Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2018
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 3
Data: 08/10/2018
Organi della Camera: V Bilancio

NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA

E FINANZA 2018

 

Doc. LVII, n. 1-bis

 

 

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Documentazione di finanza pubblica n. 3

 

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DFP003.docx

INDICE

Premessa.. 3

1. Il quadro macroeconomico.. 7

1.1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro. 7

1.2. Recenti andamenti dell’economia italiana. 13

1.3. Il quadro macroeconomico nazionale. 17

1.3.1. Lo scenario tendenziale. 18

1.3.2 Il quadro macroeconomico programmatico. 27

2. La finanza pubblica.. 29

2.1 Analisi del consuntivo e delle previsioni a legislazione vigente. 29

2.1.1 I saldi della p.a. 29

2.1.2 Le entrate. 38

§  Valutazione degli incassi derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale  43

2.1.3 Le spese. 44

§  La spesa per interessi 49

2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica. 52

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012. 53

2.4 I saldi di finanza pubblica. 59

2.5 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa. 66

2.6 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento. 69

2.7 L’evoluzione del rapporto debito/PIL.. 75

2.8 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 78

3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo   81

I. Politiche di bilancio, fiscalità, investimenti pubblici 84

II. Giustizia, sicurezza, pubblica amministrazione, concorrenza. 99

III. Settore bancario. 115

IV. Mercato del lavoro, Welfare, spesa sociale, innovazione, istruzione e ricerca  118

4. Approfondimenti 145

4.1 Il rapporto programmatico sulle spese fiscali 145

4.2 Il Rapporto sui risultati della lotta all'evasione fiscale. 154

 


Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

L’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009, come modificato dalla legge n.163 del 2016[1] prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

§  l'eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento;

§  l'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

§  le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR;

§  l'obiettivo di saldo netto da finanziare (SNF) del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

§  l'indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici;

Tale disposizione, inserita dall’articolo 1, comma 7, lettera b) della legge n.163/2016, costituisce una delle modifiche più significative apportate dalla legge medesima ai contenuti della NADEF, finalizzata ad esporre nel Documento una prima informazione in ordine ai contenuti ed alla composizione della manovra che verrà poi operata con la legge di bilancio.

§  l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 (NADEF 2018) aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2019-2021 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile (DEF 2018).

Alla Nota di aggiornamento risultano allegati:

§  le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali (Doc.LVII, n.1-bis – Allegato I, Volume 1° e Volume 2°) ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell'art. 10?bis della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009;

§  il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali, ai sensi dell'art. 10 bis, comma 5, della legge di contabilità n. 196/2009 medesima (Doc. LVII, n. 1-bis - Allegato II);

§  il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ai sensi dell’articolo 10-bis.1, comma 1, della predetta legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 1-bis - Allegato III);

§  la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, predisposta ai sensi del comma 3 del citato articolo 10-bis1 (Doc. LVII, n. 1-bis - Allegato IV).

 

È altresì presentata, in concomitanza con la Nota di aggiornamento del DEF, la Relazione al Parlamento redatta ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n.243/2012, (Doc. LVII, n. 1-bis – Annesso), che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale (MTO[2]).

 

L’articolo 81 della Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale n.1/2012) prevede che “Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico (comma 1). Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali (comma 2).

In attuazione delle nuove disposizioni costituzionali sul pareggio di bilancio, l'articolo 6, comma 5, della legge n.243 del 2012 dispone che eventuali scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali (quali gravi recessioni economiche, gravi crisi finanziarie, gravi calamità naturali) e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti (comma 3,) indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine. Il Piano di rientro può essere aggiornato, oltre che al verificarsi di eventi eccezionali ulteriori rispetto a quelli che hanno determinato l’adozione del Piano medesimo, anche qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche (comma 5).

In riferimento a tale Relazione (per la quale si rinvia a quanto più diffusamente illustrato nell’apposito paragrafo del presente dossier[3]) va rammentato che, come anche riportato nelle premesse delle Raccomandazioni per l’Italia sul programma di stabilità 2018, approvate dal Consiglio UE lo scorso 13 luglio[4], l'Italia è attualmente sottoposta al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita[5], ed è soggetta alla regola del debito.

Nella Relazione il Governo rileva come la politica di bilancio, “pur condividendo l’obiettivo della riduzione del debito pubblico in rapporto al PIL, prevede un diverso percorso di aggiustamento del saldo strutturale rispetto a quanto previsto nel documento programmatico dello scorso settembre”. In particolare, sulla base di un approccio che “combina responsabilità fiscale e stimolo alla crescita”, il Governo prevede un indebitamento netto nominale del 2,4 per cento del PIL nel 2019, del 2,1 per cento nel 2020 e dell’1,8 per cento nel 2021, con un incremento dell’indebitamento netto strutturale dello 0,8 per cento nel 2019 (1,7%, a fronte dello 0,9 nel 2018) e una variazione nulla negli anni 2020 e 2021. In questo quadro il percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Termine (pareggio strutturale di bilancio), il cui raggiungimento era previsto nel 2020, viene rinviato, secondo un principio di gradualità, agli anni successivi (senza indicare l’anno in cui è previsto il raggiungimento), quando la crescita si sarà consolidata e il tasso di crescita del PIL reale e il tasso di disoccupazione saranno tornati ai livelli pre-crisi.

 

Per quanto concerne, infine, i disegni di legge collegati, la Nota dichiara collegati alla decisione di bilancio i seguenti provvedimenti:

§  Disegno di legge recante misure a favore delle start up innovative (c.d. Fondo venture capital per start up innovative);

§  Disegno di legge recante misure a favore dei soggetti coinvolti dalla crisi del sistema bancario (c.d. Fondo ristoro a favore dei soggetti truffati);

§  Disegno di legge recante l’introduzione del reddito di cittadinanza e la riforma dei centri per l’impiego;

§  Disegno di legge recante introduzione di misure fiscali agevolate per le società che riducono le emissioni inquinanti (c.d. Ires verde);

§  Disegno di legge recante misure per il dissesto e il riequilibrio finanziario degli enti locali;

§  Disegno di legge recante interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo;

§  Disegno di legge di delega al Governo per il riordino della materia dello spettacolo e per la modifica del codice dei beni culturali;

§  Disegno di legge delega di riordino del settore dei giochi;

§  Disegno di legge recante disposizioni in materia di ordinamento sportivo e di professioni sportive;

§  Disegno di legge recante disposizioni in materia di istruzione, università, alta formazione artistica, musicale e coreutica, ricerca e attività sportiva scolastica e universitaria, nonché di riassetto, semplificazione e codificazione della normativa dei medesimi settori.;

§  Disegno di legge recante disposizioni per la modernizzazione e l'innovazione nei settori dell'agricoltura, dell'agroalimentare, del turismo e dell'ippica;

§  Disegno di legge delega recante disposizioni per la riforma del Codice del Lavoro.

 

 


1. Il quadro macroeconomico

La Nota di aggiornamento del DEF 2018 presenta una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il triennio successivo rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione dei segnali di rallentamento dell’economia italiana emersi nella prima parte del 2018, in corrispondenza di un indebolimento del commercio mondiale e della produzione industriale.

1.1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

Lo scenario macroeconomico internazionale illustrato nella Nota evidenzia una crescita dell’economia nel 2018 meno diffusa e solida di quanto ipotizzato ad aprile, in conseguenza del rallentamento del ciclo economico dei primi sei mesi dell’anno.

Nella prima metà del 2018, infatti, la ripresa dell’economia internazionale è stata meno omogenea e sincronizzata rispetto allo scorso anno, con rallentamenti in alcune economie avanzate. Anche tra le economie emergenti le prospettive di crescita stanno diventando più disomogenee.

Tra le economie avanzate, soltanto l’economia degli Stati Uniti ha proseguito su un sentiero di sviluppo sostenuto e diffuso a tutte le componenti della domanda, registrando nel secondo trimestre una robusta accelerazione (+4,2 per cento dopo), favorita da una politica fiscale accomodante, da tassi di interesse ancora bassi, da una dinamica molto positiva del mercato del lavoro e da un solido clima di fiducia dei consumatori.

Il Giappone e l’Eurozona manifestano invece minore dinamicità rispetto agli Stati Uniti. In Giappone, il PIL, dopo il calo congiunturale dello 0,2 per cento nel primo trimestre del 2018, sembra aver recuperato un certo dinamismo, mostrando una crescita congiunturale dello 0,5 per cento nel secondo trimestre. Il rischio più significativo per le prospettive del paese è rappresentato dall’intensificarsi del protezionismo, che potrebbe gravare sulle esportazioni anche attraverso le catene del valore asiatiche.

L’Area dell’Euro ha registrato una crescita congiunturale in decelerazione rispetto alla seconda metà del 2017 (+0,4 per cento nei primi due trimestri dell’anno rispetto allo +0,7% registrato nella fase finale dello scorso anno). La maggior parte degli indicatori congiunturali europei suggerisce, inoltre, che la crescita rimarrà su ritmi relativamente modesti nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda le economie emergenti, in Cina e in India la crescita è rimasta elevata, mentre si è attenuata in Brasile. L’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti nel corso del 2018 e le tensioni commerciali rappresentano i principali fattori di rischio per questi mercati.

Il quadro delle variabili esogene sottostanti la Nota di aggiornamento risulta dunque, nel complesso, meno favorevole rispetto a quello presentato nel DEF.

Si rileva, in particolare, un indebolimento della domanda mondiale che determina una revisione al ribasso della crescita ipotizzata per il commercio internazionale sia nel 2018 che nel 2019 (rispettivamente di 1,0 e di 0,5 punti percentuali rispetto a quanto prospettato in primavera), a causa dell’intensificarsi delle misure protezionistiche, cui segue una stabilizzazione nel biennio 2020-2021.

Si prevede inoltre un graduale incremento del prezzo del petrolio. L’intenzione, annunciata lo scorso 22 giugno dai paesi OPEC di aumentare l’offerta di petrolio per stabilizzare le quotazioni non ha ancora avuto un significativo impatto sul livello dei prezzi, per cui nel nuovo quadro internazionale il prezzo medio annuo del petrolio è rivisto al rialzo per l’intero arco previsivo.

Per quanto riguarda le prospettive sul tasso di cambio dollaro/euro, la curva dei tassi a termine indica un moderato e costante apprezzamento relativo dell’euro nei prossimi anni, poiché il mercato sconta una graduale diminuzione del differenziale tra i tassi d’interesse del dollaro e dell’euro. Il tasso di cambio dollaro/euro utilizzato per la previsione è più debole rispetto a quanto previsto nel DEF.

Tabella 1. Esogene internazionali

(variazioni percentuali)

 

2017
Cons.

2018

2019

2020-2021

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

Commercio mondiale

4,7

4,9

3,9

4,4

3,9

3,8

3,8

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

54,2

65,0

72,6

61,2

73,8

57,7

69,3

Cambio dollaro/euro

1,13

1,23

1,19

1,23

1,16

1,23

1,16

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2018 (settembre 2018).

Il profilo della revisione delle variabili esogene è coerente con le valutazioni espresse dai principali istituti previsori che ipotizzano un rallentamento della crescita negli anni a venire ed un intensificarsi dei rischi al ribasso.

Secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook (WEO) Update di luglio 2018, si prevede una crescita del PIL mondiale al 3,9 per cento nel 2018 e nel 2019 (invariata rispetto a quanto previsto in primavera nel WEO di aprile).

Le più recenti previsioni dell’OCSE, diffuse nell’Interim Economic Outlook del 20 settembre, ipotizzano una crescita globale leggermente meno sostenuta nel biennio 2018-2019 (3,7 per cento).

Tabella 2. PIL mondiale

(variazioni percentuali)      

 

2017

2018

2019

FMI - luglio 2018

3,7

3,9

3,9

OCSE –settembre 2017

3,6

3,7

3,7

      Fonte: FMI, WEO Update (luglio 2018); OCSE, Interim Economic Outlook (20 settembre 2018).

Il FMI, nel WEO Update di luglio 2018, conferma la fase di crescita dell’economia globale, sottolineando tuttavia come la crescita abbia ormai raggiunto il picco in alcune economie e stia diventando meno sincronizzata tra i paesi. L’invarianza delle previsioni di crescita globale per il 2018 e 2019 rispetto al WEO di aprile sottende, dunque, prospettive molto diversificate tra le economie. Tra le economie avanzate, le divergenze di crescita tra gli Stati Uniti da un lato, e l'Europa e il Giappone dall'altro, si stanno allargando: le proiezioni di crescita per l'area dell'euro, il Giappone e il Regno Unito sono state riviste al ribasso, influenzate dalle sorprese negative sull'attività all'inizio del 2018. Anche tra le economie emergenti e in via di sviluppo le prospettive di crescita stanno diventando più disomogenee, riflettendo le influenze combinate dell'aumento dei prezzi del petrolio, maggiori rendimenti negli Stati Uniti, l'apprezzamento del dollaro, le tensioni commerciali e il conflitto geopolitico.

Nel complesso, i rischi per le prospettive stanno aumentando. I possibili fattori scatenanti includono crescenti tensioni e conflitti commerciali, preoccupazioni geopolitiche e crescente incertezza politica. In particolare, gli aumenti tariffari annunciati di recente e previsti dagli Stati Uniti e le misure di ritorsione da parte dei partner potrebbe deprimere le prospettive di crescita a medio termine. L'incertezza politica, anche nel contesto delle elezioni imminenti o delle loro immediate conseguenze in diversi paesi, potrebbe scoraggiare gli investimenti privati e indebolire l'attività economica. I rischi geopolitici e il conflitto interno stanno pesando sulle prospettive in diverse economie, in particolare in Medio Oriente e nell'Africa subsahariana.

Anche l’OCSE, nell’Interim Economic Outlook del settembre 2018 prevede l'intensificarsi dei rischi al ribasso. La crescita nella prima metà del 2018 è rimasta solida ma è diventata meno ampia, con prospettive divergenti tra le principali economie. Le crescenti tensioni commerciali e l'accentuata incertezza della politica commerciale hanno rallentato la crescita del commercio mondiale (la crescita del volume degli scambi globali si è ridotta a circa il 3% nella prima metà del 2018, dal 5% nel 2017). La crescita del prodotto rimane generalmente pari o superiore ai tassi tendenziali stimati nella maggior parte delle economie avanzate, nonostante una moderazione più rapida del previsto in alcuni. Un allentamento fiscale consistente sta contribuendo a stimolare la crescita a breve termine negli Stati Uniti, ma le sorprese negative per la crescita in Europa sono durate più a lungo del previsto, in parte a causa dei rallentamenti derivanti dalla domanda esterna più debole. Anche gli sviluppi nelle principali economie emergenti stanno diventando più divergenti, con un rallentato in alcuni paesi, tra cui il Brasile, che devono far fronte a forti pressioni sui mercati finanziari e incertezza sulle riforme future. Nel complesso, l'intensificarsi dei rischi al ribasso suggeriscono che la crescita globale è destinata a rallentare, stabilizzandosi intorno al 3,7% nel 2018 e 2019, circa ¼ di punto percentuale in meno rispetto a quanto previsto a maggio, con revisioni al ribasso nella maggior parte dei paesi del G20.

 

Nel complesso, la Nota rileva come per i prossimi anni, i rischi associati a un deterioramento ulteriore del quadro internazionale restano elevati, rappresentati principalmente da crescenti tendenze protezionistiche. Le misure in tema di commercio estero annunciate e attuate dagli Stati Uniti a partire dai primi mesi dell’anno e le contromisure adottate dai partner commerciali coinvolti hanno certamente aumentato le probabilità di una escalation protezionistica, che potrebbe deprimere le prospettive di crescita mondiale, deteriorando il clima di fiducia delle imprese e frenando gli investimenti. L’acuirsi delle tensioni commerciali potrebbe inoltre influire sui premi a rischio dei titoli azionari, innescando ribilanciamenti di portafoglio, maggiore volatilità nel mercato dei cambi e riducendo l’afflusso di capitali nei mercati emergenti.

Elevati restano anche altri fattori di rischio globale, come la volatilità delle quotazioni del petrolio e l’incertezza relativa alla Brexit.

La Nota sottolinea peraltro, tra i fattori potenzialmente in grado di innescare condizioni globali più favorevoli di quanto atteso, il protrarsi del ciclo globale positivo degli investimenti e del manifatturiero ed eventuali spillover positivi dovuti alla politica fiscale espansiva degli Stati Uniti.

 

Il commercio mondiale nella prima metà del 2018

Secondo i dati FMI, l’incremento delle misure di natura protezionistica avvenuto a partire dal 2012 rappresenta una delle cause del rallentamento del commercio mondiale di beni e servizi che, nel quinquennio 2012-2016. Nel quinquennio in esame, in base ai dati del FMI, gli scambi commerciali di beni e servizi in volume sono cresciuti di circa il 3 per cento annuo, quasi la metà rispetto alla media degli ultimi trenta anni (+5,8 per cento).

Nella prima metà del 2018, la deriva protezionistica si è accentuata a causa delle nuove barriere tariffarie all’import introdotte dagli Stati Uniti che hanno comportato, come consentito dalla regolamentazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), l’introduzione di dazi compensativi da parte dei partner commerciali coinvolti, innescando la cd. “guerra dei dazi

Una diffusione più ampia delle tensioni commerciali rappresenta uno dei maggiori rischi al ribasso per l’economia mondiale. In particolare, le nazioni con legami commerciali più stretti con Cina e Stati Uniti sarebbero quelle maggiormente colpite e la partecipazione alle catene globali del valore potrebbe amplificare gli effetti negativi.

 

Per ciò che concerne specificamente l’Area dell’Euro, la Nota sottolinea come lo sfasamento nell’intonazione delle politiche di bilancio sia stato una delle determinanti della minore dinamicità dell’Eurozona rispetto agli Stati Uniti negli ultimi trimestri.

I più recenti dati congiunturali, riportati dalla Nota, indicano una crescita del PIL dell’Area nei primi due trimestri dell’anno in corso dello 0,4 per cento – in decelerazione rispetto allo 0,7 per cento della seconda metà del 2017, sostenuta ancora dal contributo positivo dei consumi delle famiglie e degli investimenti fissi.

Nel Comunicato EUROSTAT del 7 settembre 2018, la crescita nel secondo trimestre mostra andamenti differenziati tra i vari Paesi dell’Area. La crescita del PIL reale è aumentata sul trimestre precedente nei Paesi baltici, nei Paesi bassi e in Germania. In leggero rallentamento la Spagna (+0,6% dopo lo 0,7% del primo trimestre). La crescita più bassa è stata osservata in Danimarca, Grecia, Francia (tutti + 0,2%) e in Italia (+0,2% dopo lo 0,3% del trimestre precedente).

Figura 1. Incremento del PIL dei paesi europei nel secondo trimestre del 2018

      Fonte: Eurostat, Newsrelease Euroindicators – n. 139/2018 – 7 settembre 2018

La maggior parte degli indicatori congiunturali europei suggerisce inoltre - riporta la Nota - che la crescita rimarrà su ritmi relativamente modesti anche nei prossimi mesi dell’anno, sulla scia dell’indebolimento del commercio mondiale.

Coerentemente con tale dinamica – riporta la Nota - la politica monetaria dell’area rimarrà espansiva. Sebbene la BCE preveda di terminare il quantitative easing entro la fine dell’anno, i primi aumenti dei tassi d’interesse di policy dovrebbero essere introdotti  non prima della seconda metà del 2019. Le condizioni monetarie sono destinate comunque a restare accomodanti, grazie alla politica di reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli di Stato in scadenza. Tale decisione è coerente con un’inflazione ancora moderata, soprattutto con riferimento alla componente di fondo (1,0 per cento tendenziale in agosto, contro 2,0 per l’indice dei prezzi al consumo complessivo).

Il relazione alle prospettive di crescita dell’Area dell’euro, le proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della Banca Centrale Europea a inizio settembre[6], indicano un incremento del PIL in termini reali per l’area del 2,0 per cento nel 2018, dell’1,8 nel 2019 e dell’1,7 per cento nel 2020.

Queste previsioni scontano una leggera revisione al ribasso per il 2018 e il 2019 (nell’ordine di circa -0,1 punti percentuali) rispetto a quanto ipotizzato dalla BCE a giugno. Ciò in quanto si ritiene, in via generale, che il contributo inferiore al previsto che sarà fornito dal commercio netto, a causa del rallentamento della domanda esterna e del rafforzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro, non riuscirà ad essere pienamente compensato dalle migliori prospettive per la domanda interna, derivanti dai minori tassi sui prestiti e dalle misure di stimolo fiscale.

La BCE conferma il perdurare di un’espansione generalizzata dell’economia nell’area dell’euro, anche se le incertezze a livello internazionale hanno mitigato le prospettive a breve termine. Tuttavia la crescita del PIL in termini reali dovrebbe indebolirsi lievemente nell’orizzonte temporale di proiezione con il progressivo esaurirsi di alcuni andamenti favorevoli. Il rallentamento della domanda esterna frenerebbe la dinamica delle esportazioni nel 2018 e nel 2019. L’occupazione dovrebbe decelerare sostanzialmente nel 2019 e nel 2020, per motivi in gran parte connessi all’acuirsi della carenza di manodopera in alcuni paesi. I consumi privati dovrebbero invece continuare a evidenziare una buona tenuta, grazie alle condizioni favorevoli del credito bancario, rafforzate dalle misure di politica monetaria della BCE, e ai progressi realizzati nella riduzione della leva finanziaria. Gli investimenti delle imprese beneficerebbero di condizioni di finanziamento favorevoli, dell’aumento della redditività delle imprese e del vigore della domanda. Nel complesso, i rischi per le prospettive di crescita nell’area euro, legati alle incertezze connesse al crescente protezionismo, alle vulnerabilità nei mercati emergenti e alla volatilità sui mercati finanziari, hanno assunto maggior rilevo di recente ma sono ritenuti dalla BCE sostanzialmente bilanciati (Bollettino Economico n. 6 del 27 settembre 2018).

 

Analoghe previsioni sono espresse dai principali istituti internazionali, che pur sottolineando il rallentamento della crescita nell'area dell'euro dall'inizio del 2018, stimano una crescita dell’area intorno al 2%.

L’OCSE, nell’Interim di settembre, indica una crescita dell’area al 2% nel 2018 e all’1,9% nel 2019 (con una revisione di -0,2 punti percentuali in ciascun anno). La crescita è destinata a rimanere solida in Germania, con un allentamento fiscale e un maggior consumo delle famiglie che compensano l'impatto della domanda esterna debole, e in Francia, dove l'impatto delle recenti riforme fiscali e del mercato del lavoro sta migliorando le prospettive di lavoro e supportando gli investimenti. Più contenuta la crescita in Italia, con incertezze sulle scelte politiche, tassi d'interesse più elevati e una creazione di posti di lavoro più lenta che frenano la spesa delle famiglie.

Previsioni al ribasso sono espresse anche dal FMI, nel WEO Update di luglio, che prevede un graduale rallentamento della crescita dell'area dell'euro, dal 2,4% del 2017 al 2,2% nel 2018 e all'1,9% nel 2019 (con una revisione di -0,2 punti percentuali per il 2018 e di 0,1 punti per il 2019 rispetto al WEO di aprile). Le previsioni sono riviste al ribasso per Germania e Francia, a seguito dei rallentamenti nel primo trimestre, e per l’Italia, dove si prevede che maggiori spread sovrani e condizioni finanziarie più rigide sulla scia della recente incertezza politica peseranno sulla domanda interna.

Per la Commissione europea (Summer Forecast di luglio) la crescita nella zona euro dovrebbe continuare con tassi del 2,1% nel 2018 e del 2% il prossimo anno (-0,2 punti percentuali rispetto alla previsione di primavera). La riduzione della crescita è – secondo la Commissione – per lo più il risultato di fattori temporanei, anche se le crescenti tensioni commerciali, l'aumento dei prezzi petroliferi e l'incertezza politica in alcuni Stati membri potrebbero aumentare i rischi al ribasso. La tabella che segue indica le stime di crescita più aggiornate per i principali paesi dell’Area euro, nonché per USA e Giappone.

Tabella 3. Previsioni di crescita del PIL nei Paesi dell’area Euro

(variazioni percentuali)            


 

2017

UE –Summer forecast
luglio 2018

FMI -WEO Update
luglio 2018

OCSE Interim
settembre 2018

2018

2019

2018

2019

2018

2019

Italia

1,6

1,3

1,1

1,2

1,0

1,2

1,1

Francia

1,8

1,7

1,7

1,8

1,7

1,6

1,8

Germania

2,2

1,9

1,9

2,2

2,1

1,9

1,8

Area euro

2,4

2,1

2,0

2,2

1,9

2,0

1,9

Regno Unito

1,8

1,3

1,2

1,4

1,5

1,3

1,2

USA

2,3

2,9*

2,7*

2,9

2,7

2,9

2,7

Giappone

1,7

1,3*

1,1*

1,0

0,9

1,2

1,2

* Previsioni di maggio 2018 (UE, Spring Economic Forecasts 2018)

1.2. Recenti andamenti dell’economia italiana

Relativamente all’anno in corso, la Nota mette in rilievo l’indebolimento della ripresa dell’economia italiana nei primi mesi del 2018, in virtù di un contesto di crescita meno dinamica a livello europeo e globale, che emerge dai più recenti indicatori congiunturali.

Nella prima metà del 2018 il PIL reale è aumentato a un ritmo congiunturale inferiore alle attese, con un tasso di crescita dello 0,3% nel primo trimestre e in decelerazione allo 0,2 per cento nel secondo trimestre.

Il rallentamento della crescita è ascrivibile – sottolinea la Nota - principalmente al venir meno del contributo positivo del settore estero, che aveva invece supportato la ripresa nel 2017.

Sul calo delle esportazioni – spiega la Nota - hanno probabilmente inciso, oltre al rallentamento del commercio mondiale e all’apprezzamento dell’euro di inizio anno, anche l’incertezza generata dalla politica commerciale statunitense, volta all’inasprimento delle tariffe gravanti sugli scambi sia con i partner asiatici, in particolare la Cina, sia con i paesi europei. La distribuzione geografica delle esportazioni italiane può inoltre aver inciso negativamente nella recente fase ciclica.

Il calo dell’export è stato particolarmente accentuato in mercati e prodotti che sono stati oggetto di politiche commerciali e industriali di stampo protezionistico; hanno anche pesato negativamente la perdita di slancio di alcuni paesi di destinazione delle nostre esportazioni e il forte deprezzamento del tasso di cambio di altri.

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT (Conti economici trimestrali del 3 ottobre 2018) nel II trimestre del 2018 il PIL, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al primo trimestre e dell’1,2% nei confronti del secondo trimestre del 2017. La variazione acquisita per il 2018 al secondo trimestre è pari a +0,9%.

Considerando le componenti della domanda aggregata, secondo gli ultimi dati Istat, la minor crescita registrata nella prima metà dell’anno è dovuta ad un andamento leggermente inferiore alle attese dei consumi delle famiglie e marcatamente peggiore per quanto riguarda le esportazioni.

Il calo congiunturale delle esportazioni di beni e servizi è stato particolarmente pronunciato nei primi tre mesi dell’anno (-2,1 per cento rispetto al trimestre precedente) ed è stato seguito da un’ulteriore contrazione, seppur di lieve entità, nel secondo trimestre del 2018 (-0,1 per cento). I consumi finali nazionali, nel secondo trimestre, risultano invariati rispetto a quello precedente, mentre gli investimenti fissi lordi registrano una crescita del 2,8%.

Nel complesso, mentre la domanda nazionale, al lordo delle scorte, ha contribuito positivamente alla crescita del PIL per 0,7 punti percentuali, la domanda estera netta ha fornito un apporto negativo per 0,5 punti percentuali (-0,4 punti anche nel primo trimestre). L’ampio contributo negativo della domanda estera netta è peraltro derivato dall’effetto congiunto del calo delle esportazioni e del marcato recupero delle importazioni nel secondo trimestre (+1,6% dopo la riduzione dello 0,9% nel primo trimestre).

 

Nel complesso, come evidenziato dall’ISTAT nel Comunicato del 3 ottobre 2018, la crescita del PIL nella prima parte dell’anno è stata sostenuta principalmente dalla domanda interna.

In particolare, la Nota sottolinea la dinamica di crescita dei consumi privati, che nel primo semestre è risultata anche migliore di quella registrata nella seconda metà del 2017 grazie alla tenuta del mercato del lavoro e all’inflazione ancora bassa, e degli investimenti, sostenuti in particolare dal settore dei trasporti, che hanno mostrato una sensibile ripresa nei mesi primaverili, dopo il calo inatteso del primo trimestre del 2018. Quelli relativi al settore delle costruzioni progrediscono invece più lentamente.

Sul piano congiunturale, per quel che concerne i consumi, dopo la marcata accelerazione nel primo trimestre del 2018 (+0,3% sul trimestre precedente) i consumi hanno registrato un sensibile rallentamento, superiore alle attese, nel trimestre successivo, risultano invariati rispetto a quello precedente. Il contesto favorevole per le decisioni di consumo emerge tuttavia  – rileva la Nota - dalle indagini sul clima di fiducia delle famiglie, il cui indice, specialmente quello relativo alla componente personale, si è mantenuto dall’inizio dell’anno ai massimi storici.

Per quel che concerne gli investimenti, la crescita nel secondo trimestre (+2,8%), risulta determinata in particolare da quelli in impianti e in macchinari, che sono tornati in prossimità dei recenti massimi (+7,5% nel secondo trimestre), recuperando la contrazione d’inizio anno (-1,4%). Gli investimenti in mezzi di trasporto continuano a crescere a tassi elevati (+9,2% nel secondo trimestre). Rimane ancora debole la crescita degli investimenti in costruzioni, il cui rallentamento congiunturale, soprattutto nel primo trimestre, è stato probabilmente legato a condizioni climatiche particolarmente avverse.

Nel complesso, la domanda interna ha continuato a beneficiare del miglioramento dell’offerta di credito, soprattutto sul fronte dei prestiti alle famiglie, che in luglio sono cresciuti quasi del 3 per cento, mentre quelli alle società non finanziarie sono aumentati dell’1,2 per cento.

Figura 2. Prestiti bancari al settore privato

Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 137 – settembre 2018

 

Dal lato dell’offerta, in corrispondenza del calo delle esportazioni si è verificato un marcato rallentamento della produzione e del valore aggiunto dell’industria.

Il rallentamento dell’attività economica ha avuto forti riflessi sulla produttività, sebbene con andamenti differenti tra settori. L’indebolimento degli indicatori anticipatori interessa, in particolare, il settore industriale, che ha registrato un calo della produzione superiore alle attese, in tutti i settori, compreso quello dei beni strumentali.

Su tali risultati – sottolinea la Nota - potrebbero aver pesato le incertezze relative agli investimenti delle imprese, legate alle misure di politica commerciale annunciate dagli Stati Uniti negli ultimi mesi, di cui potrebbe aver risentito anche la Germania (-1,8 per cento m/m di produzione industriale nello stesso mese). Il peso dell’industria tedesca nelle catene del valore globali ha sicuramente prodotto un impatto sull’industria italiana, anche in considerazione degli stretti rapporti economici.

 

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT nel mese di settembre confermano queste tendenze.

L’indice destagionalizzato della produzione industriale (Comunicato dell’12 settembre 2018) ha segnato a luglio una brusca discesa (-1,8% rispetto a giugno), con diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: variazioni negative segnano i beni strumentali (-2,2%), i beni di consumo (-1,7%) e i beni intermedi (-1,2%); in misura più contenuta diminuisce l’energia (-0,8%). Nella media del trimestre maggio-luglio il livello della produzione registra una flessione di -0,2% rispetto ai tre mesi precedenti.

Anche il fatturato dell’industria (Comunicato Istat 18 settembre 2018) dopo aver raggiunto a maggio il livello massimo da inizio anno, registra due flessioni mensili consecutive a giugno-luglio (-1% a luglio, che conferma la tendenza negativa già registrata nel trimestre precedente -0,3%). La riduzione del fatturato riguarda tutti i principali settori; anche il settore manifatturiero evidenzia un andamento congiunturale negativo nei mesi di giugno-luglio, mantenendo, tuttavia, un profilo di crescita moderata nella media degli ultimi tre mesi (+1,4%). Anche gli ordinativi registrano una riduzione congiunturale a luglio (-2,3%), che segue la flessione del mese precedente (-1,5%). L'incremento congiunturale nella media degli ultimi tre mesi rimane positivo (+1,1%).

Il settore delle costruzioni mostra alcuni segnali positivi. Nel trimestre maggio-luglio la produzione nelle costruzioni (Comunicato Istat 19 settembre 2018) è aumentata rispetto al trimestre precedente (+1,7%). Nel II trimestre 2018 l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, è aumentato (+0,8% rispetto ai primi tre mesi dell’anno) a sintesi di miglioramenti sia per i prezzi delle abitazioni nuove (+1,7%) sia, in misura più contenuta, di quelli riferiti alle abitazioni esistenti (+0,7%).

Relativamente agli indici di fiducia, le indagini congiunturali disponibili (Comunicato ISTAT del 27 settembre 2018) evidenziano che a settembre 2018 gli indicatori di fiducia delineano il consolidarsi di una fase moderatamente positiva per i consumatori (con un aumento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori che passa da 115,3 a 116). Persistono invece elementi di incertezza nello scenario evolutivo delle imprese. Con riferimento ai singoli settori produttivi, si osserva un ritorno alla crescita per la fiducia del settore manifatturiero (da 105,0 a 105,7), il primo segnale positivo per questo indicatore dallo scorso febbraio, e in quello dei servizi (da 104,7 a 105,1); nel commercio al dettaglio l’indice rimane sostanzialmente stabile ( da 104,3 a 104,4) mentre nelle costruzioni diminuisce da 139,3 a 136,9.

Figura 3. Clima di fiducia dei consumatori e delle imprese italiane (IESI)

Fonte: ISTAT, Fiducia dei consumatori e delle imprese (27 settembre 2018).

 

Sulla base di una valutazione, anche qualitativa, delle informazioni al momento disponibili - che porta a bilanciare i segnali congiunturali positivi provenienti da alcuni indicatori (quali ad esempio i consumi e la produzione di energia elettrica) con quelli della fiducia delle imprese e della produzione industriale attualmente in flessione - la Nota rivede al ribasso la previsione di crescita del PIL per il 2018, che scende dall’1,5 all’1,2 per cento.

Il miglioramento della qualità del credito, raggiunto grazie a importanti operazioni di dismissione o cartolarizzazione delle sofferenze da parte degli istituti bancari, dovrebbe contribuire anche in prospettiva a favorire l’offerta di credito e a sostenere la domanda interna. Tuttavia - sottolinea la Nota - l’allargamento dello spread sui titoli di stato e sulle obbligazioni emesse da società e banche italiane potrebbe tuttavia frenare il miglioramento delle condizioni finanziarie.

1.3. Il quadro macroeconomico nazionale

La Nota di aggiornamento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali.

Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia del quadro normativo vigente che – precisa la Nota – include gli effetti sull’economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte indirette nel 2019, 2020 e 2021.

Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2019. Si precisa peraltro che, come sarà indicato nel quadro programmatico, con la prossima legge di bilancio si procederà alla disattivazione delle suddette clausole relativamente all’anno 2019.

Le due previsioni, che coincidono per l’anno in corso, si differenziano negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.

Nel rispetto dei regolamenti europei, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Lo scenario macroeconomico tendenziale ha già ottenuto la validazione dell’UPB il 19 settembre 2018[7]. Le valutazioni sulla validazione del quadro programmatico saranno effettuate entro il 15 di ottobre, in tempo utile per la presentazione alla Commissione europea del Documento Programmatico di bilancio 2018.

1.3.1. Lo scenario tendenziale

Lo scenario tendenziale per il triennio 2019-2021 è fortemente influenzato dal nuovo quadro internazionale (di cui si è detto nel paragrafo precedente). L’aggiornamento delle variabili esogene alla previsione fa emergere un peggioramento del contesto macroeconomico di riferimento che induce ad apportare una revisione al ribasso delle stime elaborate nel DEF di aprile per l’intero arco previsivo.

In confronto al DEF, infatti, le variabili esogene esercitano un effetto più sfavorevole sulla crescita del PIL: le proiezioni del prezzo del petrolio sono salite, l’andamento previsto del commercio mondiale è meno favorevole, il tasso di cambio ponderato dell’euro si è rafforzato e i tassi di interesse e i rendimenti sui titoli pubblici sono più elevati.

Tenuto conto di ciò, ed alla luce dei più recenti indicatori congiunturali, che prefigurano un modesto ritmo di espansione anche nei mesi finali dell’anno, la Nota rivede la previsione tendenziale di crescita del PIL all’1,2 per cento nel 2018, allo 0,9 per cento nel 2019 e all’1,1 nel biennio 2020-2021.

Tabella 4. Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF
sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

2017
Cons.

2018

2019

2020

2021

DEF 2018 - Previsioni Tendenziali

1,5

1,5

1,4

1,3

1,2

Nota agg. DEF 2018 - previsioni tendenziali

 

1,2

0,9

1,1

1,1

 

La revisione maggiore, come si evince dalla tabella, si concentra nel 2019, con un ribasso di circa 5 decimi di punto, anno in cui – secondo la Nota – risulterebbe più accentuato il rallentamento previsto per il commercio mondiale e l’aumento del prezzo del petrolio che, gradualmente aumentato nel corso del 2018, ha recentemente ripreso a correre, salendo al di sopra degli 80 dollari al barile.

 

Effetti macroeconomici delle esogene internazionali

Nella Nota è riportato – nel focus su “La revisione delle stime di crescita per il 2018 e gli anni seguenti” – un quadro sintetico dell’impatto delle revisioni delle variabili esogene sulla crescita del Pil, rispetto a quanto ipotizzato nel DEF.

Il raffronto evidenzia un complessivo peggioramento delle esogene medesime rispetto alle precedenti stime, con riguardo in primo luogo alla dinamica del commercio mondiale, per effetto delle misure protezionistiche annunciate ed in parte messe in atto dagli Stati Uniti, che, anche se coinvolgono solo in minima parte il mercato europeo, hanno prodotto effetti di rallentamento sulle esportazioni italiane nel primo semestre dell’anno in corso. Gli effetti sul Pil del rallentamento del commercio internazionale nel 2018-2019 sono di una minore crescita di 2 decimi di punto nel 2018 e nel 2019, che sarà compensata dagli effetti positivi derivanti dal maggiore aumento della domanda internazionale nel 2020 e 2021 Un effetto negativo viene anche dal prezzo del petrolio, in ragione del consistente aumento delle quotazioni del greggio verificatosi tra la fine del 2017 ed i primi mesi del 2018, con un impatto negativo sulla crescita nell’intero periodo, stimabile in -0,1 punti percentuali di Pil nel 2018, -0,2 punti nel 2019 e in -0,1 punti nel 2020. Ha infine impatto negativo sulla crescita la prevedibile variazione del tasso di cambio effettivo dell’euro. Il maggiore apprezzamento del tasso di cambio effettivo avrebbe un effetto negativo sulla crescita stimato in -0,1 punti percentuali nel 2018, -0,4 punti nel 2019 e -0,1 punti percentuali nel 2020. L’impatto dell’apprezzamento potrebbe, tuttavia, risultare più contenuto – rileva la Nota - se, oltre a considerare i tassi di cambio nominali, si valutassero anche le variazioni nelle misure di competitività di prezzo e quindi i tassi di cambio reale.

L’insieme di questi fattori dovrebbe riflettersi negativamente sulla crescita del Pil che risulterebbe più contenuto rispetto alle previsioni di aprile di circa lo 0,3 per cento nel 2018, lo 0,5 per cento nel 2019 e lo 0,2 per cento nel 2020 e 0,1 nel 2021, come espone la tavola che segue.

Tabella 5 - Effetti sul PIL delle differenti ipotesi sulle esogene internazionali (impatto su tassi di crescita)

(variazioni percentuali)

 

2018

2019

2020

2021

Domanda mondiale pesata per l’Italia

-0,3

-0,2

0,1

0,2

Tasso di cambio nominale effettivo

-0,1

-0,4

-0,1

0,0

Prezzi manufatti esteri in valuta locale

0,2

0,4

0,2

0,0

Prezzo del petrolio

-0,1

-0,2

-0,1

0,0

Tassi di interesse

0,0

-0,1

-0,3

-0,3

Totale

-0,3

-0,5

-0,2

-0,1

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2018.

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2018.

Tabella 6. Il quadro macroeconomico

 (variazioni percentuali)

 

Cons.

DEF 2018
previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2018
previsioni tendenziali

 

2017

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

PIL

1,6

1,5

1,4

1,3

1,2

1,2

0,9

1,1

1,1

Importazioni

5,2

5,4

4,0

3,4

3,5

1,7

2,6

2,9

3,5

Consumi finali nazionali

1,1

1,2

0,8

0,8

1,1

0,9

0,7

0,7

0,9

- spesa famiglie e I.S.P

1,5

1,4

1,0

0,9

1,2

1,1

0,7

0,8

1,1

- spesa P.A.

-0,1

0,5

0,1

0,4

0,6

0,4

0,6

0,6

0,5

Investimenti

4,3

4,1

2,8

2,4

1,7

4,4

2,2

1,5

1,6

- macchinari, attrezzature, e vari

2,3

5,1

4,0

3,4

2,3

3,1

2,2

2,0

2,2

- mezzi di trasporto

37,5

11,2

3,0

2,0

1,3

25,1

5,9

1,5

1,4

- costruzioni

1,6

1,4

1,5

1,5

1,2

1,4

1,2

1,1

1,0

Esportazioni

5,7

5,2

4,2

3,9

3,2

0,4

2,7

3,4

3,6

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deflatore PIL

0,6

1,3

1,8

1,7

1,5

1,3

1,8

1,7

1,5

Inflazione programmata

1,2

1,0

-

-

-

1,0

1,2

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIL nominale
(mld di euro)

1.725,0

1.766,2

1.822,6

1.878,2

1.928,7

1.767,6

1.816,1

1.866,7

1.915,6

 

Nel medio periodo la domanda interna continuerebbe comunque a sostenere la crescita. Nello scenario tendenziale, l’incremento dei consumi delle famiglie è tuttavia atteso in rallentamento nell’anno in corso, a causa dell’impatto negativo derivante dall’attivazione delle clausole di salvaguardia IVA a partire dal 2019.

Per gli investimenti, si segnala un rallentamento di quelli in macchinari nel medio termine, a causa della decelerazione della domanda estera ed interna e del venir meno delle politiche di incentivazione agli investimenti (super e iper-ammortamenti). Essi sono previsti al 3,1% nel 2018 (rispetto al 5,1% del DEF), e poi in calo al 2,2% nel 2019, fino all’1,6 di fine periodo. L’andamento degli investimenti in costruzioni proseguirebbe a ritmi moderati per tutto il periodo (in calo dall’1,4 per cento nel 2018, all’1,0% del 2021). Essi sono tornati a crescere dal 2016, ma sono rimasti deboli nonostante le migliori condizioni di offerta per la concessione di mutui per l’acquisto di   abitazioni.

Le esportazioni registrano un marcato rallentamento nel 2018, scendendo dal 5,2% previsto nel DEF allo 0,4% della nuova previsione. Esse dovrebbero tornare a crescere in misura più sostenuta nell’arco del triennio successivo mantenendosi, tuttavia, al di sotto di quanto ipotizzato nel DEF di aprile (2,7% nel 2019, 3,4% nel 2020 e 3,6% nel 2021). Al di sotto della previsione di aprile, si pone anche la crescita delle importazioni, all’1,7 per cento nel 2018 (-3,7 punti percentuali rispetto al DEF), con un profilo graduale di crescita nel periodo fino al 3,5 per cento del 2021.

 

Il rallentamento delle esportazioni italiane

Le esportazioni italiane (in termini di volumi) hanno mostrato nel corso del primo semestre del 2018, una performance negativa oltre le attese.

Nel 2017, le esportazioni di beni e servizi hanno fornito un forte impulso alla crescita dell’economia italiana, crescendo del 5,7 per cento nel 2017 in termini reali, in forte accelerazione rispetto al dato di crescita del 2,1 per cento del 2016. Tuttavia, nel primo semestre del 2018, l’export di beni e servizi è sceso dell’1,5 per cento rispetto al semestre precedente, in forte decelerazione rispetto al 2,5 per cento sperimentato nella seconda parte del 2017.

Il rallentamento delle esportazioni dell’Italia – sottolinea la Nota - si inserisce nel quadro più ampio che coinvolge le principali economie dell’Area dell’Euro, Tuttavia, confrontando i quattro maggiori paesi dell’Eurozona (Italia, Francia, Spagna e Germania), secondo i dati di contabilità nazionale, nel primo semestre dell’anno si evidenzia una riduzione su base congiunturale delle esportazioni di beni e servizi più ampia per l’Italia rispetto agli altri partner.

La Nota individua peraltro alcuni elementi positivi che dovrebbero consentire alle esportazioni di tornare a crescere in misura più sostenuta. Nonostante il commercio mondiale risenta del rafforzamento delle misure protezionistiche, alcuni accordi[8] in corso di negoziazione o stipulati dall’Unione Europea potrebbero attenuarne gli effetti. Il consolidamento di tali canali di interscambio, sia nel continente americano che in quello asiatico, riguarda aree in cui le esportazioni italiane sono risultate dinamiche già nel 2017 prefigurando il mantenimento di tali risultati. Secondo la Nota, altri elementi positivi provengono dalla bassa sensibilità delle esportazioni italiane al tasso di cambio tra euro e dollaro, legata sia alla maggiore qualità dei beni esportati che alla ricomposizione settoriale e geografica dei mercati di sbocco verificatasi negli ultimi anni.

L’Italia è relativamente poco esposta alle misure protezionistiche sinora attuate dato il peso limitato dei settori coinvolti nell’export del Paese. Nelle produzioni di acciaio e alluminio, direttamente colpite dai dazi imposti verso l’UE, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono state pari a circa il 2,8 per cento dell’export italiano totale di questi beni. Di difficile quantificazione sono invece l’impatto indiretto attraverso la diversione dei flussi esportativi asiatici dal mercato USA a quello europeo e gli effetti sulle ‘catene del valore’. Ad esempio, la Germania è il primo esportatore europeo di prodotti in metallo verso gli Stati Uniti e attrae circa un quinto delle esportazioni italiane di acciaio e alluminio.

L’impatto sull’export italiano sarebbe assai più negativo qualora gli USA includessero il settore automobilistico tra i prodotti europei da sottoporre a dazi. Le esportazioni italiane di autoveicoli verso gli Stati Uniti, nel 2017, rappresentavano, infatti, circa il 20 per cento dell’export totale del settore. Inoltre, i produttori italiani di componenti auto esportano in Germania e in altri paesi europei, che a loro volta costruiscono autovetture per il mercato americano.

 

Rispetto alle nuove previsioni tendenziali, l’Ufficio Parlamentare di bilancio, nella lettera di validazione del quadro macroeconomico tendenziale, ha espresso alcune considerazioni sul quadro previsionale della Nota come di seguito si indica.

 

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Com’è noto, la legge n. 243/2012 include tra i compiti dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica[9].

In ottemperanza a tale norma - ed anche in riferimento al Regolamento UE n. 473/2013[10] in cui si richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da una istituzione nazionale indipendente – l’Ufficio in data 13 settembre 2018 ha trasmesso i propri rilievi al quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2018-2021 formulato dal Ministro dell’economia e finanze. Successivamente, il quadro macroeconomico tendenziale trasmesso dal MEF in data 17 settembre 2018 ha ottenuto la validazione dell’UPB.

L’Ufficio ha validato le previsioni tendenziali del MEF per il 2018-19 che ipotizzano una crescita reale rispettivamente dell’1,2 e dello 0,9 per cento, pur sottolineando la presenza di significativi rischi al ribasso sulla crescita reale del PIL. Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che, con riferimento alla dinamica del PIL nel biennio 2018-19, la previsione tendenziale della Nota per il 2018 (1,2 per cento) si colloca appena al di sopra del limite massimo delle stime dei previsori del panel UPB (composto, oltre che dallo stesso UPB, da CER, Prometeia e REF.ricerche), mentre per l'anno 2019 le stime della Nota sulla crescita dell’economia italiana coincidono con l’estremo superiore delle previsioni del panel. In virtù della bassa dispersione tra le singole proiezioni del panel le stime della NADEF sulla crescita dell'economia italiana risultano altresì molto vicine ai valori mediani, sia nel 2018 sia nel 2019. Con riguardo alle determinanti della crescita, il quadro della NADEF per il biennio 2018-19 incorpora il prevalente traino della domanda interna, soprattutto grazie al contributo dell'accumulazione del capitale, mentre sugli scambi con l'estero si sconta il marcato indebolimento delle esportazioni osservato nella prima metà dell'anno in corso.

Le prospettive a medio termine appaiono infatti soggette a notevoli incognite di origine esterna e che potrebbero indurre scenari sfavorevoli con esiti negativi per l’economia italiana. Tre appaiono i principali fattori di rischio: un’escalation (parzialmente già in atto) delle misure protezionistiche con una conseguente più forte frenata del commercio internazionale; un’inversione del ciclo economico e finanziario e un possibile aumento dei premi al rischio richiesti dagli investitori internazionali, che penalizzerebbero i paesi a più basso rating; un ulteriore incremento delle quotazioni petrolifere legato alle tensioni geo-politiche e un loro parziale impatto sui prezzi. Altri fattori potenziali di rischio tali da generare ripercussioni per l’Italia riguardano gli effetti della normalizzazione delle politiche monetarie in Europa, l’intonazione più restrittiva di quella americana, l’esito dei negoziati sulla Brexit.

Quanto alle previsioni per gli anni 2020-21 (che si trovano però al di fuori del periodo previsivo considerato nel Documento programmatico di bilancio 2018[11], e dunque non oggetto di validazione), l’UPB rileva la prevalenza, nel quadro MEF per il 2020, di fattori di rischio negativo che pesano sulle attese degli andamenti della variabili reali.

 

Inflazione

Per quanto concerne l’inflazione, la Nota sottolinea che il tasso d’inflazione al consumo ha mostrato una tendenza al rialzo e la previsione annua per l’indice armonizzato sale all’1,3 per cento, rispetto all’1,1 per cento del DEF. Ciò è tuttavia prevalentemente il risultato di un aumento dei prezzi energetici.

L’1,6 per cento di inflazione tendenziale registrato ad agosto si accompagna infatti ad un andamento di fondo (al netto degli energetici ed alimentari freschi) dello 0,8 per cento.

La Nota rileva che la prima parte dell’anno è stata caratterizzata da un basso tasso di crescita dell’inflazione, inferiore tanto alle attese quanto a quello della media dell’Area dell’Euro. Tuttavia, nei mesi estivi si è verificata un’accelerazione dell’inflazione al consumo, con il risultato di agosto che ha segnato una crescita all’1,6 per cento dall’1,5 per cento di luglio, legata principalmente alla componente energetica e dei beni alimentari. La natura di tali rialzi fa sì che l’inflazione di fondo rimanga debole e si collochi ancora sotto l’1 per cento (0,8 per cento).

L’inflazione armonizzata in agosto è aumentata all’1,6 per cento, al di sotto della media europea (2,0 per cento).

Valutazioni analoghe sono espresse nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia di luglio, in cui si prevede che i prezzi al consumo salgano dell’1,3 per cento quest’anno e dell’1,5% nel biennio 2019-2020, sospinti soprattutto dal rialzo delle quotazioni di greggio. La dinamica di fondo rimane contenuta nel 2018 (0,8 per cento), a causa del forte rallentamento della componente dei servizi avvenuto alla fine del 2017, per poi salire all’1,4 per cento nella media del prossimo biennio, riflettendo anche la graduale accelerazione delle retribuzioni nel settore privato. Riguardo ai rischi relativi all’inflazione, quelli al ribasso deriverebbero dall’eventualità di una più debole attività economica; rischi al rialzo potrebbero invece provenire da nuovi aumenti delle quotazioni delle materie prime energetiche, che all’inizio di luglio hanno toccato i livelli massimi dalla fine del 2014.

Secondo le stime preliminari dell’ISTAT (Comunicato del 28 settembre), nel mese di settembre 2018 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,4% su base mensile e una crescita dell’1,5% su base annua (da +1,6% di agosto).

Il mercato del lavoro

La Nota di aggiornamento espone un andamento positivo del mercato del lavoro nella prima metà dell’anno, con una crescita tendenziale dell’1,2 per cento degli occupati.

Nel secondo trimestre il numero di occupati è cresciuto dell’1,7 per cento sul corrispondente periodo del 2017, mentre le ore lavorate sono aumentate dell’1,5 per cento. Il tasso di occupazione ha raggiunto il 59,1 per cento, e il tasso di disoccupazione è sceso al 10,7 per cento.

La Nota valuta tali risultati come inaccettabili, nonostante che si tratti dei migliori risultati in tempi recenti. È inoltre aumentato il ricorso ai contratti di lavoro a termine, fenomeno che è stato oggetto della prima iniziativa legislativa del nuovo Governo, il D.L. Dignità.

Dopo il rallentamento del primo trimestre, le unità di lavoro standard (ULA) tornano ad aumentare dello 0,4 per cento nel secondo trimestre del 2018, concentrate principalmente nell’industria in senso stretto e tra i dipendenti. Anche l’offerta di lavoro misurata dall’indagine delle forze di lavoro ha mostrato un rafforzamento nel secondo trimestre dell’anno sia su base congiunturale che tendenziale.

Il tasso di disoccupazione si è ridotto di 0,4 punti percentuali rispetto a giugno, arrivando al 10,4 per cento, anche per effetto della diminuzione della forza lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile, nonostante il progressivo calo, resta su livelli elevati (30,8 per cento). Importanti segnali di miglioramento sono offerti dalla diminuzione dei disoccupati, il cui numero torna sui livelli del 2012; inoltre, si conferma in calo il tasso di inattività che risulta vicino al minimo storico. Per quanto riguarda la tipologia di occupazione, nel corso dell’anno è proseguito l’aumento dei dipendenti a termine mentre ha ripreso vigore l’occupazione indipendente.

Tenuto conto del rallentamento dell’attività economica e della contestuale tenuta del mercato del lavoro, la crescita della produttività (misurata sulle unità di lavoro) è risultata nella media dei primi sei mesi dell’anno solo lievemente positiva con andamenti differenti tra settori. Sul costo del lavoro ha inciso nella prima metà del 2018 l’entrata in vigore di numerosi rinnovi contrattuali: alla fine di giugno risultano in vigore 54 contratti che interessano circa il 90 per cento dei dipendenti. Tra questi, gli incrementi contrattuali maggiori hanno riguardato la Pubblica Amministrazione e si sono concentrati nel secondo trimestre del 2018. L’accelerazione della crescita salariale, accompagnata da una debole dinamica della produttività, ha prodotto un’accelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), specie nel secondo trimestre del 2018 (al 2,2 per cento rispetto al trimestre precedente dal -0,2 per cento del primo trimestre del 2018).

In un contesto di rallentamento del ciclo economico, il mercato del lavoro sarebbe più debole e il tasso di disoccupazione si collocherebbe a fine periodo al 9,5 per cento (2021), in riduzione di un punto percentuale rispetto al 2018.

Il quadro programmatico punta ad un’evoluzione più rapida delle tendenze in aumento per il tasso di occupazione e in discesa per quello di disoccupazione, già rilevate nei suesposti dati tendenziali, come espone la tabella che segue:

Tabella 7 - Mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Nota agg. DEF 2018
Previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2018
Prev. programmatiche

 

2017

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Occupazione (ULA)

0,9

0,7

0,6

0,7

0,8

0,7

0,9

1,2

1,1

Tasso di disoccupazione

11,2

10,6

10,1

9,9

9,5

10,6

9,8

9,1

8,6

Tasso di occupazione (15-64 anni)

58,0

59,0

59,5

60,0

60,6

59,0

59,7

60,6

61,4

CLUP (sul PIL)

-0,4

1,2

0,9

0,8

0,9

1,2

0,9

1,1

1,2

 

Si segnala che gli ultimi dati rilasciati dall’Istat (Comunicato del 1° ottobre) registrano, dopo la flessione dei due mesi precedenti[12], una ripresa dell’occupazione ad agosto (+0,3% su base mensile, pari a +69 mila unità).

Il tasso di occupazione raggiunge il 59% e il tasso di disoccupazione scende sotto la soglia del dieci per cento (9,7%), riportandosi ai livelli dell’inizio del 2012. Meno intense le variazioni dell’inattività che registra comunque un saldo annuo positivo (il tasso di inattività sale al 34,5%). Per il secondo mese consecutivo, la stima delle persone in cerca di occupazione è in forte diminuzione (-4,5%, pari a -119 mila unità).

Dal lato delle imprese, si rileva la prosecuzione della crescita congiunturale della domanda di lavoro, con un aumento delle posizioni lavorative dipendenti dello 0,4% sul trimestre precedente e del 2,5% su base annua, sintesi della crescita sia dell’industria sia dei servizi. Questo aumento delle posizioni lavorative è tuttavia associato a una diminuzione delle ore lavorate per dipendente dello 0,2% su base congiunturale e dello 0,4% su base annua. Continua, inoltre, la flessione del ricorso alla cassa integrazione. Per ulteriori approfondimenti, si veda anche la Nota trimestrale congiunta (Istat, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps, Inail e Anpal) del 18 settembre 2018.

Nella figura che segue si espongono gli andamenti di lungo periodo dei principali parametri occupazionali.

 

Figura 4 - Occupati e tasso disoccupazione

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, n. 137 – settembre 2018.

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia a raffronto con l’euro zona e con gli Stati Uniti.

Figura 5. Andamento del tasso di disoccupazione in Italia e in Europa

(variazione percentuale)

Fonte: Per i Paesi europei: dati Commissione UE; per Usa: dati FMI.

1.3.2 Il quadro macroeconomico programmatico

 

Si sottolinea, che il DEF 2018 di aprile scorso - presentato dal governo Gentiloni, allora in carica per gli affari correnti, in quanto al momento della presentazione del Documento non era ancora intervenuta la costituzione del nuovo governo nella attuale legislatura - non recava il quadro programmatico, rinviando alle valutazioni del successivo Esecutivo l'eventuale elaborazione di tale quadro.

Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2018 e successivi, presentato nella Nota, include l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2018.

La Nota riporta alcune misure mirate a stimolare la domanda interna:

§  sterilizzazione completa nel 2019 (e parziale nel 2020 e 2021) degli aumenti delle imposte indirette previste dalle clausole di salvaguardia;

§  introduzione di misure volte alla riduzione della povertà e al sostegno dell’occupazione giovanile (il reddito di cittadinanza e riforma dei Centri per l’Impiego, previsione di nuove modalità di pensionamento anticipato);

§  prima fase dell’introduzione della ‘flat tax’ (l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani);

§  taglio dell’imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi;

§  maggiori investimenti pubblici, miglioramento dei processi decisionali nella PA, modifiche al Codice degli appalti e standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato;

§  avvio di un programma di manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamento;

§  stanziamento di risorse per il ristoro dei risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie emerse nel corso degli ultimi anni.

Nello scenario programmatico, la crescita del PIL reale è prevista pari all’1,5 per cento nel 2019, all’1,6 per cento nel 2020 e all’1,4 per cento nel 2021.

Tabella 8. Confronto previsioni tendenziali e programmatiche

 (variazioni percentuali)

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

PIL

1,2

0,9

1,1

1,1

1,2

1,5

1,6

1,4

Importazioni

1,7

2,6

2,9

3,5

1,7

3,0

3,8

4,0

Consumi finali nazionali

0,9

0,7

0,7

0,9

0,9

1,2

1,2

1,0

- spesa delle famiglie e I.S.P

1,1

0,7

0,8

1,1

1,1

1,3

1,3

1,2

- spesa delle P.A.

0,4

0,6

0,6

0,5

0,4

1,1

0,8

0,5

Investimenti fissi lordi

4,4

2,2

1,5

1,6

4,4

3,7

3,2

2,8

- macchinari, attrezzature e vari*

3,1

2,2

2,0

2,2

3,1

4,0

4,1

3,7

- mezzi di trasporto

25,1

5,9

1,5

1,4

25,1

6,5

2,3

2,1

- costruzioni

1,4

1,2

1,1

1,0

1,4

2,8

2,6

2,0

Esportazioni

0,4

2,7

3,4

3,6

0,4

2,6

3,4

3,6

 

Deflatore PIL

1,3

1,8

1,7

1,5

1,3

1,6

1,9

1,7

PIL nominale (mld di euro)

1.767,6

1.816,1

1.866,7

1.915,6

1.767,6

1.822,7

1.887

1.946,3

 

Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure di cui si compone la manovra sull’andamento tendenziale del PIL, raggruppate per tipologia di intervento. Rispetto allo scenario tendenziale, si profila un incremento del tasso di crescita del PIL di 0,6 punti percentuali nel 2019, di 0,5 punti percentuali nel 2020 e di 0,3 punti nel 2021.

Tabella 9. Impatto macroeconomico delle misure programmatiche sul tasso di crescita tendenziale del PIL

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

2021

Previsione PIL tendenziale

0,9

1,1

1,1

Rimodulazione imposte indirette

0,2

0,2

-0,2

Misure espansive per la crescita e l’innovazione

0,7

0,4

0,5

Politiche invariate

0,1

0,0

0,0

Coperture finanziarie

-0,4

-0,1

0,0

Previsione PIL programmatico

1,5

1,6

1,4


2. La finanza pubblica

2.1 Analisi del consuntivo e delle previsioni
a legislazione vigente

2.1.1 I saldi della p.a.

La Nota di aggiornamento presenta una revisione del quadro di finanza pubblica incorporando, per l’esercizio 2017, l’aggiornamento delle stime di consuntivo diffuso dall’Istat con il Comunicato[13] del 21 settembre scorso.

 

La stima dell’indebitamento netto per il 2017 viene rivista al 2,4 per cento del PIL, rispetto al 2,3 indicato nel DEF (aprile 2018), per effetto di una riduzione dell’avanzo primario (dall’1,5 per cento previsto dal DEF di aprile all’1,4 per cento), ferma restando la stima relativa alla spesa per interessi (3,8 per cento del PIL).

Secondo il comunicato Istat, la revisione in peggioramento dell’indebitamento netto, di 1.369 milioni per il 2017, è riconducibile ad una revisione al ribasso di 205 milioni delle entrate, cui corrisponde un peggioramento anche sul lato delle uscite, per 1.164 milioni[14].

 

Il dato permane comunque in miglioramento rispetto al saldo registrato per il 2016, a sua volta invariato, in termini percentuali (2,5 per cento del PIL), rispetto alla precedente stima di consuntivo.[15]

 

La Nota di aggiornamento presenta quindi le previsioni aggiornate per il periodo 2018-2021, basate sulla legislazione vigente, che indicano un rialzo della stima annua di indebitamento netto per tutti gli esercizi considerati.

In particolare, per l’esercizio in corso, la previsione di indebitamento netto in rapporto al PIL, sia pure in calo sul precedente anno, registra un peggioramento di 0,2 punti percentuali rispetto al DEF di aprile, attestandosi all’1,8 per cento, in raffronto all’1,6 precedentemente stimato. La revisione è il risultato di una rettifica al ribasso del saldo primario (per circa 0,13 per cento del PIL) e di un rialzo della stima della spesa per interessi per poco più di 1,9 miliardi di euro (0,11 punti percentuali di PIL).

 

La revisione delle stime comporta un peggioramento dei valori attesi del saldo anche per gli esercizi 2019-2021: dallo 0,8 all’1,2 per cento per il 2019; da una previsione di pareggio a un disavanzo dello 0,7 per cento per il 2020; da un avanzo dello 0,2 per cento ad un disavanzo dello 0,5 per cento per il 2021. Alla revisione del saldo di indebitamento netto, rispetto al precedente quadro tendenziale, contribuiscono sia l’andamento dell’avanzo primario sia la spesa per interessi: in proporzione, in ciascuno dei tre esercizi considerati, la revisione delle stime è attribuibile prevalentemente al peggioramento del saldo primario, risultando più contenuto il rialzo della spesa per interessi.

 

Complessivamente, nelle nuove previsioni, l’avanzo primario in rapporto al PIL conserva un profilo di crescita, ma meno accentuato rispetto al DEF di aprile, attestandosi all’1,8 per cento nel 2018 (1,9 nel DEF), al 2,4 nel 2019 (anziché 2,7), al 3,0 nel 2020 e al 3,3 per cento nel 2021 (con una riduzione annua di 0,4 per cento in entrambi gli esercizi rispetto alla precedente previsione).

 

In generale, rispetto alle previsioni contenute nel precedente Documento, i dati riflettono la revisione del quadro macroeconomico (scontando, in particolare, il peggioramento delle prospettive di crescita nel breve periodo[16]), i risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica e gli effetti dei principali provvedimenti introdotti dopo la presentazione del DEF 2018 (aprile) e non considerati da tale documento.

 

Per quanto riguarda, specificamente, quest’ultimo punto, la Nota di aggiornamento riporta gli effetti sul saldo di indebitamento netto dei principali provvedimenti approvati nel corso del 2018 dopo il DEF, di seguito elencati:

§  decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016;

§  decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese;

§  decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

 

Tuttavia, come si evince dalla successiva tabella, i provvedimenti adottati non determinano effetti netti apprezzabili sull’indebitamento netto (risultando di modesta entità in valore assoluto e, comunque, limitati agli esercizi 2018 e 2019), ma incidono principalmente sulla ricomposizione fra entrate e spese.

Tabella 10 - Effetti cumulati netti sull’indebitamento netto degli ultimi provvedimenti approvati nel 2018 - (segno “-” = effetti negativi per la finanza pubblica).

                                                                                                                                           (milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

DL 55/2018

 

 

 

 

Variazione netta entrate

-88

-68

-4

58

Variazione netta spese

88

68

4

-58

Effetto sull'indebitamento netto

0

0

0

0

 

 

 

 

 

DL 87/2018

 

 

 

 

Variazione netta entrate

-47

-14

33

53

Variazione netta spese

51

42

-33

-53

Effetto sull'indebitamento netto (*)

4

29

0

0

 

 

 

 

 

DL 91/2018

 

 

 

 

Variazione netta entrate

0

0

0

0

Variazione netta spese

0

1

0

0

Effetto sull'indebitamento netto

0

1

0

0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EFFETTO SULL'INDEBITAMENTO NETTO

4

29

0

0

Variazione netta entrate

-135

-82

29

111

Variazione netta spese

139

111

-29

-111

Fonte. Elaborazione su dati tavole III.9, III.10, A1, A2 e A3 della Nota di aggiornamento DEF 2018.

Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

(*)  Per gli importi riferiti all’effetto complessivo sul saldo di indebitamento netto nel 2019 si è fatto riferimento ai dati riportati nella tavola III.9 di pagina 56, non pienamente coincidenti con quelli derivanti dalla somma algebrica dei dati parziali (tavola A2) per effetto degli arrotondamenti operati.

 

La revisione delle stime risulta quindi essenzialmente riconducibile all’aggiornamento del quadro macroeconomico rispetto al Documento di aprile, nonché ai risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica.

 

In sintesi, le nuove tendenze attese a legislazione vigente confermano un andamento complessivo di miglioramento del saldo di indebitamento netto, che passa dall’1,8 per cento del PIL nel 2018 all’1,2 per cento nel 2019 e allo 0,7 per cento nel 2020, per attestarsi infine, nel 2021, sullo 0,5 per cento.

Si evidenzia, in ogni caso, che lo scenario tendenziale (oggetto del presente paragrafo) si basa sulla legislazione vigente e tiene quindi conto degli effetti sull’economia degli aumenti di imposte indirette (“clausole di salvaguardia”) previsti a decorrere dal 2019. In proposito, con particolare riguardo all’entità di tali effetti, si rinvia al successivo paragrafo riferito all’andamento delle entrate.

 

L’indebitamento netto strutturale (calcolato al netto delle misure una tantum e depurato della componente ciclica del saldo) – che risulta pari a circa l’1,2 per cento in rapporto al PIL nei dati riferiti al 2017 – assume nel periodo previsionale i seguenti valori: 1,1 per cento nel 2018; 0,4 per cento nel 2019; 0,1 per cento nel 2020 e, infine, 0,2 per cento nel 2021. Rispetto alle stime del DEF di aprile, la revisione indica un peggioramento del saldo strutturale per ciascuno degli esercizi considerati, con la sola eccezione del 2019, cui è riferito un indebitamento netto strutturale pari a 0,4 per cento del PIL in entrambi i documenti di previsione.

In proposito si rinvia comunque alle analisi di dettaglio sugli indicatori strutturali di finanza pubblica, contenute nei successivi capitoli.

 

Di seguito sono riportate le stime di consuntivo riferite agli esercizi 2017 e 2018 nonché le previsioni relative al periodo 2019-2021, formulate seguendo il criterio della legislazione vigente. I dati sono espressi in termini nominali e in percentuale del PIL. Sono inoltre fornite le variazioni annuali, in valori assoluti e percentuali, delle varie voci di entrata e di spesa. Viene infine offerto un raffronto, in valori assoluti, tra le stime riportate nel DEF 2018 e quelle contenute nella Nota di aggiornamento in esame, riferite alle diverse voci del conto economico della p.a.; per i soli dati riferiti ai saldi viene riportato anche un raffronto in termini di incidenza sul PIL.

 

 


33

Tabella 11 - Conto economico della PA a legislazione vigente

                                                                                                                                                                                                                    (importi in milioni di euro)

             Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

34

Tabella 12 - Conto economico della PA a legislazione vigente

                                                                                                                                                                                                                                    (% del PIL)

             Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

35

Tabella 13 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

                                                                                                                                                                                                           (importi in milioni di euro)

             Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

36

Tabella 14 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

                                                                                                                                                                                                                       (valori percentuali)

             Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

37

Tabella 15 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Raffronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento

(importi in milioni di euro)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.


2.1.2 Le entrate

La revisione delle stime di consuntivo evidenzia per l’anno 2017, rispetto a quanto indicato nel DEF, una riduzione delle entrate finali pari a 205 milioni, determinata da una contrazione delle entrate correnti (310 milioni) e da un incremento delle entrate in conto capitale (105 milioni).

In termini di PIL, le entrate finali nel 2017 rappresentano il 46,4 per cento a fronte del 46,6 per cento indicato nel DEF. La riduzione interessa sia le entrate tributarie (che passano dal 29,3 per cento del DEF al 29,1 per cento) sia i contributi sociali (dal 13,2 per cento al 13,1 per cento).

 

Conseguentemente, anche la pressione fiscale si riduce al 42,2 per cento rispetto al 42,5 per cento stimato dal DEF.

 

Per quanto riguarda le nuove previsioni, riferite al periodo 2018-2021, la Nota afferma che esse scontano il peggioramento delle prospettive di crescita nel breve periodo, oltre ai risultati dell’attività di monitoraggio.

Il grafico che segue considera le entrate finali ed evidenzia il confronto fra le previsioni di aprile e quelle aggiornate con riguardo sia agli importi in valore assoluto (milioni di euro) che all’andamento dei valori percentuali rispetto al PIL.

Figura 6 - Entrate finali: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento 2018

(milioni di euro - % del PIL)

 

In valore assoluto, si registra, per ciascun esercizio, un ridimensionamento delle stime di gettito rispetto al precedente quadro previsionale. Concorrono alla riduzione quasi tutte le voci di entrata. Le eccezioni sono rappresentate dalle “altre entrate correnti” e dalle “imposte in conto capitale”: le prime registrano un incremento delle previsioni di 2.230 milioni per l’anno 2018 (da 70.618 milioni nel DEF 2018 a 72.848 milioni) e le seconde un incremento di 504 milioni nel 2018. La revisione al rialzo di tali voci è confermata anche per le annualità successive seppure in misura più attenuata.

 

Complessivamente, le nuove previsioni di entrata per il periodo 2018-2021 evidenziano, in rapporto al PIL, una contrazione rispetto al DEF di 0,2 punti percentuali nel 2018 (da 46,4 a 46,2), che si proietta, con lievi scostamenti, anche nelle annualità successive.

Tali rettifiche si riflettono anche nelle previsioni aggiornate riguardanti la componente delle entrate tributarie, come emerge dalla rappresentazione grafica a seguire.

Figura 7 - Entrate tributarie: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento 2018

(milioni di euro - % del PIL)

 

Nei grafici che seguono sono evidenziate le previsioni di entrata relative al periodo 2018-2021, indicate nel DEF e nella NADEF, riferite alle singole variabili che concorrono alla determinazione della pressione fiscale (imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali).

Figura 8 – Componenti pressione fiscale: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento 2018

(% del PIL)

       

 

      

 

Le previsioni delle entrate tributarie hanno subito, in valore assoluto, una generale revisione al ribasso, attribuibile, nel 2017, in via prevalente alle imposte indirette e, negli anni 2018-2021, alle imposte dirette.

 

Nelle previsioni aggiornate le entrate tributarie crescono dello 0,6 per cento nel 2018, evidenziando incrementi annui più sostenuti nei tre esercizi successivi (rispettivamente, del 3,8, del 3,6 e del 2,1 per cento) per effetto soprattutto della componente delle imposte indirette, in conseguenza dei previsti incrementi dell’IVA e delle accise, connessi all’operatività delle clausole di salvaguardia.

Più contenuto risulta invece il profilo di crescita delle imposte dirette, che, dopo un calo dello 0,2 per cento nel 2018, registrano un aumento dello 0,7 per cento nel 2019 e, in media, di poco più del 2,3 per cento annuo nel biennio successivo.

In termini di PIL, le entrate tributarie passano dal 29,1 per cento del 2017 al 28,6 per cento nel 2018, per poi recuperare gradualmente negli anni successivi e ritornare al 29 per cento alla fine del periodo di previsione. Tale andamento è sostenuto prevalentemente dalle imposte indirette, mentre le imposte dirette riducono la propria incidenza sul PIL sia nel 2018 (dal 14,5 dell’anno precedente al 14,1 per cento), sia nel 2019, attestandosi sul 13,8 per cento e conservando tale incidenza nei due esercizi successivi.

 

Le imposte in conto capitale sono riviste dalla Nota al rialzo rispetto alle stime di aprile per tutto il periodo considerato, in particolare nel 2018, esercizio in cui registrano un incremento di 504 milioni (da 865 milioni a 1.369 milioni), mentre ammonta a quasi 160 milioni la variazione per ciascuna delle annualità successive. Nonostante la revisione al rialzo rispetto al DEF, la voce delle imposte in conto capitale evidenzia, nelle nuove stime, un deciso calo nel 2018 (presumibilmente per il venir meno di alcune entrate una tantum contabilizzate per il 2017) e nel 2019 e un lieve incremento annuo (1,1 per cento) sia nel 2020 che nel 2021. Tenuto conto dell’esiguità dell’aggregato, la sua incidenza sul PIL resta tuttavia stabile, intorno allo 0,1 per cento, per tutti gli esercizi considerati.

Nel documento non sono esplicitate le ragioni delle variazioni delle stime che interessano tale voce di entrata.

 

Con particolare riguardo alle imposte una tantum, da un confronto delle tabelle relative a tali misure contenute nel DEF e nella Nota di aggiornamento al DEF, risulta incrementata, per l’anno 2018, la voce “Imposte sostitutive varie” (il cui valore è pari a 887 milioni nel DEF e a 1.386 milioni nella Nota). Tale voce, peraltro, rimane sostanzialmente invariata nel 2019 per poi essere nuovamente rivista al rialzo per l’anno 2020 (da 176 milioni del DEF a 442 milioni nella Nota).

Nella medesima tabella relativa alle misure una tantum, le previsioni relative alla voce “Allineamento valori di bilancio ai principi IAS” sono incrementate limitatamente all’anno 2018 (indicate in 231 milioni rispetto a 173 milioni previsto ad aprile). Nelle annualità successive, invece, sono confermate le previsioni del DEF.

Infine, per le entrate una tantum riferite alla c.d. “Rottamazione delle cartelle” le previsioni per il 2018 subiscono una contrazione di 829 milioni (da 2.218 milioni a 1.389).

 

Anche le previsioni relative ai contributi sociali registrano una contrazione rispetto al DEF (minor gettito pari a 975 milioni nel 2018, a 640 milioni nel 2019, a 1.367 milioni nel 2020 e a 2.492 milioni nel 2021).

Nel nuovo quadro previsionale, è comunque stimato un incremento del 4,1 per cento nel 2018, mentre più contenuto è il profilo di crescita per gli esercizi successivi (con aumenti annui, rispettivamente, del 3,1, dell’1,7 e dell’1,9). In termini di PIL, i contributi sociali passano dal 13,3 per cento del 2018 e del 2019 al 13,2 del 2020, per attestarsi, al termine del periodo di previsione, al 13,1 per cento (la stessa percentuale registrata nel 2017).

Secondo quanto indicato dalla Nota, le stime tengono conto dell’andamento dei redditi da lavoro dipendente, del venir meno degli effetti legati alle misure di esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, delle agevolazioni per i neoassunti introdotte dalla legge di bilancio 2018 nonché delle entrate provenienti dalla rottamazione delle cartelle.

 

I dati sulla pressione fiscale, indicati dalla Nota al lordo e al netto degli effetti delle misure per il beneficio degli 80 euro, mostrano una riduzione sia nei valori di consuntivo per il 2017 sia nelle previsioni riferite alle annualità successive. Tale andamento è indicato nella tabella che segue, che evidenzia anche il contributo in valore assoluto riconducibile all’operatività delle c.d. “clausole di salvaguardia”.

Tabella 16 - Pressione fiscale, entrate tributarie e contributive e clausole di salvaguardia

(% del PIL)

 

2017

2018

2019

2020

2021

Entrate tributarie e contributive

 

 

 

 

 

-    DEF

728.865

745.918

773.776

797.947

816.163

di cui clausole salvaguardia

0

0

12.472

19.162

19.571

-    Nota di aggiornamento al DEF

727.592

740.082

766.807

789.663

805.847

di cui clausole salvaguardia

0

0

12.472

19.162

19.571

Pressione fiscale

 

 

 

 

 

-    DEF

42,5

42,2

42,5

42,5

42,3

-    Nota di aggiornamento al DEF

42,2

41,9

42,2

42,3

42,1

Pressione fiscale al netto misure 80 euro

 

 

 

 

 

-    DEF

41,9

41,7

41,9

42,0

41,8

-    Nota di aggiornamento al DEF

41,6

41,3

41,7

41,8

41,6

 

La pressione fiscale a legislazione vigente è prevista quindi al 41,9 per cento del PIL (42,2 nel DEF) nel 2018, in riduzione di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Sono poi previsti incrementi annui nel biennio 2019-2020 e una successiva riduzione; per effetto di tale andamento il rapporto si attesta al 42,1 per cento nel 2021. Al netto delle misure riguardanti il beneficio degli 80 euro, la pressione fiscale varia dal 41,3 per cento del 2018 al 41,6 per cento nel 2021.

Sarebbero utili informazioni in merito all’ammontare considerato per la determinazione della “pressione fiscale al netto delle misure 80 euro” al fine di acquisire un valore aggiornato dell’impatto di tali misure rispetto a quello inizialmente stimato dalle relative relazioni tecniche.

 

In termini grafici, il confronto tra i dati DEF e NADEF, al lordo e al netto delle misure 80 euro, è illustrato nella seguente figura.

Figura 9 - Pressione fiscale

(% del PIL)

 

§  Valutazione degli incassi derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale

Per quanto concerne le entrate derivanti dall’attività di accertamento, la Nota di aggiornamento, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014, contiene un focus nel quale sono illustrati i risultati ottenuti, le procedure adottate, i criteri applicati per la stima ed il monitoraggio dell’evasione fiscale. Il focus, inoltre, illustra i criteri adottati per verificare le condizioni ed eventualmente valutare l’ammontare delle maggiori entrate da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

In base alla valutazione effettuata dal focus non sussistono le condizioni richieste dalla normativa e pertanto non è possibile destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale ulteriori risorse.

L’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014 dispone, tra l’altro, che siano destinate al predetto Fondo le risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente e a quelle effettivamente incassate nell’ultimo esercizio consuntivato, derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

Nel focus vengono specificate le procedure di calcolo adottate per ottenere l’ammontare di risorse. In particolare, viene evidenziata, in primo luogo, la necessità che siano verificate le seguenti tre condizioni riferite alle entrate derivanti da attività di contrasto all’evasione fiscale:

-l’esistenza di maggiori entrate realizzate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente (annualità 2018, 2019 e 2020);

- l’esistenza di maggiori entrate derivanti da attività di contrasto dell’evasione fiscale rispetto a quelle effettivamente incassate nell’esercizio precedente (2017);

- il carattere permanente delle predette maggiori entrate.

A tal fine, sono forniti i seguenti dati:

- gli incassi registrati nel 2017 risultanti dal rendiconto generale dello Stato risultano pari a 12,32 miliardi di euro (di cui 2,85 miliardi relativi ad entrate extratributarie);

- le previsioni assestate evidenziano un ammontare di entrate da attività di accertamento pari a 13,59 miliardi (di cui 3,40 miliardi relativi ad entrate extratributarie) per l’anno 2018, a 13,94 miliardi (di cui 3,26 miliardi relativi ad entrate extratributarie) per l’anno 2019, e a 13,75 miliardi (di cui 3,40 miliardi relativi ad entrate extratributarie) per l’anno 2020;

- la stima degli incassi 2018, basata sugli incassi realizzati nel periodo gennaio-agosto 2018 determinati dall’attività di contrasto all’evasione fiscale, è di 13,43 miliardi (di cui 3,40 miliardi relativi ad entrate extratributarie).

La Nota fa presente, quindi, che non risultano realizzate le condizioni richieste dalla normativa in quanto gli incassi stimati per il 2018 risultano inferiori alle previsioni per il triennio 2018-2020. Risulta invece verificato, ma non è sufficiente per la destinazione di risorse al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, l’ulteriore requisito richiesto in base al quale la stima degli incassi attesi per il 2018 è maggiore degli incassi realizzati nel 2017 per 1,1 miliardi di euro.

Pertanto, la Nota afferma che non è possibile destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale ulteriori risorse rispetto a quanto già stanziato per gli anni 2018, 2019 e 2020 sulla base della valutazione delle maggiori entrate permanenti effettuata nella Nota di aggiornamento al DEF 2017.

2.1.3 Le spese

La revisione dei dati di consuntivo operata dall’Istat comporta, rispetto alle precedenti stime per l’anno 2017, un incremento delle spese finali pari a 1.164 milioni di euro. La revisione delle uscite complessive è dovuta all’effetto combinato di rettifiche in riduzione della spesa corrente (-74 milioni) e in aumento della spesa in conto capitale (che cresce di circa 1.238 milioni).

 

Per quanto attiene al periodo di previsione 2018-2021 nel quadro aggiornato si registra un incremento della spesa corrente primaria[17] rispetto alle stime del DEF.

Con riferimento a tale aggregato, nel grafico che segue viene mostrato il raffronto tra le previsioni, in valore assoluto e in percentuale del PIL, recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

Figura 10 - Spesa corrente primaria: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2018.

Come emerge dalla rappresentazione grafica, si conferma l’andamento crescente, in valore assoluto, della spesa corrente primaria, che si attesta, in termini nominali, ad un livello superiore rispetto alle precedenti stime per ciascun anno del periodo considerato.

In termini di incidenza sul PIL, si registra, in entrambe le previsioni, una dinamica decrescente: nelle stime più aggiornate, i valori sono tuttavia rivisti al rialzo a decorrere dal 2019.

In particolare, nel 2019 la previsione sale al 40,7 per cento (rispetto al 40,5 del DEF) e si attesta al 39,7 per cento a fine periodo (rispetto al precedente valore di 39,5).

 

Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento delle principali componenti della spesa corrente primaria in termini di incidenza sul PIL, ponendo a raffronto le previsioni recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

Figura 11 - Componenti della spesa corrente primaria: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2018.

Per quanto attiene alla composizione della spesa corrente primaria, la revisione dell’aggregato rispetto al DEF è imputabile principalmente ad un incremento della spesa per consumi intermedi, pari, in media, a circa 1,7 miliardi annui nel periodo 2018-2021, come si evince dalle voci del conto economico (vedi tabelle riportate al paragrafo 2.1.1). Viene tuttavia confermato, rispetto alle stime di aprile, l’andamento decrescente in termini di incidenza sul PIL di tale aggregato, che passa dall’8,1 per cento del 2018 al 7,7 per cento del 2021.

 

Le nuove stime confermano il profilo decrescente, già delineato nel DEF, anche della spesa per prestazioni sociali espressa in termini di PIL. Per l’anno 2018 il rapporto si attesta sul 19,8 per cento (rispetto al 19,9 stimato nel DEF), per poi stabilizzarsi negli anni successivi al 19,7 per cento (nel DEF veniva indicato il medesimo valore per il 2019, ma un’incidenza pari al 19,6 per cento negli anni successivi).

Per quanto attiene alla dinamica dell’aggregato di spesa, la nuova previsione stima un incremento su base annua del 2,5 per cento nel 2018. Negli anni seguenti il trend di crescita prosegue con incrementi annui del 2,3 per cento nel 2019, del 2,8 nel 2020 e del 2,4 nel 2021.

Riguardo alle singole componenti che concorrono al predetto andamento, la spesa pensionistica registra un incremento, sempre su base annua, del 2,1 per cento nel 2018, del 2,0 per cento nel 2019 e più incisivi incrementi negli anni successivi (3,2 per cento nel 2020 e 3,0 per cento nel 2021). Viceversa, le altre prestazioni sociali, dopo una crescita annua del 3,6 per cento nel 2018 e del 3,1 per cento nel 2019, rallentano la loro dinamica, mostrando un aumento dell’1,7 per cento nel 2020 e dello 0,7 per cento nel 2021.

 

Con riferimento alle altre componenti della spesa corrente primaria si evidenzia quanto segue:

§  la spesa per redditi da lavoro dipendente registra, rispetto al DEF, una revisione al ribasso nel 2018 (per 930 milioni) e nel 2021 (per 480 milioni) ed un incremento, invece, nel biennio 2019-2021 (rispettivamente di 470 e 340 milioni).

§  Su base annua si registra un incremento del 3,5 per cento nel 2018 rispetto all’anno precedente per effetto dei rinnovi contrattuali, comprensivi della quota degli arretrati, come spiegato nella Nota. Più modeste sono le variazioni annue negli esercizi successivi. L’incidenza sul PIL risulta in riduzione dal 9,6 del 2018 all’8,8 del 2021, confermando sostanzialmente le stime del DEF;

§  le altre uscite correnti mostrano, in termini assoluti, un incremento rispetto alle stime del DEF per tutti gli anni del periodo di previsione (400 milioni di euro per l’anno 2018 e 300 milioni di euro per ogni anno del triennio 2019-2021). L’incidenza sul PIL risulta più elevata rispetto al precedente quadro previsionale per tutti gli anni considerati, attestandosi sul 3,7 per cento nel 2018 e nel 2019, per scendere al 3,6 nel 2020 e al 3,5 nel 2021.

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, si registra per l’anno 2018 una revisione della stima in diminuzione per circa 1,7 miliardi rispetto alle previsioni del DEF. Anche l’incidenza rispetto al PIL passa dal 3,3 (DEF) al 3,2 per cento, come si evince dal grafico che segue.

Figura 12 - Spesa in conto capitale: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2018.

Anche per gli anni 2019-2021 si evidenzia una diminuzione, sia in valore assoluto sia in rapporto al PIL, dell’aggregato rispetto alle precedenti previsioni. La riduzione più consistente, di circa 2,3 miliardi di euro, interessa il 2019, mentre la correzione è pari a circa 1 miliardo l’anno nel biennio successivo.

 

La revisione del quadro previsionale, confermando il trend già previsto dal DEF, indica una riduzione costante dell’incidenza della spesa di parte capitale sul PIL nel periodo considerato, con valori che passano dal 3,2 per cento del 2018 al 2,9 nel 2021.

Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento delle singole componenti della spesa in conto capitale in termini di PIL, ponendo a raffronto le previsioni recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

 

Figura 13 - Componenti della spesa in conto capitale: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2018.

Analizzando le diverse componenti, si rileva che le nuove previsioni confermano sostanzialmente il trend indicato nel quadro tendenziale dell’aprile scorso. Gli investimenti fissi lordi riducono tuttavia la propria incidenza sul PIL di circa lo 0,1 per cento annuo nel periodo 2018-2021. Nella nuova previsione tale incidenza passa dall’1,9 per cento del 2018 al 2,0 del 2021.

Secondo la Nota, Le stime tengono conto delle specifiche misure di supporto disposte dalle ultime due leggi di bilancio e dell’ipotesi di ripresa della capacità di spesa in conto capitale degli Enti locali.

Non si ravvisano rilevanti revisioni della stima per le altre componenti, ad eccezione di una riduzione dello 0,1 per cento del PIL per il 2019 della voce “altre spese in conto capitale”.

§  La spesa per interessi

Dai dati riportati nella Nota relativamente all’anno 2017, la spesa per interessi risulta pari a 65.515 milioni, con una riduzione, rispetto al dato del 2016, di 925 milioni. Dal confronto con le precedenti stime, si osserva una contrazione di 126 milioni rispetto al valore indicato nel DEF 2018.

 

Le nuove previsioni a legislazione vigente relative al periodo 2018-2021 espongono, per tutto il periodo considerato, valori superiori a quelli del DEF 2018: in particolare, la correzione dell’incidenza della spesa rispetto al PIL è di circa 0,1 per cento nel 2018, 0,2 per cento annuo negli anni 2019 e 2020 e 0,3 per cento nel 2021.

Tabella 17 - Spesa per interessi: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

(importi in milioni di euro)

 

2017

2018

2019

2020

2021

Nota di aggiornamento al DEF 2018

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 65.515

 64.477

 66.011

 69.284

 72.917

Variazione assoluta annua

-925

-1.038

 1.534

 3.273

 3.633

Variazione %

-1,4

-1,6

2,4

5,0

5,2

in % del PIL

3,8

3,6

3,6

3,7

3,8

PIL nominale

 1.724.954

 1.767.575

 1.816.145

 1.866.668

 1.915.582

 

 

 

 

 

 

DEF 2018

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 65.641

 62.536

 63.004

 65.466

 68.313

Variazione assoluta annua

-799

-3.105

 468

 2.462

 2.847

Variazione %

-1,2

-4,7

0,7

3,9

4,3

in % del PIL

3,8

3,5

3,5

3,5

3,5

PIL nominale

 1.716.935

 1.766.241

 1.822.552

 1.878.205

 1.928.685

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2018 e del DEF 2018.

 

Nonostante la revisione della stima, nell’esercizio in corso la spesa per interessi si riduce, in valore assoluto (da 65.515 a 64.477 milioni) e in termini percentuali, rispetto al 2017, in continuità con l’andamento dei precedenti esercizi.

La voce torna invece a crescere dal 2019, passando dai 64.477 milioni del 2018 a 66.011 milioni nel 2019, senza tuttavia modificare la propria incidenza sul PIL (3,6 per cento in entrambi gli esercizi). Nel biennio successivo si evidenzia una crescita più sostenuta, con variazioni annue di circa il 5 per cento, che portano l’aggregato ai 72,9 miliardi circa previsti nel 2021, mentre l’incidenza sul PIL passa al 3,7 per cento nel 2020 e al 3,8 nel 2021.

 

Nel grafico è mostrato l’andamento della spesa per interessi per tutto il periodo di previsione considerato (2018-2021) ed il raffronto, in termini assoluti ed in percentuale del PIL, rispetto al DEF di aprile.

Figura 14 - Spesa per interessi: confronto tra DEF 2018 e Nota di aggiornamento al DEF 2018

(in milioni di euro e in % del PIL)

 

La NADEF precisa che la spesa per interessi dal 2019 tornerà a crescere in termini nominali a causa di una graduale ripresa dei tassi di interesse.

La Nota afferma inoltre che la previsione ufficiale si basa sulla curva dei rendimenti di mercato osservati nelle settimane precedenti la chiusura della previsione, rilevando che, in confronto al DEF, la curva dei rendimenti ha subito una traslazione verso l’alto che su alcune scadenze eccede un punto percentuale: ciò spiega perché la spesa per interessi nel 2019 sia ora cifrata in 3,6 punti di PIL, contro i 3,5 del DEF.

La Nota afferma, infine, che, nella previsione tendenziale, l’impatto dei più elevati rendimenti ipotizzati cresce nel tempo malgrado l’elevata vita media residua del debito per via delle nuove emissioni.

 

Con riferimento al possibile andamento dei tassi di interesse, si segnala il recente Comunicato del settembre 2018[18], dal quale si rileva che il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE si mantengano su livelli pari a quelli attuali almeno fino all’estate del 2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine. Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo continuerà a effettuare acquisti netti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA) all’attuale ritmo mensile di 30 miliardi di euro sino alla fine di settembre 2018. Successivamente, il Consiglio direttivo ridurrà il ritmo mensile degli acquisti netti di attività a 15 miliardi di euro sino alla fine di dicembre 2018; in seguito, se i dati più recenti confermeranno le prospettive di inflazione a medio termine, gli acquisti netti giungeranno a termine. Il Consiglio direttivo fa presente inoltre che intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PAA per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario.

 

Il quadro programmatico riporta valori della spesa per interessi in percentuale del PIL di poco superiori rispetto a quelli del quadro tendenziale per il periodo di previsione 2019-2021. In particolare, in termini programmatici, la spesa si colloca sul 3,7 per cento del PIL nel 2019, 3,8 per cento nel 2020 e si attesta sul valore di 3,9 punti percentuali di PIL nel 2021. Si registra, pertanto, uno scostamento in aumento rispetto al quadro tendenziale pari a circa uno 0,1 per cento annuo per il periodo 2019-2021, a fronte di incrementi degli obiettivi annui di debito pubblico rispetto al tendenziale. In proposito si rinvia all’apposito paragrafo.

2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) 2018 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2018-2021 e, in particolare, il percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio periodo (cfr. il par. 2.3 sulla Relazione ex art. 6, c. 5)[19].

L'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale riflette l’impegno del Paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico. Per saldo strutturale si intende il saldo corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum.

 

Preliminarmente si evidenzia che, in relazione ai contenuti obbligatori (ex art. 10?bis della legge n. 196 del 2009), la Nota di aggiornamento del DEF indica, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare (SNF) programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza e di saldo netto da finanziare in termini di cassa.

 

Il primo saldo è determinato nel limite massimo di:

§  -68,5 miliardi nel 2019;

§  -56,5 miliardi nel 2020;

§  -45,5 miliardi nel 2021.

 

Il corrispondente SNF in termini di cassa è determinato nel limite massimo di:

§  -147 miliardi nel 2019;

§  -110,5 miliardi nel 2020;

§  -96 miliardi nel 2021.

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012

La relazione in oggetto, presentata al Parlamento, illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine per la finanza pubblica. A norma del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine per la finanza pubblica (OMT o MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’OMT stesso. L’OMT è definito in modo specifico per ciascun Paese sulla base del potenziale di crescita dell’economia, del livello del debito e delle passività implicite.[20] Per l’Italia, l’OMT è il pareggio di bilancio. L’OMT è definito in termini strutturali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum[21].

 

L'articolo 6 della Legge 24 dicembre 2012, n. 243 prevede che eventuali scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali e previa autorizzazione approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti (comma 3) indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine, mentre al comma 5 stabilisce che il piano di rientro possa essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

 

Quadro normativo di riferimento per gli Obiettivi di Medio Termine (OMT) e aggiustamento di bilancio

Gli obiettivi di finanza pubblica, indicati nei documenti di programmazione economico-finanziaria presentati in corso d’anno dal Governo, si inquadrano nel contesto delineato dal Patto di Stabilità e Crescita e nella c.d. governance economica europea, intesa come un complesso di previsioni, contenute nei trattati e nella normativa europea, tese a definire gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio e per il coordinamento delle finanze pubbliche al fine di garantire la solidità finanziaria dei Paesi dell’Unione europea.

L’impianto normativo richiamato è costituito principalmente da un insieme di sei atti legislativi (il c.d. Six pack[22]), approvati dagli organismi europei nel novembre 2011 tra cui spicca il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione Economica e Monetaria (cd. Fiscal Compact), ratificato dall’Italia con legge 23 luglio 2012, n. 114. Inoltre, la legislazione di riferimento si avvale di due ulteriori regolamenti del 21 maggio 2013, n. 472 e n. 473 (c.d. Two pack).

In particolare, nell’ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita, che trova il proprio fondamento normativo nell’Art. 126 del Trattato dell’Unione, gli Stati membri predispongono e aggiornano periodicamente i rispettivi programmi di stabilità, con i quali presentano il percorso di aggiustamento necessario per il conseguimento di un obiettivo di medio termine (OMT).

 

Lo scenario macroeconomico[23] in cui si muove la relazione tiene conto del rallentamento della crescita che si è manifestato nella seconda metà del 2018. Il Governo fa presente che " il tasso di crescita annualizzato del PIL, che nel 2017 era stato in media pari all’1,6%, è infatti sceso allo 0,9%.

Viene riferito inoltre che anche alla luce dei più recenti indicatori congiunturali, che prefigurano un modesto ritmo di espansione nei mesi finali dell’anno, la previsione di crescita del PIL per il 2018 scende dall’1,5 all’1,2%. Malgrado l’andamento del deflatore del PIL sia stato in linea con la previsione annuale contenuta nel DEF 2018, pari all’1,3%, la crescita del PIL nominale stimata per quest’anno scende dal 2,9% al 2,5% (al netto di effetti di arrotondamento)[24].

 

Nella Relazione che il Governo presenta al Parlamento nel corrente anno si prospetta un nuovo percorso di avvicinamento all'OMT solo quando la crescita economica si sarà consolidata e, in particolare, quando il tasso di disoccupazione e il PIL pro capite in termini reali saranno tornati ai livelli pre-crisi. In questo quadro il raggiungimento dell'OMT, avverrà gradualmente negli anni a seguire. L’obiettivo di indebitamento netto è fissato al 2,4% del PIL nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021, in coerenza con un obiettivo di saldo strutturale costante al -1,7% del PIL in ciascuno degli anni del triennio 2019-2021.

Pertanto, si prevede che il raggiungimento dell’OMT, ovvero il pareggio in termini strutturali, si concretizzi gradualmente negli anni successivi al 2021.

 

Nella precedente relazione il Governo prospettava un percorso di avvicinamento all’OMT attraverso un indebitamento netto pari al -1,3% nel 2017, al -1% nel 2018, al -0,6% nel 2019 per raggiungere un sostanziale pareggio nel 2020. Si rammenta che il Documento di Economia e Finanza (DEF) 2018 evidenziava un indebitamento netto pari all’1,6% del PIL per il 2018, dello 0,8% del PIL nel 2019 per raggiungere comunque il pareggio di bilancio nel 2020.

 

La nuova prospettiva contenuta nella NADEF 2018 rispetto al percorso di indebitamento è giustificata da:

§  incompleto recupero dei livelli di reddito pro capite rispetto ai valori pre-crisi;

§  persistenti squilibri territoriali (divario Nord-Sud);

§  revisione al ribasso della crescita effettiva nel primo semestre del 2018 a causa di contenuti incrementi dei consumi aggregati e del commercio internazionale;

§  deterioramento delle prospettive macroeconomiche internazionali legate all’emergere di politiche commerciali ed industriali di stampo protezionistico;

§  deprezzamento del tasso di cambio dei competitors internazionali che comporta un’erosione della competitività delle merci europee e nazionali;

§  previsioni al rialzo del prezzo dell’energia e del petrolio in particolare.

 

Le previsioni della Commissione più recenti[25] (Spring Forecasts 2018), indicano, al contrario, il ritorno a condizioni cicliche normali già a partire dal 2017, calcolando l’output gap su valori inferiori al 1,5%. Di conseguenza, il saldo strutturale per ciascun anno del biennio 2018 -2019 dovrebbe ridursi di almeno 0,6 punti percentuali. Tuttavia, la Commissione Europea, nel contesto delle Comunicazioni sull’implementazione del Semestre Europeo 2017, ha specificato che la valutazione sulla compliance con i requisiti del Patto di Stabilità e Crescita delle misure di bilancio da adottare per il 2018 sarebbe stata effettuata in base a un margine di discrezionalità al fine di raggiungere una stance fiscale in grado di rafforzare le prospettive di crescita e garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche nell’area dell’Euro.

Il governo ritiene che una stance di politica fiscale restrittiva, e quindi più vicina agli attuali parametri europei, priverebbe il bilancio pubblico di risorse destinate a rilanciare la domanda e a migliorare le prospettive di crescita di medio periodo, nonché la sostenibilità sociale. Quest’orientamento è supportato dalla convinzione che l’economia italiana sia ancora ben lontana dalla piena occupazione delle risorse e che la persistente debolezza delle condizioni cicliche non sia adeguatamente colta dalle stime prodotte dalla metodologia ufficiale per la stima del prodotto potenziale e dell’output gap.

 

Focus relativo ai criteri metodologici di calcolo dell’output gap

L’output gap misura lo scostamento tra il PIL effettivo e quello potenziale ed è utilizzato per calcolare lo scostamento dal potenziale di crescita di un’economia. Nel recente passato una revisione apportata alla metodologia di stima del potenziale ha portato ad un riavvicinamento delle stime effettuate dalla Commissione rispetto alle valutazioni effettuate dal Dipartimento del Tesoro. Pur riconoscendo l’apertura manifestata dalla Commissione, le differenze permangono portando a misurazioni ancora divergenti sulle condizioni dell’economia italiana. Le stime del Tesoro si basano sulla metodologia della funzione di produzione concordata a livello UE, ma differiscono dalle stime della Commissione in ragione della previsione macroeconomica sottostante e del fatto che quest’ultima ha un orizzonte di quattro anni (chiudendosi nel 2021) mentre le previsioni della Commissione non vanno oltre il 2019.

Nel settembre 2017, la Commissione ha avviato una procedura volta al miglioramento della metodologia di stima del prodotto potenziale, integrando considerazioni country-specific. Nell’ambito di tale procedura, l’Italia ha chiesto e ottenuto modifiche nella stima del Non-Accelerating Wage Rate of Unemployment (NAWRU) e del trend della Produttività Totale dei Fattori (TFP).

In particolare, per quanto riguarda il modello sottostante la stima del NAWRU, la Commissione ha riconosciuto che la procedura con cui di norma il MEF seleziona i parametri di inizializzazione delle varianze dei fattori latenti (si veda a questo proposito il Riquadro ‘Sensitività del NAWRU ai parametri di inizializzazione dei fattori latenti ’pubblicato nel DEF 2015) è preferibile alla prassi attualmente in uso dalla Commissione basata su valutazioni discrezionali. Per il momento, la variazione metodologica è stata accordata all’Italia, mentre l’estensione agli altri Stati Membri è in corso di sperimentazione. Per quanto riguarda la stima del trend della Produttività Totale dei Fattori, il MEF ha chiesto e ottenuto che la serie dell’indicatore di fiducia del settore servizi (componente dell’indice di Capacità Utilizzata, CUBS, impiegato nella scomposizione trend/ciclo del residuo di Solow) sia considerata a partire dal 2003 invece che dal 1998. L’Italia ha proposto inoltre di usare una metodologia 3 step (a differenza dell’attuale 2 step) per combinare gli indici sottostanti la costruzione del CUBS: dal 1985 al 1997 utilizzare solo la capacità utilizzata nel settore manifatturiero; dal 1998 al 2002 utilizzare la capacità utilizzata nel settore manifatturiero e l’indice di survey del settore costruzioni, dal 2003 in avanti combinare la capacità utilizzata nell’industria e i dati di survey nelle costruzioni e nei servizi.

La NADEF elenca inoltre le finalità alle quali destinare le risorse. In particolare viene chiarito che le risorse verranno destinate a sostenere la crescita attraverso il rilancio e il potenziamento degli investimenti pubblici allo scopo anche di ridurre i divari territoriali. Inoltre, il governo si pone l’obiettivo di migliorare l’inclusione sociale e incentivare il ricambio generazionale nei luoghi di lavoro anche allo scopo di potenziare le competenze necessarie all’innovazione.

Come evidenziato dal Governo, inoltre, le risorse rese disponibili in conseguenza della revisione dell'obiettivo di indebitamento netto sono finalizzate a neutralizzare l'entrata in vigore nel 2019 degli aumenti IVA previsti dalla legislazione vigente, all’introduzione del reddito di cittadinanza, alla prima fase di attuazione della flat tax per professionisti ed artigiani, alla riduzione della tassazione sugli utili di imprese per le aziende che reinvestono gli utili e aumentano l’occupazione[26].

La NADEF riferisce inoltre che gli aumenti di IVA e accise previste per il 2020 e 2021 verranno "parzialmente" neutralizzati rinviando ai prossimi esercizi finanziari la cancellazione completa.

Sarebbe utile sapere quanto la neutralizzazione, parziale o totale, delle clausole contribuisca alla dinamica dell’indebitamento.

La Figura 15 illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico presentati dal Governo e approvati dalle Camere.

Figura 15 - Saldo strutturale programmatico (2014-2021)

(% del PIL)

Fonti: Tavola "Indicatori di finanza pubblica" da: NADEF 2015, DEF 2016, NADEF 2016, DEF 2017, NADEF 2017, NADEF 2018.

Come si evince dalla Figura 15, i saldi per i prossimi tre esercizi indicano un significativo scostamento dal raggiungimento dell’OMT nel breve termine, rinviando agli esercizi successivi al 2021 il raggiungimento del pareggio di bilancio.

 

Il percorso di avvicinamento all'OMT: un'analisi retrospettiva

Questo box riassume sinteticamente i precedenti percorsi di avvicinamento all’OMT come definiti nei DEF e nelle Note ad essi allegate.

Con il DEF 2013 il Governo fissava il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013.

Nella XVII LEGISLATURA, nel 2014, in sede di presentazione del DEF, il Governo chiedeva di posporre il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni - dal 2013 al 2016, e di due anni - dal 2014 al 2016 - rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. In tale occasione veniva presentata una Relazione ex art. 6 con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (OMT) al 2016, sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere con propria risoluzione del 17 aprile 2014 ha autorizzato a maggioranza assoluta lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro.

Sempre nel 2014, a causa di una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2015, il Governo era spinto a chiedere di rinviare il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio dal 2016 al 2017, presentando una Relazione ex art. 6, approvata presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre del 2015, il Governo accompagnava la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione ex art. 6 al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’OMT e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018. La Relazione è stata approvata Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti presso entrambe le Camere.

In sede di presentazione del DEF 2016, il Governo ha domandato di rinviare l'obiettivo programmatico portandolo a un sostanziale pareggio di bilancio al 2019. La Relazione ex articolo 6 della legge n.243 del 2012 è stata approvata da ciascuna Camera in data 27 aprile 2016 a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre 2016, il Governo ha presentato come annesso alla Nota una relazione ex art. 6 con la quale ha chiesto di aggiornare il percorso di avvicinamento all'OMT senza modificare l'obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio al 2019, in data 12 ottobre, ciascuna Camera ha approvato la predetta relazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Attraverso Documento di Economia e Finanza 2017 il Governo aggiornò il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020, rafforzando il percorso di riduzione dell’indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1%) che nel 2020 (0,0%). Si trattava, dunque, di un aggiornamento del percorso di avvicinamento all'OMT che - contrariamente a quanto avvenuto in passato (scostamenti in senso "peggiorativo" accordabili solo in caso di "eventi eccezionali") - non aveva richiesto una procedura rafforzata di approvazione presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti ex art. 6, legge n. 243 del 2012.

Tuttavia, la NADEF del 2017 ha rivisto l’indebitamento netto fissandolo infatti allo 0,8 % del PIL nel 2019 e prevedendo il conseguimento del pareggio di bilancio nel 2020 e un surplus dello 0,2 % del PIL nel 2021. Il DEF 2018 ha confermato le indicazioni della NADEF 2017.

Con l’inizio della XVIII Legislatura, nel giugno del 2018, i due rami del Parlamento hanno approvato la risoluzione 6-00002 che impegna il Governo a:

1) presentare al Consiglio ed alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, sulla base del programma di Governo presentato al Parlamento per la fiducia. Andranno a tal fine individuati gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche e sottoporre i nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare, prima di presentare l'aggiornamento del Programma di stabilità e del PNR alle istituzioni europee;

2) assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise;

3) individuare le misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio ed a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021.

2.4 I saldi di finanza pubblica

La Tabella 18 mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nella Nota in esame rispetto a quelle prospettate nel DEF dello scorso aprile e nella Nota dell'anno scorso.

La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sia sui principali saldi che sul PIL nominale; a riguardo, con riferimento alle stime su PIL reale, deflatore e PIL nominale e alle differenze rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, si rinvia all'analisi della parte I "Il quadro macroeconomico" della NADEF.

Tabella 18 -Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

(in percentuale del PIL)

Fonti: NADEF 2018 e NADEF 2017, tavole III.2 (Quadro programmatico sintetico di finanza pubblica) e III.3 (La finanza pubblica corretta per il ciclo); DEF 2018, tavola III.6 (La finanza pubblica corretta per il ciclo).

L’avanzo primario nominale mostra una dinamica differenziata negli anni con una riduzione per il 2018 al 1,3% ed un progressivo aumento fino al 1,7% nel 2020 e al 2,1% nel 2021.

 

La dinamica degli interessi passivi prospettata dalla Nota di aggiornamento, si prevede che si attesti su valori sostanzialmente stabili fino al 2021. Le stime mostrano un incremento rispetto ai dati del DEF pari a 0,2 p.p. nel 2019, 0,3 p.p. nel 2020 e 0,4 p.p. nel 2021. Il peso degli interessi sul PIL rimarrà comunque al di sotto del 4% in ciascuno degli esercizi considerati.

Ne consegue che la dinamica dell’indebitamento netto è guidata dall’evolversi dell’avanzo primario.

Nel 2018, si evidenzia un saldo dell'indebitamento netto programmatico al -1,8% per poi ascendere al -2,4% nel 2019 e ripiegare al -1,8% entro il 2021.

Rispetto al DEF 2018 si può verificare l’impostazione di politica economica tendenzialmente espansiva con il relativo rinvio del pareggio di bilancio dopo il 2021. Va altresì rilevato che il Governo prevede di riprendere il processo di riduzione dell'indebitamento strutturale dal 2022 in avanti, senza particolari specificazioni sul percorso programmato.

Dal confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico (Tabella 19 e Figura 16) si evidenzia come, nell'orizzonte previsionale 2018-2021 i vincoli posti dai saldi tendenziali vengano allentati al fine di incrementare i saldi programmatici.

Tabella 19 Indebitamento netto: confronto tra tendenziale e programmatico

(in percentuale del PIL)

Fonte: elaborazioni su NADEF 2018, sez. I, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica)

In termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato per le annualità, tali variazioni percentuali implicano un maggior indebitamento netto di poco inferiore ai 22 miliardi di euro nel 2019, di circa 26 miliardi nel 2020 e di circa 25 miliardi di euro nel 2021.

Figura 16 - Indebitamento netto: differenza tendenziale e programmatico

Fonte: elaborazioni su NADEF 2018, sez. I, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica)

La Tabella 20, nel mettere a confronto gli indicatori tendenziali con quelli programmatici, evidenzia la correzione dell'indebitamento netto e del saldo primario. In particolare, nell'intero orizzonte temporale i dati tendenziali degli interessi si discostano con quelli programmatici di 0,1 p.p. in ciascuno degli anni del triennio 2019-2021. In termini nominali l’ammontare degli interessi dovrebbe essere maggiore di 1,8 miliardi di euro nel 2019, 1,86 miliardi nel 2020 e di 1,9 miliardi nel 2021.

Sarebbe opportuno conoscere se gli scostamenti dei valori programmatici rispetto a quelli tendenziali siano stati valutati ad invarianza dei tassi di mercato a cui il paese si indebita.

Con riferimento al saldo primario e all'indebitamento netto lo scenario per gli anni 2019-2021 mostra un sostanziale scostamento tra i valori tendenziali e quelli programmatici. Il saldo primario programmatico (in percentuale sul PIL) è previsto in diminuzione di 1,1 p.p., 1,3 p.p. ed 1,2 p.p. rispetto a quello tendenziale. L’indebitamento pertanto si muove di pari passo con l’evoluzione dei saldi mostrando scostamenti nell’ordine di 1,2 p.p., 1,4 p.p. e 1,3 p.p. rispettivamente.

Tabella 20 - Correzione saldi tendenziale - programmatico (2016-2021)

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2018, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica).

La Figura 17 mostra l’andamento dell'output gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale[27], evidenzia un profilo evolutivo in miglioramento, mostrando una costante riduzione. Entro il 2021 la differenza fra l’output potenziale e quello effettivo si chiuderà, avvicinando la capacità produttiva del paese al suo potenziale massimo. Di converso le variabili fiscali si muoveranno in controtendenza rispetto all’output gap nel 2019. Dal 2020 il saldo di bilancio strutturale rimarrà invariato mentre l’indebitamento netto scenderà di pari passo con l’output gap.

 

Rispetto al DEF 2018 ed alla NADEF 2017 si attesta un’inversione di rotta della politica economica. Nei precedenti documenti il sentiero dell’indebitamento netto e dei saldi strutturali seguiva la dinamica di riduzione dell’output gap nel biennio 2019-2020.

Figura 17 - Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

(in percentuale del PIL)

Fonti: NADEF 2018, tavole III.2 (Quadro programmatico sintetico di finanza pubblica) e III.3 (La finanza pubblica corretta per il ciclo)

L'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum indicata nel DEF viene modificata nella Nota di aggiornamento in particolare per il 2018, dove è indicata pari allo 0,0% a fronte del -0,1% del DEF 2018 e della NADEF 2017, indicando una invarianza del peso delle misure una tantum sull’avanzo primario.

Si noti che il passaggio da -0,1% del DEF 2018 allo 0,0% della NADEF 2018 implica che alcune misure una tantum di cui si prevedeva l’eliminazione rimangono invariate.

 

Per meglio orientarsi nel quadro della programmazione della finanza pubblica, la Tabella 21 riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella Nota di aggiornamento con quelli dei precedenti documenti programmatici.

Tabella 21 - Indicatori strutturali. Confronto documenti programmatici

 

 

2016

2017

2018

2019

2020

2021

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti

NADEF 2018

1,1

1,6

1,2

1,5

1,6

1,4

DEF 2018

0,9

1,5

1,5

1,4

1,3

1,2

NADEF 2017

0,9

1,5

1,5

1,5

1,3

 

DEF 2017

0,9

1,1

1,0

1,0

1,1

 

NADEF 2016

0,8

1,0

1,3

1,2

 

 

DEF 2016

1,2

1,4

1,5

1,4

 

 

Tasso di crescita del PIL potenziale

NADEF 2018

0,0

0,4

0,7

0,9

1,0

1,0

DEF 2018

-0,1

0,3

0,6

0,7

0,8

0,8

NADEF 2017

-0,1

0,4

0,5

0,6

0,7

 

DEF 2017

-0,2

0,1

0,3

0,4

0,6

 

NADEF 2016

-0,2

0,2

0,3

0,4

 

 

DEF 2016

-0,2

0,2

0,4

0,5

 

 

Output gap

NADEF 2018

-3,5

-2,3

-1,9

-1,2

-0,6

-0,2

DEF 2018

-3,3

-2,2

-1,3

-0,6

-0,2

0,2

NADEF 2017

-3,3

-2,2

-1,3

-0,4

0,1

 

DEF 2017

-2,7

-1,8

-1,1

-0,5

0,0

 

NADEF 2016

-2,5

-1,7

-0,7

0,0

 

 

DEF 2016

-2,3

-1,1

-0,1

0,7

 

 

Componente ciclica del saldo di bilancio (in rapporto al PIL)

NADEF 2018

-1,9

-1,3

-1,0

-0,7

-0,3

-0,1

DEF 2018

-1,8

-1,2

-0,7

-0,4

-0,1

0,1

NADEF 2017

-1,8

-1,2

-0,7

-0,2

0,1

 

DEF 2017

-1,5

-1,0

-0,6

-0,3

0,0

 

NADEF 2016

-1,3

-0,9

-0,4

0,0

 

 

DEF 2016

-1,2

-0,6

-0,1

0,4

 

 

Indebitamento netto (in rapporto al PIL)

NADEF 2018

-2,5

-2,4

-1,8

-2,4

-2,1

-1,8

DEF 2018

-2,5

-2,3

-1,6

-0,8

0,0

0,2

NADEF 2017

-2,5

-2,1

-1,6

-0,9

-0,2

 

DEF 2017

-2,4

-2,1

-1,2

-0,2

0,0

 

NADEF 2016

-2,4

-2,0

-1,2

-0,2

 

 

DEF 2016

-2,3

-1,8

-0,9

0,1

 

 

Saldo primario (in rapporto al PIL)

NADEF 2018

0,0

1,4

1,8

1,3

1,7

2,1

DEF 2018

1,5

1,5

1,9

2,7

3,4

3,7

NADEF 2017

1,5

1,7

2,0

2,6

3,3

 

DEF 2017

1,5

1,7

2,5

3,5

3,8

 

NADEF 2016

1,5

1,7

2,4

3,2

 

 

DEF 2016

1,7

2,0

2,7

3,6

 

 

Misure una tantum (in rapporto al PIL)

NADEF 2018

0,2

0,0

0,1

-0,1

0,0

0,0

DEF 2018

0,2

0,0

0,1

-0,1

-0,1

0,0

NADEF 2017

0,2

0,4

0,0

-0,1

-0,1

 

DEF 2017

0,2

0,3

0,1

0,0

0,0

 

NADEF 2016

0,1

0,1

-0,1

-0,1

 

 

DEF 2016

0,1

0,0

0,0

0,0

 

 

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2018

-0,9

-1,1

-0,9

-1,7

-1,7

-1,7

DEF 2018

-0,9

-1,1

-1,0

-0,4

0,1

0,1

NADEF 2017

-0,9

-1,3

-1,0

-0,6

-0,2

 

DEF 2017

-1,2

-1,5

-0,7

0,1

0,0

 

NADEF 2016

-1,2

-1,2

-0,7

-0,2

 

 

DEF 2016

-1,2

-1,1

-0,8

-0,2

 

 

Variazione saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2018

-0,9

-0,2

0,2

-0,8

0,0

0,0

DEF 2018

-0,8

-0,2

0,1

0,6

0,5

0,0

NADEF 2017

-0,8

-0,4

0,3

0,4

0,4

 

DEF 2017

-0,7

-0,3

0,8

0,8

-0,1

 

NADEF 2016

-0,5

0,0

0,5

0,6

 

 

DEF 2016

-0,7

0,1

0,3

0,6

 

 

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2018

3,1

2,7

2,7

2,0

2,1

2,2

DEF 2018

3,1

2,7

2,6

3,1

3,6

3,6

NADEF 2017

3,0

2,6

2,6

2,9

3,3

 

DEF 2017

2,8

2,4

3,0

3,8

3,8

 

NADEF 2016

2,8

2,5

2,8

3,3

 

 

DEF 2016

2,8

2,7

2,8

3,3

 

 

Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum

NADEF 2018

3,1

-0,4

0,0

-0,7

0,1

0,1

DEF 2018

3,1

-0,4

-0,1

0,5

0,5

0,0

NADEF 2017

-1,0

-0,4

0,0

0,3

0,4

-3,3

DEF 2017

-0,9

-0,4

0,6

0,8

0,0

 

NADEF 2016

-0,7

-0,3

0,3

0,5

 

 

DEF 2016

-0,8

-0,1

0,1

0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti: Tavole "La finanza pubblica corretta per il ciclo" e "Indicatori di finanza pubblica" in: NADEF 2018, DEF 2018, NADEF 2017, DEF 2017, NADEF 2016, DEF 2016 ed elaborazioni sulle tavole citate.

Si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10?bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

 

Si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10-bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.
Tale informazione di dettaglio non viene resa. A tale proposito occorre rammentare che l'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione all'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione Europea e all'Eurogruppo il progetto di documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali        
Si suggerisce inoltre di considerare a livello di sottosettori della PA e per categorie di spesa un dettaglio delle principali voci della spesa stessa, con eventuale riferimento alle risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

2.5 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa

L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita. In tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT)[28] è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa.

 

In relazione alla variazione del saldo strutturale, in ciascun anno, il percorso verso l'OMT viene valutato sulla base della variazione del saldo strutturale e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicate dal livello dell'output gap), del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL, nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[29].

Le modifiche del Patto di stabilità e Crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza, a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[30].

Rispetto alla NADEF 2017 le condizioni cicliche dell’economia nel 2018 considerate nella presente Nota sono passate da normali a negative. Per tale ragione l’aggiustamento richiesto è passato dallo 0,6% del PIL allo 0,5% del PIL lasciando maggiori margini di manovra alla politica fiscale.

Non si conoscono invece al momento della redazione della Nota gli eventuali margini di flessibilità da accordare sulla base della legislazione europea vigente né il margine di discrezionalità per gli anni successivi al 2018.

 

Si riportano di seguito le tabelle della Nota di aggiornamento al DEF 2018 che consentono di apprezzare:

§  il quadro degli aggiustamenti richiesti al nostro Paese così come determinato dal quadro analitico della cd. Matrice della Commissione anche in relazione alla flessibilità di bilancio accordata[31] (Tabella 22);

§  le eventuali deviazioni significative dalle prescritte variazioni del saldo strutturale e dal rispetto della regola della spesa (Tabella 23).

Tabella 22 - Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità

Fonte: NADEF 2018, Tavola III.5 (Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità)

Tabella 23 -Deviazioni significative

Fonte: NADEF 2018, Tavola III.6 (Deviazioni significative).

Circoscrivendo l'analisi ai soli casi di deviazione significativa nell'ambito del quadro programmatico, si rileva quanto segue:

§  con riferimento all'anno 2018 in relazione alla convergenza del saldo strutturale verso l’OMT non si registra una deviazione dal percorso sul singolo anno (0,3<0,5 richiesto) ma si devia dalla media dei due anni (0,3>0,25). Nel 2019 invece a fronte di un saldo pari a -1,7% la deviazione è altamente significativa rispetto allo 0,6% richiesto. Ed altrettanto rispetto alla media dei due anni;

§  anche riguardo alla regola della spesa, il secondo pilastro su cui poggiano le regole europee di fiscalità, si osservano deviazioni significative nel 2018 (-0,3 p.p.) e nel 2019 (-1,1 p.p.). Sulla media richiesta su due anni la deviazione è significativa solo per il 2019.

2.6 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento

La NADEF 2018 propone il consueto focus sulle spese connesse all'invecchiamento in uno scenario di medio-lungo termine, attenendosi alla normativa vigente.

In particolare, lo scenario nazionale base recepisce i parametri demografici sottostanti lo scenario mediano rielaborato recentemente dall'Istat con base 2017, superando quello precedente (2016), che aveva ampiamente aggiornato il quadro a base 2011.

 

Le previsioni demografiche aggiornate da Istat con base 2017 sono state pubblicate il 3 maggio 2018, successivamente alla presentazione del DEF 2018. L'aggiornamento del quadro demografico ha, tuttavia, riguardato, in modo apprezzabile, la sola ipotesi relativa al flusso netto di immigrati, limitatamente alla prima parte del periodo di previsione. Poiché le previsioni della popolazione prodotte da Istat coprono un orizzonte temporale fino al 2065, il valore dei parametri demografici relativi al quinquennio finale del periodo di previsione è stato estrapolato sulla base degli andamenti del decennio precedente. Complessivamente, i parametri demografici con la nuova previsione della popolazione Istat risultano così specificati:

     i.          il tasso di fecondità è leggermente crescente dall'1,34 del 2017 all'1,59 del 2065, con una progressione pressoché lineare;

   ii.          la speranza di vita al 2065 raggiunge gli 86,1 anni per gli uomini e i 90,2 anni per le donne con un incremento, rispettivamente, di 5,5 e 5,2 anni rispetto al 2017 e

iii.          il flusso migratorio netto (quindi considerando anche la migrazione di cittadini italiani all'estero) si attesta su un livello medio annuo di 165.000 unità fino al 2065, con un profilo leggermente decrescente.

 

In relazione al nuovo scenario demografico consegnato all'esame parlamentare, si ricorda che già in occasione del DEF 2016 si era evidenziato da parte dei servizi di documentazione che a partire "dal 2011 il flusso di nuovi ingressi di cittadini non comunitari verso il nostro Paese risulta in flessione. Durante il 2014 sono stati rilasciati 248.323 nuovi permessi, quasi il 3% in meno rispetto all'anno precedente. Il decremento riguarda, in particolare, proprio i permessi per motivi di lavoro, mentre aumentano i permessi per asilo/motivi umanitari". Si ricorda poi che il Sesto rapporto annuale - I migranti nel mercato del lavoro in Italia, curato dal Ministero del lavoro, ha evidenziato un saldo migratorio pari a +128.000 unità, quindi abbastanza distante da quello medio sopra indicato. Da ultimo, il report dell'Istat - Cittadini non comunitari: Presenza, nuovi ingressi e acquisizioni di cittadinanza, anni 2016-2017, ottobre 2017 - ha mostrato che nel 2016 sono stati rilasciati 226.934 nuovi permessi, accentuandosi quindi il calo sopra evidenziato, con conferma del prevalente coinvolgimento nel trend discendente delle migrazioni per lavoro (12.873) - diminuite del 41% rispetto al 2015 - che rappresentano ormai solo il 5,7% dei nuovi permessi.

I dati appena mostrati suggeriscono l'opportunità di approfondimenti.

 

Analoghe considerazioni possono rivolgersi alle stime del tasso di fecondità totale che, sceso da 1,37 figli per donna nel 2015 a 1,34 nel 2016 e nel 2017, risulterebbe in risalita fino a quasi 1,6 figli per donna nel 2060. Tale ipotesi non appare in linea con quanto esposto nello studio Il futuro demografico del Paese, pubblicato dall'ISTAT il 3 maggio 2018.

 

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il tasso di crescita reale del PIL è confermato all'1,2% medio annuo (1,5% nello scenario a base 2011).

Ribadito, come sempre, che la previsione della spesa pensionistica, riportata nella Figura 18, sconta gli effetti dei numerosi interventi di riforma adottati a partire dal 1995 (cd. legge Dini) fino al periodico aggiornamento dell'età di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione in funzione delle probabilità di sopravvivenza sulla base dell'età, la NADEF propone la seguente figura, che rappresenta l'andamento previsto del rapporto della spesa pensionistica rispetto al PIL.

Figura 18- Spesa pubblica per pensioni in percentuale del PIL (scenario nazionale base)

Fonte: NADEF 2018, Fig. R1.

Dopo aver descritto l'andamento della spesa pensionistica a partire dal 2008, inizialmente crescente rispetto al PIL a causa della sfavorevole evoluzione del quadro macroeconomico, la NADEF evidenzia che, dopo un quinquennio di moderata decrescita, a partire dal 2020, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL si avvierà lungo un sentiero di crescita che diventerà più ripido dal 2030, per raggiungere il 16,2% nel 2044. Successivamente ripiegherà, portandosi al 15,6% nel 2050 e al 13,1% nel 2070. La prima fase di crescita è ascritta all'incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo in parte compensato dall'estensione del metodo contributivo di calcolo e dall'innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso ai trattamenti. La successiva riduzione del rapporto è determinata dall'applicazione generalizzata del calcolo contributivo, che si accompagna alla stabilizzazione (e alla successiva inversione) del rapporto fra trattamenti e occupati.

 

In funzione della valutazione della sostenibilità delle finanze pubbliche le previsioni di medio lungo periodo delle spese age-related (pensioni, sanità, long-term care, ammortizzatori sociali e istruzione) vengono poi elaborate sulla base dello scenario definito in sede di EPC-WGA (Economic Policy Committee - Working Group on Ageing), nell'ambito della verifica del rispetto delle regole fiscali del patto di stabilità e crescita.

Come già illustrato nella NADEF 2017 e nel DEF 2018, lo scenario previsivo EPC-WGA per il 2018 evidenzia per l'Italia significativi peggioramenti rispetto al corrispondente esercizio del 2015, da ascrivere tanto alla componente demografica che a quella macroeconomica.

La revisione delle ipotesi, in particolare sul versante della produttività e dei flussi migratori, determinerebbe una notevole riduzione delle proiezioni di crescita di lungo termine, il cui potenziale passerebbe da un livello medio annuo di circa l'1,4% ad un livello di circa lo 0,7% per il periodo 2016-2060 (0,8% per il 2016-2070), come confermato anche nell'ultimo "Ageing report" del novembre 2018.

 

Riguardo al quadro macroeconomico, le ipotesi di scenario, che confermano quelle dell'anno scorso, evidenziano:

1)  una crescita della produttività, ed in particolare della produttività totale dei fattori (PTF), sostanzialmente nulla nel decennio, il che si riflette negativamente anche nel ventennio successivo in ragione del posticipo della fase di convergenza del tasso di crescita della PTF sui livelli strutturali di lungo periodo comuni a tutti i paesi (la convergenza all'1% avverrebbe intorno al 2045, con un decennio di ritardo rispetto al precedente scenario);

2)  un tasso di disoccupazione strutturale di lungo periodo più alto di 0,6 p.p. e pari al 7,9%, a fronte del 7,3% del precedente scenario;

3)  la conferma dei precedenti tassi di attività.

 

Riguardo al quadro demografico, il report non si discosta dalle stime della RGS per quanto attiene al tasso di fecondità, che dovrebbe attingere il valore di 1,60 figli per donna nel 2060, e all'aspettativa di vita (se non marginalmente per il valore di partenza, più elevato), mentre ipotizza flussi migratori netti che, sia pur ridimensionati rispetto ai precedenti scenari (intorno al 50% rispetto al precedente scenario fino al 2040-2045), sono comunque più elevati di quelli stimati dalla RGS.

Tutti i parametri demografici, comunque, sono stati rideterminati in senso peggiorativo rispetto alle precedenti previsioni del 2013.

 

Come già osservato nel dossier relativo alla NADEF 2017, entrando nel merito, sarebbe auspicabile un supplemento d'informazioni circa l'origine dell'ipotesi formulata sulla produttività, specificando se il suo calo risenta dei più sfavorevoli scenari demografici (e in tal caso andrebbe acquisita contezza attraverso quali meccanismi, atteso che viene contestualmente rivista in peius la condizione di sotto-utilizzo della forza lavoro disponibile, che pertanto potrebbe a sua volta essere una conseguenza, piuttosto che una causa, del calo della produttività) ovvero di altre cause.

D'altronde, preso atto delle nuove ipotesi demografiche, andrebbero fornite maggiori delucidazioni circa i meccanismi d'impatto del calo demografico atteso, considerando il permanere di una significativa disoccupazione strutturale, il che induce ad escludere problemi legati ad una carenza dell'offerta di lavoro.

Il complesso delle interazioni in gioco dovrebbe essere esplicitato, chiarendo i meccanismi causali alla base delle previsioni sul PIL e sulla spesa age-related.

Inoltre, andrebbe indicata separatamente la quota del gap fra la crescita potenziale stimata nelle nuove previsioni (circa lo 0,7% annuo) e quella precedentemente stimata (circa l'1,4% annuo) riconducibile al calo, da un lato, della produttività e, dall'altro, della popolazione in attività in valore assoluto (vengono invece confermati i tassi di attività).

 

Dalle osservazioni appena formulate si evince che la differenza fra le previsioni RGS e quelle EPC-WGA sia da ascrivere essenzialmente al diverso quadro macroeconomico, sensibilmente deteriore nel secondo caso. Il tasso di occupazione nel 2060 convergerebbe intorno al 5,5% per la RGS, mentre si attesterebbe intorno al 7,9% per EPC-WGA; la crescita media del PIL sarebbe pari all'1,2% annuo nell'arco del periodo considerato per la RGS, mentre quella del PIL potenziale (ragionevolmente confrontabile con il primo parametro, considerando l'ampiezza dell'arco temporale in questione) soltanto dello 0,7% medio annuo secondo EPC-WGA, risentendo di una sfavorevole proiezione delle stime sul tasso di produttività totale dei fattori.

 

Tutto ciò, come peraltro rilevato già a partire dal DEF 2017 e ribadito da ultimo dal Rapporto n. 19 "Le tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario" della RGS, si traduce ovviamente in un peggioramento della previsione delle principali componenti di spesa pubblica connessa all'invecchiamento in rapporto al PIL e, in particolare, della spesa pensionistica.

 

Nel complesso, come si evince dalla tabella di seguito riprodotta, elaborata sulla base degli scenari EPC-WGA, la spesa age-related cresce di 3 p.p. rispetto al PIL nel trentennio 2015-2045 (dei quali 2,5 ascrivibili alla spesa pensionistica), raggiungendo il 30,9% del PIL. 0,9 p.p. corrispondono alla crescita attesa della spesa sanitaria e 0,3 p.p. a quella della spesa long-term care. Riduzioni si registrerebbero invece nella spesa per ammortizzatori sociali (-0,3 p.p.) e per istruzione (-0,4 p.p.). La spesa complessiva inizierà poi un processo di riduzione che la condurrà a valori prima identici a quelli del 2010 (27,5 p.p.) nel 2065 (con una composizione però diversa, nella quale cresce il peso della spesa sanitaria e si riduce quello della spesa pensionistica) per chiudere il periodo considerato (2070) con un rapporto pari al 27%. Tale andamento più favorevole è ascrivibile esclusivamente alla componente pensionistica, sulla base delle medesime motivazioni individuate nello scenario della RGS.

Tabella 24 - Previsione della spesa pubblica age-related in percentuale del PIL - scenario baseline EPC-WGA 2018

Fonte: NADEF 2018, Tavola R1.

Rispetto ai risultati indicati sulla base dello scenario nazionale base utilizzato dalla RGS, il livello della spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenta di circa 2 p.p. nel periodo 2035-2045. Il gap poi inizia a ridursi per attestarsi intorno a 0,7 p.p. nel 2070.

Si ricorda che il quadro appena disegnato, peraltro già emerso l'anno scorso, ha determinato un sensibile deterioramento sia dell’indicatore di sostenibilità della finanza pubblica di medio periodo S1 che di quello di lungo periodo S2, con riferimento al quale viene confermato il passaggio del nostro paese dalla categoria a basso rischio a quella a medio rischio.

 

Il documento chiude il presente focus presentando l'andamento della spesa pensionistica in rapporto al PIL confrontandola con le evoluzioni che si sarebbero verificate sulla base degli assetti normativi antecedenti i principali interventi di riforma approvati negli ultimi 15 anni. Con l'eccezione delle misure adottate con la legge di bilancio per il 2017 (espansive della spesa), gli effetti cumulati delle riforme approvate corrisponderebbero ad una riduzione della spesa pensionistica pari a circa 60 p.p. di PIL fino al 2060, dei quali quasi la metà ascrivibili alla cd. riforma Fornero (decreto-legge n. 201 del 2011).

Figura 19 - Spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL sotto differenti ipotesi normative (scenario EPC-WGA 2018)

Fonte: NADEF 2018, Fig. R2.

2.7 L’evoluzione del rapporto debito/PIL

Il rapporto debito pubblico/PIL, dopo una crescita sostanziale negli anni 2007-2014 ? in cui passa da un valore di poco inferiore al 100% al 131,8% ? comincia a ridursi a partire dal 2015, anno in cui assume il valore del 131,6%, per poi passare al 131,4 nel 2016 e al 131,2 nel 2017. La riduzione del rapporto è riconducibile all'aumento del PIL, che ha più che compensato l'aumento dello stock di debito (cfr. la Tabella 25)[32].

 

Tabella 25 - Debito delle amministrazioni pubbliche(1)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2018, Tavola III.7 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore), DEF 2018, NADEF 2017, ISTAT

1) Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2017 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 14 settembre 2018). Le stime considerano per il periodo 2018-2020 proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,3 per cento del PIL annuo. Inoltre si ipotizza un aumento delle giacenze di liquidità del MEF per circa lo 0,3 per cento del PIL nel 2018 e una riduzione per oltre lo 0,1 per cento del PIL nel 2019 e negli anni successivi. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

3) Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

Nella Nota di aggiornamento 2018 il Governo prevede per l'anno in corso un'ulteriore riduzione del rapporto al 130,9%, nuovamente determinata dalla crescita nominale del PIL (2,5%) superiore alla crescita dello stock di debito (2,3%). Per lo stesso anno, l'effetto positivo di proventi da privatizzazioni stimati pari allo 0,3% del PIL è compensato da quello negativo di una maggiore provvista liquidità per lo stesso importo necessaria a far fronte alle scadenze di titoli di stato del 2019.

La riduzione appare ancora più marcata nel percorso programmatico fissato dal Governo per il triennio 2019-2021, nonostante il livello dello stock di debito presenti un andamento crescente di anno in anno.

Nello specifico, nel 2019 il Governo intende ridurre il debito pubblico al 130% del PIL, principalmente grazie a un aumento del PIL nominale del 3,1%, a fronte di un aumento del debito di oltre 54 miliardi di euro.

Nel 2020 il rapporto è programmato in ulteriore riduzione al 128,1% grazie a un ulteriore aumento del PIL nominale del 3,5% e a una riduzione del fabbisogno del settore pubblico di circa 0,4 punti percentuali di PIL. La stima risente anche di una ipotizzata riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro per oltre lo 0,1% del PIL e di introiti da privatizzazioni e altre operazioni finanziarie per circa lo 0,3% del PIL. Lo stock di debito è previsto in crescita per quasi 50 miliardi di euro.

Nel 2021, infine, a fronte di un aumento dello stock di debito previsto pari a circa 50 miliardi di euro, il rapporto debito/PIL è programmato in discesa al 126,7%, grazie a una crescita del PIL nominale del 3,1% e a un calo del fabbisogno del settore pubblico stimato pari a 0,2% del PIL.

 

Rispetto al quadro programmatico in esame (cfr. la tabella x), la NADEF dello scorso anno presentava un profilo di riduzione del rapporto debito/PIL più ripido, specialmente per il 2019 e il 2020. In particolare, nella NADEF 2017 il precedente Governo programmava per il 2018 un rapporto pari al 130% del PIL, inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto alla previsione contenuta nel documento in esame. Negli anni 2019 e 2020 la differenza tra le due previsioni supera i 3 punti percentuali di PIL, essendo previsto dalla NADEF 2017 un rapporto pari al 127,1% nel 2019 e 123,9% nel 2020.

Non appare invece opportuno il confronto del rapporto debito/PIL delineato nella NADEF 2018 con quello contenuto nel DEF dello scorso aprile, essendo queste ultime previsioni riferite, in considerazione del mutato contesto politico, al quadro tendenziale della finanza pubblica anziché a quello programmatico.

 

Quanto al ruolo dei sottosettori delle amministrazioni pubbliche, dalla tabella 26 appare chiaro che alle amministrazioni centrali è ascrivibile circa il 97% del debito pubblico complessivo della PP.AA., mentre alle amministrazioni locali è riferibile circa il 5% e agli enti di previdenza una quota trascurabile.

In termini di variazione, l'incremento annuo dello stock di debito delle pubbliche amministrazioni ammonta a circa il 2% in ognuno degli anni dell'orizzonte temporale di programmazione ed è interamente dovuto alle amministrazioni centrali.

 

La Tabella 26 riporta l'andamento del debito pubblico, sia in livello che in rapporto rispetto al PIL, al netto dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro.

Tabella 26 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore(1)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2018, Tavola III.7 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore)

1) Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2017 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 14 settembre 2018). Le stime considerano per il periodo 2018-2020 proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,3 per cento del PIL annuo. Inoltre si ipotizza un aumento delle giacenze di liquidità del MEF per circa lo 0,3 per cento del PIL nel 2018 e una riduzione per oltre lo 0,1 per cento del PIL nel 2019 e negli anni successivi. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

3) Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

2.8 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

La regola del debito fa parte della governance economica europea ? l'insieme delle istituzioni e delle procedure che coordinano le politiche di bilancio autonome dei singoli paesi membri. Introdotta nell'ordinamento europeo dal cosiddetto six pack con lo scopo di indurre i governi dei paesi membri a conseguire l'obiettivo di un rapporto debito/PIL pari al 60%, la regola è stata recepita nell'ordinamento nazionale con la legge di attuazione del principio di equilibrio del bilancio (legge n. 243 del 2012) ed è entrata a regime per l'Italia nel 2015[33].

La valutazione del rispetto della regola viene effettuata rispetto al benchmark più favorevole, che sulla base dei dati pubblicati nella NADEF 2018 risulta essere quello forward looking, basato cioè sul confronto del livello del rapporto debito/PIL con il benchmark relativo ai due anni successivi a quello di riferimento.

Per quanto riguarda la NADEF 2018, la regola non verrebbe rispettata nella versione forward looking sia nel 2018, sia nel 2019 con un divario compreso tra il 3,1 e il 4,2% del PIL per il 2018 e compreso tra il 2,4 il 3,9% per il 2019 a seconda che si consideri lo scenario tendenziale o quello programmatico (cfr. la Tabella 27

Tabella 27 - Rispetto della regola del debito: criterio forward looking

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2018, tavola III.8

Come ricordato dal Governo stesso nella Nota, in caso di deviazione dal sentiero di aggiustamento del saldo di bilancio strutturale individuato sulla base della regola, la Commissione europea, ai sensi dell'articolo 126(3) del TFUE, prepara una relazione che tiene conto anche di tutti i fattori significativi che hanno influito sulla deviazione, ivi inclusi la posizione economica e di bilancio a medio termine del Paese. La valutazione di tali fattori può portare la Commissione a ritenere che la regola del debito non sia stata violata pur non essendo stato raggiunto il valore di riferimento.

Nel preparare la relazione, la Commissione tiene altresì conto dell'eventuale rapporto elaborato dal Governo per motivare il mancato raggiungimento del valore di riferimento.

Dal 2015 il Governo italiano ha sempre preparato tale rapporto e la Commissione europea ha sempre concluso di non dover considerare come significativo il mancato raggiungimento del benchmark.

Nell'ultima relazione[34], in particolare, nel valutare il rispetto della regola per il 2017, la Commissione concludeva per la non violazione della regola, principalmente sulla scorta di condizioni cicliche ancora deboli. La Commissione chiedeva tuttavia all'Italia di impiegare eventuali entrate in eccesso rispetto ai livelli strutturali (windfall gains) per ridurre il debito pubblico e segnalava che la debole crescita economica non sarebbe più stata considerata come un fattore mitigante per la valutazione della regola del debito per i risultati del 2018.

 

Nella Nota di aggiornamento del DEF 2018, il Governo dichiara di condividere l'obiettivo di riduzione del rapporto debito/PIL, pur ritenendo che il miglior modo di perseguirlo sia attraverso la riduzione del denominatore risultante da una accelerazione della crescita economica favorita dalla manutenzione del territorio e delle infrastrutture e dalla ripresa degli investimenti pubblici, anche in capitale umano e innovazione. Un'azione sul numeratore del rapporto attraverso una restrizione di bilancio, invece, potrebbe mettere a rischio, nella visione del Governo, la ripresa economica e la coesione sociale in un contesto di bassa crescita nominale, di lenta accelerazione dei salari, di rallentamento del commercio internazionale, di elevato tasso di disoccupazione ? soprattutto giovanile ? e di ridotti investimenti.


3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo

Il 13 luglio 2018 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per Paese e i pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[35], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato nell'autunno 2017.

 

La procedura si articola a livello europeo nelle seguenti fasi temporali:

-   gennaio: presentazione da parte della Commissione dell'indagine annuale sulla crescita, poi negli ultimi anni anticipata al mese di novembre;

-   febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

-   metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell'ambito della nuova Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell'ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

-   inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

-   giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

-   seconda metà dell'anno (c.d. semestre nazionale): gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell'indagine annuale sulla crescita dell'anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell'attuazione delle raccomandazioni stesse.

 

In generale, si osserva una tendenza alla riduzione del numero delle raccomandazioni rivolte ai vari Paesi e una maggiore focalizzazione sulle priorità identificate nell'analisi annuale della crescita e connesse ai tre pilastri strategici (ribaditi nel marzo 2018 dal Consiglio europeo):

§  promozione degli investimenti;

§  prosecuzione delle riforme strutturali;

§  gestione responsabile delle politiche di bilancio.

Questo nell'ottica di promuovere le politiche in grado di rafforzare la ripresa e rendere meno dipendente la crescita europea dalle esogene internazionali.

Per quanto concerne l’Italia, il Consiglio dell’Unione europea ha formulato 4 raccomandazioni,  riguardanti:

1.   gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I);

2.   la pubblica amministrazione, la concorrenza, il contrasto alla corruzione e la giustizia (II);

3.   i crediti deteriorati e il settore bancario (III);

4.   il mercato del lavoro e la spesa sociale (IV).

 

Le raccomandazioni del 2018 ricalcano in larga parte, per temi e contenuti, le 4 raccomandazioni formulate all’Italia nel 2017, con alcune significative specificazioni:

§  per quanto riguarda l’equilibrio di bilancio, viene fissato un preciso obiettivo quantitativo (consistente nel contenimento entro lo 0,1% del tasso di crescita nominale della spesa primaria netta, corrispondente a un aggiustamento strutturale dello 0,6% del PIL), mentre nelle raccomandazione del 2017 si faceva riferimento, più genericamente, alla necessità di “perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018, in linea con i requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita”;

§  si richiama espressamente la necessità di “ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica”, al fine di creare margini per altra spesa sociale (nelle raccomandazioni del 2017 si faceva riferimento, più genericamente, alla necessità di razionalizzare la spesa sociale e migliorarne la composizione;

§  si richiama espressamente la necessità di “incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale”;

§  si fa espresso riferimento, nell’ambito degli interventi di politica fiscale per ridurre l’economia sommersa, all’esigenza di un “abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti”;

§  si fa riferimento alla necessità di “promuovere la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture mediante investimenti meglio mirati” e di “accrescere la partecipazione all’istruzione terziaria professionalizzante”;

§  si fa riferimento alla necessità di “migliorare l’accesso delle imprese ai mercati finanziari”;

§  non viene richiamata l’opportunità di reintrodurre l’imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato (presente nelle raccomandazioni del 2017).

 

Secondo quanto previsto dalla legislazione vigente[36], nella Nota di aggiornamento al DEF il Governo è chiamato a formulare le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma.

Al riguardo si ricorda che nel DEF presentato dal Governo Gentiloni ad aprile 2018, il Programma nazionale di riforma (PNR) si limitava (trattandosi di un documento redatto da un Governo dimissionario) a dare conto delle scelte legislative già assunte, senza indicare alcun proposito di intervento per il futuro.

Nella Nota di aggiornamento al DEF in esame il Governo specifica che intende “anticipare le linee del proprio programma e degli orientamenti di riforma”, rinviando al prossimo DEF (che dovrà essere presentato nel mese di aprile 2019) una trattazione più ampia e approfondita.

Il Governo osserva, inoltre, che il programma di riforma copre tutte le macro-aree delle raccomandazioni del Consiglio UE, “caratterizzandosi per una maggiore ampiezza e differendo su alcuni punti nel merito o nelle priorità”.

 

Nelle pagine seguenti viene analizzata la strategia di riforma del Governo e le principali linee di intervento, in relazione a ciascuna delle raccomandazioni formulate dal Consiglio dell’Unione europea all’Italia nel 2018.


I. Politiche di bilancio, fiscalità, investimenti pubblici

 

 

Raccomandazione n. 1: Assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superi lo 0,1 % nel 2019, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL. Utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Intensificare gli sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. Ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica al fine di creare margini per l'altra spesa sociale

 

In risposta alla prima raccomandazione, relativa agli aggiustamenti di bilancio, il Governo dichiara che la strategia di riforma “condivide l’enfasi sulla riduzione del debito della P.A:, ma differisce in termini di obiettivi per il saldo strutturale”.

 

Poiché la risposta del Governo a tale raccomandazione è illustrata in maniera diffusa all'interno della Nota di aggiornamento si rinvia (anche al fine di evitare un'inutile duplicazione di contenuti tra le diverse parti del presente dossier), in primo luogo, alle sezioni relative alla Relazione ex art. 6, comma 5, della legge n.243/2012 e al Percorso programmatico di finanza pubblica.

 

In tali sezioni il Governo prende atto che l’impulso espansivo del 2019 determina una deviazione dal sentiero di convergenza verso il pareggio di bilancio strutturale, che richiederebbe (secondo le regole europee) una miglioramento del saldo strutturale di almeno 0,6 punti percentuali per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

Il Governo ritiene tuttavia che una politica fiscale volta ad avvicinare gli i parametri europei richiesti priverebbe il bilancio pubblico di risorse destinate a rilanciare la domanda interna (che è quella che più ha sofferto negli ultimi anni) e a migliorare le prospettive di crescita di medio periodo e la sostenibilità sociale. Si tratta di un orientamento supportato dalla convinzione che l’economia italiana è ancora ben lontana dalla piena occupazione delle risorse e che la persistente debolezza delle condizioni cicliche non sia adeguatamente colta dalle stime ufficiali del prodotto potenziale e dell’output gap.

Il Governo ritiene, altresì, che il programma straordinario di investimenti (che presenterà a breve) è compatibile con l’accesso alla flessibilità all’interno del sistema di regole europee, consentendo in linea di principio deviazioni anche rilevanti dall’obiettivo di medio termine di bilancio strutturale in pareggio.

 

Si rinvia, altresì, alle schede che seguono (della presente sezione) per quanto concerne gli interventi della strategia di riforma del Governo suscettibili di incidere in modo più rilevante sull’andamento della spesa pubblica e, quindi, sull’aggiustamento strutturale richiesto

Nel complesso, le risorse previste per Reddito di Cittadinanza, Centri per l'impiego e Pensionamenti anticipati (cd. quota 100) assommano in media a circa lo 0,9 per cento del PIL annuo nel periodo 2019-2021.

Le politiche fiscali

In tema di politica fiscale il Governo, come chiarito anche nella premessa della NADEF, intende semplificare il sistema di tassazione diretta e indiretta, riducendo allo stesso tempo la pressione fiscale su imprese e famiglie.

Dal 2019 il Governo intende agire sulla tassazione delle imprese, sostenendo nella prima fase le attività di minori dimensioni svolte da imprenditori individuali, artigiani e lavoratori autonomi.

Tre i principali punti di azione governativa:

§  totale cancellazione degli aumenti dell’IVA previsti per il 2019;

§  prima fase di attuazione della flat tax, tramite l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani;

§  taglio dell’imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi.

Rinviando al paragrafo relativo alle clausole di salvaguardia per una disamina specifica, in questa sede si ricorda che la Raccomandazione n. 1 della Commissione UE per il 2018 invita l’Italia a spostare la pressione fiscale dal lavoro (cd. tax shift), in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati. Si raccomanda inoltre di intensificare gli sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti.

Tax shift

Con riferimento al tax shift auspicato dalla Commissione, il Governo chiarisce anzitutto che, dal punto di vista della politica fiscale, considera la graduale introduzione della flat tax per professionisti e piccole imprese una forma di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro.

La prima fase dell’introduzione della flat tax prevede l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani, così ampliando il vigente regime forfetario, che sostituisce Irpef e Irap, mediante l’assoggettamento ad aliquota del 15 per cento di una base imponibile forfettizzata, calcolata applicando ai ricavi i cd. coefficienti di redditività differenziati per attività economica. I soggetti che aderiscono a questo regime agevolato sono anche esentati dal versamento dell’Iva e da ogni adempimento.

Per una sintetica panoramica del regime forfetario si rinvia alla documentazione web.

A tale misura si affianca la riduzione delle aliquote delle imposte sui redditi corrispondenti agli utili destinati all’acquisto di beni strumentali e nuove assunzioni, allo scopo di incentivare gli investimenti e gli incrementi occupazionali, applicata a tutte le imprese.

Si segnala che dalle predette misure deriva, secondo quanto riferito dal Governo:

§   a futura abrogazione dell’IRI - Imposta sul Reddito Imprenditoriale (IRI), destinata ad entrare in vigore nel 2019 con aliquota al 24 per cento e che si intende superata dalla flat tax per le piccole imprese e lavoratori autonomi;

§  la futura abrogazione dell’Aiuto alla Crescita Economica (ACE), che consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile la componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio. Ciò discende dalla prevista misura di riduzione dell’aliquota sugli utili reinvestiti.

Per l’illustrazione sintetica di IRI ed ACE, si rinvia alla documentazione web.

Revisione delle agevolazioni fiscali

In relazione alla revisione delle agevolazioni fiscali menzionata dalla Commissione UE, il Governo afferma che gli spazi disponibili per la razionalizzazione delle cosiddette spese fiscali saranno valutati in futuro, contestualmente all’introduzione della flat tax generalizzata.

Al riguardo riferisce che la molteplicità delle agevolazioni, la difficoltà del loro coordinamento e le possibili sovrapposizioni con i trasferimenti diretti di risorse assistenziali possono impedire una corretta rappresentazione dei flussi redistributivi operati dal settore pubblico. Di conseguenza, chiarisce che la scelta delle agevolazioni su cui intervenire sarà guidata da un’attenta valutazione, tenendo in considerazione aspetti legati al costo-efficacia delle agevolazioni stesse, ai risultati che hanno prodotto e ai loro impatti redistributivi.

Il Governo ritiene comunque di reperire aumenti di gettito da modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto d’imposta, da dettagliare nella manovra 2019.

Rendite catastali

Con riferimento alla revisione delle rendite catastali richiesta dalla Raccomandazione della Commissione UE, in questa fase il Governo non ritiene opportuno rivedere nuovamente l’imposizione sugli immobili, in quanto oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni.

Si rinvia alla documentazione web sulle entrate degli enti territoriali per la specifica illustrazione.

Si rammenta in questa sede che la delega fiscale varata nella XVII legislatura (legge 11 marzo 2014, n. 23, il cui termine di esercizio è scaduto il 27 giugno 2015) si prefiggeva lo scopo (articolo 2) di correggere le sperequazioni delle rendite indicando, tra i principi e criteri per la determinazione del valore catastale, la definizione di ambiti territoriali del mercato e la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unità di consistenza (in luogo del numero dei vani). Si prevedeva anche il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, da effettuarsi a invarianza di gettito e tenendo conto delle condizioni socio-economiche e dell'ampiezza e composizione del nucleo familiare. Tuttavia la delega è stata attuata solo con riferimento alla composizione, alle attribuzioni e al funzionamento delle Commissioni censuarie, mediante il Decreto Legislativo n. 198 del 2014.

Lotta all’economia sommersa

Per quanto concerne la parte della Raccomandazione n. 1 sulla lotta all’economia sommersa, il Governo intende contrastare l’evasione potenziando tutti gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria e, in particolare, sfruttando l’applicazione di nuove tecnologie per effettuare controlli mirati. Si afferma in particolare che i dati disponibili a seguito dell’avvio della fatturazione elettronica obbligatoria saranno integrati anche, a partire da luglio 2019, da quelli rilevati attraverso la trasmissione telematica dei corrispettivi relativi alle transazioni verso consumatori finali.

Tali basi dati saranno utilizzate per potenziare tutte le attività volte ad incentivare l’adempimento spontaneo dei contribuenti, attraverso le comunicazioni per la promozione della compliance inviate a cittadini, ai professionisti e alle imprese, e saranno incrociate con i dati delle dichiarazioni dei redditi, per potenziare l’efficacia dei controlli.

Si propone inoltre, contestualmente all’avvio a regime dell’obbligo di fatturazione elettronica tra operatori economici, di introdurre misure di semplificazione fiscale e di riduzione degli oneri amministrativi a carico dei contribuenti. Si chiarisce in tale contesto che il Governo intende varare un decreto-legge su ‘pace fiscale’, con l’obiettivo di completare il percorso di chiusura delle posizioni debitorie ancora aperte, per consentire che l’attività di riscossione ordinaria riprenda con sempre maggiore efficienza.

Lo stesso obiettivo di efficienza sarà perseguito con riguardo al contenzioso, favorendo la chiusura delle liti pendenti.

Le clausole di salvaguardia

Con riferimento alle clausole di salvaguardia, la Nota ricorda come il Parlamento con l’approvazione della risoluzione sul DEF abbia impegnato il Governo ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise su benzina e gasoli.

Le clausole di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica sono state previste, per scongiurare le riduzioni di agevolazioni e detrazioni previste da manovre precedenti, dalla legge di stabilità 2015: dette clausole intendono incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta e le accise su benzina e gasolio. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall'anno 2016. Le misure sono state di volta in volta posticipate: da ultimo, la manovra 2018 ha rinviato gli aumenti IVA al 2019 e quelli accise al 2020.

Il seguente prospetto illustra le clausole di salvaguardia, come rimodulate dalla legge di bilancio 2018 (articolo 2 della legge n. 2015 del 2017):

 

2018

2019

2020

2021

Aliquota Iva 10% al 13%

0

(11,5%)

3.478,5

(13%)

6.957

(13%)

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

(25,4%)

8.993,4

(24,9%)

11.855

(25%)

12.263,80

Incremento accise

0

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

12.471,9

19.162

19.570,80

 

Il Governo afferma di voler procedere alla totale sterilizzazione degli aumenti previsti per il 2019 ed alla riduzione per il biennio 2020-2021.

Si prefigge inoltre di presentare, nel Programma di Stabilità 2019, un piano di intervento volto a sostituire le residue clausole di salvaguardia con interventi di riduzione della spesa (più in dettaglio, di revisione della spesa corrente e di potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte.

La fatturazione elettronica

Il Governo, con l'articolo 11-bis del decreto-legge n. 87 del 2018, in cui è confluito il testo del decreto-legge n. 79 del 2018, ha rinviato dal 1° luglio 2018 al 1° gennaio 2019 l'entrata in vigore dell'obbligo, (disposto dalla legge di bilancio 2018) della fatturazione elettronica per la vendita di carburante a soggetti titolari di partita IVA presso gli impianti stradali di distribuzione.  La decorrenza dell'obbligo di fattura elettronica, per tali soggetti, è stata così uniformata alle regole generali della legge di bilancio 2018, che – come accennato - dal 1° gennaio 2019 dispone l'uso di tale sistema di certificazione dei corrispettivi per le operazioni tra privati.

 

La fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture che permette di abbandonare il supporto cartaceo e tutti i relativi costi di stampa, spedizione e conservazione. Introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge finanziaria per il 2008, è stata attuata con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55 del 3 aprile 2013 per i rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori.  Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture cartacee. La stessa norma si applica, dal 31 marzo 2015, a tutte le altre pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali (articolo 25 del D.L. n. 66 del 2014).

Successivamente la legge di delega fiscale (articolo 9, legge n. 23 del 2014) ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica: in attuazione di tali norme è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, che consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.

La legge di bilancio 2018, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto nell'ambito dei rapporti fra privati (business to business - B2B) l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, dal 1° gennaio 2019.

 

L'Agenzia delle Entrate, in vista dell'entrata in vigore dei predetti obblighi, ha pubblicato una guida pratica per i contribuenti, due video-tutorial  e una nuova sezione del sito per trovare velocemente tutte le informazioni utili sulla fatturazione elettronica. All'interno della sezione tematica dedicata del sito internet dell'Agenzia, il contribuente trova anche la nuova guida - pdf, che spiega come predisporre, inviare e conservare le proprie fatture e il link diretto a due video-tutorial, disponibili sul canale Youtube dell'Agenzia, sulle novità della fatturazione elettronica e sul QR-Code.

Il nuovo direttore dell'Agenzia delle entrate, Antonino Maggiore, mercoledì 3 ottobre 2018, in audizione presso la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, ha inoltre illustrato una memoria sullo stato di attuazione e sulle attività pianificate e in corso di realizzazione per rendere effettivo l'obbligo di fatturazione elettronica per gli operatori Iva, soggetti residenti o stabiliti in Italia, nella cessione di beni e prestazioni di servizi, sia con riferimento agli altri operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia con riferimento ai consumatori finali (operazioni B2C, cioè Business to Consumer).

 

È all’esame delle competenti Commissioni Parlamentari l’Atto del Governo n. 49, col quale si intende recepire nell'ordinamento italiano la direttiva 2014/55/UE relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici. Lo schema recepisce le regole tecniche dello standard europeo (previste dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1870 della Commissione) e le integra con la disciplina tecnica nazionale.

Ulteriori misure di politica fiscale

Il Governo si impegna inoltre ad utilizzare la leva fiscale per una serie di interventi a sostegno di politiche specifiche:

§  politiche fiscali a favore di famiglie con figli e revisione dell’Isee;

§  proroga della detrazione per interventi di riqualificazione energetica degli edifici e regime fiscale di vantaggio per le aziende che implementano strategie di riduzione dell’inquinamento;

§  meccanismi fiscali premianti per la riduzione dei rifiuti e l’economia circolare;

§  no tax area per ampliare la platea di studenti universitari beneficiari dell’esenzione;

§  per il turismo, oltre al riordino dei tax credit ristrutturazione e digitalizzazione, ridefinizione dell’imposta di soggiorno, come effettiva tassa di scopo a sostegno del turismo locale e nazionale, nonché del regolamento sugli affitti brevi.

Valorizzazione del patrimonio immobiliare e dei beni demaniali

Nella Nota il Governo evidenzia come la valorizzazione del patrimonio pubblico sia parte integrante della strategia economica e di bilancio. Tale processo di valorizzazione si sviluppa attraverso la cessione dei cespiti più appetibili (diretta o mediata da Fondi immobiliari) o, per gli immobili utilizzati a fini istituzionali, attraverso una gestione più economica ed efficiente (ad esempio razionalizzando gli spazi utilizzati e rinegoziando gli eventuali contratti di locazione).

 

A tale riguardo, nell’ultima ricognizione svolta dal Mef è emerso che il valore patrimoniale dei fabbricati, circa 1 milione di unità catastali, è stimato in 283 miliardi (di cui il 77 per cento riconducibile a fabbricati utilizzati direttamente dalla PA, circa 217 miliardi e quindi non disponibile, nel breve-medio termine). Il restante 23 per cento è dato in uso, a titolo gratuito o oneroso, a privati (51 miliardi), oppure risulta non utilizzato (12 miliardi) o in ristrutturazione (3 miliardi).

 

Le locazioni passive per la PA centrale, invece, ammontavano per l’anno 2014 a oltre 900 milioni. Tuttavia, grazie alle politiche di recupero di immobili pubblici abbandonati e al rilascio degli immobili privati, nel 2018 la spesa per canoni complessiva è stimata in circa 813 milioni. Al completamento degli interventi programmati si prevede, quindi, di ottenere un risparmio, a regime, di circa 200 milioni.

 

In questo ambito, l'Agenzia del demanio è responsabile della gestione, razionalizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato (costituito da quasi 43.000 immobili, per un valore complessivo di 60,6 miliardi) e cura il federalismo demaniale, ovvero il trasferimento gratuito dei beni agli enti territoriali, in cambio di impegni all’utilizzo e alla valorizzazione degli immobili (a maggio 2018 sono stati trasferiti 5.021 beni a 1.324 enti territoriali, per un valore di circa 1 miliardo e 830 milioni). L’Agenzia, nei prossimi anni, gestirà 2 miliardi - già stanziati dalle vigenti leggi di bilancio – rivolti alla riqualificazione sismica ed energetica degli immobili statali (1,1 miliardi), alla razionalizzazione degli usi governativi, nonché alla realizzazione di 39 progetti di federal building (0,9 miliardi).

 

Per federal building si intende quel processo in cui grandi edifici pubblici vengono riqualificati per realizzare poli amministrativi in cui raggruppare gli uffici pubblici e accorpare così i servizi ai cittadini. Con il federal building, oltre ad utilizzare spazi pubblici inutilizzati di notevoli dimensioni e in progressivo stato di degrado, si garantisce una significativa riduzione delle spese gestionali e di bolletta energetica, migliorando la qualità dell’ambiente di lavoro e contribuendo al rilancio dell’economia attraverso la rivitalizzazione di intere aree urbane e la rigenerazione dei territori.

 

Per il 2018, i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 600 milioni, di cui 50 milioni per le vendite di immobili delle amministrazioni centrali, 380 milioni per le vendite effettuate dalle amministrazioni locali e 170 milioni per le vendite degli enti di previdenza. Le dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico per gli anni 2019 e 2020 sono stimate, rispettivamente, pari a 640 milioni e 600 milioni.

 

Per i fondi gestiti da Invimit Sgr, società interamente partecipata dal MEF, le relazioni semestrali al 30 giugno 2018 evidenziano che gli immobili pubblici apportati a detti fondi hanno un valore pari a circa 1.086 milioni così ripartiti:106 milioni per il fondo i3-INAIL, 174 milioni per il fondo i3-Regione Lazio, 74 milioni per il fondo i3- Università, 79 milioni per il Comparto 8-quater e 62,726 milioni per il Comparto 8-ter del fondo i3-Sviluppo Italia; 284 milioni per il fondo i3-Inps, 306 milioni per il fondo i3-Patrimonio Italia.

 

Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 marzo 2013 è stata istituita la Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio società per azioni (Invimit SGR S.p.A.) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (fondi di fondi). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (fondi diretti). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. fondi difesa).

Investimenti pubblici

Il Governo intende dare nuovo impulso agli investimenti pubblici, invertendo la tendenza negativa in atto da molti anni, soprattutto a seguito della crisi economica.

La strategia delineata nella Nota passa attraverso l’incremento delle risorse e il miglioramento della capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche.

Per quanto concerne le risorse, il Governo intende incrementare significativamente gli investimenti rispetto allo scenario tendenziale (nel quale peraltro è già incorporata la ripresa di tale tipologia di spese), con l’obiettivo di una graduale ricomposizione della spesa pubblica a favore di quella in conto capitale. Nello scenario programmatico le risorse aggiuntive sono pari a oltre 0,2 punti di PIL nel 2019, per arrivare ad oltre 0,3 punti di PIL nel 2021, portando la quota di investimenti pubblici (dall’1,9 per cento del PIL stimato per il 2018) al 2,3 per cento del PIL nel 2021. Risorse aggiuntive ulteriori saranno reperite al fine di portare la spesa per gli investimenti pubblici al 3,0 del PIL entro la fine della legislatura.

Infine, alla luce della Raccomandazione n. 4 – nella parte in cui essa riguarda la promozione delle infrastrutture mediante investimenti pubblici meglio mirati – nel Documento si sottolinea che sul totale delle risorse finanziarie stanziate per un periodo di quindici anni, pari a circa 150 miliardi, le risorse attivabili ammontano a circa 118 miliardi, che concorrono all’obiettivo di aumentare gli investimenti pubblici, al fine di raggiungere almeno il 3 per cento in rapporto al PIL (vedi III.2 pag. 40).

 

Per una quadro delle risorse stanziate e fin qui ripartite del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (di cui al comma 140 della legge 232/2106 – Legge di bilancio per il 2017) si rinvia alla scheda di approfondimento.

Valorizzazione del partenariato pubblico privato (PPP), modifica del Codice dei contratti pubblici e investimenti strategici

Per quanto riguarda il tema dei contratti pubblici e il miglioramento della capacità di spesa, il Governo sottolinea, in particolare, la necessità di:

§  valorizzare il partenariato pubblico-privato (PPP), attraverso la definizione di un contratto standard (già in stato avanzato di definizione), che fornirà una guida indispensabile alle P.A.;

§  rivedere il codice degli appalti, al fine di superare le incertezze interpretative emerse e semplificare le procedure;

§  creare una task force con il compito di centralizzare le informazioni sui progetti in corso e promuovere le migliori pratiche.

 

Sul tema degli investimenti strategici, il programma prevede che si dia luogo ad una rigorosa analisi costi-benefici e a un attento monitoraggio delle grandi opere in corso (Gronda autostradale di Genova, Pedemontana lombarda, terzo valico, collegamento tra Brescia e Padova e tratta Torino-Lione).

A tale riguardo, si ricorda che presso la VIII Commissione ambiente, nella seduta del 4 ottobre 2018, è stato presentato l'ultimo Rapporto sull’attuazione del programma delle infrastrutture strategiche e prioritarie, elaborato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, in cui si analizza lo stato di avanzamento delle infrastrutture strategiche e prioritarie, con dati aggiornati al 31 maggio 2018. Si tratta degli interventi inseriti nella programmazione delle infrastrutture strategiche nel periodo 2001-2014, a partire dalla cosiddetta "legge obiettivo" (legge n. 443 del 2001) che è stata abrogata dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), nonché delle infrastrutture prioritarie individuate dagli allegati ai documenti di economia e finanza (DEF) del 2015 e del 2017. I dati relativi alle singole opere sono consultabili attraverso il sistema SILOS (Sistema informativo legge opere strategiche).

Rete idrica, edilizia pubblica e prevenzione rischi sismici

In materia di interventi sulle infrastrutture idriche, si prevede la predisposizione di un piano nazionale di interventi per l'ampliamento ed il completamento degli invasi esistenti.

Con riferimento all’edilizia pubblica, il programma evidenzia, la rilevanza del Building Information Modeling (BIM), che consente un risparmio potenziale fino a 30 miliardi negli appalti pubblici, la promozione della rigenerazione urbana, nell’ottica di ridurre il consumo di suolo, la stabilizzazione delle misure finanziarie su ecobonus e sisma bonus, la mitigazione del rischio sismico attraverso misure specifiche (adeguamento antisismico, monitoraggio degli interventi, e misure finanziarie).

La legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale) ha dettato diverse disposizioni in materia di difesa del suolo.

La legge di bilancio 2017 (commi 140-142, L. 232/16) ha istituito il Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nello stato di previsione del Ministero dell'economia, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, destinato tra l'altro al finanziamento degli investimenti in edilizia pubblica e per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia. Il D.L. n. 50 del 2017 (art. 25, comma 1) ha previsto, per l'anno 2017, che una quota del Fondo, per un importo pari a 400 milioni di euro, per le medesime finalità previste, venga attribuita alle Regioni a statuto ordinario, che sono tenute ad effettuare investimenti nuovi e aggiuntivi per un importo almeno pari a circa 132 milioni di euro. La legge di bilancio 2018 (commi 1072 e 1075, L. 205/17) ha rifinanziato il citato Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033 e ha istituito (commi 1079-1084), presso il MIT, il Fondo per la progettazione degli enti locali, la cui dotazione finanziaria è quantificata in 30 milioni di euro annui per il periodo 2018-2030, ed è destinata al cofinanziamento della redazione dei progetti di fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi degli enti locali per opere destinate alla messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche.

Trasporti e mobilità

In tema di infrastrutture nel PNR si evidenzia l’intenzione di dare priorità a piccole opere diffuse di manutenzione delle opere esistenti con particolare attenzione a viabilità e sicurezza di ponti, gallerie e strade interne, nonché ad alcuni obiettivi primari in materia di integrazione tra forme di mobilità locale e regionale, di sicurezza stradale e di promozione della mobilità sostenibile, di seguito illustrati.

Integrazione tra forme di mobilità locale e regionale

Innanzitutto la promozione del trasporto ferroviario regionale e l’integrazione con altre forme di mobilità, attraverso il sostegno al car e bike sharing e la costruzione di parcheggi intermodali in prossimità delle stazioni ferroviarie metropolitane e degli autobus.

Per le ferrovie regionali in particolare, il Governo prevede una stretta collaborazione con le Regioni ma anche la possibilità di affidare a Rete Ferroviaria Italiana (RFI) alcuni tratti oggi gestiti dalle Regioni.

In relazione al Piano Nazionale per le piste ciclabili, si annuncia lo schema di decreto per la ripartizione dello stanziamento di 362 milioni per la nascita del sistema nazionale delle ciclovie turistiche.

In merito al trasporto pubblico locale si prevede la fissazione di standard minimi di efficienza e di qualità su base nazionale, anche attraverso il rinnovo del parco mezzi di autobus e treni e rafforzando la collaborazione con l’Autorità per i Trasporti.

Sicurezza stradale e mobilità sostenibile

In tema di sicurezza stradale e smart mobility, il PNR prevede l’utilizzo dell’innovazione sia per le infrastrutture stradali che per i veicoli tramite una loro sempre maggiore integrazione, come strumento principale per la riduzione delle vittime della strada, per raggiungere l’obiettivo fissato dall’UE per il 2020. Si citano strumenti quali le piattaforme di osservazione e monitoraggio del traffico, i modelli di elaborazione dei dati e delle informazioni e si cita il progetto Smart road in corso si sperimentazione a Torino e a Modena.

 

In tema di mobilità sostenibile il PNR prevede la progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori diesel e benzina, al fine contenere le emissioni inquinanti, anche attraverso un disegno di legge sulla mobilità sostenibile, che favorirà la sostituzione degli automezzi alimentati con motori endotermici verso veicoli a trazione elettrica, sia attraverso il piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici, che con possibilità di introdurre contributi pubblici all’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici, commisurati al costo di produzione e decrescenti nel tempo, e con interventi relativi al retrofit per veicoli e misure di politica industriale per sostenere lo sviluppo della produzione nazionale di veicoli e componenti.

 

Porti, aeroporti e autotrasporto

In relazione allo scambio modale nei porti, tra trasporto per ferrovia e su strada, si prevede che Rete Ferroviaria Italiana ed ANAS debbano potenziare le infrastrutture di adduzione e di ultimo miglio e che siano investite risorse per le aree retroportuali per lo sdoganamento delle merci in loco e il trasbordo su altre modalità.

Si ricorda che tra le azioni strategiche del cronoprogramma in materia di infrastrutture, nell’ambito delle misure di competitività, si prevede tra le azioni del triennio 2018-2020 l’attuazione della riforma del sistema portuale e del Piano nazionale della portualità e della logistica.

 

Nel settore aeroportuale si prevede la riduzione degli attuali squilibri, per garantire infrastrutture e servizi aerei efficienti ai territori minori.

 

Nel settore dell’autotrasporto si prevede il rilancio della Consulta per l’Autotrasporto, nonché misure contro l’abusivismo, il controllo sul cabotaggio svolto in Italia dai vettori stranieri e semplificazioni amministrative nell’ambito delle revisioni. Il Governo inoltre intende continuare a sovvenzionare le imprese dell’autotrasporto per compensarle della differenza tra la tassazione vigente in Italia sul gasolio da autotrazione rispetto ad altri Paesi europei.

Concessioni e società partecipate

Il Governo evidenzia la scarsa redditività media delle concessioni per l’Erario (dovuta a frammentazione delle competenze, regolazione inefficiente, canoni inadeguati) , proponendosi di arrivare, entro al fine del 2019, all’avvio di una completa mappatura del fenomeno, finalizzata alla predisposizione di una legge quadro di riordino e valorizzazione dei regimi di concessione.

Il Governo si ripropone di studiare un’ipotesi che consenta di destinare i maggiori introiti (non quantificabili) che potrebbero derivare da tale processo di riordino (unitamente ai proventi delle dismissioni immobiliari e delle alienazione di quote di società partecipate) alla Fondo di ammortamento del debito pubblico, ai fini della riduzione del rapporto debito/PIL.

Per quanto riguarda, specificamente, le società a partecipazione pubblica, il Governo segnala che dall’analisi del processo di ricognizione delle partecipazioni pubbliche previsto dalla legge, è emerso che circa 1.600 società sarebbero prive dei requisiti richiesti. Nei prossimi mesi si procederà, pertanto, al monitoraggio dei piani di razionalizzazione presentati (entro il 30 settembre 2018) dagli enti pubblici.

Sul Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica si rinvia alla scheda di approfondimento.

Riforme costituzionali

La Nota di aggiornamento al DEF dedica un specifico paragrafo al programma di riforme istituzionali che il Governo intende attuare.

 

L'obiettivo del programma di riforme costituzionali richiamato nella Nota di aggiornamento consiste nel “miglioramento della qualità delle decisioni”, da realizzare attraverso due percorsi:

§  l’ampliamento della partecipazione dei cittadini alla vita politica;

§  il miglioramento dell’efficacia dell'attività del Parlamento.

 

Il programma, nel dettaglio, prevede quattro linee di intervento:

§  il potenziamento degli istituti di democrazia diretta, riconoscendo maggiori responsabilità decisionali ai cittadini, in particolare attraverso:

-  il rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare (con l'introduzione del referendum propositivo);

-  l'eliminazione del quorum strutturale nel referendum abrogativo;

-  la semplificazione degli adempimenti per la raccolta delle firme;

§  la riduzione del numero dei parlamentari, con la diminuzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200.

§  la soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);

§  l'introduzione del ricorso diretto alla Corte costituzionale sulle deliberazioni assunte dalle Camere in materia di elezioni e cause di ineleggibilità e incompatibilità dei membri del Parlamento.

 

Si tratta di interventi che il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta (con delega anche alle riforme istituzionali ai sensi del DPCM 27 giugno 2018) ha illustrato nel corso della audizione sulle linee programmatiche presso le Commissioni riunite affari costituzioni di Camera e Senato (sedute del 12 luglio e 24 luglio 2018). Il ministro, in quella occasione ha fatto riferimento anche ad altre riforme quali il rafforzamento del mandato elettorale, la modifica del primo comma dell’art. 117, primo comma, nella parte che assoggetta la potestà legislativa di Stato e regioni ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, l’incentivazione degli strumenti di democrazia diretta anche a livello regionale e locale, il miglioramento della qualità delle leggi.

In queste materie risultano presentate diverse proposte di legge costituzionale, sia alla Camera, sia al Senato.

 

Un'altra priorità consiste nel completamento dei percorsi avviati dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna nel 2017 in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione concernente l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario.

 

Si ricorda che le tre regioni hanno sottoscritto nel febbraio 2018 accordi preliminari con il Governo per l'attuazione di condizioni speciali di autonomia.

Nel corso dell’audizione sulle linee programmatiche del 18 settembre 2018 presso le Commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato il Ministro per gli affari regionali, Erika Stefani, ha fornito ulteriori aggiornamenti sul tema e definito il percorso lungo il quale il Governo intende procedere.

 

Si ricorda che l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (c.d. "regionalismo differenziato" o "regionalismo asimmetrico", in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre), ferme restando le particolari forme di cui godono le Regioni a statuto speciale (art. 116, primo comma).

L'ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono:

§  tutte le materie che l'art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente;

§  un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato:

§  organizzazione della giustizia di pace

§  norme generali sull'istruzione

§  tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

L'attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere stabilita con legge rinforzata, che, dal punto di vista sostanziale, è formulata sulla base di un'intesa fra lo Stato e la Regione, acquisito il parere degli enti locali interessati, nel rispetto dei princìpi di cui all'art. 119 Cost. in tema di autonomia finanziaria, mentre, dal punto di vista procedurale, è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.

Dall'introduzione di tali disposizioni in Costituzione, avvenuta con la riforma del Titolo V prevista dalla legge cost. n. 3/2001, il procedimento previsto per l'attribuzione di autonomia differenziata non ha ancora trovato completa attuazione.

Su questi temi è stata svolta nel 2017 un'indagine conoscitiva in seno alla Commissione bicamerale per le questioni regionali, che si è conclusa con la definizione di un documento conclusivo che ne ripercorre i principali elementi (si veda anche il dossier sul tema).

II. Giustizia, sicurezza, pubblica amministrazione, concorrenza

 

 

Raccomandazione n. 2: Ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore. Aumentare l'efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione. Assicurare il rispetto del nuovo quadro normativo per le imprese di proprietà pubblica e accrescere l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. Affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore dei servizi, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza

Giustizia

Lotta alla corruzione, riforma della prescrizione e sistema penitenziario

Nell’ambito delle Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2018 dell’Italia, del 13 luglio 2018 (2018/C320/11), la n. 2 include, come nel precedente anno, la lotta alla corruzione tramite un aumento dell’efficacia dell’azione preventiva e repressiva.

Il contrasto dei fenomeni corruttivi, in relazione al grave pregiudizio che gli stessi apportano al buon andamento della PA, dell’economia e della libera concorrenza nonché dell’affidamento dei mercati, assume quindi un’importanza centrale nella Nota di aggiornamento del DEF 2018 con riguardo al settore della giustizia (si tratta per il Governo di un’azione strategica da attuare, in base al cronoprogramma, entro il 2020).

In particolare la Nota segnala il recente varo del disegno di legge del Governo cd. spazzacorrotti.

I principali filoni di intervento del provvedimento, attualmente all’esame della Camera (AC 1189) prevedono:

§  il “Daspo” per i corrotti ovvero l'interdizione dai pubblici uffici e il divieto di contrarre con la PA per la durata da 5 a 7 anni in caso di condanne fino a 2 anni di reclusione; interdizione e divieto che diventano permanenti in caso di condanna superiore a 2 anni;

§  l’interdizione dai pubblici uffici anche se si beneficia della sospensione condizionale e della riabilitazione; per la riabilitazione gli effetti del Daspo cessano dopo 12 anni;

§  l'aumento delle pene per i reati di corruzione per l'esercizio della funzione;

§  l’estensione ai reati di corruzione della possibilità di utilizzare la figura dell'agente sotto copertura;

§  sconti di pena e clausola di non punibilità per chi collabora con la giustizia fornendo indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare eventuali responsabili;

§  l’ampliamento della possibilità di confisca dei beni anche in caso di prescrizione del reato o amnistia;

§  l'assorbimento del reato di millantato credito nella fattispecie di traffico illecito di influenze;

§  disposizioni per assicurare la trasparenza dei finanziamenti ai partiti.

 

Tale intervento integra quelli in materia di repressione dei fenomeni corruttivi introdotti più recentemente nell’ordinamento.

Si ricordano in particolare: la legge sul cd. whistleblowing (legge n. 179 del 2017), volto alla tutela dei lavoratori pubblici o privati che segnalino o denuncino reati di corruzione o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza nell'àmbito del proprio rapporto di lavoro; la possibilità, prevista dal Codice antimafia, riformato dalla legge 161 del 2017, che anche gli indiziati di specifici delitti di corruzione, ove collegati al reato associativo, possano essere sottoposti a misure di prevenzione personali e patrimoniali.

 

Nonostante non sia citata dalla Raccomandazione n. 2, la Nota di aggiornamento al DEF ritiene prioritaria altresì una riforma della prescrizione, anche in considerazione dei più recenti dati statistici che testimoniano la crescita dei procedimenti penali prescritti.

 

In materia, si ricorda che un intervento sull’istituto della prescrizione è stato introdotto sul finire della scorsa legislatura dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, di riforma del processo penale.

L’elemento principale della riforma prevista dalla legge n. 103/2017 consiste nella introduzione di nuove ipotesi di sospensione del termine necessario a prescrivere il reato.

In base alla riforma, la prescrizione è sospesa:

§  per richiesta di rogatoria all'estero (con un termine massimo di sospensione pari a sei mesi);

§  dopo la sentenza di condanna in primo grado, il termine di prescrizione resta sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque per un tempo non superiore a un anno e sei mesi;

§  dopo la sentenza di condanna in appello, anche se pronunciata in sede di rinvio, il termine di prescrizione resta sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque ancora una volta per un tempo non superiore a un anno e sei mesi.

Viene precisato, inoltre che, in caso di assoluzione dell'imputato in secondo grado o di annullamento della sentenza di condanna ovvero di dichiarazione di nullità della decisione con conseguente restituzione degli atti al giudice, i periodi di sospensione di un anno e sei mesi (per il giudizio d'appello) e di un anno e sei mesi (per il giudizio di Cassazione) vengano ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione.

 

L’intervento sulla prescrizione (tra le azioni strategiche del cronoprogramma da attuare entro il 2019) – precisa la Nota - va comunque coniugato con l’obiettivo di garantire la durata ragionevole del processo penale da supportare soprattutto attraverso adeguati investimenti in risorse umane e materiali.

 

Infine, il Governo nel PNR si propone di intervenire anche sul sistema penitenziario, in particolare affrontando il tema della dotazione organica della polizia penitenziaria. Il cronoprogramma prevede come azione strategica la “riforma della detenzione”, da realizzare entro il 2020.

Efficienza del processo civile e riforma delle procedure concorsuali

L’efficienza del processo civile rientra tra le azioni strategiche del Piano nazionale di riforma 2018, e in base al cronoprogramma l’obiettivo dovrebbe essere realizzato entro il 2020. In tale ambito, il Consiglio europeo raccomanda all’Italia di ridurre la durata dei procedimenti civili in tutti i gradi di giudizio e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale. Anche tale raccomandazione riprende il contenuto di quella del 2017.

Al riguardo il Governo, pur ribadendo il trend di riduzione della durata media dei procedimenti civili, richiama l’esigenza di programmare interventi normativi idonei in relazione al permanere delle criticità (durata del processo ultra annuale in cassazione, ultra biennale in appello; ultra triennale in primo grado).

In particolare, oltre al potenziamento del processo telematico, la Nota ritiene fondamentale intervenire sul processo civile, attualmente caratterizzato dalla predeterminazione legale dei poteri del giudice e delle parti, introducendo un rito unico semplificato.

L’intervento normativo si caratterizzerebbe, in particolare per la previsione del ricorso (al posto della soppressa citazione); per la riduzione dei termini a comparire; per il ricorso ad un sistema di preclusioni già negli atti introduttivi; per la rimodulazione della fase della sentenza.

Agli interventi sulla procedura, il documento in esame intende affiancare l’incremento degli organici, di magistratura e amministrativo, estesi anche al settore penale.

 

Nell’ottica generale di una maggior efficienza del settore civile va ricordato il decreto legge n. 50 del 2017 che ha stabilizzato nell’ordinamento l’istituto della mediazione obbligatoria, cui si deve ricorrere per specifiche controversie civili e commerciali che incidono pesantemente sui carichi di lavori dei tribunali civili (tra queste, in particolare, le cause condominiali e di risarcimento danni derivante da circolazione dei veicoli).

Altra riforma approvata dal Parlamento nella scorsa legislatura e volta a migliorare l’efficienza nel processo civile è quella della magistratura onoraria, indicata anche tra le azioni strategiche del PNR 2017. Come noto, infatti, i giudici non togati rivestono un ruolo fondamentale per lo smaltimento della gran parte delle cause civili. In attuazione della delega prevista dalla legge n. 57 del 2016, il decreto legislativo n. 116 del 2017 ha introdotto uno statuto unico della magistratura onoraria, da applicare ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari. La riforma stabilisce la temporaneità dell’incarico e una sua durata massima di 4 anni (rinnovabile una sola volta) nonchè un limite di età di 68 anni. Sono ampliate significativamente le competenze civili dei giudici di pace (che dal 2012 raddoppieranno l’organico, passando da 4.000 a 8.000 unità) e dei giudici onorari e vice procuratori onorari presso i tribunali cui, oltre che funzioni giudiziarie, vengono assegnati compiti di supporto all’attività dei magistrati professionali (ufficio per il processo). Sono poi regolamentati i compensi ed è introdotto uno specifico regime previdenziale della magistratura onoraria.

Nell’ambito dell’attività della scorsa legislatura, va inoltre segnalato un disegno di legge di delega al Governo per un'ampia riforma del processo civile. avente come principale obiettivo la riduzione dei tempi del processo, in un'ottica di specializzazione e semplificazione dell'offerta di giustizia. Approvato dalla Camera dei deputati il 10 marzo 2016, il provvedimento non ha concluso il suo iter parlamentare (AS 2284).Al riguardo si ricorda, in particolare relazione ai contenuti della Nadef, l'estensione in primo grado del "rito semplificato di cognizione di primo grado”. Il provvedimento si muoveva lungo quattro fondamentali linee direttrici: a) specializzazione dell'offerta di giustizia, attraverso l'ampliamento delle competenze del tribunale dell'impresa e l'istituzione del tribunale della famiglia e della persona; b) accelerazione dei tempi del procedimento, attraverso la razionalizzazione dei termini processuali e la semplificazione dei riti; a tal fine è attribuito un ruolo centrale alla prima udienza, è potenziato il carattere impugnatorio dell'appello, sono accelerati i tempi del giudizio in Cassazione mediante un uso più diffuso del rito camerale; c) introduzione del principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice; d) adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico.

 

Durata nazionale del civile di Tribunale - anni 2014 - 2016

Contenzioso di tribunale

Durata effettiva espressa in giorni

 

2014

2015

2016

 

Affari civili contenziosi - Lavoro e Previdenza - Separazioni e Divorzi contenziosi - Contenziosi commerciali

1.044

1.007

981

 

Fonte: Ministero della Giustizia, Direzione generale di Statistica e Analisi organizzativa - Dipartimento organizzazione giudiziaria

 

Per quanto riguarda il processo telematico, il Ministero della giustizia ha reso note le statistiche aggiornate al mese di maggio 2018, che evidenziano un costante aumento sia dei depositi telematici da parte di avvocati e professionisti, sia del numero dei documenti nativi digitali prodotti dai magistrati.

 

Depositi telematici da parte di avvocati e professionisti
(giugno 2017-maggio 2018)

Ricevuti 8.498.832 atti, di cui

- 399.095 ricorsi per decreto ingiuntivo

- 6.361.410 atti endo-procedimentali

- 1.738.327 atti introduttivi e di costituzione

 

Confronto medie mensili:

 

 

 

Provvedimenti nativi digitali depositati da magistrati
(giugno 2017-maggio 2018)

4.811.161 atti, di cui

- 1.486.704 verbali di udienza

- 379.280 decreti ingiuntivi

- 308.748 sentenze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Confronto medie mensili:

 

Nella Nota, il Governo richiama inoltre la centralità del tema del diritto fallimentare, anche alla luce di quanto contenuto nella Raccomandazione 3 del Consiglio europeo che segnala la necessità di attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza.

Il Governo si propone di intervenire entro il 2018 per assicurare linearità ad un sistema normativo definito farraginoso e che genera incertezze applicative, anche mediante modifiche al lavoro della Commissione ministeriale Rordorf, dai cui lavori ha avuto origine la legge n. 55 del 2017 che ha concesso una delega al Governo per il riordino della disciplina delle procedure concorsuali.

La legge delega è, in particolare, volta ad adottare un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o dello stato di insolvenza, anticipando l’emersione della crisi così da poter intervenire con piani di risanamento dell’impresa.

 

I principali profili innovativi della legge 55/2017 appaiono i seguenti:

§  l’introduzione di una fase preventiva di "allerta" finalizzata all'emersione precoce della crisi d'impresa e ad una sua risoluzione assistita;

§  la facilitazione, nello stesso quadro, all'accesso ai piani attestati risanamento e agli accordi di ristrutturazione dei debiti;

§  la semplificazione delle regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative, anche di natura giurisprudenziale, che nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali;

§  la revisione della disciplina dei privilegi che prevede un sistema di garanzie mobiliari non possessorie ;

§  l'individuazione del tribunale competente in relazione alle dimensioni e tipologia delle procedure concorsuali assicurando la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale;;

§  la sostituzione della procedura fallimentare con quella di liquidazione giudiziale;

§  la rivisitazione della normativa sul concordato preventivo, lo strumento ritenuto più funzionale tra quelli concorsuali attualmente vigenti.;

§  la sostanziale eliminazione come procedura concorsuale, della liquidazione coatta amministrativa, che residua unicamente come possibile sbocco dei procedimenti amministrativi volti all'accertamento e alla sanzione delle gravi irregolarità gestionali dell'impresa;

§  la previsione, per le insolvenze di minore portata, di una esdebitazione di diritto – che dunque non richiede la pronuncia di un apposito provvedimento del giudice – conseguente alla chiusura della procedura di liquidazione giudiziale, fatta salva la possibilità di un'eventuale opposizione da parte dei creditori;

§  le modifiche alla normativa sulle crisi da sovraindebitamento;

§  l'ampia attenzione riservata alla crisi del gruppo societario con disposizioni volte, in particolare, a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell'insolvenza delle plurime imprese del gruppo.

 

La riforma prevede, quindi, una sostanziale semplificazione del procedimento, una riduzione dei costi e della durata delle procedure e, in particolare, una priorità per la trattazione delle proposte che assicurino la continuità aziendale, considerando il fallimento (ora denominato “liquidazione giudiziale”) come extrema ratio. In tale ottica, vengono incentivati tutti gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi. Il termine per l’esercizio della delega è fissato al 14 novembre 2018.

 

Tra gli interventi della scorsa legislatura in materia si ricorda anche il decreto legge n. 91 del 2017 (legge n. 123 del 2017) che ha ampliata la possibilità di accesso alla procedura speciale di ammissione all’amministrazione straordinaria. Le imprese cessionarie di complessi aziendali acquisiti da società sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria, ove destinatarie di domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento, ovvero di dichiarazione di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei citati complessi aziendali, sono ammesse all'amministrazione straordinaria anche in deroga ai requisiti dimensionali dell’impresa previsti dalla legge.

Sicurezza pubblica

Il PNR individua quattro direttrici principali delle politiche del Governo in materia di sicurezza:

§  il contrasto dei flussi migratori irregolari, sulla base della condivisione delle responsabilità della difesa delle frontiere esterne dell’Unione europea;

§  la lotta alle mafie e alle altre organizzazioni criminali, anche attraverso misure finalizzate ad aggredire le ricchezze accumulate illecitamente;

§  la revisione dell’ordinamento degli enti locali, per contrastare la criminalità e la corruzione;

§  il potenziamento dell’innovazione tecnologica e l’introduzione delle modifiche ordinamentali per la lotta alla criminalità diffusa.

 

Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina, il PNR individua le seguenti azioni di intervento:

§  adozione di un nuovo approccio nelle politiche di contenimento dei flussi migratori verso l’Europa, che vanno intercettati nei Paesi di partenza e transito, attraverso una gestione europea;

§  ridefinizione della protezione umanitaria;

§  riduzione della durata delle procedure di esame delle domande di asilo;

§  riforma dei servizi di prima accoglienza riservati ai richiedenti asilo;

§  implementazione delle misure, e delle relative risorse, per i rimpatri volontari assistiti (RVA), con il finanziamento anche di fondi europei (FAMI).

 

Di recente il Governo ha adottato il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione e sicurezza.

Per quanto riguarda l’immigrazione, il provvedimento interviene in primo luogo a definire nel dettaglio i requisiti necessari per l’attribuzione della protezione umanitaria e a introdurre misure di contrasto all’immigrazione illegale, tra cui il prolungamento della durata massima di trattenimento nei centri di permanenza e rimpatrio (CPR).

Vengono, inoltre, introdotte modifiche puntuali alle procedure di concessione, diniego e revoca della protezione internazionale e viene ridefinito il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo.

È prevista inoltre la possibilità di revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per reati di terrorismo.

In materia di sicurezza pubblica sono introdotte inoltre una serie di misure tra cui il superamento del limite massimo di spesa per i compensi per lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia, e l’incremento i richiami di personale volontario del corpo nazionale di vigili del fuoco.

 

Per quanto riguarda gli enti locali, il decreto-legge attribuisce al prefetto la facoltà di imporre all'ente, in presenza di situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, ma non tali da giustificare lo scioglimento dell'organo assembleare, interventi di risanamento, in assenza dei quali si attiva il procedimento sostitutivo.

Sul fronte dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata, il provvedimento d’urgenza istituisce 4 nuove sedi dell'Agenzia e introduce la possibilità di vendere sul mercato gli immobili confiscati, impedendo che rimangano a carico dello Stato per un lungo periodo.

 

Con riferimento al contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie, il Governo individua come strategica l’azione di aggressione dei patrimoni illeciti attraverso le misure di prevenzione patrimoniali e la confisca allargata (nel cronoprogramma l’obiettivo deve essere raggiunto entro il 2020).

 

Si ricorda che recentemente la legge n. 161 del 2017 ha riformato il c.d. Codice antimafia (D.Lgs. n. 159 del 2011) intervenendo sulla disciplina delle misure di prevenzione personali e patrimoniali; sull’amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati, con particolare riferimento alla tutela dei terzi ed ai rapporti con le procedure concorsuali; sull'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

 

In particolare, il Governo si propone di intervenire sul ruolo e sull’organico dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), per semplificare le procedure in materia di gestione contabile e di sequestro e confisca dei beni.

Pubblica Amministrazione

Nella Nota di aggiornamento il Governo evidenzia la necessità di una riforma, anche digitale, della Pubblica Amministrazione, al fine di modernizzare e migliorare i rapporti tra cittadino o impresa e la P.A. stessa.

 

Nel corso dell’audizione della Ministra per la Pubblica amministrazione, Senatrice Giulia Bongiorno, sulle linee programmatiche del suo dicastero, svolta il 26 settembre 2018 presso le Commissioni Affari costituzionali e Lavoro di Camera e Senato, l’obiettivo di una effettiva digitalizzazione è stato posto al centro dell’agenda del Governo in materia di PA.

L’informatizzazione delle amministrazioni pubbliche è stato tra i temi centrali degli ultimi anni anche al fine di dare piena attuazione all'agenda digitale europea. Attualmente è in corso di attuazione il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2017-2019 che ha definito le linee operative di sviluppo dell’informatica pubblica, il Modello strategico di evoluzione del sistema informativo della PA, gli investimenti ICT del settore pubblico secondo le linee guida europee e nazionali. Al contempo, sotto il profilo normativo, è stato oggetto di recente aggiornamento il codice dell’amministrazione digitale (CAD) nel cui ambito è stata, tra l'altro, istituita la figura del Commissario straordinario per l'attuazione dell’Agenda digitale (D.Lgs. 179/2016 che modifica il D.Lgs. 82/2005). I principi alla base del nuovo codice si fondano sull'esigenza di garantire in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale nonché la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici.

 

In particolare, nella nota il Governo sottolinea che un primo intervento, volto a garantire l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, il miglioramento immediato dell’organizzazione amministrativa e l’incremento della qualità dei servizi erogati dalle stesse sarà contenuto in uno specifico disegno di legge, da considerarsi provvedimento “collegato” alla manovra di finanza pubblica, contenente misure volte a favorire l’efficienza delle pubbliche amministrazioni per prevenire il fenomeno dell’assenteismo nonché garantire assunzioni mirate in modo da favorire anche il ricambio generazionale in tempi rapidi.

Specifici interventi sono stati inoltre individuati per la pubblica amministrazione locale, consistenti nel ripensamento delle procedure di risanamento finanziario, nello sblocco del turn over e nel rafforzamento delle competenze della dirigenza locale.

 

Allo stesso tempo, è intenzione del Governo introdurre misure di semplificazione, dirette a ridurre i costi per cittadini e imprese, mediante procedure amministrative telematiche uniformi sul territorio.

In tale ambito il Governo indica quali azioni strategiche l’attuazione dell’Agenda per la semplificazione e l’avvio del Piano Triennale per l’ICT nella PA, da realizzare tra il 2018 e il 2020 (si v. tavola IV.2).

In proposito, si ricorda che l’Agenda per la semplificazione è stata adottata ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge n. 90 del 2014 e contiene le linee di indirizzo condivise tra Stato, regioni, province autonome e autonomie locali e il cronoprogramma per la loro attuazione. L’Agenda prevede trentasette azioni in cinque settori strategici: la cittadinanza digitale, il welfare e la salute, il fisco, l’edilizia, l’impresa.

 

Tra i principali provvedimenti attuativi dell’Agenda si ricordano:

§  gli accordi raggiunti il 4 maggio e il 6 luglio 2017 in sede di Conferenza unificata sulla modulistica unificata e semplificata per le attività commerciali, artigianali ed edilizie (il rapporto specifica che si tratta dei moduli unificati per attività quali bar, ristoranti, attività di acconciatore e/o estetista, panifici, tintolavanderie);

§  la predisposizione di istruzioni per le nuove disposizioni in materia di Conferenza dei servizi e SCIA;

§  l’adozione del regolamento che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica e sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata (il riferimento è al D.P.R. n. 31 del 2017 che esonera dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica particolari categorie di interventi, permettendo quindi che determinati interventi siano soggetti a “SCIA non condizionata”, senza cioè necessità di acquisire atti di assenso in sede di conferenza dei servizi, anche in zone vincolate; il D.P.R. prevede inoltre per ulteriori interventi una procedura più snella e semplificata);

§  l’accordo in sede di Conferenza unificata del 22 febbraio 2018 che ha adottato ulteriori moduli unificati e semplificati relativi alle attività produttive;

§  il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018 relativo al cd. glossario unico dell’edilizia; il decreto contiene l’elenco delle opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera (senza alcun titolo abilitativo, ferme restando però le prescrizioni degli strumenti urbanistici e le normative di settore, in particolare le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica e alla tutela dal rischio idrogeologico e quelle contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio);

§  il potenziamento del Sistema pubblico per l’identità digitale – SPID, ossia la diffusione nel sistema di autenticazione che permette di accedere a tutti i servizi online della Pubblica Amministrazione con un’unica Identità Digitale;

§  la realizzazione del sito impresa.italia.it attraverso il quale gli imprenditori potranno accedere senza oneri alle informazioni e ai documenti ufficiali della propria impresa.

Sul complesso delle attività previste dall’Agenda, al 30 novembre 2017 risultavano rispettate il 96% delle scadenze previste dall’Agenda e dalla pianificazione di dettaglio delle attività. Nel rapporto di monitoraggio alla fine del triennio sono indicate come non ancora attuate su tutto il territorio nazionale:

§  l’accesso on line ai referti sanitari;

§  la messa a regime dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR);

§  la messa a regime del “bollo digitale” (cioè le marche da bollo digitali).

In sede di Conferenza unificata nel dicembre 2017 è stato raggiunto l’accordo per l’aggiornamento 2018-2020 dell’Agenda per la semplificazione. L’aggiornamento si pone l’obiettivo di:

§  sviluppare ulteriormente la semplificazione e la standardizzazione delle procedure e della modulistica, nonché l’attività degli sportelli unici;

§  porre in essere nuovi interventi di semplificazione e correggere quelli già adottati, anche attraverso la misurazione degli oneri burocratici e la consultazione dei soggetti interessati (stakeholder).

Sono in particolare previsti aggiornamenti concentrati nei settori dell’edilizia e dell’impresa.

Attività, obiettivi e risultati attesi verranno monitorati e aggiornati periodicamente dal Tavolo tecnico per la semplificazione almeno ogni 6 mesi, sentite le associazioni imprenditoriali e comunicati alla Conferenza unificata. Entro novembre 2018 il Tavolo tecnico predisporrà una proposta con le azioni relative ai nuovi interventi di semplificazione da istruire sulla base delle priorità  indicate nella seconda parte dell'Agenda e della apposita consultazione che sarà lanciata nel 2018.

Nell’ambito dei processi di semplificazione, si ricorda altresì l’approvazione a maggio 2017 del Piano triennale per l’informatica nella PA 2017-2019, che stabilisce l’indirizzo strategico ed economico per la trasformazione digitale della PA, indicando alle amministrazioni centrali e locali gli obiettivi comuni in base ai quali pianificare rispettive attività ed investimenti.

L’obiettivo del Piano, che declina operativamente quanto previsto dall’Agenda Digitale italiana, è quello di razionalizzare e riqualificare la spesa ICT delle amministrazioni, migliorare la qualità dei servizi offerti a cittadini e imprese e degli strumenti messi a disposizione degli operatori della PA.

 

Infine, nella Nota di aggiornamento si prevede che verranno poste in essere azioni volte ad operare sui responsabili dei processi e sulle figure manageriali e dirigenziali. Secondo il governo, infatti, occorre ripartire dalla dirigenza (rimasta esclusa dalla recente riforma del lavoro pubblico) per stimolare e promuovere il cambiamento, al fine di migliorare il sistema che la stessa dirigenza è chiamata a coordinare.

La tavola del cronoprogramma stima che la riforma sarà realizzata entro il 2019.

 

In proposito, si ricorda che la legge di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni approvata nel corso della XVII legislatura (L. n. 124 del 2015) prevedeva una delega al governo per un ampio intervento di riforma in materia di dirigenza pubblica, statale e locale. Tale delega è stata esercitata con la presentazione di uno schema di decreto alle competenti commissioni parlamentari che hanno espresso il prescritto parere. Il procedimento non è giunto a compimento a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ha censurato parzialmente la legge delega di riforma, dichiarandone l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni, nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, bensì quella del semplice parere. A seguito di tale sentenza il provvedimento non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

In materia di valutazione, si ricorda che il decreto legislativo n. 74 del 2017, adottato in attuazione della L. n. 124 del 2015, ha introdotto alcune modifiche alla disciplina delle attività di misurazione e valutazione della performance, nonché gli strumenti di valorizzazione del merito dei dipendenti pubblici. Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti, in particolare il decreto ha precisato che il peso prevalente nella valutazione complessiva debba essere attribuito ai risultati della misurazione e valutazione della performance organizzativa dell'amministrazione e delle unità organizzative di riferimento.


 

Concorrenza e sostegno alle imprese

Con riferimento alla Raccomandazione n. 2, con la quale si invita l’Italia ad “affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore dei servizi, anche mediante una nuova legge annuale”, la Nota di aggiornamento al DEF – nel cronoprogramma delle riforme, tra le azioni strategiche del triennio 2018-2020 – indica l’adozione del nuovo provvedimento di legge annuale per il mercato e la concorrenza.

In proposito, nella Nota si rileva come sia opportuno promuovere la liberalizzazione nei settori ancora caratterizzati da rendite monopolistiche e da ostacoli alla concorrenza, al fine di raggiungere benefici sul fronte dei prezzi, dell’efficienza e degli incentivi all’innovazione.

 

La Nota di aggiornamento al DEF evidenzia inoltre la necessità di promuovere un rapido processo di ristrutturazione e ammodernamento della struttura produttiva. A tal fine, il Governo enuncia come obiettivi generali il rilancio degli investimenti pubblici e della ricerca scientifica e tecnologica, nonché la promozione dei settori-chiave dell’economia, in primis manifatturiero avanzato, infrastrutture e costruzioni.

Quanto alle azioni concrete che l’Esecutivo intende intraprendere e che troveranno collocazione, secondo la Nota, congiuntamente o all’interno del prossimo disegno di legge di bilancio, viene indicata la riduzione della pressione tributaria e amministrativa sulle piccole e medie imprese, da realizzare sostenendo, nella prima fase, le attività di minori dimensioni svolte da imprenditori individuali, artigiani e lavoratori autonomi, attraverso la c.d. flat tax dal 2019 (che prevede l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato d’imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani). Inoltre, per incentivare gli investimenti e gli incrementi occupazionali, viene preannunciato il taglio dell’imposta sugli utili d’impresa per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi. Per una disamina di tali misure si rinvia più diffusamente il capitolo relativo alle politiche fiscali.

Altro obiettivo di ordine generale perseguito dal Governo è quello del sostegno al credito delle imprese e di creare le condizioni affinché il sistema creditizio fornisca un supporto all’attività e alla crescita delle PMI.

A tale fine, si intende rafforzare strumenti quali il Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese e in particolare la relativa sezione speciale dedicata alla micro-imprenditorialità.

Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Il Fondo, via via rifinanziato con risorse pubbliche nel corso degli anni, ha mostrato una particolare efficacia: nel 2017, come evidenzia la NDEF, sono state presentate 120.000 domande, con l’attivazione di 17,5 miliardi di investimento; la Sezione speciale dedicata alla micro-imprenditorialità ha visto accolte, nel 2017, 4.000 domande.

Si preannuncia, inoltre, l’istituzione di una Banca per gli Investimenti con garanzia esplicita dello S tato.

Un’attenzione particolare verrà posta al potenziamento degli strumenti di facilitazione degli investimenti in venture capital, accompagnato dall’impiego di una quota dei risparmi assicurativi verso PMI ad alto potenziale, nonché alla semplificazione dell’utilizzo dei Piani Individuali di Risparmio (PIR), con destinazione delle risorse verso le start-up e le imprese non quotate.

In proposito, si segnala che il Governo dichiara che sarà collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2019-2021 il Disegno di legge recante misure a favore delle start-up innovative (cd. Fondo venture capital per start up innovative).

 

Con riferimento ai PIR, in questa sede si ricorda che la legge di bilancio 2017 (come successivamente modificata nel tempo) ha introdotto un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati in piani di risparmio a lungo termine. Per beneficiare dell'esenzione i piani individuali di risparmio (c.d. PIR) devono essere detenuti per almeno 5 anni e devono investire nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le PMI, nei limiti di 30 mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150 mila euro. Per approfondimenti si rinvia alla documentazione web predisposta per l’inizio della XVIII Legislatura, in tema di tassazione degli strumenti finanziari.

 

La NDEF, inoltre, si sofferma sulle seguenti politiche prioritarie per il Governo a sostegno alle attività produttive:

 

§  tutela del “Made in Italy”, da perseguire anche tramite l’attività promozionale degli istituti italiani di cultura, lotta alla contraffazione e sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane;

Si ricorda in proposito che il Piano di promozione straordinaria del Made in Italy e per l'attrazione degli investimenti in Italia è stato avviato sin dall’anno 2015 (D.L. n. 133/2014). Il Piano, inizialmente previsto per il triennio 2015-2017, è stato più volte rifinanziato, da ultimo con la legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), che ne ha esteso l'operatività al successivo triennio 2018-2020.

Per una sintetica panoramica sui contenuti e allo stato di attuazione del Piano si rinvia all’apposito Tema dell’attività parlamentare.

§  conferma delle misure contenute nel Piano “Impresa 4.0”, in considerazione del positivo riscontro del Piano stesso, anche attraverso il potenziamento del dialogo con le associazioni di categoria; la NDEF inserisce tra le azioni strategiche del triennio 2018-2020 nel cronoprogramma delle riforme la crescita e lo sviluppo delle imprese: Impresa 4.0.

 

Si ricorda in proposito che il Piano Impresa 4.0 è costituito da un pacchetto di misure, già avviate a partire dalla legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016) e successivamente confermate e rafforzate dalla legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017), finalizzate al sostegno della strategia di rinnovamento tecnologico della struttura produttiva delle imprese italiane. Per una sintetica panoramica sui contenuti e sullo  stato di attuazione del Piano si rinvia al Tema dell’attività parlamentare.

Quanto al positivo riscontro delle misure, sui ricorda che il 4 luglio 2018 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il Rapporto MISE-MET sulla "Diffusione delle imprese 4.0 e le politiche: evidenze 2017". Nel Rapporto si evidenzia che l'8,4% delle imprese manifatturiere italiane utilizza almeno una tecnologia 4.0. A questa quota si aggiunge un ulteriore 4,7% di imprese che hanno in programma investimenti specifici nel prossimo triennio. Le imprese "tradizionali", ovvero che non utilizzano tecnologie 4.0 e non hanno in programma interventi futuri, rappresentano ancora la grande maggioranza della popolazione industriale (86,9%). Le imprese hanno utilizzato in larga prevalenza il super ammortamento e l'iper ammortamento (36,8% nel caso delle imprese 4.0 e 12,8% tra le imprese tradizionali), il Credito d'imposta per le spese in R&S (17,0% vs 3,1%), la Nuova Sabatini (19,8% vs 4,7%) e i fondi di garanzia (11,3% vs 2,8%).

 

§  contrasto al fenomeno delle delocalizzazioni;

Al riguardo, si ricorda il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese, il quale, all’art. 5, introduce limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti. La norma ha infatti previsto che, fatti salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali, le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell’attribuzione del beneficio, decadano dal beneficio qualora l’attività economica specificamente incentivata, o una sua parte, sia delocalizzata in Stati non appartenenti all’Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata;

 

§  promozione dell’attività di impresa e in particolare delle start-up innovative, attraverso l’introduzione di semplificazioni amministrative, anche con l’uso di strumenti telematici e digitali ICT e la riduzione dei costi di iscrizione delle società nel registro delle imprese. Si privilegeranno, in particolare, i controlli ex post, onde favorire l’iniziativa imprenditoriale. Le semplificazioni coinvolgeranno anche l’accesso ai fondi. Si prevede inoltre un potenziamento degli sportelli per le imprese. Il Governo ha inoltre intenzione di modificare la disciplina degli appalti pubblici, attraverso la semplificazione delle modalità di accesso agli stessi da parte delle PMI.

§  attuazione della riforma organica dell’intera materia dell’insolvenza e delle procedure concorsuali, anche in considerazione delle ricadute economiche sul sistema produttivo e sulle percezioni degli investitori esteri (si rinvia, sul punto, al capitolo Efficienza del processo civile e riforma delle procedure concorsuali).

 


 

III. Settore bancario

 

 

Raccomandazione n. 3: Mantenere il ritmo della riduzione dell'elevato stock di crediti deteriorati e sostenere ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci delle banche, anche per gli istituti di piccole e medie dimensioni, e attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza. Migliorare l'accesso delle imprese ai mercati finanziari

 

La risposta del Governo alla raccomandazione 3, in materia di servizi finanziari e sistema bancario, è illustrata nella Parte IV del documento, che delinea la strategia di riforma del governo, nel terzo capitolo, dedicato alle principali linee di intervento. La citata raccomandazione fa riferimento all'opportunità di mantenere il ritmo della riduzione dell’elevato stock di crediti deteriorati e sostenere ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci delle banche, anche per gli istituti di piccole e medie dimensioni, e attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza. Viene inoltre sottolineata la necessità di migliorare l’accesso delle imprese ai mercati finanziari.

 

Settore bancario

 

In tale ambito, il Governo si è posto come obiettivo primario quello di rendere pienamente effettivo il principio costituzionale della tutela del risparmio.

Un primo intervento compiuto dal Governo per dare attuazione a tale finalità riguarda l'avvio del processo di rimborso a favore dei risparmiatori che hanno investito in strumenti di banche sottoposte ad azione di risoluzione in violazione delle regole che disciplinano la prestazione dei servizi di investimento. L'articolo 11, comma 1-bis, del decreto legge n. 91 del 2018, convertito con modificazioni con legge n. 108 del 2018, è infatti intervenuto sulla disciplina e sui termini per l’attuazione del Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori istituito dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 1106 e seguenti della legge n. 205 del 2017), estendendo l’operatività del Fondo anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) e posticipando al 31 gennaio 2019 il termine per l’emanazione delle norme secondarie di attuazione della disciplina del Fondo.

 

Pertanto, nelle more dell'adozione del decreto attuativo del Fondo, sono previste misure di ristoro per i risparmiatori meritevoli di intervento secondo la legge e già destinatari di pronuncia favorevole dell’ACF, nonché per i risparmiatori meritevoli ex lege, che hanno già presentato i ricorsi e i cui ricorsi saranno decisi dall’ACF con pronuncia favorevole entro il 30 novembre 2018.

Tali due categorie di risparmiatori possono avanzare istanza alla CONSOB, secondo le specifiche modalità pubblicarle sul sito internet dell'ACF. Ciò al fine di consentire ai risparmiatori citati di accedere tempestivamente all'erogazione, nella misura del 30 per cento e con il limite massimo di 100 mila euro, dell'importo liquidato, cioè dell'ammontare previsto nella pronuncia dell'ACF a titolo di ristoro della violazione riconosciuta ai danni dell'investitore retail. A tale fine, le norme destinano 25 milioni di euro al Fondo per la tutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori (di cui all'articolo 32-ter.1 del decreto legislativo n. 58 del 1998) e ne estendono la finalità anche al ristoro degli investitori già destinatari di pronuncia favorevole dell’ACF (nel limite predetto di 25 milioni di euro). La copertura dell’onere è assicurata mediante corrispondente riduzione delle disponibilità, per l'anno 2018, dell'autorizzazione di spesa del Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio 2018.

 

Con riferimento alla necessità di proseguire l’azione di rafforzamento del sistema bancario e la riduzione dei crediti deteriorati, il Governo evidenzia che nell’anno in corso è continuato il progressivo miglioramento della qualità del credito bancario e che tale dinamica dovrà essere consolidata e rafforzata. Nel primo trimestre del 2018, secondo i dati pubblicati dalla Banca d'Italia, l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti ha continuato a diminuire, al netto delle rettifiche di valore, attestandosi al 5,1 per cento (da 5,9 per cento alla fine del 2017).

Per rafforzare tali miglioramenti, il Governo valuterà la possibilità di introdurre una nuova normativa relativa al fondo di garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (cd. "GACS") finalizzato ad agevolare la vendita dei crediti in sofferenza da parte delle banche. Secondo lo schema vigente, che verrà a scadenza nel marzo 2019, la garanzia viene fornita a prezzo di mercato e solo per le tranche senior delle cartolarizzazioni, caratterizzate da un livello di rischio relativamente inferiore rispetto al complesso dei crediti cartolarizzati. Fra le linee di intervento in tale ambito, il Governo segnala che sarà verificata anche la fattibilità tecnica dell’estensione alle cartolarizzazioni dei crediti classificati come inadempienze probabili. L’interlocuzione con la Commissione europea sulle opzioni di riforma dello schema inizierà nell’ultimo trimestre 2018, al fine di concordare le caratteristiche del meccanismo, per evitare la qualificazione come misura di aiuto di stato.

 

A livello europeo, il Governo intende inoltre contribuire fattivamente alla discussione in corso sul completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione del mercato dei capitali. A tal fine, cercherà di stemperare gli elementi di rigidità nella riduzione e condivisione dei rischi, conciliando la necessità di evitare l’azzardo morale connesso all’aspettative di bail-out con i rischi per la stabilità finanziaria.

 

Un ulteriore linea di intervento riguarderà il completamento della riforma delle cooperative e banche popolari.

Si ricorda che l’articolo 11 del già citato decreto-legge n. 91 del 2018 ha apportato alcune modifiche ai termini previsti dalla legge per la riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo. Con riferimento alle banche popolari, è stato modificato al 31 dicembre 2018 il termine previsto per adeguare gli attivi di tali istituti alla nuova soglia di 8 miliardi di euro, ovvero per deliberarne la trasformazione in società per azioni. Per quanto riguarda le banche di credito cooperativo, l'articolo 11 ha innalzato da 90 a 180 il numero dei giorni utili per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo. La quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti è fissata almeno al 60 per cento e i componenti dell'organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo sono almeno la metà più due. È inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.

 

Infine, il Governo intende dedicare un’attenzione specifica all’utilizzo delle nuove tecnologie (cd. Fintech). Si tratta di settori nei quali i progressi richiedono cooperazione internazionale, per cui sarà assicurata una partecipazione attiva ai lavori dell’Unione europea e degli organismi internazionali competenti per il miglioramento continuo degli standard internazionali in materia finanziaria.

 


 

IV. Mercato del lavoro, Welfare, spesa sociale, innovazione, istruzione e ricerca

 

 

Raccomandazione n. 4: Accelerare l'attuazione della riforma delle politiche attive del lavoro per garantire parità di accesso a servizi di assistenza nella ricerca di lavoro e alla formazione. Incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la copertura delle strutture di assistenza all'infanzia. Promuovere la ricerca, l'innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture mediante investimenti meglio mirati e accrescere la partecipazione all'istruzione terziaria professionalizzante

Lavoro

Obiettivi e raccomandazioni

Riguardo al tasso di occupazione, l'obiettivo indicato per l'Italia nell'àmbito della Strategia Europa 2020 consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni (obiettivo che costituisce la trasposizione per il nostro Paese del target generale, rappresentato dall'elevamento al 75 per cento del medesimo tasso). Riguardo in generale al mercato del lavoro, la quarta raccomandazione formulata per l'Italia, nel 2018, dal Consiglio dell'Unione europea auspica di: accelerare l’attuazione della riforma delle politiche attive del lavoro, per garantire parità di accesso ai servizi di assistenza nella ricerca di lavoro ed alla formazione; incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la copertura delle strutture di assistenza all’infanzia.

Nel secondo trimestre del 2018 il valore del suddetto tasso di occupazione per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni è stato pari, in Italia, al 63,5 per cento (il valore per i soli uomini è stato pari al 73,4 per cento e per le sole donne al 53,8 per cento).

Interventi adottati nella legislatura in corso

Riguardo alle misure già adottate nella corrente legislatura, la Nota in esame fa riferimento al complesso di interventi di cui al cosiddetto "decreto dignità" (D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96).

Tale decreto, per quanto riguarda le politiche per il lavoro, ha operato alcune modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato, della somministrazione di lavoro, delle prestazioni di lavoro occasionali, dei limiti minimi e massimi della misura dell'indennità in caso di licenziamento illegittimo, degli sgravi contributivi per assunzioni e delle misure di disincentivo alla delocalizzazione delle imprese.

Più in particolare, in merito alle tipologie contrattuali, il decreto:

§  ha ridotto la durata massima del contratto di lavoro a termine, pari nella disciplina previgente a 36 mesi, prevedendo un limite di 12 mesi e definendo alcune ipotesi in cui il contratto può avere una durata superiore, nel rispetto di un limite massimo di 24 mesi. Tali ipotesi sono costituite dalla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori oppure di esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. I nuovi limiti trovano applicazione anche per le ipotesi di proroghe o rinnovi dei contratti a termine (per i rinnovi, inoltre, l'ammissibilità è subordinata, anche nell'àmbito dei 12 mesi, alla sussistenza delle medesime ipotesi previste per la possibilità di elevamento del limite da 12 a 24 mesi);

§  ha esteso ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati da un soggetto somministratore le norme relative ai limiti di durata e di rinnovi e proroghe dei contratti a termine e ha posto un limite quantitativo per il numero complessivo di lavoratori assunti a termine e di quelli utilizzati mediante somministrazione di lavoro a tempo determinato;

§  ha definito con riferimento a specifiche categorie di committenti (imprenditori agricoli, aziende alberghiere, strutture ricettive che operano nel settore del turismo, enti locali) alcune deroghe alla disciplina generale delle prestazioni di lavoro occasionali.

In merito agli incentivi per le assunzioni, il decreto ha previsto una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, effettuate nel biennio 2019-2020, di soggetti aventi meno di 35 anni di età e che non abbiano avuto (neanche con altri datori) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato (non costituisce motivo ostativo il precedente svolgimento di rapporti di apprendistato, sempre che non siano proseguiti in rapporti a tempo indeterminato). La riduzione è applicata su base mensile, per un periodo massimo di 36 mesi, ed è pari al 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); in ogni caso, la misura massima della riduzione è pari a 3.000 euro su base annua.

Si ricorda che, in base alla disciplina generale a regime (di cui all'articolo 1, commi da 100 a 108 e da 113 a 115, della L. 27 dicembre 2017, n. 205), un beneficio analogo è previsto, per le fattispecie in esame, solo nel caso in cui l'età del lavoratore sia inferiore ai 30 anni (mentre per le assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2018 la suddetta disciplina di cui alla L. n. 205 fa riferimento al limite dei 35 anni, così come ora prevede la nuova norma di cui al "decreto dignità" per il biennio 2019-2020).

Riguardo alle delocalizzazioni, il decreto prevede:

§  alcune ipotesi di decadenza dai benefìci - relativi ad aiuti di Stato per l’effettuazione di investimenti produttivi - per le imprese che operino una delocalizzazione delle attività economiche (le norme in esame distinguono a seconda che la delocalizzazione sia operata o meno in Stati appartenenti allo Spazio economico europeo);

§  alcune ipotesi di decadenza o di riduzione dei benefìci per i casi in cui l'impresa, fuori dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo, operi riduzioni, in misura superiore a determinate percentuali, dei livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata da misure di aiuto di Stato che prevedessero la valutazione dell’impatto occupazionale.

Linee di intervento indicate nella Nota

Sotto il profilo delle modalità di intervento legislativo, la Nota in esame prevede, tra i disegni di legge "collegati alla decisione di bilancio", uno a sé stante sull’introduzione del reddito di cittadinanza e la riforma dei centri per l’impiego ed un altro recante una disciplina di delega per la riforma del "Codice del Lavoro" (la natura di "collegato" viene altresì attribuita al disegno di legge per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo, già approvato in via preliminare[37] dal Consiglio dei Ministri del 13 settembre 2018).

Riguardo alle linee di intervento, la Nota afferma che il Governo intende sviluppare l'impegno dell'incentivazione del lavoro giovanile e femminile e della lotta al precariato, anche attraverso la ristrutturazione dei centri per l’impiego.

In merito, si ricorda che il citato "decreto dignità" prevede che, nel triennio 2019-2021, le regioni destinino una quota delle proprie facoltà assunzionali, definita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, al rafforzamento degli organici dei centri per l’impiego, al fine di garantirne la piena operatività, secondo modalità definite con accordo da concludere nella suddetta sede di Conferenza permanente entro il 31 marzo di ciascun anno.

La ristrutturazione dei centri per l’impiego è anche intesa all'attuazione dell'istituto del reddito di cittadinanza (istituto previsto dal programma di Governo e dalla Nota), in quanto tale misura è subordinata ad un percorso formativo vincolante ed alla ricerca attiva del lavoro (con la decadenza dal beneficio in caso di rifiuto di tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore).

In particolare, la ristrutturazione dei centri dovrà mirare a rendere omogenee le prestazioni fornite, a realizzare una rete capillare in tutto il territorio nazionale, a implementare il Sistema Informativo Unitario e a sviluppare servizi avanzati per le imprese, in grado di facilitare l’attività di ricollocazione dei disoccupati. La Nota osserva altresì che appare necessario un adeguamento dei locali anche dal punto di vista strutturale, "rendendo i centri per l’impiego un luogo in cui il lavoratore può trovare da subito un aiuto e condizioni adattate agli urgenti bisogni derivanti dalla perdita del posto di lavoro".

Ai fini del perseguimento di tali obiettivi, il Documento osserva che sono necessari un elevamento delle relative risorse finanziarie ed un piano di assunzioni di personale qualificato e che, quindi, occorre "individuare le competenze da formare" e definire un sistema di tracciabilità dei fondi destinati alla ristrutturazione dei centri per l’impiego.

Riguardo al lavoro femminile, la Nota afferma che la tutela e la promozione di esso andranno "di pari passo con l’obiettivo del Governo di rendere il lavoro a tempo indeterminato più conveniente rispetto ad altre forme di lavoro". Saranno perseguiti, inoltre, una revisione degli incentivi alla genitorialità, lo sviluppo di una rete di centri dedicati (quali gli asili nido ed i centri estivi) e l'introduzione di una politica fiscale che favorisca le famiglie con figli.

L'occupazione giovanile - osserva il Documento - verrà sostenuta dalla revisione dei requisiti per il trattamento pensionistico (la quale consentirà un ricambio generazionale), nonché dallo sblocco del turn over nelle pubbliche amministrazioni.

Riguardo al tema della sicurezza sul lavoro, il Governo intende operare alcune modifiche della relativa disciplina, intese alla semplificazione degli adempimenti per le piccole e medie imprese, ed aumentare le risorse da destinare al personale addetto ai controlli.


Reddito di cittadinanza

Nell’ambito della Raccomandazione n. 4, il Documento prevede l’introduzione del Reddito di cittadinanza (che opererà in via completamente digitale) al fine di sostenere il reddito di quanti si trovano al di sotto della soglia di povertà relativa individuata dall’Eurostat per l’Italia (pari a 780 euro mensili).

Secondo gli ultimi dati provvisori Eurostat , aggiornati al 2017, la soglia di povertà per l’Italia è pari a 9.884 euro annui per una persona sola (pari a circa 823 euro mensili, calcolati su 12 mensilità, modalità di calcolo seguita anche, ad esempio, per il Reddito di inclusione, si veda infra box esplicativo).

Scopo del suddetto reddito è anche quello di incentivare il rientro nel mercato del lavoro, attraverso la previsione:

§  di un percorso formativo vincolante;

§  dell’obbligo di accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro eque e non lontane dal luogo di residenza del lavoratore.

Il Documento sottolinea come l’attuazione delle suddette finalità richiede il rafforzamento dei centri per l’impiego, attraverso un necessario coordinamento con il livello di governo regionale che definisca sia le competenze da formare (funzionali allo sviluppo delle diverse regioni), sia un sistema di tracciabilità dei fondi destinati alla ristrutturazione dei centri per l’impiego.

Al fine di ristrutturare i centri per l’impiego, il Documento evidenzia l’intenzione del Governo di procedere all’attuazione di un piano di assunzioni di personale qualificato, in aggiunta a quanto già definito nella Legge di Bilancio per il 2018.

Sul punto, si ricorda brevemente che l’art. 1, c. 796, della L. 205/2017 prevede che la regione (ovvero l'agenzia od ente regionale costituito per la gestione dei servizi per l'impiego) e l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) possano - ai fini dello svolgimento delle funzioni in materia di politiche attive del lavoro - stabilizzare i lavoratori dipendenti a termine operanti nel medesimo settore, in deroga ai limiti sulle assunzioni contemplati dalla normativa.

Per completezza, si ricorda, inoltre, che l’art. 3-bis del D.L. 87/2018 (cd. Decreto dignità) dispone l’obbligo per le regioni - per il triennio 2019-2021 - di destinare una quota delle proprie facoltà assunzionali al rafforzamento degli organici dei centri per l’impiego, al fine di garantirne la piena operatività. La richiamata quota viene definita in sede di Conferenza Stato-regioni, secondo specifiche modalità precisate in un determinato accordo, da concludere nella stessa sede entro il 31 marzo di ciascun anno.

Un recente Monitoraggio sulla struttura e il funzionamento dei servizi per il lavoro 2017 dell’ANPAL si rileva, tra l’altro, che al 31 dicembre 2016 nel complesso dei Centri per l’impiego (eccetto la PA di Bolzano) risultano impiegate 7.934 unità di personale. Di queste, secondo il dato medio nazionale, la maggioranza (il 94 per cento del personale interno) è a tempo indeterminato, anche se il dato a livello regionale evidenzia una realtà più disomogenea (ad esempio, “la regione che detiene il primato del personale temporaneo è l’Umbria, con il 26,7%; a seguire la Toscana con il 21,3%, il Molise con il 19,6%, la Calabria con il 18,8%, l’Abruzzo con il 17,8%).

Il Documento segnala, inoltre, come, al fine di facilitare l’attività di ricollocazione dei disoccupati, particolare attenzione sarà rivolta alla realizzazione del Sistema informativo unitario (nonché allo sviluppo di servizi avanzati per le imprese).

Il richiamato Sistema (previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 150/2015) rappresenta un’infrastruttura tecnologica – realizzata dall’ANPAL in cooperazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, l'INPS e l’INAPP - per la gestione delle politiche del lavoro, valorizzando e riutilizzando le componenti informatizzate realizzate dalle predette amministrazioni.

Elementi del Sistema informativo unitario dei servizi per il lavoro sono:

§  il sistema informativo dei percettori di ammortizzatori sociali;

§  l'archivio informatizzato delle comunicazioni obbligatorie;

§  i dati relativi alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro;

§  il sistema informativo della formazione professionale

 

Si sottolinea che tale misura opererà in via completamente digitale, riducendo tempi, costi e possibilità di frodi, consentendo, altresì, l’incontro in tempo reale tra domanda e offerta.

Da ultimo, il Documento sottolinea la necessità di un adeguamento dei locali dei centri per l’impiego anche dal punto di vista strutturale, “rendendoli un luogo in cui il lavoratore può trovare da subito un aiuto e condizioni adattate agli urgenti bisogni derivanti dalla perdita del posto di lavoro”.

Previdenza

Con riferimento al sistema previdenziale, la Raccomandazione n. 1 contempla una riduzione della spesa pubblica pensionistica, al fine di creare margini per l’ulteriore spesa sociale, raccordandola al quadro macroeconomico complessivo.

Il Governo, impegnato in una azione di miglioramento della inclusione sociale, è intenzionato ad agevolare il ricambio generazionale, consentendo ai giovani un maggior accesso al mercato del lavoro.

Il Documento, in tal senso, prevede una serie di misure volte ad anticipare l’uscita dal sistema previdenziale, rispetto alle regole vigenti, prevedendo:

§  l’introduzione di un nuovo requisito di accesso alla pensione anticipata, la c.d. ‘quota 100’, intesa come somma di età anagrafica e contributiva (possedendo comunque almeno 38 anni di anzianità contributiva);

§  misure rivolte alle lavoratrici donne, la cui carriera è caratterizzata da discontinuità.

 

In seguito all’entrata in vigore dell’articolo 24 del D.L. 201/2011 (cd. Riforma pensionistica Fornero), è stata soppressa (a decorrere dal 2012) la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con il sistema delle cd. "quote" introdotto dalla L. 247/2007, con un'anzianità minima compresa tra 35 e 36 anni di contributi.

L. 247/2007 aveva infatti modificato i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, previsti dalla L. 243/2004. In particolare, la norma ha previsto una maggiore gradualità nell’innalzamento del requisito dell’età anagrafica per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità, introducendo, a decorrere dal 1° luglio 2009, il sistema delle cd. “quote”, date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva (nello specifico era prevista una “quota 96” per il 2012, in presenza di almeno 60 anni, ed una “quota 97” dal 2013, in presenza di almeno 61 anni).

L'articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 ha introdotto una misura sperimentale (cd. opzione donna) che ha disposto la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti (58 per le lavoratrici autonome[38], di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale. Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l'uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell'importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell'opzione donna, a condizione che le lavoratrici che maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015. Con l'articolo 1, commi 222 e 223, della L. 232/2016 la possibilità di accedere alla cd. opzione donna è stata estesa alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti a causa degli incrementi determinati dall'adeguamento dei medesimi all'aumento della speranza di vita.

 

Il Documento prevede, altresì, la introduzione di misure volte ad integrare le pensioni esistenti al valore della soglia di povertà relativa, pari a 780 euro.

Dal punto di vista delle risorse impiegate per far fronte, almeno in parte, alla realizzazione di tali misure, si prevede l’utilizzo di risorse provenienti dallo stesso sistema previdenziale, sulla base di principi di equità e solidarietà.

Con riferimento alle grandezze di finanza pubblica in materia previdenziale si rinvia alla scheda predisposta nella sezione relativa alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento.


 

Famiglia e disabilità

Il programma di governo riferito a Famiglia e disabilità risponde a quanto richiesto dalla Raccomandazione n. 4, in quanto contiene misure volte a rafforzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la copertura delle strutture di assistenza all'infanzia.

Più precisamente, nella sezione del Documento dedicata a famiglia e disabilità, il Governo precisa che gli interventi in tema di politiche familiari saranno orientati al sostegno della genitorialità e al rilancio della natalità, agendo a tal fine sul versante fiscale (alleggerendo il peso dell’imposizione tenendo conto del numero dei figli), su quello dei servizi e delle prestazioni sociali.

Servizi territoriali

E’ previsto un potenziamento della rete dei servizi territoriali a sostegno della famiglia e le agevolazioni a questi collegate per assicurarne la più ampia fruizione, con particolare riferimento agli asili nido e alle strutture, anche private, per l’assistenza all’infanzia.

È rivalutato il ruolo dei Consultori familiari e dei Centri per la famiglia. Al fine di potenziare i servizi territoriali si prevede di:

§  dare impulso a forme di integrazione e partnership tra la sfera pubblica e mondo dell'associazionismo no profit delle imprese sociali;

§  stimolare gli investimenti sociali;

§  garantire la libera scelta dell'utente dei servizi pubblici, anche attraverso i voucher per i servizi alla persona;

§  definire i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti sull'intero territorio nazionale;

§  razionalizzare l'ISEE.

Riordino del sistema dei sussidi e delle prestazioni sociali

Proseguendo nella razionalizzazione della spesa sociale, il Documento propone la definizione di politiche strutturali in grado di invertire la dinamica demografica avversa, quali il Reddito di cittadinanza e la Pensione di cittadinanza.

 

Nella Relazione per paese relativa all’Italia (SWD(2018) 210 final, del marzo 2018), la Commissione stigmatizza l’attuale sistema frammentario di bonus a sostegno delle famiglie ed evidenzia quali potrebbero essere gli effetti di una razionalizzazione di tali prestazioni. In questa ottica, sono presentati i risultati di simulazioni, eseguite dal Centro comune di ricerca della stessa Commissione, riferite all’abrogazione di quattro misure attualmente in vigore a sostegno delle famiglie in favore dell’istituzione di una misura permanente e strutturale finalizzata alla conciliazione vita-lavoro e al supporto alla genitorialità.

Le misure di cui viene simulata l’abrogazione sono: assegno di maternità concesso dai comuni; il “voucher baby sitting”; l’assegno di natalità, meglio conosciuto come “bonus bebè”, e il “bonus mamma domani”, anche detto premio alla nascita (per una descrizione puntuale delle misure citate si rinvia alla sezione “Le misure a sostegno della famiglia e i fondi per le politiche sociali” del Portale della documentazione sul sito Camera).

Sostegno alla genitorialità

Si intende rafforzare e innovare gli istituti a sostegno della maternità in favore della conciliazione dei tempi vita-lavoro sia intervenendo in tema di congedi parentali sia introducendo nuove forme di incentivazione degli investimenti nel welfare familiare aziendale e di promozione.

Giovani

Interventi mirati in grado di favorire i percorsi di autonomia e assunzione di responsabilità, come l'accesso alla casa, sia con riferimento al profilo di garanzie per i mutui immobiliari sia con riguardo all'offerta di edilizia residenziale pubblica e di social housing.

Fondo per le politiche della famiglia

Si prevede una adeguata dotazione del Fondo, rivisitandone le finalità anche in relazione alle politiche per l'infanzia e l'adolescenza.

 

Per il triennio 2017-2019, la dotazione del Fondo per le politiche della famiglia risulta pari a circa 5 milioni di euro. Tale dotazione è stata confermata dalla legge di bilancio 2018. Si ricorda inoltre che, fino al 2015, nel Fondo erano appostate le risorse per il sostegno alle adozioni internazionali. Successivamente, è stata ritenuto opportuno costituire fondi finalizzati.

Disabilità

Per quanto riguarda la disabilità, vengono citati i seguenti interventi:

§  la presentazione di un disegno di legge di riordino della disciplina per la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità, al fine di redigere uno specifico Codice delle disabilità che riformi e semplifichi il sistema di tutela e sostegno dei disabili;

§  il potenziamento dell'assistenza sanitaria domiciliare;

§  il sostegno dell'inclusione scolastica e universitaria delle persone disabili, anche con iniziative di formazione a distanza;

§  il maggiore raccordo tra i diversi livelli di governo nella presa in carico delle persone con disabilità anche con il ricorso a carte dei servizi che consentano di facilitare i rapporti con la PA;

§  incentivi alle assunzioni dei lavoratori con disabilità e conseguente incremento del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili

Riguardo l’accertamento sanitario per il riconoscimento della condizione di disabilità, si intende:

§  incentivare misure quali le visite domiciliari di accertamento da parte delle commissioni medico-legali;

§  aggiornare l'elenco delle patologie esonerate revisione e controllo;

§  rafforzare le misure di sostegno agli invalidi, agendo al contempo sulle modalità di verifica dei soggetti che hanno effettivamente diritto ai relativi trattamenti, con azioni mirate laddove i dati mostrino delle anomalie.

 

Per quanto riguarda i fondi dedicati alla disabilità si prevede:

§  incremento del Fondo per le non autosufficienze e adozione del primo Piano triennale per la disabilità;

La legge di bilancio 2018 ha confermato la dotazione di 450 milioni per il Fondo per le non autosufficienze per ciascun anno del triennio 2018-2020.

Per quanto riguarda il Piano triennale per la disabilità, il D.Lgs. 147/2017, istitutivo del Reddito di inclusione, ha costituito la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni sociali anche attraverso l’elaborazione di specifici Piani programmatici per l’utilizzo delle risorse dei Fondi sociali (Fondo nazionale politiche sociali, Fondo non autosufficienza e Fondo povertà). I Piani, triennali con eventuali aggiornamenti annuali, dovranno individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l’obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

 

§  incremento del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare che sarà reso strutturale. In relazione al Fondo sono allo studio anche interventi per riconoscere allo studente, nell'ambito dei percorsi universitari, specifiche agevolazioni connesse all'attività di assistenza familiare.

In merito alle risorse, pari a 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020, stanziate dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 254-255, legge 205/2017) come dotazione del nuovo Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare (cap. 3555 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali-MLPS) e il cui impiego era finalizzato al sostegno di interventi legislativi in materia, si segnala che le stesse risultano interamente accantonate in c/c, in quanto l'art. 3, co. 4, lett. f) del DL. 86/2018 ha successivamente previsto che la dotazione del predetto Fondo sia destinata ad interventi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale del caregiver. Inoltre, il Fondo sarà trasferito dallo stato di previsione del MLPS al bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

§  potenziamento della dotazione del Fondo per l’assistenza delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (cd. ‘Dopo di noi’), nonché destinare apposite risorse per l’esercizio delle funzioni.

La legge 112/2016 riveste particolare importanza perché prevede interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha definanziato il Fondo di 5 milioni per ciascun anno del biennio 2018-2019, portandone nei due anni la dotazione a 51,1 milioni di euro.

Sanità

Sul fronte della Sanità, la Nota individua alcune criticità di medio-lungo periodo tra le quali l’invecchiamento demografico, l’erogazione dei LEA in modo uniforme sul territorio nazionale, l’integrazione tra sistemi sanitari e assistenza sociale, la promozione della prevenzione sanitaria e l’innovazione tecnologica.

Le azioni da intraprendere per risolvere queste criticità riguardano, in particolare, alcuni ambiti di seguito esaminati.

 

Le politiche del personale

Si intende intervenire al fine di operare una corretta individuazione dei fabbisogni, come previsto dalla recente normativa sul pubblico impiego che ha introdotto la pianificazione triennale (D.Lgs. 75/2017), con particolare riferimento alle misure necessarie a garantire i livelli di spesa del personale previsti dalla legislazione vigente. L’obiettivo è il completamento dei processi di assunzione e stabilizzazione del personale e l’aumento delle borse di studio per formare i medici specialisti e di medicina generale, con specifico riferimento alla necessità di garantire l’erogazione dei livelli di assistenza (LEA), oltre che una modifica della normativa vigente in materia di dirigenza sanitaria già disciplinata nuovamente nel 2016.

 

Si ricorda che l’ultimo bando con decreto MIUR del luglio scorso per l’ammissione dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria per l’a.a. 2017/2018 ha previsto un numero totale di borse pari a 6.934, di cui 6.200 finanziate con risorse statali, 640 dalle regioni e 94 da parte di altri enti (con una crescita di 258 borse rispetto ai 6.676 posti dell’anno accademico precedente).

 

La governance della spesa sanitaria

La Nota sottolinea l’istituzione di un Tavolo tecnico di lavoro sui farmaci (v. qui governance e tetti della spesa farmaceutica) e sui dispositivi medici, in particolare per risolvere i contenziosi legati alle procedure di payback farmaceutico, individuando nuove modalità di calcolo degli scostamenti dai tetti della spesa convenzionata per il 2017 e il 2018 e introducendo per il futuro nuovi criteri di contrattazione dei prezzi dei farmaci per adeguarli ai livelli di innovazione del mercato. Un cenno è fatto anche al Tavolo dei Soggetti Aggregatori di cui al D.P.C.M 14 novembre 2014 per la specifica definizione delle categorie merceologiche sanitarie.

 

Innovazione in campo sanitario

Si richiama l’attuazione dell’Anagrafe Nazionale dei Vaccini e l’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico in tutte le regioni. Ulteriore obiettivo è l’estensione anche al settore veterinario del sistema informativo per la tracciabilità dei medicinali ad uso umano.

Di recente le Politiche di prevenzione vaccinale sono state riviste dal DL. 91/2018 “Proroga termini” (L. 108/2018) che, confermando le vaccinazioni obbligatorie a partire dal presente a.s. 2018/2019, ha consentito di presentare entro il prossimo 10 marzo 2019 la dichiarazione sostitutiva della documentazione ufficiale richiesta. Con riferimento, invece, alla innovazione digitale in sanità, si deve ricordare il piano strategico del Patto per la Sanità digitale già varato nel 2016.

 

Monitoraggio e attuazione dei LEA

L’attuazione dei Livelli Essenziali e il loro monitoraggio (v. approfondimento) dovrà essere garantito attraverso gli aggiornamenti del Programma nazionale Esiti (qui il PNE 2016) e del Piano nazionale delle Cronicità per uniformarne l’erogazione nelle diverse regioni, oltre che mediante un futuro regolamento volto ad individuare gli standard qualitativi e strutturali dell’assistenza territoriale.

 

Con riferimento all’assistenza ospedaliera, si ricorda il decreto 2 aprile 2015, n. 70, che ne definisce gli standard quali-quantitativi e strutturali.

 

Funzionamento del Sistema sanitario

È prevista l’adozione di un nuovo Piano nazionale di governo delle liste d’attesa (PNGLA) volto ad aggiornare il precedente relativo al triennio 2010-2012 (in proposito si ricorda il contributo dell’AgeNaS per l’aggiornamento al 2018) e la revisione della partecipazione alla spesa sanitaria (cd. ticket) e alle relative esenzioni.

Si sottolinea che nessun cenno è fatto alle risorse per finanziarie il livello del SSN (v. qui approfondimento sul finanziamento del Sistema sanitario negli anni pregressi).

 

Edilizia sanitaria

È citata una ricognizione del Ministero della salute sul fabbisogno di interventi infrastrutturali in materia di edilizia sanitaria, con riferimento all’adeguamento antisismico per le zone interessate e per l’osservanza della normativa antincendio. In proposito si accenna all’insediamento, presso il Ministero della salute, di un’apposita cabina di regia entro marzo 2019, per selezionare le priorità d’intervento.

Innovazione e produttività

Nell’ambito della Raccomandazione n. 4 è inserita la promozione dell’innovazione e delle competenze digitali.

Nel PNR si evidenzia l’importanza di investire sull’innovazione e sulla tecnologia, sull’offerta di servizi e sulla penetrazione della banda larga e ultralarga per recuperare un gap consistente sul digitale, attraverso una piena integrazione delle politiche pubbliche in questo ambito. In tale senso si prevede la creazione, in ogni Ministero, di un avamposto digitale che sovraintenda alle iniziative digitali e si coordini con le altre Amministrazioni.

 

L’innovazione

Il PNR evidenzia come settore di particolare interesse quello della tecnologia blockchain, che sta attirando investimenti significativi a livello globale e pone questioni regolatorie rilevanti, per la quale il Governo intende promuovere una strategia nazionale. In tale ottica si prevede, a livello nazionale, un gruppo di lavoro dedicato che coinvolga tutti gli attori ed a livello europeo l’adesione alla partnership europea sulla tecnologia blockchain.

Nel PNR si prevede inoltre di aumentare gli investimenti pubblici e privati nell'intelligenza artificiale e nelle tecnologie strettamente connesse, anche attraverso la definizione di una Strategia nazionale e di appositi gruppi di lavoro.

Si ricorda che tra le azioni strategiche del cronoprogramma in materia di comunicazioni, nell’ambito delle misure di competitività, si prevedono tra le azioni del triennio 2018-2020, oltre alle Start up e alle PMI innovative, la Blockchain e l’Intelligenza artificiale.

 

La Banda Ultra Larga

In relazione alla Strategia nazionale per Banda Ultra Larga, ribadita come fondamentale nel PNR, si prevede la definizione della seconda parte del Piano Nazionale Banda Ultra larga, con l’intervento nelle aree grigie. Si sottolinea la necessità di impegnare i fondi previsti nella delibera CIPE, previa ripresa del dialogo con la Commissione europea.

Si annuncia inoltre una semplificazione della governance del settore, attualmente dispersa tra una molteplicità di soggetti coinvolti, anche per facilitare lo stanziamento e l’utilizzo integrale delle risorse disponibili.

 

Lo sviluppo del 5G

Per quanto riguarda lo sviluppo del 5G, il PNR sottolinea l’impegno nella sperimentazione, adozione ed rilascio di nuovi servizi e, in prospettiva, di piattaforme digitali di nuova generazione. Si cita la procedura di gara per l’assegnazione delle frequenze e si annuncia l’istituzione, in linea con quanto segnalato dall’AGCOM, di un tavolo di coordinamento tra tutti i soggetti interessati per la trasformazione del sistema radiotelevisivo e il trasferimento delle frequenze nella banda 700 MHz nei tempi previsti.

La gara per l’assegnazione delle frequenze per il 5G si è conclusa il 2 ottobre 2018. L'ammontare totale delle offerte per le bande di frequenza messe a gara ha raggiunto i 6.550.422.258,00 con un forte aumento di introiti rispetto alla previsione della legge di bilancio 2018 che prevedeva di ottenere almeno 2,5 miliardi di euro. Qui la tabella delle aggiudicazioni.

 

Si prevede un ulteriore impulso al piano WiFi.Italia.IT, con l’avvio della seconda fase del progetto, che prevede il rinnovo dell’app, la creazione di un software ad hoc per i portatili ed il lancio dei bandi per i Comuni e per i luoghi della cultura per l’installazione degli hotspot.


 

Istruzione e ricerca

La Nota di aggiornamento del DEF 2018 evidenzia, preliminarmente, che le risorse destinate all’istruzione e alla ricerca saranno incrementate. Si ricorda a tal proposito che, nell’ambito delle Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2018 dell’Italia, del 13 luglio 2018 (2018/C320/11), la n. 4 include, fra l’altro, la promozione della ricerca e le competenze digitali mediante investimenti meglio mirati, nonché l’accrescimento della partecipazione all'istruzione terziaria professionalizzante[39].

Inoltre, sottolinea che i settori della ricerca scientifica e tecnologica e della formazione di capitale umano rientrano fra quelli strategici per la crescita.

 

Con riferimento alle Raccomandazioni, si ricorda, altresì, che il Considerando n. 25 evidenzia che “L'introduzione di misure per valorizzare il capitale umano e le competenze migliorerebbe l'occupabilità e risponderebbe alle future esigenze del mercato del lavoro. La qualità generale dell'istruzione scolastica in Italia sta migliorando, sebbene persistano ampie disparità regionali. La percentuale di studenti che abbandonano la scuola senza conseguire un titolo di studio rimane al di sopra della media dell'Unione, in particolare fra gli studenti nati all'estero (30,1% contro la media dell'Unione del 19,4%). L'attuazione della riforma della scuola procede secondo le previsioni mentre l'istruzione e la formazione professionali registrano miglioramenti. L'istruzione terziaria, fortemente sottofinanziata, con una spesa pubblica che rappresenta meno dello 0,4 % del PIL, è caratterizzata da tassi di abbandono elevati e da una durata degli studi prolungata. Di conseguenza, la diffusione di questo livello d'istruzione è tra le più basse dell'Unione (26,9% della  popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni). Il tasso di partecipazione ai programmi di formazione per adulti è in aumento ma rimane tra i più bassi dell'Unione, specialmente tra gli  adulti meno qualificati. Il miglioramento delle competenze e la riqualificazione dovrebbero essere incentivate, mentre i datori di  lavoro dovrebbero essere incoraggiati a offrire al personale maggiori opportunità di apprendimento. Sarà di fondamentale importanza l'attuazione della strategia nazionale generale per le competenze, avviata nell'ottobre 2017[40]”.

Infine, il Considerando n. 13 – nel constatare come il livello degli investimenti sia ancora basso rispetto a quello di altri paesi dell'Unione, e che “attività immateriali, come ricerca e sviluppo, innovazione e formazione dei lavoratori, sono fondamentali per la produttività e la crescita economica e possono contribuire a spiegare le differenze di produttività tra paesi” – evidenzia che “la spesa pubblica complessiva in ricerca e sviluppo è stata ridotta” e che “vi sono inoltre importanti differenze regionali in termini di investimenti in ricerca e sviluppo” e di “qualità dell'istruzione”.

 

Nello specifico paragrafo relativo a Istruzione e ricerca, la Nota di aggiornamento fa presente che:

 

§  Occorre potenziare il Sistema integrato di educazione ed istruzione dalla nascita fino a 6 anni[41].

§  Si intende sviluppare percorsi di cittadinanza attiva fin dal primo ciclo di istruzione, anche in collaborazione con gli enti territoriali e il mondo associativo.

§  Sono allo studio misure per garantire la piena inclusione scolastica e il diritto allo studio degli studenti con disabilità o con bisogni educativi speciali. Inoltre, si migliorerà la formazione iniziale dei docenti di sostegno, definendo indicatori per misurare la qualità dei processi di inclusione in ogni scuola e ridurre le disparità regionali.

In argomento, inoltre, nel paragrafo relativo a Famiglia e disabilità, la Nota di aggiornamento sottolinea che sarà favorita l’inclusione scolastica e universitaria delle persone con disabilità, anche con iniziative di formazione a distanza. Inoltre, evidenzia che, in relazione al sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, sono allo studio disposizioni per riconoscere allo studente, nell'ambito dei percorsi scolastici e universitari, specifiche agevolazioni connesse all'attività di assistenza familiare.

Al riguardo, si ricorda che le ultime previsioni per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità certificata sono state adottate con il d.lgs. 66/2017 che, in particolare, ha stabilito che la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica diventa parte integrante del procedimento di valutazione delle scuole (DPR 80/2013) e ha previsto l’istituzione, presso il MIUR, dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica, con compiti di studio, monitoraggio, espressione di pareri e proposte[42].

Con riferimento a quanto previsto dal d.lgs. 66/2017, la Nota di aggiornamento fa presente che è stato costituito un gruppo di lavoro per l’accompagnamento delle misure attuative.

§  Proseguiranno gli sforzi diretti a limitare l’abbandono scolastico. A tal fine, potrà essere incentivato, ove ne ricorrano le condizioni, il tempo pieno e il tempo prolungato nel primo ciclo[43].

§  Si intende rivedere l’istituto dell’alternanza scuola-lavoro, in particolare prevedendo percorsi orientativi e di qualità, rispondenti a standard di sicurezza elevati, coerenti con il percorso di apprendimento di ogni studente e tesi all’acquisizione di abilità e competenze trasversali (soft skills). Sarà, inoltre, ridefinito il monte ore globale in base al percorso scolastico.

Al riguardo, si ricorda che l’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado – per almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei – è stata introdotta dall’art. 1, co. 33-43, della L. 107/2015.

Da ultimo, l’art. 6, co. 3-octies, del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), ha disposto – nelle more della revisione della disciplina dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – il differimento (dal 1° settembre 2018) al 1° settembre 2019 della previsione, recata dal d.lgs. 62/2017, in base alla quale lo svolgimento degli stessi costituisce requisito per l’ammissione all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo.

§  Saranno assunte misure per assicurare il reclutamento di docenti con titoli idonei all’insegnamento, nella scuola primaria, di inglese, musica ed educazione motoria, valutando l’istituzione di nuove classi di concorso, ma anche utilizzando docenti abilitati all’insegnamento nel medesimo ordine di scuola, in possesso di competenze certificate.

Occorre, inoltre, rivedere l’organizzazione delle attività sportive scolastiche.

Al riguardo si ricorda che, per gli insegnamenti sopra indicati, l’art. 1, co. 20, della L. 107/2015 ha disposto che sono utilizzati, oltre che docenti abilitati all'insegnamento per la scuola primaria in possesso di competenze certificate, anche docenti abilitati all'insegnamento anche per altri gradi di istruzione in qualità di specialisti (dunque, non necessariamente in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento nella scuola primaria), ai quali è assicurata una specifica formazione.

Sull’argomento dell’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria è attualmente in corso di esame, nella VII Commissione della Camera, l’A.C. 523 e abb.

§  Saranno utilizzati nuovi strumenti per l’aggiornamento continuo e la valorizzazione dei docenti. Inoltre, sarà rivisto il sistema di reclutamento – in modo da rendere la procedura più snella - e affrontato il problema dei trasferimenti, che limita la continuità didattica.

Al riguardo, si ricorda che, da ultimo, il d.lgs. 59/2017 ha introdotto un nuovo sistema di accesso ai ruoli per l’insegnamento nella scuola secondaria.
Inoltre, l’art. 1, co. 124-125, della L. 107/2015 ha previsto che la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Lo stesso art. 1, co. 121-123, ha, inoltre, previsto l'istituzione della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo.
Sulla valorizzazione dei docenti, l’art. 1, co. 126-130, della stessa L. 107/2015 ha previsto l'istituzione, dal 2016, di un Fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo.

Per i medesimi fini di valorizzazione, l’art. 1, co 592 e 593, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto, altresì, l’istituzione di una apposita sezione nell’ambito del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF)[44].

§  Allo scopo di coprire, da settembre 2019, i posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili, l’assunzione in servizio di quanti hanno inviato domanda in relazione al bando pubblicato il 24 novembre 2017 sarà anticipata e, in particolare, avverrà alla fine delle prove orali del concorso di ammissione al corso di formazione dirigenziale e tirocinio. Sarà, poi, attivato un corso di formazione in servizio.

Si ricorda che il regolamento emanato DM 3 agosto 2017, n. 138 ha previsto, per il reclutamento di dirigenti scolastici, un corso-concorso articolato in tre fasi (eventuale prova pre-selettiva; concorso di ammissione al corso di formazione dirigenziale; corso di formazione dirigenziale e tirocinio).

In relazione al corso-concorso avviato nel 2017, nella Gazzetta ufficiale –IV serie speciale del 14 settembre 2018 è stato pubblicato il diario della prova scritta, che si svolgerà il 18 ottobre 2018.

§  Sarà valorizzato il ruolo del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), anche con iniziative di formazione in servizio. Inoltre, si studieranno misure per la stabilizzazione dei collaboratori scolastici, funzionale all’internalizzazione di alcuni servizi.

§  Sarà attivato un piano pluriennale di investimenti, con risorse nazionali ed europee, per la creazione di strutture scolastiche e universitarie sicure e tecnologicamente adeguate. Inoltre, saranno messe in atto misure per la certificazione[45] e la messa in sicurezza delle scuole.
In argomento, nel paragrafo relativo a Rete idrica, edilizia pubblica e prevenzione rischi sismici, si sottolinea che, nell’ambito del proseguimento delle azioni di mitigazione del rischio sismico, saranno finanziate verifiche di vulnerabilità e progetti di adeguamento delle scuole situate nelle zone a rischio sismico 1 e 2.

§  Verranno incentivati nuovi percorsi di Istruzione tecnica superiore (ITS).

§  Con specifico riguardo all’università, sono allo studio misure per ampliare la platea degli studenti universitari che beneficiano dell’esenzione contributiva (c.d. no tax area)[46]. Inoltre, si intende intervenire sulla “stabilizzazione da parte delle Regioni del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio” e sulla semplificazione delle procedure amministrative per l’erogazione delle stesse.

Occorrerebbe chiarire il significato dell’espressione “stabilizzazione da parte delle Regioni del Fondo integrativo statale”.

Al riguardo si ricorda che, in base all’art. 18 del d.lgs. 68/2012 – come modificato dall’art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013 –, al fabbisogno finanziario necessario per garantire gli strumenti ed i servizi per il pieno successo formativo a tutti gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, si provvede attraverso:

-     un Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni;

-          il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce (a seconda della condizione economica dello studente);

-     risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40% dell'assegnazione del Fondo integrativo statale[47].

§  Si procederà alla revisione del sistema di accesso ai corsi a numero programmato, attraverso l’adozione di un modello che assicuri procedure idonee a orientare gli studenti verso le loro effettive attitudini.

§  Si intende incrementare le risorse destinate alle università e agli enti di ricerca e ridefinire i criteri di riparto dei relativi fondi di finanziamento (FFO e FOE). Inoltre, è allo studio l’elaborazione di un piano strategico pluriennale per l’università e la ricerca.

In particolare, si intende migliorare la crescita professionale dei ricercatori, incentivando sia il sistema di reclutamento con un piano straordinario di assunzioni, sia le progressioni di carriera. Inoltre, si intende creare le condizioni per il rientro in Italia dei giovani talenti, anche disponendo di infrastrutture fisiche e tecnologiche adeguate e finanziate in maniera costante, nonché semplificare le procedure di acquisto di beni e servizi nel mondo della ricerca.
Le risorse necessarie potranno derivare dalla collaborazione fra enti e mondo delle imprese, anche incentivando il ricorso al partenariato pubblico-privato, nonché, in particolare, dal Programma Horizon 2020[48].
Al contempo, nell’ambito del negoziato relativo al prossimo programma Horizon Europe 2021-2027 si cercherà di addivenire ad un accordo sui contenuti che possa riconoscere le principali priorità nazionali e possa garantire una partecipazione ampia attraverso procedure più snelle.

Sono stati, inoltre, avviati i lavori per l’aggiornamento del Programma nazionale di ricerca 2015-2020.

Infine, sarà incentivata l’offerta formativa on line e telematica delle università statali, attraverso finanziamenti finalizzati.

§  Nel settore dell’alta formazione artistica e musicale (AFAM), si completerà il processo di riforma del sistema di reclutamento e si valuterà un possibile piano di riassetto complessivo del sistema e di riordino dell’offerta formativa, definendo i criteri per l’attivazione dei corsi di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale. Inoltre, si procederà alla statalizzazione dei conservatori, nell’ambito di quanto previsto a legislazione vigente[49].

 

Infine, nel paragrafo relativo a Infrastrutture e mobilità, si prevede l’adozione di misure per aumentare le conoscenze specialistiche in tema infrastrutturale, con l’attivazione di nuovi percorsi professionali negli istituti superiori, di corsi di laurea e di laurea magistrale, di master e corsi di formazione professionale post laurea e corsi di dottorato per le attività scientifiche accademiche legati alla ricerca e alla formazione nel campo della logistica marittima, dell'intermodalità e dell'autotrasporto.

 


 

Ambiente e energia

In tema ambientale sono evidenziati sei principali ambiti di intervento: lotta ai cambiamenti climatici, salvaguardia della biodiversità, consumo del suolo (in particolare, rischio idrogeologico e valorizzazione dell'acqua come bene comune), sicurezza del territorio (prevenzione e contrasto dei danni ambientali), economia circolare e ‘rifiuti zero’, infrazioni comunitarie in materia ambientale.

In tema di efficienza energetica la Nota di aggiornamento evidenzia interventi di sostegno alla riqualificazione energetica degli edifici.

 

Lotta ai cambiamenti climatici

Con riferimento alla lotta ai cambiamenti climatici, si prevede, l’introduzione di norme per lo sviluppo sostenibile, un regime fiscale di vantaggio per le imprese orientate alla decarbonizzazione e alla defossilizzazione della produzione, l'utilizzo di fondi rotativi, incentivi per l'efficientamento energetico degli edifici, l’operatività del Fondo nazionale per l'efficienza energetica, e la riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri nuovi.

Tali azioni dovranno trovare un’effettiva applicazione nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima in fase di definizione e da presentare alla Commissione UE entro la fine del 2019.

Le politiche e le misure attuate per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra - come evidenziato dall'allegato IV al DEF 2018 - hanno consentito di rispettare gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto per il 2012 e garantiscono, altresì, il rispetto dei nuovi obiettivi previsti per il 2020. Gli obiettivi più ambiziosi previsti per il 2030 - e finalizzati all'attuazione dell'Accordo di Parigi - potranno invece essere raggiunti solo se saranno implementate le misure previste dalla Strategia Energetica Nazionale approvata nel novembre del 2017. Per conoscere gli adempimenti previsti e gli scenari al 2030 si rinvia al tema “Cambiamenti climatici” della Camera.

 

Salvaguardia della biodiversità

Ai fini della salvaguardia della biodiversità si prevede di intervenire sulla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge-quadro sulle aree protette); altri interventi saranno rivolti alla prevenzione incendi, al contrasto al bracconaggio, al commercio illegale di specie protette e alla protezione del mare.

 

Consumo del suolo, rischio idrogeologico e valorizzazione dell'acqua come bene comune

È obiettivo del programma garantire l'accesso all'acqua quale bene comune e diritto umano universale (tutela quali-quantitativa della risorsa, uso di sistemi per ridurre gli sprechi, investimenti pubblici sul servizio idrico integrato).

Per il contrasto e la prevenzione del consumo del suolo e del dissesto idrogeologico, anche con il potenziamento del Geoportale Nazionale, si prevedono diversi interventi tra cui il rilancio del patrimonio edilizio esistente e  il rafforzamento della governance delle aree marino-costiere.

Si ricorda, in proposito, che nella XVII legislatura è stato approvato dalla Camera un progetto di legge in materia di contenimento del consumo del suolo, esaminato in sede referente dalle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura) che avevano avviato l'esame delle proposte di legge nn. 948 e 902, nel mese di marzo 2014, deliberando poi in seguito l'abbinamento, alle citate proposte, delle proposte n. 1176 e n. 1909, nonché del disegno di legge del Governo " (Atto Camera n. 2039  ), adottando un testo base, poi approvato dalla Camera il 12 maggio 2016 e trasmesso al Senato (A.S.2383  ), su cui il Senato ha svolto una serie di audizioni  . Il progetto di legge, tuttavia, non è stato approvato.

 

Sicurezza del territorio e danni ambientali

Per quanto riguarda la sicurezza del territorio, la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali, è previsto, in particolare, un inasprimento delle sanzioni contenute nella legge n. 68 del 2015 (Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente), come la confisca dei beni e l’allontanamento fino a 2 anni, per i responsabili, e l’implementazione delle attività di contrasto alle ecomafie, in base al principio del ‘chi inquina paga’.

 

Economia circolare, rifiuti zero e procedure di infrazione

Alla luce della Raccomandazione n. 1, sul tema dell’economia circolare (su cui un approfondimento è contenuto nel tema “l’economia circolare”) – la competenza sul quale è stata recentemente attribuita al Ministero dell’Ambiente (art. 2 D.L. 12 luglio 2018, n. 86) –  si prevede la promozione di un modello di sviluppo sostenibile come azione di sostegno allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale. E’ prevista inoltre, con l’adozione del cd. “pacchetto rifiuti – economia circolare” dell’UE, la modifica della normativa nazionale di riferimento in tema di gestione dei rifiuti (D.Lgs 152/06). Tra le altre misure, si prevede la modifica dell’attività dei Consorzi nazionali per il riciclaggio dei rifiuti e l’istituzione di una cabina di regia presso il Ministero dell’ambiente relativa all’inquinamento da amianto.

Sul numero delle procedure di infrazione avviate nei confronti dell'Italia dall'Unione Europea, passate dalle 117 del 2014 alle 59 di oggi, l’intenzione è rivolta a specifiche azioni per seguire ogni procedura e valutare i passi da compiere.

 

Efficienza energetica e fonti rinnovabili

La Nota di aggiornamento al DEF evidenzia che il Governo intende prorogare la detrazione per interventi di riqualificazione energetica degli edifici (’ecobonus’ e il ’sisma bonus’) e introdurre iniziative per un regime fiscale di vantaggio a favore delle aziende che implementano strategie di riduzione dell’inquinamento. In proposito, si evidenzia che la Nota dichiara quale provvedimento collegato alla manovra di bilancio 2019-2021 il disegno di legge recante introduzioni di misure fiscali agevolate per società che riducono le emissioni inquinanti (cd. Ires verde).

Sono, poi, prospettate una serie di misure: lo sviluppo del lavoro ecologico e la ‘decarbonizzazione’ e ‘defossilizzazione’ della produzione; l’attuazione di norme di semplificazione amministrativa in tema ambientale; l'utilizzo di fondi rotativi per il supporto delle politiche pubbliche e degli investimenti per l'efficientamento energetico degli edifici, con particolare attenzione all'edilizia residenziale pubblica.

Si ricorda al riguardo che una implementazione dell’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati è prevista dalla Direttiva (UE) 2018/844, il cui recepimento è contenuto nell’art. 21 del Disegno di legge di delegazione europea (A.C. 1201, art. 21), attualmente all’esame del Parlamento. In particolare, la disciplina europea, in via di recepimento nell’ordinamento nazionale, impone agli Stati membri di facilitare l’accesso a meccanismi di sostegno agli investimenti nelle ristrutturazioni profonde degli edifici tra i quali l’uso di fondi pubblici per stimolare investimenti privati supplementari. A tal fine, la Direttiva del 2018 apporta modifiche alla disciplina vigente sulla materia contenuta nella Direttiva 2010/31/UE e nella Direttiva 2012/27/UE, recepite nel nostro ordinamento rispettivamente con il D.Lgs. n. 102/2014 e con il D.L. n. 63/2013.

 

Il Governo si impegna, inoltre, a rendere operativo il Fondo nazionale per l'efficienza energetica (la cui disciplina è stata definita con il D.M. 22 dicembre 2017), e a sostenere presso tutte le sedi, anche internazionali, obiettivi più ambiziosi e vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri nuovi. Tali temi – afferma la NADEF - dovranno trovare applicazione nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, in fase di definizione e da presentare alla Commissione UE entro la fine del 2019.

Con riferimento alle fonti rinnovabili, obiettivo generale è il conseguimento, al 2050, di un sistema energetico alimentato esclusivamente da fonti rinnovabili e sostenibili. L’obiettivo appare riconducibile all’impegno dell’Unione europea per un sistema energetico decarbonizzato e ad alta efficienza entro il 2050.

In tale contesto, sarà varato il Piano per le Energie Alternative, i cui contenuti saranno la mobilità sostenibile e la lotta alla povertà energetica (sulla mobilità sostenibile, si rinvia al paragrafo “Investimenti pubblici e Trasporti”).

Difesa

In relazione al comparto della Difesa, la Nota di aggiornamento al Def individua una pluralità di iniziative volte, da un lato, a garantire uno strumento militare moderno, efficiente, economicamente sostenibile, da “impiegare con oculatezza in relazione alle priorità strategiche dell’Italia”, dall’altro lato a ottimizzare le risorse a disposizione della Difesa per la tutela degli interessi strategici nazionali  e la sicurezza collettiva.

A tal fine il Governo intende procedere alla definizione di un’apposita Strategia Sistemica per la Sicurezza Nazionale che valorizzi le competenze e le potenzialità di tutte le componenti del Sistema Paese con particolare riferimento al mondo dell'università, della ricerca, dell'industria e al settore privato.

Si procederà, inoltre, ad una razionalizzazione dei sistemi di difesa che consenta, in particolare, di eliminare inutili duplicazioni e sviluppare le tecnologie necessarie con particolare riferimento alle produzioni dual-use idonee ad essere utilizzate in contesti non esclusivamente militari. Si provvederà, inoltre, ad una  razionalizzazione delle strutture militari, eliminando quelle non più necessarie e accorpando, ove possibile, quelle che svolgono funzioni similari, in un’ottica di aggregazione interforze ed internazionale.

Sul versante degli investimenti nel settore dell’innovazione e della ricerca  il Governo dichiara di voler cogliere al meglio le opportunità offerte dalla prospettiva delineata dall'istituzione del Fondo europeo per la difesa, per le positive ricadute in termini di ricerca tecnologica e di sviluppo di capacità strategiche nel campo della Difesa.

Analogo interesse, viene espresso nei confronti del Programma Europeo di Sviluppo Industriale per la Difesa (European Defence Industrial Development Programme - EDIDP), finalizzato a supportare progetti di cooperazione industriale multilaterale tra aziende europee nel settore della Difesa.

 

Con riferimento al Fondo europeo per la difesa, nel corso dell’esame parlamentare della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo europeo per la difesa COM(2018)476 final/2 e Annex, è stato posto in evidenza che il Fondo potrà assicurare, incentivi ad ogni stadio del ciclo industriale, coprendo quindi la fase della ricerca, dello sviluppo e dell’industrializzazione e potrà agire da catalizzatore e stimolo per una nuova serie di  iniziative, attraverso meccanismi che incentivino la collaborazione tra Paesi membri ed industrie europee, sia a livello di ricerca e sviluppo che di approvvigionamento.

Il Fondo europeo per la difesa si colloca nell’ambito della più generale cooperazione strutturata permanente (PESCO) istituita con decisione dell'11 dicembre 2017 del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi degli articoli 42, paragrafo 6, e 46 del Trattato UE. La PESCO non si traduce nella creazione di un esercito europeo né equivale alla realizzazione della difesa comune, bensì di una cornice istituzionale e procedimentale, tendenzialmente aperta a tutti i membri, per realizzare in comune progetti in materia di difesa. All'interno della PESCO, ogni paese deciderà a quali progetti prendere parte. Ogni paese potrà tarare la propria partecipazione sul livello che riterrà più opportuno.

 

Più in generale, Governo si attiverà, per l’integrazione di competenze specialistiche avanzate nel settore industriale della Difesa, anche attraverso la formazione di centri di competenza ad alta specializzazione costituiti da Università, centri di Ricerca, soggetti privati e del mondo dell’industria.

 

Per quanto concerne, poi, il tema delle minacce alla sicurezza del Paese, nella Nota di aggiornamento al Def particolare attenzione viene data alla minaccia cibernetica e alla conseguente necessità di investire in adeguati programmi di difesa cibernetica.

Con riferimento alla necessità di garantire elevati sistemi di difesa della rete energetica nazionale contro possibili intrusioni di natura cibernetica, il Governo intende potenziare le capacità di resilienza del sistema, favorire la produzione e l’approvvigionamento da fonti eco-sostenibili e adoperarsi per la riduzione dei consumi e dei fabbisogni. In tale contesto il Governo esaminerà la possibilità di implementare “distretti energetici intelligenti” (smart military district), nei quali sia massimizzato il ricorso all’auto-consumo (…) in un alveo certo di sicurezza cibernetica, in perfetta simbiosi con il binomio cyber security - energy security”.

 

In relazione al tema della sicurezza cibernetica la Ministra della difesa, lo scorso 26 luglio, in sede di illustrazione delle linee programmatiche del suo dicastero presso le Commissioni difesa congiunte della Camera e del Senato, ha osservato che “sono stati avviati una serie di programmi di acquisizione per accedere a strumenti operativi ad alto contenuto tecnologico in grado di assicurare la protezione, la resilienza e l’efficienza delle reti e dei sistemi informativi gestionali e operativi della Difesa. In tale quadro, è necessario continuare ad investire, al fine di potenziare ulteriormente le dotazioni strumentali e organizzative di protezione cibernetica e sicurezza informatica, incrementando progressivamente la capacità di contrastare in maniera efficace le minacce. È poi imprescindibile il conseguimento di capacità operative che andranno a supportare il neocostituito Comando Interforze per le Operazioni Cibernetiche (CIOC)”.

Con riferimento al tema della sicurezza energetica la Ministra della Difesa ha osservato che la medesima “si pone come condizione basilare per garantire la sicurezza nazionale. Nel medio e lungo termine la Difesa italiana mira al raggiungimento di elevate capacità di resilienza energetica, produzione e approvvigionamento da fonti sostenibili tali da assorbire e mitigare gli effetti dovuti a eventuali attacchi o a calamità e assicurare il mantenimento della capacità e della prontezza operativa dello strumento militare, sia in Patria che nei teatri operativi. In particolare, nel settore delle infrastrutture, a partire dai siti a valenza strategica, l’intento è  la realizzazione di distretti energetici intelligenti (definiti smart military district) nei quali sia massimizzato il ricorso all’autoconsumo e la gestione dei flussi energetici avvenga in tempo reale in un alveo certo di cyber security. In tale ambito, la Difesa italiana potrà giocare un ruolo cruciale, anche a sostegno degli altri Dicasteri, nell’ambito della protezione delle infrastrutture critiche energetiche, sia come possibile entità istituzionale ospitante dei nodi di rilevanza strategica della rete di approvvigionamento/distribuzione, sia per il fattivo contributo alla difesa cibernetica del Paese, nell’ottica del consolidato paradigma del binomio energy security-cyber security”.

 

Sul fronte del personale militare, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, il Governo intende sia favorire nuove assunzioni nell’Arma dei Carabinieri, sia procedere alla definizione di un piano generale piano di assunzioni, con specifico riferimento all’area operativa e tecnico-industriale.

 

A livello internazionale il Governo ribadisce il proprio impegno nell’ambito delle organizzazioni e delle alleanze di cui fa parte contribuendo agli interventi necessari, “prestando la massima attenzione nella destinazione delle relative risorse, a fronte dei costi associati”.

Si segnala, infine che nella parte III. 2 della Nota (“Percorso programmatico di finanza pubblica”)  si dichiara che “saranno rifinanziate selettivamente le cosiddette politiche vigenti, comprese le spese per le missioni di pace”.

 

 


4. Approfondimenti

4.1 Il rapporto programmatico sulle spese fiscali

Il Governo, in ottemperanza al dettato normativo, ha presentato in allegato alla nota di aggiornamento al documento di economica e finanza 2018 (NADEF 2018) il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali[50].

Nello specifico si ricorda che l'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 160 del 2015, intervenendo sulla legge di contabilità e finanza pubblica[51], dispone che la NADEF sia corredata da “un rapporto programmatico nel quale sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica". Nell'indicazione degli interventi resta ferma la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'istruzione, nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica. Le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma".

L’art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 160 ha previsto altresì l'inserimento in allegato allo stato di previsione dell'entrata di un rapporto annuale sulle spese fiscali, che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso[52].

La procedura di monitoraggio e riordino delle spese fiscali delineata dal ciato decreto legislativo prevede dunque due strumenti: da una parte il rapporto programmatico, da allegare alla NADEF, che è atto di natura politica del Governo; dall’altra, il rapporto annuale di ricognizione delle spese fiscali, di natura tecnica, elaborato da una Commissione di esperti. Il rapporto annuale dovrebbe costituire la base informativa per la redazione del rapporto di natura programmatica[53].

Il rapporto programmatico 2018 è articolato in tre paragrafi. Nel primo è illustrato il quadro normativo di riferimento. Nel secondo, si dà conto del lavoro svolto dalla Commissione di esperti sulle tax expenditures. Il terzo paragrafo reca infine le linee programmatiche per il riordino delle agevolazioni fiscali e le prospettive di medio termine.

Nello specifico il rapporto programmatico 2018, dopo aver ricordato il quadro normativo di riferimento, evidenzia che la cadenza temporale delineata dalla legge per i due strumenti previsti per il monitoraggio e riordino delle spese fiscali non garantisce che al momento della definizione del quadro programmatico siano già disponibili informazioni aggiornate in relazione alle spese fiscali vigenti[54].

Nel dare poi conto dei lavori della Commissione di esperti presieduta dal Prof. Marè, ricorda che la stessa ha prescelto per la individuazione, classificazione e stima delle spese fiscali censite nel rapporto annuale il metodo del sistema fiscale vigente[55]. In proposito il Governo rappresenta che tale valutazione "presenta ampi margini di soggettività, che rendono possibili, anche in seguito alle stesse scelte metodologiche, giudizi e stime concrete differenti."

Il rapporto programmatico ricorda quindi i criteri di classificazione prescelti dalla Commissione per il censimento delle spese fiscali ed in particolare il riferimento alle missioni di spesa considerate nel bilancio dello Stato. Una scelta che - si legge nel rapporto programmatico - agevola i confronti tra le spese fiscali ed i programmi di spesa destinati alle medesime finalità, consente la valutazione qualitativa e quantitativa di eventuali sovrapposizioni e fornisce utili indicazioni ai fini delle decisioni di riordino.

Ricorda quindi che il confronto tra spese fiscali e programmi di spesa aventi le medesime finalità previsto dalla legge non è stato ancora effettuato ma costituirà parte integrante dei futuri rapporti annuali sulle spese fiscali.

Riporta, a titolo esemplificativo, alcune tavole riepilogative recanti evidenza delle classificazioni per tributo, per natura dell'agevolazione e per classe di costo utilizzate nel rapporto annuale 2017.

Il rapporto delinea quindi le linee programmatiche in materia.

Si sofferma preliminarmente sui motivi che rendono necessario un riordino ed una razionalizzazione della materia. Dopo aver evidenziato come le spese fiscali ed i programmi di spesa, pur costituendo strumenti differenti, possono consentire di raggiungere i medesimi obiettivi nell'allocazione delle risorse pubbliche ad individui ed imprese, rappresenta come le agevolazioni fiscali presentano alcune criticità: possono dar luogo a minore trasparenza, determinare variabilità dell'impatto finanziario dipendente dalle scelte e dai comportamenti dei contribuenti, possono generare iniquità ed inefficienze nel sistema tributario.

Dalle risultanze del rapporto annuale, evidenzia come la gran parte delle agevolazioni fiscali interessa l'IRPEF: più di un quarto delle misure (120 su 466) hanno una incidenza sul gettito inferiore ai 10 milioni di euro.

Passando quindi a delineare le linee programmatiche, il rapporto rappresenta:

§  la necessità di collocare il necessario riordino delle spese fiscali in un quadro più ampio di riforme strutturali che metta in stretta connessione la politica tributaria con i programmi di spesa[56];

§  l'esigenza di rafforzare la base conoscitiva[57];

§  la necessità di considerare la dimensione temporale degli interventi di riordino e le implicazioni sulla pressione fiscale e sul gettito, valutando la necessità di compensazioni per i settori/contribuenti penalizzati dal riordino;

§  l'attenzione da porre sulle modalità degli interventi di riordino considerando la stretta connessione esistente con la politica tributaria e con i singoli programmi di azione.

 

Delinea quindi due possibili linee di intervento:

§  collegare la revisione delle agevolazioni fiscali a un potenziamento mirato di deduzioni e detrazioni a favore della famiglia e del lavoro;

§  ovvero operare interventi orizzontali, che permettano di razionalizzare l’intero complesso delle spese fiscali, ridurne la portata quantitativa ed eliminare comunque il loro impatto più evidente sull’efficienza e la trasparenza del sistema tributario.

 

Si rappresenta che, nel delineare il percorso programmatico di finanza pubblica[58], la Nota di aggiornamento al DEF 2018 preannuncia che nell'ambito della manovra di bilancio 2019 si provvederà all'eliminazione dell'Aiuto alla Crescita Economica (ACE) e che ulteriori aumenti di gettito proverranno da modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto d’imposta. In via ulteriore, nel delineare le linee di intervento in materia di tassazione e di contrasto all'evasione,  si legge nella NADEF 2018 che "saranno valutati gli spazi disponibili per la razionalizzazione delle cosiddette spese fiscali: la molteplicità delle agevolazioni, la difficoltà del loro coordinamento e le possibili sovrapposizioni con i trasferimenti diretti di risorse aventi carattere assistenziale possono impedire una corretta rappresentazione dei flussi redistributivi operati dal settore pubblico. La scelta delle agevolazioni su cui intervenire sarà guidata da un’attenta valutazione, tenendo in considerazione aspetti legati al costo-efficacia delle agevolazioni stesse, ai risultati che hanno prodotto e ai loro impatti redistributivi"[59].

 

In merito alle linee programmatiche del Governo si rileva che il rapporto programmatico 2018 ripropone, nella sostanza e per la maggior parte, valutazioni analoghe a quelle svolte dal precedente Esecutivo nel rapporto programmatico dello scorso anno: in particolare sono indicati gli stessi due possibili approcci alternativi da ultimo ricordati.

 

Per la disciplina vigente (art. 10-?bis, comma 5?bis della legge n. 196 del 2998), il rapporto programmatico dovrebbe indicare:

§  gli interventi che il Governo intende attuare, con la manovra di finanza pubblica, per ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche, ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità;

§  le specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma delle spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore.

 

Anche il secondo rapporto programmatico, esaminato alla luce del dettato normativo sopra ricordato, non riporta le seguenti indicazioni:

§  le proposte di rimodulazione o conferma delle spese fiscali ultra quinquennali;

§  l'individuazione delle spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate, ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che sarebbero state interessate da interventi nell'ambito della manovra di bilancio.

 

Si ricorda che l'Unione europea, in più di una occasione, ha invitato l'Italia a ridurre il numero delle agevolazioni esistenti, l'entità delle misure e l'incidenza delle stesse sul sistema tributario. Da ultimo con la raccomandazione del Consiglio del 13 luglio 2018 C/320/11[60] sul programma nazionale di riforma 2018 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2018 dell'Italia: il Consiglio, dopo aver ricordato in premessa che il numero e l'entità delle agevolazioni fiscali, in particolare per le aliquote ridotte dell'imposta sul valore aggiunto, sono particolarmente elevati e che la loro razionalizzazione è stata rinviata, sebbene fosse prevista dalla normativa nazionale, ha raccomandato l'adozione nel 2018 e 2019 di provvedimenti volti, tra l'altro, a spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati.

 

Le tax expenditures nel rapporto 2017 sulle spese fiscali[61]

Per il Fondo monetario internazionale, le tax expenditures sono entrate a cui lo Stato rinuncia attraverso misure selettive in favore di alcune categorie. Per l’OCSE, sono una spesa pubblica attuata attraverso il sistema fiscale.

Per l'ordinamento nazionale si tratta di “qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore derivante dalle norme in vigore”.

Le spese fiscali in Italia, secondo il Rapporto 2017 della Commissione Marè, sono 636: 466 misure relative a tributi erariali e 170 relative a tributi locali.

Tra queste misure, 21 sono in scadenza entro il 2017, mentre 44 nuove spese fiscali erariali sono state introdotte tra il 1° gennaio 2016 e il 30 giugno 2017.

Sommando gli effetti finanziari delle varie misure individuate nel Rapporto, si registra un minor gettito per l’erario di 54.248 milioni di euro per l'anno 2018. L’importo sale a 75,2 miliardi considerando le agevolazioni per i tributi locali.

Le principali politiche pubbliche perseguite in Italia attraverso le spese fiscali sono:

§  casa e assetto urbanistico (missione 19), attestate a quota 33,7% circa, pari a 18.286 milioni

§  politiche per il lavoro (missione 26), alle quali nel 2017 è stato destinato il 27% circa delle risorse, per 14.649 milioni di euro

§  tutela della salute e politiche economico-finanziarie e di bilancio (missioni 20 e 29), alle quali è stato destinato rispettivamente circa l’8% (rispettivamente 4.388 milioni di euro e 4.446 milioni di euro)

§  diritti sociali e politiche sociali e famiglie (missione 24), che si sono divisi circa il 6% delle risorse (3.520 milioni).

 

 

A queste cinque missioni sono state destinate, attraverso spese fiscali, risorse pari a 45.289 milioni di euro (83,5% circa del totale).

La nota integrativa per l'anno 2015 ha elencato 282 spese fiscali, che nel 2016 – l’anno della ricognizione effettuata dalla nuova Commissione di esperti - sono salite a 296 (contro 468 misure erariali censite nel Rapporto annuale). Minor gettito previsto: 175,1 miliardi per l'anno 2016 e 161 miliardi per il 2015.

Nel suo Rapporto sulle spese fiscali 2017, la Commissione non ha voluto fornire una valutazione del minor gettito complessivo, “ritenendo non superabili gli ostacoli e gli inconvenienti di una semplice aggregazione per somma”. Su 466 agevolazioni erariali esaminate, 174 (il 37,3%) sono prive di indicazioni o perché ritenute agevolazioni non quantificabili (152 misure, il 32,6%) o in quanto vi sono stati associati “effetti di trascurabile entità” senza fornire importi (22 misure, il 4,7%). solo 292 spese fiscali erariali su 466 sono state “quantificate” (il 62,7%).

 

Per quanto attiene ai beneficiari, solo di 132 spese fiscali erariali (su 466) è stato possibile indicare sia gli effetti finanziari sia il numero dei beneficiari.

La distribuzione di queste 132 misure indica che:

§  il 26% si rivolge a una classe di beneficiari composta da meno di 1.000 persone

§  il 17% è riferito alla classe da 1.000 a 10.0000 soggetti

§  il 15% riguarda da 30.000 a 100.000 beneficiari

§  il 13% è in favore di un numero tra 10.000 e 30.000 contribuenti

Più della metà di queste 132 agevolazioni fiscali – sono 73, il 55% - riguarda classi con meno di 30.000 soggetti. Il numero effettivo di fruitori, tuttavia, è bassissimo: circa 425 mila.

 

Il 52,5% delle risorse associate alle 132 misure per cui si hanno informazioni è concentrato sulle classi da 3.000.000 di soggetti in su. Alle classi fino a 3.000.000 è destinato il 22,4% delle risorse. Tre sole misure fanno registrare frequenze superiori ai 10 milioni di beneficiari:

 

Alla classe con più di 10 milioni di beneficiari si associa il 29% delle risorse.


 

4.2 Il Rapporto sui risultati della lotta all'evasione fiscale

e contributiva e la Relazione sull'economia non osservata (2018)

 

Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, oltre a indicare i dati relativi al recupero delle somme evase, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive. Sono riportate, inoltre, le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale e gli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell’evasione.

I dati si basano sulla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione contributiva allegata alla Nota, predisposta dalla Commissione di esperti istituita con DM 28 aprile 2016.

La Relazione 2018 contiene diverse novità in termini sia di valutazione dell’evasione, sia di approfondimenti del fenomeno dell’evasione, sia ancora di illustrazione delle azioni di contrasto a quest’ultimo. In particolare, la Relazione contiene nuove sezioni relative: alla stima del tax gap sulle accise sui prodotti energetici; sulle addizionali IRPEF (regionale e comunale) per il lavoro dipendente; sulla TASI; alla costruzione e applicazione dei nuovi indici sintetici di affidabilità (ISA) che dal prossimo anno sostituiranno gli studi di settore; al trattamento delle attività illegali nel calcolo del tax gap.

Dalla Relazione e dal Rapporto emerge che per il triennio 2013-2015 si osserva un gap complessivo pari a circa 108,9 miliardi di euro, di cui 97,8 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,1 miliardi di mancate entrate contributive. Dal 2014 al 2016 si osserva una significativa diminuzione delle mancate entrate tributarie (-5,5 miliardi di euro), che passano da circa 95,5 miliardi nel 2014 a circa 90 miliardi nel 2016. Restringendo l’analisi al biennio 2014-2015 e includendo anche le mancate entrate contributive, si osserva una diminuzione netta del gap complessivo pari a 5,5 miliardi di euro, dovuto alla riduzione delle entrate tributarie (-5,8 miliardi di euro) parzialmente compensata dall’incremento di 300 milioni di euro del gap riguardante le entrate contributive.

Il tax gap IRPEF da lavoro autonomo e da impresa, IRES, IVA e IRAP ammonta a 83,8 miliardi di euro nella media del periodo 2013-2015. A questa stima occorre aggiungere i circa 5,6 miliardi di euro dell’IRPEF per il lavoro dipendente irregolare, comprese le addizionali regionali e comunali, i circa 5,2 miliardi di euro dell’IMU per gli immobili diversi dall’abitazione principale, circa 913 milioni di euro per la cedolare secca e 975 milioni per il canone RAI.

 

Nella Relazione 2017 si calcolava che, nel biennio 2012 - 2014, il gap complessivo fosse pari a circa 107,7 miliardi di euro annui, di cui 97 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,7 miliardi di mancate entrate contributive.

 

Si osserva, in particolare, una propensione media al gap IRPEF pari al 68,3% per i lavoratori autonomi e le imprese. In generale, con la sola eccezione dell’IRES e delle accise sui prodotti energetici, nel 2016 emerge una riduzione del gap rispetto al 2015 per tutte le tipologie di imposte considerate. Nell’anno d’imposta 2016, si osserva il raggiungimento di un record negativo nella propensione al gap delle imposte.

Inoltre, nel 2016 si osserva una diminuzione marcata della propensione al gap per il canone RAI, che passa dal 36,6% al 9,9%, per effetto del suo inserimento nella bolletta elettrica. Analogamente, il Rapporto evidenzia che la propensione al gap per le locazioni registra una riduzione, pari a 1,4 punti percentuali. La propensione al gap IVA e IRAP continua il trend decrescente iniziato nel 2015.

Tuttavia, a livello aggregato, la diminuzione della propensione al gap tra il 2016 e il 2015 è solo di 0,1 punti percentuali, a causa dell’incremento relativo all’IRES, che compensa parte delle diminuzioni registrate per le altre imposte.

 

Per quanto concerne le entrate contributive, secondo l’ipotesi massima di stima, nella media 2013-2015 risulta un ammontare evaso pari a 11,1 miliardi di euro all’anno, di cui 8,5 miliardi circa a carico dei datori di lavoro e 2,6 miliardi a carico dei lavoratori dipendenti.


 

Tabella III.1 - Gap delle entrate tributarie e contributive

 

 

Tabella III.2 - Propensione al Gap nell’imposta

 

 

Per quanto riguarda i risultati dell’attività di prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale e contributiva nel 2017, il Rapporto segnala che nell’anno di riferimento il risultato annuale dell’attività dell’Agenzia delle entrate, relativo all’obiettivo di riscossione complessiva, è pari a 20,1 miliardi di euro (+ 5,8% rispetto ai 19 miliardi nel 2016) di cui 7,4 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 11,4 dai versamenti diretti e 1,3 miliardi dalle iniziative relative all’attività di promozione della compliance.

Di questi 20,1 miliardi, 8 miliardi derivano da attività di accertamento e di controllo formale (compresi 400 milioni di incassi da attività di accertamento relativa alla voluntary disclosure), 10,8 miliardi sono frutto di attività di liquidazione delle dichiarazioni su cui l’Agenzia ha investito molto per affinare le capacità di estrazione e di analisi ed evitare, quindi, l’invio di avvisi imprecisi o inesatti. Infine, circa 1,3 miliardi provengono da versamenti spontanei da compliance.

 

Sul fronte della prevenzione, nel settore delle comunicazioni inviate a cittadini, ai professionisti e alle imprese per la promozione della compliance, si è passati da una fase in cui le comunicazioni venivano predisposte manualmente ad una (relativa al 2017) in cui ne sono state complessivamente trasmesse oltre 1.460.000, alcune delle quali inviate per promuovere l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari ai contribuenti che presentavano anomalie relative agli studi di settore per il triennio 2013-2015 o a quelli con anomalie risultanti dal confronto tra la comunicazione annuale IVA e la dichiarazione IVA per il 2016. Nel 2017 dall’adesione alle strategie di compliance sono stati complessivamente incassati 1,3 miliardi, con una variazione in aumento del 160% rispetto al risultato conseguito nel 2016.

 

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nella sua funzione di amministrazione doganale, ha riscosso nel 2017 oltre 15 miliardi di euro (IVA e dazi). Inoltre, attraverso le attività di verifica e di controllo sugli scambi, la produzione e il consumo dei prodotti e delle risorse naturali soggetti ad accisa, sono stati riscossi circa 34 miliardi di euro. Con riferimento al settore dei tabacchi, nel 2017 le entrate erariali derivanti dalle immissioni in consumo di tabacchi lavorati sono state di circa 13,8 miliardi di euro (circa 10,5 miliardi di accisa e 3,3 miliardi di IVA). Il comparto del gioco pubblico ha garantito nel 2017 la riscossione di 10,3 miliardi di euro.

La Guardia di Finanza al 31 dicembre 2017 ha svolto 108.655 verifiche e controlli fiscali nei confronti di soggetti preventivamente selezionati per l’esistenza di elementi indicativi di un forte rischio di evasione. Inoltre, nello stesso anno sono state concluse 10.872 indagini di polizia giudiziaria a contrasto dei reati tributari di cui al Decreto 10 marzo 2000, n. 74, di quelli in materia di gioco e scommesse, accise e lavoro sommerso, nonché del reato di contrabbando, all’esito delle quali sono stati complessivamente denunciati 12.375 soggetti e accertati 18.956 reati tributari.

 

Sul fronte del contrasto all’evasione contributiva, a seguito del riordino delle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato istituito l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), che ha integrato in un'unica Agenzia i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, con lo scopo di razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale.

Dalla rilevazione annuale dei risultati dell’azione ispettiva svolta dall’INAIL emerge che nel 2017, per un numero di aziende ispezionate pari a 160.347, sono stati accertati 252.659 lavoratori irregolari (a fronte di 186.027 lavoratori risultati irregolari nel 2016, con un conseguente incremento del 36%), di cui 48.073 completamente ‘in nero’. Sempre in relazione all’attività di vigilanza ispettiva dell’INL, per l’anno 2017, si evidenziano contributi previdenziali e premi assicurativi recuperati per un importo di 1,1 miliardi di euro.

Per quanto riguarda l’attività di vigilanza ispettiva attuata dall’INPS, per l’anno 2017 con l’attività preventiva di vigilanza documentale sono state accertate irregolarità di natura contributiva pari complessivamente a 295,5 milioni di euro, cui si aggiunge il risparmio stimato in 285,9 milioni di euro in termini di maggiori entrate future (ad esempio, per l’annullamento di un sgravio contributivo in corso di fruizione) ovvero minori uscite (ad esempio, per l’accertamento di rapporti di lavoro simulato che avrebbero dato luogo a prestazioni previdenziali indebite).

La vigilanza amministrativa INAIL ha comportato un recupero (in termini di premi accertati censimento/indotto) per un importo complessivo pari a 37,8 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda le maggiori entrate derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, la valutazione delle maggiori risorse è effettuata mediante un confronto degli incassi derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale dell’anno corrente sia con le previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente, sia con le somme effettivamente incassate nell'esercizio precedente. La valutazione verifica che siano rispettate congiuntamente le seguenti tre condizioni:

i)    l’esistenza di maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente (rispettivamente per le annualità 2018, 2019 e 2020);

ii)   l’esistenza di maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale rispetto a quelle effettivamente incassate nell’esercizio precedente (2017);

iii)          la circostanza che le predette maggiori entrate siano permanenti.

 

In particolare, la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 1069, della legge n. 205 del 2018) ha previsto che il confronto sia effettuato rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente per tutto il triennio; in precedenza, la legge limitava il confronto alle previsioni per l'esercizio in corso. In sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio 2018 sono stati iscritti in bilancio, per il triennio 2018-2020, 370 milioni di euro nello stato di previsione dell’entrata e, contestualmente, nel Fondo.

Sulla base delle condizioni sopra descritte, il Rapporto rileva che la stima degli incassi attesi per l’anno 2018 è pari a 13,4 miliardi di euro, di cui circa 10 miliardi riferiti alle entrate tributarie e 3,4 miliardi alle entrate extra tributarie. Si perviene, pertanto, ai seguenti risultati:

i)    la stima degli incassi attesi per il 2018 è maggiore degli incassi realizzati nel 2017 per 1,1 miliardi di euro;

ii)  gli incassi stimati per il 2018 risultano inferiori alle previsioni per il triennio 2018-2020.

Di conseguenza, si rileva che non è possibile destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale ulteriori risorse rispetto a quanto già stanziato per il 2018, 2019 e 2020, sulla base della valutazione delle maggiori entrate permanenti effettuata nella Nota di aggiornamento del DEF 2017.

 

Con riferimento agli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell’evasione il Rapporto chiarisce che, accanto agli interventi per stimolare l’adempimento spontaneo dei contribuenti, le strategie di contrasto all’evasione puntano allo sfruttamento delle nuove tecnologie per acquisire informazioni rilevanti e indirizzare controlli mirati ai contribuenti meno affidabili, così riducendo il carico fiscale sui contribuenti onesti, rafforzando gli incentivi al lavoro e al doing business. Ciò si traduce, tra l’altro, nella creazione di basi dati in grado di tracciare le transazioni e incrociare le dichiarazioni fiscali e nella sempre maggiore semplificazione degli oneri a carico dei contribuenti.

Il Rapporto al riguardo cita le misure contenutene nel decreto-legge n.87 del 2018 (cd. decreto dignità): revisione dell’istituto del redditometro, rinvio della scadenza dello spesometro, abrogazione dello split payment per i professionisti e rinvio dell’obbligo della fatturazione elettronica per i distributori stradali di carburanti.

Nell’ottica della tax compliance rilevano in particolare: gli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) di prossima applicazione, volti a rafforzare il carattere cooperativo della relazione tra fisco e contribuente; le attività di implementazione delle fatture elettroniche e della trasmissione telematica delle operazioni IVA, in vista dell’introduzione generalizzata dell’obbligo di fatturazione elettronica dal 1° gennaio 2019; il rafforzamento degli istituti di cooperazione rafforzata con il Fisco (come, ad esempio, l’istituto dell’adempimento collaborativo e gli accordi preventivi con le imprese che svolgono attività internazionali).

Sul versante del contrasto all’evasione, accanto al rafforzamento delle iniziative congiunte degli organi dell’Amministrazione finanziaria, si intende potenziare gli strumenti per la prevenzione e il contrasto degli illeciti in materia tributaria ed extra-tributaria, attraverso una politica dei controlli basata sulla gestione informatizzata del rischio, per migliorarne l’efficacia mediante l’utilizzo efficiente delle banche dati, da rendere sempre maggiormente interoperabili.

Per quanto riguarda le sinergie operative con le altre Autorità pubbliche nazionali, il rapporto ricorda l’avvio del meccanismo di primo scambio automatico di dati finanziari tra autorità fiscali (avvenuto nel settembre 2017) tra 47 giurisdizioni che avevano il quadro giuridico nazionale e internazionale in linea con il nuovo standard internazionale (Common Reporting Standard – CRS). Altre 53 giurisdizioni dovrebbero effettuare il primo scambio di informazioni entro il 30 settembre 2018.

 

Con riferimento alle attività di prevenzione e contrasto all’evasione contributiva, dal primo gennaio 2017 l’attività di vigilanza sui luoghi di lavoro è affidata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, Agenzia con personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa e contabile, posta sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, con apposita convenzione stipulata con il Direttore dell’Agenzia, ne definisce gli obiettivi (art. 2, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149) e ne monitora periodicamente la corretta gestione delle risorse finanziarie (art. 1, comma 3, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149). Scopo dell’Agenzia è realizzare una più efficiente ed efficace azione di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale. L’Agenzia deve, quindi, coordinare l’azione di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, ed a tal fine l’INL ha definito tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo, compreso quello proveniente da INPS e INAIL.

 



[1]     Legge 4 agosto 2016, n.163, che è intervenuta su numerose disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica al fine di disciplinare il contenuto della legge di bilancio prevista dalla legge n.243/2012. In particolare, oltre a spostare dal 20 al 27 settembre il termine di presentazione della Nota di aggiornamento al DEF, l’articolo 1 di tale legge ha modificato l’articolo 10-bis della legge di contabilità, in ordine al contenuto della Nota medesima.

[2]     A norma del Patto di Stabilità e crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine (OMT o MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’OMT stesso. L’OMT è definito in termini strutturali, non nominali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum. Per l’Italia, l’OMT è il pareggio di bilancio. Nel testo i concetti di obiettivo di medio termine, medium term objective, e i corrispondenti acronimi OMT, MTO, nonché di obiettivo programmatico strutturale, vengono usati in maniera alternativa

[3]     V. paragrafo 2.3.

[4]     2018/C 320/48. Per una disamina delle Raccomandazioni del Consiglio UE all’Italia e delle misure prospettate dal Governo in relazione ad esse si rinvia all’apposita Sezione del presente dossier.

[5]     Che, si ricorda in sintesi, mira ad assicurare attraverso apposite procedure di vigilanza ex ante dei parametri di riferimento delle politiche economiche, che gli Stati membri seguano politiche di bilancio sostenibili nel medio periodo.

[6]     Cfr. Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel settembre 2018.

[7]     Cfr. più in dettaglio l’apposito riquadro riportato più avanti.

[8]     Per approfondimenti sugli accordi si vedano i link  http://ec.europa.eu/trade/policy/countries-and-regions/negotiations-and-agreements/#_partly-in-place e http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/december/tradoc_118238.pdf .

[9]     Articolo 18, comma 1, lettera a) della legge n. 243/2012.

[10]    Recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro.

[11]    Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) è previsto dall’articolo 6 del Reg. (UE) n. 473/2013; ai sensi dell’art. 9, co. 1-bis, il DPB va presentato dal Governo alla Commissione europea entro il 15 ottobre dell’anno, ed è contestualmente trasmesso alle Camere.

[12]    Comunicato Istat “Occupati e disoccupati” del 31 agosto 2018.

[13]    https://www.istat.it/it/archivio/221211

[14]    Dal lato delle entrate le principali modifiche hanno riguardato le imposte indirette (-517 milioni), i contributi sociali (-573 milioni) e le altre entrate correnti (+933 milioni). La revisione delle uscite complessive è spiegata principalmente dalla rettifica al rialzo delle uscite in conto capitale (+1.238 milioni, di cui +516 contributi agli investimenti e +618 altre uscite in conto capitale), mentre quelle correnti sono state riviste al ribasso di 74 milioni (di cui -664 prestazioni sociali in denaro e +453 altre uscite correnti).

[15]    In valore assoluto, invece, secondo il citato comunicato Istat, per l’anno 2016, si registra un peggioramento dell’indebitamento netto, dovuto principalmente alla revisione al ribasso delle entrate di 1.868 milioni (di cui 806 imposte dirette e 803 imposte indirette), solo in parte compensata dalla revisione nello stesso senso delle uscite (569 milioni). Si rileva, tuttavia, che tale peggioramento non incide sul rapporto deficit/PIL, anche alla luce della revisione delle stime del PIL a prezzi di mercato: secondo il medesimo comunicato, infatti, per quel che riguarda il consuntivo 2016, la nuova stima ha implicato una revisione verso l’alto di 8.800 milioni di euro correnti del PIL ai prezzi di mercato, col nuovo valore fissato in 1.680.948 milioni di euro.

[16]    In particolare, secondo la NADEF (par. I.2), “in confronto al DEF, le variabili esogene della previsione esercitano un effetto più sfavorevole sulla crescita del PIL: le proiezioni del prezzo del petrolio sono infatti salite, l’andamento previsto del commercio mondiale è meno favorevole, il tasso di cambio ponderato dell’euro si è rafforzato e i tassi di interesse e i rendimenti sui titoli pubblici sono più elevati. Per quanto riguarda il 2019, vi è inoltre un minore effetto di trascinamento derivante dalla revisione al ribasso della crescita prevista per la seconda metà di quest’anno.”

[17]    Spesa corrente al netto della spesa per interessi. Per quanto riguarda la spesa per interessi, si rinvia all’apposito paragrafo di approfondimento.

[18]    Comunicato stampa della BCE del 13 settembre 2018.

[19]    Si rammenta che nella Nota di aggiornamento 2017 era stato confermato il raggiungimento del pareggio strutturale (OMT) nel 2020.

[20]      Per un approfondimento sulla metodologia di calcolo dell'OMT si veda il dossier XVIII legislatura "Finanza Pubblica e Regole Europee: guida alla lettura e sintesi dei dati principali", seconda edizione, Aprile 2018.

[21]      Cfr. Vade Mecum on the Stability & Growth Pact 2018 eds, Cap.1 pagg. 26 e segg..

[22]      Cfr. A questo proposito si vedano: Regolamenti UE 1173/2011, 1175/2011, 1177/2011 e la Direttiva 2011/85/UE.

[23]      Si veda il Capitolo 1 del presente dossier per maggiori dettagli.

[24]      Si veda NADEF 2018, Quadro complessivo e Obiettivi di Politica di Bilancio, par. I1, pag.1.

[25]      https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-performance-and-forecasts/economic-forecasts/spring-2018-economic-forecast-expansion-continue-amid-new-risks_en

[26]    NADEF 2018, Par. III.2, pag. 40.

[27]      Si vedano il box al paragrafo 2.3 e European Commission, Vade Mecum on the Stability & Growth Pact, 2018 pag. 27, box 1.4.

[28]      Cfr. il paragrafo sulla Relazione ex art. 6, c. 5, per l'illustrazione del nuovo percorso di avvicinamento all'OMT.

[29]      L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60% entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento.

[30]    Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell'ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[31]    Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità, Nota breve n. 10, febbraio 2015.

[32]    La stima del PIL per il triennio 2015-2017 è stata da ultimo rivista al rialzo dall'ISTAT con il comunicato del 21 settembre 2018 "Conti economici nazionali".

[33]    Per ulteriori dettagli tecnici, cfr. il dossier dei servizi di documentazione della Camera e del Senato "Finanza pubblica e regole europee", aprile 2018.

[34]    Cfr. Commissione europea, COM(2018) 428 final, 23 maggio 2018.

[35]  Per maggiori dettagli sulla procedura, si vedano le Note del Servizio del bilancio del Senato della Repubblica: La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013, e L'avvio del Semestre europeo 2016, Nota breve n. 15, dicembre 2015.

[36]  Ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 1, lettera c), della legge n.196/2009 (legge di contabilità).

[37]    Il testo è stato approvato in via preliminare ai fini della trasmissione (per i pareri) al Garante per la protezione dei dati personali ed alla Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.

[38]    Requisito anagrafico da adeguarsi periodicamente all'aumento della speranza di vita

[39]    L’istruzione terziaria professionalizzante è offerta dagli Istituti tecnici superiori – istituiti dall’art. 13 del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) – e dalle nuove c.d. lauree sperimentali con orientamento professionale, la cui introduzione è stata prevista dal DM 12 dicembre 2016, n. 987. In particolare, è stata prevista la sperimentazione di 1 corso di laurea ad orientamento professionale in ciascun ateneo, subordinandola da alcuni criteri. Per il coordinamento del sistema di istruzione tecnica superiore e delle lauree professionalizzanti, con DM 23 febbraio 2017, n. 115, è stata costituita una cabina di regia che ha elaborato un documento finale.

[40]    La Strategia per le competenze dell’OCSE propone un quadro strategico per affrontare il basso equilibrio delle competenze (low skills equilibrium) in cui si trova l’Italia. La Strategia è fondata su quattro Pilastri, che propongono 10 sfide all’Italia. In particolare, il Pilastro 1 attiene allo sviluppo delle competenze rilevanti; il Pilastro 2 attiene all’attivazione dell’offerta delle competenze; il Pilastro 3 attiene all’utilizzazione delle competenze in modo efficace; il Pilastro 4 attiene al rafforzamento della governance delle competenze.

[41]    La progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie è stata prevista dal d.lgs. 65/2017. Al riguardo, si veda l’apposito paragrafo nel tema, curato dal Servizio Studi della Camera, Interventi riguardanti gli studenti delle scuole.

[42]    L’Osservatorio è stato costituito con DM 686 del 21 settembre 2017. Più ampiamente, in argomento, si veda l’apposito paragrafo nel già citato tema Interventi riguardanti gli studenti delle scuole..

[43]    Con riferimento agli ultimi interventi in materia, si veda l’apposito paragrafo nel già citato tema Interventi riguardanti gli studenti delle scuole.

[44]    Sugli argomenti citati, si veda, più ampiamente, il tema Interventi per il personale della scuola, curato dal Servizio Studi della Camera.

[45]    Con comunicato stampa del 26 settembre 2018 - con il quale è stata data notizia della disponibilità online dei dati presenti nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica - il MIUR ha reso noto che “Ad oggi, il 53,2% degli edifici possiede il certificato di collaudo statico (la prima norma che introduce in Italia l’obbligo del certificato di collaudo statico è la legge 5 novembre 1971, n. 1086, il 22,3% degli edifici senza questo certificato è costruito prima del 1970). Il 59,5% non ha quello di prevenzione incendi. Il 53,8% non ha quello di agibilità/abitabilità”.

[46]    L’art. 1, co. 252-267, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) ha ridefinito la disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti universitari prevedendo, per quanto qui più interessa, l’esonero dal pagamento per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a € 13.000. Ha, poi, fissato i criteri per la determinazione dell'importo massimo del contributo per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di € 30.000.

[47]  Più ampiamente, si veda il tema Il diritto allo studio universitario, curato dal Servizio Studi della Camera.

[48]    Al riguardo, si veda l’apposito tema curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea della Camera.

[49]  In materia, si veda il tema Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), curato dal Servizio Studi della Camera.

[50]    Si tratta del secondo rapporto programmatico sulle c.d. spese fiscali.

[51]    Inserendo il comma 5?bis all'art. 10?bis della Legge 31 dicembre 2009, n. 196.

[52]    Ciascuna misura è accompagnata dalla sua descrizione e dall'individuazione della tipologia dei beneficiari e, ove possibile, dalla quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari. Le misure sono raggruppate in categorie omogenee, contrassegnate da un codice che ne caratterizza la natura e le finalità. Il rapporto individua le spese fiscali e ne valuta gli effetti finanziari prendendo a riferimento modelli economici standard di tassazione, rispetto ai quali considera anche le spese fiscali negative. Ove possibile e, comunque, per le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore, il rapporto effettua confronti tra le spese fiscali e i programmi di spesa destinati alle medesime finalità e analizza gli effetti microeconomici delle singole spese fiscali, comprese le ricadute sul contesto sociale”.

[53]    Sul rapporto annuale 2017 si veda: UVI - Le spese fiscali in Italia. Il rapporto annuale 2017 - documento di analisi n. 22 - settembre 2018. Nella procedura delineata dalla legge la pubblicazione del rapporto programmatico precede quella del rapporto annuale, per cui il primo non può che fare riferimento al rapporto dell'anno precedente. La Commissione di esperti chiamata ad elaborare la ricognizione annuale sulle spese fiscali (la c.d. Commissione Marè) ha richiamato l'attenzione sull'opportunità di un intervento normativo che meglio definisca la relazione logico-temporale tra i due strumenti base del monitoraggio delle spese fiscali. Il suggerimento è stato riproposto anche nel secondo rapporto sulle spese fiscali (2017).

[54]    Il Governo parrebbe aver fatto propria la valutazione in merito della Commissione Marè che auspica un intervento normativo volto a meglio articolare la presentazione dei due strumenti per il monitoraggio e riordino delle spese fiscali.

[55]    In base a tale approccio metodologico, si è provveduto a valutare se una disposizione agevolativa rappresenti una caratteristica strutturale del tributo oppure costituisca una deviazione dalla norma, nel qual caso la misura sarà considerata una spesa fiscale.

[56]    Andrebbero quindi anche considerate le conseguenze in termini di efficienza economica, efficacia nel raggiungere gli obiettivi prefissi, equità e costi amministrativi, anche in relazione ai possibili programmi di spesa alternativi ed a quelli già esistenti.

[57]    Operando confronti e sovrapposizioni con programmi di spesa, micro simulazioni, analisi sull'incidenza territoriale e settoriale.

[58]    Si veda NADEF, pag. 41.

[59]    Si veda NADEF 2018, pag. 69.

[60]    Pubblicata in GUUE C320/11 in data 10 settembre 2018.

[61]    Senato della Repubblica, UVI, - Le spese fiscali in Italia. Il rapporto annuale 2017 - documento di analisi n. 22 - settembre 2018.