza dei fondi disponibili, a sostenere gli eventuali ulteriori interventi promossi dalle regioni, una volta soddisfatti gli idonei, in favore degli studenti che, in conseguenza della emergenza epidemiologica da Covid-19, risultano esclusi dalle graduatorie regionali per carenza dei requisiti di eleggibilità collegati al merito.


 

Articolo 89, comma 3
(Interventi a sostegno delle università
non statali legalmente riconosciute)

 

 

L’articolo 89, comma 3, incrementa di € 30 mln per il 2021 le risorse destinate ai contributi a favore delle università non statali legalmente riconosciute.

 

A tal fine, fa riferimento ai contributi di cui all’art. 2 della L. 243/1991.

 

L’art. 2 della L. 243/1991 ha disposto che lo Stato concede contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale (qui la pagina dedicata del sito del MUR).

Le relative risorse sono allocate sul cap. 1692 dello stato di previsione del MUR.

Da ultimo, i criteri di riparto di tali risorse sono stati definiti, per il 2019, con DM 1174 del 23 dicembre 2019. Qui il quadro generale di assegnazione delle risorse.

 

La relazione illustrativa fa presente che l’incremento è corrisposto in rapporto alle risorse aggiuntive stanziate per il sistema universitario statale, al fine di contrastare la crisi economica derivante dalla situazione emergenziale in atto, in modo da non tralasciare il dovuto sostegno alle università non statali.

 

Per completezza, si ricorda che alle università non statali legalmente riconosciute è stata destinata parte delle risorse del Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca (vigilati dal MUR), istituito per il 2020 dall’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), di cui l’art. 89, co. 6, del disegno di legge in esame prevede la stabilizzazione a decorrere dal 2021.


 

Articolo 89, comma 4
(Interventi a sostegno delle residenze universitarie statali e dei collegi di merito accreditati)

 

 

L’articolo 89, comma 4, incrementa di € 4 mln per il 2021 lo stanziamento destinato alle residenze universitarie statali e ai collegi di merito accreditati, di cui al d.lgs. 68/2012.

 

La relazione illustrativa evidenzia che l’incremento è motivato dalle obiettive difficoltà attraversate dai soggetti finanziati per effetto della ridotta residenzialità determinata dall’emergenza da COVID-19.

 

In materia, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 13 del d.lgs. 68/2012 ha indicato i requisiti in presenza dei quali una struttura ricettiva è qualificata come struttura residenziale universitaria, disponendo che le strutture residenziali universitarie si differenziano tra loro in base alle funzioni ospitate, ai servizi erogati ed alle modalità organizzative e gestionali adottate. In particolare, le stesse si differenziano in:

§  residenze universitarie, ossia strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, anche con servizi alberghieri, strutturate in maniera tale che siano ottemperate entrambe le esigenze di individualità e di socialità. A tali funzioni possono essere aggiunte funzioni di carattere formativo e ricreativo, ritenute più idonee per la specificità di ciascuna struttura;

§  collegi universitari, ossia strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, con servizi alberghieri connessi, funzioni formative, culturali e ricreative.

 

In base agli artt. 15-17 del medesimo d.lgs. 68/2012, i collegi universitari legalmente riconosciuti sono strutture private a carattere residenziale, aperte a studenti di atenei italiani o stranieri, di elevata qualificazione formativa e culturale, che perseguono la valorizzazione del merito e l'interculturalità della preparazione, assicurando a ciascuno studente, sulla base di un progetto personalizzato, servizi educativi, di orientamento e di integrazione dei servizi formativi. I collegi universitari legalmente riconosciuti sono gestiti da soggetti che non perseguono fini di lucro.

Il Ministero dell’università e della ricerca concede, con proprio decreto, il riconoscimento ai collegi universitari che ne avanzano richiesta e che, a tal fine, devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale.

L'accreditamento è concesso con decreto del Ministro, su domanda avanzata dagli interessati, che a tal fine devono avere ottenuto il riconoscimento da almeno 5 anni e devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale[144].

Le scuole universitarie di alta formazione a carattere residenziale, attivate presso le università allo scopo di offrire servizi formativi aggiuntivi rispetto ai corsi di studio, sono riconosciute e accreditate con decreto del Ministro, su proposta dell'ANVUR.

L’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs. ha previsto anche che per i collegi universitari legalmente riconosciuti alla data della sua entrata in vigore, restavano ferme le disposizioni vigenti e gli stessi si consideravano riconosciuti ed accreditati, gravando, in ogni caso, sui medesimi l'obbligo di adeguarsi agli standard e requisiti ivi previsti entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di disciplina del riconoscimento[145].

L'accreditamento è condizione necessaria per la concessione del finanziamento statale[146].

Le relative risorse sono allocate sul cap. 1696/pg. 1 dello stato di previsione del MI[147].

 

Con particolare riferimento a modalità e condizioni di accesso ai finanziamenti statali, queste sono state definite – in attuazione dell’art. 17 del d.lgs. 68/2012 – dal DM 695/2017 e, da ultimo, dal DM 763/2018.

In particolare, quest’ultimo, ha stabilito che:

§  alle residenze universitarie statali (dell’Università degli Studi di Cosenza, della Scuola Superiore Normale di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, così individuate tenuto conto della specifica natura di istituzione universitaria a “carattere residenziale” posseduta) è attribuita una quota pari al 25% dello stanziamento annuale del cap. 1696/pg. 1, da ripartire tra le stesse proporzionalmente al numero degli studenti iscritti, tenendo conto in ogni caso che la quota complessiva da assegnare loro non può essere inferiore a € 3 mln annui;

§  ai collegi universitari di merito accreditati è attribuita la residua quota pari al 75% dello stanziamento annuale del cap. 1696/pg. 1, da ripartire tra gli stessi sulla base dei criteri indicati nel citato DM 695/2017.

La ripartizione delle quote di finanziamento è operata annualmente con decreto del Ministero dell’università e della ricerca[148].

Per completezza, si ricorda che ai collegi universitari di merito accreditati è stata destinata parte delle risorse del Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca (vigilati dal MUR), istituito per il 2020 dall’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), di cui l’art. 89, co. 6, del disegno di legge in esame prevede la stabilizzazione a decorrere dal 2021.


 

Articolo 89, comma 5
(Progressione di carriera dei ricercatori
universitari a tempo indeterminato)

 

 

L'articolo 89, comma 5, incrementa le risorse destinate alla progressione di carriera dei ricercatori universitari a tempo indeterminato prevista dal D.L. 162/2019 (L. 8/2020), e modifica la relativa disciplina, in particolare incrementando la quota riservata alla copertura dei posti mediante valutazione di ricercatori a tempo indeterminato già in servizio nel medesimo ateneo.

 

A tal fine, novella l’art. 6, co. 5-sexies, lett. b), del D.L. 162/2019 (L. 8/2020).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 6, co. 5-sexies, lett. b), del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha autorizzato le università a bandire procedure per la chiamata di professori universitari di seconda fascia, nel limite di spesa di € 15 mln annui dal 2022, riservate a ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale (ASN)[149].

Per la copertura dei posti, ha disposto che si provvede (come già previsto, per analoga procedura, dalla L. di bilancio 2019)[150]:

§  per almeno il 50% dei posti, mediante espletamento di procedure di chiamata, riservate a ricercatori a tempo indeterminato in possesso dell’ASN, bandite ai sensi dell’art. 18 della L. 240/2010.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 18 della L. 240/2010 – come modificato dall’art. 49 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) – prevede che le università disciplinano con proprio regolamento, nel rispetto del codice etico, nonché dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori[151], la chiamata dei professori di prima e seconda fascia. A tal fine, devono considerare i criteri ivi indicati, relativi, fra l’altro, alla pubblicità del procedimento, all’ammissione allo stesso di studiosi in possesso dell'ASN, alla formulazione della proposta di chiamata e all’approvazione della stessa;

§  per non più del 50% dei posti, ed entro il 31 dicembre 2022, mediante valutazione, ai sensi dell’art. 24, co. 6, della stessa L. 240/2010, dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso dell’ASN già in servizio presso il medesimo ateneo.

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 24, co. 6, della L. 240/2010, come modificato, da ultimo, dall’art. 5, co. 1, lett. b), del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), la procedura di cui al co. 5 dello stesso art. 24[152] può essere utilizzata per la chiamata in ruolo di professore di prima e di seconda fascia di professori di seconda fascia e di ricercatori a tempo indeterminato già in servizio presso il medesimo ateneo, che abbiano conseguito l’ASN, fino al 31 dicembre del decimo anno successivo alla data di entrata in vigore della legge e, dunque, fino al 31 dicembre 2021. A tal fine, le università possono utilizzare fino a metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professori di ruolo[153].
Rispetto alla disciplina generale prevista dall’art. 24, co. 6, della L. 240/2010, il termine del 31 dicembre 2022 previsto dall’art. 6, co. 5-sexies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) sembrerebbe, dunque, aver rappresentato una deroga.

Le risorse sono state ripartite con decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 84 del 14 maggio 2020 che ha previsto la progressione di carriera per circa 1.034 unità.

 

Rispetto alla disciplina descritta, si prevede ora, anzitutto, che il limite di spesa è elevato (da € 15 mln) a € 30 mln.

Si modifica, inoltre, la disciplina disponendo che, a tal fine, le procedure di chiamata di cui all’art. 18 della L. 240/2010 possono essere bandite per una quota fino al 50% dei posti (e non più per almeno il 50% dei posti) e, corrispondentemente, che le procedure di valutazione di cui all’art. 24, co. 6, della stessa L. 240/2010 sono attivate per almeno il 50% dei posti (e non più per non più del 50% dei posti).


 

Articolo 89, comma 6
(Fondo per le esigenze emergenziali di università,
istituzioni AFAM, enti di ricerca)

 

 

L'articolo 89, comma 6, destina risorse anche per il 2021 al “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’Università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca” istituito, per il 2020, dal D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

In particolare, dispone che, in considerazione del protrarsi dello stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19[154], al Fondo sono assegnati € 34,5 mln per il 2021 e che i criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse sono individuati con uno o più decreti del Ministro dell’università e della ricerca.

Con riguardo ai possibili beneficiari, tuttavia, la disposizione si riferisce (solo) a università, istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM), enti di ricerca e collegi universitari di merito accreditati[155]. A differenza di quanto previsto dall’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), dunque, non sono menzionate anche le università non statali legalmente riconosciute e non è precisato che tra gli enti di ricerca sono destinatari delle risorse solo quelli vigilati dal MUR.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

Al riguardo, si ricorda, infatti, che l’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, ha istituito per l'anno 2020 nello stato di previsione del MUR il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni AFAM e degli enti di ricerca”[156], con una dotazione di € 50 mln per il 2020, destinandolo alle università, anche non statali legalmente riconosciute, ai collegi universitari di merito accreditati, alle istituzioni AFAM, agli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR. Ha, altresì, previsto che i criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse dovevano essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca.

Successivamente, l’art. 236, co. 1, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha previsto un incremento di € 62 mln del Fondo, da utilizzare prioritariamente per iniziative a sostegno degli studenti che necessitavano di servizi o strumenti per l’accesso alla ricerca o alla didattica a distanza.

In attuazione, è intervenuto il DM 294 del 14 luglio 2020 che ha operato la seguente ripartizione: € 75 mln alle università statali, di cui € 30 mln per le finalità del D.L. 18/2020 ed €  45 mln per le finalità del D.L. 34/2020; € 7 mln alle università non statali, di cui € 3 mln per le finalità del D.L. 18/2020 ed € 4 mln per le finalità del D.L. 34/2020 (L. 77/2020); € 8 mln alle Istituzioni AFAM statali, di cui € 3.350.000 per le finalità del D.L. 18/2020 ed € 4.450.000 per le finalità del D.L. 34/2020; € 1 mln alle Istituzioni AFAM non statali, di cui € 450.000 per le finalità del D.L. 18/2020 ed € 550.000 per le finalità del D.L. 34/2020; € 3 mln ai collegi universitari di merito accreditati, di cui € 2 mln le finalità del D.L. 18/2020 ed € 1 per le finalità del D.L. 34/2020; € 18 mln agli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR, di cui € 11 mln per le finalità del D.L. 18/2020 ed € 7 mln per le finalità del D.L. 34/2020.

In particolare, il DM ha previsto che le risorse di cui all’art. 100 del D.L. 18/2020 dovevano essere utilizzate per misure straordinarie di sicurezza delle sedi, quali la sanificazione dei locali, l’implementazione delle disposizioni di distanziamento, la dotazione di adeguati dispositivi di protezione individuale e i connessi costi di formazione per la sicurezza. Le risorse di cui all’art. 236 del D.L. 34/2020 dovevano, invece, essere prioritariamente destinate a: acquisto da parte delle Istituzioni di dispositivi digitali e di quanto necessario per consentire l’accesso da remoto alle banche dati e l’accesso alle risorse bibliografiche, da destinare agli studenti. Gli studenti beneficiari dovevano essere individuati dalle Istituzioni secondo criteri finalizzati a contenere il fenomeno del “divario digitale”; misure di pianificazione delle attività delle Istituzioni, anche in relazione all’avvio dell’a.a. 2020/2021, attraverso l’acquisto di dispositivi digitali e di quanto necessario per l’accesso alle piattaforme digitali, finalizzati alla ricerca e alla didattica a distanza. Per ciascuna categoria, il DM ha individuato poi i criteri di ripartizione.

 


 

Articolo 90, commi 1-4
(Fondi per la ricerca)

 

 

L'articolo 90, al comma 1, incrementa il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE) di 65 milioni di euro a decorrere dal 2021. Il comma 2 istituisce il Fondo per la promozione e lo sviluppo delle politiche del Programma nazionale per la ricerca (PNR), con una dotazione di 200 milioni di euro per gli anni 2021 e 2022 e 50 milioni di euro per il 2023. Il comma 3 istituisce il Fondo per l'edilizia e le infrastrutture di ricerca, con una dotazione di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 250 milioni di euro per l’anno 2023, 200 milioni di euro per gli anni 2024 e 2025 e di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2035. Il comma 4 istituisce il Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca, con una dotazione di 10 milioni di euro a decorrere dal 2021 e consente al Ministero dell'università e della ricerca di avvalersi di Invitalia per il supporto agli interventi nella ricerca.

 

I commi da 1 a 4 dell'articolo 90 prevedono risorse aggiuntive per il settore della ricerca, attraverso l'incremento di un Fondo esistente e l'istituzione di nuovi (alcuni dei quali con una dotazione solo per annualità definite, altre con uno stanziamento a regime). Si fa presente che, per il riparto del Fondo esistente, la normativa vigente prevede il parere delle Commissioni parlamentari, che invece non è previsto nelle disposizioni in commento relative ai nuovi Fondi.

 

In dettaglio, il comma 1 incrementa il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE) pubblici vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca, di cui all'art. 7 del d.lgs. 204/1998, di 65 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. Il FOE è iscritto nel cap. 7236 dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca.

L'art. 7 del d.lgs. 204/1998 ha disposto che il FOE è ripartito annualmente fra gli enti interessati con uno o più decreti ministeriali, comprensivi di indicazioni per i due anni successivi, emanati previo parere delle Commissioni parlamentari.

Per l'anno 2020, il FOE è stato ripartito D.M. n. 744 dell'8 ottobre 2020 e relativa Tabella.

 

L'art. 7 del d.lgs. 204/1998 ha previsto che al Fondo affluivano, dal 1° gennaio 1999, i contributi già previsti da norme vigenti relativi a:

§  Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);

§  Agenzia spaziale italiana (ASI);

§  Osservatorio geofisico sperimentale (poi, sulla base dell'art. 7 del d.lgs. 381/1999, Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - OGS);

§  enti già finanziati dall'allora MURST, ossia Stazione zoologica "Anton Dohrn" di Napoli e Istituto nazionale di geofisica. Quest'ultimo è poi confluito, in base all'art. 1 del d.lgs. 381/1999, nell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – INGV;

§  Istituto nazionale per la fisica della materia (INFM). Quest'ultimo è poi confluito, ai sensi dell'art. 23 del d.lgs. 127/2003, nel CNR.

 

Inoltre, ha disposto che, dalla medesima data, affluivano al Fondo altri contributi e risorse finanziarie stabiliti per legge in relazione alle attività di:

§  Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN);

§  INFM e relativi laboratori di Trieste e di Grenoble;

§  Programma nazionale di ricerche in Antartide (PNRA). In proposito,  l'articolo 90, comma 6, su cui si veda la relativa scheda di lettura, rende autonomo il finanziamento al Programma nazionale di ricerche in Antaride, che non insiste più sul FOE;

§  Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna. In seguito, esso è stato dapprima trasformato in Istituto nazionale della Montagna e, quindi, soppresso dall'art. 1, co. 1280, della L. 296/2006, che ha contestualmente previsto il trasferimento delle relative funzioni all'Ente italiano Montagna, a sua volta soppresso dall'art. 7, co. 19, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).

 

Con successivi interventi, sono stati inclusi fra i destinatari del FOE anche altri enti. Si tratta, in particolare, di:

§  Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste (art. 9, co. 3, lett. g), del d.lgs. 381/1999);

§  Istituto nazionale di alta matematica - INDAM (art. 10, co. 1, lett. g), del d.lgs. 381/1999);

§  Istituto italiano di studi germanici (art. 4, co. 5, del d.lgs. 419/1999). L'Istituto è stato poi qualificato ente pubblico di ricerca nazionale, a carattere non strumentale, dall'art. 1-quinquies del D.L. 250/2005 (L. 27/2006);

§  Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche Enrico Fermi (art. 1, co. 5, della L. 62/1999);

§  Istituto nazionale di astrofisica – INAF (art. 16, co. 1, lett. a), del d.lgs. 138/2003);

§  Istituto nazionale di ricerca metrologica – INRIM (art. 15, co. 1, lett. a), del d.lgs. 38/2004);

§  Sincrotrone di Trieste Spa, con riferimento al quale l'art. 2, co. 2, del D.L. 7/2005 (L. 43/2005) ha disposto che, per assicurare lo sviluppo della competitività internazionale della infrastruttura complessiva, il contributo ordinario per il funzionamento era integrato, dal 2005, con un importo annuo pari a 14 milioni di euro, a valere sul FOE, con erogazione diretta;

§  Istituto nazionale documentazione, innovazione, ricerca educativa (INDIRE) e Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), con riferimento ai quali l'art. 19, co. 3, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto che, a decorrere dal 2013, le risorse derivanti dagli interventi di razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica (recati dal medesimo art. 19) confluiscono sul FOE per essere destinate al funzionamento dei due enti;

§  Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR). Al riguardo, infatti, l'art. 12, co. 7, del DPR 76/2010, ha disposto che il Ministro, sentita la CRUI, può riservare annualmente per l'Agenzia ulteriori risorse – oltre quelle iscritte ai fini del funzionamento dell'ANVUR nello stato di previsione del Ministero –, a valere sul FOE (nonché sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università-FFO, di cui all'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993), in relazione alle esigenze della stessa per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali di valutazione.

 

Si fa presente che, in virtù del comma 6 dell'articolo 90, alla cui scheda di lettura si rinvia, il FOE viene contestualmente ridotto, dal 2021, di 23 milioni di euro, a seguito della scelta di scorporare il finanziamento del Programma nazionale di ricerca in Antartide (PNRA).

 

Il comma 2 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca il “Fondo per la promozione e lo sviluppo delle politiche del Programma nazionale per la ricerca (PNR)”, con una dotazione di 200 milioni di euro per (ciascuno degli) gli anni 2021 e 2022 e di 50 milioni di euro per l’anno 2023. Il Fondo è iscritto nel cap. 7730 dello stato di previsione del Ministero dell'università e delle finanze. Le finalità del Fondo sono:

§  rafforzare le misure di sostegno alla ricerca scientifica indicate nel Programma nazionale per la ricerca (PNR).

Il Programma nazionale della ricerca (PNR), predisposto dal Ministero dell'università e della ricerca, è il principale documento programmatico che orienta la politica di ricerca in Italia. Attualmente, è in vigore il PNR 2015-2020, approvato dal CIPE il 1° maggio 2016, in coerenza con quanto stabilito dalla Strategia nazionale di specializzazione intelligente (SNSI), presentata dall'Italia nell'ambito della programmazione dei Fondi strutturali 2014-2020. L'11 agosto 2020 il Ministero dell’università e della ricerca ha lanciato una consultazione pubblica per la definizione del Programma nazionale per la ricerca 2021-2027, che si è chiusa l'11 settembre 2020;

 

§  garantire lo sviluppo delle linee strategiche nel campo della ricerca scientifica coerenti con il Programma quadro di ricerca e innovazione dell’Unione europea.

I Programmi quadro rappresentano il principale strumento - unitamente ai Fondi strutturali e al Fondo di coesione - con cui l'Unione europea sostiene la ricerca e sono elaborati su base pluriennale. I programmi quadro fissano gli obiettivi, le priorità e il pacchetto finanziario tramite cui offrire sostegno a progetti di ricerca di tipo multidisciplinare e transnazionale. Per il settennio 2014-2020 il Programma quadro per la ricerca e l'innovazione è Horizon 2020, mentre per il settennio 2021-2027 il prossimo Programma quadro proposto dalla Commissione europea è Horizon Europe (COM (2018) 435). Per una sintesi dei rispettivi contenuti si vedano i relativi temi web sul sito della Camera dei deputati.

 

    Con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca - per la cui adozione non è previsto un termine - sono individuati i criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse tra le università, gli enti e le istituzioni pubbliche di ricerca.

 

Il comma 3 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il “Fondo per l’edilizia e le infrastrutture di ricerca”, con stanziamenti pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 250 milioni di euro per l’anno 2023, 200 milioni di euro per (ciascuno degli) gli anni 2024 e 2025 e di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2035. Il Fondo è iscritto nel cap. 7270 dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca.

La finalità del Fondo è di promuovere gli interventi di ammodernamento strutturale e tecnologico delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e degli enti di ricerca.

Con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca - per la cui adozione non è previsto un termine - sono individuati i criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse tra le università, le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e gli enti di ricerca.

 

Il comma 4 autorizza il Ministero dell’università e della ricerca ad avvalersi dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. - Invitalia, per i servizi di supporto specialistico e attività di analisi, di valutazione economica e finanziaria e per la verifica, il monitoraggio e il controllo connessi agli interventi nel settore della ricerca, con particolare riferimento alla programmazione strategica del Programma nazionale della ricerca (PNR) e dei progetti finanziati con risorse nazionali, dell’Unione europea e tramite il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l'Agenzia, posta la sua missione istituzionale (cfr. infra), è ente strumentale del MISE.

L'Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia disposto dalla legge finanziaria (art. 1, co. 460 della L. 296/2006 ). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - Invitalia, ha subito una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di Invitalia consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie. In particolare l'Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d'impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Invitalia, nell'assemblea straordinaria del 7 giugno 2017, ha deliberato le modifiche alle disposizioni statutarie che la qualificano come società in house (cfr. delibera n. 484 del 30 maggio 2018 dell'ANAC con la quale l'Agenzia è stata riconosciuta come soggetto "in house" di tutte le amministrazioni centrali dello Stato in linea con quanto previsto dall'art. 192 del Codice dei contratti (d.lgs. n. 50 del 2016). Si rinvia all'ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito su Invitalia. L'elenco delle società controllate da Invitalia è disponibile sul sito istituzionale dell'Agenzia.

 

Le modalità con cui il Ministero si avvale di Invitalia sono stabilite mediante convenzione.

 

Per le summenzionate finalità, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il "Fondo per la valutazione e la valorizzazione dei progetti di ricerca”, con una dotazione di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021. Il Fondo è iscritto sul cap. 1739 dello stato di previsione del Minstero dell'università e della ricerca.

Si valuti l'opportunità di chiarire a quali atti sia demandata la definizione delle modalità di gestione del Fondo, ovvero se esse siano previste nella convenzione tra Ministero e Invitalia.

 


 

Articolo 90, comma 5
(Valutazione dei progetti di ricerca)

 

 

L'articolo 90, comma 5, razionalizza i soggetti che effettuano la valutazione e la selezione dei programmi di ricerca nonchè la tipologia di attività svolte, affidate a esperti tecnico-scientifici e professionali, individuati singolarmente o organizzati in comitati. Gli oneri per tali attività sono fissati nel limite del 7 per cento delle risorse destinate al finanziamento dei programmi di ricerca stessi, limite che si applica anche alle spese per il funzionamento del Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR).

 

In dettaglio, la disposizione è finalizzata a semplificare lo svolgimento delle attività di selezione e di valutazione dei programmi e dei progetti di ricerca nonché di valutazione dell’attuazione e dei risultati dei medesimi.

Il Ministero dell'università e della ricerca si avvale quindi di esperti tecnico-scientifici e professionali, individuati singolarmente o organizzati in comitati o in commissioni (al riguardo, si valuti l'opportunità di stabilire a chi spetti la definizione dell'organizzazione degli esperti in comitati o commissioni), per le attività di:

§  analisi tecnico-scientifiche, finanziarie, amministrativo-contabili;

§  verifica, monitoraggio e controllo.

 

Per lo svolgimento di queste attività gli oneri - inclusi quelli per i compensi in favore dei soggetti incaricati della selezione e valutazione di programmi e progetti di ricerca (art. 5 del D.L. 212/2002 - L. 268/2002) - sono a carico, nel limite massimo del 7 per cento, delle risorse destinate al finanziamento dei programmi e dei progetti di ricerca. La relazione illustrativa fa presente che in questo modo si uniforma - stabilendola al limite massimo - la soglia relativa ai compensi per le attività di valutazione, che attualmente varia dall'1 al 7 per cento delle risorse dei progetti medesimi.

Le disposizioni in esame si applicano anche alle spese per il funzionamento e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca del Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR).

In base all'art. 21 della L. 240/2010, il CNGR è composto da sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, tra i quali almeno due donne e due uomini, nominati dal Ministro, il quale sceglie in un elenco composto da non meno di dieci e non più di quindici persone definito da un comitato di selezione. Il comitato di selezione, istituito con decreto del Ministro, è composto da cinque membri di alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal presidente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR), dal presidente dell'European Research Council, dal presidente dell'European Science Foundation.

 

Conseguentemente, sono abrogate le seguenti disposizioni:

§  l'art. 5, co. 2, secondo periodo, del D.L. 212/2002 (L. 268/2002), secondo cui la spesa per i compensi dei soggetti svolgenti selezione e valutazione dei progetti è compresa  nell'ambito  dei  fondi  riguardanti  il  finanziamento di progetti o programmi di ricerca e comunque per un importo massimo non superiore al 5 per cento dei predetti fondi;

§  l’art. 32, co. 3, del D.L. 5/2012 (L. 35/2012), secondo cui gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento delle commissioni tecnico-scientifiche o professionali di valutazione e controllo dei progetti di ricerca, compresi i compensi a favore di esperti di alta qualificazione  tecnico-scientifica,  sono  a  carico delle  risorse  del  Fondo  per  gli  investimenti  nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), di cui all'articolo 1, comma  870, della L. 296/2006;

§  l'art. 21, co. 3, della L. 240/2010, secondo cui la spesa per il funzionamento del CNGR e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca è compresa nell'ambito dei fondi riguardanti il finanziamento dei progetti o programmi di ricerca, per un importo massimo non superiore al 3 per cento dei predetti fondi. Per effetto dell'abrogazione di tale disposizione, viene meno anche il secondo periodo dell'art. 21, co. 3, in base al quale "il decreto del Ministro che nomina i componenti del CNGR determina le indennità spettanti ai suoi componenti". Si valuti la congruità di tale abrogazione.

 

Si segnala che l'art. 20 della L. 240/2010, al primo periodo, fa riferimento ad "appositi comitati" per la valutazione dei progetti di ricerca, stabilendo che "i progetti di ricerca fondamentale libera e fondamentale di tipo strategico finanziati a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica sono assoggettati a valutazione tramite appositi comitati, secondo criteri stabiliti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, tenendo conto in particolare dei principi della tecnica di valutazione tra pari". Il terzo periodo precisa che le attività sono svolte a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente. Considerato l'intento semplificatorio della disposizione in commento, si valuti l'opportunità di un approfondimento sull'eventuale abrogazione dell'art. 20, primo e terzo periodo, della L. 240/2010.


 

Articolo 90, comma 6
(Programma nazionale di ricerche in Antartide)

 

 

L'articolo 90, comma 6, modifica le modalità di finanziamento del Programma nazionale di ricerche in Antartide (PNRA), svincolandone l'erogazione dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE), che attualmente rappresenta il canale di finanziamento. Si prevede dunque l'assegnazione annuale di un contributo di 23 milioni di euro a decorrere dal 2021, con modalità da definire con successivi decreti.

 

Con la L. 963/1980 è stata data attuazione al Trattato sull'Antartide  firmato  a  Washington  il  1°dicembre 1959; per assicurare la partecipazione dell'Italia al Trattato sull'Antartide, la L. 284/1985 ha autorizzato un programma di ricerche scientifiche e tecnologiche, la cui elaborazione è affidata al Ministro dell'università e della ricerca, al cui interno sono istituiti un Comitato consultivo interministeriale per l'Antartide e una Commissione scientifica nazionale per l'Antartide (CNSA). Successivamente, la L. 380/1991 ha stabilito che il  Ministro dell'università e della ricerca presenta al CIPE ogni tre anni il  programma del successivo quinquennio, dopo avere preventivamente acquisito il parere del Comitato consultivo interministeriale per l'Antartide; è stata altresì modificata la composizione della CNSA.

La L. 266/1997 (art. 5, co. 3), abrogando le LL. 284/1985 e 380/1991, ha demandato ad un successivo decreto la rideterminazione dei soggetti incaricati dell'attuazione, delle strutture operative, nonché dei compiti e degli organismi consultivi e di coordinamento, le procedure per l'aggiornamento del programma, le modalità di attuazione e la disciplina dell'erogazione delle risorse finanziarie relative al Programma nazionale di ricerche in Antartide.

In attuazione, il D.I. 30 settembre 2010 ha affidato al Ministero dell'università e della ricerca i compiti di:

§  approvare il  PNRA contenente le linee strategiche e di indirizzo per la sua attuazione, proposto dalla  Commissione  scientifica  nazionale  per  l'Antartide (CSNA), definita al successivo art. 2;

§  approvare, previo parere della CSNA, i programmi esecutivi annuali (PEA) predisposti dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);

§  vigilare sull'attuazione del Programma nel rispetto delle norme previste dal Trattato sull'Antartide;

§  determinare, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri, il trattamento di missione per il personale impegnato in Antartide;

§  emanare direttive, sentite la CSNA, il CNR e l'ENEA, per la migliore attuazione del Programma.

Al CNR sono affidate fra l'altro le attività di programmazione scientifica e di coordinamento scientifico, mentre il coordinamento logistico è affidato all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Le risorse destinate al Programma sono attualmente assegnate allo stesso CNR, nell'ambito del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE). Il CNR provvede ad erogare quota parte del finanziamento all'ENEA per la gestione delle campagne in Antartide.

La programmazione strategica 2017-2019 è stata approvata con D.M. n. 948 del 4 dicembre 2017, nel quale si evince che il fabbisogno finanziario per il triennio 2017-2019 è pari a 74 milioni di euro.

 

La disposizione stabilisce che agli enti pubblici di ricerca incaricati dell’attuazione del PNRA è assegnato annualmente dal Ministero dell'università e della ricerca, con proprio decreto, a decorrere dal 2021, un contributo di 23 milioni di euro.

Con uno o più decreti del Ministro dell’università e della ricerca - per la cui adozione non è previsto un termine -  adottati ai sensi dell’art. 17, co. 3, della L. 400/1988, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuati:

§  le modalità per l’approvazione e l’aggiornamento del PNRA;

§  i soggetti incaricati dell’attuazione del PNRA;

§  i meccanismi di coordinamento tra le amministrazioni pubbliche interessate.

 

Conseguentemente viene abrogato l'art. 5, co. 3, della L. 266/1997. Tale norma, a differenza della disposizione in commento, aveva demandato ad un decreto del Ministro anche la definizione dei compiti e degli organismi consultivi nonché la disciplina dell'erogazione delle risorse finanziarie. Si valuti l'opportunità di una integrazione in tal senso, tanto più che -  con una modifica all'art. 7 del D.Lgs. 204/1998 - si prevede lo scorporo delle risorse del PNRA dal Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE) e dunque non risulterebbe chiara la modalità di erogazione dei finanziamenti tra i soggetti attuatori del PNRA.

Si segnala peraltro che lo scorporo dal FOE delle risorse sul PNRA implicherebbe il venir meno il parere delle Commissioni parlamentari. La relazione illustrativa motiva tale modalità diversa di attuazione e gestione con l'esigenza di tempestività di finanziamento, trattandosi di risorse doverose e stabili connesse all'applicazione di trattati internazionali.

 

Agli oneri relativi alla disposizione in commento, pari a 23 milioni di euro dal 2021, si provvede proprio riducendo in misure corrispondente il FOE, che è incrementato di 65 milioni di euro dal comma 1 dell'articolo 90 (su cui si rinvia alla relativa scheda).


 

Articolo 91
(Recupero e sviluppo del complesso sportivo "Città dello sport")

 

 

L'articolo 91 assegna 25 milioni di euro, nel 2021, al Ministero dell’università e della ricerca per il successivo trasferimento all'Università di Tor Vergata, al fine di definire il contenzioso pendente connesso alla mancata realizzazione del complesso sportivo “Città dello Sport”. La proprietà dell'area e delle opere realizzate passa all'Agenzia del demanio, con atto da stipulare entro il 31 marzo 2021. Per la manutenzione delle opere realizzate e la messa in sicurezza dell’area trasferita sono assegnati 3 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2023 all'Agenzia del demanio. Dalla data di definizione dei contenziosi cessa la convenzione tra l'Università Tor Vergata e la società assegnataria dei lavori.

 

In dettaglio, il comma 1 dispone l’assegnazione di 25 milioni di euro - che costituisce limite di spesa - al Ministero dell’università e della ricerca e successivo trasferimento della somma all’università degli Studi di Roma “Tor Vergata” per la definizione dei contenziosi in essere con affidatari dei lavori e progettisti per la mancata finalizzazione della cosiddetta Città dello Sport, infrastruttura incompiuta che sorge su un terreno di proprietà dell’università stessa.

 

Al comma 2 è previsto il trasferimento, contestuale all’assegnazione delle somme, da parte dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” in favore dell'Agenzia del demanio del diritto di proprietà dell’area su cui insiste il complesso sportivo polifunzionale, nonché delle opere già realizzate unitamente ai progetti sinora sviluppati per la sua realizzazione, al fine di consentire il completamento delle opere ovvero la revisione dei progetti stessi. L’atto traslativo deve essere stipulato e trascritto in ogni caso entro il 31 marzo 2021.

 

 Il comma 3 prevede l’assegnazione all'Agenzia del demanio di 3 milioni di euro annui per gli anni dal 2021 al 2023 per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria e messa in sicurezza dell’area trasferita.

 

Il comma 4 dispone la cessazione a tutti gli effetti, dalla data di definizione dei contenziosi in essere, della convenzione stipulata il 23 ottobre 1987 ancora in essere tra l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e la Vianini Lavori S.p.A., società assegnataria dei lavori.


 

Articolo 92
(Promozione dell'attività sportiva di base sui territori)

 

 

L'articolo 92 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per potenziare l'attività sportiva di base, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2021.

 

La disposizione istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento delle risorse al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2021. La finalità è di potenziare l’attività sportiva di base sui territori per tutte le fasce della popolazione e di ottimizzare gli interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria attraverso l’esercizio fisico.

 

Si ricorda che con D.P.C.M. 28 maggio 2020, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato istituito il Dipartimento per lo sport, quale struttura di supporto al Presidente ovvero all'Autorità politica delegata per l'esercizio delle funzioni in materia di sport. Con D.M. 9 luglio 2020 è stata disciplinata l'organizzazione del Dipartimento per lo sport, che si articola in un Ufficio di livello dirigenziale generale e in tre Servizi di livello dirigenziale non generale.

 

Si stabilisce poi che con decreto dell’Autorità di governo competente in materia di sport - per la cui adozione non è previsto un termine - sono individuati i criteri di gestione delle suddette risorse.

 

Per approfondimenti sugli interventi di promozione dello sport si veda il tema "Misure per la promozione dello sport" sul sito internet della Camera dei deputati.


 

Articolo 93
(Contribuzione pensionistica dei professori e
ricercatori delle università private)

 

 

L’articolo 93 concerne la misura della contribuzione pensionistica prevista per i professori e ricercatori delle università private legalmente riconosciute. Si prevede, in primo luogo, che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, le aliquote a carico del datore di lavoro e del dipendente siano pari a quelle in vigore per le stesse categorie di personale presso le università statali (e quindi pari a quelle in vigore per la generalità dei dipendenti statali). Si dispone, inoltre, un trasferimento dal bilancio dello Stato all'INPS per il 2021, pari a 53.926.054 euro, ai fini della compensazione delle minori entrate contributive, derivanti dalle aliquote più basse (per i suddetti professori e ricercatori delle università private) che restano operanti per il periodo precedente il 2021 (la norma fa riferimento al periodo 2016-2020, periodo per il quale i contributi previdenziali non sono ancora prescritti[157]). Si specifica che restano in ogni caso acquisite all'INPS le contribuzioni versate per il periodo precedente il 2021.

 

Più in particolare, la norma di equiparazione in oggetto concerne i professori e ricercatori delle università private legalmente riconosciute il cui statuto preveda che per il trattamento pensionistico dei propri professori e ricercatori si applichi la disciplina vigente per i dipendenti statali. In base all'articolo 2, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 335 - il quale ha previsto che per le categorie di personale non statale i cui trattamenti siano a carico del bilancio dello Stato rimangano ferme, in via transitoria, le aliquote di contribuzione pensionistica già vigenti -, per i dipendenti delle università private rientranti nella suddetta disciplina pensionistica statale hanno continuato a trovare applicazione, secondo almeno una certa linea interpretativa, aliquote più basse rispetto a quelle vigenti (in base al medesimo articolo 2, comma 2) per i dipendenti statali.

 

La possibilità che lo statuto dell'università privata preveda, per i propri professori e ricercatori, l'applicazione del regime pensionistico valido per i dipendenti statali è ammessa e disciplinata dall'articolo 4 della L. 29 luglio 1991, n. 243.


 

Articolo 94
(Fondazione per il futuro delle città)

 

 

L'articolo 94 istituisce la fondazione denominata Fondazione per il futuro delle città (FFC) con lo scopo di promuovere il progresso della ricerca e dell’alta formazione basata su soluzioni prevalentemente vegetali, al fine di garantire lo sviluppo del sistema produttivo nazionale in relazione alla transizione verde dell’Italia.

 

In base al comma 1, a tal fine, la fondazione instaura rapporti con organismi omologhi in Italia e assicura l’apporto di ricercatori italiani e stranieri operanti presso istituti italiani ed esteri di eccellenza.

Ai sensi del comma 2, lo statuto della fondazione, concernente anche l’individuazione degli organi della fondazione, della composizione e dei compiti, è approvato con DPCM, sentiti i Ministri dell’università e della ricerca, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell’economia e delle finanze.

Il comma 3 prevede che il patrimonio della fondazione è costituito e incrementato da apporti dello Stato e di soggetti pubblici e privati; le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate da contributi di enti pubblici e di privati. Alla fondazione possono essere concessi in uso, anche a titolo gratuito e con oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione a carico della stessa, beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile dello Stato. La concessione in uso di beni di particolare valore artistico e storico è effettuata di intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Per il comma 4, per l’istituzione e l’avvio dell’operatività della fondazione è istituito un apposito fondo nello stato di previsione della spesa del MEF, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2021 e 3 milioni di euro annui per gli anni 2022 e 2023.

Il comma 5 esclude tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa da ogni tributo e diritto. Essi vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.

 


 

Articolo 95
(Proposta completamento lavori del progetto "Mantova HUB" - STRALCIATO)

 

L’articolo 95 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.

 


 

TITOLO IX – CULTURA, TURISMO, INFORMAZIONE E INNOVAZIONE

Articolo 96, comma 1
(Risorse per l’esercizio della facoltà di prelazione
da parte del MIBACT)

 

 

L'articolo 96, comma 1, reca un’autorizzazione di spesa decorrente dal 2021 finalizzata a consentire al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo l’esercizio della facoltà di acquistare in via prelazione i beni culturali.

 

In particolare, l’autorizzazione di spesa è pari a € 10 mln per il 2021, € 15 mln per il 2022 ed € 5 mln (annui) a decorrere dal 2023.

 

La prelazione è disciplinata dagli artt. 60-63 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004). In particolare, per quanto qui più interessa, il Ministero ha facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento.

Qualora il bene sia alienato con altri per un unico corrispettivo o sia ceduto senza previsione di un corrispettivo in denaro ovvero sia dato in permuta, il valore economico è determinato d'ufficio dal soggetto che procede alla prelazione. Ove l'alienante non ritenga di accettare la determinazione così effettuata, il valore economico della cosa è stabilito da un terzo, designato concordemente dall'alienante e dal soggetto che procede alla prelazione. Se le parti non si accordano per la nomina del terzo, ovvero per la sua sostituzione qualora il terzo nominato non voglia o non possa accettare l'incarico, la nomina è effettuata, su richiesta di una delle parti, dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto. Le spese relative sono anticipate dall'alienante.

 


 

Articolo 96, comma 2
(Incremento delle risorse per il funzionamento di musei
e luoghi della cultura statali)

 

 

L'articolo 96, comma 2, destina risorse anche per il 2021 e per il 2022 al funzionamento dei musei e dei luoghi della cultura statali, tenuto conto delle mancate entrate da vendita di biglietti di ingresso, conseguenti all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19.

 

Per le misure adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, si veda l’apposito tema web curato dal Servizio Studi della Camera.

 

In base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), sono istituti e luoghi della cultura, oltre che i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

 

In particolare, l’articolo 96, comma 2, novella l’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), autorizzando la spesa di € 25 mln per il 2021 e di € 20 mln per il 2022.

 

Si ricorda che l’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) aveva destinato alla finalità sopra indicata € 100 mln per il 2020.

Successivamente, l’art. 80, co. 1, lett. b), del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha incrementato l’autorizzazione di spesa di € 65 mln per il 2020[158].

Al riguardo, nell’apposita sezione del sito del Mibact è evidenziato che si tratta di una misura immediatamente operativa (ossia, che non richiede l’adozione di atti applicativi).


 

Articoli 96, comma 3, e 101, comma 4
(
Card cultura per i diciottenni)

 

 

L'articolo 96, comma 3, autorizza la spesa di € 150 mln per il 2021 per l’assegnazione della c.d. Card cultura – introdotta per la prima volta nel 2016 – anche ai giovani che compiono 18 anni nel 2021.

L’articolo 101, comma 4, dispone che i giovani che compiono 18 anni nel 2020 e nel 2021 possono utilizzare la medesima Card anche per l’acquisto di abbonamenti a periodici.

 

Al riguardo, preliminarmente, si valuti l’opportunità di accorpare le due previsioni.

 

Infatti, entrambe le disposizioni novellano l’art. 1, co. 357, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), in base al quale la Carta elettronica è utilizzabile dai soggetti che compiono 18 anni nel 2020 – e, per effetto dell’art. 96, co. 3, in commento, nel 2021 - per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani – e, per effetto dell’art. 101, co. 4, in commento, periodici – anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell’editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.

Nel tempo, infatti, l’utilizzo della Carta è stato progressivamente esteso a nuove tipologie di prodotti.

 

Al riguardo, si ricorda, infatti, che l’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016[159] .

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017[160] .

Ancora in seguito, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) aveva rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione del MIBACT (cap. 1430).

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso[161].

A tale rilievo aveva dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che aveva inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al 2018[162].

Successivamente, l’art. 1, co. 604, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) aveva definito la disciplina sostanziale per l’assegnazione della carta a tutti i residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni nel 2019, stabilendo un limite massimo di spesa di € 240 mln (rispetto ai 290 mln previsti in precedenza) e demandando la definizione della disciplina applicativa (non più ad un DPCM, ma) ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Nel prosieguo, l’art. 50, co. 2, lett. h), del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) aveva ridotto l’autorizzazione di spesa per il 2019 di € 100 mln, a copertura di quota parte degli oneri da esso recati – riduzione poi ristorata dalla legge di assestamento per il 2019 (L. 110/2019) – mentre l’art. 3, co. 4-bis, del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) ha inserito i prodotti dell’editoria audiovisiva fra quelli che possono essere acquistati dai soggetti che compivano 18 anni nel 2019[163].

Da ultimo, il già citato art. 1, co. 357, della L. 160/2019 ha esteso ai residenti nel territorio nazionale che compiono 18 anni di età nel 2020 la disciplina per l’assegnazione della carta, stabilendo un limite massimo di spesa di € 160 mln – poi elevato a € 190 mln dall'art. 183, co. 11-ter, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) – e inserendo gli abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale tra i prodotti che possono essere acquistati con la stessa.

In base al successivo co. 358, gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ma che non risulta ancora intervenuto.

Con comunicato del 5 marzo 2020, il MIBACT ha reso noto che dalla prima edizione del 2016 i ragazzi che hanno usufruito della Card cultura sono stati oltre € 1,2 mln e che la spesa complessiva è stata di € 550 mln.


 

Articolo 96, comma 4
(Contributo per la Fondazione Orchestra giovanile Luigi Cherubini -
STRALCIATO)

 

L’articolo 96, comma4, 20 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.

 


 

Articolo 96, comma 5
(Incremento delle risorse per i soggetti giuridici
creati o partecipati dal MIBACT)

 

 

L'articolo 96, comma 5, incrementa, per il 2021 e il 2022, l’autorizzazione di spesa per il funzionamento dei soggetti giuridici creati o partecipati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo al fine di rafforzare l’azione di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

 

In particolare, l’autorizzazione di spesa è incrementata (da € 1 mln) a € 11 mln per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

A tal fine, si novella l’art. 1, co. 317, della L. 205/2017 (L. di stabilità 2018).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che la relazione illustrativa all’A.S. 2960 – poi L. 205/2017 – evidenziava che l’art. 1, co. 317, si rendeva necessario perché in più occasioni la Corte dei conti aveva mosso rilievo nei confronti di finanziamenti riferiti a soggetti costituiti o partecipati dal MIBACT, in assenza di un apposito capitolo di bilancio.

A seguito dell’autorizzazione di spesa, le risorse sono state appostate sul cap. 1952 dello stato di previsione del MIBACT.

Originariamente, l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, co. 317 – che dispone anche che le risorse sono ripartite annualmente con decreto del Ministero (rectius: Ministro) - era pari ad € 1 mln per il 2018 ed € 0,5 mln annui dal 2019. A decorrere dal 2020, essa era poi stata incrementata a € 1 mln annui dall’art. 1, co. 372, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020). Per il solo 2020, infine, l’autorizzazione di spesa è stata incrementata a € 6 mln dall’art. 80, co. 3, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020).

Per il 2018 le risorse sono state ripartite con DM 193 del 5 aprile 2018, che ha destinato € 300.000 alla Fondazione Real sito di Carditello, € 250.000 alla Fondazione FS, € 200.000 alla Fondazione di Archeologia e storia dell’arte, da costituirsi, € 100.000 al Consorzio delle residenze reali sabaude, € 50.000 al Museo nazionale dell’emigrazione italiana di cui all’accordo di valorizzazione del 22 gennaio 2018 fra MIBACT, Presidente della regione Liguria e sindaco del comune di Genova, € 50.000 alla Fondazione Ente ville vesuviane, € 50.000 alla Fondazione Aquileia.

Per il 2019, le risorse sono state ripartite con DM 578 dell’11 novembre 2019, che ha destinato € 150.000 alla Fondazione Real sito di Carditello, € 125.000 alla Fondazione FS, € 100.000 alla Fondazione biblioteca di archeologia e storia dell’arte, € 50.000 al Consorzio delle residenze reali sabaude, € 25.000 al Museo nazionale dell’emigrazione italiana, € 25.000 alla Fondazione Ente ville vesuviane, € 25.000 alla Fondazione Aquileia.

Per il 2020, le risorse sono state ripartite con DM 470 del 20 ottobre 2020, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione.

 

 


 

Articolo 97
(Interventi per il settore del cinema e dell’audiovisivo)

 

 

L'articolo 97 reca disposizioni volte a sostenere il settore del cinema e dell’audiovisivo.

In particolare, incrementa le risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo e innalza le aliquote massime del credito di imposta riconosciuto a imprese di produzione, imprese di distribuzione e imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione. Inoltre, stabilizza alcune delle disposizioni recate, per il 2020, dal D.L. 34/2020 (L. 77/2020), finalizzate a introdurre maggiore flessibilità nella determinazione delle risorse destinate ai crediti di imposta, anche in deroga alle percentuali previste a regime.

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 220/2016 ha ridefinito la disciplina relativa al cinema e all'audiovisivo, a fini di rilancio e di sviluppo del settore.

In particolare, l’art. 13 ha istituto il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, destinandolo al finanziamento di diverse tipologie di intervento (incentivi fiscali, incentivi automatici, contributi selettivi, contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche, Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo).

Il Fondo – le cui risorse sono allocate sul cap. 8599 dello stato di previsione del MIBACT[164] – è alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore[165], per un importo che non può essere inferiore a € 400 mln annui[166].

In base al co. 5, al riparto del Fondo fra le diverse tipologie di intervento si provvede con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentito il Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo, fermo restando che l’importo complessivo per i contributi selettivi e per quelli per la promozione dovrà oscillare tra il 10% e il 15% del Fondo[167].

Con riferimento agli incentivi fiscali (artt. 15-22), i crediti di imposta riguardano le imprese di produzione (art. 15), le imprese di distribuzione (art. 16), le imprese dell'esercizio cinematografico e le industrie tecniche e di post-produzione (art. 17), il potenziamento dell'offerta cinematografica (art. 18), le imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione, in relazione a opere realizzate sul territorio nazionale su commissione di produzioni estere (art. 19) e le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo (art. 20). Per ciascuna di tali tipologie, gli articoli citati hanno stabilito le percentuali di corresponsione degli stessi crediti di imposta.

A sua volta, l’art. 21, dettando disposizioni comuni ai diversi crediti di imposta, ha, anzitutto, disposto che gli stessi sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato con il citato decreto di riparto del Fondo (di cui all’art. 13, co. 5). Inoltre, ha stabilito che con il medesimo decreto si provvede al riparto delle risorse complessivamente iscritte in bilancio tra le diverse tipologie di credito di imposta. Ove necessario, tale riparto può essere modificato, con le medesime modalità, anche in corso d'anno.

Inoltre, ha demandato a uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il compito di stabilire, per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta e nell'ambito delle percentuali per ciascuna previsti, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere, ovvero alla varie tipologie di impresa o di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza[168].

In particolare, il comma 1, lett. a), eleva (da € 400 mln) a € 640 mln annui l’importo minimo degli introiti erariali derivanti dalle attività del settore destinato ad alimentare annualmente la dotazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo.

A tal fine, novella l'art. 13, co. 2, secondo periodo, della L. 220/2016.

 

Il comma 1, lett. b), riguarda le imprese di produzione cinematografia e audiovisiva, per le quali eleva (dal 30%) al 40%:

§  l’aliquota massima del credito di imposta;

§  l’aliquota del credito di imposta comunque riconosciuto per le opere cinematografiche;

§  l’aliquota del credito di imposta che può essere prevista in via prioritaria per determinate categorie di opere audiovisive.
In tale contesto, stabilisce anche che rientrano in tali categorie le opere audiovisive in cui il produttore indipendente mantiene la titolarità dei diritti in misura non inferiore al 40% (e non più in misura non inferiore al 30%).

A tali fini, novella l’art. 15 della L. 220/2016.

 

L’art. 15 della L. 220/2016 ha disposto, tra l’altro, che alle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è riconosciuto un credito d’imposta, in misura non inferiore al 15% e non superiore al 30% del costo complessivo di produzione. Nella determinazione dell’aliquota del credito di imposta, il decreto di cui all’art. 21 prevede comunque che:

§  per le opere cinematografiche è prevista l'aliquota del 30%;

§  per le opere audiovisive, l'aliquota del 30% può essere prevista in via prioritaria per le opere realizzate per essere distribuite attraverso un'emittente televisiva nazionale e, congiuntamente, in coproduzione internazionale ovvero per le opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere non realizzate in coproduzione internazionale ovvero che non siano opere audiovisive di produzione internazionale; per le opere in cui il produttore indipendente mantiene la titolarità dei diritti in misura non inferiore al 30%, secondo le modalità previste nel medesimo decreto di cui all'art. 21.

 

Il comma 1, lett. c), riguarda le imprese di distribuzione cinematografica e audiovisiva, per le quali eleva in maniera generalizzata (dal 30%) al 40% l’aliquota massima del credito di imposta.

Conseguentemente, sopprime la previsione di riconoscimento dell’aliquota del 40% in casi particolari.

A tal fine, novella il co. 1 dell’art. 16 della L. 220/2016 e sopprime il co. 2 dello stesso articolo.

 

In particolare, l’art. 16, co. 1, della L. 220/2016 ha stabilito che alle imprese di distribuzione cinematografica e audiovisiva è riconosciuto un credito d’imposta, in misura non inferiore al 15% e non superiore al 30%elevata al 40% nei casi previsti dal co. 2 – delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale e internazionale di opere cinematografiche e audiovisive.

In base al co. 2, nella determinazione dell’aliquota del credito di imposta, il decreto di cui all’art. 21 prevede che:

§  l'aliquota del 30% è prioritariamente stabilita in relazione alle spese per la distribuzione internazionale ovvero in relazione alle spese per la distribuzione cinematografica di opere effettuata da società di distribuzione indipendente;

§  in relazione a opere distribuite direttamente dallo stesso produttore indipendente, l'aliquota è elevata fino al 40%, a condizione che le fasi della distribuzione siano gestite secondo le modalità tecniche e le disposizioni stabilite nel medesimo decreto di cui all'art. 21.

 

Il comma 1, lett. d), riguarda il credito d'imposta finalizzato all'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi da produzioni estere. In particolare, eleva (dal 30%) al 40% l’aliquota massima del credito di imposta riconosciuto alle imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione, in relazione a opere cinematografiche e audiovisive o a parti di esse realizzate sul territorio nazionale, su commissione di produzioni estere.

A tal fine, novella l’art. 19 della L. 220/2016.

 

L’art. 19 della L. 220/2021 ha disposto che alle imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione è riconosciuto un credito d'imposta, in relazione a opere cinematografiche e audiovisive o a parti di esse realizzate sul territorio nazionale, utilizzando manodopera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura non inferiore al 25% e non superiore al 30% della spesa sostenuta nel territorio nazionale.

 

Il comma 1, lett. e), esclude innanzitutto i crediti di imposta di cui agli artt. 15 (imprese di produzione) e 19 (imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione, in relazione a opere realizzate sul territorio nazionale, su commissione di produzioni estere) dal limite massimo complessivo indicato, per le rispettive tipologie di credito di imposta, dal decreto di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016.

Inoltre, stabilizzando alcune delle disposizioni introdotte, per il 2020, dall’art. 183, co. 7, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), autorizza il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo ad adottare – tenuto conto dell’andamento del mercato nel settore del cinema e dell’audiovisivo, e nel rispetto del limite delle risorse complessive individuate con il medesimo decreto di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016 – uno o più decreti volti a ridefinire, per ogni tipologia di credito di imposta, le disposizioni applicative utili per stabilire l’entità delle risorse da destinare a ciascun beneficiario, anche in deroga alle percentuali previste dalla stessa legge per ciascuna tipologia di credito di imposta e al limite massimo stabilito per ciascuna dal più volte citato decreto di cui all’art. 13, co. 5, della medesima legge.

 

L’art. 183, co. 7, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha introdotto misure finalizzate a mitigare gli effetti subiti dal settore cinematografico e audiovisivo a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19, in particolare, stabilendo la possibilità di prevedere, per il 2020, una maggiore flessibilità nella ripartizione delle risorse destinate ai crediti di imposta, anche in deroga alle percentuali previste a regime.

Nello specifico, ha autorizzato il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo ad adottare – limitatamente agli stanziamenti relativi al 2020, e nel rispetto del limite delle risorse individuate con il decreto di riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016 – uno o più decreti, ai sensi dell’art. 21, co. 5, della stessa legge, volti a ridefinire, per ogni tipologia di credito di imposta, le disposizioni applicative utili per stabilire l’entità delle risorse da destinare a ciascun beneficiario, anche in deroga alle percentuali previste dalla stessa legge per tipologia di credito di imposta e al limite massimo stabilito per ciascuna ai sensi dello stesso decreto di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016.

Ha disposto, inoltre, che, qualora dall’attuazione di quanto previsto derivino nuovi o maggiori oneri, alla relativa copertura si provvede nei limiti delle risorse disponibili del Fondo di conto capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020)[169], che, a tal fine, sono trasferite ai pertinenti capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Infine, ha stabilito che a scopi di mitigazione degli effetti subiti dal settore cinematografico possono essere finalizzati anche i contributi automatici, i contributi selettivi e i contributi per le attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva previsti dagli artt. 23-27 della L. 220/2016, nonché i contributi per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali previsti dall’art. 28 della stessa legge.

 

Infine, il comma 2 – in accordo con quanto previsto dall’art. 17, co. 12, della L. 196/2009, in materia di copertura finanziaria delle leggi – dispone che il Ministro dell'economia delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri recati dall’articolo in esame.

In caso di scostamenti rispetto alle previsioni, si provvede mediante riduzione del più volte citato Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo.


 

Articolo 98
(Istituto Luce Cinecittà S.p.A.)

 

 

L'articolo 98 prevede la trasformazione dell'Istituto Luce Cinecittà s.r.l in società per azioni (detenute dal MEF) a decorrere dal 1° gennaio 2021. Inoltre, la disposizione in esame disciplina la composizione del consiglio di amministrazione ed autorizza un aumento di capitale pari a 10 milioni di euro nel 2021.

 

Il comma 1, stabilendo la trasformazione in società per azioni dell'Istituto Luce Cinecittà, specifica che essa subentri in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo all'Istituto Luce Cinecittà s.r.l alla data del 1° gennaio 2021. Ai sensi del comma 2, le azioni sono detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze e i diritti dell'azionista sono esercitati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), d'intesa con il MEF medesimo.

Il comma 3 prevede che i cinque membri consiglio di amministrazione della S.p.A. siano designati nel modo seguente:

§  il membro con funzioni di Presidente è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo;

§  un membro è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;

§  tre membri sono designati Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo; uno di questi ricopre la funzione di Amministratore delegato.

Il comma 4 assegna alla S.p.A. (al 1° gennaio 2021) un capitale pari al netto patrimoniale risultante dal bilancio di chiusura della Istituto Luce S.r.l. al 31 dicembre 2020, autorizzando al contempo il MEF ad incrementare tale capitale di 10 milioni nel 2021.

In base allo statuto dell'attuale Istituto Luce Cinecittà s.r.l., il capitale sociale è di 20 milioni di euro. Il consiglio di amministrazione in carica, nominato dall'Assemblea il 12 giugno 2020, è formato da tre membri che possono essere scelti anche tra membri non soci e resta in carica per tre esercizi.

 

Si ricorda che l'art. 14, co. 6-14, del D.L. 98/2011 (L.111/2001) aveva previsto la costituzione della società a responsabilità limitata Istituto Luce-Cinecittà, al fine di salvaguardare le funzioni e le attività svolte fino ad allora da Cinecittà Luce S.P.A. Il Ministero dell'economia e delle finanze assumeva la titolarità della relativa partecipazione, che non poteva formare oggetto di diritti a favore di terzi, e il Ministero per i beni e le attività culturali esercitava i diritti del socio, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, per quanto riguarda i profili patrimoniali, finanziari e statutari.

L'art. 1, co. 331, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha modificato la procedura prevista dall'art. 14, co. 6-14, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) per la liquidazione ed il trasferimento della società Cinecittà Luce S.p.A. alla società Fintecna S.p.A., o ad una società da essa interamente controllata, in particolare anteponendo il trasferimento - che doveva essere effettuato entro 60 giorni dalla data della sua entrata in vigore (dunque, entro il 2 marzo 2014) - alla liquidazione.

Si segnala, inoltre, che l'art. 27, co. 3, della L. 220/2016 (recante "Disciplina del cinema e dell'audiovisivo"), dispone che, a valere sul Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, il Ministero provvede, tra l'altro, alle finalità di cui all'art. 14, co. 10, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), inerente alle risorse da assegnare all'Istituto Luce-Cinecittà srl per la realizzazione del programma di attività e il funzionamento della società e del Museo italiano dell'audiovisivo e del cinema (MIAC). Per le modalità attuative, cfr. il DM n. 341 del 2017.

 

Si ricorda che l'Istituto Luce Cinecittà è nato nel 1924. Conserva nel proprio Archivio oltre 90.000 filmati, dagli anni Dieci agli anni Novanta del Novecento, e oltre 3 milioni di fotografie. L'11 aprile 2018 è stato presentato il portale web dell'Archivio Luce: www.archivioluce.com.

 

 


 

Articolo 99
(Interventi per la prosecuzione del risanamento
delle fondazioni lirico-sinfoniche)

 

 

L'articolo 99 reca interventi volti a consentire la prosecuzione del percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche. In particolare:

§  differisce al 31 dicembre 2021 il termine per il raggiungimento del pareggio economico e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario per le fondazioni che hanno già presentato il piano di risanamento;

§  consente la presentazione del medesimo piano alle restanti fondazioni, stabilendo per le medesime il termine del 31 dicembre 2023 per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario;

§  proroga al 31 dicembre 2022 – ovvero, con riferimento ai nuovi piani di risanamento, al 31 dicembre 2023 - il termine per l’esercizio delle funzioni del Commissario straordinario nominato per il risanamento.

Ai fini indicati, autorizza la spesa di € 40,1 mln per il 2021 e di € 100.000 per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che per le fondazioni lirico-sinfoniche[170] che si trovassero nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui all’art. 21 del d.lgs. 367/1996, o fossero state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione, ovvero non potessero far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi, l’art. 11, co. 1 e 2, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) aveva previsto la possibilità di presentare un piano di risanamento. Tra i contenuti inderogabili del piano era stata prevista, in particolare, la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo, nonché la razionalizzazione del personale artistico, previo accordo con le associazioni sindacali, la rinegoziazione e ristrutturazione del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento.

Il piano doveva essere presentato ad un Commissario straordinario, appositamente nominato (v. infra), e doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari, ovvero, in base al testo originario del co. 14 dello stesso art. 11, entro l’esercizio 2016. Il piano doveva essere approvato, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto MIBACT-MEF, entro 30 giorni dalla sua presentazione. In base al citato co. 14, infatti, le fondazioni che non avessero presentato il piano di risanamento entro i termini previsti, o per le quali il piano di risanamento non fosse stato approvato nei termini previsti, ovvero che non avessero raggiunto entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, dovevano essere poste in liquidazione coatta amministrativa.

Per facilitare il percorso di risanamento, il co. 6 dello stesso art. 11 ha previsto la possibilità di accedere a un fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni, in favore delle fondazioni che fossero nelle condizioni di cui al co. 1. La dotazione del fondo di rotazione era stata inizialmente fissata a € 75 mln per il 2014.

 

Successivamente, l’art. 5 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto, fra l'altro, la possibilità, per le fondazioni che avevano presentato il piano di risanamento, di negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali e ha incrementato, per il 2014, di € 50 mln il fondo di rotazione. Inoltre, ha previsto che le Agenzie fiscali potevano ricorrere alla transazione fiscale anche nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche che avessero presentato i piani di risanamento.

Ancora dopo, l’art. 1, co. 355, della L. di stabilità 2016 (L. 208/2015) aveva prorogato (dal 2016) al 2018 il termine per il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento, previa predisposizione, da parte delle stesse – entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dunque, entro il 31 marzo 2016) – di un’integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

Il successivo co. 356 ha esteso a tutte le fondazioni la possibilità di accedere al fondo di rotazione, all’uopo incrementato di € 10 mln per il 2016, stabilendo che quelle interessate potevano presentare – entro il 30 giugno 2016– un piano triennale per il periodo 2016-2018, secondo le indicazioni dell’art. 11 del D.L. 91/2013 e delle linee guida relative ai piani di risanamento[171]. In particolare, ha specificato che il piano doveva prevedere la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2015 e la rinegoziazione e ristrutturazione del debito esistente alla medesima data.

Nel prosieguo, l’art. 24 del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) aveva introdotto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento, sostituendo il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il 2018. Tale termine è, poi, stato prorogato dapprima al 2019 (art. 1, co. 323, della L. di bilancio 2018-L. 205/2017) e, da ultimo, al 31 dicembre 2020 (art. 7, co. 1, primo periodo, e 3-bis, del D.L. 162/2019-L. 8/2020).

 

Il monitoraggio semestrale dello stato di attuazione dei piani di risanamento è stato affidato dall’art. 11, co. 3, lett. b), del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) al Commissario straordinario. Da ultimo, il 1° giugno 2020 è stata pubblicata la prima relazione semestrale 2020 relativa al periodo gestionale di riferimento 2019 (preconsuntivi), che, ricordato che il percorso di risanamento riguarda 9 delle 14 Fondazioni (Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro del Maggio musicale fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Carlo Felice di Genova, Arena di Verona), fa presente che, se si potesse prescindere dalla situazione emergenziale derivante dal COVID-19, l’osservazione dei risultati conseguiti dalle fondazioni nel 2019 consentirebbe di affermare, con moderato ottimismo, l’esistenza di una dinamica sostenuta nella direzione del risanamento. Tuttavia, la contingenza impone la sospensione di ogni più analitica valutazione in merito. Risulteranno decisive “le manovre di reazione” che si dovranno attuare sul piano gestionale e dovranno ispirarsi ad un principio di prudenza. Sicché, evidenzia ancora la relazione, occorre che le fondazioni procedano alla redazione di veri e propri “piani di contingenza” e attivino un sistema di controllo e di allerta che sia in grado di anticipare possibili situazioni di squilibrio sul piano economico, finanziario e patrimoniale.

 

Per ulteriori dettagli sui contenuti dell’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), si veda infra.

 

Piani di risanamento

 

Il comma 1 prevede che, per le fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, hanno presentato il piano di risanamento ai sensi dell'art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), e dell’art. 1, co. 355 e 356, della L. 208/2015, continuano ad applicarsi, fino all’approvazione del bilancio d’esercizio dell’anno 2021, le previsioni relative ai contenuti inderogabili degli stessi piani, nonché gli obiettivi generali già definiti nelle azioni e nelle misure pianificate nei medesimi e nelle loro successive integrazioni.

Dal punto di vista della formulazione del testo, si segnala che il riferimento corretto relativo ai contenuti inderogabili dei piani di risanamento è all’art. 11, co. 1 (e non co.3) del D.L. 91/2013.

 

Per le stesse fondazioni differisce, inoltre, (dal 31 dicembre 2020) al 31 dicembre 2021 il termine per il raggiungimento del pareggio economico (che, come si è visto, a legislazione vigente dovrebbe essere raggiunto annualmente) e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario, disponendo che, in assenza di tale raggiungimento nel termine indicato, le stesse sono poste in liquidazione coatta amministrativa.

La relazione illustrativa fa presente che il raggiungimento del pareggio economico e del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario alla data del 31 dicembre 2020 è stato oggettivamente impedito dalle misure emergenziali adottate per il contenimento della pandemia da COVID-19.

 

Il comma 2 riguarda le 5 fondazioni lirico-sinfoniche che non hanno presentato un piano di risanamento in base alle disposizioni pregresse. In particolare, dispone che le stesse possono presentare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, un piano di risanamento per il triennio 2021-2023, predisposto secondo quanto previsto dall’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) e dalle linee guida conseguentemente adottate (v. ante). Al riguardo, specifica che, ai fini della redazione del piano, si fa riferimento, per la rinegoziazione e ristrutturazione del debito e per la riduzione della dotazione organica, al debito e alla dotazione organica esistenti, rispettivamente, al 31 dicembre 2019.

Per l'attuazione di quanto illustrato, lo stesso comma 2 dispone che il fondo di rotazione è incrementato, per l'anno 2021, di € 40 mln e che il finanziamento attribuibile a ciascuna fondazione non può essere superiore a € 20 mln. Prevede, altresì, che, per l’erogazione delle risorse si applicano le disposizioni di cui al co. 7 dello stesso art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

Per l’erogazione delle risorse originariamente previste per il fondo di rotazione, l’art. 11, co. 7, richiamato ha previsto che il commissario straordinario doveva predisporre un contratto tipo, approvato dal Ministero dell'economia e delle finanze, nel quale dovevano essere indicati, tra l'altro, il tasso di interesse sui finanziamenti, le misure di copertura annuale del rimborso del finanziamento, le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, prevedendo, altresì, qualora l'ente non avesse adempiuto nei termini ivi stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime somme, sia l'applicazione di interessi moratori. L'erogazione delle somme doveva essere subordinata alla sottoscrizione, da parte di ciascuna delle fondazioni, di contratti conformi al contratto tipo.

Infine, prevede che le fondazioni in questione devono raggiungere il pareggio economico in ciascun esercizio e il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro l’esercizio finanziario 2023. Le fondazioni per le quali non sia stato presentato o non sia approvato un piano di risanamento nei termini stabiliti, ovvero non sia stato raggiunto il pareggio economico in ciascun esercizio e, entro l'esercizio finanziario 2023, il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario, sono poste in liquidazione coatta amministrativa.

 

In argomento, si ricorda che l’art. 24, co. 3-bis, del D.L. 113/2016 (L. 160/2013) ha previsto la revisione, con uno o più regolamenti di delegificazione – che dovevano essere adottati entro il 30 giugno 2017, ma che non sono finora intervenuti dell'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche, al fine di garantire il consolidamento e la stabilizzazione del risanamento economico-finanziario e prevenire il verificarsi di ulteriori condizioni di crisi.

In particolare – nel testo come modificato dall’art. 7, co. 1-bis, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) –, ha previsto che tra i criteri da seguire per la revisione vi è l’individuazione dei requisiti che devono essere posseduti dalle fondazioni lirico-sinfoniche, alla data del 31 dicembre 2020, al fine dell'inquadramento di tali enti come "fondazione lirico-sinfonica" o "teatro lirico-sinfonico", con conseguente revisione delle modalità di organizzazione, gestione e funzionamento, secondo princìpi di efficienza, efficacia, sostenibilità economica e valorizzazione della qualità. Fra i requisiti devono essere previsti il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario, la capacità di autofinanziamento e di reperimento di risorse private a sostegno delle attività, la realizzazione di un numero adeguato di produzioni e coproduzioni, il livello di internazionalizzazione, la specificità nella storia e nella cultura operistica e sinfonica italiana.

L'eventuale mantenimento della partecipazione e della vigilanza dello Stato si applicherebbe alle sole fondazioni lirico-sinfoniche.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di una riflessione in rapporto a quanto previsto dal testo in commento.

 

Il comma 3 dispone che, ai fini del perfezionamento con le Agenzie fiscali delle transazioni di cui all’art. 182-ter del R.D. 267/1942, ai piani di risanamento presentati dalle fondazioni ai sensi dei co. 1 e 2 si applica quanto disposto dall’art. 5, co. 1-bis, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014). 

 

L’art. 5, co. 1-bis, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto che le Agenzie fiscali possono ricorrere alla transazione fiscale di cui all’art. 182-ter del R.D. 267/1942[172] anche nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano presentato i piani di risanamento definitivi ai sensi dell'art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), corredati di tutti gli atti indicati al co. 2 del citato art. 11 e, in particolare, del referto del collegio dei revisori dei conti, ove tale transazione risulti necessaria ai fini della realizzazione dei piani di risanamento, ancorché non abbiano proposto il piano propedeutico al concordato preventivo (di cui all’art. 160 del medesimo R.D.).

 

Commissario straordinario per il risanamento

 

Il comma 4 proroga le funzioni del Commissario straordinario (dal 31 dicembre 2020) fino al 31 dicembre 2022, al fine di proseguire l'attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che li hanno già presentati, e fino al 31 dicembre 2023 per le attività concernenti l'approvazione e il monitoraggio dei nuovi piani di risanamento, ove presentati.

L’incarico è conferito con le modalità di cui all’art. 11, co. 3 e 5, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

A sua volta, il comma 6 dispone che gli oneri per il compenso del Commissario straordinario sono posti a carico del bilancio delle fondazioni lirico-sinfoniche ammesse alla procedura di cui ai commi 1 e 2.

 

Al riguardo, si ricorda che in base all’art. 11, co. 3 e 5, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), il Commissario straordinario è nominato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fra persone che abbiano comprovata esperienza di risanamento nel settore artistico-culturale. Con il medesimo decreto è stabilito il compenso, nel limite massimo nel limite massimo di € 50.000 annui per la parte fissa e di € 50.000 annui per la parte variabile (art. 15, co. 3, D.L. 98/2011-L. 111/2011), a valere sulle risorse di bilancio delle fondazioni ammesse alla procedura di risanamento, nonché la durata dell'incarico.

Su questa base, con D.I. 17 gennaio 2014 era stato nominato Commissario straordinario l'ing. Francesco Pinelli, per la durata di un anno, a decorrere dal 22 novembre 2013. L'incarico era poi stato prorogato senza soluzione di continuità fino al 20 dicembre 2015.

Successivamente, l’art. 1, co. 357, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha differito le funzioni del Commissario straordinario fino al 31 dicembre 2018, al fine di consentire la prosecuzione dei percorsi di risanamento già avviati e di procedere all’approvazione e al monitoraggio dei nuovi piani di risanamento.

Su questa base, con D.I. 42 del 22 gennaio 2016 era stato nominato Commissario straordinario, con decorrenza dal 1 febbraio 2016, per la durata di un anno, l'avv. Gianluca Sole.

L’incarico all'avv. Sole è poi stato prorogato, senza soluzione di continuità, prima, con D.I. 180 del 14 aprile 2017, fino al 31 dicembre 2017, poi con D.I.  104 del 15 febbraio 2018, fino al 31 dicembre 2018.

Da ultimo, a seguito della ulteriore proroga delle funzioni del Commissario straordinario fino al 31 dicembre 2020 prevista dall’art. 1, co. 602, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), l’incarico all’avv. Sole è stato confermato fino alla stessa data con D.I. 143 del 12 marzo 2019.

 

Il comma 4 dispone, altresì, che, a supporto delle attività del Commissario, la Direzione generale Spettacolo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo può conferire incarichi di collaborazione, ai sensi dell'art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001[173], a persone di comprovata qualificazione professionale nella gestione amministrativa e contabile di enti, ovvero nella pianificazione strategica della loro attività.

Gli incarichi possono essere conferiti entro il limite di spesa complessivo di € 100.000 annui, per la durata massima di 24 mesi, e comunque con scadenza finale al 31 dicembre 2022, prorogabili per ulteriori 12 mesi nel caso in cui le funzioni del Commissario siano prorogate al 31 dicembre 2023.

Mutatis mutandis, tale possibilità è stata prevista per la prima volta, per la durata massima di 24 mesi, dal già citato art. 1, co. 357, della L. 208/2015[174] e, in seguito, per la durata massima di 12 mesi, dal già citato art. 1, co. 602, della L. 145/2018[175]. Entrambe le disposizioni avevano stabilito il conferimento al massimo di 3 incarichi di collaborazione (limite che non si riscontra nella disposizione in commento) e ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, a persone di comprovata qualificazione professionale nella gestione amministrativa e contabile di enti che operano nel settore artistico-culturale (ambito di operatività non previsto dalla disposizione in commento).

Il conferimento degli incarichi era stato previsto nel limite di spesa di € 75.000 annui, a valere su corrispondente riduzione del FUS.

Da ultimo, l’art. 24, co. 2, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha previsto la possibilità di conferire per un ulteriore periodo e, al massimo, fino al 31 dicembre 2020, gli incarichi di collaborazione professionale in questione[176], autorizzando la spesa di € 25.000, a valere su corrispondente riduzione del FUS[177].

 

La relazione tecnica fa presente che, alla luce dell’esperienza, si è ritenuto necessario eliminare il vincolo numerico degli esperti, per consentire una maggiore flessibilità nella determinazione del numero di professionisti chiamati a supportare il Commissario. Fa, inoltre, presente che si è ritenuto di elevare il limite di spesa entro cui conferire gli incarichi, in considerazione della complessità e della gravosità del lavoro da svolgere.

 

Autorizzazione di spesa

 

Il comma 5 autorizza la spesa di € 40,1 mln per il 2021 e di € 100.000 per ciascuno degli anni 2022 e 2023 per l’attuazione di quanto previsto.


 

Articolo 100
(
Misure in materia di strutture ricettive)

 

 

L'articolo 100 prevede che il regime fiscale delle locazioni brevi, con effetto dal periodo d'imposta relativo al 2021, è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d'imposta. Negli altri casi, a fini di tutela del consumatore e della concorrenza, l'attività di locazione, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale. Le suddette disposizioni si applicano anche per i contratti stipulati tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, oppure soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di appartamenti da condurre in locazione.

 

Il comma 2 abroga il comma 3-bis dell'articolo 4 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017).

 

La disposizione che qui si abroga aveva demandato a un regolamento governativo la definizione dei criteri in base ai quali l'attività di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale, in coerenza con l'articolo 2082 del codice civile e con la disciplina sui redditi di impresa di cui al TUIR (DPR n. 917/1986), avuto anche riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata delle locazioni in un anno solare.

 

Il comma 3 novella in varie parti l'articolo 13-quater del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019).

 

L’articolo 13-quater reca norme volte a contrastare l’evasione nel settore turistico-ricettivo.

In primo luogo si stabilisce che gli intermediari immobiliari residenti in Italia, appartenenti al medesimo gruppo degli intermediari non residenti che non abbiano nominato un rappresentante fiscale, sono solidalmente responsabili per il pagamento della ritenuta sui canoni e corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve.

I dati relativi alle generalità delle persone alloggiate presso le strutture ricettive, forniti dal Ministero dell’interno all’Agenzia delle Entrate in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva, sono tramessi ai comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno o il contributo di soggiorno a fini di monitoraggio. Viene istituita una apposita banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi, identificate secondo un codice alfanumerico, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza, consentendone l’accesso all’Agenzia delle entrate.

I titolari delle strutture ricettive, gli intermediari e i soggetti che gestiscono portali telematici devono pubblicare il richiamato codice identificativo nelle comunicazioni inerenti all’offerta e alla promozione, pena la sanzione pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro.

Si ricorda che l’articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 50 del 2017 ha esteso il regime della cd. cedolare secca anche alle locazioni brevi. In particolare, si può optare per l’applicazione della cedolare secca con aliquota al 21 per cento sui redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili ad uso abitativo, se i contratti sono stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa, direttamente o in presenza di intermediazione immobiliare, anche on line. È dettata una specifica disciplina degli obblighi informativi posti a carico degli intermediari; se tali soggetti intervengono anche nella fase del pagamento dei canoni di locazione, sono tenuti ad applicare una ritenuta del 21 per cento all’atto dell’accredito, a titolo di acconto o d’imposta, a seconda che sia stata effettuata o meno l’opzione per la cedolare secca.

Il comma 5-bis dell’articolo 4 sopra richiamato prevede che gli intermediari non residenti, in possesso di una stabile organizzazione in Italia, adempiono all’obbligo di ritenuta d’acconto tramite la stabile organizzazione. I soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia, ai fini dell’adempimento del suddetto obbligo di ritenuta, in qualità di responsabili d’imposta, possono nominare un rappresentante fiscale tra i soggetti che operano la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente (ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973).

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 luglio 2017 ha chiarito le modalità di effettuazione della ritenuta da parte degli intermediari, nonché le modalità di adempimento degli obblighi informativi (che riguardano nome, cognome e codice fiscale del locatore, durata del contratto, importo del corrispettivo lordo e indirizzo dell'immobile).

Il comma 1 dell’articolo in esame aggiunge un periodo alla fine del comma 5-bis dell’articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, volto a chiarire le conseguenze in caso di assenza di nomina del rappresentante fiscale da parte dell’intermediario non residente privo di stabile organizzazione in Italia.

In tal caso gli intermediari residenti nel territorio dello Stato, appartenenti allo stesso gruppo degli intermediari non residenti, sono solidalmente responsabili con questi ultimi per l’effettuazione e il versamento della ritenuta sull’ammontare dei canoni e corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve, di sublocazione, nonché dei contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell'immobile da parte di terzi.

Il comma 2 prevede che i dati relativi alle generalità delle persone alloggiate presso le strutture ricettive, comunicate dai gestori alla questura, siano forniti dal Ministero dell’interno, in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva, all’Agenzia delle entrate affinché siano resi disponibili, anche a fini di monitoraggio, ai comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno o il contributo di soggiorno. Inoltre tali dati sono utilizzati dall’Agenzia delle entrate, unitamente a quelli trasmessi dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare (ai sensi del richiamato articolo 4, commi 4 e 5, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) ai fini dell’analisi del rischio relativamente ai corretti adempimenti fiscali.

Il comma 3 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali che si pronuncia entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, il compito di individuare i criteri, i termini e le modalità per l’attuazione delle predette disposizioni in tema di trasmissione e utilizzo dei dati sulle generalità dei soggetti alloggiati. Decorso il termine di quarantacinque giorni, il decreto può essere comunque adottato.

Il comma 4, per migliorare la qualità dell’offerta turistica, assicurare la tutela del turista e contrastare forme irregolari di ospitalità, anche ai fini fiscali, istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo una apposita banca dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi presenti sul territorio nazionale, identificate secondo un codice alfanumerico, denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza.

Ai sensi del comma 5, con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, sono stabiliti:

a)   le norme per la realizzazione e la gestione della banca dati, compresi i dispositivi per la sicurezza e la riservatezza dei dati;

b)  le modalità di accesso alle informazioni contenute nella banca dati;

c)   le modalità per la messa a disposizione delle informazioni contenute nella banca dati agli utenti e alle autorità preposte ai controlli e per la conseguente pubblicazione nel sito internet istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

d)  i criteri che determinano la composizione del codice identificativo, sulla base della tipologia e delle caratteristiche della struttura ricettiva, nonché della sua ubicazione nel territorio comunale.

Il comma 6 affida a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in parola, sentiti il Direttore dell’Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali, il compito di definire le modalità applicative per l’accesso da parte dell’Agenzia delle entrate ai dati relativi al predetto codice identificativo.

Ai sensi del comma 7, i titolari delle strutture ricettive ovvero i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché i soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile o porzioni di esso con persone che dispongono di unità immobiliari o porzioni di esse da locare, sono tenuti a pubblicare nelle comunicazioni inerenti all’offerta e alla promozione il richiamato codice identificativo.

L’inosservanza delle disposizioni sulla pubblicazione del codice (comma 8) comporta l’applicazione della sanzione pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro. In caso di reiterazione della violazione, la sanzione è maggiorata del doppio.

Ai sensi del comma 9, agli oneri derivanti dalla realizzazione della banca dati, pari a 1 milione di euro per l’anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

A fronte di tale disciplina vigente,

 

a)   si sostituisce il comma 4.

Il nuovo comma 4 istituisce, a fini di tutela dei consumatori, presso il MIBACT una banca dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del D.L. n. 50/2017 (L. n. 96/2017), identificati mediante un codice da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza, fermo restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali. La banca dati raccoglie e ordina le informazioni inerenti alle strutture ricettive e agli immobili destinati alle locazioni brevi. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al MIBACT i dati inerenti alle strutture ricettive e agli immobili con i relativi codici identificativi regionali, ove adottati. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione qui in esame, sono stabilite le modalità di realizzazione e gestione della banca dati, di acquisizione dei codici identificativi regionali e le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute.

 

b)  abroga i commi 5 e 6;

 

Il co. 5 ha demandato a un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, la definizione: a) delle norme per la realizzazione e la gestione della banca dati, compresi i dispositivi per la sicurezza e la riservatezza dei dati; b) delle modalità di accesso alle informazioni contenute nella banca dati; c) delle modalità con cui le informazioni contenute nella banca dati sono messe a disposizione degli utenti e delle autorità preposte ai controlli e quelle per la conseguente pubblicazione nel sito internet istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo; d) dei criteri che determinano la composizione del codice identificativo, sulla base della tipologia e delle caratteristiche della struttura ricettiva nonché della sua ubicazione nel territorio comunale.

Il co. 6 ha, come già ricordato, previsto che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il direttore dell'Agenzia delle entrate e il Garante per la protezione dei dati personali, fossero definite le modalità applicative per l'accesso ai dati relativi al codice identificativo da parte dell'Agenzia delle entrate.

 

c)   novella il comma 7, inserendo tra coloro che sono tenuti a pubblicare i codici identificativi degli immobili nelle comunicazioni inerenti all'offerta e alla promozione anche i soggetti che concedono in locazione breve immobili ad uso abitativo.

 

Nella formulazione vigente, il comma 7 dell'art. 13-quater prevede che i soggetti titolari delle strutture ricettive, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile o porzioni di esso con persone che dispongono di unità immobiliari o porzioni di esse da locare, sono tenuti a pubblicare il codice identificativo nelle comunicazioni inerenti all'offerta e alla promozione.

 

Si segnala che una disposizione corrispondente ai commi 1 e 2 dell'articolo in esame era stata introdotta nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (AS 1925), mediante approvazione dell'emendamento 77.62 (testo 3), lettera b), capoverso comma 3-bis, nella seduta n. 334 del 2 ottobre 2020 della 5ª Commissione permanente del Senato.

Nella seduta n. 260 del 5 ottobre 2020, in sede di discussione nell'Assemblea del Senato dell'AS 1925, la Presidenza del Senato ha quindi dichiarato improponibili le disposizioni del maxiemendamento presentato dal Governo che riproducevano il contenuto, tra gli altri, dell'emendamento 77.62, limitatamente al comma 3-bis.


 

Articolo 101, commi 1-3
(Misure a sostegno della filiera della stampa)

 

 

L’articolo 101, commi 1-3, dispone il rifinanziamento e la proroga fino al 2022 di alcune misure temporanee di sostegno alla filiera della stampa in scadenza al 31 dicembre 2020. Si tratta del credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari; del credito d’imposta per le edicole e altri rivenditori al dettaglio di quotidiani, riviste e periodici (c.d. tax credit per le edicole), nonché del credito d’imposta per le testate edite in formato digitale.

Credito d’imposta per investimenti pubblicitari

In particolare, per gli anni 2021 e 2022 il credito d'imposta per investimenti pubblicitari è concesso nella misura unica del 50 per cento del valore degli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, entro il limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, che costituisce tetto di spesa.

A tal fine il comma 1 introduce un nuovo comma l-quater all’articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

 

L’articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 ha disciplinato, tra l’altro, la concessione di incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali.

Nello specifico, il comma 1 ha previsto prevede che, per l'anno 2018, alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore superi almeno dell'1% gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell'anno precedente, è attribuito un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione previa istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con D.P.C.M. 16 maggio 2018 n. 90 sono stati stabiliti le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni di cui al presente comma. Le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti della disciplina europea sugli aiuti di Stato (cd. regime de minimis).

Il comma 1-bis (inserito dall'art. 3-bis, comma 1, lett. b), del decreto legge n. 59 del 2019) ha stabilito che, a decorrere dall'anno 2019, il credito d'imposta è concesso nella misura unica del 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati.

Da ultimo, il comma 1-ter (inserito dall’articolo 98 del decreto legge Cura Italia, n. 18 del 2020 e modificato dall’articolo 96 del decreto legge Agosto, n. 104 del 2020) ha stabilito che l'importo del credito d’imposta sia commisurato al valore totale degli investimenti effettuati anziché ai soli investimenti incrementali. Limitatamente all’anno 2020, il credito d’imposta è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti, nella misura unica del 50 per cento del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali), entro il limite massimo di 85 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa. Il beneficio è concesso nel limite di 50 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di 35 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

 

Alla copertura del relativo onere finanziario si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nell'ambito della quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ai fini della concessione del credito d'imposta si applicano le disposizioni di cui all’illustrato comma 1-ter, e le norme recate dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90, che ha stabilito le modalità e i criteri di attuazione del credito d’imposta in commento.

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016. Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM. La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM.

 

Per le finalità di cui al presente comma, il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione è incrementato nella misura di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Tax credit per le edicole

Il comma 2 proroga - per gli anni 2021 e 2022 – il credito d’imposta per le edicole e altri rivenditori al dettaglio di quotidiani, riviste e periodici (c.d. tax credit per le edicole).

 

I commi 806-809 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) hanno introdotto un’agevolazione fiscale per le edicole e gli altri rivenditori al dettaglio, che svolgono esclusivamente vendita di quotidiani, riviste e periodici. Essa si estende a quegli esercizi i quali – pur non esclusivamente dedicati alla vendita dei giornali – siano però gli unici punti vendita nel comune considerato (come identificati dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001).

L'articolo 1, comma 393, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha esteso il credito d'imposta anche nei casi in cui l’attività commerciale non rappresenti l'unico punto vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici nel comune di riferimento. L'agevolazione è riconosciuta prioritariamente agli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici.

Il credito d’imposta è riconosciuto per due anni (2019 e 2020) e nel limite, rispettivamente, di 13 milioni di euro e di 17 milioni. A ciascun esercente il credito d’imposta spetta nel limite di 2000 euro all’anno. Se ne può fruire entro i limiti delle regole europee sugli aiuti de minimis e solo mediante modulo F24 in compensazione (comma 807 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019).

Il comma 808 rimanda la definizione delle modalità attuative a un D.P.C.M. (poi emanato come D.P.C.M. 31 maggio 2019), anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti, nonché alla definizione di eventuali altre spese da ammettere al credito d’imposta. Il comma 809 reca le norme di copertura:

a)   13 milioni di euro nell’anno 2019 e 4 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sul il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (per la quota Presidenza del Consiglio dei ministri);

b)  13 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sulle risorse disponibili già destinate al credito di imposta previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 63 del 2012 in materia di modernizzazione del sistema di distribuzione dei giornali e tracciabilità delle vendite; il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, è ridotto di 13 milioni di euro per il 2020.

 

Da ultimo, il citato articolo 98 del decreto legge Cura Italia (comma 2) ha ampliato l'ambito soggettivo e oggettivo della misura attraverso:

l'incremento dell'importo massimo del credito d'imposta fruibile da ciascun beneficiario da 2.000 a 4.000 euro per l'anno 2020;

l'ampliamento delle fattispecie di spesa compensabili con l'ammissione delle spese per i servizi di fornitura di energia elettrica, i servizi telefonici e di collegamento a Internet, nonché per i servizi di consegna a domicilio delle copie di giornali;

l'estensione del credito d'imposta, per l'anno 2020, alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani e/o periodici a rivendite situate nei comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame estende quindi il credito d’imposta al 2021 e 2022, alle condizioni e con le modalità illustrate, per gli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici e alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani o periodici a rivendite situate nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita, nel limite di spesa annuale di 15 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa.

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, il tetto di spesa per il 2020, pari a 17 milioni di euro, è stato riproporzionato per il biennio 2021-2022 sulla base delle domande pervenute con riferimento all’anno in corso. Secondo i primi dati elaborati dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, per l’anno 2020 sono pervenute 5.120 domande (di cui 4.081 da parte di edicole, 1.017 da punti vendita non esclusivi e 22 da distributori), per un totale del credito concedibile (applicando il limite individuale di 4mila euro) pari a 13.147.040 euro.

 

Alla copertura dell'onere derivante dal presente comma si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del citato Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nell'ambito della quota delle risorse del Fondo destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Pertanto il Fondo è incrementato di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta medesimo sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

Credito d’imposta per le testate edite in formato digitale

Il comma 3 estende al 2021 e al 2022 il credito d'imposta per i servizi digitali introdotto dall'articolo 190 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto Rilancio).

 

Si ricorda che l’articolo 190 citato ha riconosciuto, per il 2020, alle imprese editrici di quotidiani e di periodici che occupano almeno un dipendente a tempo indeterminato, - quale misura di sostegno fiscale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19 - un credito d'imposta pari al 30% della spesa effettiva sostenuta nel 2019 per l’acquisizione dei servizi di server, hosting e banda larga per le testate edite in formato digitale, entro il limite di € 8 mln.

Il beneficio è concesso, nel rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato (regime de minimis), a seguito di istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale.

Le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dall'art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi, vale a dire nell’esercizio di competenza.

Il credito d'imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa statale, regionale o europea, salvo che successive disposizioni di pari fonte normativa non prevedano espressamente la cumulabilità delle agevolazioni stesse. In particolare, esso non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici e si può utilizzare esclusivamente in compensazione.

Sulla disciplina dei contributi diretti all’editoria, si veda il tema web Interventi per l’editoria, curato dal Servizio Studi della Camera.

Si prevede inoltre la revoca nel caso che venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti, ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese.

Il comma 7 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta ed i termini per la presentazione della domanda.

 

Il credito d’imposta è quindi riconosciuto, alle condizioni e con le modalità previste, entro il limite di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, che costituisce tetto di spesa.

Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, si provvede a valere sul Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nell'ambito della quota destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri. A tal fine il Fondo è incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta medesimo sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1 778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.


 

Articolo 101, commi 5 e 6
(Bonus per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani,
riviste e periodici anche in formato digitale)

 

 

L’articolo 101, commi 5 e 6, istituisce un bonus aggiuntivo, per un importo massimo di 100 euro, rispetto al voucher per l’acquisizione di servizi di connessione ultraveloci, finalizzato all’acquisto di abbonamenti a quotidiani, riviste o periodici, anche in formato digitale a beneficio di nuclei familiari meno abbienti, precisando i presupposti e la definizione delle modalità di erogazione del beneficio.

 

In particolare il comma 5 prevede che il contributo sia assegnato ai nuclei familiari, con ISEE inferiore a 20.000 euro, ammessi alla fruizione dei voucher per l’acquisizione dei servizi di connessione ad internet in banda ultra larga e dei relativi dispositivi elettronici, ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 agosto 2020.

 

Il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 agosto 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° ottobre 2020, n. 243, contiene la prima parte del piano voucher rivolta alle famiglie meno abbienti (con ISEE inferiore ai 20.000 euro) e diretta ad assicurare uno sconto massimo fino a 500 euro sul canone del servizio a banda ultralarga per un periodo di 12 mesi. Oltre a tale scopo lo sconto può essere utilizzato per acquistare (unitamente ai servizi di connessione) anche un tablet o un personal computer. Il contratto deve essere stipulato per la massima velocità di connessione disponibile per l'unità immobiliare e deve comunque assicurare una connessione ad almeno 30 Mbps. Le risorse previste per tale forma di sostegno alla domanda sono pari a 204 milioni di euro.

 

Lo scopo dell’intervento è quello di sostenere l’accesso delle famiglie a basso reddito ai servizi informativi, in via sperimentale per gli anni 2021 e 2022. In ragione di ciò il medesimo comma 5 indica in 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 il tetto di spesa per l’erogazione del beneficio.

Il contributo è utilizzabile per acquisti effettuati online ovvero presso gli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici, secondo le modalità operative stabilite ai sensi del comma 6.

 

Il comma 6 prevede che a fini dell’attribuzione del contributo si applichino, per quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 agosto 2020, sopra ricordato, precisando tuttavia che ulteriori disposizioni applicative del comma 5 potranno essere definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Sottosegretario con delega all’informazione e all’editoria, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in commento.

 

Il decreto ministeriale del 7 agosto 2020 prevede, ai fini della fruizione del contributo ivi indicato, che il beneficiario presenti presso qualsivoglia canale di vendita reso disponibile dagli operatori registrati in un apposito elenco, disciplinato dall'articolo 6 del medesimo decreto, un’apposita richiesta corredata dalla copia del proprio documento di identità in corso di validità e da una dichiarazione sostitutiva, attestante che il valore dell'ISEE relativo al nucleo familiare di cui fa parte non supera i 20.000 euro e che i componenti dello stesso nucleo, per la medesima unità abitativa, non hanno già  fruito del contributo. L'operatore, per ogni richiesta di contributo ricevuta, inserisce sul portale telematico messo a disposizione da Infratel

Italia S.p.a., soggetto attuatore delle disposizioni concernenti i voucher per la connettività, gli elementi identificativi del richiedente e dell’offerta del servizio (ed eventualmente del computer o del tablet) incluso nell’offerta. L'operatore, una volta attivato il servizio di connessione ad internet presso l'unità abitativa del beneficiario, trasmette, tramite il portale di cui all'art. 6, il verbale di consegna firmato dal beneficiario, da cui emerga l'avvenuta attivazione del servizio e l'avvenuta consegna del tablet o del personal  computer, nonché il documento di attestazione del livello di servizio misurato. Il Ministero dello sviluppo economico, avvalendosi a tal fine di Infratel Italia S.p.A., procede alla verifica a campione della sussistenza dei requisiti necessari per beneficiare del contributo, nonché della veridicità e correttezza delle offerte commerciali dei fornitori di servizi di connessione ad internet a banda ultra larga, anche al fine di  notificare gli esiti di tali verifiche alle autorità competenti. I soggetti ammessi al contributo nei confronti dei quali venga accertata l'insussistenza dei requisiti decadono dal beneficio loro riconosciuto.


 

Articolo 102
(Destinazione delle entrate a titolo
di canone di abbonamento alla televisione)

 

 

L'articolo 102 prevede un nuovo meccanismo di assegnazione delle risorse provenienti dal versamento del canone di abbonamento alla televisione, in particolare disponendo la destinazione della quota fissa di € 110 mln annui al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e della restante quota alla RAI-Radiotelevisione italiana SPA.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che – rispetto alla previsione della L. 488/1999 (art. 27, co. 8, primo periodo), in base alla quale alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo doveva essere attribuito per intero il canone di abbonamento alla radiotelevisione, ad eccezione della quota pari all’1% già spettante all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia[178] – l’art. 21, co. 4, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) ha previsto la riduzione di € 150 mln per il 2014 degli introiti del canone da attribuire alla RAI e l’art. 1, co. 292, della L. di stabilità 2015 (L. 190/2014), inserendo un secondo periodo nel co. 4 dell’art. 21 dello stesso D.L. 66/2014, ha previsto, dal 2015, la riduzione del 5% dei medesimi introiti da attribuire alla stessa RAI.

In seguito, con l’introduzione delle nuove modalità di riscossione del canone operata dall’art. 1, co. 152 e ss., della L. di stabilità 2016 (L. 208/2015), che hanno previsto l’addebito dello stesso, suddiviso in 10 rate mensili, nelle fatture elettriche, è stato stabilito che le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per il 2016 (c.d. extra gettito) sono destinate in parte alla RAI, in parte all'Erario per varie finalità.

Nello specifico, l’art. 1, co. 160, della L. 208/2015 – come modificato, in particolare, dall’art. 1, co. 90, della L. di bilancio 2019 (L. 145/2018) e, da ultimo, dall’art. 1, co. 356, della L. di bilancio 2020 (L. 160/2019) – ha disposto che, dal 2017, il 50% del c.d. extra gettito è riversato all’Erario per essere destinato: fino ad un importo massimo di € 125 mln annui, al Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 1, L. 198/2016), nel quale, in base allo stesso art. 1, co. 162, confluiscono anche le risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico relative ai contributi in favore delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale; al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (art. 1, co. 431, L. 147/2013).

Ha disposto altresì, l'assegnazione alla RAI della restante quota del c.d. extra-gettito e che le quote delle entrate del canone di abbonamento già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità[179] sono attribuite sulla base dell'ammontare delle predette somme iscritte nel bilancio di previsione per l'anno 2016, ovvero dell'ammontare versato al predetto titolo nell'esercizio di riferimento, se inferiore alla previsione per il 2016.

Dispone, infine, che le somme non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo.

Per completezza, si ricorda che, a partire dall’introduzione delle nuove modalità di riscossione del canone, è stata avviata una progressiva riduzione dell’importo dovuto per uso privato. In particolare, l’importo annuo del canone RAI per uso privato è stato definitivamente fissato in € 90 dall’art. 1, co. 89, della L. di bilancio 2019 (L. 145/2018).

Sempre per completezza, si ricorda che, oltre alle risorse provenienti dal canone, l’art. 1, co. 101, della stessa L. di bilancio 2019 ha riconosciuto alla RAI un contributo di € 40 mln annui, per il 2019 e il 2020, per l’adempimento degli obblighi del contratto di servizio, inclusi quelli per lo sviluppo della programmazione digitale[180].

 

La relazione illustrativa fa presente che, dopo 4 anni di applicazione della normativa introdotta dalla L. di bilancio 2016, il livello complessivo delle entrate derivanti dal versamento del canone può ormai considerarsi stabilizzato a poco meno di € 2 mld annui. È quindi ormai da ritenersi superato il meccanismo di assegnazione delle risorse previsto dall’art. 1, co. 160-162, della L. 208/2015.

 

L’articolo 102 abroga, pertanto, dal 1 gennaio 2021, l’art. 1, co. 160-162, della L. 208/2015 e dispone, che, dalla medesima data, le entrate derivanti dal versamento del canone RAI sono destinate:

a) quanto a € 110 mln annui, al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Al medesimo Fondo continuano a confluire anche le risorse relative ai contributi in favore delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale;

b) per la restante quota, alla RAI, ferme restando le somme delle entrate del canone di abbonamento già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità, sulla base dei dati del rendiconto del pertinente capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato dell'anno precedente a quello di accredito.

Dispone, altresì, che le somme non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo e che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche in conto dei residui.

 

Conseguentemente alle nuove previsioni sulla destinazione delle entrate derivanti dal versamento del canone, lo stesso articolo 102 sopprime, dal 1 gennaio 2021, il secondo periodo dell’art. 21, co. 4, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) che, come si è visto, ha previsto, dal 2015, la riduzione del 5% degli introiti derivanti dal canone da attribuire alla RAI.

Infine, modifica, quale necessario coordinamento, il co. 163 dell’art. 1 della L. 208/2015 (che fa riferimento al “Fondo di cui alla lett. b) del co. 160”, ossia il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione).


 

Articolo 103
(Digitalizzazione dei pagamenti degli indennizzi da irragionevole durata del processo - STRALCIATO)

 

L’articolo 103 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.


 

Articolo 104
(Gruppo di supporto digitale
alla Presidenza del Consiglio dei ministri -
STRALCIATO)

 

L’articolo 104 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio.


 

Articolo 105
(
Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale;
Piattaforma per il tracciamento dei contatti)

 

 

L'articolo 105 prevede:

§  la trasferibilità alle varie amministrazioni pubbliche delle risorse del Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale;

§  l'attribuzione alla struttura della Presidenza del Consiglio competente per l'innovazione tecnologica e l'innovazione, delle attività tese a far funzionare la piattaforma per il tracciamento dei contatti e l'allerta Covid-19.

 

Il comma 1 prevede che possano essere trasferite alle amministrazioni pubbliche (quelle elencate dall'articolo 1, comma 2 del decreto legilsativo n. 165 del 2001, il quale è richiamato dall'articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 82 del 2005 recante il Codice dell'amminsitrazione digitale) in tutto o in parte le risorse del Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

Questo, al fine di realizzare progetti di trasformazione digitale, coerenti con le finalità del Fondo.

Tale Fondo, si ricorda, è stato istituito - con uno stanziamento di 50 milioni per il 2020 - dall'articolo 239 del decreto-legge n. 34 del 2020.

La sua ripartizione è prevista avvenire con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. Essi individuano gli interventi a cui sono destinate le risorse (tenendo conto degli aspetti correlati alla sicurezza cibernetica), secondo la previsione dell'articolo 239 citato al comma 2 - il quale viene qui novellato, onde prevedere che i medesimi atti procedano altresì al trasferimento delle risorse del Fondo alle amministrazioni pubbliche.

 

Secondo la previsione dell'articolo 239 del decreto-legge n. 34 del 2020, il Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione è destinato alla copertura delle spese per interventi, acquisti e misure di sostegno a favore di:

§  una "strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico" a fini istituzionali;

§  la diffusione dell’identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche;

§  la realizzazione ed erogazione di servizi in rete, dell'accesso ai servizi in rete tramite le piattaforme abilitanti previste da disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), recate dai seguenti articoli: 5 (sistema di pagamento elettronico, attraverso un sistema pubblico di connettività che assicuri una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati), 62 (Anagrafe nazionale della popolazione residente), 64 (sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni), e 64-bis (accesso telematico ai servizi della pubblica amministrazione), nonché per i servizi e le attività di assistenza tecnico-amministrativa necessarie.

 

Si ricorda che varie previsioni in tema di trasformazione digitale sono state dettate dal decreto n. 76 del 2020 (recante "Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale"), anche con più stringenti indicazioni circa un obbligo delle pubbliche ammisnitrazioni a rendere servizi digitali,

 

Il comma 2 attribuisce - per l'anno 2021 - alla competente struttura per l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio, lo svolgimento delle attività tese ad assicurare lo sviluppo, l'implementazione ed il funzionamento della piattaforma per il tracciamento dei contatti ai fini del sistema di allerta innanzi all'emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

La piattaforma è stata disciplinata dall'articolo 6 del decreto-legge n. 28 del 2020, che ha istituito presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare (è la 'app. Immuni').

La piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus Covid-19.

Il decreto-legge n. 28 ha attribuito al medesimo Ministero della salute (sentito il Garante Privacy), l'adozione delle misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato ai rischi per i diritti e le libertà degli interessati.

I dati raccolti non possono essere trattati per finalità diverse da quella specificate, salva la possibilità di utilizzo in forma aggregata o comunque anonima, per soli fini di sanità pubblica, profilassi, finalità statistiche o di ricerca scientifica, e il mancato utilizzo dell'applicazione non comporterà alcuna conseguenza in ordine all'esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati.

L’utilizzo di applicazione e piattaforma, nonché ogni trattamento di dati personali, devono essere interrotti alla data di cessazione dello stato di emergenza. Entro tale ultima data tutti i dati personali trattati devono essere cancellati o resi definitivamente anonimi.

Il decreto-legge n. 28 ha previsto che la piattaforma fosse realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite dalla Sogei (società a totale partecipazione pubblica) e tramite programmi informatici di titolarità pubblica.



[1]    In base all’interpretazione seguita dall’INPS nel settore degli sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici (cfr., per esempio, la circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020).

[2]    Riguardo alle ipotesi in cui l'aliquota dell'esonero sia già a regime pari al 100 per cento, cfr. infra.

[3]    Riguardo a tali casi, cfr. infra.

[4]    Secondo l'interpretazione della circolare INPS n. 40 del 2 marzo 2018, nella suddetta fattispecie non si applicano le ipotesi di elevamento transitorio del limite anagrafico (cfr. il paragrafo 5 della circolare). 

[5]    Riguardo a tali princìpi generali, nonché riguardo ad altri profili dello sgravio contributivo in esame, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020.

[6]    La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[7]    Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[8]    Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[9]    Per l’individuazione dei suddetti settori per il 2021 cfr. il DM 16 ottobre 2020, n. 234.

[10]   Si ricorda che la contribuzione I.V.S. dovuta da questa categoria di lavoratori si determina applicando l’aliquota contributiva vigente al prodotto tra il numero di giornate corrispondenti alla fascia di reddito convenzionale in cui è inserita l’azienda ed il reddito medio convenzionale, stabilito annualmente con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulla base della media delle retribuzioni medie giornaliere degli operai agricoli.

      L’aliquota contributiva vigente è pari al 24%.

[11]   Legge di conversione, con modificazioni, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18.

[12]   Il 14 gennaio 2020 la Commissione europea ha adottato la proposta legislativa COM(2020) 22  che istituisce il Fondo per una transizione giusta. In linea con l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica dell'UE entro il 2050 in modo equo ed efficace (Green Deal Europeo), il Fondo per una transizione giusta mira a ridurre i costi economici, ambientali e sociali della transizione verso la neutralità climatica, a beneficio dei territori maggiormente danneggiati dalla transizione. Il sostegno del Fondo si concentra sulle misure di riconversione economica, sulla riqualificazione professionale dei lavoratori interessati e sull'assistenza nella ricerca di lavoro. Il testo è stato modificato dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2020) 460 Final.

[13]   Per la programmazione 2014-20202, alla luce delle precedenti esperienze relative ai ritardi nell'utilizzo delle risorse comunitarie, la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013, art. 1, co. 242) ha previsto che le risorse di cofinanziamento concorrono altresì al finanziamento di interventi c.d. complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato. Si tratta di quei programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020.

[14]   Tale disposizione disciplina il Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19).

[15]   Programmazione che si concluderà nel 2023, ai sensi della regola dell’n+3).

[16]   Esso è pari all'ammontare degli interessi calcolati con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: il contributo è concesso dal MISE e determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale su un finanziamento quinquennale di importo pari all'investimento al tasso del 2,75% (commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013, DD.MM. attuativi 27 novembre 2013 e 25 gennaio 2016 e Circolare 23 marzo 2016, n. 26673). Per gli investimenti "Industria 4.0", il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. Dunque, il tasso convenzionale su cui calcolare il beneficio è elevato al 3,575% annuo rispetto al 2,75% annuo riservato ai beni ordinari (Circolare 15 febbraio 2017, n. 14036).

[17]  Commissione europea Bruxelles, 26 febbraio 2020 SWD(2020) 511 final.

[18]  Si veda la Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica depositata il 12 novembre 2020 presso la XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera in relazione all’esame delle proposte di legge 1818 (Murelli) e 1885 (De Maria) in materia di lavoro, occupazione e produttività.

[19]   Si veda, in particolare, l’audizione informale di Unioncamere del 10 novembre 2020 (https://webtv.camera.it/evento/17074).

[20]   Vedi nota 2.

[21]   Per un quadro completo della disciplina in materia, corredato delle disposizioni emanate per fronteggiare la pandemia, si rinvia allo specifico tema dell’attività parlamentare.

[22]   Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) è un organo collegiale del Governo presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dai Ministri con rilevanti competenze in materia di crescita economica.

[23]   In base all’interpretazione seguita dall’INPS nel settore degli sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici (cfr. la circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020, alla quale, riguardo alla nozione di datori di lavoro privati, fa rinvio la circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020).

[24]   Cfr. il citato comma 1 dell'articolo 27 del D.L. n. 104.

[25]   Per tale rettifica, cfr. a pag. 186 della versione in pdf dell’A.S. n. 1925.

[26]   Con riferimento a tale periodo, lo sgravio è stato già autorizzato dalla Commissione europea (cfr. la citata circolare dell'INPS n. 122 del 22 ottobre 2020).

[27]   La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[28]   Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[29]   Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[30]   Ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

[31]   Per la disciplina relativa al registro nazionale degli aiuti di Stato, cfr. il regolamento di cui al D.M. 31 maggio 2017, n. 115.

[32]   Si ricorda che le aree tematiche relative al ciclo FSC 2014-2020 sono state individuate dal CIPE con delibera n. 25 del 2016: Infrastrutture; Ambiente; Sviluppo economico e produttivo; Agricoltura; Turismo, cultura e valorizzazione risorse naturali; Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione; Rafforzamento PA.

[33]   La Cabina di regia, prevista dall’art. 1, co. 703, lett. c,) della legge n. 190 del 2014, è stata istituita con D.P.C.M. del 25 febbraio 2016.

[34]   Una analoga procedura transitoria era prevista per le risorse FSC del ciclo 2014-2020 dall’art. 1, co. 703, lett. d) attraverso l’approvazione da parte del CIPE dei c.d. Piani stralcio.

[35]   Contenuto analogo a quanto previsto alla lettera i) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[36]   Analogo contenuto era previsto dalla lettera f) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[37]   Analogo contenuto era previsto dalla lettera g) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[38]   Analoghe previsioni erano contenute alla lettera h) del comma 703 per il ciclo 2014-2020.

[39]   Contenuto analogo a quanto previsto alla lettera i) del comma 703, della legge 190/2014, per il ciclo 2014-2020.

[40]   Lettera l) del comma 703, della legge 190/2014.

[41]   L’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

[42]   L’articolo 242 autorizza le Autorità di gestione di Programmi Operativi 2014-2020, attuativi dei fondi strutturali europei, a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia di Covid-19. Poiché gli interventi “originari” del PON rimarrebbero senza finanziamento, l’art. 242 ne prevede il rifinanziamento provvisorio a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC) tramite delibera CIPE. Dopo che l’Unione europea avrà provveduto al rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali da Covid-19, le risorse “erogate” sono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi, assicurando così la salvaguardia delle finalità proprie della politica di coesione.

[43]   Su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata.

[44]   Il richiamato art. 3, c. 6, della L. 56/2019 dispone che, al fine di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, le procedure concorsuali si svolgono con modalità semplificate per quanto concerne, in particolare: la nomina e la composizione della commissione d'esame, prevedendo la costituzione di sottocommissioni anche per le prove scritte e stabilendo che a ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero di candidati inferiore a duecentocinquanta; la tipologia e le modalità di svolgimento delle prove di esame.

[45]   In tema di stabilizzazione del personale precario delle PA, si ricorda che l’art. 20, c. 2, del D.L. 75/2017 prevede condizioni parzialmente diverse. In particolare, dispone che nel triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

a)  risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

b)  abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2020, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso

[46]   Per una ricostruzione della Strategia nazionale per le aree interne del Paese, si rinvia a quanto illustrato nel precedente articolo 30 (cfr. relativa scheda di lettura).

[47]   Rimane fermo che lo Stato “copre” esposizioni per 200 miliardi di euro (il limite è comprensivo dunque delle esposizioni CDP e delle esposizioni di SACE autorizzate dall’articolo 1 del D.L. n. 23).

[48]   Gli aiuti concessi sulla base di regimi approvati ai sensi della sezione e rimborsati prima del 30 giugno 2021 non sono presi in considerazione nel determinare se il massimale pertinente è superato.

[49]   Il Fondo di garanzia PMI è inoltre chiamato ad intervenire in garanzia su una quota degli importi oggetto della moratoria ex lege sui finanziamenti in essere concessa, ai sensi del D.L. n. 18/2020 cd. "Cura Italia", alle micro piccole e medie imprese (MPMI) che autocertifichino di avere subito temporanea carenza di liquidità in seguito all'emergenza COVID (articolo 56 ). A tale fine, il D.L. ha rifinanziato il Fondo di ulteriori 1.730 milioni di euro per il 2020 (successivamente rideterminati in circa 1.430 milioni di euro dal D.L. n. 23/2020) destinandoli ad una apposita Sezione speciale istituita per le garanzie concesse dal Fondo sulle moratorie dei finanziamenti in essere a favore delle PMI sino al 30 settembre 2020 (ora 31 gennaio 2021 ai sensi della proroga contenuta nell’articolo 65 del D.L. in esame).

[50]   Riguardo alla portata di quest'ultima locuzione, cfr. il seguito della presente scheda.

[51]   La condizione non si applica per le proroghe e i rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali. Si ricorda che la medesima condizione si applica - per quanto riguarda la fattispecie di primo contratto di lavoro a termine (fattispecie che è fuori dall'ambito della presente normativa transitoria) - ai fini della stipulazione di un termine di durata (del contratto) superiore a dodici mesi (in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi).

[52]   In caso di violazione di tali disposizioni, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

[53]   Riguardo a tali limiti e condizioni, cfr. i citati articoli 19 e 21 del D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni; cfr. altresì il seguito della scheda per quanto riguarda - in merito ai rapporti tra le suddette norme generali e la disciplina transitoria in esame - le interpretazioni seguite dalla nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 16 settembre 2020, prot. n. 713. Si ricorda inoltre che, ai sensi dell'articolo 19-bis del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, durante il periodo di fruizione di ammortizzatori sociali con causale COVID-19, non trovano applicazione le norme (di cui al comma 2 del citato articolo 21 del D.Lgs. n. 81) che richiedono la decorrenza di termini dilatori minimi, prima del rinnovo del contratto a tempo determinato.

[54]   Sulla nota è stato acquisito il nulla osta dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[55]   Riguardo ai riferimenti delle suddette norme generali, cfr. supra, in nota.

[56]   Si tratta dei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio.

[57]   Tali misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto sono previste dall’articolo 1, comma 1202, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.

[58]   Di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008.

[59]   Recante "Tutela del lavoro nell'ambito delle imprese sequestrate e confiscate in attuazione dell'articolo  34 della legge 17 ottobre 2017, n. 161".

[60]   Si ricorda che i limiti di durata della CIGS (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. 148/2015) sono, per ogni unità produttiva, pari a: 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale; 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).

[61]   I Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[62]   In base all’interpretazione seguita costantemente dall’INPS in materia di sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" comprende anche gli enti pubblici economici - cfr. la circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020, che esclude dall’ambito in oggetto le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni (nozione che non ricomprende gli enti pubblici economici) -. Si ricorda che la suddetta circolare n. 105 concerne l'articolo 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, il quale disciplina lo sgravio contributivo di cui il comma 8 in esame prevede una possibilità di prosecuzione. Cfr., in merito, infra.

[63]   Riguardo al calcolo del beneficio, cfr. infra.

[64]   Riguardo alle modalità di presentazione della domanda, cfr. la circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020, il messaggio dell'INPS n. 3525 del 1°-10-2020 ed il messaggio dell'INPS n. 3729 del 15 ottobre 2020, emanati con riferimento ai precedenti trattamenti con causale COVID-19.

[65]   Si ricorda che la forma del pagamento diretto al dipendente è tassativa nelle richieste del datore di lavoro relative ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, fatta salva la possibilità di anticipo della prestazione da parte del datore di lavoro per i casi di aziende con unità produttive site in cinque o più regioni o province autonome (cfr. il messaggio dell'INPS n. 3144 del 25 agosto 2020).

[66]   Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[67]   Cfr. l’articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[68]   Cfr., al riguardo, la citata circolare dell'INPS n. 78 del 2020.

[69]   Come già ricordato, i Fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l'INPS (cosiddetti Fondi di solidarietà bilaterali alternativi) sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[70]   Si ricorda che il trattamento di integrazione salariale di cui all’articolo 8 della L. 8 agosto 1972, n. 457, concerne i lavoratori agricoli (quadri, impiegati e operai) assunti (anche da parte di coltivatori diretti) con contratto a tempo indeterminato, ovvero con contratto di apprendistato professionalizzante, nonché i soci di cooperative agricole che prestino attività retribuita come dipendenti. Per una ricognizione in materia, nonché per la possibilità, per i lavoratori agricoli a tempo determinato (che non rientrino nelle suddette nozioni), di usufruire dei summenzionati trattamenti di integrazione salariale in deroga, cfr. la circolare dell’INPS n. 84 del 10 luglio 2020. Si ricorda altresì che i periodi dei suddetti trattamenti in deroga, limitatamente ai lavoratori del settore agricolo - in sostanza, come detto, lavoratori agricoli a tempo determinato -, sono equiparati a lavoro ai fini del calcolo delle specifiche prestazioni di disoccupazione agricola (comma 1 dell'articolo 22 del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni).

[71]   Cfr. supra, in nota.

[72]   Ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 19 del citato D.L. n. 18 del 2020.

[73]   Si ricorda che, in base al citato comma 3-bis dell’articolo 19 del D.L. n. 18, le integrazioni salariali (a titolo di trattamento di CISOA) con causale COVID-19 sono concesse dalla sede dell'INPS territorialmente competente, in deroga all’articolo 14 della citata L. n. 457 del 1972.

[74]   Questi ultimi concernono i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Cfr. anche infra.

[75]   Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti, i trattamenti di integrazione salariale in deroga (con la causale COVID-19 in oggetto) sono stati concessi secondo un’autonoma disciplina e non sono oggetto del presente articolo 54. Per la relativa disciplina, cfr. la novella di cui all'articolo 2, comma 1, del citato D.L. n. 104 del 2020 ed il comma 2 del medesimo articolo 2.   

[76]   Cfr. il comma 2 dell'articolo 19 e il comma 6 dell'articolo 22 del citato D.L. n. 18, e successive modificazioni, nonché il paragrafo 4 della citata circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020 (anche per quanto riguarda le modalità particolari relative ad alcuni Fondi di solidarietà bilaterali).

[77]   Cfr. il comma 3 del citato articolo 19 del D.L. n. 18 nonché il paragrafo 3 della circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020.

[78]   Riguardo a tale nozione, cfr. supra, in nota.

[79]   In particolare, in conformità con l’interpretazione della circolare dell’INPS n. 105 del 18 settembre 2020 (emanata, come detto, con riferimento al citato articolo 3 del D.L. n. 104 del 2020), l’importo massimo del beneficio è pari alla contribuzione a carico del datore di lavoro non versata in relazione alle suddette ore di fruizione nei mesi di maggio e giugno 2020. Per alcune tipologie di contributi escluse dal beneficio, cfr. infra.

[80]   Riguardo al calcolo del beneficio, cfr. infra.

[81]   Per ulteriori tipologie di contributi escluse dallo sgravio, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 105.

[82]   Gli interventi di integrazione salariale ammessi in base alla relativa normativa generale (anziché con causale COVID-19) sono pienamente compatibili con l’esonero contributivo in esame, come specifica la citata circolare dell’INPS n. 105.

[83]   Riguardo ad altre condizioni per la fruizione dell’esonero in esame, derivanti da norme generali, cfr. la citata circolare dell’INPS n. 105.

[84]   La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020 e C/2020/7127 del 13 ottobre 2020. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[85]   Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura primaria, della pesca e dell’acquacoltura.

[86]   Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 30 giugno 2021".

[87]   Ai sensi dell’art. 12, c. 9-11, del D.L. 137/2020.

[88]   Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[89]   Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[90]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione .

[91]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[92]   Il cambio di denominazione è stato stabilito dall'articolo 1, comma 595, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[93]   La dotazione originaria per il 2020 era pari a 5 milioni di euro.

[94]   Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (in base alla procedura prevista dal citato articolo 1, comma 338, della L. n. 205).

[95]   Per quanto qui interessa, si tratta dell’assistenza consentita al lavoratore dipendente, pubblico o privato, per parenti o affini entro il terzo grado con handicap grave, purché non ricoverati a tempo pieno, qualora i genitori o il coniuge di questi abbiano compiuto i 65 anni d’età oppure siano a loro volta affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti; in tali casi è consentito al lavoratore un permesso di tre giorni al mese retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.

[96]   Così come previste dal D.Lgs. 180/1997, il quale, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 24, della L. 335/1995, ha definito le modalità esplicative in caso di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo.

[97]   Con riferimento all’accesso ad opzione donna con i requisiti maturati entro il 31 dicembre 2018, cfr. la Nota del MIUR 4644/2019 secondo cui tutte le relative domande valgono, per gli effetti, dal 1° settembre 2019.

[98]   Per ulteriori dettagli cfr. circolare INPS 18/2020.

[99]   Per ulteriori dettagli, si veda la circolare INPS 35/2020.

[100]  Il contratto deve contenere:

a) il numero dei lavoratori da assumere e l'indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;

b) la programmazione temporale delle assunzioni;

c) l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all'articolo 44 del d. lgs 81/2015

d) relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento previsto dal comma 5.

      Ai fini della stipula del contratto di espansione il Ministero del lavoro e delle politiche sociali verifica il progetto di formazione e di riqualificazione nonché il numero delle assunzioni.

      In questi casi, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi, in deroga ale dispsizioni generali.

[101]  Si ricorda che, per il 2020, il valore provvisorio mensile del suddetto trattamento minimo di pensione è pari a 515,58 euro mensili.

[102]       Sulla base della relazione illustrativa del provvedimento, la nozione di “decorrenza teorica” individuata dalla norma è connessa al fatto che gran parte dei lavoratori interessati dalla proposta risultano ancora alle dipendenze delle rispettive aziende.

[103]  Si ricorda che tale congedo è attualmente operativo per i dipendenti privati, mancando per i dipendenti pubblici il relativo provvedimento attuativo di cui all’art. 1, c. 8, della L. 92/2012.

[104] Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

[105] Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonchè di innovazione tecnologica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 8/2020.

[106]     Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

[107] La soglia e le altre fasce di importo suddette sono soggette a rivalutazione automatica annua.   

[108] Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

[109] La legge n. 932 del 1980 ("Integrazioni e modifiche alla legislazione recante provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti e razziali") peraltro ammette (all'articolo 3, modificativo dell'articolo 4 della legge n. 261 del 1967) a godere dell'assegno di benemerenza anche chi abbia raggiunto il limite di età pensionabile, senza che abbia riportato una perdita della capacità lavorativa.

[110] La sentenza n. 268 del 1998 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 della legge n. 96 del 1955 e successive modificazioni, nella parte in cui non prevede che della Commissione istituita per esaminare le domande per conseguire i benefici previsti da quella legge, faccia parte anche un rappresentante dell'Unione delle comunità ebraiche italiane.

[111] Dato dalla differenza tra il nuovo livello di finanziamento per il 2021, pari a 121.370,1 milioni di euro e quello stabilito per il 2020, al netto degli interventi per l’emergenza COVID, pari a 117.407,2 milioni di euro.

[112] L'ambito in esame non concerne i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali dei suddetti enti ed aziende.

[113] Cfr. l'articolo 15-quater del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

[114] Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19.

[115]  Il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

[116]  Più in particolare, l’accordo nazionale e gli accordi specifici concernono le modalità di svolgimento della suddetta formazione a tempo parziale e delle attività formative, teoriche e pratiche, previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria.

[117]  Si ricorda che, in base alla disciplina generale di cui al D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, ogni regione stipula protocolli d’intesa con le università ubicate nel proprio territorio ai fini dello svolgimento dell'attività assistenziale sanitaria.

[118]  Il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi

[119]  Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 77/2020

[120]  Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie. Le modalità attuative della legge sono state successivamente approvate con DM 6 ottobre 2006.

[121]  La legge è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 5 novembre 2005, n. 258.

[122]  Il corrispondente regolamento di attuazione è stato pubblicato sulla G.U. n. 272 del 21 novembre 2017: DECRETO 17 ottobre 2017, n. 166 Regolamento concernente l'indennizzo a soggetti affetti da sindrome da talidomide, in attuazione dell'articolo 21-ter del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160 (in vigore dal 6 dicembre 2017).

[123]  La decorrenza è stata cosi rideterminata dalle novelle di cui all'art. 7, comma 2, del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11.

[124] Sul punto si rinvia alla Relazione della Corte dei conti al Parlamento su “Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Associazione Croce Rossa italiana (CRI) per l’esercizio 2015”, gennaio 2017. Per l'esercizio 2017, cfr. il Doc. XV, n. 118.

[125] In attuazione di tale disposizione, si veda, da ultimo, il d.m. 6 agosto 2020, recante "Assegnazione delle risorse finanziarie alle regioni, all'Ente strumentale alla Croce rossa italiana in liquidazione coatta amministrativa e all'Associazione della Croce rossa italiana per l'anno 2020".

[126] Ministero della salute, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero della difesa.

[127] Comitato di cui all'articolo 9 dell'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome sancita dalla relativa Conferenza permanente il 23 marzo 2005.

[128] Si ricorda che anche quest'ultimo riparto viene adottato previa intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 115, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

[129] Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome sancita dalla relativa Conferenza permanente il 18 dicembre 2019.

[130] In base al citato comma 576, gli accordi dovevano essere conclusi entro il 31 dicembre 2016.

[131]  Riguardo al Sistema Tessera Sanitaria, cfr. il relativo portale.

[132] Il decreto legislativo n. 206 del 2007 reca attuazione della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE, che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.

[133] Cfr. il D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari". Si ricorda che l'articolo 2, comma 2, del suddetto D.P.R. n. 574, e successive modificazioni, specifica che, ai fini in oggetto, i concessionari di servizi di pubblico interesse sono i soggetti che gestiscono servizi che rientrano nelle attribuzioni o nella disponibilità di enti pubblici, ovvero che gestiscono servizi equiparati ai suddetti.

[134] Si ricorda che, in base all'articolo 1 del D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni, "Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego", la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, adeguata alle esigenze del buon andamento del servizio, costituisce requisito per le assunzioni, comunque strutturate e denominate, ad impieghi nelle amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, e negli enti pubblici in Provincia di Bolzano.

[135] Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

[136] Le funzioni amministrative e legislative statali in materia di Università degli studi di Trento sono state delegate alla provincia autonoma di Trento dall’art. 2, co. 122, della L. 191/2009. I contenuti della delega sono stati specificati con il d.lgs. 142/2011.

[137] Il contributo può essere differenziato per i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale.

[138] L’art. 9 del d.lgs. 68/2012 ha disposto che, ai fini della graduazione dell'importo dei contributi, le università statali e le istituzioni AFAM valutano la condizione economica degli iscritti e possono tenere conto dei differenziali di costo di formazione riconducibili alle diverse aree disciplinari.

      Ha, altresì, previsto l'esonero totale dal pagamento per gli studenti in possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio, gli studenti disabili con un'invalidità pari almeno al 66%, gli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici, gli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità), gli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.

      Le università statali e le istituzioni AFAM – nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio – possono disporre autonomamente ulteriori esoneri (totali o parziali) dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti, in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66%, studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell'acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi, studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.

      Ha, infine, previsto che le università non statali legalmente riconosciute devono riservare una quota del contributo statale di cui alla L. 243/1991 per l'esonero totale in favore degli studenti in possesso dei requisiti di accesso alla borsa di studio e degli studenti disabili con invalidità superiore al 66%, nonché per eventuali ulteriori esoneri autonomamente stabiliti. Al tal fine, con il riparto dei contributi di cui alla L. 243/1991 sono definiti specifici incentivi che tengono conto dell'impegno nelle politiche per il diritto allo studio.

[139] Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a € 14.000, il contributo non può superare € 70; nel caso di uno studente con ISEE pari a € 30.000, il contributo non può superare € 1.190.

[140] Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a € 14.000, il contributo non può superare € 200; nel caso di uno studente con ISEE pari a € 30.000, il contributo non può superare € 1.785.

[141] L’art. 12 del D.L. 91/2017 (L. 123/2017) ha stabilito che per costo standard per studente delle università statali si intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università.

Ha definito, altresì, i criteri sulla base dei quali è determinato (ed eventualmente aggiornato) il modello di calcolo del costo standard per studente, che, in particolare, attengono ai costi del personale docente, dei docenti a contratto, del personale tecnico-amministrativo, nonché ai costi di funzionamento e gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio, prevedendo anche alcuni meccanismi perequativi, al fine di tenere conto dei differenti contesti economici e territoriali in cui l’università si trova ad operare.

Il modello di calcolo è determinato con decreto del Ministro (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) dell’università e della ricerca, che stabilisce anche la quota del FFO da ripartire tra gli atenei in base al criterio del costo standard per studente.

Per il triennio 2018-2020 è intervenuto il DM 8 agosto 2018, n. 585. In particolare, il DM ha stabilito che la percentuale di FFO, al netto degli interventi con vincolo di destinazione, da ripartire sulla base del costo standard è del 22% per il 2018, del 24% per il 2019 e del 26% per il 2020.

Qui, qui e qui le tabelle di determinazione del costo standard per singolo ateneo relative, rispettivamente, al 2018, al 2019 e al 2020.

[142] In particolare: servizi abitativi e di ristorazione, attività a tempo parziale, trasporti, assistenza sanitaria, accesso alla cultura, servizi di orientamento e tutorato, servizi per la mobilità internazionale, materiale didattico, nonché, per gli studenti meritevoli, anche se privi di mezzi, in possesso di determinati requisiti, borse di studio.

[143] Il medesimo art. 18 del d.lgs. 68/2011 ha previsto anche che al finanziamento delle borse di studio si provvede, altresì, attraverso:

- il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce (a seconda della condizione economica dello studente). La misura minima della tassa regionale è fissata, rispettivamente per le diverse fasce, in € 120, € 140 e € 160. Le regioni e le province autonome possono stabilire l'importo della tassa fino ad un massimo di € 200 (da aggiornare annualmente, in base al tasso di inflazione programmato). Qualora non vi provvedano, la stessa è fissata in € 140;

- risorse proprie delle regioni (oltre al gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio), pari almeno al 40% dell'assegnazione del Fondo. L'impegno delle regioni in termini maggiori è valutato attraverso l'assegnazione di specifici incentivi nel riparto del Fondo integrativo statale e del Fondo per il finanziamento ordinario alle università statali che hanno sede nel relativo territorio.

[144] In attuazione di quanto disposto dall’art. 17 del d.lgs. 68/2012, sono intervenuti il DM 672/2016, che ha disciplinato il riconoscimento dei collegi universitari di merito, il DM 673/2016, che ne ha disciplinato l’accreditamento.

[145] Da ultimo, è intervenuto il D.D. 2165/2019, che ha decretato quali collegi universitari legalmente riconosciuti, essendosi adeguati ai nuovi criteri di accreditamento di cui all’art. 17 del d.lgs. 68/2012 mantengono la qualifica di collegio universitario di merito accreditato acquisita inizialmente ex lege in base all’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs., e quali la perdono.

[146]  Qui la pagina dedicata del sito del MUR.

[147] Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 173, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015) aveva autorizzato una spesa integrativa di € 4 mln per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 per il finanziamento di interventi in favore dei collegi universitari di merito legalmente riconosciuti. A sua volta, l’art. 1, co. 246, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) aveva autorizzato una spesa integrativa di € 3 mln per ciascuno degli anni dal 2016 al 2018.

[148] Da ultimo, per il 2019, lo stanziamento complessivo, pari a € 14.940.563,00, è stato ripartito con DM 1122 del 6 dicembre 2019.

[149] La L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

      In particolare, l’art. 24, co. 1, ha disposto che, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

      Il co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha previsto che la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’ASN, o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

[150] Art. 1, co. 401, L. 145/2018.

[151]  Di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005.

[152] In base all’art. 24, co. 5, della L. 240/2010, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di ricerca a tempo determinato di tipo B, l'università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. A sua volta, il co. 5-bis, introdotto dall’art. 19, co. 1, lett. f), del D.L. 76/2020 (L. 120/2020), prevede la possibilità di anticipare già a dopo il primo anno di contratto il passaggio in questione, qualora l’università abbia le necessarie risorse nella propria programmazione e nei limiti delle risorse assunzionali disponibili per l'inquadramento nella qualifica di professore associato. Resta fermo il previo esito positivo della valutazione che, in tal caso, comprende anche lo svolgimento di una prova didattica nell’ambito del settore scientifico-disciplinare di appartenenza del titolare del contratto.

[153] In base allo stesso art. 24, co. 6, della L. 240/2010 – sempre come modificato dall’art. 5, co. 1, lett. b), del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) – dal 2022 le università possono destinare fino alla metà delle risorse necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo alle chiamate a professore di seconda fascia di ricercatori a tempo determinato di tipo B, che abbiano conseguito la stessa ASN.

[154] Lo stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19 dichiarato fino al 31 luglio 2020 con delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, e prorogato fino al 15 ottobre 2020 con delibera del Consiglio dei Ministri 29 luglio 2020, è stato da ultimo prorogato al 31 gennaio 2021 con delibera del Consiglio dei ministri 7 ottobre 2020.

[155] Ai collegi universitari di merito sono destinate risorse anche dall’art. 89, co. 4.

[156] Il Fondo è allocato sul cap. 1570 dello stato di previsione del MUR.

[157] Riguardo ai termini di prescrizione, cfr. l'articolo 3, commi 9 e 10, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e l'articolo 37, comma 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[158] Le risorse sono allocate sul cap. 5676 dello stato di previsione del Mibact.

[159] I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

[160] I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.

[161] In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

[162] I criteri e le modalità di utilizzazione della Carta per i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2018 sono dunque stati disciplinati con DPCM 7 dicembre 2018, n. 138, che ha ulteriormente modificato il DPCM del 2016, stabilendo, in particolare, che la Carta poteva essere utilizzata dagli stessi fino al 31 dicembre 2019.

[163] Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta per coloro che hanno compiuto 18 anni nel 2019 sono stati definiti con D.I. 177/2019, in base al quale le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it erano aperte fino al 31 agosto 2020, mentre la scadenza per spendere il bonus è il 28 febbraio 2021.

[164] Al riguardo, tuttavia, la relazione tecnica all'A.S. 2287 della XVII legislatura (da cui poi la L. 220/2016) precisava che sarebbero rimasti allocati nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) gli stanziamenti relativi al finanziamento dei seguenti crediti d'imposta (per i quali la stessa L. 220/2016 ha dettato una nuova disciplina):

-   art. 1, co. 325-337, della L. 244/2007 (commi abrogati dall'art. 1, co. 331, lett. f), della L. 208/2015 e dall' art. 39 della stessa L. 220/2016), pari a € 140 mln annui a decorrere dal 2016 (cap. 7765, Somme da accreditare alla contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - fondi di bilancio" per essere riversata all'entrata del bilancio dello Stato a reintegro dei minori versamenti conseguenti alla fruizione dei crediti di imposta per il cinema);

-   art. 20 del d.lgs. 60/1999 (abrogato dall' art. 39 della stessa L. 220/2016), pari a € 26,4 mln annui a decorrere dal 2019 (cap. 3872, recante somme da accreditare alla contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate - fondi di bilancio" per essere riversata all'entrata del bilancio dello Stato in relazione al credito di imposta per gli esercenti delle sale cinematografiche).

[165] Il complessivo livello di finanziamento è parametrato all'11% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES e IVA, nei seguenti settori di attività: distribuzione cinematografica di video e di programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso a internet, telecomunicazioni fisse, telecomunicazioni mobili.

[166] Da ultimo, l’art. 1, co. 366, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato di € 75 mln per il 2020 la dotazione del Fondo, utilizzando una quota delle risorse già assegnate con delibera CIPE n. 31/2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT. In base alla relazione tecnica all’A.S. 1586 tali risorse sono allocate sul già citato cap. 7765 dello stato di previsione del MEF.

[167] Il riparto del Fondo fra le diverse tipologie di intervento è stato effettuato:

- per il 2017, con DM 13 luglio 2017;

- per il 2018, con DM 148 del 15 marzo 2018;

- per il 2019, con DM 149 del 14 marzo 2019, DM 179 del 2 aprile 2019, DM 199 del 24 aprile 2019, DM 520 del 7 novembre 2019 e DM 7 febbraio 2020;

- per il 2020, con DM 187 del 22 aprile 2020 e con DM 405 del 12 agosto 2020.

[168] In attuazione dell’art. 21, co. 5, della L. 220/2016 sono intervenuti il D.I. 15 marzo 2018 relativo al credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva di cui all'art. 15 della L. 220/2016 e il D.I. 15 marzo 2018 relativo ai crediti d'imposta nel settore cinematografico e audiovisivo di cui agli artt. 16, 17, co. 1, 18, 19 e 20 della medesima L. 220/2016.

[169] Per il fondo di parte capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[170] Le fondazioni lirico-sinfoniche sono state inizialmente disciplinate dalla L. 800/1967, che ha dichiarato il "rilevante interesse generale" dell'attività lirica e concertistica "in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale" ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico. Sono stati così riconosciuti come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – e 2 istituzioni concertistiche assimilate: l'Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono 14.

[171] In base a quanto riportato nell’Allegato 1 alla prima Relazione semestrale sull’applicazione dei piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, le linee guida per la compilazione di piani di risanamento sono state emanate con nota prot. n. 3231 del 19 febbraio 2014

[172] L’art. 182-ter del R.D. 267/1942 consente ai debitori, con il piano propedeutico al concordato preventivo (di cui all'art. 160) di transigere le pendenze fiscali proponendo il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, a specifiche condizioni di legge. Il debitore può effettuare tale proposta anche nell'ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (previsto, per l'imprenditore in crisi, dall'art. 182-bis).

[173]    In base all’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;

d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.

[174] Gli esiti dei lavori della Commissione giudicatrice erano stati approvati con D.D. 26 maggio 2016.

[175] Gli esiti della selezione e la graduatoria dei candidati erano stati approvati con D.D. 8 maggio 2019.

[176] La relazione illustrativa all’A.S. 1925 faceva presente che gli incarichi erano scaduti il 30 giugno 2020.

[177] Gli esiti della selezione e la graduatoria dei candidati sono stati approvati con D.D. 7 ottobre 2020, n. 1830.

[178]  Destinazione derivante della L. 1184/1935, come modificata dal d.lgs.lgt. 56/1946, provvedimenti poi abrogati dal D.L. 200/2008 (L. 9/2009).

[179]  L’art. 47 del d.lgs. 177/2005 dispone, per quanto qui più interessa, che l'ammontare dei canoni di abbonamento sono determinati annualmente in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 3). Dispone, altresì, che è fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 4).

[180]  Il contratto di servizio 2018-2022 ha per oggetto, fra l’altro, l'offerta radiofonica, televisiva, e multimediale diffusa attraverso le diverse piattaforme in tutte le modalità, l'impiego della capacità trasmissiva necessaria, la realizzazione dei contenuti editoriali, l'erogazione dei servizi tecnologici per la produzione e la trasmissione del segnale in tecnica analogica e digitale, la predisposizione e gestione dei sistemi di controllo e di monitoraggio.