Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Modifiche all'art. 52 del codice penale in materia di legittima difesa
Riferimenti: AC N.1309/XVIII AC N.274/XVIII AC N.580/XVIII AC N.607/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 16/1
Data: 04/12/2018
Organi della Camera: II Giustizia

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni in materia di legittima difesa

AA.C. 1309, 274, 580, 607

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 16/1

 

 

 

4 dicembre 2018

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: GI0019a.docx

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo                                                                                              3

§  Legittima difesa ed eccesso colposo di legittima difesa (artt. 52 e 55 c.p.)   3

§  Legittima difesa e risarcimento del danno (art. 2044 c.c.)                              5

§  Breve analisi della giurisprudenza penale in materia di legittima difesa        6

Contenuto delle proposte di legge                                                                11

§  A.C. 1309, approvato dal Senato                                                                  11

§  A.C. 274, Molteni e altri                                                                                 18

§  A.C. 580, Gelmini e altri                                                                                20

§  A.C. 607, Consiglio regionale del Veneto                                                     22

Testo a fronte

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Legittima difesa ed eccesso colposo di legittima difesa (artt. 52 e 55 c.p.)

L'istituto della legittima difesa si colloca tra le cause di giustificazione del reato e trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta, entro determinati limiti, una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza. La relativa disciplina è contenuta nell'art. 52 del codice penale. I requisiti della legittima difesa nell'art. 52 - in presenza dei quali è esclusa la punibilità - risultano (primo comma):

Il secondo e terzo comma dell'art. 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la cd. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'art. 614 c.p. (violazione di domicilio) è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma), che la giurisprudenza ha riconosciuto anche negli spazi condominiali, oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma). In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a «un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo» per la difesa legittima della «propria o altrui incolumità» o dei «beni propri o altrui»; in relazione alla difesa dei beni patrimoniali, ai fini della sussistenza della scriminante:

a) il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita)

b) deve sussistere il pericolo di aggressione. L'art. 52 non chiarisce a quali beni si riferisca il pericolo di aggressione e dunque se si tratti dell'aggressione a beni patrimoniali o dell'aggressione a persone. Tuttavia, che tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio, oltre che da motivi sistematici, si ricava dai lavori preparatori della legge 59/2006.

 

Nella seduta del Senato del 6 ottobre 2004 e del 19 ottobre 2004, sia il primo firmatario della proposta di legge, sen. Gubetti, sia il relatore di maggioranza, sen. Ziccone, ribadirono tale impostazione: il primo precisò che "il pericolo di aggressione si riferisce alle persone e non alle cose..."; esemplificativamente, il sen. Ziccone affermò come il comportamento di chi spara alle spalle del ladro che scappa "era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione di questo disegno di legge, perché deve non solo, ripeto, non esserci la desistenza, ma deve esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (...) lo chiarisco in questa sede per evitare equivoci". Del resto, se il pericolo di aggressione fosse stato riferito solo ai beni patrimoniali, l'art. 52, secondo comma, c.p. risulterebbe in contrasto con l'art. 2, comma 2, della CEDU, che ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto ove tale comportamento risulti "assolutamente necessario" per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio.

 

E’ stata introdotta, in presenza delle suddette condizioni, una presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.

 

In generale, in relazione al rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa ai fini della configurabilità della sussistenza della legittima difesa, dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto opportuno non limitarsi ad un confronto puramente statico tra i due beni contrapposti bensì  di pervenire a un giudizio più articolato che tenga conto:

·       del fatto che il bene dell'aggressore possa essere tutelato in misura minore rispetto a quello dell'aggredito; potrà essere ritenuta sussistente la scriminante anche quando sia sacrificato un bene di valore superiore rispetto a quello minacciato (il bene della vita dell'aggressore potrà, quindi, soccombere in presenza di un tentativo di violenza sessuale);

·       di tutte le circostanze che concretamente possano influenzare il giudizio di proporzione difesa-offesa (intensità del pericolo, caratteristiche fisiche dell'aggredito e dell'aggressore, tempo e luogo dell'azione);

·       dei mezzi di difesa a disposizione della vittima (in particolare, ove vi sia possibilità di scegliere tale mezzo).

 

Complementare alla legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante di cui all'art. 52 c.p. Si parla di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva.

L'art. 55 del codice penale prevede che «quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo».

E' quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: anche in tal caso, si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.

 

La scriminante della legittima difesa può essere invocata anche da chi commetta un reato per difendersi da un pericolo che ritiene erroneamente esistente (cd. legittima difesa putativa). L’art. 52 c.p. è, in tali casi, da leggersi in combinato sia col citato art. 55 sull’eccesso colposo di legittima difesa sia con l’art. 59, comma 4, c.p., relativo alle “circostanze non conosciute o erroneamente supposte”. Tale ultima disposizione, in particolare, prevede che quando l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a suo favore.

Una sentenza della Corte di cassazione (n. 28224/2014) ha chiarito che "l'errore scusabile, nell'ambito della legittima difesa putativa, deve trovare un'adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo di un'offesa ingiusta".

 La scriminante non è, tuttavia, invocabile “se si tratta di errore determinato da colpa” quando il fatto è preveduto dalla legge come colposo.” (sul punto, v. ultra, Cassazione, sent. n. 17121 del 2016).

Legittima difesa e risarcimento del danno (art. 2044 c.c.)

L'articolo 2044 del codice civile prevede che non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri. La disposizione prevede quindi una causa di esclusione dell'antigiuridicità, per la quale un fatto, astrattamente configurabile come fonte di responsabilità, perde, in ragione del ricorrere di tale particolare circostanza, i tratti di riprovevolezza.

La nozione di legittima difesa "civilistica", secondo la dottrina e la giurisprudenza, sembra operare un rinvio implicito alle disposizioni che, in materia penale, regolano l'istituto della legittima difesa.

Pertanto per l'accertamento della sussistenza di tale scriminante (idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito) è necessario il concorso di due elementi:

·           la necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di una offesa ingiusta e

·           la proporzione tra l'offesa e la difesa.

Tuttavia le due nozioni - quella civilistica e quella penalistica - di legittima difesa non possono ritenersi del tutto sovrapponibili.

 

In primo luogo è opportuno rilevare come dall'analisi della giurisprudenza sembra potersi dedurre una nozione strettamente civilistica di legittima difesa, per la quale l'articolo 2044 c.c. ha trovato applicazione con riguardo a situazioni non riconducibili a vicende processuali penali, nelle quali la analoga scriminante è venuta in rilievo. Si vedano in proposito, a titolo esemplificativo, Cass. civ. Sez. VI - 1 Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12820 (in tale caso la Cassazione ha affermato che possa essere ritenuta "legittima" - e quindi non causa un danno risarcibile - la reazione dell'imprenditore che sia danneggiato dalla condotta sleale di un concorrente, solo quando risponde ai parametri della continenza generale e della proporzionalità rispetto all'offesa ricevuta) e Tribunale Torino, Sentenza 21 aprile 1983 Soc. Sorin Biomedica c. Shiley Sales corp. (in tale caso è stata ritenuta lecita la pubblicità contenente apprezzamenti sfavorevoli idonei a screditare il prodotto concorrente, quando tale comportamento sia il mezzo necessario per reagire contro l'attacco altrui).

In secondo luogo è necessario sottolineare come siano nette le differenze tra l'impostazione civilistica e quella penalistica: nell'ordinamento penale la legittima difesa sospende la punibilità del reo, anche se non sospende l'antigiuridicità dell'azione; nella responsabilità civile, con il dichiarare non responsabile il difensore legittimo viene negata l'antigiuridicità dell'azione. Secondo la giurisprudenza (si vedano a titolo esemplificativo Cass. civ. Sez. III, Sentenza 25 febbraio 2009, n. 4492 e Cass. Civ. Sez. III, Sentenza 24 febbraio 2000, n. 2091) l'identità concettuale tra l’art. 52 c.p. e l'art. 2044, deve comunque confrontarsi, oltre che con il favor rei che ha valenza generale in materia penale, con le diverse regole che presiedono la formazione della prova nel processo civile e penale, con la conseguenza che, mentre nel giudizio penale la semiplena probatio in ordine alla sussistenza della scriminante comporta l'assoluzione dell'imputato ex art. 530, terzo comma, c.p.p., nel giudizio civile il dubbio si risolve in danno del soggetto che la invoca e su cui incombe il relativo onere della prova. Da ciò consegue che uno stesso fatto, pur essendo "scriminato" sul piano penale, potrebbe comunque costituire illecito sul piano civile, con conseguente obbligo risarcitorio in capo all'autore.

 

Breve analisi della giurisprudenza penale in materia di legittima difesa

La giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha dimostrato come la presunzione legale introdotta per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'art. 52, primo comma, c.p.. Tale presunzione - secondo giurisprudenza consolidata - incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti, il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi  (in tal senso, tra le altre, Cassazione, sentenze n. 691 del 2014, n. 23221 del 2010, n. 25653 del 2008).

Secondo una ulteriore pronuncia (Cassazione, sentenza n. 50909 del 2014), la legge n. 59 del 2006, introducendo il comma secondo dell'art. 52 del codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio da parte dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità. La Cassazione ha ritenuto che lo stesso ingresso fraudolento o clandestino nella dimora dell'aggredito, in carenza sempre della aggressione o della esposizione della controparte ad un pericolo alla propria vita o incolumità, non acquisisca rilievo per invocare la scriminante della legittima difesa; la Suprema Corte ha negato l'esimente in presenza di "un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora" (Cass, sentenza n. 12466 del 2007). Con tale locuzione, quindi, il Collegio ha lasciato intendere l'impossibilità di derogare al principio di proporzionalità fra aggressione e difesa (di cui il legislatore del 2006 ha imposto la presunzione).

Come previsto dall'art. 52, secondo comma, c.p., nell'ipotesi in cui l'aggredito agisca per difendere beni patrimoniali necessita il duplice requisito della non desistenza e del pericolo di aggressione. Proprio la legittimità della difesa dei beni patrimoniali è stata oggetto di pronunce che - ferma restando la necessità del doppio citato requisito (non desistenza e pericolo di aggressione) - hanno sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa. Importanza dirimente continua ad avere, ai fini del giudizio di proporzione, il confronto tra il bene dell'aggredito (posto in pericolo dall'aggressore) e il bene dell'aggressore (posto in pericolo dalla reazione dell'aggredito). In tale direzione, le posizioni giurisprudenziali (oltre che dottrinarie) in materia appaiono consolidate fin dai primi casi sottoposti al giudizio della Cassazione dopo la riforma del 2006.

Nella sentenza n. 32282 del 29 settembre 2006 la Cassazione ha affrontato un caso in cui all'imputato era contestato l'eccesso di legittima difesa per avere esploso un colpo di pistola dalla finestra dell'abitazione contro la vittima in fuga, che in seguito era deceduta per le lesioni riportate (quest'ultimo si era introdotto nella sua abitazione per un tentativo di furto, previa effrazione di una finestra). Dopo che in primo grado l'imputato era stato assolto (perché il fatto non sussiste), la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la responsabilità penale dell'imputato. Secondo i giudici di legittimità, anche dopo la novella legislativa del 2006, non viene meno il rapporto di proporzionalità di cui al primo comma dell'art. 52 c.p. e si concretizza l'esimente quando l'uso di un'arma ha come fine ultimo quello di "difendere la propria o altrui incolumità" ovvero "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione". La Corte ha ritenuto, pertanto, l'imputato colpevole dell'eccesso di legittima difesa, in quanto dalle risultanze processuali si evinceva che non sussisteva un "pericolo di aggressione" e la vittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento aggressivo. Per la Cassazione, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, per integrare la scriminante della legittima difesa, deve essere vagliato secondo il criterio della proporzione di cui al primo comma art. 52 c.p e tale valutazione deve pur sempre operare in relazione alla situazione concreta sussistente nel momento in cui si faccia uso dell'arma.

Analoghe posizioni sono state confermate dalla giurisprudenza successiva; nella sentenza n. 28802 del 2014, la Cassazione ha ritenuto che, anche la presunzione legale di proporzionalità nella legittima difesa domiciliare non può giustificare l'uccisione con uso legittimo delle armi di un ladro introdottosi in casa quando sia messo in pericolo soltanto un bene patrimoniale dell'aggredito (anche nel caso in oggetto, il proprietario, dopo aver sorpreso il ladro in casa, gli aveva sparato dalla finestra della propria abitazione per impedire il furto della propria autovettura).

Più recentemente, sugli elementi caratteristici della legittima difesa, si segnalano due sentenze della Suprema Corte

La prima pronuncia, (Cassazione, sentenza 27 novembre 2015, n. 47177), richiamando numerosi pregresse decisioni, offre una ricostruzione dei requisiti necessari per potersi invocare l’esistenza della scriminante.

In particolare i giudici della Suprema Corte sostengono:

§  che l’elemento dell’attualità del pericolo costituisce il tratto caratteristico essenziale della difesa legittima, che la distingue, sia dalla mera difesa preventiva, diretta ad evitare esclusivamente le cause dell’azione illecita o dannosa, sia dalla vendetta privata; pertanto, con la locuzione “pericolo attuale” si deve intendere un pericolo presente, in atto, in corso, incombente, con esclusione, cioè, del pericolo già esauritosi e di quello ancora da verificarsi;

§  la possibilità di atti violenti contro il soggetto agente deve essere effettiva in relazione ad un preciso comportamento dell’antagonista, indicativo di un`offesa ingiusta in termini di concretezza ed imminenza, richiedente una pronta reazione difensiva; non può, invece, ritenersi sufficiente la prefigurazione in via ipotetica e congetturale di un’aggressione futura quando le circostanze di fatto indichino il contrario per l’allontanamento o la fuga di chi viene poi aggredito

La Corte afferma, inoltre, che l’esimente della legittima difesa non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa..

Inoltre, in relazione all’ipotesi della legittima difesa putativa, la sentenza ritiene che l’accertamento della legittimità della difesa implica un giudizio ex ante, rapportato alle peculiari circostanze concrete della fattispecie, da condurre secondo il prudente apprezzamento dei giudice di merito, che deve esaminare la situazione specifica per verificare se la stessa fosse tale da far sorgere nel soggetto l’erroneo convincimento di trovarsi in condizioni di fatto che, qualora realmente esistenti, avrebbero escluso l’antigiuridicità della condotta costituente reato, non potendo affidarsi a criteri soggettivi, oppure a stati d’animo turbati dell’agente.

 

Sul rapporto della legittima difesa con la disciplina dell’eccesso colposo e della legittima difesa putativa, va ricordato il contenuto di Cassazione, sentenza 26 aprile 2016, n. 17121 che - individuando i presupposti essenziali della legittima difesa da un lato, in un’aggressione ingiusta e dall’altro, in una reazione legittima - ha ritenuto:

·         che l’aggressione deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge;

·         che la reazione legittima, deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa.

La legittima difesa putativa – secondo la Cassazione - postula i medesimi presupposti di quella reale con la sola differenza che, nella prima, la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma è supposta dall’agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti. Tale errore – che ha efficacia esimente se è scusabile e comporta responsabilità di cui all’art. 59, comma ultimo, c.p. quando sia determinato da colpa – deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sicché la legittima difesa putativa non può valutarsi alla luce di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d’animo dell’agente, dal solo timore o dal solo errore, dovendo, invece, essere considerata anche la situazione obiettiva che abbia determinato l’errore. Essa, pertanto, conclude la Suprema Corte, può configurarsi se e in quanto l’erronea opinione della necessità di difendersi sia fondata su dati di fatto concreti, di per sé inidonei a creare un pericolo attuale, ma tali da giustificare, nell’animo dell’agente, la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo, persuasione che peraltro deve trovare adeguata correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l’azione della difesa venga a estrinsecarsi.”.

 

Molto recente è altresì una decisione della Suprema Corte – Cassazione, sentenza 20 giugno 2018, n. 29515, che riguarda un caso di legittima difesa domiciliare (la vicenda è relativa a un furto in una tabaccheria nella provincia padovana, finito con la morte di uno dei malviventi).

Dopo la condanna in primo grado per omicidio colposo del proprietario della tabaccheria che aveva sparato (gli era stata riconosciuto l’eccesso colposo di legittima difesa, di cui all’art. 55 c.p.), nel giudizio di appello la sentenza della Corte d’appello di Venezia lo aveva assolto per avere agito in stato di legittima difesa putativa incolpevole (art. 59 c.p.); cioè in una situazione rispetto alla quale, pur non essendo configurabile la legittima difesa (per difetto dei requisiti della necessità e proporzione, oltre che dell’attualità del pericolo per la propria o altrui vita), il fatto illecito non è rimproverabile all’agente, che ha ragionevolmente creduto di agire in stato di legittima difesa e, pertanto, di commettere un’azione lecita. La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione dichiarando inammissibile il ricorso della parte civile. Al riguardo, osserva la Cassazione, “la corte territoriale con giudizio ex ante ha valutato…tutte le circostanze di fatto, statiche e dinamiche, oggettive e soggettive, in relazione al momento della reazione e al contesto spazio-temporale, dando rilievo al complesso delle risultanze probatorie, e ha apprezzato e ritenuto scusabile, con giudizio logico e coerente, perciò insindacabile, l’errore di valutazione …circa la sussistenza dei presupposti di fatto, di proporzione e di necessità di difesa, che rappresentano gli elementi costitutivi della legittima difesa”.

La sentenza della Cassazione, che ha accertato la legittima difesa putativa in applicazione dell’art. 59, co. 4 c.p., ha quindi confermato da un lato, l’impunità dell’autore dell’omicidio e, dall’altro, il suo esonero da responsabilità civile.

Nonostante l’illiceità del fatto (la legittima difesa, infatti, è stata ritenuta solo putativa) il fatto stesso non è stato considerato colpevole. La Cassazione, nel motivare circa l’interesse a impugnare della parte civile, ha ricordato infatti come, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di legittima difesa putativa l’autore del fatto è tenuto a corrispondere un’indennità al danneggiato, in applicazione analogica dell’art. 2045 c.c. (stato di necessità); senonché tale obbligo dipenderà, in sede civile, dall’accertamento della natura colposa o incolpevole dell’errore, in applicazione della regola generale di cui all’art. 2043 c.c. E sotto questo profilo (esclusione del carattere colpevole dell’errore), la sentenza penale ha efficacia di giudicato nel giudizio civile di danno (ex art. 652 c.p.p.)

Inoltre in un caso in cui l’imputato invocava la legittima difesa o, in subordine, l’eccesso colposo, la Cassazione, con la sentenza n. 33707 del 2018  - ha affermato che la scriminante non è ammessa in favore di chi “accetti una sfida oppure reagisca a una situazione di pericolo volontariamente determinata» o alla quale «abbia concorso», nonostante la «possibilità di allontanarsi dal luogo senza pregiudizio e senza disonore».

Ad analoghe conclusioni, in identico caso, è giunta Cassazione sentenza 11 ottobre 2017, n.46567 che ha ribadito che i presupposti essenziali della scriminante della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve riguardare la necessità di difendersi, la inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa. Ne consegue che non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore.

 

 

 

 

 

 


Contenuto delle proposte di legge

Le proposte di legge all'esame della Commissione sono accomunate dalla volontà di modificare l'articolo 52 del codice penale, con l'intento di rafforzare le tutele per colui che reagisce ad una violazione del domicilio.

Di seguito si esamineranno separatamente, partendo dalla proposta già approvata dall’altro ramo del Parlamento.

A.C. 1309, approvato dal Senato

L’A.C. 1309, che origina da una proposta di iniziativa popolare (A.S. 5), è stato approvato dal Senato il 24 ottobre 2018. Si compone di 9 articoli che, oltre ad apportare modifiche in materia di legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo, intervengono su alcuni reati contro il patrimonio (furto in abitazione e con strappo, rapina) e sul delitto di violazione di domicilio.

 

I primi due articoli del provvedimento intervengono rispettivamente in materia di legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo. In particolare l'articolo 1 modifica il comma 2 dell'articolo 52 c.p., concernente la legittima difesa domiciliare,  ossia la fattispecie in cui è autorizzato il ricorso a «un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo» per la difesa legittima della «propria o altrui incolumità» o dei «beni propri o altrui».

In relazione alla fattispecie della legittima difesa domiciliare, la modifica consiste nella specificazione che si considera "sempre" sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l'offesa.

 

Come sopra illustrato il secondo e terzo comma dell'art. 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la cd. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'art. 614 c.p. (violazione di domicilio) è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma), che la giurisprudenza ha riconosciuto anche negli spazi condominiali, oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma). In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a «un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo» per la difesa legittima della «propria o altrui incolumità» o dei «beni propri o altrui»; in relazione alla difesa dei beni patrimoniali, ai fini della sussistenza della scriminante: a) il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita); b) deve sussistere il pericolo di aggressione.

 

L’A.C. 1309 poi aggiunge un ulteriore comma all'articolo 52 c.p. (quarto comma), per il quale si considera «sempre in stato di legittima difesa» chi, all’interno del domicilio e nei luoghi ad esso equiparati, respinge l’intrusione da parte di una o più persone «posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica». Ai sensi del terzo comma dell'articolo 52 c.p. al domicilio è equiparato ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

 

Normativa vigente

A.C. 1309

Codice penale

Art. 52

(Difesa legittima)

Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Identico.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

 

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.

 

L'articolo 2 del provvedimento interviene poi sull'articolo 55 c.p., aggiungendo un ulteriore comma, con il quale si esclude, nelle varie ipotesi di legittima difesa domiciliare, la punibilità di chi, trovandosi in condizione di minorata difesa o in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo, commette il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità.

 

Si ricorda che l'articolo 61, primo comma, n. 5), c.p. disciplina la circostanza aggravante comune della c.d. minorata difesa. Tale circostanza ricorre quando colui che commette il fatto agisce profittando «di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa».

 

Normativa vigente

A.C. 1309

Codice penale

Art. 55

(Eccesso colposo)

Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Identico.

 

Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5), ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.

 

L'articolo 3 del provvedimento, modificando l'articolo 165 c.p., prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento e furto con strappo (art. 624-bis c.p.) la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

 

 

Oltre alle modifiche alla disciplina della legittima difesa e dell'eccesso colposo il provvedimento interviene su alcune fattispecie di reato. In particolare l'articolo 4, interviene sul reato di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) inasprendone il quadro sanzionatorio. E' infatti elevata da sei mesi a un anno nel minimo e da tre a quattro anni nel massimo la pena detentiva per il reato di violazione di domicilio. Analogo inasprimento sanzionatorio è previsto con riguardo all'ipotesi aggravata che ricorre quando la violazione di domicilio è commessa con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato. Tale ipotesi è attualmente punita con la pena della reclusione da uno a cinque anni: il provvedimento interviene sia sul minimo che sul massimo edittale, punendo tale ipotesi con la reclusione da due a sei anni.

 

Normativa vigente

A.C. 1309

Art. 614

(Violazione di domicilio)

Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Identico.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Identico.

La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

La pena è da due a sei anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

 

 

L'articolo 5 interviene sull’art. 624-bis c.p., che punisce il reato di furto in abitazione e furto con strappo, inasprendone le pene.

 

L'art. 624-bis c.p. disciplina due autonome figure di reato: il furto in abitazione (comma primo) e il furto con strappo (comma secondo). Nel primo caso il fatto tipico consiste nel compiere l'azione furtiva "mediante introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa". La seconda autonoma figura criminosa consiste nello "strappare la cosa di mano o di dosso alla persona".

 

Il provvedimento approvato dal Senato eleva la pena detentiva (nel minimo dagli attuali tre anni a quattro anni e nel massimo dagli attuali sei anni a sette anni). Analogo inasprimento è previsto per le condotte aggravate per le quali è previsto un minimo edittale di cinque anni di reclusione (attualmente quattro anni), mentre il massimo resta quello attualmente previsto, pari a dieci anni, e la multa è rideterminata in un importo da un minimo di 1.000 euro (attualmente 927 euro) a un massimo di 2.500 euro (attualmente 2000 euro). Il quadro sanzionatorio vigente deriva dalla recente approvazione della legge n. 103 del 2017 che ha inasprito le pene previste dall’art. 624-bis.

 

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 1309

Codice penale

Art. 624-bis

(Furto in abitazione e furto con strappo)

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.

Identico.

La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.

Identico.

 

 

L'articolo 6 interviene sul reato di rapina (art. 628 c.p.) per inasprire le pene. La pena della reclusione è elevata da 4 a 5 anni nel minimo, mentre resta fermo il massimo fissato a 10 anni.

Per le ipotesi aggravate e pluriaggravate di cui rispettivamente al terzo comma e al quarto comma dell'articolo 628 c.p. il disegno di legge prevede un analogo inasprimento sanzionatorio. In particolare per la rapina aggravata la pena della reclusione è elevata nel minimo da 5 a 6 anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.000 a 4.000 euro (a legislazione vigente da 1.290 a 3.098 euro). Per le ipotesi pluriaggravate la pena della reclusione è elevata nel minimo da 6 a 7 anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata da 2.500 a 4.000 euro (a legislazione vigente da 1.538 a 3.098 euro).

In proposito è opportuno ricordare che anche l'art. 628 è stato oggetto di modifica sotto il profilo sanzionatorio da parte della legge n. 103 del 2017.

 

Normativa vigente

A.C. 1309

Art. 628

(Rapina)

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità.

Identico.

La pena è della reclusione da cinque a venti anni e della multa da euro 1.290 a euro 3.098:

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis;

3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;

3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;

3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.

Identici.

Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.538 a euro 3.098.

Identico.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Identico.

 

L'articolo 7 dell’A.C. 1309 interviene, poi, sulla disciplina civilistica della legittima difesa e dell'eccesso colposo, introducendo due ulteriori commi all'articolo 2044 c.c., che attualmente si limita ad affermare che «Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri».

Con il secondo comma si specifica che, nei casi di legittima difesa domiciliare (art. 52, commi secondo, terzo e quarto, c.p.), è esclusa in ogni caso la responsabilità di chi ha compiuto il fatto.

In tal modo la disposizione esclude espressamente l'ingiustizia - che costituisce il presupposto del risarcimento - del danno cagionato in presenza della causa di giustificazione di cui all'articolo 52, secondo, terzo e quarto comma c.p. In altri termini intento della modifica è di fare in modo che l'autore del fatto, se assolto in sede penale, non debba essere, in nessun caso, obbligato a risarcire il danno derivante dal medesimo fatto.

Il nuovo terzo comma dell'articolo 2044 c.c., invece, prevede che nei casi di eccesso colposo, di cui all'articolo 55, secondo comma, al danneggiato è riconosciuto il diritto ad una indennità. Tale indennità dovrà essere calcolata dal giudice con equo apprezzamento tenendo conto «della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato».

 

 

L'articolo 8 del provvedimento introduce, poi, il nuovo art. 115-bis all'interno del T.U. delle spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002) per disporre l’applicazione delle norme sul patrocinio a spese dello Stato (criteri e modalità di liquidazione dei compensi e delle spese per la difesa) in favore di colui che sia stato assolto, prosciolto o il cui procedimento penale sia stato archiviato per fatti commessi in condizioni di legittima difesa o di eccesso colposo di legittima difesa.

Conseguentemente l’onorario e le spese per il difensore, le spese per l’ausiliario del magistrato e per il consulente tecnico di parte dovranno essere liquidate dal magistrato in base alle disposizioni del TU spese di giustizia (artt. 82-84); con una deroga a tale disciplina, peraltro, la proposta di legge consente anche la liquidazione delle spese documentate e delle indennità di trasferta spettanti al difensore iscritto nell’albo di un altro distretto di corte d’appello.

E' comunque fatto salvo il diritto dello Stato di ripetere le spese anticipate, qualora a seguito di riapertura delle indagini o di revoca del proscioglimento, la persona sia poi condannata in via definitiva.

Trattandosi di una disposizione onerosa, l’art. 8 provvedere alla copertura finanziaria del nuovo art. 115-bis del Tu spese di giustizia.

 

 

Infine, sempre in tema di legittima difesa, attraverso una modifica all'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, l'articolo 9 della proposta approvata dal Senato prevede che nella formazione dei ruoli di udienza debba essere assicurata priorità anche ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma e 55, secondo comma del codice penale.

 

 

A.C. 274, Molteni e altri

La proposta di legge C. 274 (a prima firma Molteni), persegue due obiettivi:

 

In particolare, l'articolo 1 della proposta modifica l'art. 52 del codice penale, aggiungendovi infine un comma, attraverso il quale si stabilisce la presunzione di legittima difesa nella ipotesi in cui:

-        sia stato compiuto un atto per respingere l'ingresso o l'intrusione in un immobile mediante violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone;

-        tale ingresso o intrusione abbiano avuto luogo mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell'immobile;

-        l'ingresso o l'intrusione abbiano avuto luogo con violazione del domicilio di cui all'articolo 614, primo e secondo comma, c.p., ovvero in ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

 

In base all'articolo 614 c.p., chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (primo comma). Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno (secondo comma). Il delitto è punibile a querela della persona offesa (terzo comma). La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato (quarto comma).

 

Si valuti se sia utile il richiamo alla nozione di "violazione di domicilio" di cui all'art. 614 c.p.. Infatti, tale articolo non contiene alcuna definizione di domicilio e già la modifica proposta dell'art. 52 c.p. individua i luoghi cui è riferibile la presunzione di legittima difesa.

 

La modifica proposta non richiama dunque la proporzione tra difesa e offesa. La proporzione è presente invece: nel primo comma dell'art. 52 c.p., in via generale; nel secondo comma del medesimo articolo in cui, come si è visto sopra, è stabilita una presunzione di sussistenza del rapporto di proporzionalità con specifico riguardo alla violazione di domicilio.

 

L'articolo 2 modifica l'art. 624-bis c.p. per inasprire le pene per il delitto di furto in abitazione. Si ricorda che analoga finalità è perseguita dall’A.C. 1309.

In particolare, per quanto riguarda il furto in abitazione, la pena della reclusione - attualmente stabilita in 3 anni nel minimo e 6 anni nel massimo - viene portata (primo comma) a 5 anni nel minimo e 8 anni nel massimo; la congiunta pena pecuniaria (attualmente da 927 a 1.500 euro) viene portata a 10.000 euro (minimo) e 20.000 euro (massimo).

Senza modificare le pene per il delitto con strappo (secondo comma), la proposta di legge interviene sulle ipotesi aggravate dei delitti per innalzare l'attuale pena (reclusione da 4 a 10 anni e multa da 927 a 2.000 euro) nei seguenti termini: reclusione da 6 a 10 anni e multa da 20.000 a 30.000 euro (terzo comma).

Infine, per quanto riguarda il bilanciamento delle circostanze (quarto comma), la proposta di legge consente di ritenere equivalente o prevalente rispetto alle aggravanti la sola circostanza attenuante della minore età (art. 98 c.p.), e non anche - come previsto dalla normativa vigente - l'attenuante della collaborazione di cui all'art. 625-bis c.p.

 

A inasprire il quadro sanzionatorio del delitto di furto in abitazione e di furto con strappo concorrono anche gli articoli 3 e 4 della proposta di legge.

L'articolo 3, infatti, analogamente a quanto proposto dall’art. A.C. 1309, interviene sull'art. 165 c.p. per consentire l'applicazione della sospensione condizionale della pena solo quando il condannato ai sensi dell'art. 624-bis c.p. abbia pagato integralmente l'importo dovuto per il risarcimento del danno patito dalla persona offesa.

La proposta di legge sembra contenere un errore materiale, inserendo la disposizione sulla sospensione condizionale della pena nell'art. 165 del codice di procedura penale - relativo alle notificazioni all'imputato latitante o evaso. La novella andrebbe invece correttamente ricondotta all'art. 165 del codice penale che, sotto la rubrica "obblighi del condannato" disciplina l'istituto della sospensione condizionale della pena. Andrebbe conseguentemente modificato anche il titolo della proposta di legge, in quanto la stessa non prevedrebbe modifiche al codice di procedura penale, ma solo a codice penale e ordinamento penitenziario.
Inoltre, quanto alla formulazione della novella, la disposizione fa riferimento al "risanamento" del danno e non al "risarcimento" del danno. Si valuti altresì la possibilità di inserire il nuovo comma non alla fine dell'articolo 165 c.p., bensì dopo l'attuale quarto comma. Il quinto e ultimo comma dell'art. 165 c.p. prevede infatti che sia il giudice, nella sentenza di condanna, a stabilire il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

 

L'articolo 4 interviene sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) per escludere i condannati per furto in abitazione e furto con strappo dall'applicazione dei c.d. benefici penitenziari (art. 4-bis). In particolare, l'inserimento dell'art. 624-bis nel catalogo di delitti dell'art. 4-bis, comma 1, comporta che i condannati per tale delitto non potranno essere ammessi al lavoro all'esterno, non potranno beneficiare di permessi premio e in generale delle misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata, a meno che non collaborino con la giustizia.

 

 

A.C. 580, Gelmini e altri

La proposta di legge A.C. 580 si compone di due articoli con i quali modifica il codice penale e il Testo Unico spese di giustizia.

Diversamente dalle altre proposte di legge, l'articolo 1 dell'A.C. 580 non si limita a novellare l'art. 52 del codice penale, ma lo sostituisce, ribaltando la logica dell'attuale scriminante - costruita in termini di esclusione della punibilità - per affermare invece che colui che commette il fatto per difendere un diritto proprio o altrui, contro un pericolo attuale, esercita un diritto, il proprio diritto di difesa (primo comma). Nell'esercizio di tale diritto, peraltro, la difesa deve essere non manifestamente sproporzionata all'offesa (terzo comma).

 

La Relazione illustrativa chiarisce che «La vittima, data la situazione in cui viene a trovarsi, non ha una bilancia per poter giudicare razionalmente quale sia la reazione "proporzionata al millesimo" all'offesa ricevuta, e dunque la difesa potrà ritenersi eccessiva solo in caso di esorbitanza manifesta».

 

La difesa del domicilio è disciplinata dal secondo, quarto e quinto comma del nuovo art. 52 c.p., che introducono quella che pare una presunzione assoluta ed escludono ogni riferimento alla proporzione tra difesa e offesa. La disposizione riconosce "sempre" il diritto di difesa a chi reagisce ad una violazione di domicilio, o al tentativo di violazione del domicilio, realizzati, alternativamente (secondo comma):

Il quarto comma dispone che in tali casi il diritto di difesa si presume ed è esclusa la sussistenza del reato, anche colposo.

Il quinto comma estende - come nella formulazione attuale - il concetto di domicilio anche all'ufficio, al negozio e all'impresa.

La nuova formulazione riduce i margini di apprezzamento del giudice, che dovrà limitarsi a verificare la sussistenza dei requisiti del secondo comma: se il luogo ove si sono svolti i fatti presenta le caratteristiche del domicilio, se l'accesso o il tentativo di accesso si è svolto contro la volontà altrui, se vi è stata violenza a cose o persone, oppure se vi sono state minacce o inganni. Al di fuori di queste verifiche - che potranno comunque dar luogo a un'iscrizione sul registro degli indagati - la reazione sarà da ritenersi legittima, senza valutare se sia stata messa in pericolo la vita o l'incolumità di altri, ovvero un mero bene patrimoniale, o se vi sia stata proporzione tra offesa e difesa.

 

In merito, si ricorda che l'art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che proclama il diritto alla vita, precisa al comma 2 che la morte non è considerata come data in violazione del diritto «nel caso in cui fosse determinata da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: a) per difendere ogni persona da una violenza illegittima [...]».

Per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale sul bilanciamento dei diritti fondamentali, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, si ricordano le sentenze n. 85 del 2013 e n. 20 del 2017. Le pronunce evidenziano l'esigenza di «un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi».

 

L'articolo 2 della proposta di legge, inserendo l'articolo 5-bis nel D.P.R. n. 115 del 2002 (TU spese di giustizia), pone a carico dello Stato tutte le spese di giustizia e gli oneri connessi al procedimento penale aperto nei confronti di colui che, come riconosciuto dal procedimento stesso, abbia esercitato il diritto di difesa ai sensi dell'articolo 52 c.p.

 

 

A.C. 607, Consiglio regionale del Veneto

I due articoli della proposta di legge del Consiglio regionale veneto modificano l’art. 52 c.p. e, per coordinamento, anche l’art. 55 c.p..

In particolare, con le modifiche all’articolo 52, sulla legittima difesa, la proposta di legge:

 

?interviene (art. 1) sul terzo comma della disposizione, relativo al luogo ove è commesso il fatto. L'attuale previsione, che estende il diritto all'autotutela dall'interno del domicilio all'interno del negozio, dell'ufficio e dell'impresa, viene ulteriormente ampliata ricomprendendo anche le immediate adiacenze dei citati luoghi, purché ricorra una delle seguenti condizioni:

La relazione illustrativa chiarisce che si intende fare riferimento a un tentativo violento di intrusione con chiaro pericolo di aggressione, ovvero «a un tentativo di proseguire nell'offesa all'incolumità o ai beni specificati nel secondo comma, pur uscendo dai luoghi indicati».

 

?inserisce (art. 2) tre ulteriori commi all'art. 52. Con il quarto comma, è presunta tanto la sussistenza del pericolo di aggressione quanto l'assenza di desistenza in presenza delle seguenti condizioni:

 

?inserisce il quinto comma, con il quale esclude l’applicabilità delle pene previste per l’eccesso colposo nella legittima difesa quando il soggetto ha agito in stato di paura scusabile o per uno stato emotivo non rimproverabile di panico. Conseguentemente, la proposta interviene sull’art. 55 c.p., sull’eccesso colposo, eliminandovi il riferimento alla legittima difesa.

 

Si valuti l’opportunità di definire con maggiore precisione i presupposti della causa di non punibilità, con particolare riferimento ai concetti di “paura scusabile” e di panico “non rimproverabile”.

 

?inserisce il sesto comma, con il quale esclude, a fronte dell’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 52 da parte dell’autorità giudiziaria, con conseguente archiviazione o assoluzione dell’imputato, che l’autorità amministrativa possa a sua volta applicare a titolo di sanzione amministrativa il ritiro del porto d’armi o il divieto di detenere armi.

 

 


Testo a fronte

 


Normativa vigente

A.C. 1309
(approvato dal Senato)

A.C. 274

A.C. 580

A.C. 607
(Consiglio regionale del Veneto)

Difesa legittima

Difesa legittima

Difesa legittima

Diritto di difesa

Difesa legittima

 

 

 

Esercita il diritto di difesa colui che commette il fatto per difendere un diritto proprio o altrui contro un pericolo attuale.

 

 

 

 

È sempre riconosciuto il diritto di difesa a chi, nei casi di cui all'articolo 614, primo e secondo comma, reagisce a seguito dell'introduzione, anche tentata, nei luoghi ivi indicati senza il consenso dell'avente diritto o comunque con violenza alle persone o sulle cose ovvero con minaccia o con inganno.

 

Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Identico.

Identico.

Nei casi di cui al primo comma, la difesa deve essere non manifestamente sproporzionata rispetto all'offesa.

Identico.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

Identico.

Nei casi di cui al secondo comma, il diritto di difesa si presume ed è esclusa la sussistenza del reato, anche colposo.

Identico.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Identico.

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale ovvero nelle immediate adiacenze dei luoghi indicati nel presente articolo se risulti chiara e sia in atto l’intenzione di introdursi violentemente negli stessi o di volersene allontanare senza desistere dall’offesa.

 

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone.

Si considera che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l'ingresso o l'intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell'immobile, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone, con violazione del domicilio di cui all'articolo 614, primo e secondo comma, ovvero in ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

 

Il pericolo di aggressione e l'assenza di desistere di cui al secondo comma sono presunti quando l'offesa ingiusta avviene, all'interno dei luoghi indicati nel presente articolo, con modalità atte a creare uno stato di particolare paura e agitazione nella persona offesa.

 

 

 

 

Non risponde di eccesso colposo nella difesa legittima chi ha agito in stato di paura scusabile o per uno stato emotivo non rimproverabile di panico.

 

 

 

 

I provvedimenti dell'autorità giudiziaria di archiviazione del procedimento penale o di assoluzione dell'imputato ai sensi del presente articolo inibiscono l'applicazione, per i fatti di cui al procedimento penale medesimo, delle sanzioni amministrative del ritiro dell'autorizzazione a detenere legittimamente armi e del divieto di detenere legittimamente armi.

Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Identico.

 

 

Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

 

Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5), ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.

 

 

 

 

 

 

 

 

La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Identico.

Identico.

 

 

La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente.

Identico.

Identico.

 

 

La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell'articolo 163.

Identico.

Identico.

 

 

Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno.

Identico.

Identico.

 

 

Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

Identico.

Identico.

 

 

 

Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624-bis del codice penale, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risanamento del danno alla persona offesa.

 

 

 

 

 

 

 

Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

 

 

 

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Identico.

 

 

 

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Identico.

 

 

 

La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

La pena è da due a sei anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da cinque anni a otto anni e con la multa da euro 10.000 a euro 20.000.

 

 

Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.

Identico.

Identico.

 

 

La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

La pena è della reclusione da sei a dieci anni e della multa da euro 20.000 a euro 30.000 se il reato è aggravato da una o più circostanze previste dal primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

 

 

Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.

Identico.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti richiamate dal terzo comma del presente articolo, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a esse e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.

 

 

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.

 

 

 

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità.

Identico.

 

 

 

La pena è della reclusione da cinque a venti anni e della multa da euro 1.290 a euro 3.098:

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000:

 

 

 

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis;

3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;

3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;

3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.

Identici.

 

 

 

Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.538 a euro 3.098.

Identico.

 

 

 

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Identico.