La crisi russo-ucraina. Cronologia degli ultimi avvenimenti (aprile 2021-febbraio 2022) 7 febbraio 2022 |
L'escalation delle tensioni (marzo-novembre 2021)Tra la fine di marzo e l'inizio di aprile 2021 l'esercito russo spostava grandi quantità di armi ed equipaggiamenti nella Crimea e nella struttura di addestramento di Pogonovo, nei pressi di Voronezh. Mosca decideva inoltre di trasferire diverse navi tra il Mar Caspio e il Mar Nero, ufficialmente per prendere parte alle esercitazioni navali congiuntamente alla flotta del Mar Nero. Il 10 aprile l'Ucraina chiedeva lo svolgimento di una riunione presso l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), dedicata al concentramento di truppe russe nelle regioni vicine al confine con l'Ucraina e in Crimea occupata dalla Russia. L'iniziativa di Kiev era sostenuta da diversi Stati, ma la delegazione russa non si presentava alla riunione, rifiutandosi di fornire spiegazioni. Il 15 aprile il Ministero degli affari esteri dell'Ucraina riferiva che la Russia aveva annunciato la chiusura di aree del Mar Nero a navi militari e civili di altri paesi fino a ottobre, a causa dello svolgimento di esercitazioni militari: il Ministero condannava la decisione come una "grave violazione del diritto alle libertà di navigazione" garantito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Il 22 aprile 2021 il Ministro della difesa russo Sergey Shoygu annunciava il ritiro, entro il 1° maggio, di gran parte delle truppe concentrate in Crimea ed ai confini con l'Ucraina. Alti funzionari dell'Amministrazione Biden riferivano tuttavia in novembre che la Russia aveva ritirato solo poche migliaia di soldati dal precedente concentramento militare. Il New York Times aveva precedentemente stimato che oltre 80.000 soldati russi fossero ancora rimasti al confine russo-ucraino a settembre 2021. I rapporti sui concentramenti militari russi spingevano i funzionari americani ad avvertire l'Unione Europea che la Russia poteva avere in progetto un'invasione dell'Ucraina. Tra il 2 e il 3 novembre il direttore della CIA William Burns incontrava a Mosca alti funzionari dell'intelligence russa per comunicare al Cremlino la preoccupazione del Presidente USA per la situazione al confine russo-ucraino. Il 13 novembre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky annunciava che la Russia aveva nuovamente ammassato circa centomila soldati nella zona di confine. Il Ministero della difesa russo, per converso, descriveva il dispiegamento di navi da guerra statunitensi nel Mar Nero come una "minaccia alla sicurezza regionale e alla stabilità strategica […] il vero obiettivo dietro le attività statunitensi nella regione del Mar Nero è esplorare il teatro delle operazioni nel caso in cui Kiev tenti di risolvere il conflitto nel sud-est con la forza". Kiev da parte sua intensificava gli sforzi diplomatici. Il 15 novembre il presidente Zelensky e il capo del Consiglio europeo Charles Michel discutevano la situazione della sicurezza lungo i confini dell'Ucraina. Lo stesso giorno il Ministro degli esteri ucraino Kuleba teneva colloqui sugli stessi temi a Bruxelles. Il nuovo ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, si recava a Washington, dove il 18 novembre incontrava il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Il 16 novembre, il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace visitava Kiev. Il 15 novembre, intanto, il ministro degli Esteri tedesco ad interim Heiko Maas e l'omologo francese Jean-Yves Le Drian avevano espresso preoccupazione in un comunicato congiunto sui "movimenti delle forze russe e dell'equipaggiamento militare vicino all'Ucraina", invitando entrambe le parti a "mostrare moderazione". Il 16 novembre il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg invitava l'Occidente a inviare alla Russia un chiaro segnale chiedendo di ridurre la tensione, evitando qualsiasi escalation dentro e intorno all'Ucraina". Il 30 novembre, Putin dichiarava che un'espansione della presenza della NATO in Ucraina, in particolare il dispiegamento di qualsiasi sistema missilistico a lungo raggio in grado di colpire città russe o sistemi di difesa missilistica simili a quelli basati in Romania e Polonia, avrebbe rappresentato un problema di "linea rossa" per la Russia. |
L’Alleanza atlantica di fronte al potenziamento della presenza militare russa ai confini ucraini (dicembre 2021)Il 1° dicembre il segretario di Stato americano Blinken, parlando a Riga a conclusione della riunione dei Ministri degli esteri della NATO, sosteneva di avere le prove di piani russi per un'invasione dell'Ucraina, e che l'Alleanza nel suo insieme era pronta a reagire, iniziando da sanzioni economiche di un livello inedito. Lo stesso 1° dicembre la Russia rilanciava accusando l'Ucraina di aver dispiegato la metà dei propri effettivi militari nel Donbass per affrontare i separatisti filo-russi: funzionari del Cremlino affermavano che l'Ucraina aveva violato il protocollo di Minsk. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov negava qualsiasi attività militare "insolita" da parte russa, confutando le affermazioni su una possibile invasione dell'Ucraina. Peskov esortava altresì la NATO a desistere da ogni proposito di armare l'Ucraina con armi moderne. Lo stesso Putin criticava l'Ucraina per aver utilizzato droni da combattimento di fabbricazione turca contro i separatisti filo-russi nel Donbas. Il 2 dicembre il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov incontrava il segretario di Stato americano Anthony Blinken, mentre il giorno successivo il ministro della difesa ucraino Oleksii Reznikov, durante un intervento in parlamento, parlava della possibilità di una escalation militare da parte della Russia alla fine di gennaio 2022: le sue affermazioni erano corroborate da funzionari dell'intelligence americana. Anche il trasferimento, da parte russa, di soldati e armamenti in Bielorussia al fine di condurre esercitazioni militari congiunte a febbraio era interpretata da funzionari ucraini e americani nel senso di utilizzare la Bielorussia per un eventuale attacco all'Ucraina da nord, vista la stretta vicinanza del confine bielorusso-ucraino con la città di Kiev. Il 7 dicembre 2021 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e Putin dialogavano in videoconferenza. Uno degli argomenti discussi era naturalmente la crisi sull'Ucraina, con Putin che evidenziava il fatto che era la NATO che stava intraprendendo pericolosi tentativi di aumentare il suo potenziale lungo i confini della Russia. In questo contesto Putin chiedeva "garanzie giuridiche affidabili" che impedissero alla NATO di espandere il proprio territorio verso la Russia o di dispiegare i suoi sistemi d'arma d'attacco nei paesi confinanti con la Russia. Il 15 dicembre 2021 la Russia consegnava agli Stati Uniti i suoi progetti di trattati sulle garanzie di sicurezza - in base ai quali gli Stati Uniti si dovevano impegnare a non schierare truppe negli stati ex sovietici non appartenenti alla NATO, escludendo qualsiasi ulteriore espansione dell'Alleanza verso est. Dal canto suo il Presidente USA ribadiva la minaccia di dure sanzioni in caso di attacco all'Ucraina, con un ventaglio di misure che avrebbero colpito il sistema finanziario e il settore energetico della Russia, incluso il debito sovrano e il blocco della convertibilità del rublo, nonché la possibile esclusione di Mosca dal circuito SWIFT per i trasferimenti finanziari su scala globale. Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ammoniva poi che anche la futura operatività del gasdotto Nord Stream 2 sarebbe stata rischio per il Cremlino in caso di invasione dell'Ucraina. Presentandosi con il pieno appoggio degli alleati europei, Biden ribadiva di essere pronto a rafforzare la presenza militare americana nell'Europa orientale. Il 12 dicembre i Ministri degli esteri del G7, riuniti a Liverpool, lanciavano un appello alla Russia per una riduzione della escalation militare, senza di che la risposta occidentale sarebbe stata molto dura. Pur scontando diverse vedute sul tipo di sanzioni da adottare eventualmente contro Mosca, i Ministri degli esteri concordavano sull'inaccettabilità del comportamento russo nei confronti dell'Ucraina, esprimendo sostegno all'integrità territoriale e alla sovranità del paese. Il 16 dicembre la questione russo-ucraina era al centro degli incontri bruxellesi sia presso le istituzioni europee che nella sede del Quartier generale del Patto Atlantico, che ospitava un incontro con il presidente Zelensky. Il Consiglio europeo, pur registrando ancora diverse vedute sull'adozione di un apparato sanzionatorio in caso di invasione russa dell'Ucraina, era fermo nel monito alla Russia, e nel contempo invitava Mosca al dialogo. Particolare importanza rivestiva nei lavori del Consiglio europeo, come anticipato dal neocancelliere tedesco Scholz, la questione dell'inviolabilità dei confini, cardine della pace in Europa. Anche il Parlamento europeo in una risoluzione definiva il dispiegamento delle forze militari russe una minaccia per la pace e la sicurezza europea, e sottolineava l'importanza di ridurre la dipendenza energetica europea da Mosca - in tal senso l'Europarlamento esortava i capi delle istituzioni europee a non rendere operativo il gasdotto Nord Stream 2. Intanto mentre la Russia continuava il rafforzamento militare ai confini dell'Ucraina, l'Assemblea parlamentare della NATO si incontrava con i leader ucraini per riaffermare il sostegno dell'Alleanza a Kiev, per invitare i membri del Patto atlantico a migliorare la fornitura di sistemi d'arma difensivi all'Ucraina e per contrastare la disinformazione russa. Sempre a dicembre l'Amministrazione statunitense approvava un ulteriore aiuto militare di 200 milioni di dollari all'Ucraina, portando il valore totale degli aiuti alla difesa nel 2021 a 650 milioni di dollari. Le consegne di armi letali dagli Stati Uniti iniziavano il mese successivo: nello stesso tempo l'Amministrazione Biden concedeva alle nazioni baltiche il permesso di trasferire attrezzature militari di fabbricazione americana in Ucraina. Il 23 dicembre, nel corso della sua conferenza stampa fiume ormai divenuta una consuetudine di fine anno, il presidente russo Putin asseriva che dopo le richieste di garanzie di sicurezza avanzate e formalizzare dalla Russia, toccava ora ai paesi della NATO fornire una risposta. Peraltro Putin notava che gli Stati Uniti avevano reagito positivamente alle proposte russe, dicendosi pronti a discutere di tali garanzie di sicurezza all'inizio del 2022. Da notare l'esplicito accenno di Putin all'Italia, che – a parere del Presidente russo - avrebbe potuto svolgere un ruolo nella normalizzazione delle relazioni tra Russia e Unione Europea e anche sulle trattative in programma tra la Russia e la NATO. In ogni modo, il 30 dicembre Biden e Putin avevano un colloquio telefonico, nel quale Biden esortava Putin a ridurre l'escalation in Ucraina – giacché gli USA non avrebbero avuto alcun progetto di schierare armi offensive in Ucraina. Biden avvertiva che se la Russia avesse continuato l'aggressione contro l'Ucraina, ciò avrebbe portato a "gravi costi e conseguenze", quali l'imposizione da parte degli Stati Uniti di ulteriori sanzioni economiche alla Russia, l'aumento della presenza militare statunitense nei membri orientali della NATO ed una maggiore assistenza alla stessa Ucraina. Putin, a sua volta, avrebbe risposto dicendo che l'imposizione di nuove sanzioni statunitensi contro la Russia avrebbe causato una rottura totale delle relazioni tra la Russia e l'Occidente. Il giorno seguente, il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, chiariva cosa si aspettasse la Russia in risposta alle sue proposte di "garanzie di sicurezza", affermando che Mosca non avrebbe permesso a nessuno di tergiversare in discussioni senza fine: "se non seguirà una risposta costruttiva entro un tempo ragionevole e l'Occidente proseguirà il suo corso aggressivo, la Russia sarà costretta a prendere tutte le misure necessarie per garantire un equilibrio |
Colloqui russo-americani a Ginevra ed iniziative di sostegno degli Stati dell’Europa occidentale a Kiev (gennaio 2022)Il 10 gennaio 2022 si svolgevano a Ginevra colloqui bilaterali USA-Russia per discutere le preoccupazioni sulle rispettive attività militari e per affrontare le crescenti tensioni sull'Ucraina. I colloqui erano guidati dal viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov e dal vicesegretario di Stato americano Wendy Sherman, la quale opponeva un reciso diniego ad ogni ipoteca russa sulla possibilità che l'Ucraina potesse liberamente, quale Stato sovrano, decidere su un'eventuale adesione alla NATO. La riunione di Ginevra era seguita da presso da una riunione del Consiglio NATO-Russia a Bruxelles il 12 gennaio per discutere, secondo la dichiarazione ufficiale rilasciata dalla NATO, "la situazione dentro e intorno all'Ucraina, e le implicazioni per la sicurezza europea". I colloqui erano giudicati infruttuosi dalla Russia. Dopo l'incontro, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg affermava che, rispetto alla potenziale adesione dell'Ucraina alla NATO, tutti gli alleati erano "uniti sul principio fondamentale che ogni nazione ha il diritto di scegliere la propria strada" e che "la Russia non ha il diritto di veto sulla possibilità che l'Ucraina possa diventare un membro della NATO". In gennaio anche altri membri della NATO fornivano aiuti all'Ucraina. I preesistenti programmi di addestramento militare britannico e canadese erano rafforzati: inoltre gli inglesi fornivano circa tremila missili anticarro a corto raggio. Il Governo danese decideva di fornire a Kiev un pacchetto per la difesa da 24,8 milioni di dollari, e il ministro della Difesa spagnolo, Margarita Robles, annunciava l'invio di unità navali nel Mar Nero, mentre il governo di Madrid valutava anche la possibilità di schierare aerei spagnoli in Bulgaria. Il ministro degli Affari esteri olandese, Wopke Hoekstra, affermava che i Paesi Bassi erano pronti a fornire "supporto militare difensivo" all'Ucraina, dopo che in tal senso si era pronunciato il Parlamento; anche i Paesi Bassi, inoltre, avrebbero inviato due F-35 in Bulgaria nell'ambito della missione ampliata di sorveglianza aerea della NATO. Da ultimo il 31 gennaio la Polonia annunciava la decisione di fornire armamenti all'Ucraina, in particolare munizioni leggere, proiettili di artiglieria, sistemi di mortai leggeri, droni da ricognizione e missili terra-aria. Frattanto Nikolay Zhuravlev, vicepresidente del Consiglio della Federazione russa, aveva avvertito che l'Europa non avrebbe ricevuto gas naturale, petrolio e metalli dalla Russia nel caso in cui la Russia fosse stata disconnessa dal sistema di pagamento internazionale SWIFT ed inoltre, rimarcava Zhuravlev, tale mossa non poteva essere attuabile, in quanto avrebbe richiesto il consenso di tutti gli Stati che partecipano a questo sistema. Il 20 gennaio, mentre la Russia annunciava l'intenzione di organizzare importanti esercitazioni navali delle sue flotte in tutto il mondo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nella conferenza stampa in occasione del suo primo anno alla Casa Bianca, mostrava incertezze sulla risposta ad un'eventuale azione militare russa nei confronti dell'Ucraina: in particolare, destava forti reazioni a Kiev l'affermazione sulla possibilità di una risposta contenuta a un'incursione "minore" da parte delle truppe russe. L'apparente gaffe di Biden - apparente in quanto si poteva anche leggervi un riflesso delle divisioni tra gli alleati occidentali sulla portata della reazione da fornire ad un eventuale attacco russo all'Ucraina - costringeva la diplomazia americana, ma anche in una certa misura quelle europee, a precisare che la risposta sarebbe stata comunque assai dura e condivisa tra gli alleati occidentali. Il 21 gennaio Lavrov e l'omologo americano Antony Blinken si incontravano ancora una volta a Ginevra. Dopo l'incontro Blinken affermava che gli Stati Uniti avevano chiarito alla Russia che un'invasione sarebbe stata accolta con una risposta rapida, severa e unita da parte degli Stati Uniti e dei nostri partner e alleati. Il 22 gennaio il governo britannico accusava la Russia di aver organizzato un piano per soppiantare il governo ucraino con la forza militare ed installare un'amministrazione fantoccio filo-russa nel paese, possibilmente guidata da Yevheniy Murayev, un ex membro del Parlamento ucraino. Sia Murayev che il governo russo negavano le accuse, rigettando nel campo occidentale le responsabilità per la crisi russo-ucraina. Il 24 gennaio la NATO annunciava che avrebbe inviato ulteriori forze militari ai suoi membri orientali, a causa del deterioramento della situazione della sicurezza: "la NATO continuerà ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere e difendere tutti gli alleati, anche rafforzando la parte orientale dell'alleanza". Il viceministro degli esteri russo, Alexander Grushko, condannava l'annuncio della NATO, affermando che l'Alleanza atlantica stava demonizzando la Russia per giustificare l'attività militare sul fianco orientale. Il 25 gennaio, mentre la Russia svolgeva esercitazioni delle sue truppe corazzate in Crimea, il Presidente americano offriva precisava ulteriormente la portata delle sanzioni che avrebbero colpito Mosca, e anche personalmente lo stesso Putin, in caso di attacco all'Ucraina. Lo scenario complessivo sembrava però evidenziare i primi segnali di divergenza all'interno del campo occidentale, con le preoccupazioni dell'Europa, prima fra tutte la Germania, in relazione agli approvvigionamenti di gas russo - questi timori europei erano in gran parte compresi da Washington, che studiava piani alternativi per sostituire l'eventuale mancanza totale o parziale del gas russo. Tra i principali segnali di malessere degli alleati europei si segnalavano il rifiuto di Berlino di inviare armi all'Ucraina, la decisione dell'Unione europea di non seguire l'esempio americano e di non ritirare quindi il personale non essenziale dalle ambasciate europee a Kiev, la proposta del presidente francese Macron di aprire un canale diplomatico personale con Putin. Indubbiamente da parte russa non era secondaria l'aspettativa di un approfondimento delle divergenze nel campo occidentale, mentre la stessa Ucraina - allarmata per il crescere delle tensioni - lanciava segnali contraddittori: da una parte il Ministro della difesa Reznikov affermava non esistere al momento una minaccia d'invasione russa, ma dall'altra le autorità di Kiev asserivano di aver smantellato un gruppo legato a Mosca che preparava attacchi armati per destabilizzare l'Ucraina. Il 26 gennaio 2022 si svolgeva un incontro nel cosiddetto formato Normandia tra alti funzionari russi, ucraini, tedeschi e francesi a Parigi. Il presidente ucraino Zelensky, in una conversazione telefonica con il presidente USA Biden, si diceva soddisfatto per quella prima tornata di colloqui con i russi. Il 26 gennaio era anche il giorno in cui gli Stati Uniti fornivano una risposta formale alle richieste della Russia, nella quale respingevano la richiesta di Mosca che l'Ucraina non aderisse mai alla NATO. Blinken affermava che la risposta delineava altresì le preoccupazioni degli Stati Uniti e dei loro alleati e partner per le azioni di Mosca che minavano la sicurezza, una valutazione di principio e pragmatica delle preoccupazioni che la Russia aveva sollevato e le proposte per cercare di trovare un terreno comune. Sempre il 26 gennaio si svolgeva in videoconferenza un incontro tra un'ampia delegazione governativa russa, capeggiata dallo stesso Putin, e alcuni dei maggiori gruppi industriali italiani: l'iniziativa, criticata da un'alta fonte della Commissione europea come inopportuna e inaccettabile, registrava comunque il ritiro da parte dell'ENI, nonché delle aziende partecipate dallo Stato. In particolare durante l'incontro virtuale Putin ricordava i forti legami economici tra Italia e Russia, con particolare riguardo ai prezzi di favore nelle forniture di gas praticati all'Italia grazie alla collaborazione di lunga data, nonostante quotazioni di mercato significativamente aumentate - Putin sembrava dunque adombrare il rischio di una bolletta energetica molto più pesante per le imprese italiane in caso di peggioramento significativo dei rapporti bilaterali. Alla fine di gennaio, gli Stati Uniti erano ancora impegnati a discutere sanzioni con gli alleati europei in caso di invasione russa dell'Ucraina: il punto di vista degli USA prevedeva sanzioni "rapide e severe", inclusa una strategia per prendere di mira le banche russe, i mercati obbligazionari e le attività delle élite vicine a Putin. Un punto nodale sembrava rappresentato dal gasdotto Nord Stream 2, di primario interesse della Germania, la cui attivazione era sollecitata da Mosca ma contrastata dagli Stati Uniti, convinti che avrebbe avuto il risultato di accrescere la dipendenza energetica europea dalla Russia. Nelle more dell'incontro virtuale tra le grandi imprese tedesche e il governo russo, analogamente a quanto avvenuto il 26 gennaio con le imprese italiane, la Ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava al Bundestag che solo in caso di invasione dell'Ucraina Berlino avrebbe appoggiato sanzioni comprendenti il blocco di Nord Stream 2. La Russia poi, sempre in vigile attesa di possibili spaccature nel fronte occidentale, incassava il sostegno della Cina: il Ministro degli esteri di Pechino, in una conversazione telefonica con il segretario di Stato americano Blinken, dichiarava che la sicurezza non poteva essere garantita con il rafforzamento o l'espansione dei blocchi militari - chiaro cenno al rifiuto statunitense di precludere all'Ucraina una possibile futura adesione all'Alleanza atlantica. Nella strategia russa entrava anche la Turchia, poichè Putin si diceva pronto ad accettare una mediazione del presidente Erdogan. Il 31 gennaio era convocata una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere della crisi in corso. La Russia aveva cercato di bloccare la riunione, ma la richiesta veniva respinta – nonostante il voto favorevole della Cina. Durante il dibattito, Stati Uniti e Russia si scambiavano accuse. l'ambasciatore statunitense all'ONU, Linda Thomas-Greenfield, accusava la Russia di "comportamento aggressivo", suscettibile di porre una "chiara minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale". La diplomatica american aggiungeva altresì che Mosca aveva messo in atto la più grande mobilitazione militare degli ultimi decenni in Europa e stava cercando di "dipingere l'Ucraina e i paesi occidentali come gli aggressori per fabbricare un pretesto per l'attacco". Il rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, dal canto suo, accusava l'Occidente di "isterismo" e di "aumentare le tensioni" sull'Ucraina; e rincarava la dose affermando che gli Stati Uniti stavano alimentando il conflitto - la riunione del Consiglio di Sicurezza sarebbe stata in tale contesto un tentativo di creare un cuneo tra Russia e Ucraina – la quale ultima, secondo Nebenzya, non stava rispettando i Protocolli di Minsk del 2014 e 2015 per porre fine al conflitto con i separatisti, - mentre le nazioni occidentali erano intente a riempire l'Ucraina di armi, ancora una volta contraddicendo gli accordi di Minsk. Il rappresentante ucraino alle Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, affermava che la Russia aveva concentrato 112.000 soldati vicino ai confini dell'Ucraina e in Crimea, con 18.000 unità dispiegate in mare al largo delle coste ucraine. Il rappresentante cinese, Zhang Chun, affermava che l'incontro del Consiglio di sicurezza si era rivelato controproducente, e che era necessario porre in atto "diplomazia tranquilla, non diplomazia megafono". Non stupisce che durante la riunione non fosse concordata alcuna risoluzione. |
Ultimi sviluppiIl 1° febbraio, mentre proseguivano le schermaglie diplomatiche tra Russia e Occidente, con un'alternanza di frasi improntare a estrema durezza da un lato, e apertura alle possibilità offerte da una prosecuzione dei colloqui dall'altro; si svolgeva una conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e Vladimir Putin. Alla posizione italiana, per la quale era necessario adoperarsi fattivamente per un allentamento delle tensioni e la ricostruzione di un clima di fiducia reciproca - pur non nascondendo la preoccupazione per la gravità della situazione e l'impossibilità per la NATO di rinunciare ai suoi principi fondamentali; il Presidente russo replicava con l'intenzione di sostenere stabili forniture di gas all'Italia - ponendo così nuovamente sul tavolo l'arma essenziale della Russia nei rapporti con l'Europa, suscettibile di spiegare l'atteggiamento finora assai prudente della Germania sulla questione ucraina. Non a caso nella stessa giornata si era recato a Mosca anche il premier ungherese Orban, con l'obiettivo essenziale di un incremento delle forniture di gas russo al paese. Il 2 febbraio il giornale spagnolo El País sosteneva che tra le risposte fornite da Washington alle richieste russe sulle garanzie di sicurezza figurava la previsione di un impegno congiunto a non schierare in Ucraina missili offensivi basati a terra e forze permanenti per missioni di combattimento. Gli USA avrebbero altresì proposto alla Russia una riduzione reciproca bilanciata dell'arsenale missilistico in Europa. Nella stessa giornata, secondo quanto faceva sapere Yury Ushakov, consigliere del Cremlino per la politica estera, la Russia e la Cina chiedevano una riunione dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Ushakov anticipava altresì ulteriori aspetti di un ravvicinamento sino-russo, con la prossima sigla di numerosi accordi nel settore del gas e la previsione di dichiarazioni comuni sulla sicurezza internazionale durante un incontro tra Putin e Xi Jinping in occasione degli imminenti Giochi olimpici invernali di Pechino. Il presidente ucraino Zelensky, in una conferenza stampa congiunta con il primo ministro olandese Rutte in visita a Kiev, ribadiva la volontà di pace dell'Ucraina - che avrebbe ricevuto fino a quel momento solo armi difensive dal campo occidentale -, desiderosa di liberare i propri territori solo attraverso la diplomazia. D'impatto certamente maggiore era, secondo quanto riferito dalla CNN, l'approvazione formale da parte del Presidente degli Stati Uniti dell'invio di truppe supplementari nell'Europa orientale per rafforzare il fianco orientale della NATO. I Paesi interessati sarebbero stati Polonia, Germania e Romania, nei quali sarebbero stati inviati tremila dei militari facenti parte degli 8.500 già messi in stato d'allerta. Il viceministro degli esteri russo Alexander Grushko qualificava la decisione degli Stati Uniti come distruttiva, ingiustificata, e tale da aumentare le tensioni militari e ridurre il campo per le decisioni politiche. Sul versante dei partner europei della NATO, il cancelliere tedesco Scholz dichiarava alla televisione pubblica ZDF che si sarebbe recato il 7 febbraio negli Stati Uniti, e successivamente anche a Mosca, mentre il presidente francese Macron anticipava un colloquio imminente con il Presidente USA, non escludendo di recarsi anch'egli a Mosca per contribuire ad una soluzione diplomatica della crisi. Anche il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba esprimeva ancora fiducia negli sforzi diplomatici, durante una conferenza stampa online con i media internazionali. Da parte sua il segretario generale della NATO Stoltenberg accoglieva con favore la decisione americana di un rafforzamento militare sul fianco orientale della NATO. Il 3 febbraio fonti del Pentagono confermavano voci anticipate dal Washington Post, secondo le quali vi sarebbe stato un piano russo per dar vita a un pretesto per poter invadere l'Ucraina, fabbricando mediaticamente un falso attacco delle forze di Kiev contro i separatisti filorussi del Donbass e perfino in territorio russo, con diverse vittime civili. Frattanto, dopo il divieto tedesco di trasmissione del canale russo Russia Today, il Ministero degli esteri di Mosca annunciava la chiusura del locale ufficio della Deutsche Welle, anticipando anche l'emanazione di sanzioni contro i funzionari statali tedeschi coinvolti nel bando imposto a Russia Today, ai quali sarebbe stato vietato l'ingresso in Russia. Il 3 febbraio si svolgeva la visita del presidente turco Erdogan a Kiev, dove, nel quadro di un ambizioso tentativo di mediazione sulla nuova crisi ucraina, incontrava il presidente Zelensky – dal quale Erdogan avrebbe avuto luce verde per organizzare un incontro con Putin. La posizione turca, in realtà, non era facile, in quanto, dopo le frizioni con la NATO e gli Stati Uniti per l'acquisto del sistema missilistico russo S-400, Ankara aveva irritato Mosca vendendo all'Ucraina i propri droni da combattimento. In ogni modo, Erdogan evidenziava la mancanza di una leadership chiave in Europa dopo il ritiro di Angela Merkel dal governo tedesco, nonché il ruolo negativo dei paesi occidentali - che non avrebbero fatto altro che peggiorare le cose nella crisi russo-ucraina. Il 4 febbraio Vladimir Putin incontrava il presidente cinese Xi Jinping a Pechino, in occasione della cerimonia inaugurale dei Giochi olimpici invernali: a sottolineare l'importanza conferita alla figura del presidente russo va ricordato come questi fosse il primo leader straniero incontrato dal Presidente cinese dall'inizio della pandemia. Come ampiamente previsto, Mosca e Pekino registravano numerose convergenze, a partire da un monito agli Stati Uniti e all'Occidente a porre fine all'espansione dell'Alleanza atlanica, che, secondo i due presidenti, rispondeva ad atteggiamenti ideologici da Guerra Fredda e poteva porre un pregiudizio alla sovranità e alla sicurezza degli interessi di altri paesi. Putin e il suo omologo cinese constatavano il livello senza precedenti raggiunto dalle relazioni bilaterali, per le quali non vi sarebbero state aree di cooperazione precluse, inclusa la difesa. Il 6 febbraio, a fronte di un rinnovato allarme da parte americana sulla possibilità di una rapida conquista dell'Ucraina da parte delle forze russe ammassate ai confini - che a quel punto avrebbero raggiunto circa il 70% del potenziale necessario per una completa invasione - mentre, sempre secondo Washington, il tempo per la diplomazia stava rapidamente esaurendosi; da Kiev il ministro degli esteri Dmitri Kuleba, pur asserendo che l'Ucraina era pronta a qualsiasi sviluppo, constatava come le possibilità negoziali fossero ancora ben maggiori dei rischi di un'ulteriore escalation militare. Secondo il consigliere presidenziale ucraino Podoliak, peraltro, le manovre russe vicino al confine rispondevano alla volontà di mettere sotto pressione l'Ucraina piuttosto che invaderla. Dal canto suo il presidente francese Macron, in procinto di recarsi a Mosca, sosteneva in un'intervista al Journal du Dimanche che il vero obiettivo di Mosca pareva essere non l'invasione dell'Ucraina, ma il chiarimento delle regole di coesistenza con la NATO e l'Unione europea. Ferma restando la difesa della sicurezza e della sovranità ucraina, Macron esprimeva scetticismo sugli allarmi di pericolo di un'imminente invasione da parte russa, e riconosceva comunque la legittimità delle preoccupazioni di Mosca per la propria sicurezza. |