Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Delega al Governo per la riforma fiscale |
Riferimenti: | AC N.3343/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 500/1 |
Data: | 17/06/2022 |
Organi della Camera: | VI Finanze |
Delega al Governo
per la riforma fiscale
A.C. 3343-A
Giugno 2022
Servizio Studi
Ufficio per le ricerche nei settori economico e finanziario
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Dossier n. 472/1
Servizio responsabile:
Servizio Studi
Dipartimento Finanze
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Progetti di legge n. 500/1
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FI0160a.docx
INDICE
§ Premessa......................................................................................... 3
§ Articolo 1 (Delega al Governo per la revisione del sistema fiscale e relativa procedura)............................................................................................ 9
§ Articolo 2 (Revisione del sistema di imposizione personale sui redditi) 14
§ Articolo 3 (Princìpi e criteri direttivi per la revisione dell’IRES e della tassazione del reddito di impresa)...................................................... 25
§ Articolo 4 (Razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette)................................................................................ 29
§ Articolo 5 (Graduale superamento dell’IRAP).................................. 32
§ Articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto dei fabbricati) 35
§ Articolo 7 (Revisione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef) 43
§ Articolo 8 (Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione)................................................................................ 50
§ Articolo 9 (Delega al Governo per la codificazione in materia tributaria) 56
§ Articolo 10 (Disposizioni finanziarie)................................................ 60
Il disegno di legge contenente delega al governo per la riforma fiscale (A.C. 3343), di cui è di seguito riportato in sintesi il contenuto, ha formato oggetto di un approfondito esame parlamentare. Il disegno di legge è stato presentato alla Camera dei deputati il 29 ottobre 2021. A partire dal mese di dicembre 2021 sono state svolte diverse sedute di esame dei contenuti del provvedimento stesso mentre le votazioni degli emendamenti presentati si sono svolte nelle sedute del 2, 3, 8 marzo, 6 aprile e 14 giugno 2022. Nella giornata del 15 giugno 2022 è st6ato conferito il mandato al relatore a riferire positivamente sul testo approvato. Nel corso dell’esame in sede referente sono state approvate diverse modifiche al testo originario del disegno di legge.
Si ricorda che i contenuti del disegno di legge sono in parte riconducibili alle conclusioni dell’indagine conoscitiva condotta dalle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato che si è articolata nell’arco di sei mesi, tra gennaio e giugno 2021; il 30 giugno 2021 le Commissioni hanno ciascuna approvato, in un identico testo, il documento conclusivo dell’indagine, che indirizza la riforma fiscale verso obiettivi di crescita dell’economia e semplificazione del sistema tributario. Il documento tiene esplicitamente in considerazione le finalità di transizione ecologica e digitale del PNRR; supporta l'approccio strategico esplicitamente contenuto nel Piano che vede nella digitalizzazione l'investimento più redditizio all'interno dell'Amministrazione Finanziaria, assieme a quello volto a dotarla delle competenze tecniche necessarie per metterlo adeguatamente a valore.
Sintesi delle disposizioni del disegno di legge e delle principali modifiche introdotte nel corso
dell’esame in sede referente
L'articolo 1 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, fissando anzitutto principi e criteri direttivi generali cui deve attenersi la stessa revisione (co.1).
Si tratta, oltre che dei principi di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione e del diritto dell'Unione Europea, dei seguenti principi e criteri direttivi, integrati ed emendati nel corso dell'esame in sede referente: a) stimolare la crescita economica attraverso l'aumento dell'efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui redditi derivanti dall'impiego dei fattori di produzione; b) razionalizzare e semplificare il sistema tributario, anche con riferimento agli adempimenti - dichiarativi e di versamento, come precisato nel corso dell'esame in sede referente - a carico dei contribuenti al fine di ridurre i costi di adempimento, di gestione e di amministrazione del sistema fiscale (n. 1). Oltre all'obiettivo di procedere all'individuazione ed eliminazione di micro-tributi (n. 4) sono stati fissati i seguenti obiettivi: assicurare il pieno utilizzo dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché alla piena realizzazione dell'interoperabilità delle banche dati, ferma restando la salvaguardia dei dati personali (n. 2) e pervenire ad un utilizzo efficiente, anche sotto il profilo tecnologico, da parte dell'amministrazione finanziaria dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni (n. 3); c) preservare la progressività del sistema tributario e garantire il rispetto del principio di equità orizzontale (come precisato nel corso dell'esame in sede referente); d) ridurre l'evasione e l'elusione fiscali (con le precisazioni introdotte in sede referente); e) garantire il rispetto dell'autonomia tributaria degli enti territoriali (principio aggiunto nel corso dell'esame in sede referente); f) razionalizzare le sanzioni amministrative, garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali (principio aggiunto nel corso dell'esame in sede referente). Sono poi disciplinate le modalità e i termini dell'esame parlamentare degli schemi di decreti legislativi, con la previsione del "doppio parere" e l'indicazione della documentazione che deve accompagnare i citati schemi per l'esame parlamentare, secondo quanto precisato nel corso dell'esame in sede referente (co. 2 e 3), nonché il meccanismo di eventuale slittamento del termine di delega (co. 4), stabilendo altresì le modalità di integrazione, coordinamento (formale e sostanziale) e abrogazione della normativa vigente da parte dei decreti legislativi di attuazione della legge (co. 5 e 6), fissando infine i termini per l'adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi e integrativi (co.7).
L'articolo 2, reca i principi e i criteri direttivi concernenti la revisione del sistema di imposizione personale sui redditi. Nel corso dell'esame in Commissione sono state introdotte numerose modifiche. In particolare, rispetto al testo originario del disegno di legge, è stato invece eliminato il riferimento alla progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello duale.
Nel rinviare alla scheda riguardante l’articolo 2 per il dettaglio delle modifiche introdotte, si segnalano in questa sede l’obiettivo dell’aumento della neutralità fiscale del trattamento dei redditi personali derivanti dall'impiego del capitale, distinguendo tra redditi da capitale mobiliare e immobiliare, e prevedendo ordinariamente l'applicazione di un prelievo proporzionale e regimi cedolari ai redditi da capitale ed il mantenimento del cd. regime forfetario, con la previsione di un regime agevolato di "uscita" dal medesimo, applicabile per due periodi di imposta. Sono inserite alcune precisazioni in merito alla tutela dei redditi medio-bassi, con riferimento alla riduzione delle aliquote medie effettive e alle detrazioni e deduzioni d’imposta, alla tutela del bene casa con riferimento al riordino di detrazioni e deduzioni, e all’introduzione graduale di meccanismi di rimborso diretto tramite piattaforme telematiche diffuse delle detrazioni al 19 per cento - con priorità a quelle di natura socio-sanitaria - in relazione ad acquisti tracciabili di specifici beni e servizi. Sono state infine previste misure di semplificazione degli adempimenti dichiarativi e di versamento per i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali, nonché da tutti i contribuenti a cui si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale, ed una più equa distribuzione del carico fiscale nel corso del tempo, anche attraverso un meccanismo di progressiva introduzione della periodicità mensile degli acconti e dei saldi e l'eventuale riduzione della ritenuta d'acconto.
L'articolo 3 reca i principi e i criteri direttivi specifici concernenti la revisione dell'IRES e della tassazione del reddito d'impresa, facendo in particolare riferimento alla semplificazione e razionalizzazione della tassazione del reddito d'impresa, finalizzate alla riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, anche attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali, con particolare attenzione alla disciplina degli ammortamenti e alla revisione dei costi parzialmente e totalmente indeducibili (lettera a), alla revisione della disciplina delle variazioni in aumento e in diminuzione apportate all'utile o alla perdita risultante dal conto economico per determinare il reddito imponibile, al fine di adeguarla ai mutamenti intervenuti nel sistema economico, anche allineando tendenzialmente tale disciplina a quella vigente nei principali Paesi europei (lettera b) e alla tendenziale neutralità tra i diversi sistemi di tassazione delle imprese, per limitare distorsioni di natura fiscale nella scelta delle forme organizzative e giuridiche dell'attività imprenditoriale (lettera c).
L'articolo 4 reca i principi e i criteri direttivi specifici concernenti la razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e delle imposte indirette sulla produzione e sui consumi (accise), facendo particolare riferimento alla razionalizzazione della struttura dell'IVA, allo scopo di semplificarne la gestione e applicazione, nonché di contrastare l'erosione e l'evasione fiscali ed aumentare l'efficienza del sistema impositivo (co. 1, lett. a), e all'adeguamento delle strutture e delle aliquote delle imposte indirette, in modo tale da tener conto dell'impatto ambientale dei diversi prodotti soggetti ad accisa, nonché con l'obiettivo di riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e di promozione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili, oltre che, come precisato con una modifica introdotta sede referente, di promuovere uno sviluppo sostenibile (co. 1, lett. b).
L'articolo 5 delega il Governo a emanare uno o più decreti legislativi volti al graduale superamento dell'Imposta regionale sulle attività produttive – Irap, garantendo in ogni caso il finanziamento del fabbisogno sanitario.
Nel corso dell'esame in sede referente si è introdotta una priorità per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti ed è stato specificato che occorre altresì garantire gettiti in misura equivalente per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero per quelle che sono sottoposte a piani di rientro che comportano l'applicazione di aliquote dell'Irap maggior di quelle minime. È stato altresì specificato che detti interventi normativi non devono generare aggravi di alcun tipo sui redditi da lavoro dipendente o da pensione.
L'articolo 6 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e all'Agenzia delle entrate, atti a facilitare l'individuazione e il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l'integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026). Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né, conseguentemente, a seguito di una modifica introdotta in sede referente, per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali.
In particolare ai fini dell'integrazione dei dati, secondo le modifiche introdotte in sede referente, si dovrà prevedere che venga indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente, anche un'ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata -secondo quanto previsto nel corso dell'esame in sede referente-utilizzando i criteri già previsti in materia di tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane (mentre vengono espunti dal testo i precedenti riferimenti all'attribuzione del valore patrimoniale). Tale rendita, ove risultasse necessario, - sempre secondo quanto precisato nel corso dell'esame in sede referente- viene determinata anche tenendo conto dell'articolazione del territorio comunale, della rideterminazione delle destinazioni d'uso catastali, dell'adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.
Misure di tutela sono previste per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico mentre è stata indicata la destinazione alla riduzione del carico fiscale di una quota parte dell'eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale con riferimento ai territori in cui tali immobili siano stati rilevati. Si è infine delegato il Governo a prevedere procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i Comuni e l'Agenzia delle entrate, affidando a quest'ultima anche i compiti di indirizzo e coordinamento.
L'articolo 7 contiene i principi e i criteri direttivi che devono guidare il Governo nella riforma della fiscalità locale, sia nella sua componente personale, sia nella componente immobiliare. Si delega anzitutto il Governo ad attuare una revisione delle addizionali comunali e regionali all'Irpef, sostituendo le vigenti addizionali con altrettante sovraimposte (dunque applicabili al debito d'imposta e non, come nell'attuale sistema, alla base imponibile del tributo erariale). Sono concessi tanto alle regioni quanto ai comuni margini di manovrabilità, che, a seguito degli interventi formulati in sede referente, sono definiti in modo da garantire agli enti nel loro complesso lo stesso incremento di gettito ora garantito dall'applicazione del livello massimo dell'addizionale IRPEF. In sede referente è stato inoltre introdotto il principio di parziale territorializzazione di una quota delle imposte provenienti dai regimi forfettari e dal nuovo regime di transizione dal regime forfettario. Con riferimento alla fiscalità immobiliare si prevede che possa essere rivisto l'attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo appartenenti al gruppo catastale D ed eventualmente degli altri tributi incidenti sulle transazioni immobiliari.
L'articolo 8 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate a introdurre alcune modifiche al sistema nazionale della riscossione. La norma prevede, tra l'altro, la definizione di nuovi obiettivi legati ai risultati, una revisione dell'attuale disciplina del sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione, l'incremento dell'uso di tecnologie innovative e dell'interoperabilità dei sistemi informativi, il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall'Agente nazionale della riscossione all'Agenzia delle entrate.
L'articolo 9 reca la delega al Governo per l'adozione di norme finalizzate alla codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia tributaria. Vengono indicati i termini per l’adozione dei decreti legislativi, gli specifici princìpi e criteri direttivi ai quali dovrà attenersi il Governo nell'ambito della codificazione, la procedura di trasmissione e quella di esame da parte delle Camere, lo scorrimento dei termini di delega e i termini e procedure per eventuali decreti correttivi e integrativi.
L'articolo 10 reca le disposizioni riguardanti gli oneri derivanti dalle norme di delega e le relative coperture finanziarie. Nel corso dell'esame in sede referente è stato precisato che non deve comunque derivare dalle nuove disposizioni un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall'applicazione della legislazione vigente.
Articolo 1
(Delega al Governo per la revisione del sistema
fiscale e relativa procedura)
L’articolo 1, come modificato nel corso dell’esame in sede referente, delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale, fissando principi e criteri direttivi generali cui deve attenersi la stessa (comma 1), disciplinando le modalità e i termini di esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo (commi 2-3) il meccanismo di slittamento del termine di delega (comma 4), stabilendo le modalità di coordinamento con la normativa vigente e di individuazione delle norme da abrogare (commi 5 e 6) e fissando i termini per l’adozione degli eventuali decreti legislativi correttivi (comma 7).
Nel corso dell’esame in sede referente, con riferimento all’obiettivo di razionalizzare e semplificare il sistema tributario:
§ è stato inserito un riferimento al principio cosiddetto “once only” in forza del quale l’amministrazione fiscale non può richiedere al contribuente documenti già in suo possesso;
§ è stato indicato l’obiettivo del pieno utilizzo dei dati disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, della piena interoperabilità delle banche dati, dell’utilizzo efficiente delle nuove tecnologie con riferimento alle informazioni ottenute tramite lo scambio dei dati, nel rispetto delle norme in materia di privacy.
Sono stati inoltre introdotti i seguenti profili:
§ è stato inserito un riferimento al principio di equità orizzontale;
§ con riferimento al contrasto dell’evasione fiscale sono stati indicati specifici interventi di potenziamento (anagrafe tributaria, analisi del rischio) sempre nel rispetto delle norme in materia di privacy;
§ è stato inserito un principio di delega riferito alla tutela dell’autonomia tributaria degli enti territoriali;
§ è stato introdotto un principio di delega riguardante la razionalizzazione delle sanzioni tributarie;
§ sono stati precisati i contenuti delle relazioni tecniche che dovrebbero accompagnare gli schemi di decreto legislativo attuativo.
In particolare il comma 1 stabilisce che i decreti si conformino ai princìpi costituzionali, in particolare di quelli di cui agli articoli 3 (principio di uguaglianza formale e sostanziale) e 53 (principio della tassazione in ragione della capacità contributiva e principio di progressività del sistema tributario) della Costituzione (sull’interpretazione da parte della Corte costituzionale di questi principi si veda infra) nonché al diritto dell'Unione europea e siano adottati sulla base dei princìpi e criteri direttivi specifici di cui agli articoli da 2 a 8 (vedi infra) nonché sulla base dei seguenti principi e i criteri direttivi generali, come integrati nel corso dell’esame in sede referente:
a) stimolare la crescita economica attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui redditi derivanti dall'impiego dei fattori di produzione;
b) razionalizzare e semplificare il sistema tributario anche con riferimento:
§ agli adempimenti dichiarativi e di versamento (come precisato in sede referente) a carico dei contribuenti al fine di ridurre i costi di adempimento, di gestione e di amministrazione del sistema fiscale anche attraverso, come specificato nel corso dell’esame, il rigoroso rispetto, da parte dell’amministrazione finanziaria, del divieto di richiedere al contribuente documenti già in possesso delle amministrazioni pubbliche, ed estendendo la possibilità di ottemperare agli adempimenti tributari in via telematica (n. 1));
§ al pieno utilizzo dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché alla piena realizzazione dell’interoperabilità delle banche dati, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del regolamento (UE) 2016/ 679 del Parlamento europeo e del Consiglio (n. 2);
§ ad un utilizzo efficiente, anche sotto il profilo tecnologico, da parte dell'amministrazione finanziaria dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni (n.3);
§ all’individuazione ed eliminazione di micro-tributi per i quali i costi di adempimento dei contribuenti risultino elevati a fronte di un gettito trascurabile per lo Stato e assicurando le opportune compensazioni di gettito nell’ambito dell’attuazione della presente legge (n. 4));
c) preservare la progressività del sistema tributario e garantire il rispetto del principio di equità orizzontale (inciso aggiunto nel corso dell’esame in sede referente);
Il principio di equità orizzontale implica che contribuenti che sono in condizioni analoghe essere assoggettati a imposizione equivalente. Nel corso dell’esame in sede referente alcuni contributi scritti hanno sottolineato come nel sistema di tassazione italiano si rilevi un vulnus del principio di equità orizzontale ad esempio tra redditi da lavoro dipendente e redditi da lavoro autonomo fino a 55 mila euro.
d) ridurre l’evasione e l’elusione fiscale anche attraverso la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, il potenziamento dell’analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del regolamento (UE) 2016/ 679 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché mediante il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo di cui al decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128;
In relazione al contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale si segnala come, in attuazione dell’obiettivo M1C1-101 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il 20 dicembre 2021 è stata presentata e trasmessa all’Unione europea la “Relazione per orientare le azioni del Governo volte a ridurre l’evasione fiscale derivante da omessa fatturazione” che individua diversi interventi nelle materie indicate nel principio di delega descritto con particolare riferimento al contrasto dell’evasione IVA e al miglioramento dell’analisi del rischio. In materia di analisi del rischio si segnala altresì che il 27 dicembre 2021 il Garante per la protezione dei dati personali ha reso il proprio parere sullo schema di decreto ministeriale attuativo dell’art. 1, comma 683, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che limitatamente al trattamento dei dati contenuti nell'archivio dei rapporti finanziari di cui al comma 682, prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l'Agenzia delle entrate, sono definite le specifiche limitazioni e le modalità di esercizio dei diritti di cui agli articoli 14, 15, 17, 18 e 21 del regolamento (UE) 2016/679, in modo da assicurare che tale esercizio non possa arrecare un pregiudizio effettivo e concreto all'obiettivo di interesse pubblico, le disposizioni specifiche relative al contenuto minimo essenziale di cui all'articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/679 e le misure adeguate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. Il comma 682, richiamato dal comma 683, stabilisce che per le attività di analisi del rischio di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 con riferimento all'utilizzo dei dati contenuti nell'archivio dei rapporti finanziari (…) l'Agenzia delle entrate, anche previa pseudonimizzazione dei dati personali, si avvale delle tecnologie, delle elaborazioni e delle interconnessioni con le altre banche dati di cui dispone, allo scopo di individuare criteri di rischio utili per far emergere posizioni da sottoporre a controllo e incentivare l'adempimento spontaneo.
Tali disposizioni risultano anch’esse attuative delle disposizioni di cui al traguardo M1C1-103 che, prevede, tra l’altro, al punto IV il completamento del processo di pseudonimizzazione dei dati (articolo 1, commi 681-686, della legge n. 160/2019) e l’istituzione dell'infrastruttura digitale per l'analisi dei megadati generati attraverso l'interoperabilità della banca dati completamente pseudonimizzata, al fine di aumentare l'efficacia dell'analisi dei rischi alla base del processo di selezione e, al punto V, l'entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato che attuano azioni complementari efficaci basate sul riesame di eventuali misure per ridurre l'evasione fiscale dovuta alla omessa fatturazione.
e) garantire il rispetto dell’autonomia tributaria degli enti territoriali;
f) razionalizzare le sanzioni amministrative, garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali.
Tali principi sono stati inseriti nel corso dell’esame in sede referente.
Per violazioni formali si intendono, in giurisprudenza, quelle che non incidono sulla determinazione dell'imponibile o dell'imposta e sono collegate ad un omesso, irregolare od incompleto adempimento del contribuente. Tali violazioni possono avere la conseguenza di ostacolare le azioni di controllo a differenza delle violazioni meramente formali che non presentano questo profilo di potenziale lesività.
I commi 2-3 disciplinano l’esame parlamentare degli schemi di decreto legislativo: le Commissioni competenti per i profili finanziari esaminano gli schemi, che devono essere corredati di relazione tecnica, che indichi – come precisato nel corso dell’esame in sede referente -, per ciascuna misura, l'impatto sul gettito, e, ove pertinente, l'impatto in termini di tributi locali, e corredati delle relazioni sull’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR), nel termine di trenta giorni dalla trasmissione (è da intendersi che i 30 giorni decorrano dalla data di assegnazione alle Commissioni competenti per l’esame). Le Commissioni possono richiedere una proroga di ulteriori 20 giorni, in ragione della complessità della materia da trattare o per il numero dei decreti legislativi. Decorsi tali termini il decreto può essere adottato. Qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, i testi sono nuovamente trasmessi alle Camere con le osservazioni del Governo stesso ed eventuali modificazioni, corredate dai necessari elementi integrativi di informazione e motivazione.
Il termine per la conclusione di questo secondo esame parlamentare è di 10 giorni dalla trasmissione dei testi medesimi e, anche in tal caso, decorso questo termine, il Governo può adottare i decreti.
Il comma 4 disciplina il meccanismo di “scorrimento” dei termini di delega previsti dai commi 1 (18 mesi dall’entrata in vigore della legge in commento, per l’emanazione dei decreti legislativi attuativi) 6 (sempre 18 mesi dall’entrata in vigore della legge in commento per i decreti di coordinamento) e 7 (24 mesi con riferimento all’emanazione di decreti legislativi correttivi decorrente dall’entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di cui al comma 1).
Si prevede che qualora i termini per l'espressione dei pareri parlamentari di cui ai commi 2 e 3 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega sopra indicati, ovvero successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.
Il comma 5 precisa le modalità secondo le quali i decreti legislativi dovranno essere costruiti tecnicamente: si prevede che le modifiche in essi contenute debbano integrarsi nei testi normativi che disciplinano le singole materie, modificandone o integrandone il contenuto ed abrogando espressamente le norme incompatibili.
Il comma 6 delega il Governo ad adottare (entro il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della legge) uno o più decreti legislativi recanti le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento formale e sostanziale tra i decreti legislativi emanati ai sensi della presente legge e le altre leggi dello Stato e per l'abrogazione delle norme incompatibili.
Il comma 7, infine, prevede che entro 24 mesi dall’entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi previsti dalle disposizioni della legge in commento, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati nel presente articolo e secondo le modalità procedurali quivi previste il Governo sia delegato ad adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive o integrative dei decreti legislativi emanati.
Si ricorda che entro 12 mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 7 l’articolo 9 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la codificazione delle disposizioni legislative vigenti e che nei 12 mesi successivi all’entrata in vigore dei citati decreti legislativi di codificazione possano essere emanati decreti legislativi correttivi.
Si rileva pertanto come il processo normativo sia particolarmente articolato: successivamente all’emanazione dei decreti legislativi previsti in diretta attuazione dalla presente legge potranno essere emanate, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della stessa, norme di coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni ivi contenute, entro 24 mesi dall’entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi adottati potranno essere disposte integrazioni e correzioni dei medesimi. Entro 12 mesi dalla scadenza del citato termine di 24 mesi, saranno adottati uno o più decreti legislativi di codificazione e, infine, entro un anno dall’entrata in vigore di questi ultimi, potranno essere emanati decreti integrativi o correttivi degli stessi.
Articolo 2
(Revisione del sistema di imposizione personale sui redditi)
L’articolo 2, modificato in sede referente, reca i principi e i criteri direttivi concernenti la revisione del sistema di imposizione personale sui redditi.
Nel corso dell’esame in Commissione è stato in particolare disposto che nell’esercizio della delega:
§ sia effettuata una progressiva revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall’impiego del capitale, aumentando il grado di neutralità fiscale e prevedendo ordinariamente l’applicazione di un prelievo proporzionale e regimi cedolari ai redditi da capitale, nonché distinguendo tra redditi da capitale mobiliare e immobiliare;
§ venga mantenuto il cd. regime forfetario, con la previsione di un regime agevolato di “uscita” dal medesimo, applicabile per due periodi di imposta.
Rispetto al testo originario del disegno di legge, viene eliminato il riferimento alla progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello duale.
Resta fermo che la revisione dell’Irpef deve avvenire nel rispetto del principio di progressività e che detta riforma preveda la riduzione graduale delle aliquote medie effettive ma, come specificato in sede referente, ciò deve avvenire a partire da quelle relative ai redditi medio-bassi.
Fermo restando inoltre il riordino delle deduzioni e delle detrazioni vigenti, nel corso dell’esame in Commissione è stato precisato che tale riordino deve avvenire con particolare riguardo alla tutela del bene casa, e dei loro effetti sull’equità e sull’efficienza dell’imposta. È stato inoltre precisato che le risorse derivanti dall’eventuale eliminazione o rimodulazione di deduzioni e detrazioni siano destinate ai contribuenti Irpef, con particolare riferimento a quelli con redditi medio-bassi.
Si è specificato inoltre, sempre in sede referente, che l’opera di riordino delle predette agevolazioni deve prevedere la graduale trasformazione, senza oneri aggiuntivi, delle detrazioni al 19 per cento - con priorità a quelle di natura socio-sanitaria - in relazione ad acquisti tracciabili di specifici beni e servizi, in rimborsi erogati direttamente tramite piattaforme telematiche diffuse, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi delle norme UE.
Le modifiche apportate in sede referente hanno specificato che, in seno alla progressiva armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio e al progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria, debba in ogni caso prevedersi che tale armonizzazione operi esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati e tenendo conto dell’obiettivo di contenere gli spazi di elusione e di erosione dell’imposta.
Inoltre, in Commissione è stato specificato che venga attuata una semplificazione degli adempimenti dichiarativi e di versamento per i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali, nonché per tutti i contribuenti a cui si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale, mantenendo l’attuale sistema di calcolo del saldo e degli acconti anche previsionale, ma prevedendo una più equa distribuzione del carico fiscale nel corso del tempo, anche attraverso un meccanismo di progressiva mensilizzazione degli acconti e dei saldi e l’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto.
Occorre preliminarmente ricordare cha una prima, strutturale revisione dell’Irpef è stata effettuata dalla legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021) la quale, come si vedrà in seguito, ha ridotto il numero di aliquote, rimodulato gli scaglioni e altresì riordinato il sistema di detrazioni da lavoro e da pensione.
L'imposta sul reddito delle persone fisiche – Irpef, è regolata dal Testo unico delle imposte sui redditi (DPR 22 dicembre 1986 n. 917). Essa si applica sui redditi che rientrano in alcune categorie individuate dalla legge (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi) ed è una imposta progressiva in quanto colpisce il reddito con aliquote che dipendono dagli scaglioni di reddito. Il reddito imponibile e l’imposta da versare sono determinati, rispettivamente, al netto degli oneri deducibili e delle detrazioni per oneri.
Tale impostazione generale è rimasta immutata anche a seguito delle modifiche sostanziali apportate ad aliquote e scaglioni dalla Legge di Bilancio 2022 (articolo 1, commi 2-7 della legge n. 234 del 2021).
Per effetto di tali modifiche, il sistema prevede quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:
§ fino a 15.000 euro, 23%;
§ da 15.000,01 a 28.000 euro, 25%;
§ da 28.000,01 a 50.000 euro, 35%;
§ oltre 50.000 euro, 43%.
Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha pubblicato sul proprio sito una estesa circolare (n. 4/E del 18 febbraio 2022) che fornisce chiarimenti sulla riforma dell’Irpef contenuta nella Legge di bilancio 2022.
Il sistema in vigore fino alla fine del 2021 prevedeva invece cinque aliquote e modulava diversamente gli scaglioni:
§ fino a 15.000 euro, 23 per cento;
§ oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
§ oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
§ oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
§ oltre 75.000 euro, 43 per cento.
La progressività dell’imposta è altresì garantita dalla presenza di un complesso sistema di detrazioni e deduzioni, stratificatosi nel tempo.
Al di là del dettato normativo, nel corso dell’indagine conoscitiva delle Commissioni riunite citata in premessa è emerso che tra le principali criticità dell’attuale tassazione personale dei redditi in Italia vi è la presenza di aliquote marginali effettive che raggiungono livelli molto elevati. L'andamento “erratico” delle aliquote marginali è stato ascritto, tra gli altri fattori, al forte salto di aliquota tra il secondo e il terzo scaglione, all’andamento decrescente delle detrazioni all’aumento del reddito (che comporta anche la perdita dei trasferimenti, tra cui gli assegni familiari), all’applicazione delle addizionali su tutto il reddito, nonché alla diversa tassazione di alcune tipologie di reddito e ai bonus introdotti nel tempo.
A tale sistema occorre altresì aggiungere le addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano al reddito complessivo determinato ai fini Irpef e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’Irpef.
Con riferimento specifico all’unità impositiva, il sistema Irpef italiano dal 1976 è basato sul reddito individuale.
Per ulteriori informazioni sulla struttura dell’imposta si rinvia al dossier di approfondimento sulla tassazione in Italia.
Per effetto delle modifiche apportate in Commissione, la lettera a) del comma 1, alinea, prevede anzitutto che sia effettuata una progressiva revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall’impiego del capitale, per l’esplicito scopo di favorire l’efficiente funzionamento del mercato dei capitali, aumentando il grado di neutralità fiscale. Deve in particolare essere ordinariamente applicato un prelievo proporzionale e regimi cedolari ai redditi da capitale, distinguendo tra redditi da capitale mobiliare e immobiliare.
Viene dunque eliminato, rispetto all’originario disegno di legge, il riferimento a una progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello compiutamente duale.
Il modello di comprehensive income tax - CIT prevede l’inclusione di tutti i redditi nella base imponibile sottoposta a tassazione progressiva, cui si contrappone il modello dual income tax – DIT, o duale, che prevede l’esclusione dalla base imponibile (soggetta a imposizione progressiva) di alcune tipologie di redditi (finanziari, da locazione, ecc.) sottoposte invece a imposizione proporzionale.
Come evidenziato dai soggetti auditi nel corso dell’indagine conoscitiva delle Commissioni riunite di Camera e Senato, il sistema italiano si colloca sostanzialmente nel modello duale; d’altro canto, è stato evidenziato come l’ordinamento italiano sembri invece, ormai da anni, aver imboccato la via di un sistema non duale, ma plurale, con una molteplicità di trattamenti fiscali differenziati soggetti ad aliquota proporzionale e tutti diversi tra loro, accanto ad un’imposta speciale progressiva sui redditi di lavoro (soprattutto dipendente) e sulle pensioni.
Nel documento conclusivo dell’indagine, le Commissioni evidenziano come tale situazione costituisca una delle principali fonti di incertezza e complessità del nostro sistema tributario, determinandone la natura sostanzialmente ibrida rispetto ai modelli teorici di imposizione sul reddito e alimentando asistematicità e precarietà del quadro complessivo, disuguaglianza, inefficienza, disincentivi al lavoro e ostacoli alla produzione. Inoltre, la crescente estensione dei regimi di tassazione sostitutiva determina un carico fiscale diseguale tra le varie fonti di reddito, generando una violazione del principio di equità orizzontale e incidendo negativamente sulla capacità redistributiva dell'imposta, anche in considerazione della mancata applicazione a tali redditi delle addizionali comunali e regionali. Le medesime Commissioni ricordano altresì che ricondurre il sistema italiano al modello CIT, a fronte di vantaggi in termini di equità orizzontale, presenterebbe numerose conseguenze di tipo economico e politico, in quanto implicherebbe l'incremento anche sostanziale della tassazione su diverse categorie reddituali. Di conseguenza esse concordano sulla circostanza per cui il sistema di imposizione sul reddito dovrebbe evolvere verso un modello tendenzialmente duale, senza pregiudicare ex-ante i regimi cedolari esistenti la cui aliquota sia attualmente inferiore al livello della prima aliquota Irpef nel nuovo regime, in quanto si ritengono possibili interventi perequativi in relazione alla determinazione della base imponibile, tali da rendere costante l'imposta netta.
È stato inoltre espunto dal testo - sempre per effetto delle modifiche in Commissione – il principio dell’applicazione della stessa aliquota proporzionale di tassazione ai redditi derivanti dall’impiego del capitale, anche nel mercato immobiliare, e ai redditi direttamente derivanti dall’impiego del capitale nelle attività di impresa e di lavoro autonomo condotte da soggetti diversi da quelli a cui si applica l’imposta sul reddito delle società, Ires (originario comma 1, lettera a), n. 1). Ed è stata conseguentemente eliminata la previsione (originario comma 1, lettera a), n. 2) secondo cui a tutti gli altri redditi si sarebbe applicata l’Irpef.
Al riguardo, si fa presente che – come ricordato supra – il sistema dell’Irpef al momento prevede quattro scaglioni di reddito e altrettante aliquote, in cui la più bassa è al 23% e la più alta al 43%.
Accanto al sistema generale dell’Irpef, esistono in Italia alcune ipotesi di tassazione proporzionale (cd. flat tax nel dibattito politico: letteralmente “tassa piatta” calcolata come percentuale costante) che consiste nell’imposizione fiscale non progressiva, basata su una aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni fiscali o detrazioni. Tale modalità di tassazione si applica ad alcuni redditi da lavoro, di impresa e, in linea generale, ai redditi di capitale.
Attualmente sono assoggettate a Irpef le cd. rendite finanziarie percepite da persone fisiche, che nella disciplina del TUIR sono riconducibili alle due categorie dei redditi di capitale (ovvero che derivano dall’investimento in capitali: dividendi, interessi e altri proventi analoghi) e dei redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze derivanti da transazioni su azioni, su titoli rappresentativi di capitale d’impresa e altri prodotti), categorie reddituali autonome e distinte che non possono formare oggetto di compensazione tra di loro. In linea generale, l’aliquota dell’imposizione su tali redditi è proporzionale (flat) ed è pari al 26% (misura così stabilita, da ultimo, dal decreto-legge n. 66 del 2014). Secondo il tipo di reddito oggetto di imposizione, si applica la ritenuta a titolo di imposta o l’imposta sostitutiva. Sfuggono a tale aliquota i proventi derivanti tra l’altro da: titoli di Stato, risparmio postale e interessi dei project bond (tassati al 12,5%); piani di risparmio a lungo termine o PIR (esenti, se mantenuti per 5 anni); partecipazione qualificata detenuta da un titolare di reddito di impresa; partecipazione a Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, se la quota di partecipazione è superiore al 5% (tassati in Irpef). Per ulteriori informazioni si rinvia al dossier di documentazione sulla tassazione in Italia.
Con riferimento al mercato immobiliare, si segnala che al fine di incoraggiare l'emersione di base imponibile il legislatore ha progressivamente ampliato l’operatività della cd. cedolare secca sui redditi derivanti dalle locazioni immobiliari, che consente di optare per un'imposta sostitutiva ad aliquota unica (flat), in luogo delle ordinarie regole Irpef (con scaglioni e aliquote differenziate).
Il regime agevolato consente di applicare ai redditi derivanti da locazione (ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) un'imposta sostitutiva del 21%, ovvero ad aliquota minore, in presenza di alcune condizioni di legge. Anche in tal caso, si rinvia al dossier di documentazione sulla tassazione in Italia per ulteriori dettagli.
Di conseguenza nel sistema attuale l’aliquota flat sui redditi derivanti dall’impiego di capitale, anche nel mercato immobiliare, è prossima alla prima aliquota Irpef, sebbene non coincidente con essa.
Nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sopra citata, le Commissioni hanno ritenuto che nel nuovo sistema, il livello delle aliquote sui redditi da capitale (nonché degli regimi sostitutivi cedolari) dovrebbe essere sufficientemente prossimo all'aliquota applicata al primo scaglione Irpef, con l'eccezione del regime forfettario per il lavoro autonomo.
Nel corso dell’esame in Commissione è stata introdotta al comma 1 la nuova lettera b), secondo cui la riforma deve mantenere il cd. regime forfettario (di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190).
In estrema sintesi, si ricorda in questa sede che la disciplina del cd. regime forfettario è riservata alle persone fisiche titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65mila euro e hanno sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori. L’accesso a tale regime comporta i seguenti sconti fiscali:
§ determinazione agevolata del reddito imponibile mediante l’applicazione, ai ricavi conseguiti o compensi percepiti, di un coefficiente di redditività stabilito ex lege, con deduzione dei contributi previdenziali obbligatori, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico;
§ applicazione al reddito imponibile di un’unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, Irap); l’imposta sostitutiva è ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività in presenza di determinati requisiti di legge.
Per ulteriori informazioni sul regime forfettario si veda la scheda informativa dell’Agenzia delle entrate, il dossier di documentazione sulla tassazione in Italia e il sito della documentazione parlamentare.
Inoltre, si dispone che - per favorire l’emersione degli imponibili - venga disposto un regime graduato di passaggio dal forfettario al regime ordinario, applicabile per i due periodi di imposta successivi al passaggio dal regime forfetario al regime ordinario. Esso consiste nell’applicazione di un’imposta opzionale e sostitutiva delle imposte sui redditi, valevole per i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi o hanno percepito compensi non superiori a una soglia demandata ai decreti legislativi di attuazione della delega, con l’individuazione di meccanismi applicativi idonei a evitare comportamenti elusivi.
Rimane fermo inoltre che la modifica dell’Irpef deve essere finalizzata a garantire il rispetto del principio di progressività (lettera c) del comma 1) con i seguenti due obiettivi:
1) ridurre gradualmente le aliquote medie effettive derivanti dall’applicazione dell’Irpef, con la precisazione – introdotta in Commissione – che ciò avvenga a partire da quelle relative ai redditi medio-bassi, anche al fine di incentivare l’offerta di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e ai secondi percettori di reddito, nonché l’attività imprenditoriale e l’emersione degli imponibili;
2) ridurre gradualmente le variazioni eccessive delle aliquote marginali effettive derivanti dall’applicazione dell’Irpef.
Come evidenziato nel corso dell’indagine conoscitiva, la combinazione dei vari elementi di definizione della base imponibile e dell’imposta personale, del sistema dei contributi sociali e delle regole di erogazione dei trasferimenti determina il livello e l’andamento delle aliquote medie effettive (ovvero l’incidenza del prelievo sul reddito complessivo) e delle aliquote marginali effettive (intese come il prelievo sulle unità di reddito aggiuntivo).
È emerso altresì, nel corso delle audizioni, che tali elementi influiscono sull’offerta di lavoro, sull’evasione e sul lavoro irregolare.
In particolare, è stato rilevato che la tassazione ottimale del reddito richiederebbe, in termini di teoria economica, una forma ad U dell'andamento delle aliquote marginali effettive in relazione all'aumentare del reddito imponibile. Idealmente, infatti, la struttura delle aliquote marginali effettive dovrebbe essere tale da determinare basse aliquote per le fasce di reddito medio, dove si concentrano la maggior parte dei contribuenti e dove, pertanto, gli effetti distorsivi della tassazione sono più inefficienti. Le aliquote marginali dovrebbero salire per le fasce di reddito più alte, in modo da supportare la redistribuzione con il minimo livello di distorsione delle scelte individuali, data la scarsa numerosità di contribuenti in tale fascia. Per quanto riguarda le fasce di reddito più basse, la teoria economica della tassazione prevede idealmente elevate aliquote marginali, dovute non già all'elevato prelievo, bensì al graduale venir meno delle forme di sostegno previste dal sistema. Per questi contribuenti, in corrispondenza di elevate aliquote marginali, il carattere equo del sistema di tassazione sarebbe garantito da basse aliquote medie. A causa delle alte aliquote marginali effettive, tuttavia, i contribuenti delle fasce di reddito più basse potrebbero ritrovarsi nella c.d. "trappola della povertà". Un possibile rimedio può essere rappresentato da specifiche detrazioni per lavoratori a basso reddito. Tali detrazioni, via via più diffuse a livello internazionale, fanno parte di una struttura ottimale della tassazione e consentirebbero di ridurre il costo del lavoro e di creare posti di lavoro per i lavoratori meno qualificati (Fondo monetario internazionale).
Il documento conclusivo approvato dalle Commissioni parlamentari afferma che la struttura dell'Irpef vada sostanzialmente ridefinita, in accordo con gli obiettivi generali di semplificazione e stimolo alla crescita, adottando in particolare i seguenti obiettivi specifici:
1) l'abbassamento dell'aliquota media effettiva con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito 28.000-55.000;
2) la modifica della dinamica delle aliquote marginali effettive, eliminando le discontinuità più brusche.
È specificato come la modalità attraverso cui raggiungere questi obiettivi sia da individuare in un deciso intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito, incluso l'assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020 riguardanti il lavoro dipendente; una opzione alternativa, meno preferita, è l'adozione di un sistema ad aliquota continua con particolare riferimento alle fasce di reddito medie. Inoltre dovrebbe essere prevista l'introduzione di un minimo esente senza obbligo di dichiarazione per i contribuenti che si collochino sotto la relativa soglia. Tale minimo esente dovrebbe preferenzialmente essere inteso come una maxi-deduzione a valere su tutta la distribuzione dei redditi (o su parte di essa) adeguando corrispondentemente il livello delle aliquote; in tal caso, la Commissione concorda che questo livello di minimo esente sia maggiorato in caso di lavoratori di età inferiore ai 35 anni. In subordine, qualora il costo di questo intervento dovesse risultare incompatibile con gli equilibri di finanza pubblica, dovrebbe essere introdotto con la sola finalità di ridurre il carico burocratico sui contribuenti; in tal caso, il vantaggio fiscale nei confronti dei lavoratori under 35 potrebbe assumere la forma di una maggiorazione della deduzione in forma fissa per lavoro dipendente, che dovrebbe sostituire l'attuale decrescente detrazione. Si ritiene necessario altresì tenere conto delle casistiche imposte dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni.
Si specifica inoltre la necessità di considerare la modifica degli istituti che disincentivano l'offerta di lavoro, con riferimento al margine estensivo del secondo percettore di reddito (in particolare la detrazione per il coniuge a carico) e l'introduzione di specifici incentivi in tal senso, al fine di sfruttare la maggiore elasticità dell'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito all'interno del nucleo familiare. A tal proposito, si propone di considerare l'introduzione di una tassazione agevolata per un periodo predefinito in caso di ingresso al lavoro del secondo percettore di reddito, il cui ammontare sia congruamente superiore alla detrazione per familiare a carico.
La lettera d) del comma 1 prevede che la riforma dell’Irpef implichi il riordino delle deduzioni dalla base imponibile e delle detrazioni dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, tenendo conto della loro finalità e dei loro effetti sull’equità e sull’efficienza dell’imposta.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato precisato che tale revisione con particolare riguardo alla tutela del bene casa e destinando le risorse derivanti dall’eventuale eliminazione o rimodulazione, fatto salvo quanto previsto in materia di tassazione del risparmio, ai contribuenti soggetti all'Irpef, con particolare riferimento a quelli con redditi medio-bassi.
Nel corso dell’esame in Commissione è stata inserita una nuova lettera e) al comma 1. Essa prevede che, a esito del menzionato riordino, le detrazioni per oneri (articolo 15, comma 1 TUIR: spese detraibili al 19%) siano gradualmente trasformate, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e con priorità a quelle di natura socio-sanitaria, in relazione ad acquisti tracciabili di specifici beni e servizi, in rimborsi, erogati direttamente tramite piattaforme telematiche diffuse, ferma restando la salvaguardia dei dati personali, ai sensi del regolamento GDPR (regolamento (UE) 2016/ 679).
Per quanto concerne le spese fiscali relative al consumo di particolari beni o servizi, le Commissioni parlamentari ritengono indispensabile che il disegno di legge delega contenga le necessarie premesse per una azione volta al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) una riduzione della loro numerosità;
b) una semplificazione del sistema.
Le modalità attraverso cui raggiungere i sopra citati obiettivi sono così individuate:
a. eliminazione di quelle spese fiscali il cui beneficio pro-capite medio (ovvero il numero di beneficiari) sia inferiore ad una soglia appositamente determinata;
b. b) passaggio (completo o parziale) del complesso delle agevolazioni sul lato delle uscite pubbliche, istituendo un meccanismo volontario di erogazione diretta del beneficio – a fronte del pagamento con strumenti tracciabili – con l'ausilio degli strumenti tecnologici a disposizione.
Come rammentato in precedenza, la legge di bilancio per il 2022 ha rimodulato le detrazioni da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e da pensione. Si rinvia al dossier di ricerca sulla tassazione per ulteriori approfondimenti.
Con la lettera f) del comma 1 si intende armonizzare i regimi di tassazione del risparmio.
La lettera è stata sostituita in sede referente, precisando che tale armonizzazione deve essere progressiva e avvenire anche con riferimento alle basi imponibili e al progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria. In ogni caso detta armonizzazione deve operare esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati.
Resta fermo, rispetto alla formulazione originale del testo, l’obiettivo di contenere gli spazi di elusione e di erosione dell’imposta.
Rinviando a quanto già detto in precedenza sulla tassazione delle rendite finanziarie, si ricorda che nel corso delle audizioni è emersa l’istanza di armonizzare il prelievo fiscale sul risparmio; inoltre, per riordinare e razionalizzare il sistema e fornire un maggior stimolo alla crescita, le Commissioni parlamentari auspicano la creazione di un'unica categoria di “redditi finanziari”, nonché l'unificazione del criterio e la modifica della tassazione della previdenza complementare.
Le Commissioni al riguardo ricordano che i redditi da capitale (art. 44 TUIR) ricomprendono la remunerazione dell'impiego del risparmio, vale a dire interessi e dividendi, mentre i redditi diversi di natura finanziaria (art. 67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies) del TUIR) ricomprendono le plusvalenze derivate dalla negoziazione delle attività finanziarie, nonché i prodotti derivati. Mentre i redditi da capitale sono tassati al lordo (sia delle spese sia delle minusvalenze), i redditi diversi di natura finanziaria sono tassati al netto di entrambe le componenti (le minusvalenze eccedenti sono deducibili dalle plusvalenze entro i quattro periodi di imposta successivi a quello di realizzo).
A parere delle Commissioni, tale situazione genera notevoli distorsioni che pregiudicano l'efficienza del mercato dei capitali e non sono coerenti con un'impostazione pro-crescita, specie in considerazione dell’impossibilità di compensare le componenti di reddito positive di una categoria (interessi) con quelle negative di un'altra (le minusvalenze) e, soprattutto, in quanto si corre il rischio di incentivare comportamenti elusivi, come l'utilizzo di derivati, per trasformare i redditi da capitale in plusvalenze, a cui il contribuente può applicare minusvalenze. ??Infine, la situazione vigente incentiva implicitamente gli investimenti privi di rischio (quelli che proteggono il capitale da possibili minusvalenze ma che lo remunerano con un interesse modesto ma ragionevolmente sicuro), quando invece un'impostazione pro-crescita dovrebbe quantomeno essere neutrale rispetto a investimenti maggiormente in grado di convogliare il risparmio privato nell'economia reale.
Le Commissioni rammentano che al momento il nostro ordinamento prevede tre diversi regimi per il trattamento fiscale dei redditi diversi di natura finanziaria:
§ il regime della dichiarazione: il contribuente applica direttamente l'imposta sostitutiva nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui si è verificato il realizzo della plusvalenza;
§ il regime del risparmio amministrato: l'intermediario con cui il contribuente ha un rapporto stabile applica alla fonte l'imposta sostitutiva nel momento del realizzo delle plusvalenze;
§ il regime del risparmio gestito, destinato agli intermediari che prestano il servizio di gestione individuale di portafogli. Questo regime ha due particolarità: a) permette, a differenza degli altri, la compensazione con i redditi da capitale realizzati; b) determina la base imponibile sulla base del risultato maturato (e non realizzato), vale a dire la differenza tra il valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare e il valore dello stesso patrimonio all'inizio del medesimo anno.
Le Commissioni al riguardo raccomandano l'accorpamento delle categorie dei redditi da capitale e dei redditi diversi in un'unica categoria, da denominare redditi finanziari, prevedendo contestualmente gli opportuni presidi per evitare elusioni attraverso la realizzazione strumentale di minusvalenze; l'estensione al risparmio gestito del criterio di determinazione della base imponibile sulla base dei risultati realizzati; l'applicazione alla previdenza complementare del modello che prevede l'esenzione dall'imposta sostitutiva sul risultato netto maturato, considerando al contempo la modifica del regime di tassazione per la fase di erogazione delle prestazioni.
Nel corso dell’esame in Commissione è stata inserita la lettera g) al comma 1.
Essa prevede che venga data attuazione al principio di razionalizzazione e semplificazione degli adempimenti - dichiarativi e di versamento - dei contribuenti, con specifico riferimento alle modalità di versamento dell’IRPEF dovuta dai lavoratori autonomi e dagli imprenditori individuali, nonché da tutti i contribuenti a cui si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale (di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50). Tale attuazione deve avvenire mantenendo l’attuale sistema di calcolo del saldo e degli acconti - anche previsionale – e al contempo prevedendo, senza penalizzazioni per i contribuenti rispetto alla normativa vigente, una più equa distribuzione del carico fiscale nel corso del tempo. Ciò deve essere attuato anche attraverso un meccanismo di progressiva introduzione della periodicità mensile degli acconti e dei saldi e con l’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto, senza maggiori oneri per le finanze pubbliche.
Si ricorda in sintesi che gli indici sintetici di affidabilità fiscale sono indicatori che, misurando attraverso un metodo statistico-economico, dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, forniscono una sintesi di valori tramite la quale l’Amministrazione finanziaria è posta in grado di verificare la normalità e la coerenza della gestione professionale o aziendale dei contribuenti. Il riscontro della correttezza dei comportamenti fiscali è volto a individuare i contribuenti che, risultando “affidabili”, avranno accesso a significativi benefici premiali. Si rinvia per dettagli alla scheda informativa dell’Agenzia delle entrate.
Il comma 2 chiarisce che, nell’applicazione del comma 1, lettera c), si intendono per aliquote medie e marginali effettive quelle derivanti dall’applicazione dell’Irpef senza tenere conto né dei regimi sostitutivi né delle detrazioni diverse da quelle per tipo di reddito.
Come ribadito già in premessa, l’attuale assetto dell’imposta personale sul reddito in Italia è basato su un sistema progressivo ad aliquote crescenti per scaglioni di reddito. Tale sistema è integrato da detrazioni di imposta specifiche per le principali tipologie di contribuenti (dipendenti, pensionati, autonomi) decrescenti al crescere del reddito, che contribuiscono a definire il grado di progressività complessivo del sistema e garantiscono l’esenzione dall’imposta dei redditi più bassi. Al predetto schema si affianca poi un sistema di detrazioni di imposta per carichi familiari, anch’esse decrescenti al crescere del reddito, che possono essere considerate parte integrante della struttura dell’Irpef, e un ampio ventaglio di detrazioni e deduzioni con diverse finalità che vanno dal ristabilire la capacità contributiva dell’individuo, a sostenere l’effettuazione di spese meritorie, a fornire incentivi a migliorare l’assetto degli immobili esistenti o di tipo settoriale e, in taluni casi, a contrastare l’evasione fiscale. La percentuale di detraibilità e i limiti massimi sono peraltro differenziati tra loro. L’applicazione di queste detrazioni, abbattendo l’imposta lorda, modifica ulteriormente l’aliquota media effettiva dell’imposta.
Per ulteriori informazioni si rinvia al paragrafo dedicato alle tax expenditures (cd. spese fiscali) nel dossier di documentazione sulla tassazione in Italia.
Il comma 3 dispone in ordine alla copertura finanziaria delle modifiche Irpef volte alla riduzione delle aliquote medie e marginali e all’armonizzazione del trattamento fiscale tra redditi da capitale e redditi diversi (di cui rispettivamente al comma 1, lettera c) e lettera f) rinviando ai meccanismi disposti dalle norme di copertura (articolo 10, comma 2, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 3
(Princìpi e criteri direttivi per la revisione
dell’IRES e della tassazione del reddito di impresa)
L’articolo 3 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a riformare l'imposizione sul reddito d'impresa, secondo i princìpi e criteri direttivi della tendenziale neutralità rispetto alle forme dell’attività imprenditoriale della semplificazione e razionalizzazione dell'imposta dal punto di vista amministrativo, anche attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali (le cui divergenze saranno oggetto di un processo di revisione complessiva). Nel corso dell’esame in sede referente è stato soppresso il riferimento alla coerenza di tale sistema con quello di imposizione personale di cui all’articolo 2, che veniva definito come tendenzialmente duale (ciò in ragione delle modifiche apportate all’articolo 2).
La lettera a) prevede che la riforma persegua la semplificazione e razionalizzazione della tassazione del reddito d’impresa (anziché dell’IRES, come era indicato nel testo originario del disegno di legge). In particolare, i decreti delegati dovranno essere volti alla riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, anche attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali, con particolare attenzione alla disciplina degli ammortamenti e alla revisione dei costi parzialmente e totalmente indeducibili. Tale aspetto viene ulteriormente specificato dalla successiva lettera b) che prevede una complessiva revisione della disciplina delle variazioni in aumento e in diminuzione apportate all’utile o alla perdita risultante dal conto economico per determinare il reddito imponibile, al fine di adeguarla ai mutamenti intervenuti nel sistema economico, anche allineando tendenzialmente tale disciplina a quella vigente nei principali Paesi europei.
Nel corso degli anni, sono stati emanati numerosi provvedimenti normativi di semplificazione in ambito tributario, per una sintetica elencazione dei quali si fa rinvio al dossier sulla tassazione in Italia. Ciononostante, come evidenziato dai soggetti auditi nel corso dell’indagine conoscitiva delle Commissioni riunite di Camera e Senato, semplificare e razionalizzare il quadro normativo resta un obiettivo fondamentale per garantire certezza nell’applicazione delle norme e coerenza dell’impianto impositivo, nonché per assicurare che il sistema tributario sia percepito come equo, affidabile e trasparente, per ridurre l’elevato contenzioso in materia e per contrastare l'evasione. Nel documento conclusivo dell’indagine, le Commissioni hanno rappresentato che la riforma del sistema fiscale debba essere guidata da due obiettivi fondamentali: crescita dell'economia e semplificazione del sistema tributario.
L'articolo in esame specifica che semplificazione, razionalizzazione e riduzione degli adempimenti devono essere perseguiti anche attraverso un rafforzamento del processo di avvicinamento tra valori civilistici e fiscali. I due concetti di utile civilistico (utile risultante dal conto economico) e di utile da assoggettare ad imposta (determinato apportando alle componenti economiche le variazioni in aumento e in diminuzione conseguenti dall'applicazione della disciplina tributaria) divergono per specifiche ragioni che il Governo viene delegato a riconsiderare, anche alla luce dell'onere degli adempimenti conseguenti.
L'utile civilistico deriva dall’applicazione delle norme dettate dal Codice civile in materia contabile, le quali a loro volta sono integrate dai principi contabili italiani emanati dall’OIC (Organismo Italiano di Contabilità). Per alcune imprese è obbligatorio (e per altre opzionale) applicare i principi contabili internazionali in luogo di quelli nazionali. Diversamente l’utile fiscale è determinato applicando alle componenti economiche del bilancio le norme tributarie. La determinazione del reddito d’impresa segue le modalità previste dall’articolo 83 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), che sancisce il principio di derivazione del reddito d’impresa dal conto economico: il reddito complessivo è infatti determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni recate dal Titolo II, Capo II, Sezione I del TUIR (articoli 81-116).
Alla base della distinzione tra risultato civilistico e risultato fiscale vi sono i diversi obiettivi che persegue la determinazione dei due risultati. In particolare, nell’ambito civilistico si applicano una serie di princìpi: annualità, unità, universalità, veridicità, correttezza, e anche "prudenza", ovvero il risultato di esercizio deve essere determinato evitando che sia sovrastimato, tenendo conto dei rischi e delle perdite potenziali. In ambito tributario il principio alla base della determinazione del reddito è riconducibile all’articolo 53 della Costituzione, ovvero al principio di capacità contributiva. Più precisamente, in base al principio di derivazione l'utile fiscale è comunque fondato sui princìpi che caratterizzano la redazione del bilancio civilistico e, tuttavia, l'esigenza di mettere in primo piano la capacità contributiva determina le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nel TUIR.
Per evidenziare alcune circostanze che danno luogo alle così dette differenze di bilancio, si possono citare ad esempio gli oneri a deducibilità parziale: spese per acquisto di autovetture, spese pasti e pernottamenti, spese di manutenzione ordinaria su beni di proprietà, spese di rappresentanza, telefonia. Per queste componenti negative è prevista una variazione in aumento dell'utile fiscale rispetto a quello civilistico sulla base di una percentuale di deducibilità o al superamento di una certa soglia. Altro caso è invece quello delle differenze temporanee, le quali invece tendono ad essere riassorbite nel tempo. Sostanzialmente si tratta di costi, la cui deducibilità fiscale è spalmata su diversi periodi di imposta. Un esempio sono le quote di ammortamento, ovvero le quote in cui viene suddiviso il costo sostenuto per l'acquisto di beni destinati a contribuire per più di un esercizio alla produzione del reddito d'impresa, affinché tale costo possa essere ripartito nell'arco di esercizi corrispondenti alla vita utile del bene. La disciplina civilistica è contenuta nell'articolo 2426 del Codice civile e nei relativi principi contabili, mentre quella fiscale nell'articolo 102 del TUIR. I due diversi sistemi di determinazione dell'ammortamento possono far sorgere differenti valutazioni con riferimento all'inizio della procedura di ammortamento, all'aliquota ridotta al primo anno di ammortamento fiscale, alla deduzione integrale dal reddito dei cespiti con un costo unitario inferiore a una certa soglia e alla durata del piano di ammortamento. La disciplina fiscale degli ammortamenti è stata negli ultimi anni oggetto di interventi volti a consentire alle imprese di aumentare i costi per l’acquisto di determinati beni strumentali (e, dunque, la deducibilità dalle imposte dirette), in particolare i beni materiali e immateriali connessi agli investimenti e all’innovazione tecnologica (superammortamento, iperammortamento e credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi). Per ulteriori dettagli su tali misure si rinvia al dossier sulla tassazione in Italia.
La lettera c) del comma 1 stabilisce infine che la riforma sia volta a perseguire la tendenziale neutralità tra i diversi sistemi di tassazione delle imprese, per limitare distorsioni di natura fiscale nella scelta delle forme organizzative e giuridiche dell’attività imprenditoriale.
Nell'ordinamento nazionale, l'imposizione diretta che grava sulle attività di impresa è dipendente dalla natura del soggetto passivo (persone fisiche o persone giuridiche) e dalla forma giuridica assunta dall'impresa (società di persone o di capitali). In linea generale, i lavoratori autonomi e le imprese individuali sono assoggettati all'Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), mentre le persone giuridiche sono assoggettate all'Imposta sul reddito delle società (IRES). Tale schema si applica con una rilevante eccezione, in quanto le società di persone sono incluse nell'ambito di applicazione dell'IRPEF.
Per imprese individuali e lavoratori autonomi con ricavi e compensi fino a 65.000 euro annui è previsto un regime forfettario di imposizione sostitutiva proporzionale, con un’aliquota agevolata del 15 per cento e imponibile determinato per approssimazione, applicando un coefficiente di redditività diverso a seconda del tipo di attività svolta. Non si applicano Irap, Iva e addizionali locali. In assenza dei requisiti per rientrare nel regime forfettario, le imprese minori ricadono nel cosiddetto regime di contabilità semplificata, il quale comporta una semplificazione nella tenuta delle scritture previste dal codice civile e, dal punto di vista fiscale, l'applicazione del sistema di scaglioni e aliquote IRPEF. Rientrano in tale regime le imprese individuali, le società di persone e gli enti non commerciali, con ricavi inferiori a 400.000 euro (per prestazioni di servizi) o 700.000 euro (per cessione di beni). L’imponibile è determinato in via generale sulla base del principio di cassa, con alcune componenti reddituali calcolate col principio di competenza. Al di sopra di specifiche soglie di fatturato, ovvero per le imprese con alcune forme giuridiche, nonché per scelta del contribuente, l’ordinamento prescrive la contabilità ordinaria, a cui si applica di norma il sistema di scaglioni e aliquote IRPEF.
Qualora l’impresa rientri tra i soggetti individuati dall’articolo 73 TUIR, principalmente società di capitali ed enti non residenti, si applica l’imposta sui redditi di impresa, IRES, con aliquota proporzionale e unica al 24 per cento (salvo l’applicazione di addizionali previste dalla legge per specifiche categorie di imprese). Gli utili distribuiti ai soci delle società di capitali sono soggetti a un prelievo del 43,76 per cento, derivante dall'applicazione a monte dell'aliquota sul reddito d'impresa (24 per cento) e, a valle, della ritenuta del 26 per cento a titolo di imposta sostitutiva. I redditi derivanti da attività finanziarie sono invece sottoposti ad un’aliquota del 26 per cento.
Inoltre, gli utili delle società di persone sono soggetti a IRPEF (in base all’aliquota marginale del percettore) e, pertanto, sono caratterizzati da un trattamento fiscale differente rispetto ad altre forme di reddito derivanti da attività produttive.
Per ulteriori dettagli sull’IRES si rinvia al dossier sulla tassazione in Italia.
Articolo 4
(Razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto
e di altre imposte indirette)
L'articolo 4 reca la delega al Governo per l'introduzione di norme per la razionalizzazione dell’IVA e delle accise sulla scorta dei seguenti princìpi e criteri direttivi: semplificazione, contrasto dell'erosione e dell'evasione ed efficienza per quanto riguarda l'IVA; riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili per quanto riguarda le accise.
Nel corso dell'esame in sede referente, è stato modificato il comma 1, lettera b) dell'articolo in esame al fine di specificare che l'adeguamento della struttura e delle aliquote di tassazione indiretta tenga conto dell'impatto ambientale dei diversi prodotti e sia finalizzata anche alla promozione di uno sviluppo sostenibile.
In particolare, il comma 1 delega il Governo a introdurre, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, norme per la razionalizzazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e delle imposte indirette sulla produzione e sui consumi, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) razionalizzare la struttura dell’imposta sul valore aggiunto con particolare riferimento al numero e ai livelli delle aliquote e alla distribuzione delle basi imponibili tra le diverse aliquote allo scopo di semplificare la gestione e l’applicazione dell’imposta, contrastare l’erosione e l’evasione, aumentare il grado di efficienza in coerenza con la disciplina europea armonizzata dell’imposta;
L’IVA è una imposta armonizzata a livello europeo (articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE), disciplinata dalla cosiddetta direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.
L'UE coordina e armonizza la legislazione sull'IVA e le accise al fine di assicurare che le variazioni nelle aliquote e nei sistemi di tassazione non alterino la concorrenza tra le imprese europee. Gli Stati membri applicano, nell'ambito del regime IVA, un'aliquota normale non inferiore al 15 per cento e, a titolo facoltativo, una o due aliquote ridotte unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III della direttiva stessa (articolo 98). Le aliquote ridotte sono fissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 per cento (articolo 99). Gli Stati membri che al 1° gennaio 1991, in conformità della legislazione comunitaria, accordavano esenzioni con diritto a detrazione o applicavano aliquote ridotte inferiori al 5% a beni e servizi diversi da quelli di cui all'allegato III, possono applicare l'aliquota ridotta o una delle due aliquote ridotte non inferiori al 5% (articolo 113). Alcuni paesi sono autorizzati ad applicare aliquote speciali su determinate forniture. Tali aliquote sono autorizzate per i paesi dell'UE che applicavano aliquote ridotte il 1° gennaio 1991. Le aliquote speciali intendevano essere una misura transitoria per agevolare il passaggio alle norme dell'UE sull'IVA introdotte con l'entrata in vigore del mercato interno (abolizione delle barriere doganali) il 1° gennaio 1993, per poi essere abolite gradualmente. Vi sono 3 tipi di aliquote speciali per determinati beni e servizi: aliquota minima, aliquota zero, aliquota speciale.
In Italia l'aliquota ordinaria è determinata nella misura del 22 per cento. L'ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte (di cui alla Tabella A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972): una al 10 per cento (che si applica, ad esempio, alle forniture di energia elettrica e gas - Tabella A, parte III del D.P.R. n. 633 del 1972) e una al 5 per cento (che si applica, ad esempio, su alcuni prodotti alimentari e sulla cessione di beni ritenuti necessari per contrastare l'emergenza da Covid-19 - Tabella A, parte II-bis del D.P.R. n. 633 del 1972). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota minima al 4 per cento (che si applica sui prodotti di primaria importanza quali, ad esempio, gli alimenti - Tabella A, parte II del D.P.R. n. 633 del 1972).
Il 6 aprile 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la direttiva (UE) 2022/542. Tramite una serie di modifiche alla previgente direttiva 2006/112/CE[1] (cd. "direttiva IVA"), questo testo legislativo prevede la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre nuove aliquote di IVA ridotte.
L'intervento legislativo parte dalla premessa che le aliquote ridotte dovrebbero rimanere un'eccezione rispetto all'aliquota normale (par. 5 delle Premesse). I beni e servizi che possono beneficiarne dovrebbero non solo costituire un beneficio del consumatore finale ma perseguire obiettivi di interesse generale (par. 3). In quest'ottica, dovrebbero essere coerenti con le altre politiche dell'Unione europea (par. 4) e segnatamente con:
1) il rafforzamento della resilienza dei sistemi sanitari, estendendo l'ambito di applicazione dei beni e servizi considerati essenziali per sostenere la prestazione di assistenza sanitaria e per compensare e superare le disabilità;
2) la realizzazione di un'economia verde e climaticamente neutra, applicando aliquote ridotte alle cessioni e prestazioni rispettose dell'ambiente e preparando, al contempo, l'eliminazione graduale dell'attuale trattamento preferenziale per cessioni e prestazioni considerate invece dannose per l'ambiente.
Per approfondimenti si rinvia alla relativa nota del Servizio studi del Senato.
Si segnala inoltre la proposta di direttiva del Consiglio COM/2018/329 final che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di misure tecniche dettagliate per il funzionamento del sistema dell’IVA definitivo per l’imposizione degli scambi tra Stati membri.
Per approfondimenti si rinvia alla relativa nota del Servizio studi del Parlamento europeo.
Secondo le stime presentate nella Relazione sulla evasione fiscale e contributiva allegata alla NADEF 2021, nell'intervallo 2016-2018 l’IVA è l’imposta maggiormente evasa in Italia con un gap medio stimato pari a 34,4 miliardi di euro. Nel 2018, tuttavia, si è registrata una riduzione del gap confermata anche dalla stima preliminare relativa all'anno 2019 di 27 miliardi di euro.
Secondo uno studio realizzato dalla Commissione europea (Study and Reports on the VAT Gap in the EU-28 Member States: 2019 Final Report) in termini assoluti nel 2017 l’Italia a livello europeo continua a registrare il maggior ammontare di IVA mancante (circa 33,6 miliardi di euro) di tutti i Paesi membri EU, seguita da Germania (25 miliardi) e Regno Unito (19 miliardi) (totale evasione EU:137 miliardi).
b) adeguare, in coerenza con lo European Green Deal e la disciplina europea armonizzata dell’accisa, le strutture e le aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica in modo tale da tener conto dell'impatto ambientale dei diversi prodotti nonché con l’obiettivo di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili e alla promozione di uno sviluppo sostenibile.
Anche le accise sono imposte armonizzate a livello europeo. La relativa struttura e misura si differenziano secondo la tipologia di prodotto colpito (a grandi linee, le accise gravano su alcolici, tabacchi e prodotti energetici). La struttura e le aliquote minime delle accise sono stabilite dalla normativa UE, mentre rimane facoltà degli Stati membri innalzare la misura delle aliquote. Attualmente, il regime generale delle accise è disciplinato dalla Direttiva 2008/118/CE, la quale stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo dei prodotti energetici ed elettricità, degli alcole e delle bevande alcoliche e dei tabacchi lavorati.
Nel documento conclusivo sull'indagine conoscitiva sulla riforma dell'IRPEF e altri aspetti del sistema tributario, la Commissione 6a del Senato e la Commissione VI della Camera auspicano che l’annunciato disegno di legge in materia fiscale contenga una specifica delega al Governo per la ridefinizione della disciplina Iva ai fini di una sua opportuna semplificazione e di possibile riduzione dell’aliquota ordinaria attualmente applicata.
Le Commissioni, inoltre, ritengono necessario racchiudere i Testi unici esistenti e le altre norme tributarie, dopo averli opportunamente trasformati da compilativi in innovativi al fine di poter recepire le auspicate ulteriori semplificazioni, in un Codice Tributario che preveda, tra l'altro, un Testo unico dell’IVA e un Testo unico in materia doganale, di accise e di giochi.
Si rinvia al dossier sulla tassazione in Italia curato dai Servizi di documentazione di Camera e Senato per ulteriori dettagli relativi all'IVA e alle accise.
Articolo 5
(Graduale superamento dell’IRAP)
L’articolo 5, modificato in sede referente, delega il Governo, nell’ambito della revisione della tassazione personale sul reddito e dell’imposizione sul reddito d’impresa, a emanare uno o più decreti legislativi volti al graduale superamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive – Irap, salvaguardando il finanziamento del fabbisogno sanitario.
Nel corso dell’esame in Commissione:
§ è stata assegnata priorità, nell’attuazione del superamento dell’Irap, alle società di persone, agli studi associati e alle società tra professionisti;
§ è stata chiarita la necessità che la riforma generi gettiti in misura equivalente per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero per quelle che sono sottoposte a piani di rientro, ove ciò implichi l’applicazione, anche automatica, di aliquote dell’Irap maggiori di quelle minime.
Si ricorda in questa sede, come verrà illustrato con maggiore precisione infra, che la legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 234 del 2021) ha avviato una prima revisione dell’Irap, esentando dall’imposta i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni.
Si ricorda preliminarmente che l’imposta regionale sulle attività produttive – Irap, disciplinata dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, è dovuta per l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Soggetti passivi sono gli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo, operanti sia in forma individuale che associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni ed enti pubblici. È un tributo proprio derivato, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni, le quali devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale. Il gettito dell’Irap concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
L’Irap ha una base imponibile diversa da quella prevista ex lege per le imposte sui redditi: essa si applica infatti sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione o provincia autonoma, calcolato in maniera differenziata in base alla tipologia dei soggetti e delle attività esercitate.
Essa è determinata applicando al valore della produzione netta le aliquote previste dalla normativa. In particolare, l’aliquota ordinaria è pari al 3,9 per cento. Sulle imprese bancarie e finanziarie essa grava nella misura del 4,65 per cento e, con riferimento al settore assicurativo, nella misura del 5,9 per cento.
Le Regioni e le Province autonome, con propria legge, hanno facoltà di variare le aliquote, differenziandole per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. La disciplina dell’Irap è stata integrata dal D. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 - sul federalismo fiscale provinciale e regionale - che detta norme valide solo per le Regioni ordinarie, le quali possono ridurre le aliquote fino ad azzerarle, nonché disporre deduzioni dalla base imponibile nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell'Unione europea.
Tra i principali interventi legislativi volti alla riduzione del cd. cuneo fiscale si annoverano i provvedimenti che hanno inciso sulle deduzioni Irap, in particolare sulle componenti relative al costo del lavoro, in particolare disponendo (legge di stabilità 2015, n. 190 del 2014, estesa dalla successiva legge di stabilità 2016) l'integrale deducibilità dall'Irap del costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Con riferimento alla cd. autonoma organizzazione Irap, presupposto per l’applicazione dell’imposta ai lavoratori autonomi, la legge di stabilità 2015 ha chiarito che non sussiste autonoma organizzazione ai fini Irap per i medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione ove percepiscano, per l'attività svolta presso dette strutture, più del 75 per cento del proprio reddito complessivo.
Si rinvia al dossier sulla tassazione in Italia e al sito tematico del Dipartimento finanze del Ministero dell’economia e finanze per ulteriori dettagli.
Come anticipato, la legge di bilancio 2022 (articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 234 del 2021) ha esentato da Irap i contribuenti persone fisiche che esercitano attività commerciali, nonché arti e professioni. Sono previste specifiche forme di copertura del mancato gettito Irap in favore delle Regioni e delle Province autonome, mediante l’istituzione di apposito Fondo. Gli importi spettanti possono essere modificati, previo accordo in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome, a decorrere dal 2025.
Per approfondimenti si veda anche la circolare 4/E del 2022 dell’Agenzia delle entrate.
Più specificamente, il comma 1 dell’articolo in esame dispone che nell’ambito della revisione dell’imposizione sui redditi personali (di cui all’articolo 2) e dell’imposizione sul reddito d’impresa (di cui all’articolo 3), il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per attuare un graduale superamento dell’Irap.
Nel corso dell’esame in Commissione è stata assegnata priorità, nell’attuazione del superamento dell’Irap, a società di persone, studi associati e società tra professionisti.
Nel corso dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef, una riforma o una radicale abolizione dell’Irap è stata proposta da numerosi soggetti auditi, nell’ottica della revisione complessiva dei redditi d’impresa. In particolare, è stato sottolineato come la componente soggetta a tassazione ai fini Irap risulta in sostanza essere il reddito d’impresa, i cui presupposti impositivi sono simili a quelli degli altri tributi diretti alla tassazione della ricchezza prodotta: è stato dunque affermato che, in una logica di semplificazione, si potrebbe prevedere il superamento dell’Irap contestualmente all’introduzione di una addizionale al reddito d’impresa, dalla quale andrebbero esentate le imprese non dotate di autonoma organizzazione, oggi escluse dalla tassazione Irap.
L’istanza di superamento dell’Irap è specificamente richiesta nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva, nell'ottica di una semplificazione del sistema tributario, e all'interno di un complessivo quadro di riforma in cui valutare gli aspetti di redistribuzione del carico fiscale. Le Commissioni parlamentari in particolare raccomandano un riassorbimento del gettito Irap nei tributi attualmente esistenti, preservando la manovrabilità da parte degli enti territoriali e il livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale, senza caricare di ulteriori oneri i redditi da lavoro dipendente e assimilati.
Il comma 2 dell’articolo in commento dispone in ordine alla copertura finanziaria dell’intervento di superamento dell’Irap, cui dovrebbe provvedersi mediante le risorse già stanziate dalla legge di bilancio 2021 ovvero in base ai meccanismi specificamente previsti dall’articolo 10, comma 2 del disegno di legge in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Viene infine previsto che (comma 3) il superamento graduale dell’Irap deve essere attuato mediante meccanismi normativi che garantiscano in ogni caso il finanziamento del fabbisogno sanitario.
Per effetto delle modifiche apportate in Commissione, il comma 3 è stato integrato al fine di chiarire che le disposizioni di superamento dell’Irap devono generare gettiti in misura equivalente, per le regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario, ovvero per quelle che sono sottoposte a piani di rientro, ove ciò implichi l’applicazione, anche automatica, di aliquote dell’Irap maggiori di quelle minime.
Inoltre è stato chiarito che detti interventi normativi non devono generare aggravi di alcun tipo sui redditi di lavoro dipendente o da pensione.
Al riguardo si ricorda che il fabbisogno sanitario, nella sua componente indistinta (diversa dalla quota “vincolata” al perseguimento di determinati obiettivi sanitari), è finanziato, tra l’altro, dalla fiscalità generale delle Regioni (ai sensi del D.Lgs. n. 56 del 2000) e, tra l’altro, dalla componente di gettito Irap destinata al finanziamento della sanità. L’imposta è quantificata nella misura dei gettiti determinati dall'applicazione delle aliquote base nazionali, quindi non tenendo conto dei maggiori gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali eventualmente attivati dalle singole Regioni. Per ulteriori informazioni sul finanziamento del sistema sanitario si rinvia al sito della documentazione parlamentare.
L’articolo 6 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da porre a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle entrate, atti a facilitare l'individuazione e il corretto classamento degli immobili. La norma indica altresì i principi e i criteri direttivi che dovranno essere utilizzati per l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati (da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026). Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali.
In particolare ai fini dell’integrazione dei dati, secondo le modifiche introdotte in sede referente, si dovrà prevedere che venga indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente, anche un’ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri già previsti in materia di tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane (mentre vengono espunti dal testo i precedenti riferimenti all’attribuzione del valore patrimoniale). Tale rendita, ove risultasse necessario, viene determinata anche tenendo conto dell’articolazione del territorio comunale, della rideterminazione delle destinazioni d'uso catastali, dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.
Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico sono, inoltre, da introdurre adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. Il comma 3, introdotto in sede referente, specifica inoltre che una quota dell’eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale in commento sia destinato alla riduzione dell’imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati.
Il comma 1 della disposizione reca i princìpi e criteri direttivi specifici volti a modificare la disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati.
Il Sistema catastale italiano
Si ricorda che l’articolo 2 della legge 11 marzo 2014, n. 23, in materia di revisione del sistema fiscale, delegava il Governo ad attuare con decreti legislativi una revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita. La delega fiscale, il cui termine di esercizio è scaduto il 27 giugno 2015, è stata attuata solo parzialmente con riferimento alla ridefinizione delle competenze e del funzionamento delle commissioni censuarie, tramite il decreto legislativo n. 198 del 2014. Pertanto, attualmente, il sistema estimativo catastale è fondato su una disciplina sostanzialmente risalente al 1939 (legge 11 agosto 1939, n. 1249). Per la consultazione dei principi e dei criteri direttivi per la determinazione del valore catastale previsti dalla menzionata legge delega nonché di alcune proposte di riforma del catasto si rinvia al documento Per una riforma della fiscalità immobiliare equità, semplificazione e rilancio del settore approvato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.
In tale contesto giova menzionare che anche in ambito EU era stata segnalata la necessità di una riforma catastale: il 9 luglio 2019 il Consiglio all’interno delle raccomandazioni e dei pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri per il 2019 (per l'Italia: COM (2019) 512 final) raccomandava all’Italia di riformare i valori catastali non aggiornati.
Per una panoramica sui contenuti del sistema informativo catastale e del patrimonio cartografico, le caratteristiche e le procedure di aggiornamento delle banche dati, le iniziative progettuali e l'offerta di servizi a cittadini, professionisti e istituzioni.si veda il documento: Il sistema catastale (edizione 2021) dell’Agenzia delle entrate. Nel testo citato è presente anche una dettagliata ricostruzione degli strumenti utilizzati ai fini della mappatura degli immobili. In sintesi si ricorda che il catasto italiano, inventario dei beni immobili presenti nel territorio nazionale, è stato realizzato attraverso la costituzione di due successivi distinti sub-sistemi: il primo - denominato Catasto Terreni - comprendente l’elenco di tutti i terreni di natura agricola ovvero comunque inedificati, il secondo – denominato Catasto Edilizio Urbano - costituito dalle costruzioni di natura civile, industriale e commerciale. La formazione del Catasto Terreni, disposta con la legge 1° marzo 1886, n. 3682, è stata completata nel 1956. Il regolamento per la conservazione del Catasto Terreni è stato approvato con regio decreto 8 dicembre 1938, n. 2153. Il Catasto Terreni è di tipo geometrico-particellare, poiché recante informazioni sia sulla natura geometrica (topografia - forma e consistenza) che sulle caratteristiche tecnico-economiche (caratteristiche tecnico-fisiche e redditi) dell’elemento minimo inventariato e rappresentato in mappa, costituito dalla particella catastale.
La formazione del Catasto Edilizio Urbano, successiva a quella del Catasto Terreni, fu disposta con la legge 11 agosto 1939, n. 1249. Il relativo regolamento di attuazione è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142. Il Catasto Edilizio Urbano è entrato in conservazione, con regole unitarie in tutto il territorio dello Stato, dal 1° gennaio 1962. Il Catasto dei Fabbricati, istituito con l’emanazione del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557 è l’evoluzione del Catasto Edilizio Urbano; si occupa di tutte le costruzioni, sia urbane che rurali. Nell’archivio censuario del Catasto Edilizio Urbano sono registrati dati di natura tecnico-fisica, giuridica ed economica, associati a ogni unità immobiliare urbana. In sintesi tali dati sono:
- identificazione catastale;
- indirizzo;
- categoria (informazione codificata, connessa alla destinazione d’uso dell’unità immobiliare urbana, che fa riferimento a un quadro generale di qualificazione che comprende differenti categorie organizzate in 5 gruppi identificati con le lettere A - funzioni residenziali e uffici, B - funzioni pubbliche, C - funzioni commerciali e pertinenze, D - funzioni industriali e commerciali speciali ed E - funzioni di interesse collettivo: Vengono censiti anche i beni comuni non censibili che sono strumentali all’utilizzo delle unità immobiliari urbane, inoltre sono censite, per finalità inventariali civilistiche, con categorie “fittizie” del gruppo F, senza attribuzione di rendita catastale);
- classe di redditività (espressa solo per le unità immobiliari censite in una delle categorie dei gruppi A, B e C, è una indicazione codificata, che esprime differenti livelli di potenzialità reddituale);
- consistenza (espressa in modo differente in relazione alla categoria di censimento dell’unità immobiliare urbana. Per le unità censite nelle categorie del gruppo A è espressa in numero di vani utili. Per le unità censite nelle categorie del gruppo B è espressa in metri cubi, mentre per quelle censite nelle categorie del gruppo C, è espressa in metri quadrati di superficie netta. Per le unità censite nelle categorie dei gruppi D ed E, la consistenza non è espressa. In aggiunta ai dati di consistenza originariamente previsti dalla legge istitutiva del Catasto Edilizio Urbano, con riferimento a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per le unità censite nelle categorie afferenti ai gruppi A, B e C, è stata determinata anche la consistenza in metri quadrati di superficie lorda sviluppata);
- rendita catastale (definita come il reddito ordinario potenzialmente ritraibile dall’unità immobiliare urbana, calcolato al netto delle spese ordinarie di conservazione e perdite eventuali ed al lordo delle imposte).
In sintesi il sistema estimativo del catasto edilizio urbano prevede per le unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi A, B e C, l’individuazione di una o più classi di redditività (operazione definita di classificazione), dove tra una classe e la successiva la variazione di redditività risulta, di norma, non inferiore al 15 per cento, e successivamente la determinazione delle tariffe d’estimo da associare a ogni categoria e classe presente. La metodologia di determinazione della rendita catastale di ogni unità censita si completa attraverso l’attribuzione del “classamento”, che consiste nell’associare a ogni unità la categoria e la classe più pertinente tra quelle presenti nel prospetto di qualificazione e classificazione del comune in cui è ubicata, tenuto conto dei caratteri posizionali e tipologico-edilizi dell’immobile, nel determinarne la consistenza (in vani, metri quadri o metri cubi in relazione alla categoria di censimento) e, successivamente, nel moltiplicare la tariffa d’estimo accertata per la consistenza dell’unità immobiliare urbana.
Nel tempo si sono avuti alcuni tentativi di intervento normativo sulla disciplina che non sono stati tuttavia portati a termine (ad esempio: la proposta di legge delega per il riordino della tassazione dei redditi di capitale, della riscossione e accertamento dei tributi erariali, del catasto dei fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali A.C. n. 1762 ,oltre alla citata legge delega 11 marzo 2014, n. 23) o che hanno inciso solo su specifici aspetti come l’articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che stabilisce che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d'estimo le rendite catastali urbane sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili e di ogni altra imposta.
Una revisione parziale del classamento è stata invece disciplinata dalla legge finanziaria del 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) che, all’art. 1, comma 335, ha previsto la possibilità, per i comuni, di chiedere all’Amministrazione catastale la revisione parziale del classamento degli immobili. L’Agenzia, una volta accertata la sussistenza dei presupposti (l’esistenza di almeno tre microzone catastali nel comune e lo scostamento fra valore medio di mercato e quello medio catastale maggiore o minore almeno del 35% rispetto all’analogo rapporto riferito all'insieme delle microzone comunali), avvia l’attività di riclassamento e revisione delle rendite catastali. La revisione, che può modificare la categoria e la classe dell’unità immobiliare, comporta anche la variazione della rendita catastale che viene successivamente notificata ai soggetti intestatari mediante avvisi di accertamento. I comuni che hanno richiesto all’Agenzia la revisione parziale del classamento sono 17 (tra cui Roma, Milano, Ferrara, Perugia, Bari, Lecce). Le microzone revisionate nelle 17 città sono state complessivamente 38, per un totale di 418.118 unità immobiliari presenti. Le unità immobiliari urbane variate sono state 327.649 (circa il 78% di quelle ubicate nelle microzone anomale), cui è risultato un incremento della rendita catastale di oltre 183 milioni di euro.
In materia di classamento degli immobili l’Ufficio parlamentare di bilancio, nel testo presentato nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 20 ottobre 2021, ha rilevato che: “l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, che non riflette correttamente l’attuale eterogeneità del patrimonio immobiliare e l’obsolescenza della definizione delle categorie catastali sono proprio i principali fattori che condizionano la rappresentatività dell’attuale sistema di rendite rispetto ai valori patrimoniali reali”.
La gestione delle banche dati catastali e lo svolgimento dei relativi servizi sono stati affidati all’Agenzia del Territorio, istituita con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 che ha ereditato le competenze del Dipartimento del Territorio del Ministero delle Finanze. Da ultimo, l'Agenzia del Territorio, dal 1° dicembre 2012, è stata incorporata nell'Agenzia delle Entrate (art. 23-quater, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95).
Per una panoramica sull’utilizzo del valore catastale in altri Paesi europei si rinvia alla lettura del paragrafo “La fiscalità immobiliare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna “ del dossier “Elementi essenziali della tassazione in Italia”.
La lettera a), del comma 1, indica i criteri e principi direttivi attraverso i quali si dovrà modificare la disciplina del sistema di rilevazione catastale:
§ prevedere strumenti, da porre a disposizione dei comuni e dell'Agenzia delle entrate, atti a facilitare e ad accelerare l'individuazione e, eventualmente, il corretto classamento delle seguenti fattispecie:
- gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d'uso ovvero la categoria catastale attribuita;
- i terreni edificabili accatastati come agricoli;
- gli immobili abusivi, individuando a tale fine specifici incentivi e forme di valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in questo ambito, nonché garantendo la trasparenza delle medesime attività;
§ prevedere strumenti e modelli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l'Agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari (lettera b)).
Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo che il Governo sottolinea che la modifica dovrà prevedere strumenti da porre a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle entrate, secondo il paradigma dell’interoperabilità dei rispettivi sistemi informativi, per facilitare e accelerare l’individuazione, anche attraverso metodologie innovative: degli immobili non censiti o che non rispettano la effettiva, reale consistenza o la relativa destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita.
Stock immobiliare complessivo
Nel rapporto Statistiche catastali 2020 realizzato dall’Agenzia delle entrate si evidenzia che lo stock immobiliare censito negli archivi catastali italiani al 31.12.2020 consiste di quasi 76,5 milioni di immobili o loro porzioni, di cui quasi 66 milioni sono censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita, circa 3,6 milioni sono censiti nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee, anche se solo temporaneamente, a produrre ordinariamente un reddito (aree urbane, lastrici solari, unità in corso di costruzione o di definizione, ruderi) e circa 6,8 milioni sono beni comuni non censibili, cioè di proprietà comune e che non producono reddito, o unità ancora in lavorazione (circa 79 mila). Nel testo si evidenzia che le attività di fotoidentificazione hanno fatto emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite in catasto.
Non considerando gli immobili che non producono reddito del gruppo F, i beni comuni non censibili e gli immobili in lavorazione, le unità immobiliari censite sono pari, come detto, a quasi 66 milioni, di cui la maggior parte è censita nel gruppo A (circa il 55%) e nel gruppo C (oltre il 42%), dove sono compresi, oltre ad immobili commerciali (negozi, magazzini e laboratori) anche le pertinenze delle abitazioni, ovvero soffitte, cantine, box e posti auto. La restante parte dello stock, il 3%, è costituita da immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale (gruppo D: 2,5%), particolare (gruppo E: 0,2%) e d'uso collettivo (gruppo B: 0,3%). In termini di rendita catastale, la quota maggiore è ancora rappresentata dagli immobili del gruppo A e C, che corrispondono a quasi i 2/3 del totale. Le unità del gruppo D rappresentano, di contro, una rilevante quota di rendita del patrimonio immobiliare italiano, oltre il 28%, a fronte di una quota di solo il 2,5% in termini di numero di unità.
Il comma 2 stabilisce altresì che il Governo è delegato ad attuare, sempre attraverso i decreti legislativi di cui all'articolo 1, un’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Sono quindi elencati i principi e criteri direttivi da seguire nell’esercizio della delega.
Il governo dovrà prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali e, secondo una modifica introdotta in sede referente, neanche per la determinazione delle agevolazioni e dei benefici sociali (lettera a)), in ciò cercando di garantire la neutralità fiscale ed exstrafiscale della norma.
Si ricorda, a tale proposito, che nel testo originario della proposta di legge al termine della lettera a) si stabiliva più genericamente il non utilizzo delle informazioni rilevate comunque per finalità fiscali.
La lettera b), interamente sostituita in sede referente, delinea le modalità di calcolo di una nuova rendita catastale che si affianca all’esistente.
Nella nuova disposizione viene espunto qualsiasi riferimento all’attribuzione di un valore patrimoniale, ma si prevede che sia indicata per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente e sulla base dei dati nelle disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, anche un’ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica del 23 marzo 1998, n. 138, in materia di revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri.
A tale proposito, si evidenzia che l’articolo 5 (revisione delle tariffe d'estimo) del decreto n.138 stabilisce che al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali, si procede alla revisione delle tariffe d'estimo attualmente vigenti, facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge. Non sono da assumere, come termini di riferimento, valori e redditi occasionali ovvero singolari.
Tale rendita, se necessario, sarà determinata anche tenendo conto:
- dell’articolazione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei di riferimento;
- della rideterminazione delle destinazioni d'uso catastali, distinguendole in ordinarie e speciali;
- dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.
Si ricorda che il testo originario della lettera b) prevedeva espressamente l’attribuzione alle unità immobiliari di un valore patrimoniale e di una rendita attualizzata che tenesse conto dei valori di mercato. In particolare la norma prevedeva di attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato. La lettera c) stabiliva altresì che bisognava prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato.
Ai fini di un criterio di massima trasparenza di consultazione dei dati immobiliari, il Governo dovrà inoltre assicurare nella consultazione catastale l’accesso alla banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare–OMI (lettera c), come sostituita in sede referente).
Sul punto si ricorda che l’OMI cura, tra l’altro, la pubblicazione delle quotazioni immobiliari semestrali che individuano, per ogni delimitata zona territoriale omogenea (zona OMI) di ciascun comune, un intervallo minimo/massimo, per unità di superficie in euro al mq, dei valori di mercato e locazione, per tipologia immobiliare e stato di conservazione. Quando per una stessa tipologia sono valorizzati più stati di conservazione è comunque specificato quello prevalente.
Si dovrà anche prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico (come individuate ai sensi dell'articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi rispetto alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro di tali immobili. (lettera d).
Si ricorda che la sopra citata legge delega 11 marzo 2014, n. 23, stabiliva che per determinare il valore patrimoniale medio ordinario si sarebbero dovuti seguire, tra l’altro, tali parametri (per le unità immobiliari a destinazione catastale ordinaria):
§ un processo estimativo che utilizzasse il metro quadrato come unità di consistenza, specificando i criteri di calcolo della superficie dell'unità immobiliare;
§ funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune;
§ la previsione, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, di adeguate riduzioni del valore patrimoniale e della rendita, alla luce dei più gravosi oneri di manutenzione e conservazione;
§ garantire l'invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, a tal fine prevedendo, contestualmente all'efficacia impositiva dei nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate ad evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all'imposta municipale propria (IMU), prevedendo anche la tutela dell'unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni relative all'IMU, delle condizioni socio-economiche e dell'ampiezza e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche alla luce dell'evoluzione cui sarà soggetto il sistema tributario locale fino alla piena attuazione della revisione prevista dalla disposizione.
Il comma 3, introdotto in sede referente, delega il Governo anche a stabilire che una quota dell’eventuale maggiore gettito derivante dalle attività di nuova rilevazione catastale, di cui al sopra descritto comma 1, sia destinato alla riduzione dell’imposizione tributaria sugli immobili e sia prevalentemente attribuito ai comuni ove si trovano gli immobili interessati dalle disposizioni di cui al medesimo comma.
Il comma 4, anch’esso introdotto in sede referente, reca la delega al Governo volta a prevedere procedimenti amministrativi semplificati e modalità di collaborazione tra i comuni e l’Agenzia delle entrate, affidando comunque a quest’ultima anche i compiti di indirizzo e coordinamento.
Articolo 7
(Revisione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef)
L’articolo 7, modificato in sede referente, contiene i principi e i criteri direttivi che devono guidare il Governo nella riforma della fiscalità locale, sia nella sua componente personale, sia nella componente immobiliare.
Si delega anzitutto il Governo ad attuare una revisione delle addizionali comunali e regionali all’Irpef, sostituendo le vigenti addizionali con altrettante sovraimposte (dunque applicabili al debito d’imposta e non, come nell’attuale sistema, alla base imponibile del tributo erariale). La riforma deve concedere agli enti territoriali specifici margini di manovrabilità, con l’obiettivo di garantire un gettito corrispondente all’attuale (calcolato sulla media delle aliquote comunali, ovvero sulla misura dell’aliquota di base per l’addizionale regionale).
Per effetto delle modifiche in Commissione è stato precisato che i limiti alla manovrabilità delle aliquote devono garantire alle Regioni e ai Comuni, nel loro complesso lo stesso incremento di gettito ora garantito dall’applicazione del livello massimo dell’addizionale IRPEF.
Inoltre, nella medesima sede referente è stata introdotta una disposizione volta a destinare una quota del gettito proveniente dall’applicazione delle imposte sostitutive per i cd. contribuenti forfettari ai comuni e alle regioni sulla base della residenza dei contribuenti, garantendo la neutralità finanziaria tra i vari livelli di governo interessati.
Sono previste specifiche regole per le regioni sottoposte a piani di rientro per disavanzi sanitari.
Con riferimento alla fiscalità immobiliare si prevede che, in attuazione dei principi del federalismo fiscale, i decreti delegati possano rivedere – come chiarito in sede referente - l’attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo appartenenti al gruppo catastale D ed eventualmente degli altri tributi incidenti sulle transazioni immobiliari.
Tale revisione deve avvenire senza oneri per lo Stato, compensando eventuali variazioni di gettito per i diversi livelli di governo attraverso la corrispondente modifica del sistema dei trasferimenti erariali, degli altri tributi comunali e dei fondi di riequilibrio.
Al riguardo si rammenta che la legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, commi da 5 a 7 della legge n. 234 del 2021) per adeguare la disciplina dell’addizionale regionale e comunale alle modifiche in materia di IRPEF previste dalla medesima legge di bilancio (rimodulazione degli scaglioni e riduzione delle aliquote; rimodulazione delle detrazioni per redditi da lavoro e da pensioni), ha differito alcuni termini in materia di addizionali regionale e comunale.
In sintesi tali modifiche riguardano i termini previsti per la pubblicazione dell’eventuale maggiorazione dell’aliquota di compartecipazione dell'addizionale regionale, nonché per la trasmissione dei dati rilevanti per la determinazione dell’addizionale regionale ai fini della pubblicazione sul sito informatico del Governo. La norma individua, inoltre, anche un termine entro il quale i comuni sono tenuti a modificare gli scaglioni e le aliquote dell’addizionale comunale.
In particolare si prevede che:
§ entro il 31 marzo 2022 (rispetto al 31 dicembre 2021) le regioni sono tenute a pubblicare l’eventuale maggiorazione dell’aliquota di compartecipazione dell'addizionale regionale;
§ entro il 13 maggio 2022, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’economia e delle finanze i dati rilevanti per la determinazione dell'addizionale regionale all'Irpef, affinché quest’ultimo possa pubblicarli sul proprio sito internet;
§ entro il 31 marzo 2022, o, in caso di scadenza successiva, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, i comuni per l’anno 2022 modificano gli scaglioni e le aliquote dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche al fine di conformarsi alla nuova articolazione prevista per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Le regioni Lazio, Liguria, Piemonte, Marche e Umbria, con rispettive leggi regionali, pubblicate in Gazzetta Ufficiale nn. 71, 75 e 76 del marzo 2022, sono intervenute sulla disciplina delle addizionali regionali, adeguandole ai rimodulati scaglioni Irpef.
Si ricorda preliminarmente che, nel quadro vigente, le addizionali regionali e comunali all’Irpef si calcolano applicando un'aliquota al reddito complessivo determinato, ai fini dell'IRPEF, al netto degli oneri deducibili e delle deduzioni per oneri di famiglia riconosciuti ai fini dell'IRPEF stessa e devono essere versate se, per l’anno di riferimento, risulta dovuta l’Irpef.
In particolare, le regioni e i comuni possono applicare le predette addizionali alla base imponibile dell’Irpef scegliendo tra l’applicazione di un’aliquota proporzionale e l’utilizzo degli stessi scaglioni dell’imposta erariale.
Caratteristica delle addizionali è che la relativa misura, in un range predeterminato dalla legge statale, è manovrabile dall’ente territoriale di riferimento.
Esse svolgono un ruolo cruciale nel finanziamento degli enti territoriali (si veda il sito della documentazione parlamentare per ulteriori dettagli). Per informazioni ulteriori si rinvia anche al dossier sulla tassazione in Italia e alla scheda informativa del Dipartimento finanze del MEF (addizionale comunale e regionale).
Al riguardo, nel corso dell’indagine conoscitiva condotta dalle Commissioni finanze di Camera e Senato, i soggetti auditi hanno evidenziato che il processo di riforma dell’Irpef non dovrebbe prescindere, tra l’altro, dalla revisione delle addizionali regionali e locali. Sono stati auspicati interventi di semplificazione della loro struttura mantenendo ferma la possibilità per gli enti territoriali di fissare un’aliquota di addizionale costante per tutti i livelli di reddito all’interno di un range prefissato a livello centrale; si è inoltre da più parti proposto di eliminare tali addizionali, da sostituire con altrettante sovraimposte - ritenute meno distorsive –vale a dire a prelievi aggiuntivi commisurati in percentuale all’importo dovuto dal contribuente a titolo di Irpef.
Le Commissioni parlamentari, nel documento conclusivo dell’indagine, concordano sulla trasformazione delle addizionali degli enti territoriali in sovraimposte, ossia prelievi aventi come base imponibile il debito di imposta erariale, e non la stessa base imponibile Irpef; la manovrabilità delle sovraimposte dovrebbe rimanere in capo all’ente territoriale all’interno di un range predefinito.
La lettera a) del comma 1, in coerenza a quanto emerso nel corso dell’indagine, fissa quale principio e criterio direttivo la sostituzione dell’addizionale regionale all’Irpef con una sovraimposta sull’Irpef, la cui aliquota di base possa essere manovrata dalle regioni entro limiti prefissati.
Nel corso dell’esame in Commissione è stato precisato che i limiti alla manovrabilità delle aliquote delle sovrimposte devono essere determinati in modo da garantire alle regioni nel loro complesso lo stesso incremento di gettito ora garantito dall’applicazione del livello massimo dell’addizionale Irpef.
In aggiunta a tale previsione, il disegno di legge di delega chiarisce che la sostituzione deve garantire che con l’applicazione della nuova aliquota di base della sovraimposta le regioni nel loro complesso ottengano lo stesso gettito che avrebbero acquisito applicando l’aliquota di base dell’addizionale regionale all’Irpef stabilita dalla legge statale.
Attualmente l’aliquota di base dell’addizionale regionale Irpef è pari all’1,23 per cento (articolo 6, comma 1, D.Lgs. n. 68 del 2011).
La successiva lettera b) chiarisce, per le regioni sottoposte a piani di rientro per disavanzi sanitari, così come quelle che presentano squilibri di bilancio sanitario (come chiarito in sede referente) le quali, in base alla legislazione vigente, comportano l’applicazione – anche automatica - di aliquote dell’addizionale all’Irpef maggiori di quelle minime, che la riforma preveda un incremento obbligatorio della sovraimposta, calcolato in modo da garantire lo stesso gettito attualmente ricavato dall’applicazione delle aliquote delle addizionali regionali all’Irpef maggiorate nella misura obbligatoria.
Nel corso degli anni, gli interventi in tema di contenimento e razionalizzazione della spesa sanitaria hanno interessato le diverse componenti della spesa dedicata al finanziamento del SSN. La riduzione delle risorse è stata fronteggiata con la rimodulazione o l'introduzione di nuovi tetti di spesa, la parziale riorganizzazione della rete ospedaliera e un diverso sistema di acquisto e gestione dei beni e dei servizi in ambito sanitario. In questo ambito, rivestono particolare importanza anche le misure introdotte per il governo e il recupero dei disavanzi sanitari regionali e il monitoraggio delle politiche di risanamento. Per informazioni e dettagli si rinvia al sito della documentazione parlamentare.
La lettera c) simmetricamente prevede, per i comuni che hanno la facoltà di applicare un’addizionale all’Irpef, la sostituzione dell’addizionale con la possibilità di applicare una sovraimposta sull’Irpef, i cui limiti di manovrabilità devono essere determinati in modo da garantire ai comuni nel loro complesso lo stesso incremento di gettito attualmente garantito dall’applicazione del livello massimo dell’addizionale IRPEF (come chiarito in sede di esame in Commissione).
Nella formulazione originaria della norma si prevedeva che tali limiti alla manovrabilità garantissero un gettito corrispondente a quello attualmente generato dall’applicazione dell’aliquota media dell’addizionale all’Irpef.
Nel corso dell’esame in sede referente è stata introdotta la lettera d) al comma 1.
Essa dispone che una quota del gettito proveniente dall’applicazione delle imposte sostitutive applicate ai cd. contribuenti forfettari (per cui si veda la scheda di lettura all’articolo 2), ivi comprese quelle applicabili nel regime transitorio (di passaggio da forfettario a ordinario) sia destinata ai comuni e alle regioni, sulla base della residenza dei contribuenti garantendo la neutralità finanziaria tra i vari livelli di governo interessati.
Si ricorda in questa sede che l’Ufficio parlamentare di bilancio, nel corso dell’audizione sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, svoltasi presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale il 20 ottobre 2021, ha specificamente affrontato la tematica dell’imposizione locale in rapporto alla delega fiscale.
In materia di addizionali degli enti territoriali, in particolare, l’UPB ha rilevato che il passaggio da prelievi aggiuntivi commisurati non più alla base imponibile dell’imposta erariale, ma direttamente al debito di imposta erariale, evita il sovrapporsi di differenti strutture di progressività, lasciando al livello centrale l’esclusività nella determinazione del sistema di aliquote e scaglioni del prelievo personale sui redditi, da applicarsi sull’intero territorio nazionale, e quindi di stabilire la progressività dell’imposta. Ha rilevato tuttavia che l’introduzione di una sovraimposta implicherebbe, per gli Enti decentrati una minore libertà decisionale: il prelievo locale è infatti in questo caso condizionato dalle scelte centrali in termini non solo di base imponibile – come avviene per l’addizionale – ma anche di struttura degli scaglioni, delle aliquote e del sistema di detrazioni. Dall’altro lato, si sottolinea come la sovraimposta è comunque coerente con l’esigenza di lasciare agli enti decentrati un qualche spazio di manovra nella determinazione del tributo e in questo senso è preferibile rispetto alla compartecipazione al gettito. L’UPB ha chiarito inoltre che, per le regioni, la riforma prevede l’applicazione di un’aliquota base in grado di ricostituire, per il complesso di tali enti, lo stesso gettito ottenibile con quella base dell’addizionale all’Irpef e la possibilità di manovrare tale aliquota entro limiti prefissati; per i comuni, si stabilisce l’introduzione di una sovraimposta i cui limiti di manovrabilità devono essere determinati in modo da garantire ai comuni nel loro complesso un gettito corrispondente a quello attualmente derivante dall’applicazione dell’aliquota media dell’addizionale all’Irpef.
Il comma 2 dell’articolo in commento dispone, in attuazione dei principi del federalismo fiscale, per rafforzare gli elementi di responsabilizzazione e trasparenza nella gestione della finanza locale, in linea con il principio della separazione delle fonti di finanziamento per i diversi livelli di governo, possa essere rivisto (così come precisato in sede referente, in luogo di disporre l’obbligatorietà di tale revisione, prevista dal testo originario del disegno di legge) l’attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo appartenenti al gruppo catastale D ed eventualmente degli altri tributi incidenti sulle transazioni immobiliari.
Il modello di separazione delle fonti comporta l’attribuzione integrale delle imposte di natura patrimoniale a livello locale.
Per una più ampia disamina delle ragioni che sottendono a tale scelta di politica fiscale, si rinvia al dossier di documentazione sulla tassazione in Italia.
Al riguardo si rammenta che nell’attuale sistema il gettito dell’IMU è destinato ai Comuni; sfugge a tale regola il gettito IMU sugli immobili appartenenti al gruppo catastale D, riservato allo Stato (articolo 1, comma 744 della legge di bilancio 2020, legge n. 160 del 2019), calcolato ad aliquota dello 0,76 per cento. Tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio. Le attività di accertamento e riscossione relative agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D sono svolte dai comuni, ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni. Al gruppo D appartengono i cd. immobili a destinazione speciale: opifici, alberghi e pensioni, teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili, case di cura ed ospedali, istituti di credito, cambio ed assicurazione fabbricati e locali per esercizi sportivi, fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, edifici galleggianti o sospesi, assicurati a punti fissi al suolo: ponti privati soggetti a pedaggio, fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole.
Nel corso dell’indagine conoscitiva sono state formulate diverse proposte sulla fiscalità immobiliare. Il Dipartimento finanze del MEF ha effettuato, in particolare, alcune simulazioni sulla rimodulazione di tale prelievo, in ottemperanza al principio di separazione delle fonti di finanziamento dei diversi livelli di governo. Nella documentazione depositata ha rilevato che – in base agli ultimi dati - il gettito IMU derivante dagli immobili di gruppo D (come si è detto, riservato allo Stato) ammonta a circa 3,7 miliardi.
Con riguardo ai trasferimenti immobiliari, essi sono assoggettati ad imposta di registro sul corrispettivo pagato ovvero, su richiesta dell’acquirente al notaio rogante, sul valore catastale del fabbricato. L’aliquota è pari al 9 per cento, che scende al 2 per cento per la casa adibita ad abitazione, ove non di lusso, con esclusione cioè di quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9, cui vanno aggiunte le imposte catastale e ipotecaria, nella misura di 50 euro ciascuna, per le operazioni di vendita fra privati o impresa con vendita esente da Iva, e nella misura di 200 euro ciascuna se soggette a Iva.
Se il venditore è un’impresa, i trasferimenti sono soggetti a IVA del 10% (22% in caso di abitazioni di lusso), che scende al 4% ove sussistano i requisiti di prima casa. Si applica, infine, l’aliquota del 15 per cento per i trasferimenti di terreni agricoli a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali. In caso di trasferimento di proprietà per successione e donazione si applica l’imposta ipotecaria nella misura del 2% e l’imposta catastale nella misura dell’1% del valore dell’immobile. Ove si tratti di prima casa il beneficiario sostiene le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna. Da ultimo, l’articolo 7 del decreto-legge n. 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. decreto crescita) ha introdotto un regime di tassazione agevolata per incentivare gli interventi su vecchi edifici, allo scopo di conseguire classi energetiche elevate e nel rispetto delle norme antisismiche. Si rinvia al sito della documentazione parlamentare per informazioni più dettagliate.
Il comma 3 infine, con una norma di chiusura, sancisce che le revisioni relative all’IMU “quota Stato” e ai trasferimenti immobiliari avvengano senza oneri per lo Stato, compensando eventuali variazioni di gettito per i diversi livelli di governo attraverso la corrispondente modifica del sistema dei trasferimenti erariali, degli altri tributi comunali e dei fondi di riequilibrio.
Con riferimento al federalismo fiscale, si rammenta in questa sede che il percorso originariamente delineato dalla legge n. 42 del 2009 non è stato del tutto completato per svariate ragioni legate, tra l’altro, al contesto politico e alle contingenze economico-sociali (tra cui l’emergenza sanitaria da Covid-19). Il PNRR include tra le cd. riforme abilitanti, ovvero gli interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali, anche il federalismo fiscale, il cui processo di attuazione è previsto entro il mese di marzo 2026.
Il comparto comunale è l’unico comparto in cui è stato realizzato il percorso di attuazione del federalismo fiscale, con il superamento del sistema di finanza derivata e l'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, ai sensi del D. Lgs. n. 23 del 2011. A partire dal 2015 ha inoltre preso avvio il sistema di perequazione nella distribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale – sebbene per i soli comuni delle Regioni a statuto ordinario - sulla base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali, nell’ottica del progressivo abbandono della spesa storica. Per i comuni delle regioni speciali (Regione Siciliana e Sardegna) - nelle quali la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato - il riparto avviene ancora sulla base del solo criterio della compensazione delle risorse storiche. Tuttavia, tale percorso è stato sin da subito condizionato dalle crisi finanziarie degli anni 2009 e 2011; in particolare, i tagli determinati dalle misure di finanza pubblica poste a carico dei comuni hanno inciso profondamente sul funzionamento del Fondo di solidarietà comunale, soprattutto sotto profilo distributivo delle risorse effettivamente disponibili, annullando, di fatto, la originaria componente verticale del Fondo, quella cioè finanziata dallo Stato e destinata alla perequazione. L'incremento di risorse disposto con le ultime due leggi di bilancio ha reintrodotto nella componente tradizionale del Fondo di solidarietà comunale una quota di risorse di carattere "verticale", che rientrano nell'ambito del sistema di perequazione ai fini del riparto del Fondo.
Negli ultimi due anni, inoltre, il percorso di attuazione del federalismo fiscale è stato riattivato con numerosi interventi volti a correggere le criticità nella distribuzione del Fondo di solidarietà comunale e a ridisegnare un percorso molto più graduale di applicazione del meccanismo perequativo. È stato inoltre avviato un processo di revisione dei fabbisogni standard - per il momento limitato ad alcune funzioni (in particolare, asili nido e settore sociale) - con l’obiettivo di commisurarli a livelli di servizio standard da garantire su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito del processo di evoluzione del federalismo fiscale va ricordato, infine, che è stata portata a termine la revisione dell’imposizione locale immobiliare con la legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), che ha disciplinato l’unificazione di IMU e TASI e l’istituzione del canone unico patrimoniale.
Come anticipato, per una completa panoramica dell’assetto finanziario degli enti territoriali si veda il sito della documentazione parlamentare.
Articolo 8
(Princìpi e criteri direttivi per la revisione
del sistema nazionale della riscossione)
L’articolo 8 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate a introdurre alcune modifiche al sistema nazionale della riscossione. La norma prevede, tra l’altro, la definizione di nuovi obiettivi legati ai risultati, una revisione dell'attuale disciplina del sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione, l’incremento dell’uso di tecnologie innovative e dell’interoperabilità dei sistemi informativi, il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall’Agente nazionale della riscossione all’Agenzia delle entrate.
La disposizione, al primo periodo, stabilisce che il Governo è delegato ad attuare con i decreti legislativi di cui all’articolo 1 (con particolare osservanza dei principi e dei criteri generali di delega indicati nelle lettere a), b) e c) del medesimo articolo) una revisione del sistema nazionale della riscossione.
In particolare la norma chiarisce i principi e i criteri direttivi da seguire nell’esercizio della delega:
§ incrementare l’efficienza del sistema nazionale della riscossione e semplificarlo, orientandone l’attività verso obiettivi di risultato piuttosto che di esecuzione del processo (lettera a);
Per una panoramica degli attuali specifici obiettivi dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, e dei conseguenti indicatori che ne consentono di misurare l'operatività, si rinvia alla lettura dell’Atto aggiuntivo alla convenzione tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il direttore dell'Agenzia delle entrate per i servizi relativi all'anno 2021, nonché del relativo dossier realizzato dai Servizi studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
§ revisionare l’attuale meccanismo della remunerazione dell’Agente della riscossione (lettera a);
A tale proposito si segnala che nella Relazione sui criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi del MEF, in cui sono descritti i principali aspetti dell’attività di riscossione, i profili di criticità e alcuni possibili interventi di riforma, si sottolinea che l'attuale disciplina del sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione è rimasta sostanzialmente immutata rispetto al regime di concessione preesistente al decreto legge. n. 203 del 2005, quando il servizio nazionale della riscossione era affidato a soggetti privati. Tale sistema, disciplinato dall'articolo 17 del D.lgs. n. 112 del 1999, è ancora oggi essenzialmente basato:
- sul c.d. aggio fissato al 6%, calcolato sulle somme riscosse e posto a carico del contribuente e, per la metà, a carico dell'ente creditore nel solo caso la riscossione avvenga entro i 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento;
- sui rimborsi forfettari dei diritti di notifica della cartella di pagamento e delle spese per le procedure di recupero, riscossi dai contribuenti o rimborsati dagli enti creditori nel caso di sgravio e di definitiva inesigibilità.
Nel testo si rappresenta che la progressiva riduzione dell'aggio di riscossione, oltre alla mancata attualizzazione delle tabelle di rimborso forfettario delle spese sostenute per le procedure di recupero prevista dal D.lgs. n.159/2015, ha però determinato, fin dal 2016, la necessità di prevedere, come misura compensativa, un contributo in conto esercizio da utilizzare, ove necessario, per garantire l'equilibrio economico finanziario del soggetto deputato alla riscossione nazionale ovvero, dal 1° luglio 2017, dell'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione. Pertanto, in analogia a quanto avviene per le agenzie fiscali e in linea con la prospettiva enunciata dal decreto-legge istitutivo dell'ente si potrebbe valutare l'adeguamento del sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione alla sua natura pubblicistica, attraverso la previsione di uno stanziamento annuale a carico del bilancio dello Stato che assicuri all'ente la necessaria dotazione finanziaria e il suo equilibrio economico. Questo intervento andrebbe a porre il costo del servizio della riscossione a carico della fiscalità generale, con un onere stimato, sulla base del costo di funzionamento dell'ente di riscossione (stipendi, locazioni uffici, costi di produzione ecc.), in circa 850 milioni all'anno.
Sul punto la Corte costituzionale (sentenza n. 120/2021) ha evidenziato che: la circostanza che il servizio della riscossione sia ormai sostanzialmente accentrato, salve limitate eccezioni in ambito locale, presso l’ente pubblico Agenzia delle entrate - Riscossione (e già al tempo della disciplina censurata, presso Equitalia spa, società a totale partecipazione pubblica), potrebbe, peraltro, essere considerata dal legislatore al fine di valutare se l’istituto dell’aggio mantenga ancora, in tale contesto, una sua ragion d’essere – posto che rischia di far ricadere (o fa attualmente ricadere) su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un’attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati – o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema. Infatti, se il finanziamento della riscossione, da un lato, finisce per gravare prevalentemente sui cosiddetti “contribuenti solventi” e, dall’altro, fornisce risorse insufficienti al corretto esercizio della funzione pubblica di riscossione, si determina anche un disincentivo alla lotta della cosiddetta “evasione da riscossione” nei confronti di chi riesce a sfuggire in senso totale ai propri obblighi, soprattutto se di importo relativamente modesto. La Corte sottolinea, inoltre, che i principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna) hanno da tempo superato l’istituto dell’aggio e posto a carico della fiscalità generale le ingenti risorse necessarie al corretto funzionamento della riscossione.
Anche la Corte dei Conti, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica-2021, evidenzia che un’innovazione di notevole rilievo dovrebbe riguardare il finanziamento dell’ente preposto alla funzione, che dovrebbe essere realizzato non più attraverso l’aggio riscosso presso i contribuenti, né dal farraginoso sistema delle spese chieste a rimborso agli enti impositori (anche in ipotesi di infruttuosità del procedimento di riscossione), ma – come per le altre Agenzie fiscali - da un fondo di dotazione quantificato in sede convenzionale in base ai costi standard e ai risultati di servizio. Gli oneri di riscossione a carico dei debitori, determinati in misura ridotta rispetto all’attuale 6 per cento (oppure per scaglioni rapportati all’ammontare del credito iscritto con un minimo ed un massimo), affluirebbero in questo modo direttamente al bilancio dello Stato e degli altri enti creditori.
Infine si segnala che nelle risoluzioni sulla sopra citata Relazione, approvate dalle Commissioni finanze di Camera e Senato (12 ottobre 2021). si chiede al Governo un impegno a modificare l'attuale sistema di remunerazione dell'agente della riscossione, tenendo conto sia della sentenza n. 120/2021 della Corte Costituzionale che dell'esperienza prevalente nei maggiori Paesi europei, ferma restando la possibilità per gli enti territoriali di affidare la riscossione a concessionari privati iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il cui aggio continua ad essere applicato quale compenso per l'attività svolta.
§ favorire l’uso delle più evolute tecnologie e delle forme di integrazione e interoperabilità dei sistemi e del patrimonio informativo funzionali alle attività della riscossione (lettera a);
Su questo aspetto si ricorda che l'articolo 8 dell’Atto aggiuntivo alla convenzione tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il direttore dell'Agenzia delle entrate per i servizi relativi all'anno 2021, in materia di sistemi informativi, prevede che l'Agenzia si impegna ad adottare soluzioni gestionali compatibili con il più ampio sistema informativo della fiscalità e coerenti con i piani di e-government nonché con le linee strategiche dello sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione emanati dal Dipartimento finanze. Adotta, inoltre, le misure organizzative e tecnologiche volte ad assicurare l'interoperabilità del Sistema Informativo della fiscalità e ne assicura il costante monitoraggio. A tal fine (Allegato 1) sono previsti investimenti per complessivi 22,7 milioni di euro, così ripartiti: 18 milioni di euro per software, sviluppi applicativi e altre immobilizzazioni immateriali necessarie per realizzare gli interventi riguardanti i servizi ai contribuenti, agli enti, di riscossione e amministrativi, nonché per favorire l'interoperabilità con gli enti creditori; 4,7 milioni di euro per attrezzature, impianti, hardware, mobili e arredi e altre immobilizzazioni materiali.
§ eliminare le duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali, con conseguente riduzione di costi (lettera a);
§ individuare un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione, anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall’Agente nazionale della riscossione, o parte delle stesse, all’Agenzia delle entrate, in modo da superare l’attuale sistema, caratterizzato da una netta separazione tra l’Agenzia delle entrate, titolare della funzione della riscossione, e l’Agenzia delle entrate-Riscossione, soggetto che svolge le attività di riscossione (lettera b);
Nella sopra citata Relazione sui criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi si rappresenta che una più stretta integrazione tra i due enti comporterebbe:
semplificazione della governance;
- unico interlocutore per il contribuente;
- obiettivi maggiormente legati alla riscossione;
- completa e reciproca disponibilità delle banche dati di AdER e di ADE.
Ai fini di realizzare l'unificazione delle due Agenzie, potrebbero, secondo la Relazione, configurarsi due ipotesi:
§ separazione della riscossione dei crediti erariali da quelli degli enti locali e attribuzione ad Ade della riscossione dei primi, con conseguente incorporazione di un corrispondente ramo d'azienda. Ne deriverebbe l'esigenza di costituire (o trasformare AdER) in un soggetto deputato alla riscossione dei crediti locali;
§ in alternativa, il processo di progressiva trasformazione dell'ente pubblico economico in una divisione dell'Agenzia delle entrate, potrebbe essere preceduto da una fase intermedia nella quale, nonostante la distinta entità giuridica delle due Agenzie, AdER sia sottoposta al controllo di AdE (e non al mero monitoraggio, come attualmente previsto) e vengano attuate tutte le possibili sinergie nello svolgimento delle attività di corporate e di riscossione.
Sul punto, la Corte dei Conti nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica-2021 rileva che sul piano organizzativo, ove non si voglia superare l’attuale assetto duale, procedendo all’internalizzazione della funzione in Agenzia delle entrate (come nelle altre maggiori economie), andrebbe considerata l’istituzione di una autonoma agenzia, alla quale far partecipare anche l’Inps, tenuto per legge ad avvalersi dei servizi dell’Agente nazionale della riscossione, prevedendo l’istituzione di una commissione tecnica permanente per affrontare sistematicamente le criticità più diffuse, le carenze numeriche e la qualificazione professionale del personale, il sistema informatico, le modalità di finanziamento del servizio, una più razionale regolamentazione degli adempimenti e delle competenze tra le diverse strutture centrali e territoriali.
Nel testo della risoluzioni, approvate il 12 ottobre 2021 e sopra menzionate, la Commissioni finanze di Camera e Senato impegnano il Governo a prevedere le opportune modifiche alla governance dell’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, attribuendone il controllo all'Agenzia delle entrate, affinché quest'ultima assuma direttamente gli obiettivi di riscossione che meglio rispecchiano l'effettivo conseguimento dello scopo fondamentale dell'amministrazione fiscale, e quindi l'efficacia e l'efficienza della gestione dell'Agenzia, favorendo altresì ogni possibile ulteriore sinergia tra le due Agenzie e allineando progressivamente organizzazione, processi e linee di policy interne al fine di rendere possibile in futuro valutare – quantomeno per i crediti erariali – il superamento dell'attuale modello duale in favore di un modello monistico, grazie alla completa integrazione di Agenzia delle entrate-Riscossione con Agenzia delle entrate, prevedendo in ogni caso adeguati strumenti di tutela dei lavoratori in tutte le fasi del processo di integrazione.
La lettera c) precisa che, nell’introdurre il nuovo modello organizzativo di cui alla lettera b), si dovrà garantire la continuità del servizio della riscossione attraverso il conseguente trasferimento delle risorse strumentali, nonché delle risorse umane, senza soluzione di continuità.
Circa i risultati realizzati dall’Agenzia delle entrate nel contrasto all’evasione nel 2021, nel Documento di economia e finanza 2022 (Analisi e tendenze della finanza pubblica) si evidenzia sono stati riscossi complessivamente dall’Agenzia delle Entrate 13,8 miliardi dall’attività di promozione della compliance (propensione all’adempimento spontaneo dei contribuenti) e dall’attività di controllo, di cui 8,1 miliardi derivano dai versamenti diretti su atti emessi dall’Agenzia, circa 1,7 miliardi sono il risultato dell’attività di promozione della compliance e 4 miliardi rappresentano le somme recuperate a seguito di riscossione coattiva. I risultati del 2021, in analogia con quelli del 2020 (12,7 miliardi), sono stati condizionati dagli effetti dell’emergenza sanitaria Covid-19 e dagli interventi normativi adottati nel corso dell’anno dal legislatore per sostenere le attività economiche.
In merito alle modifiche previste dalla norma di delega in esame, si segnala che i commi 14-23 della legge di bilancio 2022 introducono delle modifiche alla governance del servizio nazionale della riscossione nell’ottica di una maggiore integrazione tra l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione. Le disposizioni, a tal fine, prevedono che l’Agenzia delle entrate-Riscossione è sottoposta all’indirizzo operativo e di controllo dell’Agenzia delle entrate e che quest’ultima approva le modifiche dei regolamenti e degli atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, nonché i bilanci e i piani pluriennali di investimento. Sono, altresì, previste forme di assegnazione temporanea, comunque denominate, di personale da un’agenzia all’altra.
In coerenza con le modifiche apportate sulla vigilanza dell'ente, viene eliminata la previsione dell'atto aggiuntivo e si stabilisce che i medesimi contenuti relativi ai servizi dovuti, agli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione, alle strategie per la riscossione dei crediti affidati dagli enti impositori, agli obiettivi e gli indicatori per misurare l'efficacia e l'efficienza delle azioni di recupero e della gestione nel suo complesso di Agenzia delle entrate-Riscossione saranno direttamente individuati all'interno nella convenzione (prevista dall'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) stipulata tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il direttore dell'Agenzia delle entrate.
Le norme, anche in ragione delle modifiche apportate alla governance all’Agenzia delle entrate-Riscossione, modificano il sistema di remunerazione dell'Agente della riscossione attraverso una dotazione con oneri a carico del bilancio dello Stato volta ad assicurare il funzionamento dell'ente e la copertura dei relativi costi.
Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo si segnala che la necessità di proseguire nell'evoluzione del modello organizzativo e procedimentale del sistema nazionale della riscossione nella direzione del definitivo superamento del modello duale, anche in ottica di potenziamento dell'efficienza amministrativa e di semplificazione del sistema nel suo complesso, determina l'avvio di un nuovo processo finalizzato alla progressiva integrazione tra le due Agenzie che, in una prima fase, si prevede di realizzare attraverso un cambiamento nella governance di controllo dell'Agente della riscossione e nel sistema di remunerazione per l'attività svolta.
Articolo 9
(Delega al Governo per la codificazione in materia tributaria)
L’articolo 9 reca la delega al Governo per l’adozione di norme finalizzate alla codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia. Il comma 1 stabilisce che i decreti legislativi per la codificazione dovranno essere adottati entro dodici mesi dalla scadenza del termine per l'adozione di atti correttivi e integrativi dei decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale. Il comma 2 stabilisce specifici princìpi e criteri direttivi ai quali dovrà attenersi il Governo nell'ambito della codificazione: omogeneità dei codici di settore, coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa, unicità, contestualità, completezza, chiarezza, semplicità dei codici di settore, aggiornamento e semplificazione del linguaggio normativo, monitoraggio periodico della legislazione codificata e abrogazione espressa delle norme oggetto di revisione. Gli schemi di decreto, adottati nel rispetto del comma 3 dell'articolo in esame, sono trasmessi alle Camere per l’espressione dei pareri secondo quanto disposto dai commi 4 e 5. Il comma 6 disciplina lo scorrimento dei termini di delega mentre il comma 7 definisce termini e procedure per eventuali decreti correttivi e integrativi.
In particolare, il comma 1 prevede che il Governo, una volta concluso il percorso di revisione del sistema fiscale previsto dal disegno di legge in esame, adotti uno o più decreti legislativi per la codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia per garantire la certezza dei rapporti giuridici e la chiarezza del diritto, ivi inclusi l’accertamento, le sanzioni e la giustizia tributaria.
Il percorso di revisione è tracciato, dal punto di vista temporale, in primis dall'articolo 1, comma 1, che delega il Governo ad emanare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale e (articolo 1, comma 6) le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento formale e sostanziale con le altre leggi dello Stato. Il successivo comma 7 prevede che, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore degli atti delegati di revisione del sistema fiscale, il Governo possa adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative degli stessi. Entro i dodici mesi successivi il Governo è altresì delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per la codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia fiscale.
Il comma 2 stabilisce specifici princìpi e criteri direttivi ai quali dovrà attenersi il Governo nell'ambito della codificazione:
a) organizzare le disposizioni per settori omogenei, ove possibile intervenendo mediante modifica dei codici o testi unici di settore già esistenti;
b) garantire o migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa, coordinando, sotto il profilo formale e sostanziale, il testo delle disposizioni legislative vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa dell’Unione europea;
c) assicurare l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina relativa a ogni settore;
d) aggiornare e semplificare il linguaggio normativo anche al fine di adeguarlo a quello degli atti dell’Unione Europea e – secondo un principio introdotto nel corso dell’esame in sede referente - evitare rinvii superflui assicurando che ciascuna norma sia semanticamente chiara e concettualmente autosufficiente, secondo quanto previsto dall'articolo 2 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente);
e) indicare esplicitamente le norme da abrogare, fatta salva comunque l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, ai sensi delle quali le leggi sono abrogate, oltre che per dichiarazione espressa del legislatore, anche per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore.
f) prevedere un monitoraggio periodico della legislazione tributaria codificata (principio introdotto nel corso dell’esame in sede referente);
Il comma 3 stabilisce che i decreti legislativi per la codificazione delle disposizioni legislative vigenti in materia fiscale sono adottati, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia e delle finanze e di altri Ministri di competenza nelle singole materie oggetto di codificazione, di concerto con gli altri Ministri competenti, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
Il successivo comma 4 specifica che gli schemi di decreto sono trasmessi alle Camere per l’espressione dei pareri della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
Il comma 5 dispone che, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, il Governo trasmette nuovamente i testi alle Camere con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione.
Le Commissioni parlamentari possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati.
Il comma 6 disciplina lo scorrimento dei termini di delega disponendo che se il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari ai sensi del comma 4 e del comma 5 cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni.
Il comma 7 dispone, infine, che il Governo sia delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi per la codificazione, uno o atti recanti disposizioni integrative e correttive, nel rispetto della procedura e dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo in esame.
L'esigenza di semplificare e razionalizzare il quadro normativo in materia fiscale, anche attraverso un'attività di codificazione, è stata evidenziata dai soggetti auditi nel corso dell’indagine conoscitiva delle Commissioni riunite di Camera e Senato. Nel documento conclusivo dell’indagine, le Commissioni hanno rappresentato che la riforma del sistema fiscale debba essere guidata da due obiettivi fondamentali: crescita dell'economia e semplificazione del sistema tributario. Nei decenni si sono succedute numerose altre iniziative volte a realizzare un riordino sistematico della materia; tuttavia, una compiuta codificazione della disciplina non è stata ancora introdotta, anzi l'incertezza e la complessità legislativa è andata aumentando, non favorendo tra l'altro la compliance dei contribuenti. La necessità di un intervento di riordino e razionalizzazione è resa ancora più auspicabile alla luce del moltiplicarsi delle misure introdotte in materia di regimi speciali nonché di agevolazioni fiscali. Le Commissioni hanno ritenuto pertanto necessario racchiudere i Testi unici esistenti e le altre norme tributarie, dopo averli opportunamente trasformati da compilativi in innovativi al fine di poter recepire le auspicate ulteriori semplificazioni, in un Codice Tributario strutturato nelle tre seguenti parti:
1. Principi generali di diritto tributario, anche con riferimento al diritto dell'Unione europea;
2. Procedura tributaria e sanzioni:
§ Testo unico degli adempimenti e accertamento;
§ Testo unico delle sanzioni amministrative;
§ Testo unico della giustizia tributaria;
§ Testo unico della riscossione coattiva;
3. Parte speciale, con titoli distinti per le singole imposte e tasse, contenenti eventualmente norme procedurali specifiche per i singoli prelievi:
§ Testo unico delle imposte sui redditi;
§ Testo unico dell'IVA;
§ Testo unico delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni, donazioni e bollo;
§ Testo unico dei tributi erariali minori;
§ Testo unico in materia doganale, di accise e di giochi;
§ Testo unico dei tributi regionali e locali;
§ Testo unico delle agevolazioni.
Per ulteriori dettagli su tali misure si rinvia al dossier sulla tassazione in Italia.
Articolo 10
(Disposizioni finanziarie)
L'articolo 10 reca le disposizioni riguardanti gli oneri derivanti dalle norme di delega e le relative coperture finanziarie.
Nel corso dell'esame in sede referente, è stato modificato il comma 1 dell'articolo in esame in modo da prevedere che non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall’applicazione della legislazione vigente.
In particolare, il comma 1 stabilisce che dall'attuazione delle deleghe di cui agli articoli da 1 a 9 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fatto salvo quanto stabilito al comma 2, e non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall’applicazione della legislazione vigente.
Si rammenta che l'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) disciplina la quantificazione e la copertura degli oneri recati da deleghe legislative, definendola nei seguenti termini: in via generale, le leggi di delega comportanti oneri devono provvedere alla copertura necessaria per l'adozione dei decreti legislativi; tuttavia, qualora in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile determinare gli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, a tale quantificazione si procede al momento dell'adozione dei singoli decreti. In tale seconda ipotesi, i decreti legislativi aventi effetti onerosi sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. Gli schemi di decreto sono corredati di relazione tecnica.
Perciò il procedimento di verifica della relazione tecnica dovrà essere effettuato in più fasi: in sede di approvazione delle norme di delega, ove già disponibili le relative stime di onerosità, e nella fase dell'emanazione di ciascun decreto legislativo, in relazione alla specifica disciplina adottata nell'esercizio della delega. I principi di carattere generale enunciati dalla legge di contabilità e finanza pubblica corrispondono in buona parte ad indirizzi già elaborati dalla giurisprudenza costituzionale (si veda la sentenza n. 226 del 1976) e da tempo trasfusi nella prassi legislativa.
Il comma 2 precisa che, in considerazione della complessità della materia trattata e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo la relazione tecnica di cui all'articolo 1, comma 3 (si veda la relativa scheda), evidenzia i suoi effetti sui saldi di finanza pubblica.
Si rammenta che la copertura delle leggi deve essere garantita (ed è soggetta a verifica in Parlamento) con riguardo all'impatto di ciascuna norma su tre saldi di finanza pubblica: il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e l'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.
Per un approfondimento si rinvia all'apposita pubblicazione della Ragioneria
Per i primi due saldi si fa riferimento ai tradizionali criteri di contabilità pubblica della competenza giuridica (saldo netto da finanziare) e della cassa (fabbisogno), mentre per l'indebitamento netto (che rileva ai fini del rispetto degli obiettivi di saldo definiti in sede europea) si fa riferimento al criterio della competenza economica secondo le regole contabili del SEC 2010, disciplinato nel Regolamento UE n. 549/2013.
Per ulteriori dettagli si rinvia alla Documentazione di inizio legislatura in materia di finanza pubblica dei Servizi della Camera e del Senato.
Il comma stabilisce inoltre che, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione nel proprio interno o mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), nel limite di 2 miliardi per l’anno 2022 e 1 miliardo a decorrere dal 2023, eventualmente integrate in base a quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 1, si provvede ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, presentati prima di quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri. A tal fine, le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
I decreti legislativi che recano nuovi o maggiori oneri o minori entrate entrano in vigore contestualmente o successivamente a quelli che recano la necessaria copertura finanziaria.
[1] Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.