Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: PROGRAMMA NAZIONALE DI RIFORMA 2020 (Sezione III del DEF 2020 e allegati)
Riferimenti: DOC N.3 e Annesso
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 13/1
Data: 21/07/2020
Organi della Camera: V Bilancio, Assemblea

Programma nazionale
di riforma 2020

 

(Sezione III del DEF 2020)

 

Doc. LVII, n. 3, Sezione III e Allegati

 

 

 

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Documentazione di finanza pubblica n. 13/1

 

 

 

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INDICE

Introduzione................................................................................................................ 5

Il PNR nel quadro della governance europea.......................................................... 7

Le Raccomandazioni specifiche per l’Italia (2019-2020)........................................ 15

Relazione per paese relativa all'Italia 2020............................................................ 19

La strategia di riforma nelle Aree prioritarie e l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per l’Italia......................................................................................................................... 23

Area prioritaria 1.................................................................................................... 23

Politiche Fiscali................................................................................................... 23

Spesa pubblica, societa’ partecipate, valorizzazione del patrimonio pubblico........... 30

Area prioritaria 2.................................................................................................... 33

Istruzione e competenze....................................................................................... 33

Politiche del lavoro.............................................................................................. 42

Area prioritaria 3.................................................................................................... 49

Ammortizzatori sociali e sistema previdenziale...................................................... 49

Lotta alla povertà, reddito di cittadinanza, contrasto del lavoro sommerso............... 52

Politiche sociali e sostegno alle famiglie............................................................... 56

Area prioritaria 4.................................................................................................... 62

Autonomia differenziata e deflazione del contenzioso costituzionale....................... 62

Pubblica amministrazione.................................................................................... 67

Giustizia............................................................................................................. 77

Produttivita’, competitivita’ e concorrenza............................................................ 82

Sistema bancario e accesso al credito.................................................................... 86

Area prioritaria 5.................................................................................................... 88

Investimenti e ambiente....................................................................................... 88

Trasporti e reti di comunicazione........................................................................ 100

Aree prioritarie del PNR e obiettivi di sviluppo sostenibile............................... 108

I fondi strutturali e il piano per il sud.................................................................. 110

Piano per il Sud al 2030....................................................................................... 110

I Fondi strutturali europei.................................................................................... 117

ALLEGATI............................................................................................................. 127

L’Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture      127

Relazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.............................. 150

Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile.............................................................. 161



Introduzione

Lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR), che costituisce la sezione III del Documento di economia e finanza (DEF), viene solitamente presentato contestualmente al Programma di stabilità (sezione I del DEF) e al documento recante l'analisi e le tendenze della finanza pubblica (sezione II del DEF).

Secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), il DEF deve essere presentato al Parlamento, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).

Il Programma di stabilità e il PNR s’inquadrano al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE – il Semestre europeo.

Quest'anno, invece, per effetto della crisi sanitaria ed economica conseguente alla pandemia da Covid-19, il PNR viene presentato successivamente all'approvazione delle risoluzioni sulle sezioni I e II del DEF 2020 (Risoluzione n. 6/00108 della Camera dei deputati e Risoluzione n. 6/00108 del Senato), trasmesse al Parlamento il 24 aprile.

Il Governo motiva tale scelta con la necessità di:

§  concentrarsi prioritariamente sulle misure di sostegno alle famiglie e alle imprese e sulle conseguenti necessità finanziarie;

§  avere una visione più ampia sull'evoluzione dell'epidemia in Italia e sulla successiva "fase due" di graduale riapertura dell'economia;

§  attendere l'esito dei lavori dell'UE in merito alla risposta alla pandemia, da cui dipenderanno alcuni dei programmi del Governo;

§  rapportare i programmi del Governo e le iniziative di riforma non solo alle Raccomandazioni specifiche approvate nel 2019 ma anche alla proposta della Commissione europea per le Raccomandazioni 2020.

 

Il PNR contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida, e in particolare, come dettato dalla legge di contabilità e finanza pubblica (articolo 10, comma 5):

a)      lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

b)     gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

c)      le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

d)     i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

Sulla base di quanto prevedono sia alcune norme della legge di contabilità, sia ulteriori disposizioni, in occasione della presentazione del PNR 2020 sono stati altresì presentati i seguenti allegati al DEF 2020:

§  il Rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, previsto dall’articolo 3 della legge di contabilità e finanza pubblica (Doc. LVII, n. 3 - Allegato I);

§  la Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, previsto dall'articolo 10, comma 7, della legge di contabilità e finanza pubblica e dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 88 del 2011 (Doc. LVII, n. 3 - Allegato II);

§  il documento "Italia veloce. L'Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture" (Doc. LVII, n. 3 - Allegato III);

§  la Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (c.d. allegato Kyoto), di cui all’articolo 10, comma 9, della legge di contabilità e finanza pubblica (Doc. LVII, n. 3 - Allegato IV);

§  il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome, previsto dall’articolo 10, comma 10, della legge di contabilità e finanza pubblica (Doc. LVII, n. 3 - Allegato V);

§  il documento sugli indicatori di benessere equo e sostenibile, previsto dall’articolo 10, comma 10-bis, della legge di contabilità e finanza pubblica (Doc. LVII, n. 3 - Allegato VI);

§  la Relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip, riguardante l’applicazione delle misure di cui all’articolo 2, commi 569-574, della Legge finanziaria 2008 (legge  n. 244 del 2007) e la stima dei risparmi conseguiti, ai sensi del comma 576 del medesimo articolo 2 (Doc. LVII, n. 3 - Allegato VII).


 

Il PNR nel quadro della governance europea

Il Programma Nazionale di Riforma (PNR) può essere compiutamente analizzato nei suoi contenuti fondamentali soltanto se inserito all'interno della governance economica europea e, in particolare, della cornice del Semestre europeo.

In questo capitolo, si illustra l'importanza del PNR nell'ambito dei documenti e delle procedure che formano il Semestre europeo, elencando le priorità di riforma definite dal Governo sulla scorta delle Raccomandazioni specifiche che, su proposta delle Commissione, sono state adottate, nel luglio 2019 e del 2020, dal Consiglio dell'UE per essere rivolte all'Italia. Il PNR tiene altresì conto dei risultati delle analisi contenute nella Relazione per paese presentate dalla Commissione europea nell'ambito del c.d. pacchetto d'inverno a febbraio 2020. Sia le Raccomandazioni specifiche sia la Relazione per paese sono illustrate sinteticamente nei due paragrafi dedicati che seguono.

 

Il Semestre europeo

 

Il Semestre europeo consiste in un insieme di documenti, adempimenti e procedure volti ad assicurare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio dei paesi membri della zona euro e dell'Unione europea. Tali attività ? ritenute necessarie a mantenere le condizioni di stabilità economica e finanziaria da cui dipende il funzionamento dell'area valutaria ? sono poste in essere dal Consiglio dell'Unione europea su impulso della Commissione.

Il Semestre si sviluppa nella prima metà di ciascun anno di riferimento, quando la politica economica e di bilancio degli Stati membri si trova ancora in una fase di programmazione ed è quindi possibile indirizzarne i contenuti e gli strumenti al fine di garantire la coerenza delle decisioni assunte a livello nazionale con gli obiettivi fissati dall'Unione.

In termini generali, le fasi in cui si articola il ciclo possono essere sintetizzate come segue:

1) da novembre a dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento si analizza la situazione economica e di finanza pubblica dell'Unione europea, della zona euro e degli Stati membri;

2) da gennaio a marzo si discutono e adottano gli indirizzi di politica economica e di bilancio a livello UE;

3) da aprile a giugno si delineano gli obiettivi e le politiche specifici a ciascun paese.

Negli ultimi sei mesi dell'anno, tra luglio e dicembre, si sviluppa invece il cd. "semestre nazionale", in cui ciascun paese attua le politiche programmate all'esito del dialogo con le istituzioni europee. I bilanci sono quindi sottoposti ad approvazione, secondo le procedure nazionali, entro fine anno.

Più in dettaglio, le varie fasi possono essere così sintetizzate:

- nel mese di novembre dell'anno precedente a quello di riferimento la Commissione europea pubblica il "pacchetto d'autunno", che contiene:

§  l'analisi annuale della crescita che propone le priorità politiche (economiche ma anche sociali) dell'UE per l'anno di riferimento. Gli Stati membri sono invitati a tenerne conto nell'elaborazione delle rispettive politiche economiche;

§  la relazione sul meccanismo di allerta, che passa in rassegna gli sviluppi macroeconomici nei singoli Stati membri dell'UE. Sulla base di essa può essere condotto un esame approfondito della situazione di quei paesi in cui si ritiene elevato il rischio di squilibri macro-economici;

§  il progetto di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro, in base alla quale tali Stati sono invitati ad attuare politiche ad essi specifiche;

- tra gennaio e febbraio:

§  il Consiglio dell'Ue discute l'analisi annuale della crescita; discute, eventualmente modifica ed approva il progetto di raccomandazione sulla politica economica della zona euro;

§  il Parlamento europeo può invitare il presidente del Consiglio, la Commissione, il presidente del Consiglio europeo o il presidente dell'Eurogruppo a discutere questioni relative al Semestre. Può altresì promuovere uno scambio di opinioni con singoli Stati membri (cd. "dialogo economico");

§  il Parlamento europeo organizza la settimana parlamentare europea. Si tratta di una riunione interparlamentare che riunisce la Conferenza sul Semestre europeo (un'opportunità di scambiare informazioni sulle migliori prassi relative all'attuazione del Semestre) ed una delle due sessioni annuali della Conferenza sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'UE;

- a fine febbraio la Commissione europea pubblica, nel "pacchetto d'inverno", una valutazione annuale della situazione economica e sociale negli Stati membri. Vengono pubblicate delle relazioni per paese che includono, qualora sia ravvisato un rischio, esami approfonditi degli squilibri macroeconomici. Può formulare progetti di raccomandazioni;

- a marzo:

§  il Consiglio europeo fornisce orientamenti politici sulla base dell'analisi annuale della crescita;

§  il Consiglio dell'UE fornisce analisi e conclusioni;

- entro aprile gli Stati membri presentano i propri programmi nazionali di riforma (PNR) e i programmi nazionali di stabilità (per i Paesi della zona euro, PS) o di convergenza (per gli altri Stati UE).

- a maggio, con il "pacchetto di primavera", la Commissione europea valuta i programmi nazionali e presenta dei progetti di raccomandazioni specifiche per paese;

- a giugno:

§  il Consiglio dell'UE discute le proposte di raccomandazioni specifiche per paese;

§  il Consiglio europeo ne approva la versione definitiva;

- a luglio il Consiglio dell'UE adotta le raccomandazioni specifiche e gli Stati membri sono invitati ad attuarle;

- tra settembre e novembre la Presidenza di turno del Consiglio dell'UE organizza la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione europea;

- entro il 15 ottobre gli Stati membri della zona euro presentano alla Commissione e all'Eurogruppo i documenti programmatici di bilancio dell'anno successivo;

- tra ottobre e novembre: la Commissione fornisce pareri sui documenti programmatici di bilancio e l'Eurogruppo esamina tali pareri e formula una dichiarazione;

- a fine autunno il Parlamento europeo esprime il proprio parere sul ciclo del Semestre europeo in corso[1].

 

Il PNR 2020 si inquadra nell'ambito della governance economica dell'Unione europea anche sotto un ulteriore, nuovo, aspetto.

Il Governo chiarisce infatti che il PNR 2020 costituisce il primo passo verso la definizione operativa del Recovery Plan dell'Italia: in esso si tracciano le linee essenziale del programma di riforma che verrà definito nei prossimi mesi per avvalersi al più presto delle risorse che saranno messe a disposizione dall'Unione europea nell'ambito dello strumento Next Generation EU (NGEU) del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027.

 

Il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027

 

A seguito del mandato ricevuto dal Consiglio europeo del 23 aprile, il 27 maggio la Commissione europea ha presentato proposte per l'adattamento del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 alle esigenze della ripresa post-Covid-19[2].

Dopo un lungo processo negoziale, per i dettagli del quale si rinvia alla Nota UE del Servizio studi del Senato n. 44/12, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo illustrato nelle Conclusioni della riunione del 17-21 luglio.

Questo prevede, in estrema sintesi:

1)   un programma "Next Generation EU", basato su prestiti da contrarre ad opera della Commissione europea sui mercati internazionali, delle medesime dimensioni della proposta della Commissione (750 miliardi in prezzi 2018). Il termine dell'acquisizione di nuovi prestiti è fissato a fine 2026 e i fondi così raccolti sarebbero utilizzati ai soli fini di affrontare le conseguenze della crisi. La ripartizione tra risorse destinate a prestiti e quelle destinate a sovvenzioni è stata modificata rispetto alla proposta iniziale: 360 anziché 250 miliardi di euro di prestiti e 390 anziché 500 miliardi di euro di sovvenzioni. I rimborsi avrebbero luogo tra il 2027 e il 2058 e, al fine di coprire i relativi impegni, il massimale delle risorse proprie sarebbe temporaneamente innalzato di 0,6 punti percentuali.

I fondi dovrebbero essere impegnati entro il 31 dicembre 2023 e i pagamenti effettuati entro il 31 dicembre 2026.

Il maggiore tra i programmi finanziati da Next Generation EU rimane il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, con dotazione di 672.5 miliardi e collegato al ciclo del semestre europeo. Secondo l'accordo:

-       il 70% delle risorse dovrà essere impegnato negli anni 2021 e 2022, il restante 30% entro il 2023;

-       il Piano per la ripresa e la resilienza, sulla base del quale vengono approvati i finanziamenti, oltre ad essere sottoposto alla valutazione della Commissione dovrà essere approvato a maggioranza qualificata anche dal Consiglio dell'Unione. Qualora poi, in fase di pagamento, uno o più Stati membri ritengano che vi siano stati seri scostamenti dall'adempimento soddisfacente di target e obiettivi, può essere attivata la procedura che la stampa ha definito "freno d'emergenza", con richiesta entro tre giorni di deferire la questione al successivo Consiglio europeo;

-       i criteri di distribuzione delle risorse proposti dalla Commissione europea (popolazione, tasso medio di disoccupazione rispetto alla media europea e inverso del PIL) rimangano confermati fino al 2022; per il 2023 invece il criterio relativo al livello di disoccupazione sarebbe sostituito dalla perdita cumulativa in termini di PIL osservata tra il 2020 ed il 2021;

2)   un QFP il cui ammontare, in termini di impegni, dovrebbe ridursi a 1.074,3 miliardi dunque 25,7 miliardi in meno rispetto alla proposta della Commissione. I tagli hanno interessato programmi quali Orizzonte Europa; Europa digitale; Erasmus+; Fondi asilo e migrazione, per la gestione integrata delle frontiere, sicurezza interna e difesa; Fondo di transizione giusta. Per la coesione (FESR, Fondo di coesione, FSE+) e la PAC e verrebbero confermate le proposte della Commissione. Con specifico riferimento alla PAC, si segnala che verrebbe confermato il processo di convergenza esterna, ovvero l'adeguamento dei pagamenti per ettaro verso la media UE, a cui il Governo italiano si è invece opposto.

In termini di risorse proprie, si proporrebbe un massimale per pagamenti pari all'1,40% del reddito nazionale lordo di tutti gli Stati membri; il massimale per impegni invece non eccederebbe l'1,46% della somma dell'RNL degli Stati membri. Si preannuncerebbe l'intenzione, nel corso dei prossimi anni, di riformare il sistema, con l'introduzione di nuove risorse proprie su:

-       i rifiuti di plastica non riciclata, da introdurre a partire dal 1° gennaio 2021;

-       un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e un prelievo digitale, da introdurre al più tardi entro il 1° gennaio 2023;

-       la revisione del sistema per lo scambio di quote di emissioni, con possibilità di estenderlo all'aviazione ed alla nautica. In questo caso, però, non sarebbe specificata una data precisa di entrata in vigore.

In termini più generali, si farebbe riferimento all'introduzione di ulteriori risorse proprie, che potrebbero includere una tassa sulle transazioni finanziarie. I proventi delle risorse proprie introdotte dopo il 2021 sarebbero utilizzate per rimborsi anticipati dei prestiti derivanti da "Next generation EU".

È prevista, per il periodo 2021 - 2027, la prosecuzione del sistema delle correzioni nazionali al bilancio dell'Unione (rebate), con riduzioni una tantum dei contributi annuali basati sul PIL di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia;

3)   all'interno del QFP 2014-2020, l'aumento di 11,5 miliardi in prezzi correnti dei massimali per impegni relativi all'anno 2020.

Sia al QFP che alle risorse raccolte tramite Next Generation EU si prevederebbe di applicare un "obiettivo climatico generale" del 30%, da destinare esclusivamente a progetti legati al clima. Le spese finanziate con fondi UE dovrebbero rispettare l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e contribuire al raggiungimento dei target climatici dell'Unione.

 

 

Nell'ambito della nuova proposta della Commissione europea per il QFP 2021-2027, una delle novità più rilevanti è rappresentata dallo strumento Next Generation EU (NGEU), i cui fondi, pari 750 miliardi, si aggiungono a quelli del QFP 2021-2027.

In base all'accordo raggiunto dal Consiglio europeo, le risorse di NGEU si ripartiranno in tre pilastri, attraverso 390 miliardi di sovvenzioni (grants) e 360 miliardi di prestiti (loans) agli Stati Membri.

Il primo pilastro riguarda il supporto agli Stati Membri per l’attuazione di investimenti e riforme e si articola nelle seguenti componenti:

§  una nuova European Recovery and Resilience Facility (ERRF), con risorse pari a 672,5 miliardi distribuite in 312,5 di sovvenzioni e 360 di prestiti finalizzati, mediante l’attuazione di piani nazionali per la ripresa e la resilienza degli Stati Membri definiti in linea con gli obiettivi del Semestre europeo, a sostenere l’attuazione di riforme ed investimenti pubblici per la ripresa anche per la transizione verde e digitale;

§  la nuova risorsa ReactEU, che prevede, con una dotazione di 47,5 miliardi, finanziamenti supplementari tra il 2020 e il 2022 per gli attuali programmi di coesione e per il Fondo di aiuti europei agli indigenti. Finalizzata a sostenere gli interventi in materia di coesione, si concentra su misure a sostegno dell’occupazione per le categorie di lavoratori più colpite e su liquidità e solvibilità delle PMI. Tali fondi UE non richiederanno alcun cofinanziamento nazionale;

§  fondi addizionali per sostenere la transizione ‘verde’ attraverso il potenziamento del Just Transition Fund e dello European Agricultural Fund for Rural Development. Anche i programmi di coesione saranno potenziati.

 

Il secondo pilastro riguarda il rilancio dell’economia dell’UE mediante l’incentivazione degli investimenti privati e include:

§  un nuovo strumento di sostegno alla solvibilità (Solvency Support Instrument - SSI) che mobiliterà risorse private per fornire un sostegno urgente a imprese in difficoltà a causa del COVID-19 ma altrimenti sane. Lo SSI seguirà lo schema dello European Fund for Strategic Investments (EFSI). Potrà essere operativo già nel 2020 e avrà una dotazione di 31 miliardi, che verranno posti a garanzia per attivare 300 miliardi di investimenti. Le garanzie consentiranno al Gruppo BEI di supportare investimenti da parte di veicoli d’investimento privati e istituzioni nazionali di promozione degli investimenti. Le società oggetto dell’investimento dovranno essere originarie e attualmente basate nell’UE, essere in difficoltà nel reperire finanziamenti ma aver registrato buoni risultati prima della pandemia;

§  rafforzamento di InvestEU e un nuovo fondo di investimenti strategico, creato all’interno di InvestEU, per sbloccare investimenti per 150 miliardi per rafforzare la resilienza dei settori strategici, in particolare quelli connessi alla transizione verde e digitale, e delle catene del valore fondamentali nel mercato interno. Per far ciò, il bilancio UE fornirà garanzie per il finanziamento di progetti di investimento attraverso il gruppo BEI.

 

Il terzo pilastro si focalizza sulle sfide sanitarie con ulteriori strumenti:

§  EU4Health, un nuovo programma per la salute per rafforzare la sicurezza sanitaria e prepararsi per future crisi sanitarie;

§  il rafforzamento di RescEU, il meccanismo dell’Unione di protezione civile, che sarà ampliato e potenziato;

§  l’aumento delle dotazioni di altri programmi esistenti, fra cui Horizon Europe (sostegno alla ricerca e innovazione in campo sanitario e climatico), il Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument e lo Humanitarian Aid Instrument per sostenere i partner dell’UE nei Balcani e nei Paesi di vicinato, nonché le nazioni più vulnerabili.

 

La Commissione europea teme che, a causa della diversità di politiche economiche e, soprattutto, di risorse finanziarie messe in campo dagli Stati membri, la crisi possa aumentare le divergenze economiche all'interno dell'Unione per via dello stravolgimento delle condizioni di concorrenza economica. È necessario pertanto, secondo la Commissione europea, rafforzare gli sforzi per facilitare la convergenza economica e la capacità di ripresa dagli shock.

Per questo, più dell'80% dei fondi di Next Generation EU sarà usato per sostenere investimenti e riforme attraverso il dispositivo per la ripresa e la resilienza (European Recovery and Resilience Facility), uno strumento di allocazione delle risorse finanziarie che consentirà di privilegiare il finanziamento delle misure ritenute strategiche per la crescita di lungo periodo, con particolare riguardo alla transizione energetica e digitale.

In base all'accordo raggiunto dal Consiglio europeo il 21 luglio, i fondi del dispositivo potrebbero essere destinati ai paesi e ai settori più colpiti dalla crisi in modo tale che il 70% del dispositivo per la ripresa e la resilienza sia impegnato nel 2021 e nel 2022, secondo i criteri di ripartizione della Commissione, mentre il 30% sarà impegnato nel 2023, tenendo conto del calo del PIL nel 2020 e nel 2021. La dotazione totale dovrebbe essere erogata entro il 2026.

La coerenza tra le priorità nazionali e quelle dell'Unione verrà assicurata dall'integrazione della procedura di selezione e finanziamento dei progetti nell'ambito del Semestre europeo.

La bozza di regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza proposta dalla Commissione europea prevede infatti che le richieste di finanziamento dovranno essere presentate attraverso dei Piani per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Plan, o per brevità, Recovery plan) allegati ai Programmi nazionali di riforma (PNR) e sottoposti alla Commissione al più tardi entro il 30 aprile di ciascun anno (articolo 15). Una bozza di Piano può essere già presentato a partire dal 15 ottobre di ciascun anno insieme al Documento programmatico di bilancio.

L’importo massimo del  contributo finanziario sotto forma di un sostegno non rimborsabile per Paese sarà stabilito in base a un criterio di ripartizione definito sulla base di parametri che allo stato attuale sono (allegato I alla proposta di Regolamento, al momento sottoposti a fase negoziale): popolazione, inverso del prodotto interno lordo (PIL) pro capite e tasso di disoccupazione.

 

Il Piano per la ripresa e la resilienza dovrebbe pertanto essere presentato dall'Italia alla Commissione europea ad aprile 2021, in allegato al Programma nazionale di riforma 2021. Tuttavia il Governo, attesa l'importanza del nuovo strumento per l'economia italiana, dichiara di voler pubblicare il proprio Piano già a settembre, congiuntamente alla Nota di aggiornamento del DEF (NADEF), per poi inoltrarlo alla Commissione europea a metà ottobre insieme al Documento programmatico di bilancio (DPB), come previsto dalla bozza di regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza sopra richiamato.

Aggiungendo le risorse del dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza ai finanziamenti pluriennali stanziati con la legge di bilancio 2020, il Governo intende aumentare il livello degli investimenti pubblici di almeno un punto percentuale di PIL rispetto al 2019, in particolare nei seguenti ambiti:

-       infrastrutture di comunicazione;

-       telecomunicazioni, in attuazione del Piano Banda Ultralarga;

-       infrastrutture e servizi di trasporto;

-       infrastrutture per l’energia e l’acqua;

-       riciclo e attenuazione dei rischi idrogeologici e sismici;

-       protezione dell’ambiente e riforestazione;

-       investimenti per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e dell’istruzione.

 

Le risorse del programma Next Generation EU saranno inoltre impiegate, nelle intenzioni del Governo, per aumentare le spese per l'istruzione, la ricerca e lo sviluppo, per stimolare maggiori investimenti nel settore privato, soprattutto facendo leva su specifici strumenti quali InvestEU, il Solvency Support Instrument e il Just Trransition Fund.

 

Il Piano per la ripresa e la resilienza punterà anche a sviluppare settori e filiere ritenuti dal Governo di particolare rilevanza sia in termini di valore aggiunto sia di occupazione, oltre che importanti per la sicurezza economica e strategica del Paese e per il benessere dei cittadini. Tali macro-settori sono:

-       il settore sanitario, anche con riferimento all'intera filiera della salute, dall'industria farmaceutica ai dispositivi medici;

-       il turismo, anche per quanto riguarda il patrimonio culturale, il paesaggio e i borghi;

-       la cultura e lo spettacolo;

-       l'industria automobilistica, della componentistica, della meccanica strumentale, della siderurgia e della produzione di energia;

-       la siderurgia;

-       l'edilizia.

 

L'aumento degli investimenti pubblici e privati, e il rilancio dei macro-settori più rilevanti dell'economia italiana, saranno accompagnati, secondo le intenzioni del Governo, da una serie di riforme volte a rafforzare la competitività dell'economia pur migliorando l'equità, l'equità sociale e la sostenibilità ambientale. Il Governo si riferisce in particolare alla riforma dei seguenti settori:

-       l'amministrazione della giustizia;

-       l'istruzione;

-       le politiche del lavoro;

-       il fisco.

 

Consapevole che l'elevato debito pubblico dell'Italia rappresenta un freno alla crescita dell'economia, il Governo precisa che il Piano per la ripresa e la resilienza sarà accompagnato da un aggiornamento del Programma di stabilità che presenterà nuove proiezioni fino al 2023 oltre a un piano di rientro del rapporto debito/PIL su un orizzonte decennale.

 

Si ricorda che, nella bozza di regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza, la Commissione europea prevede che i Piani per la ripresa e la resilienza, oltre a chiarire adeguatamente le motivazioni sottostanti la scelta degli investimenti e delle riforme di cui si richiede il finanziamento nonché i costi e i tempi di realizzazione, dovranno indicare i target intermedi e finali previsti e un calendario indicativo dell'attuazione delle riforme su un periodo massimo di quattro anni, nonché degli investimenti su un periodo massimo di sette anni.

Inoltre, i progetti proposti dovranno essere suscettibili di concreta misurazione e quantificazione in quanto la proposta di regolamento prevede che la Commissione sorvegli l'attuazione del dispositivo e misuri il raggiungimento degli obiettivi sulla base di indicatori prefissati e che il sistema di comunicazione dei risultati debba garantire una raccolta efficiente, efficace e tempestiva dei dati per il monitoraggio dell'attuazione delle attività e dei risultati.

Infine, già a partire dal disegno delle misure da finanziare sarà necessario impostare un meccanismo di attuazione che si presti al monitoraggio e alla valutazione dei risultati ottenuti. La bozza di regolamento prevede, infatti, l'elaborazione di una relazione contenente la valutazione ex-post indipendente dell'attuazione delle misure, da presentarsi al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni quattro anni dopo l'entrata in vigore del regolamento, da parte della Commissione europea. La relazione di valutazione esamina in particolare la misura in cui sono stati conseguiti gli obiettivi, l'efficienza nell'uso delle risorse e il valore aggiunto europeo. Essa valuta inoltre se tutti gli obiettivi e tutte le azioni siano ancora pertinenti.

Le Raccomandazioni specifiche per l’Italia (2019-2020)

Il Programma Nazionale di Riforma per il 2020 fa riferimento sia alle raccomandazioni europee rivolte all'Italia dal Consiglio dell'Unione europea del 9 luglio 2019 sia a quelle proposte (con riferimento al nostro Paese) nel maggio 2020 dalla Commissione europea e adottate dal medesimo Consiglio il 20 luglio 2020.

Le Raccomandazioni 2019

Il 9 luglio 2019 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per Paese e i pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[3], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato nell'autunno 2018.

Per quanto concerne l’Italia, il Consiglio dell’Unione europea ha formulato cinque raccomandazioni, riguardanti:

1.   Aggiustamenti di bilancio, fiscalità ed economia sommersa. La Commissione UE raccomanda di assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta[4] dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL; utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

2.   Intensificazione degli sforzi volti a combattere il lavoro sommerso. Si raccomanda di intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

3.   Focalizzazione degli interventi di politica economica connessi agli investimenti in materia di ricerca, innovazione e qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali. Occorre porre l'accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali. Migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

4.   Durata dei processi e misure anticorruzione. Occorre ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già all'esame del legislatore; migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

5.   Crediti deteriorati, settore bancario e accesso delle imprese alle fonti di finanziamento. La Commissione raccomanda di favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista; migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative.

Le Raccomandazioni 2020

Il 20 maggio 2020, sulla base dei Programmi di Stabilità o di Convergenza e dei Programmi Nazionali di Riforma, la Commissione europea ha pubblicato le Comunicazioni nell'ambito del "pacchetto di primavera" del Semestre europeo[5]. Mentre le precedenti versioni erano solamente incentrate sulle raccomandazioni specifiche agli Stati membri, quest’anno il documento è inevitabilmente focalizzato sull’impatto della pandemia da COVID-19 e sulle sue conseguenze sociali ed economiche.

I due punti principali affrontati dalle raccomandazioni di quest’anno sono:

1.   una immediata risposta di politica economica per contrastare ed attenuare l’impatto socio-economico e sanitario della pandemia (nel breve termine);

2.   un programma di ripartenza dell’attività economica e della crescita nel quadro dell’innovazione green e digitale (nel breve e nel medio termine).

Data la gravità della crisi economica congiunturale, la Commissione, nella sua comunicazione del 20 marzo 2020[6], ha ritenuto sussistenti le condizioni per attivare la clausola di sospensione, la quale permette agli Stati membri di non rispettare i requisiti di bilancio che si applicherebbero in condizioni di normalità e, al tempo stesso, dà mandato alla Commissione ed al Consiglio di stabilire le necessarie politiche di coordinamento anticrisi nel quadro del Patto di Stabilità e Crescita.

 

Nel testo proposto dalla Commissione UE il 20 maggio scorso e approvato dal Consiglio dell'Unione europea il 20 luglio scorso, vengono indirizzate all'Italia quattro raccomandazioni specifiche:

 

Implementazione di tutte le misure necessarie per il sostegno all’economia e al sistema sanitario durante e dopo la pandemia. In linea con la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita, la Commissione raccomanda all’Italia di adottare tutte le misure necessarie per sostenere l’economia e favorire la ripresa successiva alla pandemia. Nel quadro di queste misure la Commissione raccomanda di perseguire politiche fiscali finalizzate al sostegno delle imprese e di rafforzare gli investimenti. Al contempo il sistema sanitario nazionale, messo a dura prova dall’epidemia, dovrà essere rafforzato in termini di personale, di infrastrutture e di macchinari essenziali per la sanità. La resilienza e capacità del sistema sanitario dovranno essere rafforzate per contrastare future epidemie nel quadro di un coordinamento tra istituzioni nazionali e regionali.

Attuazione di adeguate misure di sostegno al reddito e per l’accesso alla protezione sociale. Si raccomanda che l’accesso alla protezione sociale ed ai sussidi, soprattutto per i lavoratori atipici, vada garantito. L’impatto della crisi sull’occupazione va attenuato e vanno rafforzate la didattica e la formazione a distanza. In un quadro di supporto attivo all’occupazione e di sostegno alle figure atipiche del mondo del lavoro vanno utilizzate eventuali forme di contrattazione più flessibile.

Introduzione e attuazione di misure in favore delle piccole e medie imprese e adozione di tecnologie green e sostenibili in materia ambientale. La Commissione richiede l’adozione di misure efficaci per garantire liquidità all’economia reale. L’accesso al credito è di vitale importanza per le piccole e medie imprese, per le aziende innovative e per i liberi professionisti, così come la certezza nei tempi di pagamento. Sia gli investimenti pubblici che quelli privati vanno favoriti e sostenuti per aiutare la ripresa economica. Gli investimenti vanno orientati su una produzione più pulita ed efficiente, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione efficiente delle risorse idriche, dell’energia e sulla transizione green e digitale. Le infrastrutture digitali dovranno essere rafforzate per assicurare la fornitura dei servizi essenziali.

Miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione. La Commissione raccomanda di migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficacia della pubblica amministrazione.

Relazione per paese relativa all'Italia 2020

La Commissione europea ha pubblicato il 26 febbraio 2020, nell'ambito del Semestre europeo, il pacchetto d'inverno (winter package) contenente l'analisi della situazione economica e sociale negli Stati membri. Qui di seguito si espongono, in sintesi, alcuni elementi riguardanti la Relazione per l'Italia[7].

Secondo quanto esposto nella Relazione, l'Italia rientra tra i paesi che presentano "squilibri eccessivi" (insieme a Cipro e alla Grecia)[8].

In un quadro macroeconomico globalmente debole - come emerge dalle Previsioni economiche d'inverno[9] - l'economia italiana, nonostante alcuni elementi di miglioramento specialmente nel mercato del lavoro, mostra scarsi segnali di ripresa rispetto al rallentamento del 2018.

Dall'esame approfondito condotto dalla Commissione si rileva che permane la vulnerabilità dell'economia italiana in relazione al debito troppo elevato (riguardo a tale tema si rinvia a più specifiche trattazioni del presente dossier). A breve termine i rischi di sostenibilità sembrano contenuti, risultando alti nel medio e lungo periodo. Alcune recenti riforme pensionistiche, osserva la Commissione, potrebbero erodere ulteriormente la crescita potenziale e la sostenibilità del debito, se prolungate oltre la fase iniziale di sperimentazione.

Quanto alle componenti del PIL, la Commissione evidenzia che al calo della spesa per i consumi, registrato nel 2018, non sia seguita alcuna apprezzabile ripresa nel 2019. In particolare nella prima metà del 2019 la spesa per alcuni beni di consumo, in particolare alimenti, abbigliamento e trasporti, è stata inferiore rispetto allo stesso periodo del 2018. Alcuni elementi di sostegno alla spesa per le famiglie potrebbero comunque derivare dalle forme di sostegno ai redditi più bassi (ad esempio con l'introduzione del reddito di cittadinanza) e dalla flessione dei tassi di interesse, che potrebbe liberare risorse per i consumi delle famiglie.

Si assottigliano, osserva la Commissione, i margini di profitto delle imprese. La formazione lorda di capitale fisso, al 18,1% del PIL nel terzo trimestre del 2019, è ancora nettamente inferiore sia all'ultimo picco del 2007 (22%) che alla media dell'UE (20,6%). Tuttavia, le condizioni di finanziamento favorevoli sostengono gli investimenti.

Continua l'andamento negativo della produttività del lavoro, sempre inferiore rispetto alla media UE: l'efficacia delle misure adottate in materia, quali incentivi agli investimenti e all'innovazione, è stata limitata da "ritardi nell'attuazione, dall'incertezza delle politiche e dalla mancanza di una strategia organica". La diminuzione (-0,3 % a fronte di un aumento dello 0,5% nella zona euro) è ricondotta al calo della produttività del lavoro nelle regioni meridionali e nel settore dei servizi, e al rallentamento della crescita della produttività nel settore manifatturiero rispetto alla media della zona euro.

Nel 2019 sono stati registrati miglioramenti nel mercato del lavoro. Tuttavia i tassi di disoccupazione rimangono superiori alla media UE, con particolare riferimento alla disoccupazione giovanile, che sta calando a ritmo troppo lento. Rimane tra i più alti in ambito UE il numero di giovani non occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione (19,2 % nel 2018). Inoltre, la crescita dell'occupazione si osserva soprattutto nei settori ad alta intensità di manodopera e basso valore aggiunto. Nonostante alcuni risultati positivi, quindi, la Commissione sottolinea che il ristagno del mercato del lavoro resta considerevole e che la scarsa produttività mette comunque a rischio la possibilità di compiere progressi ulteriori. Peraltro le politiche sociali rimangono scarsamente integrate con altre politiche, comprese le politiche attive del mercato del lavoro.

Riguardo al settore bancario, la Commissione registra alcuni miglioramenti in termini di maggiore resilienza, sebbene si registrino alcuni elementi di permanente vulnerabilità: rimane alta la quota dei crediti deteriorati, comunque in apprezzabile calo rispetto agli anni precedenti. Non è stata pienamente attuata la riforma delle grandi banche popolari mentre è giunta a compimento la riforma del credito cooperativo e quella della disciplina fallimentare. Permangono difficoltà, a giudizio della Commissione, per l'accesso al credito bancario ed è ancora scarsamente sviluppato l'accesso al credito non bancario.

In materia fiscale, la Commissione giudica troppo elevata la tassazione del lavoro. Ancora basso il livello di adempimento degli obblighi fiscali: nonostante l'introduzione di alcune misure per favorire l'adempimento degli obblighi tributari, l'evasione fiscale resta elevata. La Commissione, inoltre, giudica eccessivo il ricorso alle aliquote IVA ridotte. La legge di bilancio 2020 ha comunque compiuto alcuni progressi nella riduzione delle agevolazioni fiscali e del cuneo fiscale sul lavoro. Non vi è stato alcun spostamento, continua la Commissione, della pressione fiscale sui beni immobili, e non è stata avviata l'auspicata riforma del catasto.

Ulteriori elementi di criticità sono individuati nel settore dell'istruzione: rispetto alla media UE, l'Italia ha un tasso molto più elevato di giovani che abbandonano la scuola precocemente e hanno risultati insufficienti, in particolare nel Sud del Paese.

 

Nel complesso, secondo la Commissione, l'Italia ha compiuto "alcuni progressi" nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche del 2019.

Progressi significativi si sono osservati nella lotta contro l'evasione fiscale, anche grazie al rafforzamento degli obblighi dell'uso dei pagamenti elettronici.

Alcuni progressi sono registrati nei seguenti ambiti: i) integrazione tra le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali, coinvolgendo soprattutto i gruppi vulnerabili; ii) politiche economiche relative agli investimenti incentrate sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture; iii) una maggiore efficacia della pubblica amministrazione; iv) la promozione della ristrutturazione dei bilanci delle banche; v) il potenziamento dell'accesso al credito non bancario per le imprese più piccole e innovative.

Progressi limitati sono registrati nei seguenti ambiti: i) spostamento della pressione fiscale dal lavoro, nonché la riduzione delle agevolazioni fiscali e la riforma del sistema catastale; ii) lotta al lavoro sommerso; iii) sostegno alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale; iv) miglioramento dei risultati scolastici, anche mediante investimenti adeguati e mirati, e la promozione del miglioramento delle competenze; v) riduzione della durata dei processi civili, con particolare riferimento al miglioramento della disciplina procedurale; vi) lotta contro la corruzione, mediante la riforma delle norme procedurali, al fine di ridurre la durata dei processi penali.

Nessun progresso è stato registrato nei seguenti ambiti: i) riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e la creazione di margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita; ii) rimozione delle restrizioni alla concorrenza, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

 

Il Pacchetto d'inverno si sofferma, altresì, sui progressi fatti dall’Italia riguardo alle raccomandazioni specifiche della Commissione dal 2011 al 2019. In particolare, dall'inizio del semestre europeo del 2011, la stessa Commissione ha ravvisato che, di tutte le raccomandazioni specifiche indirizzate all'Italia, nel 68% dei casi si sono registrati "alcuni progressi". Infatti nella Figura seguente sono descritte le percentuali di progressi registrati rispetto alle varie raccomandazioni. Possiamo notare che nel 4% dei casi si è ottenuta la piena implementazione delle direttive, nel 28% dei casi il progresso è stato sostanziale, nel 36% dei casi è stato medio, nel 30% dei casi insufficiente e, infine, nel 2% non c’è stato alcun progresso.

Attuazione complessiva, ad oggi, delle raccomandazioni specifiche per paese 2011-2019 (valutazione pluriennale)

 

Fonte: Commissione europea


 

La strategia di riforma nelle Aree prioritarie e l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per l’Italia

Area prioritaria 1

Politiche Fiscali

Si rammenta preliminarmente che il Governo individua, tra gli strumenti per perseguire le finalità individuate dal PNR e il rilancio del Paese dopo l’emergenza economico-sanitaria, la riforma fiscale.

Qualifica inoltre il contrasto all’evasione fiscale come pilastro della strategia dell’esecutivo per il miglioramento dei saldi di bilancio e la riduzione del rapporto debito/PIL.

Per quanto riguarda il debito pubblico, il Governo preannuncia l’elaborazione, in sede di aggiornamento del Programma di Stabilità, di un piano di rientro su un orizzonte decennale, mentre nel breve termine occorre puntare sul rilancio della crescita e sul miglioramento strutturale (sin dal 2020) del saldo primario.

Al riguardo si fa presente che le Raccomandazioni della Commissione UE all’Italia per l’anno 2020 sollecitano l’Italia “quando le condizioni economiche lo consentano, a perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti”.

 

Le politiche fiscali nel quadro delle priorità del Governo

Il Governo individua come priorita? n. 1 la creazione di una finanza sostenibile, la riduzione del debito e il perseguimento di politiche fiscali a sostegno della crescita.

A parere del Governo, i principali problemi del sistema fiscale italiano possono essere così riassunti:

§  il cuneo fiscale troppo elevato sul lavoro;

§  l’accumulo nel tempo di disparita? di trattamento tra le diverse fonti di reddito;

§  l’eccessiva complessità del sistema, che rappresenta un significativo onere burocratico per i privati e le imprese.

 

Per raggiungere questi obiettivi il Governo intende agire, tra l’altro:

-       su una revisione complessiva del sistema fiscale, per modificare la struttura della tassazione e disegnare un fisco equo, improntato al principio di progressivita?, semplice e trasparente per i cittadini, che favorisca i ceti medi e le famiglie con figli;

-       sul contrasto all’evasione, per migliorare l’equita? del sistema impositivo e ridurre l’elevato onere a cui sono sottoposti i contribuenti adempienti;

-       sulla valorizzazione del patrimonio pubblico, al fine di incentivare gli investimenti e la crescita economica e ridurre il debito pubblico.

 

Come si vedrà in seguito, le Raccomandazioni della Commissione UE all’Italia per l’anno 2019 toccano aspetti propri della politica fiscale, cui il Governo fornisce specifici riscontri.

Revisione complessiva della tassazione

L’alleggerimento della pressione fiscale viene qualificata come una delle componenti piu? importanti del programma di Governo.

Viene in proposito ricordata la progressiva sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, inizialmente prevista per il solo 2020 dalla legge di bilancio 2020 e, successivamente, attuata in via strutturale con il cd. decreto Rilancio, che ha disattivato tutti i successivi aumenti di IVA e accise. Si veda il relativo tema web per ulteriori informazioni.

 

Le Raccomandazioni della Commissione Europea del 2019 richiamano l’Italia ad una revisione della tassazione al fine di trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre voci (Raccomandazione 1).

 

Al riguardo il Governo rappresenta come in Italia l’elevato cuneo fiscale - pari in media al 48 per cento del costo del lavoro, secondo i dati OCSE - rappresenti un carico strutturale.

Al riguardo nel PNR si ricorda che la legge di bilancio per il 2020 ha istituito un apposito Fondo, con una dotazione di 3 miliardi nel 2020 (5 miliardi a partire dal 2021) per elevare l’importo netto che i lavoratori ricevono in busta paga, a parita? di costo per il datore di lavoro. Il decreto-legge n. 3 del 2020 ha stanziato tre miliardi per il 2020 per la riduzione del cuneo fiscale sugli stipendi dei lavoratori dipendenti. L’intervento così si sostituisce al precedente bonus 80 euro, aumentandone l’importo ed estendendo la platea dei percettori. Il nuovo bonus è operativo dal 1° luglio 2020. Si veda il relativo tema web per ulteriori informazioni.

 

Il Governo rileva l’intenzione di procedere ad una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta, con i predetti scopi di equità, semplicità e trasparenza, riduzione della pressione fiscale e transizione del sistema economico verso una maggiore sostenibilita? ambientale e sociale.

 

La Raccomandazione n. 3 della Commissione UE per il 2020 richiede, tra l’altro, di concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale.

In tale ambito si intende anche razionalizzare le spese fiscali – come richiesto dalla Raccomandazione n. 1 della Commissione per l’anno 2019 - e, in particolare, rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) in base agli esiti dei lavori della Commissione per lo studio, le proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, istituita con la legge di bilancio per il 2020.

 

La richiamata legge di bilancio (articolo 1, commi 98-100 della legge n. 160 del 2019) ha previsto l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di una Commissione per lo studio, le proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, con una dotazione di 0,5 milioni di euro per l’anno 2020. Essa si è insediata il 13 febbraio 2020.

 

Al contempo, il Governo rileva come le scelte fiscali debbano supportare la politica industriale nel processo di riconversione successivo alla crisi sanitaria e accompagnare il cambiamento, agevolando le produzioni nei settori dove l’emergenza epidemiologica ha evidenziato una carenza produttiva a fronte di una evidente necessita? per gli approvvigionamenti nazionali.

 

Sotto il profilo della fiscalità internazionale, il Governo rammenta l’introduzione della Web Tax, che ha carattere temporaneo; ribadisce la volontà di eliminarla non appena saranno individuate regole condivise a livello internazionale per tassare i profitti delle multinazionali del digitale, come previsto dalla legge di bilancio 2020.

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, commi da 35 a 50) ha istituito un'imposta sui servizi digitali, che si applica ai soggetti che prestano tali servizi e che hanno un ammontare complessivo di ricavi individuati dalla legge. L'imposta si applica con un'aliquota del 3 per cento sui ricavi.

La legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, comma 678) ha modificato la disciplina dell'imposta sui servizi digitali allo scopo, tra l’altro, di consentirne l'applicazione dal 1 gennaio 2020. Il provvedimento prevede che l’imposta sia abrogata non appena entrino in vigore disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell'economia digitale. Si rinvia al tema web per ulteriori approfondimenti.

 

L’esecutivo rammenta, in tale ottica, il negoziato che sta proseguendo in sede OCSE sulla riforma della tassazione delle multinazionali, incluse quelle digitali. L’obiettivo fissato in sede G20 e? la sottoscrizione, entro la fine del 2020, di un accordo politico sulla parziale modifica dei criteri di allocazione internazionale della base imponibile societaria per ridurre le possibilita? di profit shifting delle imprese multinazionali e sull’introduzione di un livello minimo di tassazione effettiva per le stesse imprese.

 

Il progetto BEPS - Base Erosion and Profit Shifting esamina le problematiche dell'evasione fiscale internazionale delle multinazionali. In particolare, il progetto si inserisce nell'ambito di azioni per contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva e per evitare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso altri con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale. Vedi il sito OCSE per maggiori informazioni.

Contrasto all’evasione

Le Raccomandazioni della Commissione Europea del 2019 (Raccomandazione n. 1) richiamano l’Italia a contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, tra l'altro potenziando i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti.

 

Il Governo rileva che la riduzione del divario tra gettito teorico e gettito effettivo - il cd.  tax gap - rappresenta un obiettivo prioritario, che consente di attuare il principio costituzionale secondo cui tutti debbono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita? contributiva e dunque assicura l’equita? verticale e orizzontale del sistema fiscale.

Al riguardo il Governo rammenta che l’indice di Gini, col quale si misura la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, in presenza di evasione IRPEF per il lavoro autonomo e l’impresa, risulta piu? alto di circa il 5 per cento rispetto al caso senza evasione. Cio? significa che, tenendo conto del dato sull’evasione, la crescita della diseguaglianza risulta molto piu? accentuata di quello che emerge guardando alle sole dichiarazioni fiscali.

L’azione del Governo su tale versante si sostanzia in azioni di policy e misure di efficientamento dell’Amministrazione finanziaria.

 

Per ridurre il tax gap il Governo intende in primo luogo presidiare l’attuazione delle misure gia? introdotte con precedenti provvedimenti.

Tra di esse si ricordano l’introduzione degli indici sintetici di affidabilita? (ISA), nonché l’obbligo generalizzato della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi.

Si ricorda che dal 1° gennaio 2019 sussiste l’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica; dal 1° gennaio 2020 è invece obbligatoria la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri per i soggetti che esercitano il commercio al minuto e le attività assimilate.

Per ulteriori informazioni sui predetti istituti e, più in generale, sulla lotta all’evasione, si rinvia al tema web sulla lotta all’evasione fiscale, su accertamento e riscossione e su IVA e fatturazione elettronica.

 

Il Governo rammenta inoltre le misure introdotte dal decreto-legge 26 ottobre 2019, n.124, che ha inasprito le pene per i grandi evasori, introdotto norme di contrasto all’illecita somministrazione di manodopera e all’aggiramento della normativa contrattuale in tema di appalti, rafforzato gli strumenti di contrasto alle frodi nel settore dei carburanti e all’evasione e all’illegalita? nel settore dei giochi.

Si rinvia al relativo tema per approfondimenti.

 

Con riferimento alle misure di efficientamento dell’Amministrazione finanziaria, si intende ridurre il tax gap attraverso un continuo miglioramento dell’analisi e dell’utilizzo dei dati a disposizione, accelerato dai recenti provvedimenti normativi volti al potenziamento degli organici delle Agenzie fiscali, delle risorse e degli strumenti a disposizione, nonche? dall’utilizzo delle nuove tecnologie, anche per effettuare controlli mirati.

Al riguardo la strategia del Governo è orientata prioritariamente a:

§  migliorare la qualita? dei controlli anche attraverso un piu? efficace ricorso agli strumenti di cooperazione internazionale e, in particolare, ottimizzando l’utilizzo dei dati che derivano dallo scambio automatico di informazioni, incluso il Country-by-Country reporting, lo sviluppo di avanzate tecniche di analisi e valutazione del rischio di non compliance e il monitoraggio dei comportamenti di soggetti a elevato ‘rischio fiscale’.

Al riguardo si ricorda che lo strumento del Country by Country reporting fa parte dell’Azione 13 del già menzionato progetto BEPS. Ciò pone in capo alle società capogruppo di multinazionali con ricavi rilevanti l’obbligo inviare su base annuale il Country-by-Country Report, documento contenente una serie di informazioni riferibili all’allocazione globale dei ricavi, dei redditi e delle imposte pagate insieme a degli indicatori relativi alla localizzazione delle attività economiche all’interno degli stessi.

L’obbligo è stato introdotto dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 145 e 146, legge 208/2015) e attuato con Dm 23 febbraio 2017. Per ulteriori informazioni si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle Entrate.

In tale ambito si intende sfruttare le potenzialita? derivanti dall’utilizzo di informazioni di natura finanziaria contenute nell’archivio dei rapporti finanziari e dei dati derivanti dall’introduzione generalizzata della fatturazione elettronica e dalla trasmissione dei corrispettivi per  migliorare le analisi e i controlli incrociati tra le diverse operazioni dichiarate dai contribuenti e di monitorare i pagamenti IVA. In tal modo, l’esecutivo stima di accrescere la capacita? di accertamento degli imponibili e di rafforzare le attivita? orientate a impedire che i contribuenti fruiscano indebitamente delle agevolazioni previste per fronteggiare le ricadute negative sul tessuto economico nazionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

§  rafforzare l’efficacia della riscossione. Oltre alle ordinarie procedure di riscossione mediante ruolo, il Governo si impegna ad assicurarel’attuazione delle misure relative alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 (si veda il tema web dedicato alle misure di pace fiscale per ulteriori informazioni).

Il Governo al riguardo conferma la determinazione a non prevedere nuovi condoni che, generando aspettative circa la loro reiterazione, riducono l’efficacia della riscossione delle imposte.

 

L’esecutivo intende inoltre utilizzare tecniche sofisticate di analisi dei debiti iscritti a ruolo per indirizzare l’attivita? di riscossione prioritariamente verso i debitori piu? solvibili e i crediti che hanno maggiori possibilita? di essere riscossi, pur salvaguardando tutti i crediti affidati in riscossione mediante atti idonei a evitare la decadenza e la prescrizione.

Si intende poi ottimizzare i tempi medi di lavorazione per la notifica delle cartelle di pagamento e per l’attivazione delle procedure cautelari ed esecutive; migliorare lo scambio informativo tra agente della riscossione ed enti impositori o beneficiari. In particolare, per facilitare le attivita? di riscossione degli enti impositori e creditori, il Governo intende garantire l’accesso gratuito da parte di tali enti alle informazioni relative ai debitori presenti nell’Anagrafe tributaria.

Al riguardo, si rammenta che l’articolo 1, comma 791 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha disciplinato in modo sistematico l’accesso ai dati da parte di alcuni enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione. Si consente in particolare agli enti locali e ai soggetti affidatari del servizio di riscossione locale (ivi compresi i concessionari della riscossione della TARI) di accedere alle informazioni relative ai debitori presenti in Anagrafe Tributaria.

 

Il Governo inoltre rileva di voler incoraggiare la compliance volontaria dei contribuenti, ovvero l’adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria mediante strumenti di dialogo collaborativo sia nel momento dichiarativo, sia nel pagamento dei tributi.  A tal fine si stima di utilizzare le basi dati alimentate dai flussi informativi, anche derivanti dallo scambio automatico internazionale di informazioni e dalla fatturazione elettronica generalizzata, integrati con quelli generati dalla trasmissione telematica dei corrispettivi relativi alle transazioni verso i consumatori finali.

Il Governo auspica che l’invio di tali comunicazioni avvenga in modo automatizzato, individuando le posizioni da controllare attraverso meccanismi di selezione sempre piu? accurati e verificando - anche tramite strumenti di data analysis - l’efficacia delle azioni finalizzate alla promozione della compliance.

Al contempo si intende proseguire le attivita? di analisi e studio della tax non compliance per individuare i maggiori rischi di comportamenti non conformi. Analoga funzione è demandata all’aggiornamento degli indici sintetici di affidabilita? fiscale (ISA), per favorire una maggiore compliance delle piccole e medie imprese e dei lavoratori autonomi.

 

Infine, uno strumento di miglioramento della compliance fiscale è individuato nella diffusione dei pagamenti elettronici, per digitalizzare i processi aziendali e razionalizzare gli adempimenti degli operatori IVA e, al contempo, per prevedere modalita? semplificate per la fruizione di agevolazioni o incentivi fiscali.

Sul punto, si rammenta che il legislatore ha progressivamente incentivato l’uso di strumenti tracciabili ed elettronici di pagamento (si veda il relativo tema web) e, al contempo, ha progressivamente legato al pagamento tracciabile o elettronico la possibilità di fruire di incentivi fiscali (detrazioni e agevolazioni per ristrutturazioni edilizie, riqualificazione energetica etc., nonché – con la legge di bilancio 2020) anche delle detrazioni IRPEF per spese sanitarie. Si rinvia al portale della documentazione parlamentare per approfondimenti.

Il Governo al riguardo menziona, tra gli strumenti di tax compliance, la cd. lotteria degli scontrini – collegata all’introduzione dell’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi – il cui avvio è stato rinviato per effetto dell’emergenza sanitaria (per effetto del decreto-legge n. 34 del 2020) al 1° gennaio 2021.

 

Il Governo rammenta il piano denominato Italia Cashless, che si compone di vari strumenti, fra cui incentivi specifici agli esercenti e alle attivita? commerciali. Le iniziative volontarie di riduzione dei costi prevedono il coinvolgimento di tutti i soggetti che intervengono nella filiera delle commissioni bancarie: emittenti di carte di debito e credito, soggetti convenzionatori (acquirer), circuiti di pagamento, centri applicativi.

A complemento del piano e? prevista una progressiva riduzione della soglia all’utilizzo del contante.

Il decreto fiscale 2019 prevede la riduzione di tale soglia, dall'importo iniziale di 3000 euro, a 1.000 euro dal 1° gennaio 2022. La soglia è scesa a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 fino al 31 dicembre 2021, per abbassarsi ulteriormente a 1.000 euro  dal 1° gennaio 2022.

 

Il Governo al riguardo afferma di voler affiancare a queste misure anche azioni concrete contro gli illeciti di respiro internazionale, come l’evasione ottenuta mediante il passaggio di beni tra societa? appartenenti a diversi Stati, il trasferimento illecito di capitali oltreconfine, la fittizia residenza all’estero di persone fisiche e societa?, la costituzione in Italia di stabili organizzazioni occulte e l’utilizzo strumentale di trust e di altri meccanismi per finalita? evasive, elusive o di frode.

Al riguardo, ritiene che l’interoperabilita? delle banche dati per la realizzazione delle analisi di rischio consenta sinergie nella mappatura dei fenomeni evasivi; ritiene fondamentale l’interscambio informativo con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la lotta alle frodi e al contrabbando.

Viene altresì annunciato il rafforzamento dell’attivita? di contrasto alla contraffazione di marchi, brevetti e disegni industriali del Made in Italy.

 

Si ricorda infine che la Commissione UE, nella Raccomandazione n. 1 per il 2019, richiama l’Italia alla revisione delle rendite catastali, aspetto non trattato dal PNR in oggetto.

Spesa pubblica, societa’ partecipate, valorizzazione del patrimonio pubblico

Spending review

Le Raccomandazioni della Commissione UE all’Italia per l’anno 2019 sollecitano il nostro Paese ad “assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL”.

Le Raccomandazioni della Commissione UE all’Italia per l’anno 2020, invece, richiedono “quando le condizioni economiche lo consentano, di perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti”.

Nel PNR il Governo afferma che intende utilizzare la revisione della spesa come strumento di programmazione del bilancio, i cui obiettivi possono essere realizzati appieno solo in un orizzonte temporale ampio.

Il Governo intende avviare una nuova fase della spending review, che passa attraverso la riallocazione e l’efficientamento della spesa pubblica. A tal fine occorre procedere nella direzione della digitalizzazione e dello snellimento delle procedure burocratiche, nonché della reingegnerizzazione e integrazione dei sistemi informativi a supporto dei processi contabili, che consentirà un più rapido allineamento delle informazioni necessarie per l’attività di analisi a supporto delle decisioni, in un’ottica di migliore allocazione della spesa.

 

Tra le misure più recenti di spending review si ricordano gli interventi nella legge di bilancio per il 2020 (legge n.160/2019):

§  l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di contenere la spesa per l’acquisto di beni e servizi entro il livello registrato mediamente negli esercizi finanziari dal 2016 al 2018 (art.1, co. 590-602);

§  l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di assicurare, per il triennio 2020-2022, un risparmio del 10 per cento sulla spesa annuale per la gestione corrente del settore informatico e un risparmio del 5 per cento sulla spesa annuale per la gestione delle infrastrutture informatiche di tipo Data Center (art.1, co.610-613);

§  specifiche norme aventi la finalità di estendere l'utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni di strumenti centralizzati di acquisto e di negoziazione (art.1, co.581-587).

Società partecipate

Richiamata l’intensa attività di monitoraggio e analisi dell’impatto della riforma attuata nel 2016, il Governo annuncia una serie di modifiche al Testo unico n.175 del 2016 di riordino della materia, finalizzate principalmente a:

§  introdurre appropriati strumenti di misurazione della capacità gestionale delle aziende pubbliche;

§  individuare strumenti finanziari per favorire gli investimenti nel Sud Italia;

§  favorire i processi di aggregazione societaria;

§  distinguere in modo più chiaro i profili pubblicistici da quelli privatistici;

§  dotare di maggiori poteri la struttura di controllo istituita dal MEF, compresa la possibilità di commissariamento delle società in caso di gravi irregolarità.

Valorizzazione del patrimonio pubblico

Il Governo ritiene che la valorizzazione del patrimonio pubblico sia parte integrante della propria strategia economica e di bilancio, con benefici connessi al recupero della spesa e alla riduzione del debito pubblico, nonché per migliorare l’efficienza nella gestione degli stessi asset pubblici.

Le politiche di valorizzazione sono articolate in funzione della natura dei cespiti e della tipologia di strumento e coinvolgono tutti i livelli istituzionali, sia in ambito centrale sia locale.

Il Governo rammenta le valorizzazioni dirette, che sono attuate tramite cessione sul mercato o conferimento a fondi immobiliari, così come le operazioni di gestione piu? efficiente di beni immobili in uso (razionalizzazione degli spazi, locazioni) e quelle che prevedono il trasferimento agli enti territoriali degli immobili statali non piu? utili per finalita? istituzionali.

A parere del Governo le politiche di valorizzazione assumono una funzione di stimolo degli investimenti pubblici e privati e dell’edilizia ecosostenibile.

Con riferimento alle valorizzazioni dirette, il Governo riferisce che l’Agenzia del demanio prosegue sulla base del Piano straordinario di dismissioni previsto dalla legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 422 della legge n. 145 del 2018) e adottato con DPCM del 10 luglio 2019 (in relazione agli immobili individuati con Decreto ministeriale 28 giugno 2019).

Con riferimento alle attività di INVIMIT Sgr, l’esecutivo rammenta che sono in corso le attivita? di commercializzazione delle quote di ‘Convivio’ primo comparto del Fondo di investimento alternativo immobiliare ‘i3 – Dante’, e di circa 120 milioni in immobili con effetti contabili, legati alla stipula degli atti notarili, che potranno prodursi anche nel corso del 2021.

 

INVIMIT è una societa? interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze, che agisce attraverso la promozione, l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi,  con lo scopo di valorizzare il patrimonio pubblico. Per ulteriori informazioni sulla gestione dei fondi di INVIMIT, si rinvia al sito web della Società

 

Il Governo rammenta infine che al predetto Fondo sono apportati immobili pubblici di pregio localizzati prevalentemente nelle zone centrali delle principali citta? italiane. Gli utili generati dalla vendita delle quote dei fondi possono essere contabilizzati a riduzione dell’indebitamento netto.


 

Area prioritaria 2

Istruzione e competenze

Nell’ambito delle Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma dell’Italia 2019, la n. 2 invita l'Italia ad adottare provvedimenti nel 2019 e nel 2020 al fine, tra l’altro, di migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

 

Al riguardo, nel Considerando n. 19 si sottolinea, in particolare, che:

§  gli investimenti nell'istruzione e nelle competenze sono fondamentali per promuovere una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile;

§  il tasso di abbandono scolastico rimane ben al di sopra della media UE e vi sono ampie differenze regionali e territoriali in termini di risultati scolastici;

§  mentre la quota dei finanziamenti destinati all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con la media UE, ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti potrebbero contribuire a migliorare i risultati dell'apprendimento. Il sistema di reclutamento è eccessivamente incentrato sulle conoscenze, anziché sulle competenze, e la componente relativa alla formazione è limitata. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri Paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell'anzianità, anziché del merito;

§  gli studenti e gli adulti italiani ottengono risultati tra i peggiori dell'UE per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base. La partecipazione degli adulti all'apprendimento è molto limitata ed è in calo.

Inoltre, il Considerando n. 20 sottolinea che l'istruzione terziaria risente della mancanza di finanziamenti e delle carenze di organico e che l'istruzione terziaria professionalizzante è limitata. La percentuale di laureati rimane modesta, in particolare nei settori scientifici e tecnici. È necessario stimolare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza e rafforzare le competenze specifiche, come quelle digitali e finanziarie.

 

Nella Relazione per paese relativa all’Italia 2020 predisposta dalla Commissione europea il 26 febbraio 2020 si sottolinea, anzitutto, che, in relazione a quanto indicato nella Raccomandazione n. 2, vi sono stati progressi limitati. In particolare, non sono state adottate misure significative, al di là dell'assunzione di nuovi insegnanti (con un numero estremamente limitato di assunzioni di insegnanti esperti di tecniche digitali).

Più nello specifico, si conferma che, rispetto alla media UE, l'Italia ha un tasso molto più elevato di giovani che abbandonano la scuola precocemente e hanno risultati insufficienti, in particolare nel Sud, e si sottolinea che:

§  - per quanto concerne l’istruzione pre-primaria, la domanda di educazione e cura della prima infanzia è frenata da scarsa copertura, distribuzione geografica irregolare e costi elevati[10];

§  quanto all’istruzione primaria e secondaria, si registrano risultati eterogenei in termini di conseguimento delle competenze di base[11];

§  la carenza di insegnanti resta una sfida importante[12];

§  sono state adottate diverse misure in materia di istruzione e formazione professionale, ma la loro attuazione è ancora lenta.

Si conferma, inoltre, che, nonostante i miglioramenti, il sistema di istruzione terziaria continua a risentire della mancanza di finanziamenti e il tasso dei laureati rimane basso rispetto alla media UE. In particolare, è ancora insufficiente il numero di laureati nei settori tecnico-scientifici[13], il che rappresenta un ostacolo soprattutto per gli investimenti innovativi[14].

Inoltre, si sottolinea che:

§  i progressi nel promuovere la valutazione della qualità nel sistema di istruzione sono lenti. In tale contesto è particolarmente importante che sia preservata l'autonomia delle agenzie nazionali di valutazione, INVALSI e ANVUR;

§  il calo del personale accademico non mostra segni di inversione di tendenza. Al riguardo, si evidenzia che le iscrizioni all'istruzione superiore dipenderanno anche dalla capacità di promuovere il rinnovo del corpo docente[15];

§  il tasso di occupazione dei laureati rimane basso, mentre l'istruzione terziaria professionalizzante ottiene risultati migliori. Tuttavia, quest’ultima ha portata limitata[16];

§  la percentuale di adulti senza un titolo di istruzione secondaria di secondo grado è elevata e la partecipazione all'apprendimento degli adulti rimane bassa[17];

§  le lacune in termini di competenze digitali di base persistono e rischiano di ampliare il divario digitale;

§  il basso livello medio di istruzione e il disallineamento tra domanda e offerta di competenze limitano la crescita dell'occupazione.

Si sottolinea, infine, che la spesa pubblica per l'istruzione è tra le più basse dell'UE, in particolare a causa della spesa ridotta per l'istruzione terziaria[18] e che la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) è rimasta relativamente bassa e disomogenea fra le regioni[19].

 

Per quanto riguarda gli Obiettivi Europa 2020, la medesima Relazione fa presente che, nel 2018:

§  il tasso di abbandono scolastico è stato del 14,5%, inferiore rispetto all'obiettivo nazionale (16%), ma superiore rispetto alla media UE (10,6%); tuttavia, il divario nei tassi di abbandono scolastico tra studenti nati e non nati nell'Unione è tra i più ampi della stessa UE e si è sensibilmente allargato nel 2018 (24,3%, a fronte di una media UE di 11,2%);

§  la percentuale di persone tra i 30 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria è stata pari al 26,9%, in linea con l'obiettivo nazionale (26-27%), ma la seconda più bassa dell'UE (media UE: 39,9%);

§  gli investimenti in R&S sono stati pari all'1,39% del PIL, molto distante dall’obiettivo nazionale (1,53%).

 

Per quanto concerne, invece, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) adottati Nazioni Unite con l'Agenda 2030, la Relazione evidenzia che il conseguimento dell'OSS n. 4 (Istruzione di qualità) - su cui si veda infra - richiederà ulteriori sforzi in tutti gli ambiti interessati: istruzione di base, istruzione terziaria e apprendimento degli adulti.

In particolare, l’allegato E – che presenta una valutazione statistica delle tendenze rispetto al conseguimento degli OSS in Italia negli ultimi cinque anni, basata sull'apposita serie di indicatori messa a punto da Eurostat – evidenzia che:

-       per l’istruzione di base:

×        l’indicatore Abbandono prematuro di istruzione e formazione è passato (da un valore del 16,8%[20] nel 2013) al 14,5% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dall’11,9% nel 2013) al 10,6% nel 2018;

×        l’indicatore Partecipazione all'educazione della prima infanzia è passato (da un valore del 99,2%[21] nel 2012) al 95,1% nel 2017, a fronte di una media UE che è passata (dal 94,0% nel 2012) al 95,4% nel 2017;

×        l’indicatore Risultati insufficienti nella lettura è passato (da un valore del 21,0%[22] nel 2015) al 23,3% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dal 19,7% nel 2015) al 21,7% nel 2018;

×        l’indicatore Giovani non occupati e non inseriti in un percorso di istruzione o formazione è passato (da un valore del 26,0%[23] nel 2013) al 23,4% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dal 15,9% nel 2013) al 12,9% nel 2018;

-       per l’istruzione terziaria:

×        l’indicatore Successo scolastico relativo all’istruzione terziaria è passato (da un valore del 22,5%[24] nel 2013) al 27,8% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dal 37,1% nel 2013) al 40,7% nel 2018;

×        l’indicatore Tasso di occupazione dei neolaureati è passato (da un valore del 48,5%[25] nel 2013) al 56,5% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dal 75,4% nel 2013) al 81,7% nel 2018;

-       per l’istruzione degli adulti, l’indicatore Partecipazione degli adulti all’apprendimento è passato (da un valore del 6,2%[26] nel 2013) all’8,1% nel 2018, a fronte di una media UE che è passata (dal 10,7% nel 2013) all’11,1% nel 2018.

Nelle Raccomandazioni sul programma nazionale di riforma dell'Italia 2020, formulate dalla Commissione europea a maggio 2020 e adottate dal Consiglio il 20 luglio 2020, la n. 2 invita l'Italia ad adottare provvedimenti nel 2020 e nel 2021 al fine, tra l’altro, di rafforzare l'apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali. La n. 3 invita, fra l'altro, a concentrare gli investimenti anche su ricerca e innovazione.

 

Al riguardo, nel Considerando n. 19 si sottolinea, in particolare, che:

§  occorre migliorare l'apprendimento e le competenze digitali, in particolare per quanto riguarda gli adulti in età lavorativa e l'apprendimento a distanza. Investire nell'istruzione e nelle competenze è fondamentale per promuovere una ripresa intelligente e inclusiva e per mantenere la rotta verso la transizione verde e digitale;

§  il conseguimento delle competenze di base varia notevolmente tra le regioni e il tasso di abbandono scolastico è ancora ben al di sopra della media dell'Unione (13,5% contro 10,3% nel 2019), in particolare per gli studenti che non sono nati nell'Unione (3%). In un contesto di limitazione della mobilità, le disparità regionali e territoriali rischiano di inasprirsi. In quest'ottica è particolarmente importante investire nell'apprendimento a distanza, nonché nell'infrastruttura e nelle competenze digitali di educatori e discenti;

§  l'Italia ha anche una percentuale di laureati in scienze e ingegneria inferiore alla media dell'Unione e il tasso di istruzione terziaria rimane molto basso (27,6% nel 2019);

§  rispetto a Paesi comparabili, in Italia le imprese investono meno nella formazione in materia di tecnologie dell'informazione e della comunicazione per i loro dipendenti;

§  il basso tasso di partecipazione degli adulti scarsamente qualificati alla formazione è preoccupante, data la diminuzione dei posti di lavoro che richiedono basse qualifiche. Il miglioramento delle competenze e la riqualificazione professionale sono cruciali per consentire ai lavoratori di acquisire competenze rilevanti per il mercato del lavoro e per promuovere una transizione equa verso un'economia più digitale e sostenibile.

Nel Considerando n. 22, in tema di digitalizzazione, si evidenzia che l'accesso a un'infrastruttura digitale veloce e affidabile si è rivelato fondamentale per garantire servizi essenziali nei settori dell'amministrazione, dell'istruzione, della salute e della medicina, nonché per monitorare e controllare la pandemia.

Nel Considerando n. 23 si afferma inoltre che la crisi attuale ha reso necessario rafforzare ulteriormente il rapido scambio di dati tra ricercatori, in particolare l'accesso a risultati ed elementi di prova senza costi a carico dell'utente e la scienza aperta. Quest'ultima, insieme alla cooperazione tra scienza e industria, è uno strumento per portare sul mercato i risultati della ricerca, compresi quelli necessari su vaccini e terapie, muovendo dalla forza dell'Italia nel settore della ricerca e dell'industria medica.

 

Sull'accesso aperto all'informazione scientifica, si segnala che la 7a Commissione del Senato ha all'esame il disegno di legge n. 1146, già approvato dalla Camera dei deputati.

 

Per corrispondere alle Raccomandazioni per l'Italia 2019, e anticipando per certi versi le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni per l'Italia  2020, nello specifico capitolo III.2 relativo tra l'altro a Scuola e competenze, paragrafo Sistema scolastico e valorizzazione della formazione, sono indicate le priorità per il settore dell'istruzione e della formazione. Si fa presente che nel capitolo V, dedicato alle Aree prioritarie dell'Agenda di Governo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, si dà conto del raccordo tra le priorità dell'Esecutivo e il posizionamento dell'Italia rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Per quanto qui di interesse, l'Obiettivo n. 4 è dedicato all'Istruzione di qualità ed è declinato in 10 traguardi[27]. Per allinearsi a tali indicazioni, l'Esecutivo ha aumentato le risorse pubbliche destinate all'istruzione e alla ricerca, quelle destinate alle borse di studio e all'edilizia scolastica e intende adottare iniziative riguardanti, tra l'altro, l'inclusione, la scuola digitale, la formazione del personale, come di seguito dettagliate.

Inoltre, nell'Appendice al PNR 2020, Le Regioni e la programmazione integrata per la crescita e lo sviluppo sostenibile dell'Italia e dell'Europa, si riporta una sintesi del monitoraggio delle misure regionali che contribuiscono all'implementazione delle Raccomandazioni specifiche per Paese e al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (si veda infra).

 

Il PNR 2020 fa presente quindi che per la scuola occorre mettere a sistema le azioni intraprese durante l'emergenza in correlazione con la didattica a distanza e, in particolare:

§  superare il digital divide, potenziando la didattica a distanza, con acquisto di strumenti tecnologici, maggiore connettività, l'incremento del personale tecnico nelle scuole del primo ciclo e il potenziamento della formazione continua dei docenti e ATA.

§  In proposito si cita, tra l'altro, il Piano scuole e Piano voucher all'interno del Piano banda ultra larga, con uno stanziamento specifico per le scuole di oltre 400 milioni di euro. Sul personale tecnico nelle scuole si vedano gli art. 230-bis del D.L.34/2020 (L. 77/2020) e 120 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020). Sulla formazione del personale scolastico si veda analogamente l'art. 120 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020);

§  potenziare la dotazione di dispositivi tecnologici;

§  implementare una piattaforma digitale "proprietaria" ministeriale per la didattica digitale;

§  istituire un Fondo per la diffusione e l'implementazione dell'innovazione tecnologica e della digitalizzazione in ambito didattico;

§  favorire la digitalizzazione amministrativa per ridurre il carico di lavoro delle istituzioni scolastiche;

§  ampliare le possibilità di utilizzo del Piano nazionale scuola digitale.

Sul contrasto alla dispersione scolastica[28], il Governo intende potenziare, anche nella programmazione 2021-2027 del PON per la scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento, le aree ad esclusione sociale, promuovendo:

§  lo sviluppo del segmento 0-6 anni;

§  progetti didattici per favorire l'inclusione;

§  la partecipazione delle scuole a progetti europei e internazionali;

§  il miglioramento della conoscenza delle lingue e culture straniere, dalla scuola dell'infanzia.

In merito al contrasto della dispersione scolastica, si veda anche il Protocollo d'intesa tra il Ministro dell’istruzione, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia e il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), siglato a febbraio 2020 (qui il comunicato stampa).

 

Ulteriori priorità concernono:

§  l'edilizia scolastica.

Per una ricostruzione delle tipologie di intervento previste si veda il relativo tema sul sito della Camera dei deputati;

§  l'inclusione scolastica, per favorire la quale si prevede di aumentare il numero di docenti di sostegno di ruolo e di bandire annualmente i corsi di specializzazione per il sostegno.

Al riguardo, si veda anche l'Atto di indirizzo politico - istituzionale per l’anno 2020 del 7 febbraio 2020. Da ultimo si ricorda che l'art. 2, co. 08, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha introdotto una procedura semplificata per l’accesso ai percorsi di specializzazione per il sostegno per i soggetti che hanno maturato una esperienza specifica di almeno tre annualità di servizio;

§  la revisione dei criteri numerici per la formazione delle classi.

In proposito, l'art. 231-bis del D.L.34/2020 (L. 77/2020) stabilisce, solo per l'a.s. 2020/2021, la possibilità di derogare tra l'altro - mediante ordinanza - al numero minimo e massimo di alunni per classe;

§  il potenziamento del tempo pieno;

§  l'innovazione didattica e la formazione lungo tutto l'arco della vita (lifelong learning);

§  l'istituzione di percorsi di abilitazione ordinamentali all'insegnamento per la scuola superiore di primo e secondo grado;

§  la valorizzazione della formazione permanente del personale docente, definendo nel nuovo contratto di lavoro il monte ore annuale e obbligatorio per la formazione, e del personale ATA;

§  la riduzione del precariato attraverso un sistema di reclutamento più lineare.

 

Il PNR 2020 si sofferma anche sulle misure riguardanti l'università e gli enti pubblici di ricerca, ricordando che il numero di laureati è inferiore alla maggior parte dei Paesi OCSE. Occorre dunque:

§  aumentare il numero dei laureati anche mediante il potenziamento del diritto allo studio;

§  aumentare le interazioni con il mondo del lavoro.

Al riguardo, è all'esame delle Camere l'atto del Governo n. 183 che istituisce nuove classi di laurea a orientamento professionale;

§  coordinare le attività di ricerca, anche mediante l'istituenda Agenzia nazionale per la ricerca.

Per un approfondimento, si veda il relativo tema sul sito della Camera dei deputati.

Il Governo punta a "preservare, potenziare e valorizzare" l'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

 

Infine:

§  nel paragrafo relativo a Sanità, il PNR 2020 punta ad avviare un percorso di sensibilizzazione ed educazione alla digitalizzazione sanitaria anche mediante campagne di informazione presso le scuole;

§  nell'Appendice al PNR 2020 dedicata alle misure regionali che contribuiscono all'attuazione del PNR 2020, con riferimento alla Raccomandazione per il 2019 n. 2 si sintetizzano le azioni regionali - per quanto di interesse - nei seguenti ambiti: coinvolgimento della popolazione studentesca nei percorsi ITS, nei Poli tecnici professionali e nei percorsi annuali IFTS; innalzamento dei livelli di competenze, di partecipazione e di successo formativo nell'istruzione universitaria e/o equivalente; finanziamenti per ricerca e innovazione nelle università; apprendistato di alta formazione e ricerca;

§  nell'Appendice al PNR 2020 si dà conto delle principali riforme attuate dal Governo: per quanto qui di interesse si segnalano la Scheda n. 1 (Legge di bilancio 2020), parte Istruzione e competenze, la Scheda n. 5 (Decreto milleproroghe), parte Istruzione e competenze, la Scheda n. 6 (Disposizione per l'assunzione di personale scolastico).


 

Politiche del lavoro

Politiche attive del lavoro e centri per l’impiego

Il rafforzamento delle politiche attive del lavoro, da compiersi anche grazie al monitoraggio dei risultati del Reddito di Cittadinanza (RdC), e il completamento del potenziamento dell’operatività dei centri per l’impiego rientrano nell’area prioritaria 2 del PNR.

Si segnala che tali tematiche sono oggetto di una parte della Raccomandazione n. 2 del Consiglio dell’Unione europea del 2019, nonché di una parte della accomandazione n. 2 approvata dal Consiglio dell’UE il 20 luglio 2020.

In particolare, nell'atto summenzionato del 2019, il Consiglio ha raccomandato, tra l’altro, di garantire l’efficace integrazione tra le politiche attive del lavoro e le politiche sociali, favorendo in particolare i giovani e i gruppi vulnerabili, come evidenziato anche nella Relazione per paese relativa all'Italia 2020[29]. Con riferimento invece agli anni 2020 e 2021, la suddetta Raccomandazione n. 2 richiede l’implementazione di forme di sostegno attivo all'occupazione, anche alla luce di un considerando in cui il Consiglio rileva la necessità di elevare la capacità di collocamento da parte dei servizi pubblici per l'impiego e integrarli meglio con i servizi sociali, l'apprendimento degli adulti e la formazione professionale.

 

In merito ai predetti aspetti, il Programma preannuncia l’impegno del Governo ad avviare una riqualificazione dei servizi e delle politiche del lavoro per migliorare l’occupazione e l’occupabilità delle persone - soprattutto dei giovani (in particolare i NEET), delle donne e dei gruppi vulnerabili - nonché per contrastare i fenomeni di povertà, attraverso la conclusione del processo di modernizzazione del mercato del lavoro avviato nello scorso anno, in particolare con l’introduzione del Reddito di cittadinanza (Rdc).

In tale contesto, si inserisce l’attuazione del piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro (CPI)[30], principalmente attraverso il completamento dell’assunzione di 11.600 unità di personale nel triennio 2019-2021, connessa alla seconda fase di investimento in politiche attive prevista dal decreto legge n. 4/2019 istitutivo del RdC volta alla realizzazione dell’obiettivo condiviso dall’Unione Europea di inclusione attiva e benessere collettivo, in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali.

Il predetto Piano autorizza le regioni, le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, le province e le città metropolitane (se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale) ad assumere personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dal 2021, fermo restando quanto previsto dalla legge di bilancio 2019 che ha autorizzato le regioni ad assumere fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego.

 

Il PNR dà conto, inoltre, dello stato di attuazione del Reddito di cittadinanza[31], dell’intenzione del Governo di dare piena operatività alle due piattaforme digitali per la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l’inclusione sociale – con particolare attenzione anche all’operatività della piattaforma Gestione patti per l’inclusione sociale (GEPI) di coordinamento dei Comuni per gestire la verifica dei requisiti e degli obblighi connessi al RdC – di proseguire nella sperimentazione dell’assegno individuale di ricollocazione e di estendere la disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione organizzate mediante le piattaforme digitali.

 

Si segnala, inoltre, che nell’Allegato al DEF 2020 relativo agli interventi nelle aree sottoutilizzate il Governo dà conto di due sperimentazioni effettuate nel 2017 e nel 2019 da ANPAL, a supporto all’attività degli operatori dei centri per l’impiego nella fase di orientamento e profilazione qualitativa degli utenti, evidenziando come tali sperimentazioni rappresentano un utile test di fattibilità di utilizzo dello strumento Programme for the International Assessment of Adult Competencises online (sviluppato dall’OCSE) per l’integrazione dei servizi di politica attiva e di istruzione degli adulti, al fine di fornire opportunità di rafforzamento delle competenze chiave in favore degli utenti dei servizi per l’impiego con bassi livelli di qualificazione o di competenze.

 

Infine, con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, il Programma sottolinea che l’implementazione delle suddette misure contribuirà al miglioramento dei risultati dell’Italia relativi all’Obiettivo n. 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica”, in particolare per gli indicatori dell’area occupazione. Il Programma sottolinea infatti come l’introduzione del RdC potrà sostenere concretamente la ricerca di una occupazione anche grazie al summenzionato impegno del Governo a dare piena attuazione alle due piattaforme digitali ad esso collegate e a completare il potenziamento dell’operatività dei centri per l’impiego.

Politiche per l’eliminazione dei divari di genere

Le politiche a favore del rafforzamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e il rispetto del principio costituzionale della parità di genere nelle retribuzioni rientrano nell’area prioritaria 2 del PNR.

Tali tematiche sono oggetto di una parte della Raccomandazione n. 2 del Consiglio dell’Unione europea del 2019, nonché di una parte della Raccomandazione n. 2, approvata dal Consiglio dell’UE il 20 luglio 2020.

In particolare, nell'atto summenzionato del 2019, il Consiglio ha raccomandato, tra l’altro, di sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, come sottolineato anche nella Relazione per paese relativa all'Italia 2020[32]. Con riferimento invece agli anni 2020 e 2021, la suddetta Raccomandazione n. 2 richiede di attenuare l'impatto della crisi (derivante dal contagio da COVID-19) sull'occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e forme di sostegno attivo all'occupazione medesima, anche alla luce di un considerando in cui il Consiglio rileva come per il futuro, al fine di promuovere una ripresa sostenibile e inclusiva, rimanga fondamentale l'integrazione nel mercato del lavoro delle donne[33].

 

Preliminarmente si evidenzia che la parità di genere costituisce una delle tre linee strategiche su cui è costruito il Piano di rilancio del Paese.

Passando agli impegni del Governo in merito ai predetti aspetti, il Programma preannuncia che le misure già messe in atto per procedere alla eliminazione del divario di genere, concretizzatesi in incentivi all’occupazione femminile e in diversi strumenti di sostegno alla maternità e alla conciliazione vita-lavoro, saranno rafforzate con una estensione triennale dello sgravio contributivo previsto in favore dei datori di lavoro che assumono donne, potenziandolo nelle aree dove maggiore è il fenomeno di un basso livello di occupazione femminile.

Al riguardo, la L. 92/2012 ha riconosciuto un incentivo per le assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni svantaggiate, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti. Per tali assunzioni è riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro per la durata di dodici mesi (diciotto se la suddetta assunzione è a tempo indeterminato o se vi è una trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato).

Tra gli incentivi per la promozione dell’occupazione femminile previsti dalla normativa vigente si ricordano, inoltre: il contributo triennale, nel limite massimo di importo pari a 350 euro su base mensile, riconosciuto dalla legge di bilancio 2018 in favore delle cooperative sociali che assumono, con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel 2018, donne vittime di violenza di genere; lo sgravio contributivo totale (entro il limite massimo di 8.000 euro su base annua ) per gli anni 2020, 2021 e 2022 in favore delle società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo

 

Tra gli obiettivi del Governo rientra poi il rafforzamento dei vigenti strumenti di trasparenza retributiva, in particolare previsti dall’articolo 46 del codice delle pari opportunità - che contempla l’obbligo per le aziende pubbliche e private che occupano più di cento dipendenti di redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale - sul quale la XI Commissione della Camera ha all’esame diverse proposte di legge.

Il Programma sottolinea come tale azione sia anche in linea con le indicazioni della Commissione Europea, contenute nella nuova “Strategia europea per l’uguaglianza di genere 2020-2025” – che delinea le azioni principali da intraprendere nei prossimi 5 anni per il raggiungimento della parità di genere - tra le quali vi è l’introduzione di misure vincolanti a favore della trasparenza retributiva entro il 2020.

 

Il Governo si impegna, inoltre, a proseguire gli interventi volti a promuovere la piena partecipazione delle donne ai processi decisionali e alla vita economica e politica, anche con riferimento alla leadership, in linea con la legge di bilancio per il 2020 che ha prorogano da 3 a 6 i mandati in cui trovano applicazione, per gli organi apicali delle società quotate, le disposizioni in tema di tutela del genere meno rappresentato - che dovrà ottenere almeno i 2/5 degli amministratori eletti (pari al 40 per cento in luogo del 33 per cento attualmente vigente) - e che rafforza il criterio di riparto degli amministratori e dei membri dell'organo di controllo, volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi.

 

Infine, con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, il Programma sottolinea che l’implementazione delle suddette misure contribuirà al miglioramento dei risultati dell’Italia relativi all’Obiettivo n. 5 “Uguaglianza di genere”, in particolare per gli indicatori dell’area occupazione. Il Programma sottolinea infatti che il divario di genere in Italia è ancora molto ampio, soprattutto relativamente ai tassi di occupazione femminile, in cui il gap rispetto agli uomini rimane tra i più alti d’Europa[34]. In conseguenza di ciò, appare necessario intervenire sui molteplici aspetti di tale divario e che riguardano, prioritariamente, la partecipazione al mondo del lavoro.

Contrattazione decentrata

La promozione della contrattazione decentrata, nell’ambito di un riordino complessivo dei livelli della contrattazione, al fine di conseguire un miglior allineamento fra i compensi e la produttività del lavoro all’interno di un sistema di contrattazione collettiva multilivello, è oggetto della Area Prioritaria 2 del Piano nazionale delle riforme, unitamente al rafforzamento del sistema di prevenzione e protezione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Tali linee prioritarie rispondono, in particolare, alla Raccomandazione n.2 del Consiglio dell’Unione europea del 2019 e, con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, si inscrivono nell’Obiettivo n.8 (Lavoro dignitoso e crescita economica).

 

 

La Raccomandazione n. 2, invitava l'Italia ad adottare provvedimenti nel 2019 e nel 2020 al fine specifico di garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali fossero efficacemente integrate e coinvolgessero, in particolare, i giovani e i gruppi vulnerabili[35].

Con riferimento a tali previsioni, la Relazione Paese 2020 per l’Italia rilevava che il ricorso alla contrattazione collettiva a livello aziendale o locale resta limitato, mentre sono in discussione disegni di legge sulle retribuzioni minime garantite.

L’Obiettivo n.8 dell’Agenda 2030 coinvolge, invece, il tema occupazionale, con indicatori che rilevano il tasso di occupazione ma anche la qualità del lavoro per tutte le categorie – in particolare per quelle a più elevato rischio di esclusione – l’equità nelle retribuzioni, le condizioni di sicurezza e l’eliminazione di ogni forma di sfruttamento del lavoro.

 

Il Piano rileva che le misure di sostegno alla contrattazione collettiva di secondo livello in essere, si inseriscono in un più ampio progetto di rafforzamento della contrattazione collettiva  nazionale e di integrazione dei diversi ambiti e livelli di negoziazione anche al fine di contrastare il dumping contrattuale. In tale ottica si colloca anche la proposta di istituzione di un salario minimo quale strumento di sostegno del potere d’acquisto dei salari e vettore di protezione e rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale nei settori più deboli e a basso tasso di sindacalizzazione nei quali strutturalmente non opera la contrattazione di secondo livello.

 

Tra le misure di sostegno in essere, di cui sopra, si fa riferimento alla Legge di Stabilità 2016, che dispone la detassazione dei premi di produttività (applicando l’aliquota d’imposta del 10 per cento sui premi di produttività di 3.000 euro lordi) ed una misura di decontribuzione del 20 per cento per il datore di lavoro e totale per il lavoratore nel caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro[36].

Anche al fine di monitorare il mercato del lavoro il Governo si impegna, inoltre,ad istituire l’osservatorio nazionale del mercato del lavoro

 

Seguendo la medesima ratio si collocano gli interventi di promozione del dialogo con le Parti sociali e istituzionali, da realizzare:

§  attraverso la riforma della rappresentanza sindacale.

In questo ambito si segnala anche la sottoscrizione, a settembre 2019, della Convenzione sulla Rappresentanza tra l’INPS, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e le Parti sociali, che implementa il Testo Unico sulla Rappresentanza, siglato nel 2014 e modificato nel 2017.

 

§  promuovendo diversi interventi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, tra i quali rientra la realizzazione di un piano straordinario lanciato con l’istituzione, a settembre 2019, di un apposito tavolo di lavoro sul tema, con l’obiettivo di dare completa attuazione e aggiornare il Testo Unico per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, specialmente nella fase di riapertura post pandemia. In tale ottica sono state elaborate strategie efficaci di prevenzione del rischio biologico e di gestione della sorveglianza sanitaria da porre in essere per affrontare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e garantire un graduale riapertura della attività in piena sicurezza.

§  al fine di incentivare il lavoro agile, consentendo alle parti sociali di stipulare specifiche intese di rimodulazione dell’orario con cui quota parte dell’orario di lavoro viene destinata a specifici percorsi formativi. Le ore non lavorate e destinate alla formazione sono a carico della finanza pubblica ivi compresi gli oneri contributivi e previdenziali e la remunerazione dei formatori (mediante utilizzo del Fondo nuove competenze di recente istituzione);

§  valorizzando l’opportunità della finestra di contrattazione collettiva (triennio 2019-2021) per il  personale pubblico. A tal fine, si evidenzia che sono stati già allocati 3,37 miliardi nella Legge di Bilancio per il 2020, per il finanziamento dei rinnovi per il periodo 2019-21, sia per il personale contrattualizzato ARAN, sia per quello in regime di diritto pubblico (FF.AA., Corpi di Polizia, Vigili del Fuoco, Prefetti e Diplomatici).

 

 

 


 

Area prioritaria 3

Ammortizzatori sociali e sistema previdenziale

L’Area Prioritaria n.3 fa riferimento alla tematica degli ammortizzatori sociali e del Sistema previdenziale.

Con riferimento al primo aspetto, nel Piano il Governo manifesta l’intenzione di “avviare una ricognizione degli ammortizzatori sociali per definire, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, un intervento organico nel settore. Riguardo agli strumenti di sostegno alla disoccupazione e alla crisi d’impresa, uno degli obiettivi è di favorire un migliore utilizzo dei fondi europei in termini di efficacia ed efficienza finanziaria, anche al fine di ridurre le disparità economiche e sociali che caratterizzano le Regioni del Mezzogiorno. L’intervento del Governo è anche volto a cogliere pienamente, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le opportunità offerte dall’introduzione del nuovo meccanismo di sostegno comunitario SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) [37] di mitigazione del rischio di disoccupazione, finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni comunitarie, che consentirà di erogare prestiti a condizioni favorevoli per finanziare i maggiori oneri connessi all’istituzione e o all’estensione di regimi di riduzione dell’orari.

La Raccomandazione n.2 del Consiglio dell’Unione europea del 2020, tenuto conto dell'impatto della pandemia di Covid-19 e delle sue conseguenze,  auspica che l'Italia adotti provvedimenti nel 2020 e nel 2021 al fine di “fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici e per le persone in situazioni di vulnerabilità.

 

Con riferimento al tema previdenziale, invece, rileva, in particolare, la Raccomandazione n.1 del Consiglio dell’Unione europea del 2019, che chiedeva all’Italia di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

 

La predetta Raccomandazione muoveva dall’analisi del Consiglio, in base alla quale si rilevava che “la spesa dell'Italia per le pensioni, pari a circa il 15 % del PIL nel 2017, è tra le più elevate dell'Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell'indice di dipendenza degli anziani. Il bilancio 2019 e il decreto legge di attuazione del nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 tornano indietro su elementi delle precedenti riforme delle pensioni, aggravando la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche. Queste nuove norme aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica a medio periodo. Tra il 2019 e il 2021 il nuovo regime di pensionamento anticipato ("quota 100") consentirà alle persone che hanno versato 38 anni di contributi di andare in pensione a 62 anni. È stato inoltre esteso l'ambito di applicazione delle disposizioni vigenti in materia di pensionamento anticipato, in particolare sospendendo fino al 2026 l'indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo, introdotta dalle precedenti riforme pensionistiche…..L'elevata spesa pubblica per le pensioni comprime altri elementi della spesa sociale e di spesa pubblica a favore della crescita, come l'istruzione e gli investimenti, e riduce i margini per diminuire la pressione fiscale complessivamente elevata e il consistente debito pubblico. Inoltre, l'ampliamento della possibilità di pensionamento anticipato potrebbe ripercuotersi negativamente sull'offerta di lavoro, in un contesto in cui l'Italia è già al di sotto della media dell'Unione per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori anziani (55-64 anni) all'occupazione, il che ostacolerebbe la crescita potenziale e aggraverebbe la sostenibilità del debito pubblico. Al fine di limitare l'aumento della spesa per le pensioni, dovrebbero essere pienamente attuate le già adottate riforme pensionistiche volte a ridurre le passività implicite derivanti dall'invecchiamento della popolazione. Si potrebbero inoltre conseguire risparmi intervenendo su pensioni di importo elevato che non corrispondono ai contributi versati, nel rispetto dei principi di equità e di proporzionalità.

 

La Relazione per Paese relativa all’Italia 2020, sulle prescrizioni della predetta Raccomandazione n.1 del 2019, registrava, peraltro, “nessun progresso nella riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica”, ed anzi, nella valutazione degli squilibri dell’Italia, si prevedeva che “nel 2020 i nuovi regimi sociali introdotti nel 2019 andranno a gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche e le norme pensionistiche peggioreranno la tendenza a destinare sempre più la spesa pubblica alle pensioni di vecchiaia e di anzianità.

 

Con il Piano nazionale delle riforme, in riferimento alla previdenza, il Governo si impegna nel rafforzamento della sostenibilità, anche di lungo periodo, del sistema previdenziale e della previdenza complementare, al fine di limitarne il peso sul debito pubblico. In funzione di questo obbiettivo, si rileva di aver già intrapreso un confronto con le parti sociali in vista della conclusione della sperimentazione di ‘Quota 100’, (che la legislazione vigente fissa per fine 2021), valutando le scelte in materia alla luce della sostenibilità del sistema previdenziale e del debito pubblico garantendo al contempo il rispetto per l’equità intergenerazionale e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, la tematica degli ammortizzatori sociali si inscrive negli Obiettivi n. 1 (Povertà zero), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) e 10 (Ridurre le diseguaglianze), mentre la tematica previdenziale, nelle prospettazioni operative del Governo, si inscrive nell’Obiettivo 17 (Partenariato per gli obiettivi), relativamente agli indicatori macroeconomici sulla sostenibilità dei bilanci e del debito pubblico.


 

Lotta alla povertà, reddito di cittadinanza, contrasto del lavoro sommerso

Lotta alla povertà e reddito di cittadinanza

Nell’area prioritaria 3 del PNR rientra anche l’impegno del Governo per lo sviluppo del sistema dei servizi e degli interventi sociali, a partire dalle misure previste nell’ambito del Reddito di Cittadinanza, per assicurare un adeguato sostegno a quanti si trovano in condizioni di difficoltà

Tali tematiche sono oggetto di una parte della Raccomandazione n. 2 del Consiglio dell’Unione europea del 2019, nonché di una parte della Raccomandazione n. 2, approvata dal Consiglio dell’UE il 20 luglio 2020.

In particolare, nell'atto summenzionato del 2019, il Consiglio ha raccomandato, tra l’altro, di garantire l’efficace integrazione tra le politiche attive del lavoro e le politiche sociali, come evidenziato anche nella Relazione per paese relativa all'Italia 2020[38]. Con riferimento invece agli anni 2020 e 2021, la suddetta Raccomandazione n. 2 richiede di fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, anche alla luce di un considerando in cui il Consiglio sottolinea la necessità di fornire servizi per l'inclusione sociale e nel mercato del lavoro, obiettivo che potrebbe essere in parte conseguito anche con una maggiore diffusione del Reddito di cittadinanza tra i gruppi vulnerabili.

 

In merito ai predetti aspetti, viene in considerazione l’impegno del Governo a valutare l’efficienza e l’efficacia del RdC e ad introdurre i necessari miglioramenti. Il Governo, infatti, evidenzia come nel prossimo futuro sarà necessario verificare i risultati di tale strumento rispetto all’inserimento lavorativo del percettore, anche in conseguenza del fatto che l’attuale crisi pandemica ne ha complicato la valutazione ed enfatizzato il ruolo di strumento volto al sostegno alla povertà.

 

Tra gli obiettivi del Governo viene poi menzionata la graduale introduzione di un salario minimo orario collegato alla contrattazione collettiva nazionale, sul quale la 11a Commissione del Senato ha all’esame diverse proposte di legge.

 

Il PNR dà conto, inoltre, dell’intenzione del Governo di rafforzare le tutele e le protezioni sociali dei lavoratori reclutati con piattaforme digitali[39], da affiancare a quelle previste per i lavoratori subordinati e i collaboratori coordinati e continuativi, nonché di salvaguardare i livelli occupazionali nelle aree di crisi industriale complessa, con particolare attenzione alle misure di sostegno al reddito dei lavoratori operanti in tali aree.

 

Infine, con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, il Programma sottolinea che l’implementazione delle suddette misure contribuirà al miglioramento dei risultati dell’Italia relativi agli Obiettivi n. 1 “Povertà zero”, n. 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica” e 10 “Ridurre le disuguaglianze”, in particolare per gli indicatori dell’area occupazione. Il Programma sottolinea infatti come la piena operatività del Rdc potrà sostenere concretamente la ricerca di una occupazione, nonché come il reddito e la pensione di cittadinanza potranno essere strumenti idonei a migliorare la situazione di quanti si trovano in condizione di povertà o esclusione sociale.

Contrasto del lavoro sommerso

Le politiche di contrasto al lavoro sommerso costituiscono oggetto delle Area Prioritaria 3 e rispondono alla Raccomandazione n.2 del 2019, del Consiglio dell’Unione europea, che chiede, appunto, di “intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso”.

 

Nella prospettazione analitica del problema, si rileva, da parte del Consiglio, che “il lavoro sommerso è diffuso in Italia, in particolare nelle regioni meridionali. Secondo le stime dell'Istituto nazionale di statistica, l'economia non osservata rappresentava circa 210 miliardi di EUR (12,4 % del PIL) nel 2016. Di questi, circa il 37,2 % è imputabile al lavoro sommerso. Il fenomeno riguarda in particolare i gruppi più vulnerabili come i migranti, le donne e i minori. Il nuovo Ispettorato nazionale del lavoro, operativo dal 2017, si è concentrato in particolare sul fenomeno del caporalato nel settore dell'agricoltura, caratterizzato da un elevato tasso di irregolarità e dal rischio di sfruttamento lavorativo, in particolare dei migranti irregolari. Oltre a un attento monitoraggio delle misure adottate di recente, sono necessari ulteriori provvedimenti intesi ad affrontare e prevenire il lavoro sommerso e lo sfruttamento e a garantire l'equità e la sicurezza delle condizioni di lavoro”.

 

Nella Relazione Paese sull’Italia del 2020, si rileva che il nostro Paese ha compiuto progressi limitati nel dar seguito a questa raccomandazione in quanto l'ispettorato nazionale del lavoro, insieme ad altri servizi, ha bandito un concorso per assumere nuovi ispettori del lavoro. Il numero totale delle imprese ispezionate è, tuttavia, diminuito nel 2018.

 

Nel Piano, il Governo focalizza l’azione di contrasto al lavoro sommerso, mediante il monitoraggio delle misure adottate e l’attuazione di ulteriori interventi contro il caporalato, proseguendo il lavoro svolto con le amministrazioni regionali e territoriali interessate dopo la approvazione, a febbraio 2020, di un Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022). Esso prevede dieci assi di intervento per rendere effettive le misure esistenti, soprattutto quelle di prevenzione e vigilanza, anche attraverso la messa a punto di un sistema informativo che favorisca l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e renda trasparente la selezione dei lavoratori. A ciò si aggiungono gli strumenti per mappare i fabbisogni di lavoro agricolo, garantire la protezione e l’assistenza dei lavoratori, le attività di informazione e sensibilizzazione, la vigilanza, il contrasto agli abusi e la rete del lavoro agricolo di qualità. Un passo significativo in questo senso è stato fatto con le norme del D.L. ‘Rilancio’, volte a favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari[40] e con le misure contenute nel D.L. ‘fiscale’, per contrastare la convenienza fiscale (in termini di IVA e mancato versamento di ritenute) della somministrazione illecita di manodopera.

 

Con riferimento ai 17 Obiettivi di sviluppo (SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030, il tema del lavoro sommerso si inscrive negli Obiettivi 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) e 10 (Ridurre le diseguaglianze).

Il Governo porterà, infine, a conclusione il percorso per l’attuazione e l’operatività della riforma del terzo settore che prevede l’attivazione di processi di integrazione condivisa e partecipativa con gli enti del terzo settore e gli altri portatori di interesse.

 


 

Politiche sociali e sostegno alle famiglie

Il tema delle politiche sociali e del sostegno alle famiglie rientra nell’Area prioritaria n. 3 del PNR (Politiche sociali, sostegno alle famiglie e lotta alla povertà) che sottolinea che esse sono state notevolmente rafforzate negli ultimi anni e che appare ora necessario inserirle in un quadro organico e coerente per migliorare la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

L’area delle “politiche sociali” è inoltra contenuta in una parte della Raccomandazione n. 2 del 2019 che invita il nostro Paese ad “intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano in particolare i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale”.

Con riferimento poi agli anni 2020 e 2021, la raccomandazione n. 2 del 2020 richiede all’Italia di “fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l'impatto della crisi sull'occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all'occupazione; rafforzare l'apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali”.

 

Per la realizzazione delle finalità sopracitate il Governo è impegnato ad agire con politiche che includono:

§  misure congiunturali per il sostegno alle famiglie durante la fase di emergenza sanitaria;

 

In risposta all’emergenza Covid-19 il Governo ha introdotto un congedo straordinario per la cura dei figli durante il periodo di sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle attività didattiche che può essere utilizzato da uno od entrambi i genitori, non negli stessi giorni e nel limite complessivo di 30 giorni per nucleo familiare. In alternativa al congedo è stata prevista la possibilità di usufruire di un bonus baby-sitting (dal 5 marzo al 31 luglio) nel limite massimo di 1.200 euro, da parte di dipendenti di aziende private, lavoratori autonomi e lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, nonché entro il limite massimo di 2.000 euro da parte dei lavoratori dipendenti del settore sanitario pubblico o privato accreditato, nonché del personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per esigenze connesse all’emergenza epidemiologica.

È stato inoltre previsto che per il 2020 possano ottenere la “Carta famiglia” tutte le famiglie con almeno un figlio a carico (anziché con 3 figli a carico) in tutto il territorio nazionale.

La Carta consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi, ovvero a riduzioni tariffarie concesse dai soggetti pubblici o privati che intendono contribuire all'iniziativa. In ogni caso, gli sconti e/o le riduzioni concesse devono essere almeno pari al cinque per cento del prezzo offerto al pubblico.

Per un esame completo delle politiche sociali adottate per fronteggiare l'emergenza coronavirus si veda qui il relativo tema.

 

§  introduzione di un Piano strutturale e integrato di politiche familiari (Family Act).

A tale proposito il PNR sottolinea che verrà gradualmente introdotto, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, un assegno universale per i figli, saranno promosse politiche di sostegno alla loro educazione, sarà avviata una revisione dei congedi parentali in un’ottica di condivisione dei carichi di cura tra uomo e donna e di miglior conciliazione vita-lavoro; sarà perseguita la promozione del lavoro femminile, nonché favorita l’autonomia e l’iniziativa giovanile.

 

Va ricordato che il Governo ha presentato  alla Camera il disegno di legge[41], collegato alla legge di bilancio 2020, recante deleghe al Governo per sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani, nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro e, in particolare, con quello femminile. Il provvedimento intende ricondurre in una cornice unitaria e sistemica le misure in favore delle famiglie con figli a carico (materia oggetto di molteplici aggiustamenti modificativi, ampliativi o integrativi) con la finalità di ampliare la portata degli interventi agli incapienti e agli autonomi, assicurando al contempo agli attuali beneficiari lo stesso livello di prestazioni.

Nel complesso gli interventi del Governo sono finalizzati a sostenere, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, la natalità con un supporto economico non limitato ai primi anni di vita ma protratto fino a quando il giovane acquisirà l’indipendenza economica dalla famiglia d’origine. Si tratta di investire nelle famiglie e nei figli quale bene comune in grado di generare valore umano, sociale ed economico.

Incidendo su materie e ambiti diversi, il calendario delle deleghe viene esercitato con scadenze temporali differenti, a seconda dell’oggetto della delega. Più precisamente:

§   entro 12 mesi la delega per: l’istituzione dell’assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico (art. 2); il riordino delle misure di sostegno per l’educazione dei figli (art. 3);

§  entro 24 mesi la delega per: la disciplina dei congedi parentali e di paternità (art. 4); per incentivare il lavoro femminile e l’armonizzazione dei tempi di vita e lavoro (art. 5); per sostenere l’autonomia finanziaria dei giovani (art. 6).

 

§  adozione di una disciplina organica (‘Codice’) in materia di disabilità, finalizzata a ridisegnare il sistema di tutela e di inclusione sociale, lavorativa ed educativa delle persone con disabilità, nonché a prevedere un efficientamento dei processi di erogazione dei benefici.

 

A tale proposito il PNR ricorda l’adozione con D.P.C.M. del 21 novembre 2019 del primo Piano per la non autosufficienza, relativo al triennio 2019-2021, che traccia un percorso graduale per rafforzare gli interventi destinati alle non autosufficienze gravi e gravissime e per la cui realizzazione sono stanziati 1,7 miliardi.

Il Governo preannuncia inoltre la presentazione di un disegno di legge delega sulla disabilità, anch’esso collegato alla legge di bilancio 2020, destinato a razionalizzare e definire interventi mirati in tale ambito. Il “Codice” sarà finalizzato non solo a rafforzare le misure di assistenza sul territorio e di sostegno al reddito ma anche a potenziare quelle dirette al superamento delle barriere che impediscono la partecipazione al mercato del lavoro delle persone non autosufficienti in condizione di eguaglianza con gli altri. A tale finalità sono dedicate le risorse finanziarie stanziate con la legge di bilancio 2020 sul nuovo Fondo per la disabilità e non autosufficienza.

A tale proposito va ricordato che la legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 330, della legge 160/2019) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo denominato "Fondo per la disabilità e la non autosufficienza", con una dotazione pari a 29 milioni di euro per il 2020, a 200 milioni di euro per il 2021, a 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi a favore della disabilità, finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno in materia. Tali interventi, ai sensi della norma istitutiva, dovranno essere attuati con appositi provvedimenti normativi, nei limiti di spesa previsti. Sul punto si ricorda che la NaDef ha preannunciato, a completamento della manovra di bilancio 2020-2022, quale collegato, un disegno di legge in materia di disabilità al quale sembrano destinate le risorse accantonate nel Fondo.

Va infine ricordato che l’implementazione delle misure strutturali relative alle politiche sociali, al sostegno alle famiglie e al contrasto alla povertà contribuirà al miglioramento degli Obiettivi 1 (Povertà zero), 3 (Salute e benessere) e 10 (Ridurre le disuguaglianze) dell’Agenda 2030.

Sanità

Anche il settore della sanità rientra nell’Area prioritaria n. 3 del PNR. Nella recente  Raccomandazioni al Paese per il 2020-2021, la Commissione Europea ha invitato l’Italia a rafforzare la capacità di risposta del Sistema Sanitario sul piano della forza lavoro nel settore, in special modo per migliorarne la formazione ed il mantenimento in servizio, oltre che dei livelli di assistenza medica e degli investimenti pubblici nelle strutture per garantirne nel tempo l’accessibilità. Sul piano della ricerca sanitaria, si raccomanda di migliorare la cooperazione tra scienza e industria medica per portare sul mercato i risultati della ricerca su vaccini e terapie.

Nel descrivere le misure adottate ed il loro impatto qualitativo, il Programma Nazionale di Riforma 2020 ha evidenziato le seguenti misure in attuazione dei principali obiettivi rilevanti ai fini delle Raccomandazioni, tutte con un impatto sugli obiettivi 3 (Salute e Benessere) e 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) dell’Agenda 2030:

§  miglioramento dell’efficienza nel settore sanitario con l’abolizione, dal 1° settembre 2020, della quota di compartecipazione al costo in misura fissa per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale (cd. superticket), in attesa della revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria, come previsto dalla legge di bilancio 2020[42], e l'istituzione della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza[43], oltre che del referto epidemiologico, inerente alla valutazione dello stato di salute complessivo della popolazione;

§  per fronteggiare l’emergenza e contrastare l’epidemia COVID-19, è stato innanzitutto disposto l'incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per un ammontare pari a 1.410 milioni nel 2020[44], con distinta evidenza contabile delle somme trasferite ai servizi sanitari regionali per l’emergenza sanitaria[45]. Complessivamente, ammontano a 8 miliardi di euro le risorse per l’emergenza sanitaria destinate anche alla Protezione civile. Con tali incrementi di spesa sono stati, tra l’altro finanziati interventi per:

o   il potenziamento del personale sanitario, in particolare con nuove assunzioni, anche di personale medico ed infermieristico militare, e la valorizzazione degli specializzandi all’interno delle reti assistenziali, anche per il completamento della riforma dell’assistenza territoriale già avviata con la definizione di un nuovo ruolo per il medico di medicina generale.

Più in dettaglio, sono stati disposti incentivi ed incarichi di lavoro autonomo e, per garantire l’assistenza in caso di sostituzione del medico di medicina generale, è stata prevista la possibilità di esercitare la professione di medico-chirurgo dopo il conseguimento della laurea in Medicina e chirurgia previo giudizio di idoneità (cd. laurea abilitante), oltre che maggiori assunzioni per l’attività di prevenzione e di potenziamento delle reti di assistenza territoriale, e dei reparti di pneumologia e virologia. In particolare, è stato previsto l’incremento dei posti letto in terapia intensiva (per ulteriori 3.500 posti e 4.225 posti letto di terapia sub intensiva) e nelle unità di pneumologia e malattie infettive. È stato inoltre disposto il riconoscimento della specifica funzione assistenziale, con un incremento tariffario per le attività rese a pazienti COVID-19 per i maggiori costi correlati all'allestimento dei reparti e alla gestione dell'emergenza (art. 4, DL. 34/2020, cd. Rilancio);

o   il potenziamento del sistema sanitario nazionale, con incentivi per la produzione di dispositivi medici e di protezione individuale[46], forniti in via prioritaria a medici ed operatori sanitari e sociosanitari, oltre che per la prevenzione della diffusione del COVID-19 negli Istituti penitenziari.

 

Particolare attenzione, peraltro, è riservata alla digitalizzazione dell’assistenza medica ai cittadini, mediante la diffusione del fascicolo sanitario elettronico (FSE) e della telemedicina legati al nuovo sistema informativo sanitario che supporterà Regioni e Ministero della Salute, con investimenti previsti anche in relazione al fronte delle cronicità e delle cure a domicilio per superare le attuali carenze del sistema delle residenze sanitarie assistite (RSA), emerse soprattutto a causa dell’emergenza sanitaria.

Ulteriori investimenti per rispondere alle nuove esigenze sanitarie si profilano inoltre con riferimento all’organizzazione e al coordinamento tra Stato e Regioni, per il miglioramento delle infrastrutture sanitarie, il cui fabbisogno è stimato pari a 32 miliardi, compresi gli interventi di adeguamento antisismico, antincendio e ammodernamento tecnologico[47], in un approccio interdisciplinare ed intersettoriale che comprenda medicina ,umana, veterinaria e protezione dell’ambiente. Sul piano della politica farmaceutica, si segnalano la revisione del prontuario farmaceutico nazionale ed il perfezionamento del progetto della farmacia dei servizi, come presidio sanitario sul territorio più accessibile ai pazienti e collegamento tra rete ospedaliera e quella territoriale[48].

Con riferimento alla ricerca scientifica e clinica, legata agli obiettivi 3 (salute e benessere), 8 (lavoro dignitoso e crescita economica) e 9 (imprese, innovazione e infrastrutture) dell’Agenda 2030, il PNR 2020 evidenzia il potenziamento delle attività di ricerca scientifica e formazione professionale, svolte in particolare dagli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) e da ospedali di eccellenza che effettuano prestazioni assistenziali di alta specialità a livello nazionale. A sostegno della loro funzione, è stato, tra l’altro, previsto il riconoscimento per gli anni 2020-2023, di un credito d’imposta in favore dei policlinici universitari non costituiti in azienda, oltre che l’attribuzione di un contributo all'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma [49]. Gli obiettivi di investimento di maggiori risorse nella ricerca medica puntano alla promozione dei network di ricerca esistenti (in cardiologia, oncologia, malattie infettive e terapie intensive) anche per aumentare l’attrattività per imprese farmaceutiche e fondi di ricerca europei e internazionali.

 


 

Area prioritaria 4

Autonomia differenziata e deflazione del contenzioso costituzionale

Tra gli interventi previsti nell’area prioritaria 4 del Programma nazionale di riforma 2020 vi sono specifiche iniziative in materia di autonomia differenziata e di deflazione del contenzioso costituzionale, che - anche in considerazione della collocazione nel documento - parrebbero diretti a dare attuazione alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative all'incremento di efficienza della pubblica amministrazione.

 

In particolare la Raccomandazione n. 3 del Consiglio europeo del 2 luglio 2019 invitata l’Italia  "migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare [..] aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali". La Raccomandazione n.4 del Consiglio europeo del 20 maggio scorso invitava, più in generale, a "migliorare [..] il funzionamento della pubblica amministrazione".

Autonomia differenziata

Con riguardo all'autonomia differenziata, il Governo, nel confermare implicitamente l'intendimento di proseguire nel processo di attribuzione di forme e condizioni ulteriori di autonomia alle regioni a statuto ordinario (in attuazione dell'art.116, terzo comma, della Costituzione), afferma che si opererà con la definizione preliminare dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) nelle materie oggetto di autonomia.

In proposito, la fattiva sinergia fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della recente emergenza sanitaria, basata sui principi di sussidiarietà, adeguatezza e leale collaborazione, a giudizio del Governo ha evidenziato proprio l'importanza di definire i LEP che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e e in modo uniforme.

 

 

Ai sensi dell'art 116, terzo comma, con legge da approvare con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il Parlamento può attribuire alle regioni "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" sulla base di un'intesa fra lo Stato e la regione interessata[50].

L'autonomia differenziata può essere riconosciuta:

1)    in tutte le materie in cui è prevista una potestà legislativa concorrente fra Stato e regione (art. 117, terzo comma, Cost.)[51];

2)    nelle seguenti materie di potestà legislativa esclusiva statale: organizzazione della giustizia di pace (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.); norme generali sull'istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.); tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.).

 

Si tratta di una disposizione che, introdotta nel 2001 in sede di riforma del titolo V della Costituzione, non ha avuto sino ad oggi piena attuazione.

Tuttavia nella parte conclusiva della XVII legislatura sono stati avviati  negoziati con il Governo su iniziativa delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Il 28 febbraio 2018 si è giunti alla sottoscrizione di tre distinti accordi "preliminari" , con cui le parti hanno inteso dare rilievo al percorso intrapreso e alla convergenza su principi generali, metodologia e un preliminare elenco di materie[52] in vista della definizione dell'intesa per l'attribuzione dell'autonomia differenziata.

Con l'avvio della XVIII legislatura le trattative sono proseguite e si sono arricchite con la richiesta delle regioni interessate di estendere la discussione ad ulteriori materie, cui ha fatto seguito un'intensa interlocuzione con le amministrazioni interessate, con la regia del Dipartimento per gli affari regionali. Si è anche ampliato il novero delle regioni che hanno chiesto l'avvio delle trattative con il Governo per l'attuazione dell'art.116, terzo comma[53].

Il tema dell'autonomia differenziata è già oggetto di taluni approfondimenti conoscitivi da parte di Commissioni bicamerali: nello specifico, la Commissione parlamentare per le questioni regionali sta svolgendo l'indagine conoscitiva "sul processo di attuazione del regionalismo differenziato ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione" e la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale ha svolto molteplici audizioni "in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione".

Le principali ragioni che non hanno favorito un'accelerazione del processo in atto, si rinvengono, da un lato, nella diffusione della pandemia, che ha inevitabilmente inciso  sulle priorità di Parlamento e Governo, dall'altro - e ancor prima dello scoppio dell'emergenza sanitaria - nel dibattito politico istituzionale sull'esigenza o meno di procedere senza la previa definizione dei LEP[54]. In breve, si sono confrontate due posizioni distinte: quella di chi riteneva che non si potesse procedere al conferimento delle ulteriori forme e condizioni di autonomia senza prima aver definito i LEP nelle materie interessate  (ciò che avrebbe suggerito una legge ordinaria di disciplina del processo di attuazione dell'art. 116, terzo comma) e chi sosteneva che tale definizione fosse molto complessa[55] e che si dovesse piuttosto procedere comunque, sulla base di una disciplina transitoria, rinviando ad una fase successiva l'individuazione dei LEP.

 

L'attuazione del processo di autonomia differenziata proseguirà, negli intendimenti dell'Esecutivo, in parallelo con la definizione di strumenti perequativi, inclusi quelli di carattere infrastrutturale, con l'obiettivo di ridurre il divario tra il Nord e il Sud del Paese, in attuazione dei principi di coesione e di solidarietà nazionale.

 

In tema di perequazione strutturale, occorre ricordare l'incompleta attuazione dell'art.119, quinto comma, della Costituzione[56], ed in particolare dell'ambizioso progetto di operare una ricognizione delle infrastrutture del Paese sulla base della quale impostare un programma di interventi mirati ad assorbire o quanto meno ridurre i divari territoriali[57].

 

I richiamati impegni assunti dal Governo nel presente documento erano stati peraltro già anticipati dal Ministro per i rapporti con le regioni in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per le questioni regionali[58] e la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale[59]. In quelle occasioni il Ministro ha preannunciato l'intenzione di presentare un disegno di legge di attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione, in cui si preveda, fra l'altro: i) la determinazione, nelle materie oggetto di attribuzione, dei LEP o degli obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale e dei fabbisogni standard; ii) sia effettuata - per le sole finalità del provvedimento - la ricognizione della dotazione infrastrutturale riferita alle reti stradali, autostradali, ferroviarie e di comunicazione, nonché alle strutture portuali e aeroportuali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dello sviluppo economico (con successiva trasmissione della stessa al Presidente del Consiglio dei ministri).

 

Nell'ambito di un più generale interesse a potenziare gli investimenti strutturali nel Paese, ed in particolare i progetti di interesse nazionale, il Governo segnala altresì l'obiettivo di contrastare "quei vincoli e colli di bottiglia che ne hanno limitato e ritardato l’effettiva realizzazione nel passato", attraverso un rafforzamento della sinergia fra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riferimento agli ambiti di competenza concorrente.

 

Contenzioso costituzionale

Ulteriore impegno che il Governo si assume nel presente documento è quello di "proseguire nella definizione di iniziative (normative o concertative)" dirette al tal fine di ridurre il contenzioso fra Stato, regioni e province autonome, "anche mediante l’introduzione di strumenti normativi di conciliazione e prevenzione dei conflitti".

 

Anche tale impegno è in sintonia con quanto affermato dal Ministro per le questioni regionali, nel corso della richiamata audizione presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali, circa l'esigenza di predisporre misure deflattive del contenzioso costituzionale. In quell'occasione, il Ministro ha richiamato l'attenzione del Parlamento sull'ampiezza del contenzioso costituzionale, rilevando che nel periodo 2015-2019 le impugnative statali di leggi delle regioni e delle province autonome hanno interessato il 9,7 per cento del totale delle leggi approvate e che si trattava di ricorsi nella maggior parte dei casi fondati, come testimoniamo le decisioni della Corte costituzionale.

Occorre peraltro precisare che le impugnative tra Stato e autonomie territoriali rappresentano un fenomeno cresciuto in modo rilevante nell'ultimo anno: nella relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2019, si afferma che "i ricorsi di Stato, Regioni, Province autonome sono notevolmente aumentati, passando dagli 87 del 2018 (92 nel 2017) ai 117 del 2019".

In tale relazione viene evidenziata peraltro un'ulteriore criticità, legata al ritardo con cui talvolta Stato e regioni danno attuazione al principio di leale collaborazione e viene sollecitata l'opportunità di individuare meccanismi di conciliazione in una fase che preceda (l'entrata in vigore degli atti legislativi, o quanto meno preceda) le impugnative. Molti giudizi di legittimità in via principale, si osserva, si risolvono con la cessazione della materia del contendere o con l’estinzione del giudizio a seguito di modifiche della normativa impugnata in pendenza del giudizio (nel senso indicato dal ricorrente), spesso grazie ad una collaborazione fra Stato e autonomie successiva all'impugnativa. La relazione stigmatizza, in proposito, la circostanza che "il giudizio davanti alla Corte finisc[a] per essere utilizzato come uno strumento di pressione in vista di ulteriori valutazioni ed eventuali accordi, con un inutile cospicuo investimento di tempo, energie e risorse da parte della Corte".


 

Pubblica amministrazione

Nel settore della pubblica amministrazione, il Programma nazionale di riforma 2020 individua nell’area 4 le priorità di azione finalizzate a rispondere alle Raccomandazioni del Consiglio europeo, nonché ad influenzare positivamente il posizionamento dell’Italia rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile di Agenda 2030.

Semplificazioni e capacità amministrativa

In particolare la Raccomandazione n. 3 del Consiglio europeo per il 2019 - riprendendo sostanzialmente quanto già previsto nelle omologhe Raccomandazioni per il 2017 e 2018 - invitava l’Italia a migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali.

 

Nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia il Consiglio europeo, del 20 maggio 2020, dopo aver sottolineato (24) che:

§  un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione,

§  tra le carenze figurano la lunghezza delle procedure, il basso livello di digitalizzazione e la scarsa capacità amministrativa.

§  per aumentare la capacità della pubblica amministrazione di rispondere alle esigenze delle imprese occorre migliorare e semplificare le normative settoriali, rimuovendo nel contempo gli ostacoli alla concorrenza.

invita l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a “migliorare il funzionamento della pubblica amministrazione”.

 

Con riguardo all’individuazione delle aree prioritarie di intervento, il Governo nel PNR 2020 individua la semplificazione amministrativa e normativa “come fulcro del rilancio della macchina amministrativa”.

Si preannuncia la predisposizione di un pacchetto di azioni rapide in materia, “senza mettere in piedi un ampio testo di riforma, ma realizzando un’agenda per la semplificazione che raccolga e faccia tesoro delle esperienze positive e delle best practice nazionali e internazionali in collaborazione con gli stakeholder, le Regioni e gli Enti Locali”. L’Agenda deve fondarsi su una logica di risultato (attuazione verificata in ‘tempo reale’ sul rispetto dei termini e della riduzione degli oneri e dei tempi effettivamente percepita da cittadini e imprese).

 

In riferimento alle azioni annunciate, nel decreto-legge c.d. semplificazioni (D.L. n. 76/2020) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 luglio e presentato all’esame del Parlamento per la conversione, si prevede l’adozione di una nuova Agenda per la semplificazione per il periodo 2020-2023 concernente le linee di indirizzo e il programma di interventi di semplificazione per la ripresa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, condivisi tra Stato, regioni, province autonome e autonomie locali, nonché il cronoprogramma per la loro attuazione (art. 15) .

L’Agenda deve essere adottata entro il 30 settembre 2020 con le modalità già stabilite dall’art. 24 del D.L. 90 del 2014, ossia approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e previa intesa in sede di Conferenza unificata. Restano ferme le ulteriori modalità di attuazione e monitoraggio dell’Agenda che non sono oggetto di esplicita modifica.

 

Alla fine del 2014, con le previsioni dell’art. 24 del D.L. 90/2014, l’attuazione delle politiche di semplificazione ha acquisito un nuovo strumento: l’Agenda per la semplificazione 2015-2017, sui cui contenuti e attuazione si rinvia al tema dell’attività parlamentare dedicato.

Nel dicembre 2017 è stato raggiunto un accordo in sede di Conferenza unificata per l’aggiornamento 2018-2020 dell’Agenda per la semplificazione, che ha avuto una focalizzazione specifica sulle azioni nei settori edilizia ed impresa

 

Il Governo inoltre dichiara nel PNR che seguiranno interventi per lo snellimento delle procedure autorizzative e di controllo nei settori nei quali è più avvertito dai cittadini e dalle imprese l’eccessivo carico di oneri normativi e burocratici.

Anche su questo punto interviene il recente decreto semplificazioni che prescrive il completamento della ricognizione dei procedimenti amministrativi da parte dello Stato, le Regioni e le autonomie locali, finalizzata ad individuare i diversi regimi applicabili e ad applicare ulteriori misure di semplificazione (art. 15).  Inoltre, al fine di disincentivare l’introduzione di nuovi oneri regolatori, si dispone che, qualora gli atti normativi statali introducano un nuovo onere che non trova compensazione con una riduzione di oneri di pari valore, tale onere è qualificato come onere fiscalmente detraibile (art. 14).

 

Tra le ulteriori disposizioni del citato decreto-legge vertenti sull’azione amministrativa si ricordano le modifiche alla legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990), in funzione di semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa (art. 12). Alcune misure riguardano i termini del procedimento amministrativo e prevedono l’obbligo per le amministrazioni di misurare e rendere pubblici i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti, nonché per le p.a. statali l’obbligo di aggiornare i termini dei procedimenti di rispettiva competenza, prevedendo una riduzione della loro durata. Al fine garantire la piena operatività dei meccanismi di silenzio assenso, viene stabilita l’inefficacia di alcuni provvedimenti adottati fuori termine.

Con ulteriori novelle alla legge 241/1990 in materia di attività consultiva delle pubbliche amministrazioni, si prevede che in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere, ancorché si tratti di un parere obbligatorio, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere (comma 1, lett. f)). Viene introdotto un meccanismo per superare l’inerzia delle amministrazioni proponenti per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi. Si interviene in materia di autocertificazione per aggiornare la normativa e valorizzarne l’applicazione.

Il decreto autorizza inoltre una procedura di conferenza di servizi straordinaria, utilizzabile fino al 31 dicembre 2021 (art. 13). In questo tempo determinato, le pubbliche amministrazioni hanno facoltà, in caso di conferenza di servizi decisoria, di procedere mediante una conferenza semplificata in modalità asincrona, che prevede una tempistica più rapida rispetto a quella ordinaria.

 

Ancora in tema di semplificazione, ulteriori misure dovranno essere adottate a livello amministrativo per intensificare l’applicazione del principio “once only” da ultimo richiamato nel DL 34/2020, annunciando a tal fine l’eventuale ricorso ai poteri sostituitivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 445 del 2000, le singole amministrazioni non possono richiedere atti o certificati concernenti fatti, stati e qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare. Sul punto il decreto rilancio (art. 264, D.L. 34/2020) aggiunge che è nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione procedente o di altra amministrazione.

 

 Si procederà inoltre alla implementazione e al miglioramento della legislazione in tema di prevenzione dei fenomeni corruttivi e di trasparenza nelle Pubbliche Amministrazioni.

 

In proposito si ricorda che presso la I Commissione della Camera è in corso l'esame in sede referente delle proposte di legge C. 705 e C. 1461 volte a modificare la disciplina normativa in materia di conflitti di interessi. In particolare, il testo unificato presentato dal relatore nella seduta del 16 luglio 2020 – interviene su diversi ambiti:

§  reca misure più stringenti in materia di conflitti di interessi per i titolari di cariche di governo nazionale, cui sono equiparati i componenti delle Autorità amministrative indipendenti ai fini dell’applicazione delle previsioni introdotte dalla legge. Tali misure sono applicate anche ai titolari di carica di governo regionale (a tal fine il testo modifica la legge 165 del 2004 che reca i principi fondamentali per le regioni da attuare ai sensi dell’art. 122 della Costituzione) e ai titolari di cariche locali (da attuare con la delega legislativa prevista dal testo con riferimento ai comuni con più di 100.000 abitanti);

§  amplia i casi di ineleggibilità alla carica di deputato e senatore e di consigliere regionale e prevede nuove norme in materia di ineleggibilità dei magistrati e disposizioni riguardanti il regime normativo da applicare ai magistrati che si sono candidati alle elezioni;

§  reca una delega al Governo per la definizione di una disciplina più stringente per la prevenzione e il contrasto dei conflitti di interesse nella pubblica amministrazione, affidando all’ANAC specifici poteri di intervento e sanzione e prevedendo maggiori forme di trasparenza rispetto al quadro normativo vigente. È inoltre previsto un ampliamento delle ipotesi di inconferibilità degli incarichi (attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 39/2012), unitamente a limiti alla possibilità di cumulare ruoli in organi amministrativi e di controllo in società a controllo pubblico e all’estensione dell’ambito soggettivo delle norme in materia di conflitti di interessi.   

 

Il Governo riporta altresì l’intenzione di intervenire per una riforma della comunicazione e informazione delle pubbliche amministrazioni, considerate strategiche al pari della trasparenza. Le linee di riforma valorizzeranno la gestione dell’immagine della PA nella relazione con cittadini e stakeholders utilizzando le nuove piattaforme digitali: nel PNR si richiama su questi temi la costituzione di un gruppo di lavoro.

 

Tra le ulteriori linee di riforma, in tema di valutazione, l’Esecutivo intende proseguire nel percorso di valorizzazione della performance organizzativa delle PA e, in tale direzione, annuncia una iniziativa normativa per accrescere l’indipendenza degli Organismi indipendenti di valutazione (OIV).

 

La misurazione e valutazione della performance di ciascuna struttura amministrativa nel suo complesso compete all’Organismo indipendente di valtazione (OIV) della rispettiva amministrazione, che trova compiuta e generale disciplina nell’articolo 14 del D.Lgs. 150/2009.

Gli OIV sono stati oggetto di un intervento di riordino nella scorsa legislatura, ad opera dapprima del DPR n. 105 del 2016 e successivamente del D.Lgs. n. 74 del 2017, con particolare riguardo ai criteri di selezione e nomina dei componenti di tali organismi, nonché ai compiti affidati, al fine di accrescerne l'indipendenza, individuato come uno degli elementi di criticità nell’attuazione della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 150 del 2009.

Semplificazione normativa

Nel PNR si evidenza come l’inflazione normativa rappresenta un intralcio alla competitività del Paese e verrà quindi avviata una fase di riordino e di codificazione per riuscire a semplificare quella normativa che oggi risulta sovrapposta e frammentata.

Si preannuncia l’intenzione di partire dalla normativa sull’anticorruzione e la trasparenza per la quale è stata già istituita una commissione ad hoc di esperti. Attraverso il rilancio del bilancio degli oneri inoltre, il Governo intende migliorare la valutazione dell’impatto della regolamentazione, dato che, spesso, persino le procedure di semplificazione si sono tradotte in maggiori oneri. In questo ambito rientra anche il lancio di strumenti come la piattaforma ‘ParteciPA’ e del portale unico delle consultazioni (‘consultazioni.gov.it’), necessari non solo per raccogliere informazioni ed elementi conoscitivi, ma anche per valutare gli effetti ex post delle decisioni già adottate.

Organizzazione del lavoro nelle PA

In considerazione della riduzione (pari al 5,6 per cento) del numero dei dipendenti pubblici causata dal blocco del turnover nel periodo 2008-2017, il Programma dà conto dell’impegno del Governo nella prosecuzione del piano di ringiovanimento del personale pubblico, mediante assunzioni mirate soprattutto a colmare le lacune in ambiti tecnologici e specialistici.

A tale proposito, il Governo è impegnato nell’aggiornamento e ammodernamento delle procedure concorsuali e nell’adozione di procedure più snelle e veloci, anche attraverso l’implementazione di un supporto tecnologico dedicato (Portale del reclutamento).

In relazione ai suddetti impegni, il Governo manifesta anche l’intenzione di procedere ad un piano di assunzioni da realizzare tramite un sistema di profilazione orientato alle competenze, soprattutto trasversali e digitali.

Tra gli impegni enunciati dal Governo vi è anche quello volto alla promozione del ricorso allo smart working, che permette di focalizzarsi sulla produttività per obiettivi e di meglio conciliare i tempi di lavoro e quelli della vita privata.

Sul punto, si ricorda che il decreto rilancio (art. 263, D.L. 34/2020) dispone che le amministrazioni pubblichefino al 31 dicembre 2020, in deroga alla disposizione secondo cui la presenza del personale nella PA è limitata agli atti indifferibili e non altrimenti eseguibili (di cui all’art. 87, lett. a), del D.L. 18/2020), le pubbliche amministrazioni organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell'orario di lavoro, applicando il lavoro agile al 50 per cento (dal 10 per cento sinora previsto) del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità. Contestualmente, si dispone che la previsione di cui al richiamato art. 87, lett. a), cessi di avere effetto alla data del 15 settembre 2020.

Il medesimo decreto rilancio ha, inoltre, disposto che le pubbliche amministrazioni elaborano, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il Piano organizzativo del lavoro agile prevedendo che almeno il 60 per cento del personale possa avvalersi della modalità agile per lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Innovazione e digitalizzazione della PA

Il Piano nazionale di riforma 2020 include nell’area prioritaria 4 l’innovazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, individuando le misure necessarie per rispondere alle Raccomandazioni in materia trasmesse dal Consiglio europeo e attuare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

 

Già nelle Raccomandazioni del 2019, il Consiglio sottolineava la necessità di “migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali” (Raccomandazione n. 3).

 

La Commissione Europea, nella Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report) del febbraio 2020 ha preso atto che si sono verificati alcuni progressi nell'aumentare l'efficienza e la digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda in modo specifico l’attuazione della succitata Raccomandazione n. 3 del 2019, la Commissione registra alcuni progressi nel miglioramento del livello di efficacia e digitalizzazione della pubblica amministrazione (Decreto Concretezza, disegno di legge sull'occupazione nel settore pubblico, creazione del ministero dell'innovazione e della digitalizzazione, avvio dell'applicazione IO, ecc.).

 

Il Report si sofferma in modo particolare sulla digitalizzazione dei servizi pubblici, riconoscendo che l'Italia “sta lentamente migliorando la sua performance nell'offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini e le imprese[60]. Nel 2019, tuttavia, il grado di interazione online tra autorità pubbliche e cittadini era ancora limitato: in Italia solo il 32,3 % degli utenti di internet ha optato per moduli e procedure online (media UE: 67,3 %)”. Secondo il Report l’istituzione di un Ministro senza portafoglio per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione “potrebbe sostenere la digitalizzazione, assicurando un migliore coordinamento della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, in particolare a livello locale. Inoltre, nel 2020 il governo lancerà la app per smartphone "IO.it", che si prevede consentirà di rendere facilmente accessibili alcuni servizi pubblici, sia a livello nazionale che locale, tramite dispositivi mobili, aumentandone così l'utilizzo. Per essere efficace, dovrà essere rapidamente estesa ad altri servizi, in modo da fungere da vero e proprio punto di accesso. Infine, l'adozione nel marzo 2019 del nuovo piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021 rappresenta un altro importante sviluppo”.

 

Nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia il Consiglio europeo del 20 maggio 2020, invita l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a realizzare “un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali” (Raccomandazione n. 3) e a “migliorare […] il funzionamento della pubblica amministrazione” (Raccomandazione n. 4).

 

Tali Raccomandazioni trovano fondamento nella considerazione che “un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.” Il Consiglio ritiene basso il livello di digitalizzazione e scarsa la capacità amministrativa, sottolineando che “Prima della crisi la digitalizzazione nelle amministrazioni pubbliche era disomogenea. L'interazione online tra le autorità e la popolazione era modesta e rimane bassa la percentuale di procedure amministrative gestite dalle regioni e dai comuni che possono essere avviate e portate a termine interamente in modo elettronico. La crisi ha inoltre messo in luce la mancanza di interoperabilità dei servizi pubblici digitali” (punto 24 dei considerando premessi alle Raccomandazioni).

 

Il Governo nel PNR 2020 sottolinea in primo luogo che il Piano di Rilancio e, al suo interno, il Recovery Plan, si baseranno su un incremento della spesa, tra cui quella per l’innovazione e la digitalizzazione.

La modernizzazione del Paese, intesa anzitutto, come disponibilità disporre di una Pubblica Amministrazione efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, veramente al servizio del cittadino, costituisce una delle tre linee strategiche attorno a cui è costruito il Piano di rilancio (assieme a Transizione ecologica e Inclusione sociale e territoriale, parità di genere).

Le politiche strutturali con le quali Governo si impegna ad agire su innovazione e digitalizzazione della PA sono finalizzate a superare la frammentazione degli interventi, le duplicazioni e la scarsa interoperabilità.

 

Il Governo evidenzia come il volano per la creazione di una PA connessa con cittadini e imprese sia costituito dal piano Italia 2025. Strategia per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese, presentato nel dicembre 2019 dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

La strategia di innovazione è articolata in tre "sfide" principali, mutuate dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite:

§  la digitalizzazione della società;

§  l'innovazione del Paese;

§  lo sviluppo sostenibile e etico della società nel suo complesso.

 

Il Piano prevede la realizzazione delle tre sfide attraverso 20 azioni chiave per trasformare il Paese, che vanno dalla identità digitale, all’open innovation nella Pubblica Amministrazione, al procurement per l’innovazione, all’intelligenza artificiale al servizio dello Stato anche nella gestione di beni demaniali (per approfondire si veda la scheda n. 12: Piano Italia 2025 in appendice al PNR).

 

Il Governo ha già modificato la governance della digitalizzazione delle p.a.: le competenze del ‘Team per la trasformazione digitale’ della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state trasferite al Presidente del Consiglio che ha, a sua volta, delegato il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

 

Al fine di rilanciare la semplificazione mediante il rafforzamento dell’utilizzo delle tecnologie digitali per l’accesso ai servizi delle Pubbliche Amministrazioni, il Governo intende potenziare l'offerta di servizi in rete e il sistema di identità digitale anche attraverso la promozione dell'uso delle stesse ai fini dell’identificazione degli utenti, consentendo l’accesso ai servizi on line previa identificazione attraverso il sistema SPID e la Carta di Identità Elettronica (CIE).

Particolarmente innovativo riguarda la creazione, che cambierà radicalmente il modello di interazione. La realizzazione del ‘Progetto IO’

Per implementare l’interazione tra cittadino e Pubblica Amministrazione il Governo ha lanciato dell’applicazione ‘io.italia.it’ (Progetto IO) che consente al cittadino di ricevere messaggi, documenti e notifiche delle scadenze, chiedere informazioni e certificati, impostare le proprie preferenze e pagare la Pubblica Amministrazione.

Parimenti, la piattaforma unica nazionale, prevista in capo alla Presidenza del Consiglio, servirà a garantire a tutte le Pubbliche Amministrazioni di accedere ai dati detenuti da altre amministrazioni ed evitare quindi di dover chiedere al cittadino la stessa informazione o il medesimo dato già richiesto e detenuto (secondo la logica cd. once only).

Nel contempo, si intende affidare al Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, d’intesa con l’AgID e la Conferenza Unificata, il compito di adottare linee guida di condotta tecnologica per le Amministrazioni, al fine di garantire il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati e dei servizi digitali dell’Amministrazione Statale, Regionale e Locale.

 

Alcune delle misure indicate dal Governo nel PNR hanno trovato traduzione normativa con il decreto-legge semplificazioni (D.L. 76/2020), recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale.

Un primo gruppo di misure riguarda il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini al fine di semplificare l’accesso ai servizi digitali delle p.a.

 

Tra i principali interventi si ricordano:

§  l’estensione della possibilità per i cittadini di fruire dei servizi attraverso la propria identità digitale, ampliandola a quelli erogati dai concessionari di pubblici servizi e dalle società a controllo pubblico, precisando che l’accesso al domicilio digitale avvenga tramite dispositivi mobili anche attraverso l’applicazione AppIO;

§  il domicilio digitale per i professionisti, anche non iscritti ad albi;

§  la semplificazione e il rafforzamento del domicilio digitale per i cittadini;

§  l’obbligo per le p.a, di utilizzare esclusivamente il Sistema pubblico di identità digitale - SPID e la Carta di identità - CIE per l’accesso dei cittadini ai propri servizi on line:

§  la previsione che la verifica dell’identità digitale di un livello di sicurezza “almeno significativo” equivale alla esibizione del documento di identità per l’accesso ai servizi o nelle transazioni elettroniche;

§  la presentazione di autocertificazioni, istanze e dichiarazioni direttamente da cellulare tramite AppIO;

§  la piena operatività della piattaforma pagoPA;

§  la semplificazione delle modalità di rilascio della CIE;

§  la semplificazione della disciplina della conservazione dei documenti informatici;

§  l’adesione dei gestori dell’identità digitale al sistema SCIPAFI (Sistema centralizzato informatico di prevenzione amministrativa del furto di identità);

§  una piattaforma unica di notifica digitale di tutti gli atti della PA e via PEC degli atti giudiziari;

§  la semplificazione del rilascio della firma elettronica avanzata anche ai fini dell’accesso ai servizi bancari;

§  il sostegno per l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici;

§  la semplificazione della disciplina anagrafica.

 

Un secondo gruppo di disposizioni investe le modalità organizzative interne delle pubbliche amministrazioni al fine di implementare il loro grado di innovazione digitale.

In particolare si prevede, tra l’altro:

§  la diffusione del lavoro agile (c.d. smart working) nella pubblica amministrazione (su cui si veda paragrafo supra);

§  il trasferimento della funzione di coordinamento informatico dell’amministrazione statale, regionale e locale dall’AGID alla Presidenza del Consiglio, cui spetta anche il compito di assicurare adeguati livelli di sicurezza informatica;

§  la semplificazione di alcune procedure relative alla sicurezza cibernetica;

§  l’istituzione presso il Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse finanziarie del Ministero dell’interno di una Direzione centrale per l’innovazione tecnologica con il compito di assicurare l’innovazione tecnologica del medesimo Ministero e delle prefetture;

§  l’esclusione di SOGEI spa dell’obbligo di avvalersi di CONSIP per l’acquisizione dei beni e dei servizi funzionali alla realizzazione di progetti ad alto contenuto innovativo.

 

Un terzo gruppo di disposizioni reca interventi in materia di patrimonio informativo pubblico, riconducendolo ad una piattaforma unica nazionale, in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per garantire alle pubbliche amministrazioni di consultare e accedere ai dati detenuti da altre amministrazioni ed evitare quindi di dover chiedere al cittadino la stessa informazione o il medesimo dato già richiesto e detenuto (secondo la logica cd. once only).

 

Infine, un ultimo gruppo di disposizioni introduce misure per l’innovazione, volte a semplificare e favorire le iniziative innovative e, in particolare misura, le sperimentazioni mediante l’impiego delle tecnologie.

 

 


 

Giustizia

Nel settore della giustizia il Programma nazionale di riforma 2020 è volto ad individuare le priorità di azione e le misure strutturali finalizzate a rispondere alle Raccomandazioni del Consiglio europeo, nonché ad influenzare positivamente il posizionamento dell’Italia rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile di Agenda 2030.

In particolare la Raccomandazione n. 2 del Consiglio europeo per il 2019 - riprendendo sostanzialmente quanto già previsto nelle omologhe Raccomandazioni per il 2017 e 2018 - invitava l'Italia a ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio, facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore”, nonché ad “aumentare l’efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione”.

Anche nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia il Consiglio europeo, del 20 maggio 2020, dopo aver sottolineato che:

§  l'efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione possono svolgere un ruolo importante nell'assicurare la ripresa dell'Italia dopo la crisi, per evitare i tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nell'economia e nella finanza,

§  i tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso i tribunali d'appello continuano a destare preoccupazione, e il quadro anticorruzione dell'Italia sia pure recentemente rafforzato deve essere completato;

invita l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a “migliorare l'efficienza del sistema giudiziario”.

 

Con riguardo all’individuazione delle aree prioritarie di intervento con riferimento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, il Governo specifica che le azioni da mettere in campo nel settore della giustizia sono finalizzate al miglioramento dei risultati nell’Obiettivo n.8 – “Lavoro dignitoso e crescita economica” – e nell’Obiettivo n.16 ‘Pace, giustizia e istituzioni forti’ .

Al complesso di tali sollecitazioni il Governo, nel PNR 2020, intende rispondere con l’individuazione di politiche strutturali volte in primo luogo ad assicurare una riduzione e una maggiore prevedibilità dei tempi della giustizia, con interventi di riforma concernenti sia il processo civile che il processo penale. Sono inoltre individuate specifiche azioni finalizzate alla lotta alla corruzione al contrasto della criminalità e alla lotta alle mafie, nonché al sistema penitenziario. Trasversale alle azioni indicate nei vari settori è la politica per il personale della giustizia, nonché quella volta alla digitalizzazione del processo, individuate come mezzi prioritari attraverso i quali il governo intende migliorare l’efficienza del sistema giudiziario.

 

Processo civile

Nella Relazione per paese relativa all'Italia (Country Report) del  26 febbraio 2020, la Commissione europea rileva come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alla sopra citata Raccomandazione del Consiglio. Più nel dettaglio, l'istituzione europea lamenta la perdurante scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano. Pur riconoscendo che, nel complesso, le riforme passate stanno iniziando a incidere positivamente sulla durata dei processi nei gradi di giudizio superiori, ribadisce tuttavia la necessità di limitare gli abusi del processo e garantire un funzionamento più efficiente dei tribunali al fine di ridurre la durata dei procedimenti, tramite una complessiva riforma della procedura civile. Tra le altre criticità persistenti del sistema giudiziario civile italiano la Commissione individua l'utilizzo tuttora limitato del filtro di inammissibilità per gli appelli al giudice di secondo grado; i numerosi posti vacanti per il personale amministrativo; le differenze che persistono tra i tribunali per quanto riguarda l'efficacia della gestione dei procedimenti.

A fronte di tali considerazioni, il PNR 2020 annovera l’efficienza del processo civile tra le priorità dell’azione governativa. Al riguardo, a dicembre 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge delega per la riforma del processo civile, con l’obiettivo di realizzare una maggiore semplicità del procedimento, al tempo stesso adottando alcune misure acceleratorie dirette ad assicurare la ragionevole durata del processo. La riforma interessa anche gli istituti della mediazione obbligatoria e della negoziazione assistita e il procedimento notificatorio, al fine di semplificarlo e accelerarlo anche attraverso l’incentivazione dell’utilizzo di strumenti informatici. Il disegno di legge (AS 1662) è attualmente all’esame della Commissione giustizia del Senato.

Lotta alla corruzione, contrasto della criminalità organizzata e giustizia penale

Nel Country Report 2020, la Commissione riconosce come il sistema di lotta alla corruzione dell'Italia stia migliorando grazie all'adozione di un nuovo quadro per la protezione degli informatori, al rafforzamento del ruolo dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e all'approvazione, nel gennaio 2019, di una legge anticorruzione (legge n. 3 del 2019, c.d. spazzacorotti). Tuttavia la stessa Commissione sottolinea il persistere di una serie di criticità in conseguenza delle quali l'Italia si è classificata al 62º posto nell'indicatore mondiale della governance 2019 per il controllo della corruzione e ha ricevuto un punteggio del 53 % nell'indice di Transparency International del 2020 sulla percezione della corruzione, conseguendo un risultato tra i peggiori dell'UE, con un miglioramento solo marginale rispetto all'anno precedente. In particolare la Commissione suggerisce di intervenire in materia di lobbying, di regolamentare i conflitti di interessi per i funzionari pubblici eletti, nonché di perfezionare l’attuazione del whistleblowing nel settore privato, che rimane problematica a causa del carattere volontario dell'adozione di un protocollo d'intesa.

Quanto alle misure volte a prevenire e a contrastare il fenomeno della corruzione, il Governo segnala l’elaborazione in atto, di concerto con il Ministero degli affari esteri, di un disegno di legge di ratifica del Protocollo addizionale alla Convenzione penale sulla corruzione, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003, con il quale – raccogliendo le raccomandazioni del GRECO – viene estesa al giudizio arbitrale la tutela penale contro le condotte di corruzione.

Inoltre con riguardo alla lotta criminalità organizzata il Governo intende proseguire la lotta alle organizzazioni mafiose e alla criminalità organizzata transnazionale, specie attraverso l’acquisizione di patrimoni illeciti e la diffusione dei modelli normativi di contrasto, prevedendo anche l’inasprimento delle pene per gli evasori e rendendo più trasparenti le transazioni commerciali.  Al riguardo, tra le priorità individuate dal PNR vi è anche la lotta alle frodi agroalimentari, concretizzatasi nell’elaborazione di un disegno di legge i cui principali obiettivi sono: la rielaborazione della struttura delle fattispecie incriminatrici poste a tutela degli interessi tradizionalmente tutelati in materia alimentare (la salute pubblica e i delitti contro l’industria e il commercio), per adeguare la disciplina punitiva al cambiamento del sistema di produzione, trasformazione e vendita di beni alimentari; l’individuazione di strumenti idonei a contrastare fenomeni particolarmente gravi di frode alimentare, che si manifestano attraverso condotte illecite svolte in forma stabile e organizzata nell’ambito delle attività d’impresa. Il disegno di legge (AC 2427) è stato presentato alla Camera il 6 marzo 2020 ed è attualmente all’esame della Commissione giustizia.

Infine nel Report la Commissione sottolinea il perdurare della scarsa efficienza della giustizia penale in particolare a livello di appello, che si ripercuote anche sull’efficacia del contrasto alla corruzione. Al riguardo il PNR sottolinea la centralità, per l’azione di Governo del disegno di legge recante deleghe al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d’Appello. La delega, da attuarsi entro un anno, persegue il duplice obiettivo di ridurre i flussi in entrata e deflazionare il giudizio, e di razionalizzare e semplificare il procedimento penale. Le previsioni si sostanziano sia in alcune disposizioni immediatamente precettive, tra le quali un’ulteriore riforma dell’istituto della sospensione della prescrizione dei reati, sia in una serie di criteri di delega su diversi ambiti di intervento. Il disegno di legge (AC 2534) è attualmente all’esame della Commissione giustizia della Camera dei deputati.

Sistema penitenziario

Nel PNR si fa riferimento all’obiettivo di realizzare un processo di riqualificazione che permetta di superare le carenze strutturali delle carceri e il sovraffollamento. In particolare il Governo ricorda l’adozione di specifiche misure in materia di edilizia penitenziaria, sia attraverso la riqualificazione degli spazi esistenti sia attraverso l’incremento dei posti detentivi, tenendo in specifica considerazione le esigenze delle detenute madri, mediante una rivisitazione della rete nazionale degli istituti a custodia attenuata.

Inoltre il PNR sottolinea l’intenzione governativa di proseguire nella sperimentazione dei video-colloqui, realizzando spazi idonei ad assicurare una permanenza non traumatica ai minori che accedono temporaneamente negli istituti penitenziari.

Nel progetto di rilancio complessivo del sistema carcerario, il governo considera centrale il ruolo del Corpo di Polizia Penitenziaria, con particolare riferimento al completamento della relativa pianta organica. Al riguardo il PNR ricorda la recente immissione in ruolo di 811 nuovi agenti e prevede entro l’anno l’assunzione di ulteriori 938 unità.

Digitalizzazione del processo e politiche per il personale

Con riguardo al miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione giudiziaria il PNR sottolinea la centralità degli interventi sul personale e l’importanza di perseguire l’obiettivo della copertura e dell’ampliamento delle piante organiche nonché della riqualificazione del personale in servizio. Alcune di queste misure, come ad esempio l’introduzione delle piante organiche flessibili di magistratura e le disposizioni per il decentramento dell’organizzazione giudiziaria, sono contenute nella Legge di Bilancio per il 2020. Il Governo intende inoltre portare a  completamento il già varato programma di assunzioni di magistrati e personale amministrativo.

Al fine di assicurare piena copertura degli organici, quanto al personale di magistratura, l’impegno del Governo è quello di garantire il regolare espletamento delle procedure concorsuali. All’inizio del 2020, sono stati immessi in servizio 251 magistrati ordinari vincitori di concorso bandito nel 2017.. Quanto al personale amministrativo, il Governo ribadisce che verrà portato a completamento il programma assunzionale attualmente in corso, mediante il definitivo scorrimento delle graduatorie e si implementeranno le numerose procedure concorsuali previste dai piani assunzionali che, per il prossimo triennio, prevedono un piano di reclutamento, pari a 8.135 unità. Inoltre, il Governo procederà al reclutamento di ulteriori 2.095 unità di personale in area prima e seconda con contratti a tempo determinato quale misura eccezionale di supporto alla digitalizzazione e al contenimento della durata dei processi penali.

 Il decreto legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio) ha previsto, infine, misure straordinarie ed urgenti legate al contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti (con l’anticipazione dell’assunzione a tempo determinato di un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale), e finalizzate e alla definizione dell’arretrato penale presso le Corti d’Appello (con incremento di 500 unità del contingente dei giudici ausiliari di Corte d’Appello per le annualità dal 2021 al 2024).

 

Il Governo ritiene inoltre indispensabile implementare ulteriormente le politiche di digitalizzazione già avviate per assicurare l’efficienza del sistema ma anche il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori della giustizia.

Un impulso al processo telematico, così come la possibilità di svolgere alcune attività giudiziarie da remoto, è stato determinato dalle misure contenute nei diversi decreti legge adottati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica. Si è trattato in larga parte di disposizioni aventi efficacia temporalmente delimitata, ma nel PNR il Governo sottolinea che gli stessi istituti introdotti in via sperimentali potrebbero essere valutati nella “prospettiva di una applicazione a regime”.

Nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del DL n. 34 del 2020 (c.d. Decreto rilancio), sono state introdotte inoltre diverse disposizioni, concernenti in particolare il processo telematico e le udienze da remoto nel processo civile. Anche tali disposizioni hanno natura provvisoria, essendo la loro efficacia limitata al 31 ottobre 2020 e concernono, con riguardo al processo civile: il deposito telematico degli atti; la possibilità di svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante il deposito telematico di note scritte; il processo telematico nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione; la partecipazione da remoto alle udienze dei difensori e delle parti su loro richiesta. Con riguardo al processo penale si prevede la partecipazione alle udienze penali degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere e dei condannati detenuti, mediante videoconferenze o collegamenti da remoto. Inoltre alcune disposizioni concernono lo svolgimento a distanza dei colloqui dei detenuti, internati e imputati negli istituti penitenziari e negli istituti penitenziari e penali per minorenni. Sono state inoltre introdotte disposizioni a regime concernenti il deposito con modalità telematica di istanze e atti presso gli uffici del pubblico ministero, nella fase delle indagini preliminari, da parte dei difensori e della polizia giudiziaria.


 

Produttivita’, competitivita’ e concorrenza

Nel PNR, il Governo ricorda come la Commissione Europea abbia recentemente ribadito, nel Country Report 2020 sull’Italia, che le principali vulnerabilità del nostro Paese risiedono – oltre che nell’elevato debito pubblico - nella bassa crescita della produttività.

Secondo l’analisi della Commissione, svolta prima del diffondersi del COVID-19 in Italia, la produttività del lavoro nel 2018 ha proseguito il suo trend discendente e il divario di produttività tra l'Italia e l'UE continua ad ampliarsi. Nel 2018 la produttività del lavoro è diminuita dello 0,3% a fronte di un aumento dello 0,5% nella zona euro: il dato è imputabile al calo della produttività del lavoro nelle regioni meridionali e nel settore dei servizi, e al rallentamento della crescita della produttività nel settore manifatturiero rispetto alla media della zona euro, sebbene l’Italia rimanga il secondo Paese manifatturiero ed il terzo esportatore dell’Unione Europea. Più in generale, gli ostacoli agli investimenti continuano a imbrigliare le dinamiche della produttività e quindi le prospettive di crescita. Sull’insoddisfacente dinamica della produttività incidono anche le barriere nel mercato dei beni e dei servizi. La minore produttività si è tradotta, inoltre, in una perdita di competitività esterna con la conseguente perdita complessiva di quote di mercato.

A luglio 2019, il Consiglio Europeo, nelle Raccomandazioni specifiche al Paese (CSR), ha dunque rilevato l’opportunità di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

Nel Country Report di febbraio 2020, la Commissione ritiene fondamentale per il nostro Paese aumentare la produttività e la crescita potenziale per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL e correggere gli squilibri macroeconomici dell'Italia. Attuare riforme strutturali ambiziose, politiche di bilancio prudenti e investimenti ben mirati sosterrebbe la trasformazione digitale e ambientale, assicurando così una crescita sostenibile.

Tali considerazioni sono ulteriormente sviluppate dalla Commissione, nella Proposta per le Raccomandazioni 2020, tengono conto della necessità di far fronte alla pandemia e facilitare la ripresa economica come primo passo necessario per consentire un aggiustamento degli squilibri. Nella Proposta, la Commissione evidenzia che affrontare le sfide associate all'ambiente e ai cambiamenti climatici, come i rischi idrologici, la mobilità urbana sostenibile, l'efficienza energetica, l'economia circolare e la trasformazione industriale, rappresenta un'opportunità per migliorare la produttività evitando al contempo pratiche non sostenibili. Al tempo stesso, investire in questo tipo di progetti può contribuire a creare posti di lavoro e sostenere la ripresa post-crisi.

 

Nel PNR il Governo individua, dunque, talune linee prioritarie di intervento per la produttività e competitività, rilevando come, da tempo gli indicatori qualitativi di clima d’investimento e competitività segnalino l’esigenza di migliorare il funzionamento della Giustizia e della Pubblica Amministrazione, nonché di rendere più contendibili numerose professioni e settori economici. Vi è anche l’esigenza di rafforzare ed innovare il sistema bancario e finanziario per sostenere la ripresa economica, migliorare ulteriormente il sostegno alle esportazioni e valorizzare il patrimonio artistico e naturale del Paese. Tale esigenza è stata resa ancora più stringente dalla crisi sanitaria da COVID-19 che ha indotto ad agire anche con misure emergenziali di sostegno alla liquidità delle imprese.

Nel rimandare, per ciò che riguarda il sistema bancario e l’accesso al credito, la giustizia, la digitalizzazione e semplificazione, agli appositi paragrafi del Capitolo in esame, si richiamano in questa sede gli interventi in materia di liberalizzazioni, di supporto all’export e all’internazionalizzazione e in materia di turismo e patrimonio culturale.

Liberalizzazioni

Il Governo rileva che numerosi comparti dei servizi risultano inefficienti o crescono poco per via di un’eccessiva regolamentazione, ad esempio la distribuzione di carburanti e le reti di telefonia mobile 5G (si rinvia al relativo paragrafo “Trasporti e reti di comunicazione”, nell’ambito della priorità 5).

La rete di distribuzione dei carburanti, in particolare, è caratterizzata da margini più elevati e standard qualitativi della rete inferiori rispetto a quelli dei principali Paesi europei. Ciò è principalmente dovuto alle restrizioni che ancora permangono sia all’ingresso sia all’uscita dal mercato, ad alcuni vincoli alle modalità di funzionamento degli impianti e alle condizioni generali di svolgimento del servizio.

A fronte di queste debolezze rimane prioritario l’obiettivo di una razionalizzazione e ammodernamento delle reti di distribuzione, come più volte segnalato anche dall’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato.

Quanto alle azioni realizzate per rispondere alla Raccomandazione specifica (CSR n. 3) di luglio 2019, che invita l’Italia ad affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza, si osserva al riguardo che il PNR non fornisce indicazioni e tempistiche circa l’adozione di una legge annuale sulla concorrenza, bensì indica, in appendice, taluni interventi in corso di adozione o adottati, che attengono al settore del trasporto aereo e aeroportuale, tra le quali la Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di trasporto aereo (AS 727), il cd. D.L. ‘Golden Power 5G.

Con riferimento al settore liberalizzazioni, appare opportuno ricordare come più volte l’Autorità garante della concorrenza del mercato abbia posto l’accento sulle criticità concorrenziali esistenti nel nostro ordinamento. Si rinvia, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alla Segnalazione AGCM del 20 dicembre 2018 su “Concessioni e criticità concorrenziali”.

Supporto all’export e internazionalizzazione

Il Governo rileva come lo scenario post-pandemia richiederà di rafforzare o estendere il supporto agli Investimenti Diretti Esteri, che subiranno un calo consistente. Si dovranno adottare misure indirizzate a creare condizioni più attrattive sia per investitori stranieri sia per quelli nazionali.

La crisi innescata dal COVID-19 obbliga a dare una nuova interpretazione al concetto di competitività che ha portato i Paesi europei, inclusa l’Italia, a delocalizzare le produzioni, posto che alcune di esse sono essenziali per l’autonomia nazionale, anche alla luce degli eventi.

Un altro aspetto rilevante della politica degli investimenti in questo periodo riguarda lo screening di investimenti stranieri per ragioni di sicurezza nazionale. Anche l’Italia, come altri paesi europei, ricorda il PNR, ha agito in tal senso ampliando l’ambito di intervento oggettivo della disciplina golden power.

Il PNR richiama gli interventi in materia di internazionalizzazione contenuti nei Decreti-legge di marzo-maggio 2020, per fronteggiare gli effetti economici determinati dalla pandemia (per un esame dettagliato dei quali si rinvia al paragrafo “sostegno alle imprese” del tema dell’attività parlamentare “Misure fiscali e finanziarie per fronteggiare l’emergenza da Coronavirus”) e il trasferimento, dal 1° gennaio 2020, in attuazione del DL 104/2019, delle competenze in materia politica commerciale e promozionale con l’estero e di sviluppo dell’internazionalizzazione del sistema Paese dal MISE al MAECI.

Nel quadro del supporto all’export e all’internazionalizzazione, occorrerà, secondo il Governo, promuovere anche specifiche filiere, tra cui la Difesa e l’agroalimentare.

Nell’ambito UE va rafforzata l’esigenza della negoziazione con i Paesi terzi a vantaggio comune dei Paesi Membri e con la possibilità di agire sul controllo dell’import per controbilanciare il potere negoziale dei Paesi terzi.

Per questo motivo la sicurezza alimentare va rafforzata attraverso un adeguato riconoscimento ai servizi veterinari e igiene alimenti delle ASL, Regioni, Ministero della Salute con un rafforzamento delle dotazioni organiche.

In relazione alla Difesa andranno sostenute le potenzialità dell’industria italiana dell’Aerospazio, della Difesa e della Sicurezza, la cui produzione è significativamente destinata per quasi il 70 per cento ai mercati esteri, sia verso l’area UE che verso l’area extra-europea.

Il PNR preannuncia un rafforzamento del ruolo della rete diplomatica internazionale e di SIMEST e ICE.

Turismo e patrimonio culturale

Il PNR evidenzia come la crisi derivante dall’emergenza sanitaria da COVID-19 ha colpito in misura imponente il turismo, preannunciando un impegno importante per sostenerlo, congiuntamente alla filiera associata.

Gli obiettivi saranno perseguiti anche tramite una integrazione più intensa tra turismo e fruizione del patrimonio culturale e paesaggistico, valorizzando, in particolare, i borghi, le aree interne, i cammini e gli itinerari culturali. A tal fine è necessario coinvolgere le Regioni e gli Enti Locali e potenziare il ruolo dell’ENIT. In linea con i principi di sostenibilità, innovazione e accessibilità del Piano Strategico per il Turismo 2017-2022, si ritiene poi necessario:

§  configurare in modo nuovo le modalità di afflusso e di fruizione dei luoghi turistici, anche alla luce dell’attuale crisi pandemica;

§  promuovere gli altri attrattori di turismo nei luoghi meno conosciuti anche attraverso una apposita valorizzazione dei beni immobiliari pubblici e una attenta valutazione delle diverse motivazioni dei viaggi per turismo.

 

Una volta superata la fase di maggior emergenza, le linee d’azione potranno essere orientate secondo le seguenti priorità:

§  consolidamento del ruolo strategico dei musei, promozione dello sviluppo di reti museali e di sostegno degli archivi, delle biblioteche e degli istituti culturali. Per la fruizione di questo patrimonio, priorità politica è l’uso più ampio e consapevole delle tecnologie digitali;

§  digitalizzazione del patrimonio culturale, il monitoraggio della gestione dei siti UNESCO italiani e la sperimentazione di card digitali per usufruire di beni e attività culturali;

§  diffusione a rete dei servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza, con il nuovo disegno dell’Alta Velocità di Rete (AVR), che permetterà di ampliare la connettività delle Regioni più periferiche del Mezzogiorno e delle aree interne. Il progetto prevede una progressiva estensione della rete AV con integrazione con la rete storica, massimizzando le prestazioni offerte ai principali centri urbani, mediante l’utilizzo oculato di tratte convenzionali e dedicate, eventualmente integrate da interventi infrastrutturali di adeguamento della rete esistente, o anche, dalla realizzazione ex novo di varianti e tratte integrative, in un contesto di riqualificazione della rete stradale.

§  investimenti nell’arte e nell’architettura contemporanee e nelle imprese culturali e creative;

§  potenziamento delle iniziative dirette a promuovere la moda e il design Made in Italy anche con il coinvolgimento degli Istituti italiani di cultura all’estero e delle azioni a sostegno della fotografia, già realizzate nel periodo 2014-2018;

§  nei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, dopo il superamento dell’emergenza sanitaria, occorrerà dare nuovo impulso alla promozione della produzione artistica nazionale, anche con misure per una maggiore attrattività a livello internazionale. I criteri di ripartizione del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), con particolare riguardo alle Fondazioni lirico-sinfoniche, dovranno essere rivisti anche allo scopo di far fronte agli effetti negativi prodotti dall’emergenza sanitaria da COVID-19.

Sistema bancario e accesso al credito

Nel PNR Il Governo afferma che il suo obiettivo fondamentale è creare le condizioni affinché si realizzi un sistema finanziario moderno, efficiente e trasparente.

Nel documento vengono sottolineati gli sforzi effettuati per aumentare la patrimonializzazione delle banche, soprattutto facendo ricorso a risorse private (per oltre 70 miliardi dall’inizio della crisi finanziaria del 2007). Il miglioramento dello stato di salute del sistema bancario, secondo il Governo, oltre che alla maggiore disponibilità di capitale stabile, è legato alla riduzione dei crediti deteriorati (diminuiti di due terzi negli ultimi quattro anni) e all'assenza di tensioni sul fronte della liquidità.

Su queste basi, il sistema è e sarà tuttavia chiamato ad affrontare gli effetti economici dell’epidemia attraverso una gestione prudenziale di accantonamenti che le banche in autonomia stanno già effettuando precauzionalmente.

Sul piano strutturale, concluso il processo di riforma del settore del credito cooperativo, il Governo intende favorire la creazione di una banca di dimensioni e capacità adeguate alle esigenze di credito del Mezzogiorno.

Per quanto riguarda invece le esigenze di questa fase emergenziale l'obiettivo prioritario del Governo è quello di sostenere l'accesso al credito. Gli interventi, differenziati in base alla dimensione delle imprese, già realizzati con i decreti n. 18 e n. 23 del 2020 tramite il sistema bancario, CDP e SACE vengono ritenuti in grado di ridurre le esigenze di liquidità (sospendendo alcuni pagamenti) e, allo stesso tempo, di mobilitare, soprattutto attraverso la concessione di garanzie pubbliche, 750 miliardi di crediti al sistema produttivo. Specifici interventi hanno riguardato il sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione. Alla data di presentazione del PNR risultano circa 700.000 richieste di finanziamenti garantiti accolte dal Fondo Centrale di Garanzia che hanno mobilitato circa 40 miliardi di finanziamenti alle PMI. Altri interventi mirano a rendere più agevole l’accesso al credito mediante la sottoscrizione semplificata dei contratti bancari o le semplificazioni per l’accesso al Fondo per mutui prima casa. Sono stati stabiliti incentivi a cedere i crediti deteriorati mediante la possibilità di convertire le Attività Fiscali Differite (DTA) in crediti di imposta e, inoltre, è stata prevista la possibilità che lo Stato conceda la propria garanzia su passività bancarie di nuova emissione.

Un ulteriore supporto al sistema produttivo sarà offerto, nelle intenzioni del Governo, dal Fondo Nazionale Innovazione, detenuto al 70 per cento da CDP e al 30 per cento da INVITALIA, che è divenuto operativo.

Infine, in una logica di crescita e sviluppo sostenibile, viene annunciato che il MEF sta valutando l’introduzione dei green bond.

 

 


 

Area prioritaria 5

Investimenti e ambiente

Di fronte all’emergenza sanitaria, alle sfide ambientali e alla conseguente riconversione dell’economia, il Governo, nel PNR, considera necessario promuovere gli investimenti sia attraverso la leva dell’accumulazione di capitale pubblico e privato, sia attraverso incentivi all’innovazione e all’imprenditorialità. Gli investimenti pubblici, materiali e immateriali, possono svolgere un ruolo determinante sia per la messa in sicurezza del territorio che per lo sviluppo delle conoscenze e delle infrastrutture. In tal senso si prospetta la semplificazione degli appalti nella garanzia della trasparenza delle procedure.

Insieme all’aumento degli investimenti pubblici, la strategia del Governo punta ad accrescere sensibilmente gli investimenti privati italiani e dall’estero, anche attraverso misure di semplificazione amministrativa e tributaria e favorendo la canalizzazione dell’ingente risparmio privato verso gli investimenti produttivi e di lungo termine.

Si elaboreranno, inoltre, degli interventi per il rilancio di importanti filiere e settori produttivi, quali la sanità e la farmaceutica, il turismo e i trasporti, le costruzioni, la produzione, lo stoccaggio e distribuzione di energia, la meccanica avanzata e la robotica, la siderurgia, l’auto e la componentistica, l’industria culturale (sul punto, cfr. anche l’Asse prioritario 4 del PNR).

 

Il Governo evidenzia che le misure strutturali indicate nella Priorità 5 “Sostegno agli investimenti materiali e immateriali in chiave Sostenibile” sono finalizzate a dare seguito:

§  alla Raccomandazione specifica (CSR 3) del Consiglio europeo di luglio 2019, che ha rilevato l’opportunità di incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture;

§  ai seguenti Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), adottati dall’ONU con l’Agenda 2030: obiettivo n.7 ‘Energia pulita e accessibile’, n. 8 ‘Lavoro dignitoso e crescita economica’ in particolare per gli indicatori sugli investimenti, n. 9 ‘Industria, innovazione e infrastrutture’, n. 11 ‘Città e comunità sostenibili’, n. 12 ‘Consumo responsabile’, n. 13 ‘Azione per il clima’, n. 14 ‘Conservazione e uso durevole di mari e risorse marine’ e n. 15 ‘Vita in terra’.

Sostegno agli investimenti pubblici e privati

Il PNR rileva come l’attuale crisi pandemica ha generato un blocco produttivo e una perdita di investimenti che dovranno essere prontamente recuperati. La situazione emergenziale si è peraltro inserita in una fase in cui gli investimenti pubblici, al pari di quelli privati, avvertivano una qualche ripresa, ma rimanevano a livelli assai inferiori al periodo antecedente la crisi finanziaria del primo decennio del 2000.

 

Si rinvia sul punto alle analisi della Commissione Europea, svolte nel Country Report 2020 sull’Italia, svolte prima del diffondersi del COVID-19 in Italia, secondo le quali, alla debole crescita della produttività contribuiscono il basso livello degli investimenti, soprattutto pubblici e nell'innovazione, un settore pubblico debole, un contesto non favorevole alle imprese, un'allocazione inefficiente del capitale e la carenza di lavoratori altamente qualificati. La commissione rileva che gli investimenti privati, e solo più di recente anche pubblici, sono aumentati, ma risultano ancora inferiori ai rispettivi livelli pre-crisi.

In particolare, la Commissione evidenzia il calo degli investimenti pubblici, scesi al 2,1 % del PIL nel 2018, rispetto al 2,2 % nel 2017 (e al 3 % nel 2008), ma anche un cambiamento di tendenza dalla fine del 2018. Inoltre, richiama i nuovi fondi nella legge di bilancio 2020 per il finanziamento degli investimenti pubblici a livello centrale e locale e per gli investimenti verdi.

Gli investimenti delle imprese hanno raggiunto il 10,2% del PIL nel 2018, leggermente al di sotto del valore del 2008 (10,7 %). Più precisamente, il tasso di investimento delle società non finanziarie è in aumento dal 2014, ed ha raggiunto il 21,8 % nel 2018, pur restando al di sotto del valore del 2007 (23,5 %).

Si ricorda, infine, come, a luglio 2019, il Consiglio Europeo, nelle Raccomandazioni specifiche al Paese (CSR 3), ha rilevato l’opportunità di incentrare la politica economica connessa agli investimenti sulla ricerca e l'innovazione e sulla qualità delle infrastrutture.

All’indomani dello scoppio dell’attuale crisi, la Commissione, nella Proposta per le Raccomandazioni 2020, rileva l’opportunità di attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l'economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti.

 

Il Governo prospetta l’adozione di importanti misure di sostegno agli investimenti nel breve periodo per accelerare l’uscita del Paese dalla grave crisi in corso, ricordando gli interventi di lungo periodo, fino al 2034, già intrapresi, quali previsti nella Legge di Bilancio per il 2020.

Si richiama, in particolare, il Fondo per gli investimenti delle Amministrazioni Centrali (ove sono stati allocati 20,8 miliardi dal 2020 al 2034), il Fondo per il Green New Deal (4,24 miliardi per il periodo 2020-2023) e il Fondo per rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale dei Comuni (4 miliardi dal 2025 al 2034). Si richiamano, poi, i contributi assegnati ai Comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana (8,5 miliardi nel 2021-2034) e per messa in sicurezza degli edifici e del territorio (8,8 miliardi nel 2021-2034), nonché alle Regioni (circa 3,3 miliardi nel 2021-2034) per interventi di viabilità e messa in sicurezza nonché per lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico. Inoltre, nel D.L. n. 34/2020 cd.‘Rilancio’, il Governo richiama il rafforzamento del sistema degli incentivi fiscali in materia di riqualificazione energetica, messa in sicurezza antisismica degli edifici, installazione di impianti fotovoltaici, sistemi di accumulo e colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.

 

A fronte dell’impegno di risorse già stanziate – e per massimizzarne il potenziale impatto macroeconomico – il PNR considera come determinanti:

§  una accurata selezione, programmazione e realizzazione delle opere

§  il rafforzamento e al contempo la semplificazione i processi di gestione e di monitoraggio dell’attuazione finanziaria, fisica e procedurale degli investimenti pubblici. Essenziale, in tal senso, la codificazione puntuale degli investimenti pubblici negli atti di finanziamento, al fine anche di ottenere, in campo infrastrutturale, edilizio, urbanistico ed ambientale, interventi correttamente programmati e realizzati – insieme allo svolgimento dei piani di manutenzione per garantire le funzioni da svolgere - che portano indiscutibilmente ad una gestione economica corretta e sostenibile a tutti i livelli, con i seguenti vantaggi: velocizzazione delle tempistiche di programmazione e realizzazione degli interventi e diversi benefici ambientali (risparmio energetico, minor inquinamento ambientale, riduzione di danni ambientali su assetti naturali ed antropici, etc.).

Green New Deal

Coerentemente con il Green New Deal adottato al livello europeo, le azioni che saranno incluse nel Programma di Ripresa e Resilienza (cd. Recovery Plan) saranno indirizzate, tra l’altro, a contrastare i cambiamenti climatici, a favorire la riconversione energetica del sistema produttivo, l’economia circolare e la protezione dell’ambiente.

Un’attenzione particolare sarà rivolta agli investimenti funzionali alla tutela dell’ambiente e al risparmio energetico, anche ai fini della rigenerazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.

Il Governo procederà a una prima ricognizione delle misure da adottare o adottate in attuazione di leggi preesistenti, per arrivare al Piano di politica economico-finanziaria per l’Innovazione e la Sostenibilità (PINS).

L’obiettivo di avere un’economia climate-neutral entro il 2050 (su cui v. la scheda relativa all’allegato sulla riduzione delle emissioni) fissato dalla Commissione potrà essere realizzato attraverso gli strumenti europei previsti nell’ambito del Just Transition Mechanism, al cui interno il Just Transition Fund (JTF) è destinato alla riconversione dei grandi impianti alimentati a carbone e dell’industria pesante, nonché con l’utilizzo dei Fondi strutturali 2021-2027, in primis il FESR.

A queste misure strutturali si affiancano quelle congiunturali a sostegno del sistema produttivo e a favore degli investimenti privati volti all’efficientamento energetico e alla produzione di energia da fonti rinnovabili (si richiama, in particolare, l’Ecobonus previsto dal D.L. n. 34/2020, cd. D.L. ‘Rilancio’).

 

Il PNR preannuncia l’aumento rilevante di fondi da dedicare agli interventi per la sostenibilità ambientale e sociale, usufruendo anche delle risorse del Fondo per gli investimenti delle Amministrazioni centrali, delle misure introdotte per aumentare gli investimenti sostenibili degli enti territoriali, nonché delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI).

 

Verranno poi individuati altri programmi aventi ad oggetto anche la rigenerazione e valorizzazione dei beni demaniali e pubblici. In particolare, sugli edifici della Pubblica Amministrazione Centrale verrà attuato un piano di efficienza energetica con interventi correttivi sugli involucri edilizi e gli impianti nonché attraverso interventi volti alla digitalizzazione della gestione energetica.

Il Piano si pone in linea con gli obiettivi posti dalla direttiva 2018/844/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD) III) finalizzata ad accelerare la ristrutturazione economicamente efficiente degli edifici, recentemente recepita a livello interno con il Decreto legislativo n. 48 del 10 giugno 2020.

 

Nell’ambito del Green new Deal, sono indicate le seguenti priorità del Governo:

§  efficienza energetica in campo edilizio (aumentando l’utilizzo di fonti rinnovabili e riducendo il contributo del riscaldamento domestico alla formazione di polveri sottili dannose per la salute e, al contempo, favorendo il contrasto alle situazioni di ‘povertà energetica’ delle famiglie);

§  infrastrutture sociali come asili nido e ospedali;

§  lotta al dissesto idrogeologico;

§  sviluppo di un’industria sostenibile come il piano per la plastica;

§  mobilità sostenibile;

§  sviluppo di energia pulita;

§  politiche di supporto pubblico al processo di innovazione (Piano ‘Transizione 4.0’ (cfr. paragrafo successivo)) e al consolidamento della competitività delle imprese italiane.

 

Il Governo ricorda come l’Italia sia tra i Paesi che hanno appoggiato la nuova Commissione Europea nel varo dell’European Green Deal. A fronte di questi sviluppi a livello europeo, con la manovra di bilancio 2020, è stato lanciato un Green and Innovation Deal nazionale. Si richiama, in particolare, l’istituzione, con la legge n. 160/2019, del Fondo per il Green New Deal, destinato ad operazioni finanziarie da parte del MEF, principalmente la concessione di garanzie e la partecipazione indiretta in capitale di rischio e/o debito, anche di natura subordinata. Il Fondo – che ha una dotazione di 470 milioni per il 2020, di 930 milioni per il 2021 e di 1.420 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per un ammontare complessivo di 4,24 miliardi per il periodo - è orientato a creare, afferma il Governo, un effetto leva, attirando finanziamenti di natura pubblica e privata per investimenti verdi. Una parte di tale dotazione - per una quota non inferiore a 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 - sarà destinata ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, alla promozione dell’economia circolare, alla riduzione dell’inquinamento e delle sue conseguenze sulla produttività delle imprese, sulla loro esposizione al rischio derivante da fattori riconducibili a problematiche ambientali, sociali e di governance (ESG) e sulla salute. L’obiettivo ambientale in materia di Green New Deal sarà infatti triplice: strategie di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, contrasto e riduzione dell’inquinamento e delle sue conseguenze sulla salute, promozione di forme di economia circolare.

 

Nel PNR si offre una prima valutazione quantitativa del Piano Green and Innovation Deal (GRIND) che si pone l’obiettivo di portare il Paese su un sentiero di crescita economica e occupazionale garantendo la sostenibilità della finanza pubblica. Il Piano si basa sullo stanziamento di ingenti risorse nella Legge di Bilancio per il 2020 (L. n.160/2019) per il periodo 2020-2034, destinate ad investimenti pubblici e alla promozione di quelli privati, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale, all’efficientamento e al rinnovo degli edifici pubblici e privati, nonché all’innovazione tecnologica in una ottica di resilienza economica (si osserva che le misure cui si fa riferimento non sono singolarmente individuate, nel senso che non si richiamano esattamente le disposizioni legislative di riferimento, cfr. pg. 40 e ss. PNR). Nella simulazione si ipotizza che la maggiore spesa pubblica sia inizialmente finanziata in deficit e che successivamente si attivi una regola di bilancio che riporti gradualmente il rapporto tra debito pubblico e PIL al valore dello scenario di base (nell’orizzonte di simulazione). parte della spesa si autofinanzia nell’orizzonte simulativo per via delle maggiori entrate fiscali che la crescita del PIL comporta.

L’aumento degli investimenti pubblici e degli investimenti privati indotti dalle misure genera un graduale aumento del PIL. Nel 2026 il PIL aumenterebbe del 2,4 per cento rispetto allo scenario di base e del 5 per cento nel lungo periodo, dopo quindici anni. Questa è da considerarsi come la crescita potenziale – addizionale - innescata dalle misure descritte attraverso la maggiore accumulazione di capitale e dagli altri effetti indiretti di domanda e offerta.

L’aumento degli investimenti pubblici e privati rafforzerebbe il sistema produttivo, portando una maggiore competitività e l’aumento delle esportazioni. Allo stesso tempo, la maggiore domanda avrebbe un effetto positivo sulle importazioni, generando un lieve peggioramento del saldo della bilancia commerciale nell’orizzonte di simulazione.

Secondo il Governo, la simulazione dimostra che un sostenuto piano di investimenti pubblici, accompagnato da incentivi volti a favorire l’aumento di quelli privati in innovazione tecnologica e tutela dell’ambiente, potrebbe generare un significativo aumento del PIL a fronte di una spesa pubblica relativamente contenuta. L’elevato effetto moltiplicativo è dovuto in parte all’efficientamento dei processi produttivi e in parte alla capacità degli incentivi di mobilitare risorse private.

Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)

Per centrare gli obiettivi relativi alla dimensione della decarbonizzazione contenuti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), il Governo intende accelerare la transizione dai combustibili tradizionali alle fonti rinnovabili, promuovendo l’abbandono del carbone per la generazione elettrica a partire dal 2025 a favore di un mix elettrico basato su una quota crescente di rinnovabili e, soltanto per la parte residua, sul gas. La concretizzazione di tale transizione rimane subordinata – afferma il PNR - alla programmazione e realizzazione degli impianti sostitutivi e delle necessarie infrastrutture. Il conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Piano richiede poi, secondo il Governo, l’istituzione di un apposito osservatorio.

E’ in corso di ultimazione la strategia nazionale di decarbonizzazione a lungo termine, che definirà gli scenari e il percorso per il raggiungimento dell’obbiettivo di neutralità carbonica al 2050.

 

Per il miglioramento dell’efficienza energetica, si farà ricorso a un mix di strumenti di natura fiscale, economica, regolatoria e programmatica, prevalentemente calibrati per settori di intervento e tipologia dei destinatari, puntando principalmente sul settore civile e dei trasporti.

Per la sicurezza energetica , il Governo intende perseguire la riduzione della dipendenza dalle importazioni mediante l’incremento delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica proseguendo, inoltre, nel percorso di diversificazione delle fonti di approvvigionamento e garantendo, al contempo, la sicurezza e flessibilità del sistema elettrico, tramite un’ampia partecipazione di tutte le risorse disponibili al sistema e la crescente integrazione delle infrastrutture delle reti elettriche e del gas.

 

Si promuoverà lo sviluppo del mercato interno potenziando le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri Stati membri e si porterà a termine la completa liberalizzazione dei mercati al dettaglio di elettricità e gas.

Per quanto riguarda l’azione sulla ricerca e l’innovazione nel settore energetico, si promuoverà la finalizzazione delle risorse e delle attività allo sviluppo di processi, prodotti e conoscenze, anche coinvolgendo le imprese a partecipazione pubblica attive nell’energia e nella transizione ecologica su progetti strategici di transizione energetica.

Nell’ottica del Green New Deal, si ritiene necessario favorire l’ammodernamento del sistema produttivo in coerenza con lo scenario energetico e ambientale di medio e lungo termine.

Riguardo alla competitività, il Governo ritiene opportuna un’attenta regolazione dei mercati energetici, in modo che i consumatori e le imprese beneficino dei positivi effetti di una competizione trasparente, nonché a un oculato ricorso ai meccanismi di sostegno, dai quali possono derivare oneri gravanti sulla collettività.

Sarà, inoltre, rilevante l’impegno in termini di investimenti incrementali indirizzati a soluzioni ad alto contenuto tecnologico e di innovazione, inclusa l’iniziativa internazionale Mission Innovation sulle clean technologies.

Il Governo considera decisivo massimizzare le opportunità che si renderanno disponibili nell’ambito del periodo di programmazione 2021-2027.

Il Governo prospetta, poi, il ricorso a capitali o finanziamenti privati, in primo luogo tramite imprese partecipate dallo Stato (Terna, Snam, Enel, ecc.); ad un sistema di garanzie pubbliche per incentivare gli investimenti di lungo termine (fondi pensione, assicurazioni vita, fondi infrastrutturali) che, pur economicamente sostenibili e con esternalità positive, non offrono i rendimenti richiesti dal mercato.

Innovazione e competitività

Il Governo dichiara che le misure di sostegno all’innovazione saranno orientate, nell’ottica del Green and Innovation Deal, in modo da favorire l’ammodernamento del sistema produttivo in coerenza con lo scenario di efficienza produttiva, energetica e ambientale di medio e lungo termine.

In particolare, l’Esecutivo ritiene necessario continuare a supportare l’inserimento in azienda di figure manageriali altamente qualificate e specializzate sui temi dell’innovazione, ricordando come sia terminata la prima edizione del bando per la concessione di contributi dedicati al digital innovation manager.

Quanto agli otto Centri di competenza ad alta specializzazione (Competence Center), che saranno tutti pienamente operativi nel 2020, il Governo intende potenziarli -rendendo più efficiente il rapporto con gli altri centri di trasferimento tecnologico qualificati e dai Digital Innovation Hub delle associazioni datoriali e dai PID (Punti Impresa Digitale) del sistema camerale – e farne la sponda italiana della rete dei Digital Innovation Hub europei sostenuti dal Programma Digital Europe.

L’Esecutivo preannuncia a breve la presentazione della proposta per una Strategia italiana per la Blockchain, il cui utilizzo è alla base di uno specifico progetto pilota per la promozione del Made in Italy.

Si ritiene, inoltre, necessario rifinanziare ulteriormente lo strumento dei Contratti di Sviluppo per il sostegno all’innovazione dell’organizzazione, dei processi e della tutela ambientale. Tale strumento, a fronte di uno stanziamento di oltre tre miliardi, non è ancora riuscito a soddisfare l’intera domanda da parte delle imprese, prevalentemente a causa dell’attuale funzionamento del riparto delle risorse finanziarie tra Regioni.

Il Governo, inoltre, ricorda gli Important Projects of Common European Interest (IPCEI) sulle catene di valore del futuro, già approvati in sede comunitaria, quali la microelettronica e le batterie, ritenendo necessario aumentare le risorse a disposizione di tali progetti strategici e alimentare una più ampia e qualificata partecipazione di imprese italiane, sia capo-filiere che PMI.

Inoltre, l’Esecutivo punta a individuare, insieme agli stakeholder, misure efficaci di rilancio per filiere chiave dell’economia nazionale quali l’edilizia e l’automotive.

Per quanto riguarda le crisi aziendali, si intende introdurre un apposito Fondo di sostegno per la prosecuzione dell’attività di impresa, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.

Per ciò che attiene ad automotive e alle crisi aziendali, si ricordano gli interventi inseriti nel D.L. n. 34/2020 il cui iter parlamentare di conversione in legge si è recentemente concluso. In particolare, si richiama l’istituzione, presso il MISE, di un Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa, con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020 (art. 43). Si ricordano, inoltre, nuovi contributi per l’acquisto degli autoveicoli, elettrici ibridi, nonché di autoveicoli con qualsiasi alimentazione, con emissioni superiori a 60 g/Km di Co2, purché di classe almeno Euro 6, sia con che senza rottamazione (art. 44).

 

Infine, il Governo intende lavorare alla piena attuazione del Piano strategico Space Economy. Il Piano – definito nel 2018 - punta a mobilitare, afferma il PNR, un investimento pari a circa 4,7 miliardi, di cui circa il 50 per cento coperto con risorse pubbliche, tra nazionali e regionali, aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali.

Infrastrutture idriche

Il PNR annuncia un Piano nazionale di interventi volto a rendere maggiormente efficienti e resilienti le infrastrutture idriche per la derivazione, il trasporto e la distribuzione dell’acqua, al fine di garantire la sicurezza dei grandi schemi idrici, ridurre le dispersioni dalle reti e fornire un approvvigionamento idrico sicuro e adeguato a tutte le Regioni. Il Piano interesserà settori strategici della vita e dell’economia del Paese (idropotabile, irriguo e idroelettrico/industriale) e sarà lo strumento principale per il finanziamento di interventi destinati alla realizzazione e/o al mantenimento/ammodernamento del patrimonio nazionale di grandi infrastrutture idriche (dighe, invasi artificiali, derivazioni e principali schemi idrici), in un'ottica di contrasto ai cambiamenti climatici in linea con il Green Deal europeo e il Green New Deal italiano.

Il documento richiama l’Obiettivo n. 13 dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in materia di Azione per il clima, rilevando come l'Italia sia particolarmente interessata all’attuazione del target relativo alla capacità di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali, a causa dell’intensificarsi degli eventi calamitosi legati ai cambiamenti climatici stessi, che provocano maggiori perdite e danni dove il territorio e le infrastrutture sono più fragili e vulnerabili, nonché in relazione alla necessità di prevenire la siccità anche al fine di non precludere il raggiungimento degli obiettivi di qualità dell'acqua di cui alla direttiva 2000/60/UE e di assicurare l’accesso universale all’acqua.

Si ricorda che il Green Deal europeo è la nuova strategia di crescita lanciata dalla Commissione europea nel dicembre 2019 volta a farsi che l'Unione europea diventi il primo continente a impatto climatico zero nel 2050. Per quanto concerne l'Italia, la Legge n. 160/2019 (Legge di bilancio 2020) reca misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano in linea con il Green Deal europeo (articolo 1, commi 85-100).

Per quanto riguarda le reti idriche, particolarmente carenti nel Sud, il Governo annuncia investimenti sulle grandi adduzioni fino alla rete di acquedotti che insistono nel bacino idrico dell’Appennino meridionale. Gli investimenti saranno attivati da una società ad alta capacità industriale, appositamente costituita. Il Governo ha varato il Piano straordinario di investimenti infrastrutturali per incentivare crescita e lavoro al Sud. Il piano è volto ad accelerare la realizzazione di progetti strategici tra loro funzionalmente connessi di valorizzazione dei territori, rafforzando il capitale fisico, umano e sociale e, dall’altro, un rinnovato coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nel Sud del Paese. Il Piano operativo agricoltura consentirà di proseguire gli investimenti nelle infrastrutture irrigue strategiche per l’agricoltura nazionale, nel finanziamento dei contratti di filiera e di distretto e nella politica forestale nazionale, per la cura di 11 milioni di ettari di boschi.

Saranno aumentati inoltre gli investimenti nel trattamento delle acque reflue. Il PNR fa riferimento alla nomina di un Commissario unico per le acque reflue nominato ai sensi del D.L. 111/2019 "Decreto clima", convertito con Legge 141/2019.

Il Commissario è stato nominato con DCPM l'11 maggio 2020 e si occuperà degli interventi necessari per il superamento della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per violazione della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane (procedura n. (n. 2017/2181).  La procedura riguarda in relazione l'assenza o non corretta funzionalità dei sistemi di raccolta e/o trattamento dei reflui.

Il PNR dà conto, poi, del  disegno di legge cd. "Salva mare", approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati (A.S. 1571) che prevede, tra l'altro, che tutti gli impianti di desalinizzazione maggiormente impattanti siano sottoposti a preventiva valutazione di impatto ambientale (VIA).

Dissesto idrogeologico

Il Governo annuncia investimenti volti ad attenuare il rischio idrogeologico: il Fondo per il rimboschimento e la tutela ambientale e idrogeologica delle aree interne, istituito con il D.L. 111/2019 ("Decreto clima", convertito con Legge 141/2019) incentiverà interventi di messa in sicurezza, manutenzione del suolo e rimboschimento, con dotazione pari ad 1 milione di euro per l’anno 2020 e a 2 milioni di euro nel 2021.

Per quanto concerne l'uso dei fondi strutturali e di investimento europei, con riferimento al livello di attuazione dell'Obiettivo tematico n. 5 ‘Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi’, il PNR informa che esso è pari al 28,4 per cento delle risorse programmate, che ammontano a 1.581 milioni. Le risorse, articolate su tredici Programmi operativi regionali, si concentrano su interventi relativi al rischio idrogeologico e all’erosione costiera, nonché sulla riduzione del rischio incendio, vulcanico e sismico.

Il documento sottolinea il carattere fondamentale della valorizzazione dell’attività agricola e della gestione forestale come presidio contro il dissesto idrogeologico, in particolare nelle aree interne.

Tra gli interventi previsti con il citato D.L. clima, si richiama il Programma Italia Verde, finalizzato a favorire e accelerare progetti di gestione sostenibile delle città e alla diffusione delle buone prassi, nonché i programmi istituiti per una gestione e tutela dell'ecosistema.

Si evidenzia che l’Obiettivo n. 15 mira alla salvaguardia degli ecosistemi terrestri e della loro biodiversità ed ha particolare rilievo per l’Italia, con un territorio nazionale in larga parte coperto da boschi, la cui estensione è aumentata di oltre il 20 per cento in quindici anni. In termini di copertura forestale del territorio nazionale, l’Italia occupa infatti il 19° posto in Europa, ma è il paese che registra il maggiore incremento della copertura con boschi negli ultimi 15 anni (quasi 6 punti percentuali, contro 1,5 della media UE). Tale estensione è peraltro alimentata in larga misura dall’abbandono e dal degrado dei paesaggi rurali dell’entroterra, di grande valore e ambientale il cui deterioramento innesta altresì fenomeni di dissesto idrogeologico.

In ordine alla tutela degli ecosistemi, si richiama l’Obiettivo n.14 dell'Agenda 2030, sottolineando la centralità di attuare in modo coordinato e sinergico la Direttiva Quadro sulla

Strategia Marina e la Pianificazione Spaziale Marittima per un efficace approccio eco-sistemico per la sostenibilità delle attività antropiche in mare. La salvaguardia del settore marittimo viene segnalata quale essenziale anche in relazione al forte contributo in termini di riduzione dei gas serra e dei carichi inquinanti che da tale ambito può derivare.

Codice dei contratti pubblici

Nell’ottica di offrire una cornice normativa idonea a favorire il rilancio degli investimenti pubblici, il PNR enuncia la volontà di intervenire sul Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), al fine di velocizzare e semplificare le procedure ed integrare i processi autorizzativi, delineando un sistema puntuale definito dalle responsabilità degli amministratori ed agevolando la qualità della progettazione e, più in generale, la capacità delle stazioni appaltanti di agire con maggiore flessibilità. Il documento segnala, inoltre, la volontà di rafforzare le modalità di digitalizzazione delle procedure di affidamento relative a tutti i contratti pubblici.

Da ultimo, si favorirà il coinvolgimento di risorse private, laddove ne sussistano i presupposti, nel settore della realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità, attraverso schemi di partenariato pubblico privato e di leasing pubblico.

Per ulteriori elementi in merito agli interventi programmati sulla disciplina in materia di contratti pubblici si veda la scheda sull’Allegato #italiaveloce–L’Italia resiliente progetta il futuro – Nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture.


 

Trasporti e reti di comunicazione

Il Governo sottolinea l’importanza di un’Italia connessa, sicura e sostenibile, dotando il Paese di un sistema integrato e resiliente di infrastrutture e servizi di trasporto capace di rilanciare la competitività delle imprese, delle città e dei territori, aumentare la qualità della vita dei cittadini, ridurre il divario tra aree del Paese e categorie sociali, adattare le grandi infrastrutture alle esigenze del futuro ed ai cambiamenti climatici puntando su decarbonizzazione, economia circolare, efficienza e uso razionale ed equo delle risorse naturali, contenimento del consumo di suolo e tutela del paesaggio.

Nell’ambito dei trasporti il Governo evidenzia che la strategia di fondo punta all’integrazione delle infrastrutture di trasporto, di quelle energetiche, delle tecnologie digitali non solo sul piano della sostenibilità ambientale, ma anche su quello del soddisfacimento di una nuova domanda quale la micromobilità elettrica e la mobilità ‘dolce’ (non motorizzata) per gli spostamenti urbani.

 

Tali linee prioritarie si inseriscono nei pilastri ‘Ambiente’ e ‘Produttività’ di cui alla Strategia annuale di crescita sostenibile (ASGS 2020) e rispondono alle Raccomandazioni del Consiglio europeo all’Italia (CSR n.3) e all’Area Euro (CSR Area-Euro n.2).

Le Raccomandazioni 3 e 4 del Consiglio dell’UE all’Italia (CSR) del 2019, si connettono alle priorità della sostenibilità ambientale, agli investimenti e alla crescita della produttività. Si raccomanda di proseguire negli sforzi per: l’aumento delle risorse per la ricerca, l’innovazione, la digitalizzazione e le infrastrutture, l’efficienza della Pubblica Amministrazione, la gestione delle aziende partecipate dalla PA, il funzionamento della giustizia e la promozione della concorrenza nel settore privato. Inoltre, la Raccomandazione n. 3 del Consiglio all’Italia del 20/5/2020 (COM 2020/512/final) invita a “concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell'energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile”.

L’implementazione delle misure strutturali relative alla Priorità 5 contribuirà, tra gli altri, al raggiungimento degli obiettivi SDGS dell’Agenda 2030, n. 9 ‘Industria, innovazione e infrastrutture’ e n.11 ‘Città e comunità sostenibili’.

Si ricorda che le misure volte a favorire la mobilità sostenibile, oltre a una serie di strumenti trasversali come le politiche di supporto pubblico al processo di innovazione (Piano ‘Transizione 4.0’), si collocano nel contesto delle misure del Green New Deal europeo a cui il Governo italiano ha aderito ed al quale si affianca un Green and Innovation Deal nazionale, che ricomprende i fondi per l’innovazione e comporterà un aumento rilevante di fondi da dedicare agli interventi per la sostenibilità ambientale e sociale (per approfondimenti si rinvia al relativo paragrafo).

 

In linea generale la strategia sarà perseguita anche nella fase di ripresa post COVID-19, con la priorità di sviluppare, pur nelle difficoltà connesse alla garanzia della tutela della salute dei cittadini, i sistemi di trasporto: il sistema del trasporto aereo, ferroviario ad alta velocità, il trasporto pubblico locale e la continuità marittima.

Un primo ambito di rafforzamento degli investimenti pubblici riguarderà le infrastrutture di comunicazione ed in particolare il rinnovamento e lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione e di trasporto (5G e fibra ottica, data center distribuiti per l’edge cloud computing, ferrovie, strade, ponti, aeroporti, porti e intermodalità), estendendo la rete di alta velocità ferroviaria a tutto il Paese, in particolare alle Regioni del Sud (Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia) all’interno di un piano di smart mobility. Inoltre, si contribuirà alla riconversione del trasporto pubblico su gomma verso veicoli a basse emissioni.

 

Si rinvia all’analisi dell’allegato ‘#italiaveloce L’Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture’, per il quadro generale della pianificazione e della programmazione delle infrastrutture di trasporto.

 

Si prevede l’attivazione di investimenti ad alto contenuto tecnologico e innovativo, di grande impatto sulla sicurezza, per la digitalizzazione del monitoraggio delle reti stradali, autostradali e ferroviarie. Si tratterebbe di realizzare un’architettura complessiva per il rilevamento e l’analisi dei dati sullo stato di funzionamento delle reti infrastrutturali, finalizzato alla prevenzione di eventi critici e alla ottimizzazione della attività di manutenzione in una logica predittiva.

 

Il Governo rileva inoltre che ulteriore slancio alle priorità nazionali potrà avvenire dall’accesso ai finanziamenti europei, massimizzando le opportunità che si renderanno disponibili nell’ambito del periodo di programmazione 2021-2027 e procedendo all’ulteriore sviluppo delle reti di trasporto trans-europeo, con focus sui progetti transfrontalieri ad alto valore aggiunto e sui progetti in corso di realizzazione lungo le direttrici prioritarie di sviluppo della rete nazionale. Sarà data attuazione al programma Connecting Europe Facility, il CEF, sostenendone con ogni sforzo l’incremento della dotazione finanziaria e supportando gli operatori privati facendo leva sull’azione di CDP, in qualità di Istituto di Promozione Nazionale, recentemente divenuto implementing partner dell’iniziativa.

Trasporto stradale, mobilità sostenibile e  “dolce”

Il Governo sottolinea il forte impegno verso una mobilità intelligente (Smart Mobility), che si tradurrà, in campo infrastrutturale, nell’incentivazione dell’uso delle nuove tecnologie ai fini dello sviluppo delle piattaforme di osservazione e previsione del traffico e per l’applicazione di sistemi di monitoraggio capaci di analizzare lo stato di conservazione delle opere infrastrutturali in modo continuativo. L’impiego della mobilità intelligente sarà ancora più rilevante nell’attuale fase di emergenza sanitaria.

Coerentemente con gli orientamenti e i regolamenti dell’Unione Europea, il Governo sosterrà e accompagnerà la transizione dell’industria automobilistica verso la mobilità sostenibile e connessa attraverso un insieme di incentivi e regolamenti (in larga misura già stabiliti a livello UE). Saranno mantenuti gli incentivi esistenti per i veicoli a basse e a zero emissioni, nonché per la rottamazione del parco automobilistico più vecchio e inquinante. La politica infrastrutturale comprenderà il rapido sviluppo di una rete di punti di ricarica per le autovetture a propulsione elettrica. Il Governo sottolinea inoltre che la rete autostradale dovrà essere adeguata alla diffusione dei veicoli elettrici, tramite la dotazione di colonnine per la ricarica veloce.

Le iniziative legate alla mobilità ‘dolce’, al rinnovo del materiale rotabile nella prospettiva della innovazione tecnologica e delle modalità di trazione più sostenibili, saranno accelerate.

Per quanto riguarda la mobilità sostenibile, il Governo sottolinea innanzitutto che si sta provvedendo alla ripartizione di risorse per incentivare l’interoperabilità e l’integrazione fra le diverse modalità di trasporto, privilegiando l’utilizzo di quelle a basso impatto ambientale e potenziando i sistemi su ferro locale, sia con nuovi investimenti infrastrutturali e tecnologici, sia attraverso il miglioramento della sicurezza delle ex ferrovie concesse, sottoposte tutte dallo scorso anno alla vigilanza dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF).

Tali azioni permetteranno di ridurre la congestione e l’inquinamento in termini di emissioni, rumore e vibrazione in linea con la proposta della Commissione Europea di promuovere lo sviluppo del trasporto ferroviario (COM(2020)78 final del 4 marzo 2020).

Si ricorda che il Piano Nazionale Strategico per la Mobilità Sostenibile mette a disposizione di Regioni, Città metropolitane ed Enti Locali oltre 4 miliardi, di cui 2,2 miliardi già assegnati alle Regioni per l’acquisto di nuovi bus ecologici adibiti al trasporto pubblico locale e alle relative infrastrutture, mentre 398 milioni sono assegnati ai 38 Comuni che nel biennio 2018-2019 hanno registrato i più alti livelli di inquinamento da PM10 e biossido di azoto, per l’acquisizione di materiale rotabile ad alimentazione elettrica, a metano e a idrogeno. Si darà ulteriore impulso al processo di attuazione del Piano, anche nella prospettiva di sviluppo della filiera di produzione di autobus ad alimentazione alternativa nel nostro Paese.

 

Per quanto riguarda lo sviluppo delle reti ciclabili urbane il Governo ricorda che è stato istituito un apposito Fondo, con una dotazione finanziaria di 150 milioni per il triennio 2022-2024, destinato a finanziare nella misura del 50 per cento la realizzazione di nuove piste ciclabili urbane da parte degli Enti Locali. Annuncia inoltre che è di prossima emanazione un decreto di ripartizione di circa 140 milioni con l’obiettivo di aumentare la sicurezza della rete ciclabile urbana ed ampliarla.

L’obiettivo è quello di ripensare i contesti urbani anche in una logica di economia circolare, dando nuovo slancio a forme di sharing (ad esempio car e bike sharing). In questa ottica si ricorda che il DL ‘Rilancio’ contiene numerosi incentivi alla mobilità sostenibile e prevede il finanziamento di progetti per le infrastrutture viarie e le piste ciclabili.

Trasporto pubblico locale

Nel trasporto pubblico locale, il Governo sottolinea come l’obiettivo di garantire servizi di trasporto pubblico locale più efficienti e di qualità sarà perseguito anche attraverso il superamento della spesa storica nella ripartizione del Fondo TPL e l’applicazione del costo standard come parametro di riferimento per la remunerazione dei servizi, garantendo più equità nella distribuzione delle risorse e più efficienza nell’erogazione dei servizi, mediante l’applicazione dei benchmark di efficienza determinati dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Delibera n.154/2019 relativa ai bandi di gara dei servizi TPL).

Appare inoltre particolarmente importante, sia nella fase della ripresa che a regime, perseguire una flessibilità degli orari di servizio in entrata e in uscita (che può essere diversa tra città e città in relazione alle esigenze lavorative e produttive), valutando un servizio modulato per fasce orarie e/o distribuito su sei giorni lavorativi in modo da evitare, soprattutto nelle grandi città, il picco nelle ore di punta.

Trasporto ferroviario

Nel trasporto ferroviario, il Governo annuncia che a livello nazionale sarà estesa la rete di alta velocità ferroviaria in tutto il Paese, con particolare riguardo per le Regioni del Sud (Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia). Ciò avverrà mediante un utilizzo oculato di tratte convenzionali e dedicate, eventualmente integrate da interventi infrastrutturali di adeguamento della rete esistente, o anche, laddove necessario, dalla realizzazione ex novo di varianti e tratte integrative. Si considera come un obiettivo concretamente perseguibile quello di garantire a tutte le principali aree urbane dell’Italia peninsulare tempi di accesso a Roma non superiori a quelli oggi garantiti dal sistema AV sulla sua tratta di maggior lunghezza. Fondamentale è considerata l’integrazione con la strategia nazionale dei servizi ferroviari regionali, attraverso il rafforzamento della loro capacità di alimentazione della nuova rete (per approfondimenti sul punto si veda la scheda relativa all’allegato ‘#italiaveloce L’Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture’).

Si completerà inoltre il processo di rinnovo del parco rotabile del servizio ferroviario regionale e si procederà in tempi rapidi al rinnovo dei treni intercity.

Il Governo ha assegnato risorse pari complessivamente a 3,7 miliardi, per il completamento di linee metropolitane e per la realizzazione di nuove linee tramviarie e filoviarie in tutto il Paese, mentre 1,3 miliardi saranno assegnati nei prossimi mesi.

Sono già disponibili e in corso di assegnazione risorse per il rinnovo sostenibile del parco dei mezzi navali per i collegamenti con le isole minori.

Trasporto aereo

Il Governo annuncia che si procederà all’aggiornamento del Piano Nazionale Aeroporti, garantendo una forte integrazione tra gli aeroporti e i loro territori in una logica intermodale, tenendo in ogni caso conto dei vincoli internazionali relativi alla riduzione in atmosfera dei gas serra. Secondo il nuovo assetto regolatorio, i diritti aeroportuali di tutti gli aeroporti, ivi compresi i maggiori scali oggetto di contratti di programma (cd. ‘in deroga’) saranno determinati secondo i modelli tariffari adottati dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti e improntati ai principi di correlazione ai costi, pertinenza, ragionevolezza e non discriminazione. Ciò sarà effettuato tenendo conto anche del contesto emergenziale e degli effetti di breve-medio periodo sulla catena del valore.

Intermodalità, trasporto merci e logistica

Interventi specifici saranno finalizzati a rafforzare la resilienza e la sostenibilità della filiera logistica con particolare riferimento alla intermodalità. Il Governo sottolinea infatti l’importanza di un moderno e resiliente sistema logistico, indispensabile per la ripresa e per la competitività nazionale e internazionale delle imprese e dei territori, anche attraverso il progressivo potenziamento dei quattro corridoi TEN-T che interessano il territorio nazionale, estendendosi verso la fascia adriatica. Sarà posta grande attenzione alla mobilità delle merci attraverso l’implementazione di un nuovo modello di logistica attento alle esigenze di sostenibilità ambientale.

Inoltre il Governo ricorda che il prossimo ‘Piano generale dei trasporti e della logistica’ definirà gli obiettivi strategici fino al 2030 sviluppando e aggiornando l’analisi dei fabbisogni avviata con ‘Connettere l’Italia’, per poi procedere con la programmazione degli interventi infrastrutturali prioritari per soddisfare la domanda di mobilità attraverso l’emanazione nei prossimi mesi del primo documento di pianificazione pluriennale del Governo, strumento più agile e flessibile rispetto a quanto previsto dalle vigenti disposizioni normative.

 

Il Governo ricorda che il sistema degli incentivi del marebonus e del ferrobonus ha dato risultati positivi per lo sviluppo del trasferimento modale delle merci, ed è stato potenziato nell’ambito del DL Rilancio; dovrà ora essere proseguito e aggiornato nel rispetto della disciplina e delle procedure comunitarie.

Il Governo ricorda che nel perdurare della crisi sanitaria, alcuni interventi sono andati nella direzione del sostegno alle imprese di trasporto per compensarle dalla riduzione dei ricavi tariffari legati al calo della domanda sia di passeggeri che di merci.

 

Le nuove tecnologie saranno fondamentali anche per il rinnovo del parco mezzi adibito all’autotrasporto a cui saranno assicurati da subito incentivi adeguati mediante risorse aggiuntive, già stanziate per il triennio 2020-2022 per circa 200 milioni, per consentire il superamento graduale della modalità di trazioni non più sostenibili e nel contempo assicurare una maggiore sicurezza del trasporto stradale.

Sistemi portuali e Zone Economiche Speciali (ZES)

È in corso di attuazione la riforma delle autorità del sistema portuale e, in campo infrastrutturale, il Governo sottolinea che sarà dato un forte impulso agli interventi per migliorare la sostenibilità ambientale dei porti, con azioni qualificate come il piano nazionale per l’elettrificazione delle banchine (cold-ironing) con il progetto Porti Verdi.

Il Governo ricorda inoltre che è stato varato il Piano straordinario di investimenti infrastrutturali anche per incentivare crescita e lavoro al Sud, attraverso l’adozione e il coordinamento di vari strumenti di intervento quali contratti istituzionali di sviluppo, Zone Economiche Speciali (ZES) e contratti di rete.

Il “Piano Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia”, presentato dal Governo il 14 febbraio 2020, prevede infatti tra gli obiettivi quello del rafforzamento delle ZES.

Banda ultra larga e sviluppo delle reti 5G

Relativamente alle telecomunicazioni, in attuazione del Piano Banda Ultralarga, si intende accelerare lo sviluppo dei cantieri nelle cd. aree bianche. Gli interventi della fase II del Piano saranno concentrati sul sostegno alla domanda per l’attivazione di servizi ultraveloci in tutte le aree del Paese e nella diffusione di infrastrutture a banda ultralarga nelle cd. aree grigie a fallimento tecnologico.

Il Governo ricorda che dall’adozione del Piano a marzo 2015, sono state concluse tre gare - aggiudicate a Open Fiber S.p.a. tra il 2017 e il 2019 – e sono stati ordinati più di 1,5 miliardi di lavori, il cui avanzamento è pari a circa il 40 per cento; esistono quindi la necessità e lo spazio per accelerare. Ricorda altresì che la regola generale prevede che in caso di esito positivo del collaudo, sia possibile avviare la commercializzazione dei servizi. Tuttavia, in ottemperanza a quanto previsto dal D.L. ‘Cura Italia’ ed al fine di fornire ai cittadini i servizi a banda ultralarga necessari nel periodo di emergenza sanitaria, Open Fiber è stata autorizzata ad avviare i servizi anche in Comuni privi di collaudo per i quali siano stati completati i lavori con l’emissione della comunicazione di ultimazione dell’impianto di rete; i servizi sono oggi disponibili in 523 Comuni; entro fine anno si prevede saranno disponibili in 950/1.000 Comuni.

 

Il Governo intende, inoltre, rafforzare le politiche di sostegno al rapido sviluppo della rete 5G, che si sono già concretizzate in iniziative quali le Case delle Tecnologie, i progetti di ricerca e sperimentazione unitamente alla dotazione di una rete di data center di prossimità per l’edge cloud computing.

Si sottolinea che l’accesso alle risorse di Internet rappresenta ormai un diritto universale che va assicurato a tutti, famiglie e imprese, un fattore decisivo di competitività del sistema produttivo, lo strumento per superare l’isolamento e lo spopolamento delle aree interne, una condizione per assicurare a tutti il diritto all’informazione, all’istruzione e al lavoro, ed anche il fattore abilitante (attraverso l’Internet delle cose) di straordinari progressi nella tutela della sicurezza dei cittadini, nella prevenzione delle malattie e dei rischi ambientali e catastrofali.

 

Il Governo sottolinea inoltre che in Italia la crescita della produttività è insoddisfacente soprattutto nel settore dei servizi, in cui è necessario migliorare l’efficienza allocativa anche attraverso un alleggerimento della regolamentazione di svariati comparti, fra cui, ad esempio, le reti 5G.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha in proposito recentemente segnalato gli ostacoli all’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access presenti nelle normative locali (comunali e provinciali) e regionali, che fissano limiti e divieti ingiustificati o non proporzionati all’installazione di impianti di telecomunicazione o stabiliscono procedure amministrative di autorizzazione all’istallazione degli impianti difformi rispetto a quanto previsto dal quadro normativo statale.

A tale proposito il Governo sottolinea che sarebbe auspicabile uniformare l’iter autorizzativo da seguire in caso di realizzazione di impianti di telecomunicazione, definendo chiaramente le procedure e i moduli da utilizzare e chiarendo le disposizioni che possono dar luogo a dubbi interpretativi e applicativi idonei a rallentare gli investimenti.

La rimozione degli ostacoli ingiustificati allo sviluppo delle reti 5G consentirà di promuovere la concorrenza nei mercati delle comunicazioni elettroniche, con ricadute positive sui livelli di servizio erogati ai consumatori e alle imprese, nonché sulla competitività dell’Italia a livello internazionale. Si tratta di un aspetto di particolare rilevanza nell’attuale fase di investimento nelle tecnologie 5G, al fine di non vanificare l’impegno che l’Italia ha profuso muovendosi in anticipo rispetto ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze.

Innovazione tecnologica

Nel campo delle reti di telecomunicazione, il Governo è inoltre impegnato ad agire con politiche strutturali e congiunturali volte a superare l’attuale emergenza, che includono tra le altre, la c.d. politica “Youth but Smart”, in relazione alla quale si sottolinea che l’occupazione giovanile non può prescindere dal sostegno che il sistema può dare al mondo della rete e dell’e-commerce. Blockchain, Intelligenza Artificiale, App, Cloud e 5G dovranno essere le cinque parole chiave per il rilancio tecnologico del Paese e prima fonte occupazionale della parte più giovane della popolazione lavorativa. Si potenzieranno gli incentivi fiscali per queste imprese innovative e si supporterà la contaminazione con le realtà esistenti. Il Venture Capital e il credito agevolato saranno incentivati.

 

Il Governo ricorda che la proposta per una Strategia italiana su Intelligenza Artificiale è già stata presentata e che, a breve, sarà presentata quella sulla Blockchain, il cui utilizzo è alla base di uno specifico progetto pilota per la promozione del Made in Italy. L’obiettivo è conferire al Paese un ruolo di leadership nell’ambito dei progetti europei su questa tecnologia.

Si ricorda che l’Italia ha ottenuto la Presidenza della European Partnership (EBP) insieme a Svezia e Repubblica Ceca.

Il Governo ritiene che il potenziamento dovrà riguardare anche il settore dei servizi digitali, il settore della robotica e dell’intelligenza artificiale, con particolare riferimento alla mobilità.

I relativi investimenti dovranno consentire l’erogazione dei servizi in cloud per favorire e semplificare la fruizione in digitale degli utenti.


 

Aree prioritarie del PNR e obiettivi di sviluppo sostenibile

In coerenza con il ruolo decisivo svolto, nella definizione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, dall’Unione europea, quest’ultima ha assunto l’impegno di guidarne anche l'attuazione, mediante l'integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) nelle sue politiche.

In tale ottica, per la prima volta gli SDGs delle Nazioni Unite sono stati integrati nelle fasi salienti del Semestre europeo, il ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell'ambito dell'UE, al fine di contribuire in tal modo a orientare le politiche economiche, sociali e di bilancio degli Stati membri verso il conseguimento degli SDGs, tenendo conto delle differenze tra i diversi Paesi, monitorando i progressi e garantendo un più stretto coordinamento degli sforzi nazionali.

A febbraio 2020, dando seguito a quanto preannunciato nella Strategia annuale per la crescita sostenibile, la Commissione europea ha presentato le relazioni per Paese 2020, contenenti un'analisi e un monitoraggio più approfonditi degli SDGs, in cui figura per la prima volta, a corredo dell'analisi delle sfide economiche e sociali, una sezione dedicata alla sostenibilità ambientale, con lo scopo di appoggiare le iniziative degli Stati membri e individuare sinergie e possibili compromessi tra le politiche ambientali, sociali ed economiche a livello nazionale. Un apposito allegato alle relazioni per Paese illustra inoltre la performance dello Stato membro in questione proprio in relazione agli SDGs e ne monitora i progressi in base agli indicatori predisposti da Eurostat.

Nelle raccomandazioni specifiche per Paese pubblicate a maggio 2020, la Commissione europea, rivolgendosi a tutti gli Stati membri, ha affermato che l’integrazione degli SDGs nel Semestre europeo appare ancora più importante rispetto al passato, in un contesto caratterizzato dalla diffusione della pandemia COVID-19, che ha reso evidenti l'interconnessione delle sfere economiche, sociali e ambientali e la necessità di una strategia olistica per la ripresa.

Nelle raccomandazioni specifiche per l'Italia, la Commissione europea ha evidenziato che la piena attuazione delle raccomandazioni da parte del nostro Paese contribuirà proprio ai progressi verso gli SDGs e allo sforzo comune per garantire la sostenibilità competitiva nell'Unione. La Commissione ha anche invitato gli Stati membri a fare il punto dei progressi sull’attuazione degli SDGs nei rispettivi programmi nazionali di riforma (PNR), esercizio che integra sul piano qualitativo il monitoraggio basato su indicatori effettuato dalla Commissione nell'ambito del Semestre e che consentirà di cogliere gli aspetti trasversali all'economia delle politiche connesse agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Proprio al fine di dare attuazione a questo specifico invito della Commissione europea, il Capitolo V del PNR 2020 - “Le aree prioritarie dell’agenda di Governo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)” - illustra come le priorità indicate dal Governo potranno influenzare il posizionamento dell’Italia rispetto ai 17 SDGs, individuando l’impatto specifico sui singoli obiettivi operato dalle misure che il Governo ha previsto di realizzare nell’ambito di ciascuna area prioritaria della sua agenda.

 

 


 

I fondi strutturali e il piano per il sud

Il PNR 2020 evidenzia che una efficace politica per la coesione territoriale, volta alla riduzione dei divari tra i cittadini e tra i territori, rappresenta la priorità strategica per il Governo, indispensabile per riavviare uno sviluppo sostenuto e durevole in Italia.

La crisi sanitaria, economica e sociale, determinata dall’emergenza Covid-19, ha rafforzato tale esigenza, sommandosi alle fragilità strutturali preesistenti e al mancato recupero, in termini di prodotto e occupazione, dei livelli precedenti il periodo di recessione del 2008-2009. Il mancato rilancio delle politiche di sviluppo e coesione potrebbe, dunque, rappresentare un grave ostacolo alla ripartenza non solo dell’area, ma dell’intero Paese.

 

Gli strumenti di intervento del Governo ruotano attorno:

§  al nuovo “Piano Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia’, presentato dal Governo il 14 febbraio 2020, che rappresenta lo strumento per un’azione coordinata di rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno, anche mediante la piena attuazione della cd. Clausola del 34% ed il rilancio della Strategia nazionale per le Aree interne;

§  alla riorganizzazione della programmazione delle risorse per la coesione, sia dei Fondi europei che dei Fondi nazionali di sviluppo e coesione, con riguardo al nuovo ciclo 2021-2027;

§  ad un nuovo impulso all’attuazione della programmazione dei Fondi SIE della programmazione 2014-20.

Piano per il Sud al 2030

Sebbene elaborato in una fase precedente alla pandemia Covid-19 ed approvato dal Governo il 14 febbraio 2020, il Piano per il Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia, costituisce uno strumento valido per un’azione coordinata di rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno e di riprogrammazione delle risorse ordinarie ed aggiuntive destinate alla coesione.

Il Piano si pone come obiettivo, nel triennio 2020-2022, la “massimizzazione dell’impatto delle misure previste dalla legge di bilancio 2020”, al fine di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno mediante:

§  il riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale, per mezzo dell’effettiva applicazione della clausola del 34%,

§  l’accelerazione della capacità di spesa delle risorse aggiuntive del Fondo Sviluppo e Coesione, attraverso la riprogrammazione degli interventi,

§  maggiore impulso all’attuazione e all’utilizzo dei Fondi SIE 2014-2020.

 

Il Piano per il Sud 2030 è articolato in cinque missioni che rispondono alle priorità individuate dal Country Report 2019 per l’Italia (Annex D) e sono coerenti con gli Obiettivi di policy (OP) indicati dalla Commissione Europea per le politiche di coesione 2021-2027. Le cinque missioni, già anticipate nella Nota di Aggiornamento del DEF 2019, sono così definite: un Sud rivolto ai giovani; un Sud connesso e inclusivo; un Sud per la svolta ecologica; un Sud frontiera dell’innovazione; un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo.

Le cinque missioni del Piano sono in linea con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), delineati dall’Agenda ONU 2030,

Il processo attuativo del Piano sarà supportato – si legge nel PNR - da un piano di rigenerazione amministrativa, che assicuri il supporto agli enti territoriali nel processo di investimento e il rafforzamento della capacità amministrativa, attraverso: il reclutamento delle competenze professionali addizionali per l’amministrazione dello sviluppo e della coesione territoriale; il rafforzamento del ruolo dei presidi centrali di competenza a supporto delle amministrazioni locali, dalla progettazione alla realizzazione degli investimenti; la previsione di semplificazioni coniugate con la garanzia di legalità dei processi a contrasto della corruzione e delle mafie; il rafforzamento del monitoraggio, del controllo e adozione del partenariato attivo.

 

L’incremento dei livelli di spesa in conto capitale nel Mezzogiorno richiede necessariamente un rafforzamento dei livelli di attuazione e di utilizzo delle risorse per le politiche di coesione, il cui scarso grado di utilizzo e avanzamento negli ultimi anni non è compatibile con le esigenze di un’area che evidenzia così gravi ritardi infrastrutturali e dinamiche tanto divergenti nella performance economica rispetto al resto d’Italia e d’Europa.

A tal fine, nel corso del 2019 si è intervenuti a modificare profondamente i meccanismi di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), al fine di accelerare la capacità di spesa delle amministrazioni, centrali e regionali.

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) - disciplinato dal D.Lgs. n. 88/2011 – reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.

L’articolo 44 del D.L. 34/2019 (cd D.L. crescita), come successivamente modificato dall’art. 1, co. 309, della legge di bilancio 2020, ha previsto una generale riclassificazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativi ai vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), ad opera dell’Agenzia per la coesione, sentite le amministrazioni interessate, con l’obiettivo di predisporre un unico Piano operativo, denominato «Piano sviluppo e coesione», per ciascuna Amministrazione (centrale, Regione o Città metropolitana) titolare di risorse del Fondo, al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, ed una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo, in un’ottica di semplificazione procedurale. Il Piano sviluppo e coesione di ciascuna Amministrazione - articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), restando il vincolo di destinazione territoriale delle risorse secondo la chiave di riparto 80% alle aree del Mezzogiorno e 20% alle aree del Centro-Nord - è approvato dal CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la Coesione territoriale. Il termine per l’adozione dei suddetti Piani è stata, da ultimo, fissata entro e non oltre il 31 luglio 2020 dall’art. 241 del D.L: n. 34/2020.

Si rammenta che il D.L. n. 34/2020 ha autorizzato per gli anni 2020 e 2021, a partire dal 1° febbraio 2020, l’utilizzo in via eccezionale delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rivenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 per qualsiasi tipologia di intervento connesso a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, in coerenza con la facoltà di riprogrammazione che, per le stesse finalità, le amministrazioni nazionali, regionali o locali possono operare nell'ambito dei Programmi operativi dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE). A tal fine la Cabina di regia è stata autorizzata a procedere all’approvazione di tali riprogrammazioni.

 

Per quel che concerne le risorse per il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione aggiuntiva del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo pari a 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

Nel complesso sono stati autorizzati 68,8 miliardi per il ciclo FSC 2014-2020. Di tali risorse 12,1 miliardi sono stati assegnati direttamente con disposizione legislativa, mentre 52,5 miliardi sono stati oggetto di ripartizione programmatica da parte del CIPE. La programmazione delle risorse è avvenuta per aree tematiche, mediante diversi strumenti, e principalmente attraverso: Piani stralcio (per circa 6,3 miliardi approvati dal CIPE negli anni 2014-2017 nelle more della ripartizione in aree tematiche (avvenuta con delibera n. 25 del 2016, integrata dalla delibera n. 26 del 2018); Piani Operativi (circa 24,9 miliardi) come individuati nell'ambito di ciascuna area tematica, secondo la programmazione disposta con la delibera n. 25/2016 e successivi Addendum; Piani Territoriali (circa 14,5 miliardi).

 

L’obiettivo è di accelerare l’attuazione del FSC 2014-2020, già a partire dall’anno in corso, per poi raggiungere nel biennio 2021-2022 i livelli di spesa raggiunti nel settennio 2007-2013. Al riguardo, secondo le stime contenute nel Piano Sud 2030, la spesa si attesterà su valori pari a 3,5, 4,5 e 4,5 miliardi, rispettivamente nel 2020, 2021 e 2022: ciò comporterà nel triennio una maggiore spesa di circa 6,5 miliardi rispetto ai recenti trend.

A tale riguardo, nel Piano per il Sud 2030 si valutano (pag. 8) alcune modalità di accelerazione della spesa del FSC, “considerando che negli ultimi anni la velocità di spesa del FSC si è attestata su un valore medio di poco meno di 2 miliardi di euro l’anno (media dell’ultimo settennio), quando nel settennio precedente tale valore si collocava intorno ai 4,5 miliardi di euro annui, obiettivo minimo della nuova riprogrammazione del FSC nel 2020 è quello di accelerarne l’attuazione per recuperare i livelli di spesa della stagione precedente la crisi. L’obiettivo sarà raggiunto già nel biennio 2021-22, con una sostanziale accelerazione anche nel 2020. Secondo stime prudenziali, la spesa si attesterà su valori pari a 3,5, 4,5 e 4,5 miliardi di spesa, rispettivamente nel 2020, 2021 e 2022: ciò comporterà nel triennio una maggiore spesa di circa 6,5 miliardi di euro rispetto ai recenti trend declinanti, equivalenti a circa un quinto dei fondi non ancora spesi”.

 

In merito allo stato di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, nella Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate allegata al DEF 2020, anch’essa presentata al Parlamento a luglio 2020, si evidenzia uno stato di attuazione degli interventi a fine 2019 risulta assai sconfortante.

La tavola seguente – ripresa da quella riportata a pag. 47 della Relazione – riporta, al 31 dicembre 2019, l’ammontare delle risorse finanziarie programmate, l’ammontare di quelle effettivamente monitorate in quanto assegnatarie di uno specifico codice della banca dati unitaria (BDU), l’ammontare delle risorse impegnate e di quelle pagate, nonché il numero di progetti coinvolti.

Stato di attuazione al 31 dicembre 2019

(milioni di euro)

 

FSC 2014-20

Programmato

Monitorato

Impegnato

Pagato

n. progetti

Piani operativi nazionali

31.208,4

13.038,7

2.691,9

349,5

2.326

Patti regioni

12.222,0

9.241,9

1.874,6

482,1

5.766

Patti città metropolitane

2.403,0

2.136,7

392,4

154,3

853

CIPE varie

2.661,6

700,7

359,1

159,2

177

Assegnazioni per legge

7.969,3

702,4

645,2

336,8

1.847

Da programmare

5.083,0

 

 

 

 

TOTALE

61.547,3

25.820,4

5.963,2

1.481,9

11.179

 

In termini percentuali, solto l’8,6% delle risorse programmate per i Piani operativi nazionali risulta impegnato e solo l’1,1% pagato.

Tali dati risultano leggermente migliori per i patti regionali per lo sviluppo, per i quali si registra un livello di impegni pari al 15,3% e di pagamenti al 3,9%, e per i patti per lo sviluppo delle città metropolitane, per i quali i livelli di attuazione sono pari, rispettivamente al 16,3% e 6,4%.

 

Piani operativi nazionali

Programmato

Monitorato

Impegnato

Pagato

n. progetti

Agricoltura

542,6

202,9

200,4

0,8

43

Ambiente

3.248,4

849,0

54,7

3,2

498

Banda ultra larga

3.500,0

609,3

609,3

4,5

16

Cultura e turismo

1.770,4

774,9

109,1

23,5

160

Dissesto idrogeologico

560,0

608,3

269,1

46,0

36

Dissesto idrogeologico

100,0

8,0

6,0

0,1

44

Imprese e competitività

2.498,0

903,9

441,6

59,9

89

Infrastrutture

17.999,0

1.920,9

0,0

0,0

163

Ricerca e innovazione

525,0

376,2

363,3

40,9

1.277

Salute

200,0

0’

0

0

0

Sport e periferie

250,0

0

0

0

0

Beni confiscati

15,0

0

0

0

0

TOTALE

31.208,4

13.038,7

2.691,9

349,5

2.326

 

Patti Regioni

Programmato

Monitorato

Impegnato

Pagato

n. progetti

Lombardia

351,3

248,1

15,3

0,7

61

Emilia-Romagna

55,0

53,0

11,6

1,4

57

Lazio

113,7

112,5

23,1

20,5

161

Abruzzo

763,4

707,3

132,0

32,7

373

Molise

432,0

285,6

41,5

3,4

432

Campania

2.790,2

2.747,3

343,1

78,4

907

Puglia

2.081,5

1.468,2

463,7

51,7

709

Basilicata

576,2

518,2

144,9

89,0

726

Calabria

1.208,7

760,6

251,5

6,1

555

Sicilia

2.330,4

1.097,3

317,6

128,2

950

Sardegna

1.519,6

1.243,8

130,3

70,0

835

Patti regioni

12.222,0

9.241,9

1.874,6

482,1

5.766

 

Patti Città Metropolitane

Programmato

Monitorato

Impegnato

Pagato

n. progetti

Milano

110,0

99,3

74,3

29,4

14

Venezia

110,0

89,8

54,1

9,8

85

Genova

110,0

110,0

63,1

44,2

51

Bologna

107,0

107,0

6,2

2,1

27

Firenze

110,0

110,0

19,0

6,2

20

Napoli

311,0

311,0

67,3

30,9

36

Bari

233,0

229,7

0

0

82

Reggio Calabria

136,0

134,4

9,0

9,0

216

Messina

335,0

317,4

40,8

5,1

104

Palermo

335,0

328,7

36,9

4,5

93

Catania

335,0

128,0

9,8

9,6

45

Cagliari

171,0

171,4

11,9

3,5

80

Patti città

2.403,0

2.136,7

392,4

154,3

853

 

In questa prospettiva, per il prossimo periodo di programmazione 2021-2027, l’ammontare delle risorse da destinare agli interventi a favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione è determinato in 73,5 miliardi, con un incremento della quota percentuale di PIL destinata al FSC dallo 0,5 allo 0,6 per cento. Il vincolo di destinazione territoriale a favore del Mezzogiorno resta fissato all’80 per cento.

La programmazione sarà oggetto di un apposito percorso partenariale per individuare le priorità di intervento che verranno perseguite attraverso un Piano di sviluppo e coesione nazionale per ciascuna missione del Piano Sud 2030, in un’ottica di complementarietà con la programmazione dei Fondi europei. Per ciascuna missione, sarà istituito un Comitato di indirizzo con funzioni di coordinamento strategico dell’attuazione delle azioni presenti nei Piani.

 

L’azione di rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno non può prescindere dal perseguimento della corretta applicazione e verifica della clausola sulla destinazione alle regioni del Mezzogiorno di una quota di risorse ordinarie in conto capitale proporzionale alla popolazione residente (c.d. clausola del 34%).

Relativamente alla clausola del 34% il Piano per il Sud 2030 (cfr. pag. 6) ritiene necessario recuperare la “distanza” che si è creata in questi anni tra quota di spesa ordinaria in conto capitale al Sud e il target del 34%. Tale recupero è quantificabile, in via del tutto prudenziale, - secondo quanto di legge nel Piano - in un impegno finanziario addizionale di circa 5,6 miliardi di euro nell’intero triennio 2020-2022. A tanto infatti ammonta il ritardo da colmare accumulato nel triennio 2016-2018, nel corso del quale lo Stato Centrale ha destinato al Mezzogiorno poco meno del 20% delle risorse ordinarie destinate alla spesa in conto capitale, pari annualmente a circa 13 miliardi di euro. Invertendo tale trend, a parità di risorse nazionali, si avrebbero al Sud nel prossimo triennio 13,2 miliardi di euro di investimenti statali (il 34% di 39 miliardi di euro), contro i 7,6 stanziati nel periodo 2016-18, con un incremento di risorse pari a 5,6 miliardi di euro.

Per quanto riguarda, specificamente, l’applicazione della clausola del 34% alle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2020, nel Piano si precisa (pag. 7) che il finanziamento di spesa in conto capitale aggiuntiva per il triennio 2020-22 ammonta a quasi 6,8 miliardi di euro. Di questi, circa 6 miliardi non hanno una destinazione determinata dalla legge. Pertanto, applicando la clausola del 34% alle nuove risorse stanziate dalla legge di bilancio per il triennio 2020-22, si otterrebbe una maggiore spesa per investimenti al Sud di oltre 2 miliardi di euro nel prossimo triennio, che andrebbero ad aggiungersi a quelli già programmati.

Complessivamente, con l’effettiva attuazione della nuova clausola del 34% - secondo il Piano per il Sud - emergerebbero nel triennio 2020-22 maggiori risorse per investimenti al Sud per almeno 7,6 miliardi di euro.

 

Tra le politiche territoriali del Piano, una particolare importanza riveste, infine, la Strategia nazionale per le Aree interne (SNAI), divenuta ancora più attuale a seguito della pandemia. Dal fronte sanitario al modello didattico alla mobilità sostenibile, la SNAI rappresenta un modello di riferimento per le strategie di contenimento e mitigazione del rischio di diffusione del contagio.

Il documento ne prevede il rilancio - grazie alle risorse stanziate nell’ultima legge di bilancio e alla costituzione di un apposito fondo per interventi di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali delle aree interne, la cui dotazione è stata incrementa dal D.L. n. 34/2020 – per proseguire nel percorso di rigenerazione dei contesti urbani, non solo nelle aree metropolitane del Paese, ma anche nelle città medie del Mezzogiorno, per colmando i ritardi di infrastrutturazione, a cominciare da quelli digitali, per consolidare i processi di innovazione sociale avviati nelle periferie e per affrontare le condizioni di marginalità.

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di Partenariato[61], e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana[62].

La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia per le aree interne il legislatore ha stanziato, a partire dall’esercizio 2014, 481,2 milioni a valere sulle risorse del Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE), di cui 200 milioni autorizzati, con l’articolo 1, comma 314, della legge di bilancio 2020 per le annualità 2021-2023.

I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Nell’ultima Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne, presentata al CIPE dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, di dicembre 2018, si fa riferimento a 72 Aree selezionate, che riguardano “1.077 comuni per 2.072.718 abitanti (dato al 2016) e un territorio di 51.366 kmq. Dei 1.077 comuni, il 57,6 per cento è classificato come periferico ed ultra-Periferico.”

Esse rappresentano il 13,4% di tutti i Comuni italiani e il 26% dei Comuni classificati come Aree Interne; il 3,4% della popolazione nazionale e il 15,5% della popolazione residente nei Comuni classificati come Aree Interne. Si tratta di Aree che distano in media circa 50 minuti dal polo più vicino, distanza che raggiunge, in alcuni casi, anche i 60 minuti. Alla distanza fisica dai poli di offerta dei servizi essenziali si somma un sottodimensionamento della “connessione digitale”.

Al 31 dicembre 2018, risultano approvate le Strategie definitive in 34 aree, per un totale di investimenti di 565,8 milioni, con il 62% di investimenti in favore di progetti di sviluppo e il 38% di investimenti per il miglioramento de i servizi alla persona (mobilità, istruzione e trasporti).

Si rammenta che, a sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, è stato istituito con la legge di bilancio 2020 un apposito Fondo - presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 1, co. 313, lett. d) legge n. 160 del 2019) - le cui risorse, autorizzate a valere sul Fondo nella misura di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, sono ripartite tra i comuni presenti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione.

A seguito dell’emergenza sanitaria, il D.L. n. 34/2020 ne ha previsto il rifinanziamento, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, allo scopo di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia da Covid-19, nonché nella misura di ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati. Le risorse di tale fondo sono reperite a valere sulle disponibilità del Fondo sviluppo e coesione (FSC).

I Fondi strutturali europei

I Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) rappresentano, congiuntamente al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. 

Nel PNR si ricorda, in particolare, come i Fondi SIE abbiano dato un importante contributo, nell’attuale contesto di emergenza sanitaria, per fare fronte alle gravi ripercussioni che l’emergenza sta producendo sui sistemi economico e sociali delle Regioni europee e per contribuire al rilevante fabbisogno di spesa nel settore sanitario.

Si sottolinea, infatti, come l’Unione Europea abbia adottato iniziative legislative volte a rendere l’azione dei fondi più efficace e tempestiva, attraverso il riconoscimento di maggiore flessibilità nell’uso delle risorse e la messa a disposizione degli Stati membri di liquidità aggiuntiva con la quale fronteggiare i nuovi fabbisogni di spesa.

 

Si rammenta, al riguardo, che nell’ambito dell'Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus (CRII+) lanciata dalla Commissione europea il 2 aprile 2020, è stata proposta una maggiore flessibilità nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia da COVID-19, per mobilitare tutto il sostegno finanziario a titolo dei fondi della politica di coesione al fine di affrontare gli effetti negativi gravi che la crisi sanitaria ha sulle economie e sulle società dell'UE.

In particolare, con il Regolamento (UE) 2020/558[63] del 23 aprile 2020 è stato introdotto l’art. 25-bis al Regolamento (UE) n. 1303/2013, recante le disposizioni comuni sui fondi europei, il quale - in deroga all'articolo 60, paragrafo 1, e all'articolo 120, paragrafo 3, primo e quarto comma del citato Regolamento - offre agli Stati membri la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% alle spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo contabile dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021, per uno o più assi prioritari di un programma sostenuto dal FESR, dal FSE o dal Fondo di coesione. Il nuovo Regolamento consente, altresì, ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni; di esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi; di rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus; di permettere al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

A seguito delle iniziative europee, con il decreto-legge n. 34/2020 (c.d. rilancio) sono state introdotte le norme per consentire alle Amministrazioni titolari dei Programmi Operativi attuativi dei Fondi strutturali 2014-2020, da un lato di disporre di questa ampia flessibilità per l’impiego tempestivo dei fondi a sostegno delle spese per l’emergenza Covid-19 e, dall’altro di promuovere un’azione di riprogrammazione delle risorse disponibili nell’ambito della programmazione 2014-2020, nel rispetto dei vincoli di destinazione territoriale.

 

In particolare, con l’articolo 242 del D.L. n. 34/2020 le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020, attuativi dei fondi strutturali europei, sono state autorizzate a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia Covid-19, così come previsto dal Regolamento (UE) 2020/558 del 23 aprile 2020.

Trattandosi di spese esclusivamente a carico della UE (100% di cofinanziamento), le risorse europee erogate a rimborso di tali spese vengono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi. Ai Programmi complementari sono altresì destinate le risorse di cofinanziamento nazionale che si “liberano” per effetto dell’integrazione fino al 100% del tasso di cofinanziamento UE dei Programmi Operativi.

 

L’autorizzazione alla riprogrammazione dei Programmi dei Fondi strutturali 2014-2020 per certificare le spese per l’emergenza Covid-19 al tasso di cofinanziamento UE al 100%, disciplinata dall’articolo 242 del D.L. n. 34/2020, è finalizzata a destinare le risorse non ancora impegnate nell’ambito dei programmi operativi per la copertura di spese nel settore sanitario connesse all’emergenza e per il sostegno alle attività economiche, e ai lavoratori, nonché per interventi in favore delle fasce sociali più fragili particolarmente esposte agli effetti della crisi sanitaria, consentendo, al tempo stesso, ai programmi dei Fondi strutturali di poter contribuire alle spese per l’emergenza, originariamente non rientranti nelle finalità dei Fondi, e ai Programmi Complementari, con le risorse rivenienti dal bilancio comunitario, di salvaguardare il volume complessivo degli investimenti della politica di coesione, con particolare riguardo a quelli relativi alle regioni meridionali, nel rispetto della destinazione territoriale delle risorse.

 

 

Lo stato di attuazione dei Fondi strutturali 2014-2020

In relazione alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), il PNR mette in evidenza come le Amministrazioni titolari dei 51 Programmi Operativi cofinanziati dai fondi UE abbiano rispettato i target di spesa fissati al 31 dicembre 2019, scongiurando di fatto il rischio di perdita delle relative risorse per il c.d. disimpegno automatico.

 

Con il Regolamento (UE) 2017/2305 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 (che ha modificato il precedente regolamento (UE) n. 1303/2013), le risorse europee per la coesione economica, sociale e territoriale disponibili per gli impegni di bilancio per il periodo 2014-2020 sono pari a 329,978 miliardi di euro, a prezzi 2011, di cui 325,9 miliardi destinati ai fondi strutturali (FESR, FSE e Fondo di coesione, quest’ultimo peraltro non interessa l’Italia).

Nel complesso, all’Italia sono stati assegnati 36,1 miliardi di euro di contributi europei, derivanti dai Fondi strutturali FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e FSE (Fondo sociale europeo). Ai contributi europei si sono aggiunte le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale, pari a 19,1 miliardi di euro, per un totale di risorse finanziarie derivanti dai Fondi strutturali per il periodo di programmazione 2014-2020 pari a 55,2 miliardi di euro complessivi. Ai fini della politica di coesione, infatti, oltre alle risorse europee vanno considerate, per il principio della addizionalità, le risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, posto a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche europee (c.d. Fondo IGRUE)[64].

Gran parte delle risorse è stata destinata all'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" (51,4 miliardi), che interessa le seguenti tre categorie di regioni[65]:

§  regioni meno sviluppate: (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 33,8 miliardi;

§  regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 2,8 miliardi;

§  regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 14,8 miliardi.

Una quota pari a 2,8 miliardi è assegnata al PON Iniziative Occupazione Giovani (IOG) e circa 0,9 miliardi sono destinati all’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” che interviene in specifiche aree frontaliere, dislocate lungo i confini interni ed esterni dell’UE o transnazionali, che riguardano vaste porzioni del territorio europeo e in alcuni casi coincidono con il territorio delle Strategie macro-regionali europee.

Ai fini della programmazione di tali risorse, ogni Stato membro - di concerto con le competenti autorità nazionali e regionali e in collaborazione con la Commissione Europea – ha elaborato un Accordo di Partenariato che interessa tutti i Fondi SIE. In Italia, l’Accordo di Partenariato, inizialmente approvato dalla Commissione Europea il 29 ottobre 2014, è stato modificato l'8 febbraio 2018 con la Decisione di esecuzione C(2018)598 final, al fine di ricomprendere nella sua impostazione le maggiori risorse comunitarie assegnate all'Italia, a seguito dell'adeguamento “tecnico” del Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020, effettuato in conformità dell'articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013.

La modifica dell'Accordo di partenariato ha riguardato principalmente l'inserimento di un importo addizionale di 1.645 milioni di euro di fondi strutturali (di cui 1 miliardo a valere sul FESR e 0,6 miliardi sul FSE). Tale incremento è stato destinato per 1.057,9 milioni alle regioni meno sviluppate, per 404,3 milioni alle regioni in transizione e per 183 milioni alle regioni più sviluppate. A tali risorse si sono aggiunti 800 milioni di euro di risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) quale cofinanziamento nazionale e 343 milioni di euro di risorse comunitarie assegnate all’Italia per il sostegno all’iniziativa per l’occupazione giovani (IOG).

Rispetto ai 51,4 miliardi considerati dall’originario Accordo di Partenariato per l’Obiettivo Investimento, l’adeguamento tecnico ha portato il complesso delle risorse programmate per tale obiettivo (compresa l’iniziativa Occupazione Giovani) a 54,2 miliardi.

 

Riportando i dati del Comunicato dell’Agenzia per la coesione del 2 gennaio 2020, nel PNR si evidenzia che la spesa sostenuta e certificata alla Commissione europea al 31 dicembre 2019 è pari a 15,2 miliardi di euro, con un livello del tiraggio delle risorse comunitarie a valere sul bilancio UE intorno a 9,6 miliardi di euro, pari al 113% del target (fissato a 8,4 miliardi), con un risultato che supera ampiamente – come si legge nel Comunicato - le soglie di spesa previste al 31 dicembre 2019 per tutti i Programmi Operativi.

La spesa complessivamente certificata fa registrare un incremento di 5,4 miliardi rispetto all’importo di 9,7 miliardi di euro conseguito al 31 dicembre 2018 e raggiunge il 28,5% del totale delle risorse programmate (circa 53,2 miliardi) per i 51 Programmi Operativi cofinanziati dal FESR e dal FSE del ciclo di programmazione 2014-2020.

 

Riguardo, invece, ai dati sullo stato di attuazione dei Fondi strutturali al 31 dicembre 2019, il PNR riporta i dati registrati nel Sistema Nazionale di Monitoraggio gestito dalla Ragioneria Generale dello Stato (MEF-RGS-IGRUE). Essi mostrano un livello di avanzamento dei Fondi strutturali che si attesta, per ciò che attiene agli impegni complessivamente assunti, ad un valore pari a circa 31,6 miliardi, ossia oltre il 58,23% delle risorse complessivamente programmate. Il livello dei pagamenti complessivi, rendicontati al 31 dicembre 2019, ha raggiunto oltre 16,7 miliardi, corrispondenti al 30,7% delle risorse programmate, superando di oltre un miliardo la spesa certificata alla Commissione Europea a fine 2019.

 

Le tavole che seguono - tratte dal Bollettino della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE, Monitoraggio politiche di coesione – Programmazione 2014-2020 – Situazione al 31 dicembre 2019 [66]– riportano lo stato di attuazione dei Fondi strutturali alla data del 31 dicembre 2019, mostrando uno stato di avanzamento del FSE (Fondo sociale europeo) superiore rispetto ai programmi del FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale).

 

Stato attuazione per fondo strutturale
al 31 dicembre 2019

In milioni di euro

Fondo

Risorse programmate
(A)

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

FESR*

34.509,28

19.659,01

9.992,20

56,97%

28,96%

FSE

19.719,52

11.917,23

6.666,31

60,43%

33,81%

Totale

54.228,80

31.576,24

16.658,51

58,23%

30,72%

* Comprensivo delle quote relative ai PO CTE

 

La tabella che segue riepiloga lo stato di attuazione dei Programmi attuativi dei fondi strutturali 2014-2020, distintamente per i Programmi Operativi Regionali (POR) e nazionali (PON), con riferimento agli impegni e ai pagamenti rispetto alle risorse disponibili, per categoria di regione, nonché l’avanzamento del PON IOG (giovani) e dei Programmi CTE (Cooperazione Territoriale).

L’importo degli impegni e dei pagamenti comprende sia la quota UE e sia la quota nazionale riferiti ai programmi (impegni e pagamenti ammessi).


 

 

Stato attuazione per Programmi Operativi (POR e PON)
al 31 dicembre 2019

In milioni di euro

Categoria di Regione

Tipologia Programma

Risorse programmate
(A)

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

In transizione

PON

814,99

538,30

255,65

66,05%

31,37%

POR

1.918,82

1.031,51

550,25

53,76%

28,68%

Meno sviluppate

PON

12.532,61

8.105,20

3.416,96

64,67%

27,26%

POR

20.384,08

9.668,03

5.464,22

47,43%

26,81%

Più sviluppate

PON

1.607,50

1.081,39

595,83

67,27%

37,07%

POR

13.194,94

8.638,20

4.947,76

65,47%

37,50%

Totale PON IOG

2.785,35  

1.974,15

1.321,75

70,88%

47,45%

Totale PO CTE

990,51  

539,46

106,08

54,46%

10,71%

Totale Generale

54.228,80

31.576,24

16.658,51

58,23%

30,72%

La tabella che segue riepiloga, infine, lo stato di avanzamento, in termini di impegni e pagamenti, degli 11 Obiettivi Tematici dei fondi strutturali 2014-2020.

 

Stato attuazione per Obiettivi tematici
al 31 dicembre 2019

In milioni di euro

Obiettivo tematico

Risorse programmate
(A)

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

01-Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione

 5.980,66

4.069,33

 1.896,71

68,04%

31,71%

02-Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime

 2.331,84

1.484,04

 667,83

63,64%

28,64%

03-Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, del settore agricolo (per il FEASR) e del settore della pesca e dell'acquacoltura (per il FEAMP)

 6.128,85

4.057,90

 1.920,17

66,21%

31,33%

04-Sostenere la transizione verso una economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori

 5.224,50

2.334,59

 1.291,07

44,69%

24,71%

05-Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi

 1.581,20

 683,58

 400,10

43,23%

25,30%

06-Preservare e tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse

 4.059,67

1.704,22

 1.045,59

41,98%

25,76%

07-Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozza-ture nelle principali infrastrutture di rete

 3.384,84

2.608,17

 1.418,28

77,05%

41,90%

08-Promuovere un'occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori

 8.935,16

5.405,17

 3.288,40

60,49%

36,80%

09-Promuovere l'inclusione sociale e com-battere la povertà e ogni discriminazione

 5.696,09

2.569,26

 1.167,93

45,11%

20,50%

10-Investire nell'istruzione, nella formazio-ne e nella formazione professionale per le competenze e l'apprendimento permanente

 6.960,61

4.445,45

 2.663,20

63,87%

38,26%

11-Rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e un'amministra-zione pubblica efficiente

 1.217,58

 552,80

 244,01

45,40%

20,04%

 

 

 

 

 

 

AT- Assistenza Tecnica

 1.737,28

1.122,28

 549,13

64,60%

31,61%

Totale

 53.238,29

 31.036,79

16.552,43

58,30%

31,09%

 

Per una analisi più dettagliata del livello di avanzamento dei singoli Programmi Operativi Nazionali o Regionali, si rinvia alla Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF (cfr. pagg. 30-39).

Il PNR riporta, inoltre, i dati della verifica effettuata nel 2019, in collaborazione con la Commissione Europea, del raggiungimento dei target intermedi definiti nell’ambito del meccanismo del c.d. Performance framework (articoli 21 e 22 del Reg. (UE) 1303/2013), meccanismo volto a migliorare l’efficacia dell’attuazione della programmazione 2014-2020, a cui è subordinata l’erogazione della riserva di efficacia (6 per cento del valore di ciascun Programma operativo), al verificarsi del raggiungimento di target finanziari e di output intermedi al 31 dicembre 2018.

 

Nel ciclo 2014-2020 i Regolamenti prevedono un meccanismo finalizzato a incentivare un’attuazione più controllata degli esiti dei programmi nel tempo e quindi di stimolo a procedere ad azioni correttive laddove necessarie. È stato, pertanto, definito un sistema (Reg. 1303/2013 artt. 20-22) attraverso cui le Amministrazioni responsabili dei Programmi operativi (PO) si impegnano, per ogni asse prioritario interessato, a raggiungere alcuni target di spesa e di realizzazione dei progetti alle scadenze: intermedia del 2018 e finale del 2023.

In particolare, in caso di conseguimento dei target alla verifica intermedia, è prevista l’assegnazione definitiva della “riserva di efficacia dell’attuazione” (o riserva di performance), già assegnata in via provvisoria ai singoli assi dei programmi; in caso contrario, la riserva viene riprogrammata su altri assi (del medesimo programma ovvero anche di altri programmi se necessario) che abbiano superato positivamente la verifica.

 

La verifica intermedia ha interessato 300 assi di 50 programmi. Solo 64 assi sono risultati con dati di realizzazione di spesa e di altri indicatori rilevanti, di output o procedurali, non sufficienti a passare positivamente le verifica. Considerando i singoli programmi: 22 hanno superato la verifica su tutti gli assi, 27 su alcuni assi, 1 solo su nessun asse (il POR Bolzano FSE).

A fine dicembre si sono concluse tutte le riprogrammazioni per la riallocazione delle risorse, finalizzate a una proposta complessiva e organica da sottoporre a confronto negoziale con la Commissione Europea. Il processo si stima sarà concluso nella prima parte del 2020 (per approfondimenti, cfr. Tavola II.1e II.2, della Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF).

La nuova programmazione 2021-2027

Relativamente alla nuova programmazione 2021-2027, il PNR evidenzia che i negoziati con le istituzioni dell’Unione per la definizione del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 e dei regolamenti che formeranno il futuro ‘pacchetto legislativo” per la politica di coesione sono ancora in corso. Sono al contempo stati avviati i lavori per la predisposizione del nuovo Accordo di partenariato 2021-2027, che individuerà la strategia d’intervento e i futuri programmi della politica di coesione e sui cui si svolgerà nel corso del 2020 il negoziato con la Commissione Europea.

 

 

La nuova politica di coesione 2021-2027

 

La proposta della Commissione europea relativa al nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 delinea anche l'architettura della nuova politica di coesione. Essa consta delle seguenti misure:

§  proposta di regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione (COM(2018)372);

§  proposta di regolamento relativo a un meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in ambito transfrontaliero (COM(2018)373);

§  proposta di regolamento recante disposizioni specifiche per l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (Interreg) sostenuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dagli strumenti di finanziamento esterno (COM(2018)374);

§  proposta di regolamento recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (COM(2018)375);

§  proposta di regolamento relativo al Fondo sociale europeo Plus (FSE+) (COM(2018)382).

 

La Commissione europea propone, per il periodo 2021-2027, risorse per la coesione economica, sociale e territoriale pari a circa 330 miliardi di euro a prezzi costanti 2018 (373 miliardi di euro a prezzi correnti, che tengono conto di un tasso d'inflazione annuo del 2%). La ripartizione tra i tre fondi sarebbe: circa 200 miliardi di euro per il FESR (circa 226 miliardi a prezzi correnti); 41,3 miliardi di euro per il Fondo di coesione (circa 46,6 miliardi a prezzi correnti); 88,6 miliardi di euro per il FSE+ (circa 100 miliardi a prezzi correnti).

La tabella seguente riporta gli stanziamenti previsti dalla Commissione europea (dati in milioni di euro - prezzi 2018).

La tabella seguente della Commissione europea riporta, invece, le dotazioni per Stato membro (a prezzi 2018): rispetto al 2014-2020, vi sarebbe una riduzione per alcuni Paesi e un aumento di risorse per altri, tra cui l'Italia (38,6 miliardi di euro, +6%).

 

 


 

ALLEGATI

L’Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture

Gli obiettivi strategici delle politiche infrastrutturali e la revisione del quadro normativo in materia di contratti pubblici

 

L’Allegato #italiaveloce–L’Italia resiliente progetta il futuro – Nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture si inquadra nel perimetro tracciato dalla Raccomandazione del Consiglio n. 3 del 2019 e dalla Raccomandazione n. 3 del 2020 proposta dalla Commissione europea, volte, tra l’altro, a sollecitare l’innovazione della qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali, e l’anticipazione dei progetti di investimento pubblici maturi al fine di favorire la ripresa economica a seguito della crisi da Covid-19.

 

Nel documento si segnala che la risposta agli effetti negativi provocati dall’emergenza sanitaria deve passare attraverso:

 

§  l’avvio di una programmazione di interventi infrastrutturali rilevanti per il settore dei trasporti e della logistica;

§  la semplificazione normativa delle procedure, attraverso puntuali interventi normativi sulla disciplina dei contratti pubblici (sia mediante l’adozione, a livello di normazione secondaria, del nuovo regolamento unico di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici, sia con nuovi interventi di rango legislativo modificativi della disciplina del Codice e/o derogatori della medesima disciplina);

 

Nel documento si rileva, in proposito, che il quadro normativo di riferimento del sistema delle infrastrutture è costituito, in primo luogo, dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), per il quale il Governo intende evitare, almeno per il prossimo futuro, nuovi massicci interventi di riforma, in considerazione dell’esigenza di lasciar “sedimentare” un sistema di norme (da ultimo modificate con il D.L. 32/2019, cd. decreto “sblocca cantieri”) per un tempo apprezzabile e idoneo a verificarne l’effettivo impatto sull’economia e sulla società. Nel documento si sottolinea che, con riguardo all’assetto generale della normativa vigente, si è ritenuto di proseguire l’opera di predisposizione e redazione del nuovo regolamento unico di attuazione ed esecuzione del Codice che dovrebbe integrare e completare il quadro normativo di riferimento e la cui entrata in vigore, già programmata per l’estate di quest’anno, slitterà di qualche mese a causa dell’attuale condizione emergenziale. 

Peraltro, nell’Allegato si riconosce che il nuovo regolamento unico di attuazione e esecuzione soddisferà solo parzialmente le esigenze di semplificazione e difficilmente potrà risolvere tutte le criticità emerse al livello della normativa primaria. L’opera di revisione e semplificazione del quadro normativo in materia di appalti pubblici – giudicata indispensabile per rivitalizzare il mercato delle opere pubbliche e rilanciare l’economia e la competitività del Paese – proseguirà, pertanto, con ulteriori interventi di revisione “chirurgica” o di natura derogatoria, nel rispetto dei vincoli europei, su singoli punti del Codice dei contratti pubblici, individuati fra quelli che hanno sollevato problemi applicativi e criticità interpretative (diversi dei quali sono ora contenuti negli articoli da 1 a 9 del D.L. 76/2020 – cd. decreto semplificazioni, del quale è imminente l’avvio dell’esame al Senato), al fine di scongiurare per quanto possibile un fermo generalizzato di procedure e cantieri, dettando regole “speciali” che garantiscano l’abbreviazione dei tempi e la tutela della sicurezza di quanti (operatori economici, personale delle stazioni appaltanti, professionisti etc.) operano nel settore, grazie allo sfruttamento delle tecnologie informatiche e all’effettuazione in remoto di tutte le fasi e le attività che risultino compatibili con tale modalità. 

 

§  la realizzazione degli interventi programmati;

§  l’adozione di piani e programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di sicurezza delle infrastrutture.

 

Nelle more della redazione del Documento Pluriennale di Pianificazione – DPP (in stato avanzato di redazione e previsto entro fine 2020), il documento definisce, inoltre, l’elenco delle infrastrutture prioritarie per lo sviluppo del Paese, ivi compresi gli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento.

Si segnala altresì che il primo Documento Pluriennale di Pianificazione includerà gli esiti della procedura di valutazione e di selezione delle opere da realizzare e progettare (progetto di fattibilità), nonché le priorità di intervento e la definizione dei criteri per le valutazioni ex-post ed il monitoraggio degli interventi avviati.

 

Il Codice dei contratti pubblici ha abrogato la disciplina speciale con cui erano state programmate, progettate e realizzate le infrastrutture strategiche dal 2001 (cd. “legge obiettivo”).  Nel contempo, è stata introdotta una nuova disciplina per la programmazione e la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, che dovrà essere definita nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), che non è stato adottato.

Si ricorda, inoltre, che a partire dal 2015 è stata avviata una fase di revisione della programmazione delle infrastrutture strategiche attraverso una selezione di priorità, che sono state individuate negli allegati al DEF. Si tratta di una fase di transizione dalla vecchia alla nuova programmazione considerato che, fino all’approvazione del primo DPP, gli strumenti di pianificazione e di programmazione vigenti alla data di entrata del Codice “valgono come programmazione degli investimenti in materia di infrastrutture e trasporti” (art. 201, comma 9, del codice).

Sullo stato di avanzamento delle infrastrutture strategiche e prioritarie alla data del 31 ottobre 2019 si veda l’ultimo rapporto “Infrastrutture strategiche e prioritarie – Programmazione realizzazione” predisposto dal Servizio studi della Camera in collaborazione con l’istituto di ricerca CRESME e con l’ANAC e presentato alla VIII Commissione ambiente nella seduta del 12 febbraio 2020, nel quale è effettuato il monitoraggio degli interventi inseriti nella programmazione delle infrastrutture strategiche nel periodo 2001-2014, nonché delle infrastrutture prioritarie individuate dagli allegati ai DEF del 2015, 2017 e 2019. I dati relativi alle singole opere sono consultabili attraverso il sistema SILOS, nel quale i dati sono resi disponibili in formato di tipo aperto.

 

Il documento anticipa, inoltre, che nel DPP saranno individuati anche i programmi volti a valorizzare gli interventi diffusi sul territorio, in alcuni casi anche di piccole dimensioni (fisiche e/o economiche), che nel loro complesso contribuiscono all’attuazione e al perseguimento degli obiettivi strategici (come il programma di manutenzione del patrimonio stradale esistente e quello per la digitalizzazione delle infrastrutture).

Trasporto ferroviario

Con riferimento allo sviluppo del trasporto ferroviario il documento, coerentemente con le linee programmatiche seguite negli ultimi anni, conferma gli obiettivi generali già individuati nei precedenti documenti di programmazione:

§  la diffusione a rete dei servizi passeggeri di lunga percorrenza, con il nuovo disegno dell’Alta Velocità di Rete (AVR);

§  l’integrazione con il trasporto regionale, destinato a svolgere non soltanto un ruolo primario a supporto della domanda di mobilità locale e metropolitana, ma anche ad alimentare il sistema dei collegamenti AVR di livello nazionale, favorendone lo sviluppo;

§  il potenziamento dei servizi di trasporto merci.

 

Il documento ricorda comunque l’impatto della crisi derivante dalla diffusione del COVID-19 con una riduzione della domanda di trasporto ferroviario, a marzo 2020, dell’89% relativamente ai servizi di trasporto regionali, dell’80% relativamente ai servizi AV, e del 61% relativamente ai servizi Intercity ed Intercity notte.

 

Funzionale al conseguimento di questi obiettivi è il progressivo rafforzamento dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, attraverso da un lato le iniziative volte al miglioramento della sicurezza della rete e, dall’altro, perseguendo il miglioramento delle prestazioni della rete stessa attraverso la realizzazione della cosiddetta “alta velocità di rete”.

Quanto al primo aspetto viene confermato il progressivo allineamento delle infrastrutture ferroviarie non facenti parte della rete ferroviaria nazionale (le linee regionali sia interconnesse che isolate) agli standard di sicurezza previsti per la rete ferroviaria nazionale, come del resto richiesto dalle disposizioni normative più recenti che hanno esteso il controllo dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie prima alle linee interconnesse con l’infrastruttura ferroviaria nazionale e successivamente anche alle linee isolate. Questa esigenza ha tuttavia portato rapidamente all’emergere di una visione nuova dell’assetto del sistema ferroviario nazionale, da considerare in termini unitari, superando la divisione storica fra la rete concessa a RFI e quella affidata ad altri gestori.

 

Il D.M. 5 agosto 2016, identifica le reti ferroviarie regionali interconnesse con l’infrastruttura ferroviaria nazionale. Successivamente il decreto-legge 16 ottobre 2017 n. 68 ha esteso anche alle reti isolate il controllo dell’ANSF, ai fini della sicurezza ferroviaria. La progressiva omogeneizzazione delle caratteristiche delle reti ferroviarie è stata accompagnata dal rafforzamento del ruolo di Rete ferroviaria italiana individuato come unico soggetto tecnicamente in grado di elevare gli standard qualitativi delle reti diverse dalla infrastruttura ferroviaria nazionale. Con il decreto-legge 24 aprile 2017, n.50 si prevede la possibilità di trasferimento a Rete ferroviaria italiana di reti di competenza regionale, previa definizione a cura del Ministero delle infra-strutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, delle linee ferroviarie regionali di rilevanza per la rete ferroviaria nazionale, e dunque tali da poter essere destinatarie di finanziamenti dello Stato per eventuali investimenti (o anche essere oggetto di trasferimento a Rete ferroviaria italiana). Il decreto ministeriale 16 aprile 2018, n.201, ha individuato 20 linee di interesse nazionale.

 

Quanto al secondo aspetto, il miglioramento prestazionale sarà realizzato essenzialmente attraverso interventi sulle linee esistenti e l’aggiornamento tecnologico della rete[67] nonché attraverso la diffusione generalizzata del sistema ERMTS piuttosto che con la realizzazione, estremamente onerosa, di nuove linee AV/AC.

 

Quanto alle criticità rilevate il documento si sofferma soprattutto sulla progressiva congestione delle linee AV/AC in particolare con riferimento ai nodi più importanti (Roma, Firenze, Milano) e ai rischi che ciò comporta in termini di resilienza per la rete medesima la cui funzionalità può essere gravemente compromessa da problematiche riguardanti tali nodi nonché sull’analisi degli effetti che il positivo sviluppo degli assi dell’Alta Velocità e Alta Capacità sulle tratte Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli-Salerno e sulla trasversale Torino-Milano-Verona-Venezia ha avuto nelle aree del Paese escluse dall’inserimento nella rete medesima[68]. I due aspetti sono strettamente interconnessi.

Una delle risposte delineate nel documento, come anticipato, è appunto quella di sviluppare una “progressiva estensione dei servizi ferroviari veloci a più ampie porzioni del territorio nazionale, in modo da garantire una connettività “a rete” su tutte le principali direttrici interpolo, caratterizzate da condizioni di domanda potenzialmente idonee a sostenere un’offerta adeguata in termini di frequenza e velocità”.

L’obiettivo ipotizzato, già delineato negli scorsi documenti di programmazione, è quello di garantire a tutte le principali aree urbane dell’Italia peninsulare tempi di accesso a Roma non superiori a quelli oggi garantiti dal sistema AV sulla sua tratta di maggior lunghezza (Torino-Roma) percorsa in meno di 4 ore e 30 minuti. Il metodo è basato sulla costruzione di un “orario strategico nazionale”, cui attribuire il compito di guidare la programmazione infrastrutturale di medio-lungo termine e che costituisce anche il riferimento per la programmazione dei servizi regionali complementari.

 

L’elenco delle direttrici indicate dal documento tra quelle passibili di interventi di velocizzazione si trova a pag. 282 del documento medesimo. Tra gli interventi prioritari è invece inserita l’AVR con riferimento alla tratta tirrenica meridionale Salerno-Reggio Calabria, seppur allo stato di macro-studio di fattibilità.

 

In questa ottica si colloca anche il rapporto tra la nuova alta velocità di rete e il potenziamento dei servizi ferroviari regionali e metropolitani ma implementato, secondo quanto indicato nel documento, “a macchia di leopardo”, con alcune esperienze positive e vaste aree territoriali in condizioni tuttora insoddisfacenti.

La strategia elaborata prevede l'integrazione dei servizi ferroviari regionali nell’ambito della nuova rete AVR. In particolare lo sviluppo del sistema AVR richiederà una sempre maggior capacità di concentrare la domanda in un insieme relativamente ristretto di stazioni e nodi di interscambio, ben connessi al resto del Paese.

La chiave sarà quella di coordinare opportunamente il sistema dei servizi regionali con “l’orario strategico nazionale”, in modo da garantire, su ogni direttrice AVR, condizioni di domanda sufficienti a consentire lo svolgimento di servizi liberalizzati, e da superare pertanto a medio termine la logica, definita nel documento ormai residuale, del contratto di servizio “universale” superando quindi “la vecchia concezione secondo cui si tratta di assicurare un livello di servizio omogeneo e talora residuale, a servizio delle aree più deboli e marginali”.

La strategia proposta è volta a differenziare tale segmento mediante l’introduzione: di un livello di servizio “metropolitano”, o “suburbano”, ad elevata frequenza nelle grandi città e talora nelle città di media dimensione; di un livello di servizio “regionale veloce” (altresì detto RegioExpress), capace di garantire collegamenti interpolo di medio raggio a supporto della mobilità espressa dalle grandi reti urbane diffuse.

Il documento sottolinea comunque come il collegamento ferroviario non potrà naturalmente esaurire le esigenze di connessione delle aree periferiche per cui lo sviluppo della rete deve sempre essere visto nell’ottica dell’intermodalità.

 

Vanno infine segnalati in questa logica gli interventi diretti a favorire la connessione ferroviaria con gli aeroporti: il documento segnala in particolare la connessione ferroviaria agli aeroporti di Fiumicino, Venezia, Bergamo, Brindisi e Catania.

 

Si ricorda che l’articolo 208, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020 destina 131 milioni di euro al finanziamento del collegamento ferroviario con l’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio

 

Con riferimento al traffico merci, attraverso politiche di sostegno quali il ferrobonus (art. 1 commi 648 e 649 della legge n.205 del 2015 e successivi rifinanziamenti), e le compensazioni per il trasporto merci ('art. 1, comma 294, della legge 190 del 2014, e successive modificazioni, sull’assegnazione delle quali si veda la tabella a pag. 251 del documento) si continua a perseguire il rafforzamento dello shift modale dalla gomma al ferro. Nel 2019, per il quarto anno consecutivo, sono aumentate le merci trasportate su ferro raggiungendo i 49 milioni di treni*Km percorsi (nel 2014 erano 43,76 milioni di treni*Km).

Secondo la nuova strategia di sviluppo della rete ferroviaria nazionale, che assume alla sua base gli obiettivi del Libro Bianco UE del 2011, secondo il quale il 30% del trasporto merci su strada sulle medio-lunghe percorrenze (> 300 km) dovrebbe essere trasferito su altri modi di trasporto entro il 2030, ed il 50% entro il 2050. Tale obiettivo dovrebbe condurre il sistema ferroviario quanto meno ad approssimare la soglia dei 30 miliardi di tonnellate-km/anno.

Da un punto di vista infrastrutturale, la priorità consiste nel progressivo potenziamento dei quattro corridoi TEN-T che interessano il territorio nazionale, ed in particolare: nel completamento delle direttrici di valico orientate verso l’Europa settentrionale, garantendo la circolabilità dei treni a standard europeo (traffico accompagnato a sagoma P/C 80 e modulo 750 m) e facilitando l’accesso alle imprese ferroviarie.

 

Per quanto riguarda l’individuazione puntuale degli interventi prioritari si rinvia alle tabelle dalle pagine 301 a 308 dell’allegato.

 

Il documento dà altresì conto delle iniziative assunte dal Governo con riferimento all’attività di aggiornamento delle reti TEN-T, in corso a livello di Unione europea, in quanto, a seguito della Brexit, il Consiglio e il Parlamento europei hanno convenuto che la revisione degli orientamenti TEN-T fosse anticipata al 2021 anziché al 2023.

Il Governo, nel perseguire l’obiettivo del totale allineamento tra la formulazione delle reti TEN-T europee e la programmazione nazionale intende richiedere l’inclusione nei corridoi europei dell’intera dorale adriatica con particolare riferimento alla sezione “Ancona-Bari”.

 

Il Governo ha inoltre formulato, come risulta dal documento, con specifico riguardo alla programmazione dei Fondi Connecting Europe facility 2021-2027, alcune proposte di finanziamento accolte nell’accordo finora raggiunto. Il documento indica:

la sezione “Marsiglia–Genova-La Spezia” insieme alla sezione “Milano-Bologna” lungo il Corridoio Mediterraneo;

la sezione “Ravenna-Ancona” lungo il Corridoio Baltico-Adriatico.

Tra le sezioni transfrontaliere potenzialmente eleggibili fino al 50% di co-finanziamento:

le tratte di accesso al Tunnel di Base Brennero, comprendendo interamente il Corridoio di accesso alla galleria di base del Brennero “Monaco–Verona”;

le tratte di accesso alla nuova linea ferroviaria Torino Lione;

il prolungamento ad Ovest fino a Venezia della tratta transfrontaliera “Trieste –Divaccia”;

la sezione core “Nizza-Ventimiglia”.

Tra le sezioni transfrontaliere della rete globale (Comprehensive) si riscontra la presenza della sezione ferroviaria “Luino-Sesto Calende” (IT-CH).

Trasporto aereo

Con riferimento al trasporto aereo passeggeri il documento dà conto, oltre che degli effetti della crisi derivanti dalla diffusione del COVID-19 (che ha visto un drammatico crollo della domanda), della situazione infrastrutturale esistente e dell’articolazione del sistema aeroportuale nazionale come disegnato dal Piano nazionale degli aeroporti del quale tuttavia, anche alla luce dei procedimenti giudiziari che hanno interessato i progetti di sviluppo degli aeroporti di Fiumicino, Firenze e Catania il MIT ha richiesto la revisione (si veda infra).

Sotto il profilo dei programmi e degli interventi nel settore continua l’implementazione di quelli delineati nei precedenti allegati al DEF e precisamente:

 

§  Il programma di sviluppo del cargo aereo;

§  Il programma di accessibilità su ferro degli aeroporti;

§  L’ottimizzazione dell’uso della capacità air side;

§  Security e investimenti a supporto del passeggero;

 

Con riferimento allo sviluppo del cargo aereo il documento dà conto della marginalità del settore a livello europeo (con una quota pari al 6,4% rispetto all’Unione Europea a 28 paesi, e 7,5% rispetto all’Unione Europea post-Brexit, rispetto a valori pari al 34% della Germania, al 17% della Francia, al 13% dell’Olanda e al 10% del Belgio) e della concentrazione del cargo essenzialmente in soli 4 aeroporti nazionali: Milano Malpensa (51%), Roma Fiumicino (18%), Bergamo Orio al Serio (11%) e Venezia (6%) che coprono il 77% del totale del traffico.

Tra i fattori critici del settore, che nel 2019 aveva già visto una contrazione rispetto al 2018, concerne le infrastrutture in quanto quasi tutti gli aeroporti condividono la capacità di movimentazione aerea con la componente passeggeri e, pertanto, sono caratterizzati da evidenti colli di bottiglia cui si aggiunge la mancanza di spazi adeguati per le dogane, la mancanza di magazzini specializzati e servizi di supporto alla catena logistica.

 

Il documento segnala come Milano/Malpensa e Roma/Fiumicino siano fanalini di coda in Europa per numerosità dei magazzini (6 unità per Milano/Malpensa e 5 unità per Roma/Fiumicino, (rispetto alle 50 di Francoforte) e di dimensione dei magazzini medesimi (25.000 mq a Fiumicino e 70.000 mq a Malpensa rispetto a Paris Charles de Gaulle con 700.000 mq).

 

Tra gli interventi infrastrutturali il più significativo è relativo allo sviluppo del cargo center di Malpensa, progetto che porterebbe la capacità dell’aerea cargo city vicina ad 1 milione di tonnellate quasi doppia rispetto all’attuale movimentato.

 

Con riferimento al programma di accessibilità su ferro, oltre allo sviluppo dei collegamenti ferroviari (per i quali si veda il paragrafo relativo alle ferrovie) si segnalano anche gli interventi di collegamento attraverso servizi di metropolitana e tranviari in particolare relativi all’aeroporto di Milano Linate, Firenze (tramvia recentemente ultimata) e Napoli Capodichino.

 

Per quanto riguarda il programma di ottimizzazione dell’uso della capacità air side sono descritti sia interventi di natura tecnologica e/o procedurale che consentono  un  aumento  della  capacità  di  gestione  dei  movimenti (Procedure perfomance based navigation, AMAN (Arrival Manager), sostituzione della piattaforma ATM con la nuova piattaforma ASMGCS che consentirà di assicurare la sorveglianza di aeromobili e veicoli sulla intera superficie dell’aeroporto, sistema di Torri Remote)  sia investimenti su nuove infrastrutture (nuove piste dell’aeroporto di Fiumicino, dell’aeroporto di Firenze e dell’aeroporto di Catania, con progetti in fase di revisione).

Il documento segnala che in particolare, la mancata conclusione dell’iter approvativo dello sviluppo di medio periodo dell’aeroporto di Fiumicino, “crea una rilevante criticità all’intero sistema aeroportuale nazionale in considerazione del ruolo di primario hub Internazionale che tale scalo gioca nell’ambito del sistema stesso”.

Anche in considerazione di ciò, segnala il documento, il MIT ha commissionato all’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) l’aggiornamento delle previsioni di traffico per i prossimi 15 anni e la revisione del Piano Nazionale degli Aeroporti, al fine di attualizzare i volumi e le caratteristiche del traffico atteso e le strategie di sviluppo che saranno poi recepite nelle annualità prossime del DEF.

 

Per quanto riguarda il programma Security e investimenti a supporto del passeggero il documento indica che principali i progetti sono connessi alle attività di sviluppo dei terminal degli scali di Venezia, Bergamo Orio al Serio, Verona, Fiumicino, Pisa e Milano Linate.

 

Accanto ai 4 programmi di intervento sopra descritti, si aggiunge la necessità di assumere iniziative per far fronte nella fase post COVID-19 agli effetti generati dalla pandemia.

 

Con il decreto-legge n. 34 del 2020 sono state individuate ulteriori risorse a sostegno delle compagnie aeree (articolo 198) ed è stata prorogata la durata delle concessioni aeroportuali di ulteriori 2 anni (articolo 202, comma 1-bis del decreto-legge)

 

Gli interventi concernenti questi ambiti e i relativi finanziamenti sono indicati nelle tabelle a pag. 368-370 del documento alle quali si rinvia.

 

Con riferimento alle iniziative assunte dal Governo con riferimento all’attività di aggiornamento delle reti TEN-T, per quanto riguarda il settore aereo il documento segnala l’intendimento del governo di richiedere l’inserimento nella rete aeroportuale core degli aeroporti di Firenze, Pisa, Lamezia Terme, Bari e Catania e, anche in tal caso, come nel settore portuale, di far riferimento per la rete core ai sistemi aeroportuali piuttosto che ai singoli aeroporti, come invece attualmente risulta nella rete TEN-T.

Porti

Anche con riferimento ai porti l’allegato prosegue nelle linee strategiche già disegnate dai precedenti documenti, e articolate in 9 Programmi di interventi portuali:

 

1)   “manutenzione del patrimonio pubblico demaniale”, con particolare riferimento non solo al patrimonio edilizio e alle infrastrutture portuali ma anche con riferimento alle infrastrutture utilizzate nell’ambito del monitoraggio dei traffici marittimi e per assicurare la salvaguardia della vita umana in mare;

2)   “digitalizzazione della logistica e ICT”, rispetto al quale si ricordano le iniziative realizzate nell’ultimo biennio con particolare riferimento al preclearing ed ai fast corridors ed il Port management Information System.

3)   “ultimo/penultimo miglio ferroviario e connessioni alla rete dei porti”, per il quale si distingue tra “ultimo” miglio, se ricadenti nel sedime dei porti, e “penultimo” miglio, se relativi alla competenza di Rete ferroviaria italiana, che ne dà conto nel contratto di programma, parte investimenti con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e nei relativi aggiornamenti;

4)   “ultimo miglio stradale”, che prevede la risoluzione di criticità strutturali nell’accessibilità stradale di alcuni porti italiani;

5)   “accessibilità marittima”, finalizzato ad accogliere naviglio di dimensioni coerenti con le tipologie di traffici da attrarre in ciascun porto;

6)   “efficientamento energetico ed ambientale” che prevede l’individuazione di un cruscotto di progetti coerenti e sinergici finalizzati ad incrementare significativamente la sostenibilità ambientale dei porti italiani, tra i quali si segnala nel documento l’avvio di un confronto istituzionale per la valutazione di un “Piano nazionale del cold  ironing”, teso all'approfondimento degli aspetti tecnici, istituzionali e regolamentari per la promozione di interventi coordinati a livello nazionale per l’elettrificazione delle banchine nelle aree portuali;

7)   waterfront e servizi croceristici e passeggeri” che prevede una serie di interventi per adeguare i servizi di accoglienza a terra, sviluppare terminal crociere laddove necessari, e intervenire sul rapporto porto-città attraverso progetti di valorizzazione dei waterfront urbani.

8)   “attività industriali nei porti”, che prevede interventi sulla filiera della cantieristica navale e sulle attività industriali a valore aggiunto nei porti;

9)   “aumento selettivo della capacità portuale”, che prevede interventi diretti ad un aumento selettivo della capacità portuale nei segmenti Ro-Ro e container.

 

Gli interventi prioritari riferiti a ciascun programma e distinti tra quelli in fase di realizzazione e quelli sottoposti o da sottoporre a progetto di fattibilità sono riportati nelle tabelle da pag. 350 a pag. 361 dell’Allegato, cui si rinvia.

 

Un ulteriore aspetto sviluppato nel documento concerne la valutazione degli effetti della riforma delle Autorità di sistema portuale e in generale sulla governance portuale.

Rispetto alla situazione del sistema portuale nazionale a seguito delle misure introdotte in ottemperanza alle previsioni del Piano nazionale della portualità e della logistica del 2015, il documento svolge un’approfondita rassegna (pag. 183-187 dell’allegato) alla quale si rinvia per approfondimenti ricordando in questa sede solo alcuni elementi di criticità rilevati e concernenti in particolare: 1) la situazione di incertezza connessa all’istituzione dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto, istituita dall’articolo 22-bis del decreto-legge n.119 del 2018, a  seguito del ricorso alla Corte costituzionale presentato dalla regione Calabria e ancora non definito; 2) la mancata piena operatività della Conferenza Nazionale di Coordinamento delle AdSP istituita dalla riforma della legge n. 84 del 1994; 3) la mancata emanazione del regolamento concessioni di cui all’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.

Rispetto a questo regolamento nel documento si dà conto dell’intenzione di procedere ad un veloce iter procedimentale, ricordando che nel corso della Conferenza Nazionale dei Presidenti delle Autorità di Sistema portuale del 6 febbraio 2020 si è avviata la discussione su tale tema. I criteri informatori del nuovo regolamento, secondo il documento, saranno ispirati ai principi di trasparenza, equità e non discriminazione, con procedure di selezione di evidenza pubblica e tese alla massima accessibilità per tutti i soggetti.

Il documento ricorda infine l’importanza, per i possibili effetti sul nostro sistema portuale, del procedimento d'indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del TFUE che la Commissione Europea, ha deciso di avviare con la pubblicazione della relativa decisione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 10 gennaio 2020 (2020/C 7/03) rispetto ai presunti aiuti di stato non compatibili con i trattati europei  che le Autorità di Sistema Portuale riceverebbero  sotto forma di esenzione dalla tassazione (Aiuto di Stato SA.38399 (2018/E) —Tassazione dei porti in Italia). Nello specifico la Commissione Europea contesta il mancato assoggettamento delle AdSP alla imposta sul reddito delle società (IRES).

Nel documento viene citata a questo proposito la sentenza della Corte di Cassazione n. 6716 del 10 marzo 2020 che ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo cui per i canoni percepiti dalle Autorità portuali per la concessione di aree demaniali marittime è esclusa l’applicazione di IVA ed IRES, trattandosi di importi corrisposti per lo svolgimento di attività proprie delle finalità istituzionali di enti pubblici non economici.

 

Con riferimento alle iniziative assunte dal Governo con riferimento all’attività di aggiornamento delle reti TEN-T, per quanto riguarda il settore portuale il documento segnala ai fini dei finanziamenti CEF 2021-2027 l’accoglimento della richiesta italiana di inserire il porto di Cagliari lungo il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo e dell’intendimento del Governo di richiedere l’inserimento nella rete core del porto di Civitavecchia. Inoltre viene segnalata l’opportunità di considerare i cluster portuali nazionali definiti in termini sistemici dalla costituzione delle Autorità di sistema portuale, piuttosto che i singoli porti come riferimenti per la rete core.

Trasporto pubblico locale e trasporto rapido di massa

Il settore del trasporto pubblico locale è, secondo quanto segnala il documento quello che, più di ogni altro, risulta colpito in termini strutturali dagli effetti dell’epidemia di COVID-19.

Infatti, oltre agli effetti di breve periodo legati alla riduzione dell’offerta possibile, derivante dalle esigenze di distanziamento sociale, si preconizzano come probabili alcuni effetti strutturali legati ai cambiamenti indotti dal virus medesimo.

In primo luogo la diffusione dello smart working nelle grandi aree urbane potrà contribuire ad una riduzione strutturale della domanda di trasporto pubblico. Inoltre il timore indotto dai rischi di contagio potrebbero portare una quota di fruitori dei servizi di trasporto pubblico locale a indirizzarsi verso altre forme di mobilità (come ad esempio la modalità ciclistica e la micromobilità elettrica, oltre a servizi di sharing) con una decisione che potrebbe diventare strutturale e consolidarsi anche al venir meno degli effetti, anche psicologici, dell’epidemia.

L’allegato dà conto di alcuni studi condotti all’estero con riferimento all’impatto sulla domanda di trasporto pubblico locale connessa all’emergenza COVID-19. In particolare si cita uno studio condotto in Germania che conclude che il numero dei passeggeri di TPL scenderà del 50% fino alla fine del 2023 e, nel migliore dei casi, gli effetti del COVID-19 si risentiranno (in termini di riduzione della domanda di mobilità passeggeri) per 2 anni (nel peggiore dei casi per 5 anni). In Cina nel breve-medio periodo ci sarà una riduzione significativa della quota modale di spostamenti in bus/metro del 60% a favore dell’auto privata.

 

Il documento prospetta, di conseguenza, oltre alla necessità di sostenere le imprese di trasporto, in ragione della transizione in essere, la necessità di elaborare uno specifico piano di ristrutturazione e rilancio del settore, da sviluppare nell’arco dei prossimi mesi, prevedendo una forte integrazione con le varie alternative di mobilità dolce o di micro mobilità elettrica.

Sulla base di questi presupposti, anche con riferimento al trasporto pubblico locale il documento, oltre a una ampia ricostruzione degli interventi posti in essere (pag. 205-208), si concentra soprattutto sulle infrastrutture e gli investimenti riguardanti il trasporto rapido di massa.

Secondo il documento gli interventi infrastrutturali connessi a tali sistemi, per le città metropolitane e per le altre principali aree urbane del Paese sono potenzialmente classificabili come interventi di prioritario interesse nazionale.

Perché gli interventi rientrino nel programma di opere da finanziare con contributo pubblico, è richiesta la preliminare verifica di coerenza con il quadro strategico delineato nel PUMS e il superamento delle procedure di valutazione, declinate in base alle “linee guida di valutazione delle opere pubbliche”.

 

Il D.lgs.194/16 ha previsto l'adozione di criteri uniformi a livello nazionale per la predisposizione e l’applicazione dei PUMS. Il Decreto del MIT n. 397 del 2017 ha tracciato le Linee Guida per la loro redazione e adozione, nel rispetto della direttiva 2014/94/UE. Successivamente il decreto ministeriale n. 398 del 2019 ha posticipato ad ottobre 2020 la scadenza per l’adozione dei PUMS da parte delle città metropolitane e dei comuni competenti, per permettere anche agli Enti in difficoltà, in termini di reperimento di risorse, di dotarsi di tale strumento; contemporaneamente, con il DM n.171/19 sono state messe a disposizione le risorse statali per la predisposizione dei PUMS da parte di chi fosse ancora inadempiente.

Dal documento si ricava che sono stati inviati per la valutazione dagli enti tenuti alla loro predisposizione 25 PUMS.

 

Le risorse economiche attribuite per il finanziamento dei sistemi di trasporto rapido di massa sono ricavate:

§  dal Fondo investimenti (di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) rifinanziato annualmente, con profilo di spesa decennale: la prima tranche di risorse, relativa all’annualità 2017 (1,397 miliardi di euro), è stata ripartita a dicembre 2017 con il decreto ministeriale n. 587; le risorse per l’anno 2018 pari a 2,319 miliardi di euro, con decreto ministeriale n. 607 del dicembre 2019 (a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017).

§  dal Fondo Sviluppo e Coesione (1,218 miliardi di euro per le infrastrutture di mobilità delle aree urbane) attraverso il “Piano operativo infrastrutture” di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Delibera Cipe n.54 del 1° dicembre 2016);

 

Gli interventi prioritari riferiti al trasporto rapido di massa sono riportati nelle tabelle da pag. 325 a pag. 345 dell’allegato, ripartiti per area metropolitana. Sono indicati specificamente gli interventi in fase di revisione del progetto.

 

Il documento ricorda inoltre la forte integrazione in determinate realtà urbane (Torino, Milano e Napoli) tra trasporto rapido di massa e reti ferroviarie locali, mentre con riferimento alla città di Roma viene ribadita l’urgenza della chiusura dell’anello ferroviario gestito da RFI con il completamento dell’arco nord.

Il documento si sofferma inoltre sulla realizzazione di corridoi bus rapidtransit.

 

Si ricorda che l’articolo 213 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha destinato 130 milioni di euro per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit nella città di Taranto.

 

Il trasporto rapido di massa è giustificabile da un punto di vista della sostenibilità trasportistica ed economica solo in aree urbane nelle quali esiste un sufficiente potenziale in termini di domanda.

Con riferimento alle realtà urbane di minori dimensioni l’obiettivo di favorire una mobilità sostenibile può essere perseguito, secondo il documento, mediante l’integrazione tra diverse modalità trasportistiche meno impattanti rispetto al tradizionale utilizzo dell’auto privata, come le soluzioni di mobilità condivisa (sharing) e quelle di modalità attiva (mobilità ciclistica e pedonale) o di micromobilità elettrica.

Mobilità ciclistica e nuove forme di mobilità

Con riferimento alla mobilità ciclistica il documento dà conto dell’avanzamento delle attività di promozione della mobilitò ciclistica sia in relazione alla media e lunga percorrenza, mediante la realizzazione di una rete di ciclovie inserite nell’ambito della rete europea Eurovelo, sia con riferimento alla realizzazione di percorsi ciclabili urbani.

Il progetto “Eurovelo”, promosso da ECF – European Cyclists’ Federation, mira allo sviluppo di una rete transnazionale di ciclovie, che dal 2012 è inclusa all’interno della rete Europea TEN-T (Trans-European Transport Network).

 

La programmazione dello sviluppo della rete nazionale di ciclovie, ai sensi della legge n. 2 del 2018, prevede l’elaborazione del piano generale della mobilità ciclistica (PGCM). A quanto risulta dal documento il PGCM è in fase di redazione. L’elaborazione del Piano ha attualmente individuato una prima configurazione schematica di livello strategico della rete delle ciclovie di interesse nazionale. Per quanto riguarda lo SNIT a livello regionale, sono stati riconosciuti alcuni percorsi ciclabili: in particolare, sono presenti in Veneto (6 percorsi), in Lombardia (3 percorsi) e in Liguria (1 percorso).

Rispetto   al   finanziamento di   361,78   milioni   di   euro, ripartito   con il   DM n.517/2018, finora sono stati assegnati 16,62 milioni di euro per la Ciclovia del VEN-TO (Venezia- Torino).

 

Con riferimento alla ciclabilità urbana il documento segnala come “laddove viene creata una rete di percorsi sicuri di collegamento tra i quartieri e con i nodi della domanda di mobilità si possono raggiungere risultati significativi di spostamento modale verso le due ruote”, segnalando l’opportunità che tali scelte entri dentro i PUMS delle città e che sia accompagnato da risorse per dare continuità agli interventi.

Quanto ai dati relativi all’estensione delle ciclabili urbane i dati riportati nel documento fanno riferimento all’anno 2016. I chilometri di pista ciclabile risultano essere di 4.370,1, con un incremento rispetto al 2011 di circa il 22%. La copertura risulta essere principalmente nelle aree del Nord ma, negli ultimi anni, gli incrementi più significativi sono da registrare nelle realtà urbane del Sud.

 

Il documento dà altresì conto del rilevante sviluppo delle nuove forme di mobilità con particolare riferimento ai servizi di sharing mobility.

A questo proposito il documento dà conto del significativo incremento di tutte le fattispecie di trasporto condiviso: in particolare con riferimento al car sharing la modalità free floating si è dimostrata vincente sul mercato rispetto a quella station based (un totale di 11,8 milioni di noleggi rispetto ai 270 mila del servizio classico). Lo Scooter-Sharing, anche se limitato a sole tre città (Milano, Roma e Torino), denota i maggiori indici di crescita all’interno dell’intero panorama della Sharing Mobility. Gli iscritti, nell’ultimo anno, sono aumentati del 235% (circa 171 mila nel 2018 a fronte dei 51 mila del 2017) con una percentuale di crescita media del 350% negli ultimi quattro anni. Infine con riferimento ai servizi di car-pooling quello aziendale vede i propri utenti raggiungere la quota di 277 mila, con una crescita del 75% dal 2015 ed un numero di viaggi che cresce del 390% solo nell’ultimo anno, mentre il car-pooling extraurbano supera i 2,8 milioni di utenti, con una crescita nell’ultimo anno del 15%.

Più contenuta appare invece la crescita dei servizi di bike sharing mentre il documento non dà conto dei servizi di condivisione di mezzi di micromobilità elettrica, la cui diffusione più significativa si è concentrata nell’anno 2020.

Il documento dà infine conto dell’impatto delle nuove tecnologie sul trasporto dando una visione di prospettiva nella quale il nuovo mosaico tecnologico (reti mobili a bassa latenza, veicoli connessi, intelligenza artificiale, Internet of things) contribuirà a modificare profondamente la mobilità. In particolare si fa riferimento all’utilizzo di veicoli connessi e automatizzati (CAV, Connected and Automated Vehicles), al processo di decarbonizzazione che porterà allo sviluppo di veicoli elettrici, e la diffusione dei citati servizi di condivisione nell’ottica che vede la mobilità come un servizio (mobility as a service, MAAS). La connessione dei tre aspetti risiede innanzi tutto sulla ragione economica legata al fatto che i veicoli automatizzati, nella prima fase di diffusione saranno più costosi dei veicoli non automatizzati, per cui sarà più accessibile un uso condiviso piuttosto che proprietario dei citati mezzi. Il documento analizza sia i possibili benefici (ambientali, di efficienza, in termini di sicurezza, in termini di accessibilità) sia le possibili criticità della fase di transizione (la difficoltà di “convivenza” sulla stessa infrastruttura di operatori umani e mezzi automatici e i rischi di uno shift modale dal trasporto collettivo verso la mobilità individuale automatizzata con rischi di congestione delle infrastrutture).

Autotrasporto e logistica

Con riferimento al settore della logistica e dell’autotrasporto il documento segnala come, in considerazione dei possibili effetti strutturali della crisi sia necessario avviare una programmazione di interventi strutturali rilevanti.

In particolare il documento sottolinea la necessità di intervenire al fine di rendere il settore più resiliente e competitivo soprattutto al livello internazionale anche alla luce della stasi del lockdown, che ha mostrato come la movimentazione delle merci e la logistica rimangano un servizio minimo e universale irrinunciabile, e della strutturale debolezza del merci e logistica, (connotato da piccole e piccolissime imprese private) che rende  il sistema strutturalmente meno resiliente a crisi economiche così repentine e (probabilmente) durature.

A tale scopo l’intendimento è quello di mettere le imprese logistiche italiane in condizione di reggere le sfide del mercato globale stimolando le aggregazioni di scopo e reti di imprese, maggiormente in grado di realizzare investimenti per l’innovazione tecnologica.

Tale transizione andrà sostenuta con incentivi e contributi volti a ridurre i costi diretti ed indiretti per le aziende di trasporto compensando la diminuzione dei ricavi per effetto della diminuzione della domanda di trasporto (discorso analogo al settore del trasporto pubblico locale).

 

Il documento dà conto della riduzione del trasporto merci transfontaliero nel mese di marzo 2020, rispetto all’analogo periodo del 2019, il calo di veicoli pesanti in transito al Brennero ha toccato punte del 70%, ed i transiti di veicoli pesanti sulla rete ANAS si sono contratti mediamente del 34% con  punte  di -60%  nell’ultima  settimana  di marzo.

 

Con riferimento al trasporto urbano delle merci, il documento dà conto delle rilevanti trasformazioni in essere (concentrazione nei centri urbani di un numero sempre maggiore di persone, aumento dell’e-commerce, nuovi modelli logistici di approvvigionamento delle merci in area urbana) che determinano la necessità di adeguare il settore, anche al fine di evitare effetti negativi sulla vivibilità urbana.

Per rispondere a tali esigenze il MIT ha avviato un percorso partecipativo con ANCI per la definizione di un Piano Strategico di Azione per la Logistica Urbana, che sarà declinato nei PULS (piani urbani della logistica sostenibile), parte integrante dei PUMS. Anche in tale ambito il ruolo delle tecnologie ITS sarà fondamentale per favorire uno sviluppo armonico della logistica urbana.

Per quanto riguarda invece l’autotrasporto di merci sulla media e la lunga percorrenza incluso il trasporto internazionale delle merci, il documento rileva le difficoltà dell’Italia con particolare riferimento alle esigenze infrastrutturali (con particolare riferimento di un adeguamento delle aree retroportuali) e di carattere regolatorio (con riguardo alla concorrenza degli operatori dell’Est europeo). La crisi ha riguardato essenzialmente le piccole e microimprese (i cosiddetti “padroncini”) che non sono state in grado di reggere la concorrenza delle imprese dell’Europa orientale, perdendo quote sempre più rilevanti di clientela (il documento ricorda la chiusura di 12.800 “padroncini” negli ultimi 5 anni).

Il documento segnala come il superamento della frammentazione eccessiva del mercato può rafforzare la resilienza del settore (in effetti le società per azioni sono aumentate di 4.500 unità e i consorzi di imprese e le cooperative di 1.400 unità nel medesimo periodo di tempo), inoltre l’utilizzo dei “contratti di rete” che realizzano un’integrazione sia “orizzontale” che “verticale” tra le imprese è uno strumento ampiamente utilizzato in questa direzione. Altre problematiche sono legate al progressivo invecchiamento dei conducenti (legato anche allo scarso appeal della filiera distributiva, come attualmente organizzata) e dei mezzi (l’età media dei veicoli sopra 16 tonnellate è di 12 anni mentre i veicoli immatricolati ante Euro IV sono quasi il 60%).

Le risposte proposte dal documento sono orientate verso il rafforzamento delle reti d’impresa anche coinvolgendo gli operatori ferroviari, sviluppare una rete di connessione all’interno dell’intero settore dell’autotrasporto in modo da monitorare i singoli veicoli e migliorare l’efficienza del sistema, accelerare il rinnovo del parco veicolare, rafforzare il processo di formazione e di trasferimento agli operatori della filiera sulle competenze necessarie per portare nelle aziende le professionalità che l’innovazione tecnologica richiede. Da un punto di vista sistematico il documento prospetta anche la strategia per la realizzazione di un piano per la resilienza e lo sviluppo della logistica italiana che dovrà partire da un’analisi delle fragilità del sistema e dei servizi logistici essenziali per la sopravvivenza del Paese con il conseguente aggiornamento dei fabbisogni logistici del Paese. Per il conseguimento di tali obiettivi sarà necessario un ripensamento  delle  misure  di  incentivazione  in  senso  multimodale  ed intermodale, integrando le misure attualmente dedicate ad una specifica modalità, la creazione di un fondo di resilienza, in quota percentuale e cumulata del fondo investimenti, incentivi che possono riguardare l’offerta di trasporto, esemplificativamente indicati nel documento come un sostegno economico paragonabile ai contratti di servizio per SIEG, o la domanda.

Strade e autostrade

La dotazione nazionale di infrastrutture stradali, seppur rilevante, presenta, secondo il Documento, margini di miglioramento in termini di:

§  valorizzazione del patrimonio stradale esistente e completamento dei progetti in corso su itinerari stradali omogenei;

§  potenziamento tecnologico e digitalizzazione (es. smart roads);

§  manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture (es. a rischio sismico);

§  decongestionamento e fluidificazione tratte extraurbane ed autostradali (es.  ampliamenti di carreggiata);

§  decongestionamento aree urbane e metropolitane (es. eliminazione colli di bottiglia);

§  adeguamento e omogeneizzazione itinerari stradali a bassa accessibilità autostradale.

 

Il documento individua i seguenti programmi di intervento:

1. programma di interventi per la conservazione, valorizzazione, adeguamento agli standard funzionali e di sicurezza;

2. programma di interventi per il potenziamento tecnologico e digitalizzazione (Smart Road);

3. programma di interventi per il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico;

4. programma di interventi per il decongestionamento delle tratte autostradali;

5. programma di interventi per il decongestionamento delle aree metropolitane.

 

La maggior parte degli ulteriori fabbisogni di finanziamento pubblico si riferisce al programma di valorizzazione del patrimonio stradale esistente e a quello per il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico, entrambi per poco più di due miliardi di euro (vedi Tabella V.3.1. dell’allegato).

In totale il fabbisogno previsto per i 5 programmi prioritari risulta pari a circa 3 miliardi di euro (vedi Tabella V.3.2. dell’allegato).

 

Per quanto riguarda il miglioramento della sicurezza stradale e di diminuzione dell’incidentalità, si evidenzia la necessità di adeguare la sezione stradale agli standard attuali e di rettificare i tracciati esistenti. In merito alle criticità relative alla congestione, in ambito extraurbano, si segnala la necessità di potenziare le viabilità esistenti e realizzare nuovi assi per una migliore distribuzione del traffico sulla rete.  Secondo il documento, tale potenziamento avverrà prevalentemente attraverso la realizzazione di terze e quarte corsie in ambito stradale e autostradale.

Per quanto riguarda gli interventi per la sicurezza di ponti e viadotti, le linee di azione individuate, come necessarie e opportune, includono:

a)   la sperimentazione e validazione su un campione significativo di ponti e viadotti stradali delle procedure proposte dalle Linee Guida e dei sistemi di

b)   SHM (secondo quanto previsto dal D.L. 109/2018 cd.“decreto Genova”);

c)   il proseguimento/completamento della popolazione della banca dati AINOP (includendo, con un piano progressivo di interventi a supporto degli Enti Territoriali meno attrezzati, le opere su cui la documentazione è carente o inesistente);

d)   la realizzazione, al termine della sperimentazione e tenendo conto delle specifiche tecniche ricavate dalla sperimentazione stessa, della rete nazionale aperta per l’archiviazione e la condivisione dei dati relativi alla sicurezza di ponti e viadotti stradali e ferroviari (a integrazione della banca dati AINOP);

e)   la progressiva estensione alla rete stradale nazionale delle azioni e dei sistemi oggetto delle Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (inclusi i sistemi tecnologici per la verifica strutturale continua, per le opere che, secondo l’esito delle procedure citate, ne richiedono l’applicazione).

 

Infrastrutture idriche

L'Allegato sottolinea che il settore idrico italiano è caratterizzato da un ingente fabbisogno di investimenti per colmare il gap infrastrutturale, sia in assoluto che fra il Nord e il Sud del Paese. Tali investimenti dovranno servire a: rendere le infrastrutture idriche primarie (grandi adduttori, invasi, grandi derivazioni) efficienti e resilienti; programmare e attuare gli indispensabili interventi di manutenzione; completare, eventualmente riprogettandoli in un’ottica più moderna laddove necessario, i grandi schemi/sistemi idrici ancora incompiuti, soprattutto nel Mezzogiorno. E' inoltre indispensabile un maggiore coordinamento fra le amministrazioni centrali, secondo una rinnovata Strategia Idrica Nazionale, in grado di affrontare il tema delle grandi infrastrutture idriche nazionali, sia in termini di nuove opere che di salvaguardia del patrimonio esistente, finanziamenti adeguati agli obiettivi strategici da perseguire, regole certe e condivise. Il MIT intende sempre più esercitare il ruolo di coordinamento strategico degli interventi infrastrutturali relativi all’approvvigionamento idrico, nel suo complesso e per tutti i settori, di concerto con il MATTM, il MISE e le altre autorità interessate.

Il MIT annuncia azioni volte a rendere il Piano nazionale degli interventi nel settore idrico (previsto dalla L. 205/2017, art. 1, commi 516 e ss.) uno strumento strategico in grado di valutare e programmare interventi efficaci, sostenibili e resilienti, in un contesto di green new deal, superando l’attuale frammentazione. In quest’ottica, il recente Piano nazionale degli interventi nel settore idrico alimentato da una disponibilità di 100 milioni annui per 10 anni (a cui si sommano ulteriori fonti finanziarie, per un totale di 1.578,72 milioni di euro programmati dal 2018 fino al 2033) è un primo passo fondamentale in questa direzione. Tuttavia, il programma del Governo evidenzia che il piano dovrebbe essere riorganizzato al fine di: superare la divisione fra Sezione Invasi e Sezione Acquedotti; unificare sotto il medesimo tutte le risorse economiche (fonti finanziarie) attribuite al MIT e relative alle infrastrutture idriche per l’approvvigionamento idrico; semplificare le procedure per la rendicontazione e il monitoraggio delle diverse fonti finanziarie. Inoltre il MIT auspica un ulteriore stanziamento finalizzato a rifinanziare il Piano nazionale di interventi nel settore idrico per garantire un supporto duraturo al comparto.

Il MIT sta inoltre lavorando alla predisposizione di Linee guida per la valutazione degli interventi da finanziare, che definiscano procedure chiare e trasparenti di accesso a questa fonte di finanziamento.

La relativa Struttura Tecnica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sta elaborando Linee Guida per la valutazione degli interventi da finanziare. In linea con i dettami dell'articolo 8 del D.Lgs n.228 del 29 dicembre 2011, le Linee Guida definiranno criteri e procedure per: la valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi nonché delle singole opere; la valutazione ex ante dei fabbisogni di infrastrutture e servizi nonché delle singole opere; la selezione degli interventi da includere nel Documento Pluriennale di Pianificazione; la valutazione ex post degli interventi individuati; il coinvolgimento degli Organismi responsabili delle attività di valutazione.

 

Analizzando lo scenario in materia di infrastrutture idriche, il documento rileva che quelle a scopo idropotabile sono in crescita. Per rispondere al fabbisogno idrico (civile, irriguo e industriale) nonché per tutelare le peculiarità ambientali e sociali del territorio è essenziale una corretta gestione della risorsa invasata nelle cosiddette “grandi dighe”.

Attualmente, le “grandi dighe” di competenza statale sono 533, per un volume di invaso autorizzato complessivamente pari a quasi 12,5 miliardi di metri cubi. L’obiettivo principale è rappresentato dalla conservazione della capacità di invaso. Pertanto, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha avviato un programma di interventi riguardanti le grandi dighe, volto alla salvaguardia delle risorse idriche attuali e al recupero di circa 1,3 miliardi di metri cubi attualmente non invasabili. Il Governo intende altresì ridurre la frammentazione delle competenze e delle gestioni e migliorare l’allocazione spaziale e amministrativa della risorsa, anche attraverso una ricognizione delle grandi concessioni.

Le infrastrutture idriche strategiche a livello nazionale sono raggruppate in sei categorie: 1. grandi dighe multi-obiettivo; 2. infrastrutture per la produzione idroelettrica; 3. sistemi di approvvigionamento per uso potabile; 4. sistemi di approvvigionamento per uso agricolo; 5. schemi di trasferimento interregionali e inter-bacino; 6. sistemi di produzione di acqua potabile (dissalazione).

Riguardo ai sistemi di approvvigionamento per uso potabile, il 55% della popolazione risulta servita da società a capitale interamente pubblico; le gestioni da parte di società a capitale misto arrivano al 30% dei residenti; la gestione diretta a cura dei Comuni interessa il 12% della popolazione; le gestioni affidate a società integralmente private raggiungono il 3% dell’utenza.

L’Italia è tra i paesi europei che maggiormente fanno ricorso all’irrigazione per uso agricolo (è seconda solo alla Spagna). La rete irrigua principale (adduzione e secondaria) si estende per circa 23.000 km, alimentata per il 78% da acque superficiali, con marcate differenze tra le varie aree del Paese. La risorsa idrica è distribuita in maniera disomogenea a livello nazionale. Sono diffusi i casi di contributi extra regionali alla disponibilità interna. Gli scambi avvengono soprattutto nelle regioni del Centro-Sud.

Edilizia

Nel Documento si evidenzia che il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001), e tutti gli altri interventi legislativi e regolamentari succedutisi, risultano da aggiornare. È pertanto un obiettivo imprescindibile addivenire in tempi brevi ad una riforma organica per le costruzioni, che, nel rispetto dei principi di razionalizzazione e innovazione:

a)   riordini in modo organico la disciplina in materia edilizia, eliminando incongruenze e contraddizioni derivanti dalla stratificazione legislativa;

b)   favorisca snellimenti procedurali e la smaterializzazione dei processi;

c)   definisca regole e misure atte a favorire le operazioni di rigenerazione urbana e di recupero/ riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, in luogo dell’utilizzo di suolo inedificato per nuove realizzazioni;

d)   persegua efficacemente la sicurezza delle nuove costruzioni, riducendo per quanto possibile i vincoli burocratici, anche riqualificando la figura del progettista, nell’ambito delle proprie responsabilità;

e)   favorisca la riduzione della vulnerabilità sismica del patrimonio esistente;

f)    sviluppi un quadro di maggiore conoscenza di tutte le opere esistenti sul territorio;

g)   introduca tematiche che incrementino gli aspetti di sostenibilità, sicurezza, efficientamento energetico.

 

Il documento evidenzia, altresì, la necessità di ingenti risorse per l'adeguamento energetico, la messa a norma antisismica, l'eliminazione delle barriere architettoniche, ma anche la manutenzione ordinaria e straordinaria e l'ampliamento degli immobili di edilizia penitenziaria, scolastica, giudiziaria, di difesa e sicurezza (caserme), nonché degli edifici di interesse storico, artistico e archeologico, compresi quelli di culto.

In questa direzione dovrà predisporsi un Programma Nazionale degli interventi nel settore dell'edilizia, con l’obiettivo strategico di individuare, finanziare e portare a realizzazione le "infrastrutture puntuali" statali più urgenti in funzione delle esigenze e delle caratteristiche dei diversi territori e settori di utilizzo, avendo come impostazione prioritaria il potenziamento e rafforzamento dell’esistente (vedi Tabella V.11.1.2. dell’allegato).

 

Per raggiungere questi obiettivi – in coerenza con l’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 11 dell’Agenda 2030 (“rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”) e in attuazione del “Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare” – si privilegeranno in particolare:

 

1.   l’entità degli interventi riguardanti gli immobili di edilizia residenziale pubblica;

2.   il recupero e la valorizzazione dei beni culturali;

3.   l’azzeramento del consumo di nuovo suolo mediante interventi di recupero;

4.   la riqualificazione e densificazione funzionale di aree già urbanizzate ovvero, qualora non edificate, comprese in tessuti urbanistici fortemente consolidati;

5.   l’attivazione di finanziamenti sia pubblici che privati;

6.   il coinvolgimento di operatori privati, anche del terzo settore;

7.   le misure e i modelli innovativi di gestione, inclusione sociale e welfare urbano.

 

Si ricorda che i commi 437-444 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 hanno previsto la promozione di un Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, al fine di concorrere, nelle aree urbane con più di 60.000 abitanti, alla riduzione del disagio abitativo, con particolare riferimento alle periferie, e di favorire lo scambio tra le varie realtà regionali. Gli interventi del citato Programma devono seguire, tra l’altro, il modello urbano della città intelligente, inclusiva e sostenibile (Smart city). Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito a tal fine un fondo denominato “Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare”, con una dotazione complessiva pari a 853,81 milioni euro per gli anni 2020-2033.

Relazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra

La Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra allegata al DEF 2020, predisposta dal Ministro dell'ambiente ai sensi dell'art. 10, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come modificato dall'art. 2, comma 2, della legge 7 aprile 2011, n. 39:

a)   sintetizza l'evoluzione normativa internazionale ed europea in materia di cambiamenti climatici;

b)   non fornisce più (come invece avveniva in passato) elementi di informazione circa il raggiungimento degli obiettivi nel primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (2008-2012), ma si limita semplicemente a ricordare che gli stessi sono stati raggiunti;

c)   dà conto degli impegni assunti per il periodo 2013-2020 e valuta gli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell'obiettivo previsto per i settori "non ETS" dalla Decisione 406/2009 ("effort sharing") e indica le azioni attuate per porre il Paese sul giusto percorso rispetto a tale obiettivo;
I settori "non ETS (Emission Trading System)" sono quelli non regolati dalla direttiva 2009/29/UE e sono identificabili approssimativamente con i settori dei trasporti, civile, dell'agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria.

d)   prospetta gli scenari delle emissioni dei settori ETS e non-ETS, con orizzonte temporale al 2030, al fine di fornire una valutazione del rispetto delle conclusioni del Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014 relative al "Quadro clima-energia 2030", che rappresentano anche l'Intended Nationally Determined Contribution dell'UE nell'ambito dell'Accordo di Parigi (v. infra).
Nella premessa del documento in esame si sottolinea che le informazioni in esso riportate sono state aggiornate sulla base dei più recenti dati emissivi e degli scenari elaborati nell'ambito del PNIEC e sono, altresì, coerenti con quanto comunicato nella 7a comunicazione nazionale elaborata dall'Italia nell'ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici.

 

a) L'evoluzione recente del contesto normativo

Rispetto all'allegato in esame, ove si ritrovano solo pochi cenni al primo periodo del Protocollo di Kyoto (conclusosi nel 2012), nel presente dossier si fornisce comunque una ricostruzione delle vicende che, a partire dalla firma del protocollo, hanno portato alla stipula dell'Accordo di Parigi.

Il Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) è entrato in vigore nel febbraio 2005 e ha regolamentato le emissioni di gas ad effetto serra per il periodo 2008-2012. Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas-serra, primo tra tutti l'anidride carbonica (CO2).

Il Protocollo è stato ratificato dall'UE (che si è impegnata a ridurre le proprie emissioni dell'8% rispetto ai livelli del 1990) e successivamente dai suoi Stati membri. La percentuale fissata a livello europeo è stata ripartita in maniera differenziata tra gli Stati Membri. In tale contesto l'Italia (che ha provveduto alla ratifica con la L. 120/2002) si è impegnata a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni del 6,5% rispetto al 1990.

Poiché il Protocollo regolamenta le emissioni solo per il periodo 2008-2012, a livello internazionale si è ritenuto necessario avviare il negoziato per giungere all'adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo post-2012.

Nel corso della Conferenza delle Parti (COP18), conclusasi a Doha (Qatar) l'8 dicembre 2012, l'impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal Protocollo è stato assunto solamente da un gruppo ristretto di Paesi, oltre all'UE, che hanno approvato il c.d. emendamento di Doha al Protocollo.

L'impegno sottoscritto con l'emendamento di Doha per il periodo successivo al 2012 coincide con quello già assunto unilateralmente dall'UE con l'adozione del "pacchetto clima-energia", che prevede una riduzione delle emissioni di gas-serra del 20% al 2020 rispetto ai livelli del 1990. Analogamente a quanto avvenuto nel primo periodo di impegno di Kyoto, la Commissione europea ha avviato il processo per ripartire formalmente tra gli Stati membri le percentuali nell'ambito del secondo periodo di impegno.

A tal fine l'UE, a seguito della proposta della Commissione europea presentata il 6 novembre 2013, ha approvato un pacchetto per la ratifica del secondo periodo di impegno di Kyoto, composto da una decisione, relativa alla ratifica dell'emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto all'UNFCCC, e da un regolamento relativo al meccanismo di monitoraggio, che modifica il Regolamento 525/2013/UE. L'adozione di tale pacchetto è avvenuta con la pubblicazione del Regolamento (UE) n. 662/2014 e della decisione della UE 2015/1339 del Consiglio del 13 luglio 2015.

 

La ratifica e l'esecuzione, da parte dell'Italia, dell'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto è prevista dalla legge 3 maggio 2016, n. 79.

Tale legge non si limita a prevedere la ratifica citata, ma contiene anche rilevanti disposizioni in materia di programmazione e monitoraggio delle politiche in materia di cambiamenti climatici. L'art. 4 prevede l'adozione, da parte del CIPE, della Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio (prevista dall'art. 4 del regolamento dell'UE n. 525/2013) e che lo stesso Comitato invii alle Camere, entro il mese di giugno di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione della Strategia volta ad illustrare i risultati raggiunti in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra, gli interventi e le politiche adottati e lo scostamento tra i risultati ottenuti e gli obiettivi di contenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i limiti definiti dagli accordi internazionali stipulati nell'ambito dell'UNFCCC. Il successivo art. 5 istituisce il Sistema (informativo) nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni, conformemente alle decisioni applicabili adottate dagli organi dell'UNFCCC o del Protocollo di Kyoto e all'art. 12 del regolamento (UE) n. 525/2013. L'art. 6 prevede che il Ministero dell'ambiente assicuri la raccolta delle informazioni concernenti le emissioni di gas-serra e delle altre informazioni in materia di cambiamenti climatici e ne curi la diffusione, nonché adegui alle nuove disposizioni il "documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegato al Documento di economia e finanza" (c.d. allegato Kyoto). 

In attuazione della legge 79/2016 è stato emanato il D.M. Ambiente 9 dicembre 2016, che disciplina le modalità e i tempi con i quali i Ministeri interessati collaborano alla raccolta delle informazioni.

 

Nelle more dell'entrata in vigore dell'emendamento di Doha (a tutt'oggi non ancora avvenuta, come sottolinea l'allegato in esame), l'UE si è impegnata, comunque, a dare attuazione già a partire dal 1° gennaio 2013 agli impegni previsti, corrispondenti a quelli del "pacchetto clima-energia".

L'obiettivo indicato dal "pacchetto clima-energia" è stato perseguito mediante una serie di strumenti normativi. In particolare si ricordano, per il loro impatto sul sistema produttivo nonché sulla finanza pubblica:

·       la direttiva 2009/29/UE(recepita con il D.Lgs. 30/2013), che ha aggiornato la precedente direttiva 2003/87/UE che aveva disciplinato a partire dal 2005 il sistema europeo di scambio di quote d'emissione (EU Emission Trading System - EU ETS).

In estrema sintesi, il funzionamento dell'EU ETS è il seguente:

- la direttiva EU ETS regolamenta le emissioni di gas serra provenienti dalla maggior parte delle attività industriali e dal settore aereo, e prevede l'obbligo di restituire (per via informatica, attraverso il registro nazionale) annualmente un numero di "quote" di emissione pari alle emissioni di CO2 rilasciate durante l'anno precedente;

- mentre nel periodo 2008-2012 tutti i settori hanno beneficiato di assegnazioni a titolo gratuito, a partire dal 2013 solo alcuni settori (prevalentemente i manifatturieri) possono beneficiare di quote assegnate a titolo gratuito. Per alcuni impianti, tra cui gli impianti di produzione di energia elettrica, l'assegnazione sarà a titolo oneroso mediante asta. Una quota rappresenta il diritto per l'operatore di rilasciare "gratuitamente" in atmosfera una tonnellata di CO2.

Se l'operatore nel corso dell'anno emette in atmosfera emissioni in quantità maggiore delle quote a esso rilasciate deve acquistare quote per "coprire" le emissioni in eccesso (il prezzo della quota è determinato dal mercato sulla base dell'equilibrio tra domanda e offerta). Al contrario se nel corso dell'anno l'operatore emette in atmosfera emissioni in quantità minore rispetto alle quote a esso rilasciate può vendere sul mercato le quote non utilizzate ai fini della restituzione.

Si fa notare che la direttiva 2003/87/CE è stata di recente profondamente modificata dalla direttiva 2018/410/UE. Le principali modifiche sono volte a potenziare la capacità del sistema ETS di contribuire efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo del 40% di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, in coerenza con il Quadro 2030 delle Politiche per il clima e l'energia dell'UE e come contributo all'Accordo di Parigi sul clima del 2015 (v. infra). Tra le principali novità della direttiva 2018/410/UE, che si propone di regolare il funzionamento dell'EU ETS nel periodo 2021-2030, si segnala:

- l'innalzamento del cd. "fattore di riduzione lineare" dall'1,74% al 2,2%;
- la fissazione ex ante (al 57%) della percentuale di quote di emissione da distribuire mediante asta, con la possibilità di aumentare del 3% la restante quota destinata alle assegnazioni su base gratuita, al fine di evitare l'applicazione del fattore di riduzione lineare, se necessario. Nel caso in cui, al contrario, le assegnazioni gratuite risultassero inferiori al massimo consentito, l'eccedenza potrebbe essere riportata agli anni successivi,
sempre al fine di evitare l'applicazione del fattore di riduzione lineare delle assegnazioni gratuite;
- l'aggiornamento dei criteri per la definizione dei settori industriali considerati esposti al rischio di delocalizzazione verso Paesi che non hanno regolamentatole emissioni di gas a effetto serra.
La direttiva 2018/410/UE è stata recepita nell'ordinamento azionale con il
decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 47.
Nel documento in esame viene sottolineato che "molte delle disposizioni della Direttiva sono oggetto di atti delegati o di implementazione che sono in corso di emanazione al fine di consentire la piena attuazione della stessa".

 

·       la Decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 ("effort sharing"), che ha ripartito tra gli Stati Membri l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di gas-serra per i settori non-ETS, cioè non regolati dalla direttiva 2009/29/UE (vale a dire i settori dei trasporti, civile, dell'agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria). Per l'Italia l'obiettivo di riduzione è del 13% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020.

Le assegnazioni annuali di emissioni di gas-serra di tutti gli Stati membri per il periodo 2017-2020 (già disposte dalla decisione 2013/162/UE per il periodo 2013-2020) sono state rivedute dalla decisione n. 2017/1471/UE. Si ricorda altresì che gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo 2021-2030, per ciascuno degli Stati membri, da raggiungere nei settori non-ETS, sono stati stabiliti dal Regolamento n. 2018/842/UE. L'allegato I di tale regolamento prevede, per l'Italia, una riduzione del 33%.

 

L'accordo di Parigi, il Quadro Clima-Energia 2030 e il PNIEC

Dal 30 novembre al 12 dicembre 2015 si è svolta a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP21), con l'obiettivo (individuato nel corso della COP18 di Doha) di pervenire alla firma di un accordo volto a regolare il periodo post-2020. Tale accordo, adottato con la decisione 1/CP21, definisce quale obiettivo di lungo termine il contenimento dell'aumento della temperatura ben al di sotto dei 2°C e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali.

L'accordo prevede che ogni Paese, al momento dell'adesione, comunichi il proprio "contributo determinato a livello nazionale" (INDC – Intended Nationally Determined Contribution) con l'obbligo di perseguire misure domestiche per la sua attuazione. Ogni successivo contributo nazionale (da comunicare ogni cinque anni) dovrà costituire un avanzamento rispetto allo sforzo precedentemente rappresentato con il primo contributo.

L'Accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016 (ovvero 30 giorni dopo il deposito degli strumenti di ratifica da parte di almeno 55 Parti della Convenzione che rappresentano almeno il 55% delle emissioni mondiali di gas-serra) e si applica dal 2021.

L'Italia ha ratificato l'accordo con la legge 4 novembre 2016, n. 204. In base a quanto chiarito con il Comunicato del Ministero degli affari esteri pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2016, l'Accordo è entrato in vigore per l'Italia l'11 dicembre 2016.

L'accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (il programma d'azione adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015) e si integra con i traguardi dell'Agenda, a partire dall'obiettivo 13 "Lotta contro il cambiamento climatico". In particolare, l'Accordo di Parigi definisce nel dettaglio i contenuti del sotto-obiettivo 13.2 dell'Agenda 2030, che richiede di "integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali".

 

Nel documento in esame si sottolinea che rispetto al Protocollo di Kyoto e all'emendamento di Doha, l'Accordo di Parigi rappresenta un cambio di paradigma nell'approccio alla lotta ai cambiamenti climatici. L'approccio "bottom up" basato su Contributi determinati a livello nazionale ad ambizione crescente nel tempo prevede un impegno di tutte le Parti dell'accordo verso il raggiungimento degli obiettivi comuni, abbandonando la distinzione tra Paesi industrializzati e non.

In linea con gli obiettivi dell'accordo di Parigi e alla luce dei dati scientifici più recenti, comprese le ultime relazioni pubblicate dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici emerge la necessità di agire urgentemente e in maniera ambiziosa. La stessa urgenza si evince dall'ultimo rapporto sulle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Emission Gap Report 2019), pubblicato poco prima della COP 25, il quale ribadisce che anche laddove gli impegni esistenti in materia di clima dovessero essere rispettati, le emissioni nel 2030 risulterebbero comunque superiori del 38% rispetto a quanto richiesto dall'accordo di Parigi con l'obiettivo dell'1.5 °C.
Il 2020, nel quadro dell'Accordo di Parigi, rappresenta un momento cruciale per rinnovare gli impegni delle azioni finora messe in campo; entro il 2020, i Paesi dovranno aggiornare o confermare i propri impegni di riduzione (NDC), nonché comunicare le strategie di sviluppo a basse emissioni di gas serra nel lungo periodo, con orizzonte temporale al 2050.

Dopo la presentazione della Comunicazione sul "Quadro Clima-Energia 2030", il Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014 ha approvato le Conclusioni che contengono i nuovi obiettivi per il periodo 2021-2030, che costituiscono l'INDC dell'UE

L'elemento centrale del nuovo Quadro Clima-Energia 2030 è l'obiettivo di riduzione dei gas serra del 40% a livello europeo rispetto all'anno 1990.

Le citate Conclusioni prevedono, inoltre, obiettivi vincolanti a livello europeo per i consumi finali di energia da fonti rinnovabili ed un target indicativo di efficienza energetica e stabiliscono che l'obiettivo relativo ai gas-serra sia ripartito tra i settori ETS e non-ETS, rispettivamente, in misura pari al 43% e al 30% rispetto al 2005. Al fine di raggiungere tali obiettivi sono stati approvati numerosi provvedimenti legislativi. Si ricordano in particolare la revisione della direttiva ETS (direttiva n. 2018/410/UE), il nuovo regolamento per i settori non-ETS (Regolamento n. 2018/842/UE), nonché il c.d. regolamento LULUCF (Regolamento n. 2018/841/UE) relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas-serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura.

Nel documento in esame viene ricordato che è prevista "la possibilità di utilizzare i crediti generati dagli assorbimenti del settore LULUCF per un ammontare massimo europeo di 280 milioni di tonnellate (per l'Italia la quantità massima di crediti è pari a 11,5 milioni di tonnellate per il periodo 2021-2030)".

Si ricordano altresì la direttiva (UE) 2018/2002 sull'efficienza energetica, che prevede un obiettivo di efficienza energetica al 2030 pari al 32,5%, nonchè la direttiva (UE) 2018/2001 sulle fonti rinnovabili, che prevede che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.

L'allegato in esame ricorda altresì che con il Regolamento (UE) 2018/1999 è stato istituito un sistema di Governance dell'Unione dell'Energia, che mira a pianificare e tracciare le politiche e misure messe in atto dagli Stati Membri dell'UE al fine del raggiungimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni, incremento dell'efficienza energetica, ricerca e innovazione, sicurezza energetica e sviluppo del mercato interno dell'energia. Il meccanismo di governance è basato sulle strategie a lungo termine, sui piani nazionali integrati per l'energia e il clima (PNIEC) che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030, sulle corrispondenti relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e il clima trasmesse dagli Stati membri e sulle modalità di monitoraggio della Commissione. Tale meccanismo prevede un processo strutturato, trasparente e iterativo tra la Commissione e gli Stati membri volto alla messa a punto e alla successiva attuazione dei PNIEC. Nell'ambito di questo inquadramento, il 31 dicembre 2019 è stato inviato alla Commissione il PNIEC dell'Italia con orizzonte al 2030, il cui obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica e accompagni tale transizione. L'Italia, inoltre, in linea con quanto già previsto dal PNIEC, è in procinto di finalizzare la propria Strategia nazionale di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. La Strategia individua possibili percorsi di decarbonizzazione, prendendo in considerazione diverse opzioni tecnologiche, comprese quelle più innovative, non ancora completamente implementate, al fine di raggiungere l'obiettivo di neutralità climatica al 2050. Una volta ultimata, la Strategia sarà trasmessa alla Commissione Europea ai sensi dell'art. 15 del Regolamento (UE) 2018/1999, nonché all'UNFCCC in ottemperanza all'Accordo di Parigi.

Il "Green Deal europeo"

Nel dicembre 2019 l'UE ha lanciato il Green Deal europeo (COM(2019) 640 final), una tabella di marcia con una serie di azioni per rendere sostenibile lo sviluppo dell'UE. Successivamente, il Parlamento europeo con la risoluzione 15 gennaio 2020 ha chiesto una normativa ambiziosa in materia di clima e di portare al 55%, rispetto ai livelli del 1990, l'obiettivo dell'UE per il 2030 in materia di riduzione delle emissioni di gas serra. Nello stesso mese di gennaio, la Commissione europea ha presentato il piano di investimenti del Green Deal europeo e del meccanismo per una transizione giusta e, a seguire, nel mese di marzo, una proposta legislativa nota come legge europea sul clima, intesa a garantire un'Unione europea a impatto climatico zero entro il 2050.

Tale proposta legislativa, come ricordato nel documento in esame, "prevede la definizione di un nuovo obiettivo europeo per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra al 2030, sulla base di una approfondita valutazione d'impatto, esplorando le opzioni per un nuovo obiettivo di riduzione del 50-55% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990. La proposta inoltre prevede che la Commissione esamini e, se necessario proponga, entro giugno 2021 di rivedere tutta la pertinente normativa per dare attuazione all'incremento del livello di ambizione. Inoltre, al fine di contribuire ad affrontare gli effetti sociali ed economici della transizione verso un'economia a zero emissioni nette, il Green Deal prevede la creazione di un meccanismo per una transizione giusta indirizzato alle regioni, alle industrie e ai lavoratori che dovranno affrontare le maggiori sfide. Il Meccanismo dovrebbe mobilitare circa 100 miliardi di euro ed è costituito da tre pilastri: un Fondo per una transizione giusta (la proposta di regolamento che lo istituisce è stata presentata il 14 gennaio 2020), che concederà principalmente sovvenzioni; un regime specifico nell'ambito del programma "InvestEU", indirizzato alla mobilitazione di investimenti privati; uno strumento di prestito per il settore pubblico attuato con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), indirizzato alla mobilitazione dei finanziamenti pubblici.

Nel medesimo documento si ricorda che, "accanto alla Legge europea per il clima e al Fondo per una transizione giusta, tra gli strumenti di cui intende dotarsi la Commissione, sempre al fine di realizzare obiettivi ambiziosi in materia di clima e ambiente, è previsto che la stessa presenti una nuova Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici; l'introduzione di un "carbon border adjustment mechanism" al fine di far fronte al problema del cosiddetto "carbon leakage" (delocalizzazioni). Di fatto, per realizzare il Green Deal europeo è necessario ripensare le politiche per l'approvvigionamento di energia pulita in tutti i settori dell'economia; le riforme strategiche previste contribuiranno a garantire un'efficace fissazione del prezzo del carbonio in tutta l'economia. Ciò incoraggerà i consumatori e le imprese a modificare i propri comportamenti, facilitando un aumento degli investimenti sostenibili, pubblici e privati. La Commissione proporrà pertanto di rivedere la direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici. Tra gli strumenti ricordiamo inoltre la Strategia sulla biodiversità per il 2030, la nuova Strategia industriale che includerà il Piano d'azione sull'economia circolare, la Strategia "Dal produttore al consumatore" per una politica alimentare sostenibile e proposte concrete per un'Europa senza inquinamento. In conclusione, la Commissione è consapevole che la realizzazione dell'European Green Deal richiederà ingenti investimenti pubblici e privati e ha previsto di presentare una rinnovata strategia di finanziamento sostenibile nell'autunno 2020, insieme a un piano di investimenti per l'Europa sostenibile. La chiave della rinnovata strategia di finanza sostenibile sarà l'adozione di una tassonomia per investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, così da avere una classificazione UE delle attività ecosostenibili per l'adattamento ai cambiamenti climatici e la loro mitigazione.

 

b) Il raggiungimento dell'obiettivo di Kyoto al 2012

Nel documento in esame ci si limita a ricordare che l'Italia ha rispettato gli impegni di riduzione.

Nel precedente documento (allegato al DEF 2019) era riportata una tabella che forniva la sintesi delle informazioni riguardanti l'Italia e da cui si evince che gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto (nel primo periodo di impegno 2008-2012) sono stati raggiunti, con una limitata quantità in eccedenza, riportata al secondo periodo di riferimento, quantificata in circa 800 mila AAUs, poco più di 2 milioni di CERs e di 1 milione di ERUs.

CER è l'acronimo di Certified Emissions Reductions (Riduzioni di emissioni certificate), mentre ERU di Emissions Reduction Units (Unità di riduzione di emissioni). Si tratta di crediti di emissione generati dalla realizzazione di un progetto finalizzato a ridurre le emissioni, rispettivamente, in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione. Le AAU (Assigned Amount Units) sono le quantità di emissioni che un Paese può emettere gratuitamente nel periodo 2008-2012.

 

c) Gli obiettivi di riduzione al 2020

La Decisione n. 406/2009 regolamenta le emissioni di gas serra dei settori non ETS (trasporti, civile, piccola industria, agricoltura e rifiuti) definendo obiettivi di riduzione annuali legalmente vincolanti per il periodo 2013-2020, differenziati per ciascuno Stato Membro, come quantificati con la decisione 162/2013/EU e modificati dalla Decisione 634/2013/EU. Tali decisioni sono state da ultimo riviste, per quanto riguarda i target dal 2017 al 2020, con la la decisione n. 2017/1471/UE.

La Tabella II.2 dell'Allegato (che qui si riproduce) riporta, per i settori non ETS, i dati di consuntivo relativi al periodo 2013-2018 nonché una stima delle emissioni nazionali di gas-serra per il 2020 basata sul c.d. scenario di riferimento, che tiene conto degli effetti, in termini di riduzione delle emissioni, delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2016 ed elencate nell'Allegato 2.


 

 

TABELLA II.2 (MtCO2Eq.)

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2020

Emissioni non ETS
   (scenario di riferimento)

280,3

271,6

281,0

278,9

273,7

278,7

268,0

Obiettivi "effort sharing"

308,2

306,2

304,2

302,3

298,3

295,8

291,0

Distanza dagli obiettivi

-27,9

-34,6

-23,2

-23,4

-24,5

-17,1

-23,0

 

Nel documento viene sottolineato che "la piena attuazione degli impegni assunti in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili di cui alle Conclusioni del Consiglio Europeo dell'8-9 marzo 2007 permette al Paese di ottenere riduzioni di emissione superiori a quelle necessarie per adempiere agli obiettivi della Decisione Effort Sharing".

 

Le azioni attuate per il raggiungimento degli obiettivi

Nel documento in esame, in apposito paragrafo (il paragrafo II.2, intitolato "Politiche e misure per il raggiungimento degli obiettivi annuali di cui alla decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio") viene sottolineato che il percorso di riduzione evidenziato nella tabella II.2 (precedentemente riprodotta) è stato possibile grazie all'attuazione di una serie di politiche e misure in materia di energia e clima. Viene quindi fornito un elenco di provvedimenti ed atti completati su efficienza energetica e fonti rinnovabili. Tra le misure elencate si ricordano, in particolare:

§  la proroga delle detrazioni per le ristrutturazioni e del c.d. ecobonus fino al 31 dicembre 2020, prevista dall'art. 1, comma 175, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019);

§  misure in materia di efficienza energetica degli edifici;

§  il decreto 16 febbraio 2016 recante "Aggiornamento della disciplina per l'incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l'incremento dell'efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili" (c.d. conto termico);

§  il decreto interministeriale 10 maggio 2018 di aggiornamento del meccanismo dei c.d. certificati bianchi;

§  i decreti interdirettoriali sui Programmi regionali di audit di efficienza energetica alle PMI;

§  il comma 743 dell'art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) che ha esteso il campo di applicazione del cd. Fondo Kyoto Scuole, di cui all'art. 9 del D.L. 91/2014, alle strutture sanitarie e agli impianti sportivi di proprietà pubblica;

§  il decreto 4 luglio 2019 di incentivazione dell'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici on shore, solari fotovoltaici, idroelettrici e a gas residuati dei processi di depurazione;

§  il decreto-legge 111/2019 (c.d. decreto-legge clima), che prevede specifiche misure per incentivare la mobilità sostenibile nelle città italiane;

§  il decreto 23 giugno 2016, di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico;

§  il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi;

§  il decreto interministeriale 2 marzo 2018, relativo alla promozione dell'uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti;

§  il decreto legislativo 21 marzo 2017, n. 51, sui metodi di calcolo e sugli obblighi di comunicazione relativi alla qualità della benzina e del combustibile diesel;

§  il decreto 15 maggio 2018 (previsto dall'art. 7-bis del D.Lgs. 66/2005), relativo all'elettricità immessa ad uso stradale;

§  il finanziamento di interventi nelle isole minori (D.M. Ambiente n. 340/2017), relativi all'efficienza energetica, alla mobilità sostenibile e all'adattamento ai cambiamenti climatici. 

d) Lo scenario al 2030

L'elemento centrale del nuovo "Quadro clima-energia 2030" è l'obiettivo di riduzione dei gas-serra di almeno il 40% a livello europeo rispetto all'anno 1990. Questa riduzione è articolata nelle seguenti riduzioni, calcolate rispetto all'anno 2005:

§  una riduzione del 43% per il settore ETS;

§  una riduzione del 30% per i settori non-ETS.

 

Nel documento in esame viene sottolineato che esistono, inoltre "due obiettivi relativi all'incremento dell'efficienza energetica e delle rinnovabili: il raggiungimento di tali obiettivi è sinergico rispetto all'obiettivo di riduzione delle emissioni. Dal momento che tali obiettivi durante la negoziazione a livello europeo (Parlamento UE e Consiglio dell'UE) sono stati rivisti al rialzo rispetto alle proposte iniziali della Commissione, il loro raggiungimento determinerà, di fatto, un incremento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni totale a livello europeo, stimato al -45%. A tale obiettivo concorrono tutti gli Stati membri".

Le stime derivanti dallo "scenario di riferimento" e dallo "scenario PNIEC"

Nell'allegato in esame viene sottolineato che, mentre l'obiettivo di riduzione per i settori ETS è applicato a livello europeo in maniera armonizzata e centralizzata, l'obiettivo di riduzione per i settori non-ETS viene suddiviso tra gli Stati Membri. Per l'Italia, l'allegato I del Regolamento "effort sharing" n. 2018/842/UE prevede una riduzione del 33% al 2030 rispetto all'anno 2005.

La tabella III.1 del documento in esame, che si riproduce di seguito, mostra le stime delle emissioni dei settori ETS e non-ETS fino al 2030, basate sull'attuale scenario di riferimento e quelle attese sulla base delle misure previste dal PNIEC (che sono elencate e quantificate nell'allegato 2 al documento in esame).

Le stime riportate nella tabella (in MtCO2Eq.) evidenziano che l'implementazione delle misure previste dal PNIEC dovrebbe consentire una riduzione del 35,7% delle emissioni non-ETS rispetto al 2005 e quindi di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030.

 

Scenario di riferimento

2005

2020

2025

2030

Emissioni ETS

247,5

149,0

138,0

137,0

    riduzione % sul 2005

-40%

-44%

-45%

Emissioni non-ETS

336,1

268,0

258,0

245,0

   riduzione % sul 2005

-20%

-27%

 

Scenario PNIEC

 2005

2020

2025

2030

Emissioni ETS

144,0

115,0

109,0

    riduzione % sul 2005

-42%

-54%

-56%

Emissioni non-ETS

260,0

241,0

216,0

   riduzione % sul 2005

-23%

-28%

-35,7%

 

Nel documento viene sottolineato, tra l'altro, che le stime in questione non considerano le emissioni/assorbimenti derivanti da variazioni di uso dei suoli e dalle foreste "in attesa della definizione a livello EU della metodologia con cui inserirle nel totale nazionale non-ETS".

 

Si fa notare che, per un refuso, il dato relativo alle emissioni non-ETS nello scenario di riferimento per il 2025 è pari a 58 anziché a 258 MtCO2Eq.

 


 

Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile

La misurazione del benessere in Italia e il progetto BES

Da oltre cinquant'anni è in atto in ambito internazionale un dibattito sul c.d. "superamento del PIL" come unico indicatore di misurazione del benessere, alimentato dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, ma debbano tenere conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità. Sono stati pertanto proposti indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità tra i sessi, quali strumenti da tenere in considerazione nell'elaborazione, nell'adozione e nella valutazione delle politiche pubbliche, al fine di integrare l'uso degli indicatori macroeconomici, ritenuti non più sufficienti a misurare il grado di benessere di una comunità e a orientare, perciò, le politiche pubbliche.

In ambito internazionale si possono segnalare quelli utilizzati da istituzioni quali l'ONU, l'UE e l'OCSE.

In ambito nazionale, da alcuni anni è stato avviato il progetto BES, tramite un'iniziativa congiunta del CNEL e dell'ISTAT, al fine di fornire un significativo contributo in questa direzione.

Tale progetto è finalizzato all'individuazione delle misure più idonee a rappresentare il progresso del Paese e dei territori verso l'incremento del benessere dei cittadini. Esso considera le seguenti  12 dimensioni, articolate in 130 indicatori:

1.        Salute

2.        Istruzione e formazione

3.        Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

4.        Benessere economico

5.        Relazioni sociali

6.        Politica e istituzioni

7.        Sicurezza

8.        Benessere soggettivo

9.        Paesaggio e patrimonio culturale

10.   Ambiente

11.   Innovazione, ricerca e creatività

12.   Qualità dei servizi

Dal progetto scaturisce ogni anno dal 2013 un rapporto curato dall’ISTAT, giunto alla sua settima edizione con il "Rapporto BES 2019".

A livello internazionale, in particolare, si ricorda che il 25 settembre 2015, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nella quale si delineano le direttrici delle attività per i successivi 15 anni. Gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (17 Sustainable Development Goals) che compongono l’Agenda 2030 rappresentano il piano di azione globale per sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti. A partire dal dicembre 2016 l’Istat ha reso disponibile la piattaforma informativa per gli indicatori SDGs, e la aggiorna con cadenza semestrale. Nel 2019 l’Istat ha prodotto il secondo Rapporto sugli SDGs: una descrizione accurata dei processi che hanno condotto alla scelta degli indicatori, una loro descrizione puntuale e una prima analisi delle tendenze temporali e delle interrelazioni esistenti tra i diversi fenomeni.

In risposta all'Agenda 2030, il 22 novembre 2016 la Commissione europea ha adottato una comunicazione dal titolo «Le prossime tappe per un futuro europeo sostenibile» che illustra ciò che l'UE sta facendo per contribuire all'Agenda 2030, evidenziando le principali politiche dell'UE per ciascuno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Il 30 gennaio 2019 la Commissione ha pubblicato un documento di riflessione “Verso un’Europa sostenibile entro il 2030” nel quale si concentra sulle fondamentali basi strategiche su cui basare la transizione verso la sostenibilità, che comprendono il passaggio da un'economia lineare a un'economia circolare, la correzione degli squilibri nel nostro sistema alimentare, l'energia del futuro, gli edifici e la mobilità.

Il Parlamento europeo il 7 febbraio 2019 ha presentato il documento “Europe's approach to implementing the Sustainable Development Goals: good practices and the way forward”, uno studio che esamina tutte le disposizioni adottate per l’implementazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e fornisce esempi di best practice e raccomandazioni per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

In Italia, il principale strumento di attuazione dell'Agenda 2030 è costituito dalla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile-SNSvS, approvata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) il 22 dicembre 2017, nella quale sono definite le linee direttrici delle politiche economiche, sociali e ambientali finalizzate a raggiungere gli SDGs entro il 2030. La Strategia, che deve essere aggiornata dal Governo con cadenza almeno triennale, contiene una serie di scelte strategiche e obiettivi nazionali articolati all'interno di cinque aree speculari a quelle degli SGDs (Persone, Pianeta, Pace, Prosperità, Partnership), cui è associato un elenco preliminare di strumenti di attuazione individuati nel processo di consultazione istituzionale.

Il coordinamento delle azioni e delle politiche inerenti all'attuazione della strategia, cui concorrono politiche di competenza di numerosi Ministeri, è esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, in raccordo, in primo luogo, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto concerne la dimensione interna, e con il Ministero degli affari esteri per ciò che riguarda la dimensione esterna. Al Ministero dell'economia e delle finanze è affidato il compito di raccordare l'attuazione della Strategia con i documenti di programmazione economico-finanziaria, in particolare il Piano Nazionale di Riforma (PNR), oltre che quello di presentare al Parlamento le valutazioni relative agli Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES), che hanno assunto una particolare valenza in relazione al conseguimento degli obiettivi dell'Agenda.

Al fine di assicurare tale coordinamento, una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2018 prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di una «Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile» presieduta dal Presidente o da un suo delegato, e composta da ciascun Ministro, dai Presidenti della Conferenza delle Regioni, dell'Unione delle province d'Italia e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, o da loro delegati. Tra i compiti della Commissione – allo stato non ancora riunitasi - è prevista l'approvazione di una relazione annuale sull'attuazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, la cui predisposizione è coordinata dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della PCM. La Direttiva assegna alla Presidenza del Consiglio altresì il compito di assumere iniziative di informazione e comunicazione pubblica sull'importanza dell'Agenda 2030 e degli obiettivi da perseguire nell'ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

Più recentemente, il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio nell'attuazione della Strategia, anche con riferimento alla fase di monitoraggio e verifica dello stato di avanzamento verso gli obiettivi dell'Agenda 2030, risulta implementato in virtù dell'istituzione, con DPCM dell'11 giugno 2019, della Cabina di regia "Benessere Italia", organo tecnico-scientifico di supporto al Presidente del Consiglio con finalità di coordinamento istituzionale, politico, strategico e funzionale per l'attuazione delle politiche di benessere equo e solidale e della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. L'organismo, riunitosi per la prima volta l'11 luglio 2019, è presieduto da un rappresentante nominato dal Presidente del Consiglio e composto da un rappresentante designato da ciascun Ministro; nel suo seno opera anche un Comitato di esperti, composto dai Presidenti dell'ISTAT, del CNR, dell'ISPRA e dell'INPS, nonché dal Portavoce dell'Alleanza nazionale italiana per lo Sviluppo sostenibile (ASviS) e da 4 esperti nominati dal Presidente del Consiglio. Tra le finalità della Cabina di regia inerenti all'Agenda 2030, si segnalano quelle di: coordinare e monitorare le attività specifiche dei Ministeri a sostegno dello sviluppo sostenibile; promuovere, potenziare e coordinare le politiche e le iniziative del Governo per l'attuazione della Strategia Nazionale, nell'ambito dell'Agenda 2030; coordinare il processo di armonizzazione degli indicatori di benessere e qualità della vita con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030, al fine di individuare un unico, definito e rappresentativo set di indicatori da inserire nel ciclo di programmazione economica; assistere le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali sui temi dello sviluppo sostenibile.

 

Sul piano parlamentare, il monitoraggio del processo d'attuazione dell'Agenda globale, che investe le competenze di attori internazionali, nazionali e locali, fortemente sollecitato dagli organismi delle Nazioni Unite e dall'Unione interparlamentare, ha portato la Commissione Affari esteri della Camera dei deputati a deliberare all'unanimità lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sull'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: l'efficacia del quadro normativo nazionale e del sistema italiano di cooperazione. Al fine di proseguire le attività istruttorie connesse alla citata indagine conoscitiva, in seno alla medesima Commissione è stato istituto un apposito Comitato permanente per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Un’ulteriore indagine conoscitiva, avente ad oggetto le politiche dell’Unione europea per l’attuazione dell’Agenza 2030 per lo sviluppo sostenibile, è stata deliberata di recente (10 dicembre 2019, tutt’ora in corso) dalla Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati.

Per ulteriori approfondimenti sull’Agenda 2030 si rinvia al Dossier della Camera dei deputati “L’agenda globale per lo sviluppo sostenibile”.

Gli indicatori BES nell'ordinamento italiano

L'Italia è il primo Paese che, collegando gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) alla programmazione economica e di bilancio, attribuisce a essi un ruolo nell'attuazione e nel monitoraggio delle politiche pubbliche.

Gli indicatori di benessere equo e sostenibile sono stati infatti introdotti nell'ordinamento legislativo italiano come strumento di programmazione economica dall'articolo 14 della legge n. 163/2016, di riforma della legge di contabilità. Un Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) - presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze e composto dal Presidente dell'ISTAT, dal Governatore della Banca d'Italia, da due esperti della materia provenienti da università ed enti di ricerca - è stato incaricato di selezionare gli indicatori utili alla valutazione del benessere sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale.

Con la medesima legge di riforma sono inoltre stati introdotti, all'articolo 10 della legge di contabilità (relativo al Documento di Economia e Finanza), i due nuovi commi 10-bis e 10-ter, che prevedono rispettivamente la redazione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, di due documenti:

§  un apposito allegato al DEF, che riporti l'andamento, nell'ultimo triennio, di tali indicatori, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica del quadro programmatico, e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma della terza sezione del DEF;

Il primo esercizio sperimentale di applicazione della norma è stato fatto – mentre ancora erano in corso i lavori del Comitato sulla selezione degli indicatori - nel DEF 2017, con l’apposito allegato in cui si esamina un sottoinsieme di quattro indicatori di benessere equo e sostenibile: i) reddito medio disponibile aggiustato pro capite; ii) indice di disuguaglianza del reddito disponibile; ii) tasso di mancata partecipazione al lavoro; iv) emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti. Esso presenta anche le previsioni dell’andamento dei quattro indicatori sino al 2020 secondo due scenari, quello tendenziale e quello programmatico.

Nel DEF 2018 è stato inserito l’apposito allegato che contiene la serie storica delle performances registrate dai dodici indicatori del benessere nel periodo 2005-2017, e le previsioni a legislazione vigente elaborate dal MEF per il periodo 2018-2021 per quattro degli indicatori selezionati (quelli già inseriti in via sperimentale nel DEF 2017 e nella Relazione di febbraio 2018). Dal momento che il DEF 2018 è stato elaborato dal Governo uscente, come per il quadro macroeconomico, anche per le previsioni degli indicatori BES è stato elaborato solamente lo scenario tendenziale.

Nel DEF 2019 l’allegato sugli indicatori di benessere equo e sostenibile monitora l’andamento dei dodici indicatori che afferiscono a otto dei dodici domini del benessere individuati nel Rapporto BES dell’Istat. Sulla base del nuovo quadro macroeconomico, tendenziale e programmatico, la previsione è stata estesa fino al 2022 per i quattro indicatori già inseriti nei precedenti allegati e nelle Relazioni BES al Parlamento. Inoltre, in seguito all’approfondimento sulla povertà assoluta proposto nella Relazione BES 2019, viene presentata anche una valutazione di impatto del Reddito di Cittadinanza (RdC) sull’indice di povertà assoluta.

Nel DEF 2020 l’allegato sugli indicatori BES, presentato a luglio congiuntamente al PNR, esamina l’andamento dei suddetti dodici indicatori fino al 2019 e, sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel DEF 2020, pubblicato il 24 aprile 2020, si fornisce la previsione per alcuni di essi fino al 2021.

§  una relazione, da presentare alle Camere per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari entro il 15 febbraio di ciascun anno, sull'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso.

Al momento sono state presentate tre relazioni: la Relazione BES 2018 riguarda l’evoluzione prevista degli indicatori Bes già inseriti nel Def 2017, alla luce della Legge di Bilancio 2018 successivamente approvata e del quadro macroeconomico aggiornato, con un orizzonte temporale che rimane quello del triennio 2017-2020; la Relazione BES 2019 contiene l’analisi dell’andamento di tutti i dodici indicatori BES per il periodo 2015-2017, e le previsioni 2018-2021 per soli quattro di essi, alla luce dell’ultima legge di Bilancio; la Relazione BES 2020 analizza l'evoluzione dei dodici indicatori di BES sulla base degli effetti dell’ultima legge di Bilancio 2020, al fine di evidenziare la relazione tra le politiche pubbliche e il benessere.

 

Con il decreto del MEF 16 ottobre 2017 sono stati individuati i 12 indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) proposti dal Comitato a tale scopo istituito.

La tabella seguente illustra gli indicatori selezionati, riportandone la definizione e il contenuto informativo (anche sulla base della relazione del Comitato).

 


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INDICATORI BES

DEFINIZIONI

CONTENUTO INFORMATIVO

1. Reddito medio disponibile aggiustato pro capite

Rapporto tra il reddito lordo disponibile delle famiglie aggiustato (vale a dire inclusivo del valore dei servizi in natura forniti dalle istituzioni pubbliche e senza fini di lucro), e il numero totale di persone residenti in Italia.

Permette di stimare l'ammontare complessivo del reddito disponibile per le persone residenti in Italia, compreso il valore dei servizi in natura. Esso misura il reddito "spendibile" (al netto di imposte e contributi), e comprende anche una valutazione di quanto è fornito alle famiglie attraverso i servizi delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni sociali senza fini di lucro (essenzialmente per istruzione e sanità).

2. Indice di di disuguaglianza del reddito disponibile

Rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito.

Fornisce un'informazione sulla distanza in termini di reddito tra i più ricchi e i più poveri che, poiché considera i redditi equivalenti, tiene conto della diversa composizione familiare (diversi bisogni tra bambini e adulti; economie di scala che si realizzano con la coabitazione).

3. Indice di povertà assoluta

Percentuale di persone appartenenti a famiglie con una spesa complessiva per consumi inferiore al valore soglia di povertà assoluta, sul totale delle persone residenti.

Rappresenta la percentuale di persone che non riescono ad acquisire un predeterminato insieme di beni e servizi. Le soglie di povertà assoluta sono differenziate per numerosità familiare, classi di età dei componenti, macroarea e dimensione del comune di residenza, e riflettono le differenze territoriali nel costo della vita. Si tratta dell'indicatore di riferimento per le politiche contro l'esclusione sociale.

4. Speranza di vita in buona salute alla nascita

Numero medio di anni che un bambino nato nell'anno di riferimento può aspettarsi di vivere in buona salute, nell'ipotesi che i rischi di malattia e morte alle diverse età osservati in quello stesso anno rimangano costanti nel tempo.

Sintetizza la condizione complessiva della salute degli italiani. Consente di valutare la qualità della sopravvivenza, aspetto particolarmente rilevante nell'attuale fase della transizione demografica e sanitaria, caratterizzata dall'invecchiamento della popolazione e dalla diffusione di patologie cronico-degenerative.

5. Eccesso di peso

Proporzione standardizzata di persone di 18 anni e più in sovrappeso o obese sul totale delle persone di 18 anni e più.

Predice, meglio di altre misure dello stile di vita (ad esempio, sedentarietà, fumo o alcol), il rischio di un ampio spettro di patologie croniche. Rappresenta dunque un indicatore utile ai fini della valutazione della sostenibilità degli attuali livelli di salute della popolazione e del loro possibile miglioramento.

6. Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione

Percentuale della popolazione in età 18-24 anni con al più il diploma di scuola secondaria di primo grado (licenza media), che non è in possesso di qualifiche professionali regionali ottenute in corsi con durata di almeno 2 anni e non frequenta né corsi di istruzione né altre attività formative.

Quantifica la quota di popolazione più svantaggiata dal punto di vista del percorso scolastico, individuandola in chi non ha conseguito un livello di istruzione giudicato minimo per un pieno inserimento nelle società contemporanee (titolo di scuola secondaria superiore o equivalente). L'indicatore è una misura target della strategia Europa 2020 che prevede di ridurre la quota di abbandoni al di sotto del 10% entro il 2020 a livello Europeo (target nazionale: 16%).

7. Tasso di mancata partecipazione al lavoro

Rapporto tra la somma di disoccupati e inattivi "disponibili" (persone che non hanno cercato lavoro nelle ultime 4 settimane ma sono disponibili a lavorare), e la somma di forze lavoro (insieme di occupati e disoccupati) e inattivi "disponibili", riferito alla popolazione tra 15 e 74 anni.

Esprime una misura dell'offerta di lavoro insoddisfatta più ampia rispetto al tasso di disoccupazione, poiché coglie anche quella parte di popolazione inattiva che si dichiara disponibile a lavorare pur non avendo cercato lavoro nelle 4 settimane che precedono l'intervista, dando così conto dei fenomeni di scoraggiamento e dei comportamenti "attendisti" dovuti agli esiti di passate azioni di ricerca.

8. Rapporto tra tasso di occupazione delle donne 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli

Rapporto tra il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con almeno un figlio in età prescolare (0-5 anni) e il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni senza figli, per 100.

Rappresenta una misura indiretta dell'adeguatezza dei servizi di welfare tesi alla conciliazione degli impegni casa-lavoro, valutando la possibilità effettiva che le donne con figli piccoli riescano a conciliare il lavoro retribuito con i lavori di cura familiare.

9. Indice di criminalità predatoria

Numero di vittime di furti in abitazione, borseggi e rapine per 1.000 abitanti.

Si propone di misurare la sicurezza personale, con l'obiettivo di considerare l'effetto che un elevato tasso di microcriminalità produce sulla percezione di insicurezza e, in ultima analisi, sulla libertà del cittadino nella gestione della sua quotidianità.

10. Indice di efficienza della giustizia civile

Durata media effettiva in giorni dei procedimenti di cognizione civile ordinaria definiti dei tribunali

Scelto per la dimensione "rapporto cittadino-Stato", tale indicatore rappresenta una misura indiretta dell'efficienza della giustizia civile, condizione essenziale tanto per il corretto funzionamento del sistema economico, quanto per la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

11. Emissioni di C02 e altri gas clima alteranti

Tonnellate di C02 equivalente emesse su base annua da attività agricole, urbane e industriali, per abitante.

Rappresenta in via diretta l'andamento della qualità dell'ambiente e il relativo impatto delle politiche, e in via indiretta una misura di sostenibilità in termini di rischio di cambiamenti climatici.

12. Indice di abusivismo edilizio

Numero di costruzioni abusive per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni.

Esprime il grado di sfruttamento del suolo e deterioramento del paesaggio (fornendo una proxy del "consumo di suolo").


 

Dall'esame della tabella riepilogativa degli indicatori BES emerge che alcuni indicatori rappresentano misure di benessere, mentre altre di disagio.

I primi tre indicatori riguardano il benessere economico. In particolare, il primo (Reddito medio aggiustato pro-capite) risponde alla necessità di selezionare una misura che tenga conto del reddito monetario e in natura effettivamente percepito dalle famiglie. Il secondo indicatore (Indice di diseguaglianza del reddito disponibile) introduce la dimensione distributiva delle risorse monetarie, per tenere conto del fatto che le variazioni del reddito medio possono ripartirsi inegualmente tra le persone e i gruppi sociali. Il terzo indicatore (Incidenza della povertà assoluta) affianca alle prime due misure basate sui redditi, una misura basata sui consumi, particolarmente importante per le politiche contro l'esclusione sociale.

Per la salute sono stati scelti due indicatori: la Speranza di vita in buona salute alla nascita e l'Eccesso di peso.

Per l'istruzione, tra le numerose misure possibili, è stata selezionata l'Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.

Per la dimensione lavoro, gli indicatori scelti sono il Tasso di mancata partecipazione al lavoro e il Rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con figli e senza figli.

Per la sicurezza personale, si è definito un indicatore di Criminalità predatoria, partendo da tre indicatori elementari presenti nel citato Rapporto BES, ottenuto come somma delle vittime di furti in abitazione, rapine e borseggi espresso in rapporto alla popolazione.

Per la dimensione politica e istituzioni (rapporto tra cittadino e amministrazione pubblica), la scelta si è appuntata sull'indice di Tasso di efficienza della giustizia civile.

Per la sostenibilità ambientale del benessere, le variabili scelte per valutare la capacità del sistema di preservare le possibilità per le generazioni future ed evidenziare l'esistenza di abusi nell'utilizzo del capitale naturale riguardano le Emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti e un indicatore di Abusivismo edilizio in via temporanea, in attesa di poter adottare l'indicatore Consumo di suolo, quando i dati avranno una qualità adeguata.

L’allegato BES al Documento di economia e finanza 2020

L’Allegato sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Allegato BES) al Documento di Economia e Finanza (DEF), giunto quest’anno alla quarta edizione, offre, sulla base dei più recenti dati disponibili forniti dall’Istat, una disamina dell’andamento degli indicatori fino al 2019 e, sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel Documento di Economia e Finanza del 2020, fornisce la previsione per alcuni di essi fino al 2021.

Il Governo segnala, peraltro, che a causa dello slittamento della pubblicazione dell’Allegato BES, unitamente a quella del PNR e degli altri allegati al DEF, i dati provvisori presentati nell’Allegato potrebbero a breve essere superati dai dati definitivi pubblicati successivamente alla stesura del documento dall’Istat. Inoltre, con l’impegno a presentare un aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica programmatico non appena le prospettive economiche risulteranno più chiare a livello nazionale, europeo e globale, il Governo precisa che con tale aggiornamento si potranno proiettare su un orizzonte più lungo gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) che sono oggetto del presente Allegato al Documento di Economia e Finanza.

 

Si ricorda che la recente Relazione BES, inviata al Parlamento nel mese di febbraio 2020, descriveva l'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile fino al 2018 e, sulla base della Legge di Bilancio 2020, che è intervenuta positivamente su molteplici aspetti dall’inclusione sociale all’ambiente, dal lavoro al benessere economico, dalla salute all’istruzione, delineava l’andamento degli stessi per il triennio 2020-2022.

Tuttavia, a seguito della diffusione della pandemia da Covid-19 si è prodotto un improvviso e drammatico cambiamento di scenario sulle condizioni di vita degli italiani e sulle prospettive economiche del Paese.

L’azione del governo nei mesi successivi a febbraio è stata tesa, da una parte a contenere la diffusione del virus, dall’altra ad adottare una serie di misure per limitare le conseguenze economiche e sociali generate dalle stesse misure di contenimento della pandemia adottate in Italia e all’estero.

L’Allegato BES 2020 illustra le misure contenute nella Legge Milleproroghe, nella Legge recante misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente (cd Cuneo Fiscale), nella Legge ‘Cura Italia’, nella Legge ‘Liquidità Imprese’, nella Legge ‘Scuola’ e una sintetica descrizione del contenuto del Decreto Legge ‘Rilancio’. Esso riflette dunque gli sviluppi più recenti, non solo la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro (D.L. n.3/2020), ma anche le misure di sostegno al lavoro, ai redditi, al credito e alla liquidità di famiglie e imprese, ai settori più colpiti, adottate in risposta al Covid-19.

Inoltre, il documento descrive lo stato di avanzamento compiuto negli ultimi anni dal Paese nei vari domini del benessere equo e sostenibile.

 

Venendo agli indicatori di benessere equo e sostenibile nell’Allegato BES al PNR in esame, si segnala innanzitutto che l’indicatore relativo al Reddito medio disponibile aggiustato pro capite (RDA) ha proseguito nel 2019, per il sesto anno consecutivo, la fase espansiva iniziata nel 2014, sebbene ad un tasso inferiore a quello registrato nel periodo 2016-2018, come risulta dalla figura seguente. L’indicatore, tra il 2013e il 2019, è cresciuto di 8,5 punti percentuali, pari ad un incremento, in valore assoluto, di 1.790 euro pro capite.

 

 

A livello previsionale, il Governo ritiene che la fortissima riduzione dell’attività economica prevista per il 2020 si rifletterà anche sull’andamento del RDA pro capite nominale (come emerge dalla Figura III.2), ma con un’intensità più contenuta di quella prevista per altre variabili economiche, quali il PIL pro capite o i consumi, anche grazie agli interventi a sostegno dei redditi e dell’occupazione inclusi nello scenario a legislazione vigente.

Più in dettaglio, nel 2020 si prevede una riduzione dello 0,9 per cento del RDA pro capite nominale rispetto al 2019. Nel 2021, grazie all’attesa ripresa delle attività economiche e al previsto robusto incremento del reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici, si prevede un rimbalzo del RDA pro capite nominale (+3,1 per cento), che compensa la riduzione prevista per il 2020.

 

Il Governo sottolinea inoltre che le proiezioni presentate sono basate, in coerenza con il Programma di Stabilità, sul quadro macro tendenziale. Un nuovo quadro macro verrà successivamente elaborato, anche sulla base degli effetti previsti del DL Rilancio. Comprendendo tali effetti, si può prevedere che l’evoluzione del RDA nel prossimo biennio sarà più favorevole di quanto qui riportato, soprattutto perché la cancellazione degli aumenti dell’IVA aumenterà il reddito nominale per via del più alto livello di attività economica e occupazione e, ancor più, in termini reali grazie alla minore inflazione.

 

L’indicatore relativo alla disuguaglianza del reddito disponibile rappresenta la distanza nella distribuzione delle risorse tra la quota più agiata di popolazione (20 per cento) e quella più povera (20 per cento). Una riduzione dell’indice, segnando una minore distanza, si associa ad una distribuzione dei redditi più equa.

Nel 2019, secondo la stima anticipata fornita dall’Istat, l’indicatore dovrebbe lievemente ridursi rispetto all’anno precedente (-0,1 per cento). Allargando l’orizzonte temporale a tutto il periodo di analisi emerge che nel 2019 l’indicatore dovrebbe migliorare di 0,3 punti percentuali rispetto al punto di massimo raggiunto nel 2015 (Figura III.4).

 

 

La proiezione dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile, per il triennio 2020-2022, potrebbe essere – secondo il Governo - significativamente influenzata dalla dinamica dei redditi derivante dall’emergenza COVID-19. Tuttavia, il quadro ancora incerto non consente di elaborare misure accurate delle prime conseguenze. Nel documento in esame si presenta un’analisi degli effetti della chiusura delle attività produttive e degli effetti compensativi sui redditi e delle misure d’integrazione del reddito per individui e famiglie adottate con il decreto “Cura Italia” (DL 18/2020), in cui gli effetti economici e distributivi sono simulati sui soli mesi di marzo e aprile 2020. Con riferimento alla distribuzione dei redditi, secondo tale analisi le misure adottate sembrano mitigare la perdita per tutte le classi di reddito, ma in misura maggiore per quelle meno abbienti.

 

 

La povertà assoluta è il terzo indicatore BES incluso nel ciclo di programmazione economico-finanziaria per monitorare il dominio “benessere economico”. L’indice di povertà assoluta, costruito sulla spesa per consumi delle famiglie, rappresenta una peculiarità italiana e si basa sul consolidamento di una metodologia, introdotta alla fine degli anni ’90, la cui messa a punto ha richiesto diversi anni. In particolare, la povertà assoluta non fa riferimento ad un’unica soglia nazionale ma ad una pluralità di soglie, che variano per numero, età dei componenti, ripartizione geografica e tipo di comune di residenza. Confrontando la spesa delle famiglie italiane (ricavata dall’Indagine Istat sulle spese delle famiglie) con tali soglie si calcola ogni anno la quota di famiglie (e, per somma, di individui) residenti in Italia che si trova in condizione di povertà assoluta.

 

La figura seguente mostra che nel 2019 si è ridotta sensibilmente la percentuale di persone appartenenti a famiglie in condizioni di povertà assoluta, soprattutto al Centro-Sud. Dopo tre anni di aumenti registrati a partire dal 2014, a seguito dei quali l’incidenza della povertà assoluta a livello individuale è aumentata di 1,6 punti percentuali, nel 2018 si è osservata una stabilizzazione dell’indicatore seguita nel corso del 2019 da una contrazione di 0,7 punti percentuali.

 

 

Il documento  non riporta dati previsionali per questo indicatore, ma solo una disamina sui dati relativi ai consumi delle famiglie presenti nel Quadro macroeconomico utilizzato per la predisposizione del DEF 2020 riferiti agli anni 2020 e 2021 e ai dati provvisori sul commercio riferiti al primo trimestre del 2020 diffusi di recente dall’Istat. Ovviamente tali dati non sono in grado di fornire alcuna indicazione circa l’andamento della povertà assoluta nel tempo, ma offrono esclusivamente degli spunti di riflessione preliminari sull’andamento dei consumi aggregati delle famiglie alla luce dell’impatto prodotto dal Covid-19.

 

 

La speranza di vita in buona salute alla nascita monitora il dominio “salute” del benessere insieme all’eccesso di peso. I dati necessari per il calcolo dell’indicatore sono prodotti annualmente dall’Istat mediante le Tavole di mortalità della popolazione italiana e l’Indagine Aspetti della vita quotidiana.

 

Nel 2019, il dato provvisorio del numero di anni da vivere in buona salute attesi alla nascita, dopo due anni di lieve peggioramento, successivi al punto di massimo raggiunto nel 2016 (58,8 anni), presenta un moderato incremento (Figura III.9). L’indicatore si caratterizza per avere una dinamica lenta, le variazioni nel periodo considerato sono contenute e oscillano in un intervallo compreso tra -0,3 anni e +0,5 anni, con l’eccezione del 2010 quando si registrò un aumento di 1,3 anni. Complessivamente nel 2019 il numero di anni in buona salute risulta superiore di 2,2 anni rispetto al dato del 2009.

 

 

Per il 2020, la contrazione della speranza di vita alla nascita dovuta alla pandemia da Covid-19 dipende da due fattori: l’intensità e la durata, nel corso nell’anno, delle maggiori probabilità di morte indotte dalla circolazione del virus.

Secondo le simulazioni dell’Istat, la speranza di vita potrebbe diminuire in un intervallo compreso fra 0,4 anni a 1,4 anni, passando da uno scenario in cui le maggiori probabilità di morte ritornino ai livelli pre-covid entro giugno ad uno in cui si annullino non prima di dicembre. Negli anni successivi al 2020, in una situazione di assenza degli effetti del Covid-19, il calo della vita residua verrà completamente assorbito.


 

L’eccesso di peso, ricavato dall’indagine Aspetti della vita quotidiana condotta annualmente dall’Istat, mostra un andamento piuttosto stabile nel corso del periodo considerato, ma lievemente in aumento nell’ultimo anno (+0,1 per cento) e pari al 44,9 per cento della popolazione (Figura III.11).

L’indicatore eccesso di peso considerato è standardizzato per la popolazione, ovvero mantenendo ferma nel tempo la struttura per età della stessa e non risente della dinamica della composizione per età della popolazione.

Il gap fra l’indice non standardizzato e quello standardizzato misura l’effetto indotto dalla modifica della struttura per età della popolazione, evidenziando così la variazione del numero di persone (in valore assoluto) in eccesso di peso sul totale della popolazione.

Il gap, in graduale aumento dal 2007, ha raggiunto nel 2019 il valore di 1,5 punti percentuali, questo implica che, sebbene l’indicatore standardizzato sia sostanzialmente stabile nel periodo considerato (il valore del 2019 è di 0,1 punti percentuali inferiore a quello del 2005), in termini non standardizzati il numero delle persone in eccesso di peso tra il 2005 e il 2019 è aumentato di 1,8 punti percentuali. Il monitoraggio combinato di tali indicatori può essere utile nella fase di predisposizione delle policy dato che l’aumento degli individui in eccesso di peso può esercitare una notevole pressione sul sistema sanitario e avere potenziali conseguenze negative sulla produttività.

Il documento ricorda inoltre che, oltre alle ben note conseguenze negative dell’eccesso di peso, secondo vari studi emergenti, il sovrappeso potrebbe essere un rilevante fattore di rischio nel decorso delle malattie infettive, nello specifico il virus Covid-19.

 

 

L’indicatore di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione monitora il dominio “istruzione e formazione” del benessere. L’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, oltre agli effetti negativi in termini di inclusione sociale dell’individuo, può avere un impatto negativo sull’economia in generale, ponendo ostacoli alla crescita economica e all’occupazione, e pesando negativamente sulla produttività e sulla competitività di un Paese.

L’importanza dell’indicatore è rappresentata anche dalla strategia Europa 2020, che prevede che gli Stati Membri riducano gradualmente il suo valore fino al livello medio europeo del 10 per cento. L’obiettivo dell’Italia per il 2020 è fissato al 16 per cento ed è stato raggiunto a livello nazionale nel 2015. Nel 2019 l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione si è attestata al 13,5 per cento, con una riduzione (ovvero un miglioramento) dell’indicatore pari a un punto percentuale rispetto al 2018, dopo due anni consecutivi di lieve aumento della quota di persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni che abbandonano prematuramente i percorsi di istruzione e formazione non avendo conseguito un diploma o una qualifica (abbandoni precoci), come mostra il grafico seguente.

 

 

Dalla disaggregazione per sesso emerge che, sebbene nel biennio 2017- 2018 si fosse osservata una dinamica differenziata tra i due generi (nel 2017 l’indicatore per le femmine è risultato stabile e quello maschile in crescita mentre nel 2018, al contrario, l’indicatore è rimasto stabile per i maschi e in aumento di +1,1 punti percentuali per le femmine), il trend decrescente è ripreso per entrambi i generi nel 2019 con una variazione di -0,9 punti percentuali per il tasso maschile e -0,8 punti percentuali per il tasso femminile.

Nonostante l’interruzione dell’attività didattica in presenza dovuta a esigenze legate all’emergenza Covid-19, il Governo ha adottato misure per consentire agli alunni di proseguire gli studi per l’anno scolastico in corso in via telematica e sono state delineate misure inclusive finalizzate anche alla riduzione del rischio di abbandono scolastico.

 

 

L’indicatore relativo al tasso di mancata partecipazione al lavoro (una misura più ampia del tasso di disoccupazione, comprendendo gli inattivi "disponibili" ovvero persone che non hanno cercato lavoro nelle ultime 4 settimane ma sono disponibili a lavorare), monitora il dominio “lavoro e conciliazione dei tempi di vita” del benessere insieme al rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli. Poiché la partecipazione al mercato del lavoro presenta ancora delle forti differenze di genere, l’indicatore è calcolato sia in forma aggregata sia disaggregando per genere.

 

Nel 2019, nonostante il rallentamento dell’attività economica, il tasso di mancata partecipazione al lavoro totale si riduce, e si restringe il divario di genere (gender gap), sebbene permangano elevati divari territoriali. La riduzione è identica a quella registrata nel corso del 2018 e pari a 0,8 punti percentuali. Dopo cinque anni consecutivi di contrazione, derivante dalla prolungata fase espansiva osservata nel mercato del lavoro, il tasso di mancata partecipazione al totale del 2019 è inferiore di 4 punti percentuali rispetto al dato del 2014, anno in cui l’indicatore ha raggiunto il valore più elevato dal 2005.

 

 

Le previsioni per gli anni 2020 e 2021 indicano che la prolungata fase di miglioramento dell’indicatore, registrata a partire dal 2015 e che era prevista proseguire sulla base dei dati a disposizione al momento della stesura della Relazione BES 2020, si interrompe bruscamente a seguito dell’inversione del ciclo economico prodotto dall’insorgere dell’epidemia di Covid-19 alla fine del mese di febbraio (Figura III.25).

Nel dettaglio, nel 2020 si prevede un aumento del tasso totale di 1,4 punti percentuali rispetto al dato del 2019. Nel 2021 il progressivo recupero dell’attività economica sarà accompagnato da un graduale miglioramento del mercato del lavoro e conseguentemente anche l’indicatore in esame è previsto ridursi di 0,7 punti percentuali, compensando parzialmente la variazione prevista per il 2020.

 

 

La relazione afferma che le misure introdotte a seguito dell’emergenza sanitaria dettata dal Covid-19 hanno modificato radicalmente la situazione del mercato del lavoro costringendo numerose attività alla chiusura forzata per contenere la diffusione del virus. Conseguentemente sono state adottate misure volte ad allargare gli ammortizzatori sociali esistenti, quali la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, il Fondo di Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, a tutte le imprese costrette a limitare o arrestare l’attività a causa del Coronavirus. Inoltre è stato potenziato l’istituto del lavoro agile. Contestualmente, sono stati emanati le Leggi Cura Italia, Liquidità e Scuola che hanno previsto numerose misure a sostegno del reddito di un’ampia gamma di categorie di lavoratori e di previsione di fondi per l’incremento del lavoro straordinario. Sono state previste, infine, nuove assunzioni a tempo determinato e indeterminato che possono avere un impatto sull’indicatore.

 

 

Il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne di 25-49 anni senza figli (occupazione relativa delle madri), dopo un triennio in cui i dati hanno mostrato un peggioramento, nel 2019 è migliorato. L’occupazione relativa delle madri è migliorata di 0,5 punti percentuali rispetto al 2018 (Figura III.26). Il valore del 2019 è inferiore di 3,5 punti percentuali a quello del 2015, anno in cui l’occupazione relativa delle madri ha raggiunto il livello più elevato nel periodo considerato.

 

Tra le misure adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza legata al Covid-19, quelle più rilevanti in termini di conciliazione dei tempi di vita, e quindi con impatti sull’indicatore, riguardano l’estensione dei congedi parentali, la possibilità di usufruire di bonus per baby-sitter per i lavoratori dipendenti privati e agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e misure per favorire il lavoro agile.

 

 

L’indice criminalità predatoria è composto da tre indicatori: tasso sui furti in abitazione; tasso sui borseggi; tasso sulle rapine. A livello nazionale, il graduale miglioramento dell’indice composito, iniziato nel 2014, è proseguito anche nel corso del 2019, con una forte contrazione rispetto al dato del 2018 (-2,6 punti percentuali), sul valore più basso dal 2010 (Figura III.33).

 

I differenziali territoriali, in termini di percentuale di vittime di reati predatori, sono ampi per tutto il periodo considerato e a favore delle regioni del Mezzogiorno che, per tutto il periodo considerato, registrano valori significativamente inferiori a quelli delle altre due ripartizioni (Figura III.34).

 

Le misure intraprese per limitare il contagio del virus dal mese di febbraio ad oggi, nello specifico il regime di distanziamento sociale che limita in modo drastico i contatti sociali e gli spostamenti della popolazione dal proprio domicilio, avranno verosimilmente l’effetto di migliorare l’indice di criminalità predatoria per tutto il periodo in cui saranno vigenti. Inoltre, la Legge Cura Italia prevede lo stanziamento di risorse per la retribuzione del lavoro straordinario delle Forze di polizia.

 

L’indice di efficienza della giustizia civile monitora il dominio ‘politica e istituzioni’ del benessere attraverso la durata media effettiva in giorni dei procedimenti di contenzioso civile e di volontaria giurisdizione definiti nei tribunali (alla fine della relazione è presente un approfondimento dedicato all’indice di efficienza della giustizia civile).

Tale indicatore mostra (Figura III.39) una tendenza al miglioramento dal 2015, e il dato provvisorio dell’efficienza della giustizia civile fornito dal Ministero della giustizia per il 2019 conferma tale trend, registrando un ulteriore miglioramento dell’indicatore rispetto all’anno precedente (-1,8 per cento pari a quasi 8 giorni).

Nel dettaglio, nel 2019 la durata dei procedimenti civili ha registrato una pronunciata riduzione sia rispetto al 2014, anno in cui l’indicatore ha raggiunto il valore più elevato (-84,6 giorni, pari a una diminuzione di 16,7 punti percentuali), sia rispetto al 2012, anno di inizio della serie (-61,3 giorni, pari ad una contrazione del 12,7 per cento).

 

 

Le recenti misure varate dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 avranno un effetto anche sui domini non direttamente interessati dall’epidemia, come ad esempio alcune misure previste dalla Legge ‘Cura Italia’ che riguardano sia la sospensione dei processi e la digitalizzazione, nonché misure relative alle modalità di detenzione, quali le licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà e le disposizioni in materia di detenzione domiciliare, e l’erogazione di un’indennità per i giudici onorari in servizio.

 

 

L’indicatore relativo alle emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti esprime le tonnellate di emissioni dei settori economici e delle famiglie per abitante.

Secondo le stime fornite dall’Istat, nel 2019 le emissioni di CO2 eq. pro capite (Figura III.42) sono, per il secondo anno consecutivo, previste in riduzione rispetto all’anno precedente eguagliando il valore minimo, pari a 7,2 tonnellate pro capite, registrato nel 2014. Rispetto al dato rilevato nel 2008 le emissioni si sono ridotte di 2,4 tonnellate pro capite, pari al 25,2 per cento.

 

 

Le misure eccezionali adottate per il contrasto alla pandemia di COVID-19 stanno provocando dei profondi cambiamenti, tuttora in corso, sul profilo emissivo del Paese rispetto a quanto riportato nella Relazione BES 2020. Il distanziamento sociale, la sospensione di molteplici attività produttive e la chiusura anticipata delle scuole genereranno in corso d’anno una riduzione delle emissioni di CO2eq, la cui intensità dipenderà sia dalla tempistica e dalle modalità con cui avverrà il graduale rilassamento delle misure di contenimento del virus sia da eventuali effetti strutturali indotti dalle misure stesse, quali ad esempio il potenziamento del lavoro agile oltre la durata dell’epidemia.

 

L’indice di abusivismo edilizio monitora il dominio ‘paesaggio e patrimonio culturale’ del benessere.

Nel 2019, il numero di costruzioni abusive per cento costruzioni edificate legalmente nello stesso anno presenta un valore pari a 17,7 punti percentuali.

Considerando un periodo di analisi più ampio, emerge un andamento crescente dell’indice a partire dal 2008 dovuto anche al contesto di crisi economico-finanziaria che ha colpito il settore edilizio. Tuttavia, dopo il triennio 2015-2017 durante il quale l’indice ha raggiunto il valore massimo del 19,9 per cento, prosegue l’andamento positivo registrato a partire dal 2018, presentando una significativa riduzione annuale di un valore pari a 1,2 punti percentuali (Figura III.45).  La decomposizione della variazione assoluta annua dell’indice di abusivismo

Il miglioramento che si ravvisa nell’ultimo biennio è legato all’andamento delle abitazioni legali, in crescita dopo 10 anni di forte diminuzione, e dalla contemporanea riduzione delle abitazioni illegali. L’aumento dell’indice (quindi il peggioramento) che si era avuto a partire dal 2008 era dovuto in larga misura alla riduzione delle abitazioni legali, che riflette gli effetti della crisi economica e finanziaria sul settore in modo più marcato rispetto alle abitazioni illegali

 

 

La disaggregazione dell’indice di abusivismo rispetto alle diverse ripartizioni territoriali evidenzia che l’andamento positivo dell’ultimo biennio sia da attribuire a una riduzione dell’indicatore su tutto il territorio, significativamente più marcata nel Centro, nel Sud e nelle Isole.

 



[1]     Per ulteriori dettagli sui documenti e le procedure del Semestre europeo, anche con specifico riferimento alle prassi del Senato, cfr. Servizio studi del Senato, "Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi", Dossier europeo 37/2, gennaio 2020.

[2]     Per l'illustrazione dettagliata delle nuove proposte relative al QFP si rinvia al Dossier n. 83/DE, "Videoconferenza dei membri del Consiglio europeo - 19 giugno 2020", a cura del Servizio studi del Senato della Repubblica e dell'Ufficio relazioni con l'Unione europea della Camera dei deputati.

[3]       Per approfondimenti sul Semestre europeo, cfr. il dossier n. 37/2 del Servizio studi del Senato "Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi", gennaio 2020. Sulle raccomandazioni specifiche per paese, cfr. la Nota breve n. 8 del Servizio del bilancio del Senato, "Le raccomandazioni europee sul Programma nazionale di riforma e sul Programma di stabilità 2019 dell'Italia", giugno 2019.

[4]       La spesa pubblica primaria netta si compone della spesa pubblica totale al netto della spesa per interessi, della spesa relativa a programmi dell’Unione interamente coperta da entrate provenienti da fondi dell’Unione e delle modifiche non discrezionali nella spesa per le indennità di disoccupazione. La formazione lorda di capitale fisso finanziata a livello nazionale è spalmata su un periodo di quattro anni. Rientrano nel calcolo le misure discrezionali in materia di entrate o gli aumenti delle entrate obbligatori per legge, mentre sono escluse le misure una tantum sia per quanto riguarda le entrate che per quanto riguarda la spesa.

[5]     Semestre europeo 2020: raccomandazioni specifiche per paese (COM (2020) 500 final). Per approfondimenti, si veda Nota breve n. 16 del Servizio del bilancio del Senato, "Pacchetto di primavera del semestre europeo. Raccomandazioni per una risposta coordinata alla pandemia di coronavirus". Il presente paragrafo riprende alcuni contenuti di tale Nota breve.

[6]     COM(2020) 123 final, "sull’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita".

[7]     SWD(2020) 511 final. Per approfondimenti, v. la Nota breve n. 14 (marzo 2020) del Servizio del bilancio e del Servizio studi del Senato.

[8]     Presentano invece squilibri economici: Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia. Per squilibrio macroeconomico si intende "ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell'economia di uno Stato membro, dell'Unione economica e monetaria o dell'intera Unione," mentre gli squilibri eccessivi sono "squilibri gravi, compresi quelli che mettono o potrebbero mettere a rischio il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria".

[9]     European Economic Forecast, Winter 2020, Institutional Paper 121, febbraio 2020.

[10]   Nel 2018, solo il 25,7% di bambini di età inferiore a 3 anni erano inseriti in strutture formali di cura dell'infanzia, con ampie disparità regionali.

[11]   Rispetto al 2015, nel 2018 i risultati dell'Italia nell'indagine PISA (il programma OCSE per la valutazione internazionale degli studenti) sono rimasti sostanzialmente stabili in matematica e in lettura, ma sono peggiorati in scienze e variano a seconda del tipo di scuola: gli studenti liceali ottengono punteggi significativamente più alti rispetto agli iscritti all'istruzione professionale. Nel complesso, i risultati sono superiori alla media UE al nord e notevolmente peggiori al sud. Le disparità tra le regioni nei risultati dell'apprendimento sono marcate e aumentano proporzionalmente al livello di istruzione. In linea con i risultati della valutazione PISA 2018, le prove standardizzate INVALSI 2019 evidenziano risultati sensibilmente migliori al nord che al sud in italiano, matematica e inglese. Contribuiscono a questi risultati le differenze nel contesto socioeconomico degli studenti e le disparità regionali nei rendimenti dell'istruzione.

[12]   All'inizio dell'a.s. 2019/2020, era coperto solo il 50% dei posti disponibili. La carenza è più marcata in alcune regioni e per alcune materie, ad esempio le scienze. Nonostante vari tentativi di riforma, le procedure di selezione e assunzione degli insegnanti non garantiscono un'offerta sicura di docenti qualificati e adeguatamente formati.

[13]   Rispetto alla media UE, l'Italia riferisce una percentuale inferiore di laureati in scienze e ingegneria (12,2%, contro 15,5%).

[14]   L'interfaccia con le strategie di specializzazione intelligente (Smart Specialisation Strategies) può contribuire a superare lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze e istruzione. Alcuni progetti pilota sono in corso nella Regione Emilia Romagna e nella Provincia di Trento per collegare i programmi di studio per l'istruzione secondaria e terziaria agli ambiti delle strategie regionali di specializzazione intelligente.

[15]   Nel 2017 oltre un quinto del personale accademico aveva 60 anni o più e solo il 14% aveva meno di 40 anni.

[16]   L'80% dei diplomati degli Istituti tecnici superiori (ITS) trova lavoro entro un anno. Gli ITS restano tuttavia un fenomeno di nicchia, che interessa soltanto il 2% della popolazione studentesca. Per promuovere l'istruzione professionale di livello terziario, nelle università sono state avviate in via sperimentale le "lauree professionalizzanti". L'obiettivo è formare figure professionali altamente specializzate e dotate di un titolo di istruzione terziaria in edilizia e ambiente, ingegneria, energia e trasporti, in stretta collaborazione con le associazioni professionali. L'apertura di nuovi percorsi di istruzione terziaria, in particolare per i diplomati dell'istruzione secondaria di secondo grado a indirizzo IFP (istruzione e formazione professionale) potrebbe aiutare l'Italia a ridurre il tasso di abbandono scolastico e ad aumentare il tasso di istruzione terziaria.

[17]   Nel 2018 il 38,3% degli italiani tra i 25 e i 64 anni possedeva al massimo un titolo di istruzione secondaria di primo grado (a fronte di una media UE del 21,9%) e solo l'8,1% aveva avuto un'esperienza di apprendimento recente (11,1% nell'UE).

[18]   Nel 2017 la spesa pubblica per l'istruzione è stata tra le più basse dell'UE, sia in proporzione al PIL (3,8%) sia in rapporto alla spesa pubblica totale (7,9).

[19]   La spesa pubblica per R&S è in calo dal 2013, e nel 2018 ha raggiunto lo 0,5% del PIL, il secondo livello più basso tra i Paesi dell'UE. Sebbene la spesa per R&S delle imprese sia in aumento negli ultimi anni (nel 2018 ha raggiunto lo 0,86% del PIL), il livello rimane nettamente al di sotto della media dell'UE (1,41 %). La spesa più elevata si registra nell'Italia settentrionale. Le regioni che ottengono i migliori risultati (Piemonte, Emilia Romagna e provincia autonoma di Trento) spendono in ricerca e sviluppo oltre il triplo rispetto alla regione con le prestazioni peggiori, la Calabria (0,52% del PIL). Le politiche nazionali volte a promuovere la ricerca e l'innovazione tendono ad avvantaggiare il Nord.

[20]   % della popolazione di età compresa tra 18 e 24 anni.

[21]   % della fascia di età compresa tra i 4 anni e l’età di ingresso nella scolarità obbligatoria.

[22]   % degli studenti di 15 anni.

[23]   % della popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni.

[24]   % della popolazione di età compresa tra 30 e 34 anni.

[25]   % della popolazione di età compresa tra 20 e 34 anni.

[26]   % della popolazione di età compresa tra 20 e 34 anni.

[27]   I traguardi relativi all'Obiettivo n. 4 di riferimento sono:

§  4.1     garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell’educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti;

§  4.2     garantire entro il 2030 che ogni ragazza e ragazzo abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria;

§  4.3     garantire entro il 2030 ad ogni donna e uomo un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria - anche universitaria - che sia economicamente vantaggiosa e di qualità;

§  4.4     aumentare considerevolmente entro il 2030 il numero di giovani e adulti con competenze specifiche - anche tecniche e professionali - per l’occupazione, posti di lavoro dignitosi e per l’imprenditoria;

§  4.5     eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell’istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità;

§  4.6     garantire entro il 2030 che tutti i giovani e gran parte degli adulti, sia uomini che donne, abbiano un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo;

§  4.7     garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un'educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile;

§  4.a     costruire e potenziare le strutture dell’istruzione che siano sensibili ai bisogni dell’infanzia, alle disabilità e alla parità di genere e predisporre ambienti dedicati all’apprendimento che siano sicuri, non violenti e inclusivi per tutti;

§  4.b     espandere considerevolmente entro il 2020 a livello globale il numero di borse di studio disponibili per i Paesi in via di sviluppo, specialmente nei Paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati africani, per garantire l’accesso all’istruzione superiore - compresa la formazione professionale, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e i programmi tecnici, ingegneristici e scientifici -  sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo;

§  4.c     aumentare considerevolmente entro il 2030 la presenza di insegnanti qualificati, anche grazie alla cooperazione internazionale, per la loro attività di formazione negli stati in via di sviluppo, specialmente nei Paesi meno sviluppati e i piccoli stati insulari in via di sviluppo.

 

[28]   L'ultima rilevazione statistica disponibile risulta risalente a luglio 2019, La dispersione scolastica nell’anno scolastico 2016/2017 e nel passaggio all’anno scolastico 2017/2018, secondo la quale nella scuola secondaria di primo grado, nel passaggio tra cicli scolastici, e nella scuola secondaria di secondo grado, la dispersione scolastica ha avuto un andamento decrescente.

[29]   Nella richiamata Relazione viene evidenziata, tra l’altro, una scarsa integrazione tra politiche sociali e politiche attive del lavoro, la cui debolezza potrebbe ostacolare la componente di inserimento lavorativo del sistema.

[30]   Adottato con DM 28 giugno 2019, a seguito dell'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni, e aggiornato con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 22 maggio 2020, in corso di registrazione presso la Corte dei conti.

[31]   Il Governo rileva che al 1° marzo 2020, il 20 per cento dei percettori del Rdc (pari a 65.302  beneficiari) sono stati assunti; il 62 per cento circa dei contratti sottoscritti è risultato a tempo determinato e il 18 per cento a tempo indeterminato.

[32]   Nella richiamata Relazione si evidenzia, tra l’altro, che la carenza di misure volte alla promozione delle pari opportunità e dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata incide negativamente sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

[33]   Sul punto, l’Allegato VI al DEF 2020 relativo agli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), evidenzia come l’indicatore relativo al tasso di mancata partecipazione al lavoro (TMP) si sia ridotto nel 2019 (-0,8 punti percentuali), con conseguente restringimento del divario di genere; dalla scomposizione per genere dell’indicatore emerge infatti che lo scorso anno si è registrato un miglioramento sia per le femmine che per i maschi, rispettivamente -1,0 punti percentuali e -0,7 punti percentuali.

[34]   Dagli ultimi dati Eurostat relativi al 2019 emerge che il tasso di occupazione femminile in Italia è del 53,8%, rispetto al 73,4% di quello maschile.

[35]   Nelle premesse alle Raccomandazioni, il Consiglio rileva che “la riforma inizialmente prevista del quadro di contrattazione collettiva mirava ad allineare maggiormente le retribuzioni alle condizioni economiche a livello regionale e aziendale. Nel marzo 2018 Confindustria ha firmato un accordo quadro con i tre principali sindacati italiani (Cgil, Cisl e Uil) per ampliare la contrattazione di secondo livello. Inoltre, l'accordo aumenta la certezza del diritto stabilendo regole più chiare per la rappresentanza delle parti sociali nei negoziati e introduce un algoritmo migliorato per la fissazione dei minimi salariali. Il primo accordo di attuazione in materia di rappresentanza, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è stato firmato a fine 2018 dall'associazione dei datori di lavoro e dai tre principali sindacati”.

[36]   In proposito, vengono riportati i dati relative agli effetti di tali misure, in base ai quali, “ad aprile 2020, i contratti aziendali e territoriali vigenti ammontavano a 11.142. Sul totale, l’incidenza della contrattazione aziendale era del 76 per cento, contro il 24 per cento della contrattazione territoriale. Riguardo alle finalità (che possono anche coesistere nello stesso contratto), circa 8.600 contratti si proponevano di raggiungere obiettivi di produttività, 6.300 prevedevano misure di welfare aziendale e 1.300 circa un piano di partecipazione. 1.800 contratti circa sono validi sia ai fini della detassazione, sia della decontribuzione; di questi 800 circa sono validi solo ai fini della decontribuzione. I lavoratori coinvolti dalla contrattazione decentrata ammontavano a 2,5 milioni2, di cui solo il 12 per cento circa era coperto dalla contrattazione territoriali”.

[37]   Il Consiglio UE, in data 19 maggio 2020, ha adottato il Regolamento che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza (SURE - Support to mitigate unemployment risks in emergency) a seguito della pandemia di Covid-19.

In particolare, il suddetto strumento è diretto a consentire all'Unione di concedere assistenza finanziaria per un importo fino a 100 miliardi di euro in forma di prestiti dell'Unione agli Stati membri colpiti.

La  passività potenziale derivante da tali prestiti dell'Unione sarà resa compatibile con i vincoli di bilancio dell'UE mediante garanzie degli Stati membri al bilancio dell'Unione, pari al 25% dei prestiti concessi, prestata da ogni Stato membro in linea con la propria quota sul totale del reddito nazionale lordo dell'Unione. Lo strumento SURE garantirà un'assistenza finanziaria aggiuntiva, integrando così le misure nazionali e le  sovvenzioni normalmente erogate per tali scopi nel quadro del Fondo sociale europeo.

[38]   Nella richiamata Relazione si sottolinea che le politiche sociali rimangono scarsamente integrate con altre politiche, comprese le politiche attive del mercato del lavoro Nel 2019 il reddito di cittadinanza ha sostituito il precedente regime di sostegno al reddito per combattere la povertà, ma ulteriori sforzi sono necessari per attirare le persone verso il mercato del lavoro e per migliorare l'inserimento lavorativo e l'inclusione sociale.

[39]   Si ricorda che una prima regolamentazione del lavoro attraverso piattaforma digitale è contenuta nel D.L. 101/2019 che annovera tra i rapporti di collaborazione cui si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche quelli in cui le modalità di esecuzione della prestazione sono organizzate mediante piattaforme anche digitali, nonché una disciplina volta a garantire livelli minimi di tutela a quei lavoratori (cosiddetti riders) che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui.

[40]   L’articolo 103 del decreto-legge 34/2020 (c.d. Rilancio) introduce due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura (ovvero nella cura della persona e nel lavoro domestico).

Con la prima i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.

La seconda consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui al comma 3, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall'Ispettorato nazionale del lavoro. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto.

In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall'8 marzo 2020.

[41]   A.C. 2561 “Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia”

[42]   Art. 1, co. 446-448 L. 160/2019: l’abolizione del superticket sconterà effetti finanziari di maggiore spesa per 165 milioni e 494 milioni annui dal 2021 e di minore entrata per 185 milioni nel 2020 e 554 milioni annui dal 2021.

[43]   Art. 1, comma 463, L. 160/2019, con effetti onerosi pari a 1 milione di euro annui dal 2020.

[44]   Risorse ulteriori rispetto agli incrementi già previsti dalla legge di Bilancio per il 2020 che aveva già programmato maggiori spese pari a 2 miliardi per il 2020 e 1,5 miliardi per il 2021.

[45]   Art. 18 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (L. 27/2020).

[46]   L’art. 5 del decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18 (L. 27/2020), in particolare, ha autorizzato il Commissario straordinario per l’attuazione ed il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 ad erogare finanziamenti in favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, per una spesa di 50 milioni di euro per il 2020.

[47]   In proposito, le risorse per l'edilizia sanitaria, appostate in un unico programma (al cap. 7464) dello stato di previsione del MEF, ammontano a 30 miliardi in base all’'autorizzazione di spesa di cui alla legge finanziaria per il 1988 (articolo 20, comma 1, L. n. 67 dell'11 marzo 1988).

[48]   In proposito, l’articolo 8, comma 5-bis del DL. Rilancio (DL. 34/2020) ha previsto speciali accordi tra regioni e  associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, nell’ambito dei limiti della spesa farmaceutica programmata, per la distribuzione dei medicinali ordinariamente distribuiti dalle strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale (anche successivamente al periodo di emergenza sanitaria), comprendendo l’erogazione dei medicinali necessari sia al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, sia al periodo immediatamente successivo alla dismissione dal ricovero ospedaliero.

[49]   L’articolo 25, commi da 4-duodecies a 4-quinquiesdecies del D.L. n. 162/2019 (L. n. 8/2020) ha, tra l’altro, previsto un contributo sotto forma di credito d’imposta, per i policlinici universitari non costituiti in azienda, per gli anni dal 2020 al 2023, con uno stanziamento per la misura pari a 5 milioni per il 2020 e 10 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, subordinatamente alla condizione tali enti si avvalgano di personale assunto a tempo indeterminato in misura non inferiore all’85 per cento del personale in servizio. L’art. 25-bis ha inoltre previsto la concessione di un contributo di 2 milioni per l’aggiornamento del Piano di sviluppo dell’unità per alto isolamento dell'Istituto nazionale per le malattie infettive 'Lazzaro Spallanzani' di Roma.

[50]   Per approfondimenti si rinvia al Dossier n.104/1 del Servizio studi del Senato, "Il processo di attuazione del regionalismo differenziato", marzo 2019.

[51]   Si tratta delle seguenti materie: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni; commercio con l'estero;       tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio;  porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;  valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;  enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

[52]   Tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; Tutela della salute; Istruzione; Tutela del lavoro; Rapporti internazionali e con l'Unione europea.

[53]   I negoziati per l'attuazione del regionalismo differenziato sono stati attivati anche con altre regioni: Liguria, Toscana, Piemonte, Marche e Umbria. Si veda in proposito l'intervento del Ministro per gli affari regionali in occasione dell'illustrazione delle linee programmatiche in materia di autonomie regionali resa dinanzi alle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato il 18 settembre 2019.

[54]   Si rinvia in proposito alle richiamate procedure informative parlamentari.

[55]   Come testimonia la mancata definizione dei LEP per le materie già regionali, ad eccezione della sanità.

[56]   La citata disposizione impegna lo Stato a destinare risorse aggiuntive e interventi speciali in favore degli enti territoriali per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

[57]   In particolare, la legge n.42 del 2009 (delega al Governo in materia di federalismo fiscale), all'art. 22 ("Perequazione infrastrutturale") prevede che, in sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia, d'intesa con i Ministri competenti per materia, predisponga una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali e aeroportuali e che in esito alla ricognizione siano definiti interventi nelle aree sottoutilizzate finalizzati al recupero del deficit infrastrutturale, da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Per approfondimenti, si veda il Dossier del Servizio studi del Senato n.262 "Il riconoscimento degli svantaggi naturali derivanti dall'insularità (A.S. n. 865)".

[58]   Nella seduta del 12 febbraio 2020.

[59]   Nella seduta del Seduta n. 22 del 13 novembre 2019.

[60]   Nel 2019 l'Italia è salita dal 19° al 18° posto nella classifica delle dimensioni dei servizi pubblici digitali dell'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (Digital Economy and Society Index - DESI).

[61]   L’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei è stato adottato il 29 ottobre alla Commissione europea.

[62]   Cfr. La Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree interne, di dicembre 2018.

[63]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[64]   Si ricorda che al perseguimento delle finalità strategiche dei Fondi UE 2014-2020, come previsto dalla legge di stabilità 2014 e dall’Accordo di Partenariato, concorrono anche gli interventi attivati a livello nazionale e complementari alla programmazione europea per un ammontare complessivo di 7,4 miliardi, finanziati con le risorse del Fondo di Rotazione di cui alla L. 183/1987. Accanto ai fondi UE, l’Italia dispone, per la politica di coesione, del Fondo Sviluppo e Coesione (ex FAS) che, attraverso risorse nazionali aggiuntive, attua l’obiettivo costituzionale di “rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio della persona”.

[65]   Le risorse dei Fondi strutturali - FESR e FSE - sono assegnate per categoria di regione in base al livello di PIL pro-capite rispetto alla media UE-28:

-    Regioni meno sviluppate: con un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea;

-    Regioni in transizione: con un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media europea;

-    Regioni più sviluppate: con un PIL pro capite superiore al 90% della media europea.

[66]   Per i dati di attuazione aggiornati al 30 aprile 2020, si veda il Bollettino pubblicato il 6 luglio 2020.

[67]   Sotto il profilo delle dotazioni tecnologiche di sicurezza allo stato è dotata del Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT) su circa il 73% della sua lunghezza, di sistemi di supporto alla guida (SSC) su circa il 24% della sua estensione, ed ancora, sulle linee AV/AC (circa il 4% del totale), del sistema ERTMS (European Rail Traffic Management System), che costituisce l’attuale standard europeo interoperabile di gestione del traffico ferroviario. Tuttavia, sono ancora in esercizio, in particolare nelle ferrovie regionali e isolate, sistemi di comando e controllo in cui la logica della sicurezza è demandata alla componente umana senza il supporto di tecnologie che attuino funzioni di protezione automatica con elevati livelli di affidabilità.

[68]   Il documento riconosce come le aree del Paese che “non hanno goduto della connessione al nuovo sistema  si  sono  viste penalizzare,  quanto  meno  in  termini  relativi:  è  il  caso,  ad esempio, dei grandi centri rimasti ai margini della rete (come ad esempio Genova), ma  anche  delle  città  medie  “saltate”  dalle  nuove  linee  (come  Parma,  Modena, Arezzo), e più in generale dei numerosi sistemi urbani policentrici che conoscono ancora rilevanti difficoltà di interconnessione con i sistemi principali (come il Veneto, la Puglia e l’intera direttrice Adriatica e parte della direttrice Tirrenica sud)”.